XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 54 di Giovedì 18 dicembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Dimissioni del vicepresidente Margiotta:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Audizione del direttore di Rai Giornale Radio e Radio 1, Flavio Mucciante:
Fico Roberto , Presidente ... 2 
Mucciante Flavio , direttore di Rai Giornale Radio e Radio 1 ... 2 
Ciampolillo Lello  ... 6 
Anzaldi Michele (PD)  ... 6 
Fico Roberto , Presidente ... 6 
Mucciante Flavio , direttore di Rai Giornale Radio e Radio 1 ... 6 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 6 
Mucciante Flavio , direttore di Rai Giornale Radio e Radio ... 7 
Anzaldi Michele (PD)  ... 8 
Fico Roberto , Presidente ... 8 
Anzaldi Michele (PD)  ... 8 
Mucciante Flavio , direttore di Rai Giornale Radio e Radio 1 ... 8 
Anzaldi Michele (PD)  ... 8 
Mucciante Flavio , direttore di Rai Giornale Radio e Radio 1 ... 8 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 8 
Fico Roberto , Presidente ... 8

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Dimissioni del vicepresidente Margiotta.

  PRESIDENTE. Comunico che lo scorso 11 dicembre il senatore Margiotta mi ha informato delle proprie dimissioni da vicepresidente della Commissione di vigilanza sulla Rai.
  Ringrazio il senatore Margiotta per il contributo dato ai lavori della Commissione, ai quali ha sempre partecipato con grande impegno e competenza.

Audizione del direttore di Rai Giornale Radio e Radio 1, Flavio Mucciante.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore di Rai Giornale Radio e Radio 1, Flavio Mucciante, che, anche a nome dei colleghi, ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Il dottor Mucciante riferirà alla Commissione sullo schema di regolamento predisposto dall'AGCOM in materia di tutela del pluralismo e di comunicazione politica e parità di accesso ai mezzi di informazione nei periodi non elettorali.
  La Commissione è inoltre interessata a conoscere le valutazioni del direttore sul progetto di riposizionamento dell'offerta informativa della Rai nel nuovo mercato digitale, elaborato dal direttore generale Gubitosi e illustrato alla Commissione nella seduta dello scorso 23 settembre.
  Do la parola al dottor Mucciante, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  FLAVIO MUCCIANTE, direttore di Rai Giornale Radio e Radio 1. Buonasera a tutti e grazie a voi di avermi invitato. Prima di parlare dell'esperienza dell'unificazione dei giornali radio vorrei partire dalla situazione di oggi, cioè da cosa rappresenta Radio 1, insieme alla testata Giornale Radio, nello scenario multimediale e nel quadro dell'offerta Rai.
  Vorrei innanzitutto illustrarvi come siamo organizzati e che cosa facciamo. Sono stato nominato direttore di Radio 1 alla fine del marzo scorso e mi sono insediato i primi di aprile. La rete aveva toccato negli ascolti il punto più basso della sua storia, quota 3 milioni 800 mila, con inevitabili riflessi negativi anche sul fronte pubblicitario. Per prima cosa ho razionalizzato il palinsesto, cancellando una serie di trasmissioni non in linea con la missione editoriale indicata dall'azienda, ampliando gli spazi dell'informazione con GR ogni mezz'ora (sono trentacinque nell'arco dell'intera giornata), un nuovo appuntamento pomeridiano del GR regione (oggi sono tre i notiziari della TGR in onda su Radio 1), tre nuove rassegne stampa, una delle quali avrà da gennaio una maggiore connotazione internazionale Pag. 3con gli highlights dei TG dell'Iran, del Nordafrica, della Cina, del notiziario in lingua araba in Turchia, cercando di fornire tutti gli strumenti di comprensione di quanto accade nel mondo e allargando il nostro angolo visuale. Abbiamo aperto la nostra programmazione a temi come le start up, l'innovazione, l'economia reale, l'ambiente, il cibo, l'alfabetizzazione all'uso del web, con spazi dedicati anche in vista di Expo 2015. Abbiamo in sostanza cambiato radicalmente il modello produttivo e l'organizzazione interna, tutto a costo zero, ribaltando completamente la struttura con oltre cento spostamenti di giornalisti da un servizio all'altro, senza nominare neppure un caposervizio, fatto che credo abbia pochi precedenti in azienda. Realizziamo un prodotto moderno su diverse piattaforme: mail ed sms stanno progressivamente lasciando il campo a Twitter, Facebook, WhatsApp. Abbiamo un profilo Instagram, dove i nostri inviati postano fotoracconti a integrazione della narrazione radiofonica e dove con l’hashtag «GR1reporter» gli ascoltatori possono inviare le loro foto e le loro testimonianze. Facciamo i conti con un'età media dei giornalisti di 51 anni (50,9 per essere precisi), nonostante alcuni ingressi di giovani colleghi e alcuni pensionamenti anticipati.
  In un recente incontro con i responsabili dei centri media, quelli che decidono dove veicolare gli investimenti pubblicitari delle aziende, mi è stato chiesto perché si dovrebbe investire su Radio 1. Perché Radio 1 è l'unico moderno canale di informazione oggi in Italia per quanto riguarda l'offerta radiofonica; non un all news nel senso tradizionale del termine, con rulli di notizie sempre uguali ripetute all'infinito, ma una rete con un palinsesto che mette a fuoco e sviluppa la dinamica delle notizie nell'arco dell'intera giornata, come vi dicevo, con GR ogni mezz'ora, inchieste, approfondimenti, reportage.
  Bisogna puntare su Radio 1 perché è una rete proiettata nel futuro, dove Fiorello sperimenta il primo programma fatto interamente con le note audio di uno smartphone, dove lo studio è un bar di Roma nord, il sottofondo non sono cd messi da studio ma i rumori della città che si sveglia. Ciò perché Radio 1 è la rete della grande musica svincolata da logiche commerciali e soprattutto perché è la radio dello sport. In un momento in cui l'offerta TV è fortemente parcellizzata e in gran parte a pagamento, noi trasmettiamo tutto lo sport che conta, dal calcio (Champion's League e campionato) alla Formula 1, al Moto GP, alla pallavolo.
  Come ha recepito il mercato questo cambio di passo ? Nonostante la radio sia un mezzo a lenta fidelizzazione, possiamo dire che in sei mesi abbiamo cominciato a invertire la rotta. Gli ascolti sono tornati sopra quota 4 milioni nel giorno medio. Sul fronte pubblicitario ci avviamo a chiudere il 2014 con un segno positivo, in controtendenza rispetto al mercato. Abbiamo i conti in sicurezza.
  Tutti i principali programmi che caratterizzano il palinsesto sono affidati a giornalisti interni della testata. Radio anch'io, Zapping, Voci del mattino, Italia sotto inchiesta, La radio ne parla: tutte le produzioni, nuovi format giornalistici o musicali, sono realizzati internamente. Da noi non c’è ricorso né ad appalti né a società esterne.
  Questo è l'oggi, il punto d'arrivo.
  In riferimento al motivo di questa audizione e quindi al piano delle newsroom, andrei a ritroso, cioè al punto di partenza del Giornale Radio, che ha due momenti dai quali sviluppare analisi e considerazioni: l'unificazione dei GR, nel marzo del 1994, e soprattutto l'unificazione tra Radio 1 e la testata Giornale Radio nel luglio del 1999, che faceva nascere un canale radiofonico all news con un'integrazione reale tra notiziari e programmi. Un canale dove per la prima volta, di fronte a una breaking news, non bisognava attendere il via libera di via Asiago per interrompere una trasmissione, magari registrata, che arrivava inevitabilmente sempre con grande ritardo. I giornalisti diventavano sostanzialmente protagonisti della rete, con la possibilità di modificare il palinsesto in qualsiasi momento. Un'opportunità che ai tempi fu rivoluzionaria, ma che successivamente non sempre è stata sfruttata in tutte le sue potenzialità, soprattutto Pag. 4in relazione alla costruzione di un palinsesto coerente con la missione editoriale del canale.
  La Radio 1 di oggi è figlia di quella prima pionieristica stagione, anticipata, come vi ricordavo, dall'unificazione dei GR nel marzo del 1994. Era una decisione aziendale già annunciata nel Piano della radiofonia approvato dal consiglio di amministrazione nell'estate del 1993. Fu un documento che scatenò aspre polemiche, in particolare su quello che venne immediatamente definito, nell'accezione più strumentale del termine, «GR unico»: un Giornale che, secondo i suoi detrattori, avrebbe potuto mettere a rischio il pluralismo dell'informazione radiofonica, cosa in realtà mai avvenuta, seppur con la consapevolezza che i tre canali avrebbero avuto da quel momento una capacità di incidenza molto diversa l'uno dall'altro. Si parlò della più grande redazione radiofonica d'Europa, con 250 giornalisti per realizzare l'informazione diurna e notturna nelle ventiquattro ore su Radio 1, allora ancora separata dalla testata. GR 2 e GR 3 avevano il compito di articolare i notiziari nelle fasce di maggiore ascolto, rispettando sempre la specificità editoriale attribuita a ciascun canale.
  Da un punto di vista di razionalizzazione delle spese, è indubbio che questa operazione abbia portato effetti estremamente positivi. I budget dei costi esterni hanno subìto progressive riduzioni. Si è passati da 250 giornalisti che realizzavano esclusivamente notiziari, rubriche e, come venivano definiti allora, supplementi informativi sulle tre reti, a poco più di 200 giornalisti che lavorano per i notiziari di quattro reti radiofoniche, progettano e mettono in onda interi palinsesti di due canali: Radio 1, in diretta ventiquattro ore, 365 giorni all'anno, e GR Parlamento, dalle 7 alle 21, dal lunedì al venerdì, ma chiaramente sempre aperto in concomitanza dei lavori parlamentari. A fronte di una riduzione di personale giornalistico di quasi il 20 per cento, considerando la fascia dalle 6 a mezzanotte, le ore di produzione, solo facendo ricorso a risorse interne, si sono più che triplicate. Si è passati dalle circa 10 ore di produzione quotidiana, tra GR e programmi, prima dell'unificazione Radio 1 – GR, alle 32 ore quotidiane attuali sui due canali Radio 1 e GR Parlamento. Un inviato della radio oggi realizza servizi per GR 1, GR 2 e GR 3, interviene in diretta nei programmi della rete, costruisce reportage per i rotocalchi del fine settimana. Per questo credo sia fuorviante coinvolgere Radio Rai nelle polemiche sulle trasferte che si sono susseguite in questi ultimi mesi.
  Il GR 1 produce informazione ventiquattro ore su Radio 1 e funziona da service per gli altri canali, come una sorta di agenzia di servizi. In una cartella sul web condivisa tra i redattori tutti possono accedere alle informazioni ed essere a conoscenza di ospiti e contenuti dell'intero palinsesto. Ho visto che questo è un punto su cui hanno parlato anche i responsabili della BBC. La condivisione delle informazioni, insieme a una pianificazione attenta, è uno dei punti che deve andare di pari passo all'organizzazione del lavoro. L'uno senza l'altro rischia di creare pericolose défaillance.
  Le nostre sinergie tra reti diverse sono la regola. Speciali e fili diretti sui grandi eventi vanno in onda sia su Radio 1 sia su GR Parlamento. Le redazioni politiche dei due canali, come pure le segreterie di redazione, sono diventate una sola, permettendo il recupero di risorse destinate ad altri settori. Alcune delle edizioni principali del GR 1 vanno in onda anche sulla rete parlamentare, alle 7, alle 8, alle 14, alle 21; un canale che fino a pochi mesi fa produceva in proprio notiziari e rubriche, potendo contare su meno di trenta giornalisti. Il risultato è che oggi con un'unica redazione siamo in grado di garantire un prodotto più puntuale e competitivo anche su GR Parlamento, con conseguente abbattimento dei costi.
  Il rovescio della medaglia può riguardare gli aspetti relativi all'identità editoriale dei notiziari, che nonostante il grande impegno dei giornalisti su Radio 2 e Radio 3 ha via via perso parte della sua forza espressiva, con un parallelo rafforzamento delle reti e in particolare della connotazione di Radio 1 come radio di informazione. Secondo me la testata più Pag. 5strutturata e considerata vincente in questi processi di unificazione tende ad annettere le altre. Si è in sostanza passati da GR con una forte personalità – penso, per esempio, al GR 1 di Sergio Zavoli, un maestro per noi che amiamo questo mestiere, a Livio Zanetti, al GR di Marco Conti – a notiziari più asettici, completi, puntuali, molto professionali ma con un'identità meno accentuata, in quanto in parte assimilabili a prodotti d'agenzia, quindi per molti versi estranei alla vita delle reti, seppur con gruppi di lavoro dedicati e redazioni tematiche specialistiche che lavorano invece trasversalmente per tutti i canali.
  L'impegno, oggi, alla luce delle recenti indicazioni aziendali sulle missioni editoriali delle reti radiofoniche, è quello di fornire notiziari quanto più possibile in linea con la specificità dei canali – quindi veloci, brillanti, maggiormente centrati su cronaca e società per quanto riguarda Radio 2, di approfondimento originale su Radio 3 – sia per taglio sia per scelta degli argomenti: esteri, cultura, politica in primo piano.
  Tenete presente che l'analogico a Radio 1 è andato in pensione tra il 1999 e il 2000 con l'avvento del sistema DAB che è stato via via implementato. Oggi possiamo realizzare prodotti multimediali in grado di andare in onda contemporaneamente su radio, TV e in audiovideo sul web. Usiamo i mini-iPad per interviste e servizi in esterna; spingendo un pulsante sullo schermo si entra in diretta nello studio, oppure si può fare anche uno streaming video direttamente sul sito della rete. Da quindici anni lavoriamo in digitale, ma i nodi restano la copertura del segnale e gli apparecchi di ricezione. Entro il 2015 la tecnologia DAB dovrebbe essere presente in tutto il nord Italia ed entro il 2017, ci hanno fatto sapere, la digitalizzazione dovrebbe essere completata. Ma non esiste, per ora, come invece per la tv una data per lo switch-off. Questo, al momento, resta per la radio l'interrogativo insoluto più importante, secondo me senza risposta.
  Sulla base di questa esperienza, per quanto i due mezzi radio e tv non siano direttamente assimilabili, credo che la riforma delle newsroom sia necessaria e coraggiosa. Nell'annunciata trasformazione della Rai da broadcaster a media company, nessuno può restare escluso. È indubbio, però, che oggi i tre telegiornali della Rai non sviluppano sinergie e producono alcune duplicazioni, ma coprono un bacino di utenza enorme, secondo target differenziati, con singoli brand molto riconoscibili. Credo che sia un patrimonio da preservare, come pure credo vada difesa la forte identità dei TG, perché il pubblico non si senta disorientato da sigle, grafiche, conduttori ai quali non corrisponde l'anima del telegiornale che aveva scelto di seguire.
  La riforma sarà un'occasione per razionalizzare la forza lavoro, per abbattere i costi di produzione, per avere un'organizzazione più moderna, come è stato sottolineato da più parti, in linea con i più importanti servizi pubblici europei e soprattutto – aggiungerei – per sfruttare in tutte le sue potenzialità la nuova tecnologia digitale, che potrà davvero rivoluzionare prodotto e organizzazione del lavoro.
  La riforma costituirà anche, a mio avviso, un'irripetibile opportunità per i giornalisti della Rai per tornare a riappropriarsi e a essere protagonisti di tutti quegli spazi pregiati di palinsesto che oggi sono appaltati a esterni, all'interno di una programmazione delle reti dove l'informazione, come dimostrano i dati dell'Auditel, continui a rappresentare uno dei punti di forza irrinunciabili, sia per gli aspetti che riguardano la missione di servizio pubblico della Rai sia in termini commerciali rispetto ai principali competitor dell'azienda.
  Per quanto riguarda, invece, la par condicio a cui lei, presidente, faceva riferimento all'inizio, mi sembra che il Consiglio di Stato abbia sostanzialmente sintetizzato oggi quello che in quest'aula ho sentito dire in parecchie occasioni. L'applicazione della par condicio è molto complicata nei periodi elettorali e ancor più fuori dei periodi elettorali. Per la Rai il pluralismo e la correttezza dell'informazione non sono un optional, ma le controindicazioni sono date sostanzialmente Pag. 6da due elementi: la tempistica, per quanto riguarda la costruzione di un programma e quindi il fatto che il riequilibrio debba avvenire necessariamente entro tempi contingentati, e soprattutto la qualità degli interventi.
  È assurdo che la minoranza dissidente di un partito vada, nel conteggio, a favore di quel partito. Credo dunque che sia assolutamente per noi difficile da applicare.

  LELLO CIAMPOLILLO. Per quanto riguarda la digitalizzazione, quindi il passaggio al digitale degli impianti, la Rai ha quasi dismesso tutti gli impianti in onde medie, quelli in AM. Credo che ne siano rimasti davvero pochi. Peccato, perché quelli erano comunque utili a coprire grandi zone, mentre quelli in FM, come sappiamo, hanno bisogno di parecchi ripetitori a breve distanza. Però, nel frattempo, Radio Rai ha alla fine canali come Isoradio, come GR Parlamento e i tre canali classici.
  Da un lato, il passaggio al digitale potrebbe essere utile, ma che previsioni ci sono ? Si pensa già a quale potrebbe essere lo standard ? Negli anni abbiamo avuto il DAB che non ha avuto un grande successo, poi ci sono il DAB + e il DMB. Vorrei capire se effettivamente c'era già in previsione qualcosa e, siccome credo ci siano già delle sperimentazioni in alcune regioni, se soprattutto gli ascolti ci sono, perché allo stato il parco ricevitori è scarso, almeno quelli in DAB e in DAB + quasi non esistono ed è anche difficile reperirli. Nelle autovetture, tra l'altro – ormai la radio si ascolta quasi solo nelle auto – non esistono o, se ci sono, sono in numero minimo. Qual era il progetto del digitale radiofonico per la Rai ?

  MICHELE ANZALDI. Vorrei chiedere alcune precisazioni sull'interessante relazione che abbiamo ascoltato. Il direttore è partito dicendo che, dopo un momento in cui la radio aveva gli ascolti più bassi, adesso siamo in recupero. Poi ha fatto un quadro di come tutto sia realizzato solo con risorse interne, senza appalti, ottimizzando le risorse e via dicendo. Vorrei capire se questa è una scelta sua, una scelta dell'azienda, o se per la radio che, come ha detto lo stesso direttore, è stata per anni la prima radio degli italiani, sarebbe utile un investimento da parte dell'azienda per tornare a primeggiare come era sino a qualche anno fa. Questa ottimizzazione è sufficiente o avrebbe bisogno di ulteriori investimenti ?
  Un altro punto che mi ha colpito è quando il direttore ha affermato che oggi non abbiamo la data dello switch-off. Questa mancanza di certezza nella data da chi dipende ?

  PRESIDENTE. Mi sembra di capire che, dal suo punto di vista, l'accorpamento delle varie testate sia un'ottima cosa, sia per le funzioni, sia per la qualità dell'informazione, sia per la riduzione degli sprechi e per l'ottimizzazione delle risorse.

  FLAVIO MUCCIANTE, direttore di Rai Giornale Radio e Radio 1. A mio avviso – parlo dall'angolo visuale della radio – un progetto di unificazione necessita del coinvolgimento delle redazioni, come tra l'altro dicevano anche ieri i responsabili della BBC, e soprattutto di un progetto editoriale forte che vada di pari passo con un progetto organizzativo.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Sulla prima parte della sua comunicazione, relativa a com’è oggi la radio, devo dire che mi veniva in mente che quando siamo stati a Saxa Rubra a fare gli incontri con i CDR, quello con il CDR della radio è stato uno degli incontri più intensi, anche perché era in corso una vertenza, e poi c'era l'assemblea i primi di dicembre, relativamente a quella che lei definiva «razionalizzazione» del palinsesto. Su questo c'era un'insistenza del CDR, con tanto di dati che a loro giudizio dimostravano come alcune scelte di riduzione della tempistica di alcune edizioni potessero andare a detrimento degli ascolti e dell'informazione. Si tratta tuttavia di una vertenza in corso.
  Vorrei invece intervenire sulla parte che riguarda il pluralismo, essendo relatore sull'argomento. C’è un punto che ha Pag. 7sollevato il direttore e che abbiamo richiamato anche nelle audizioni precedenti e oggi, se non sbaglio, c’è almeno un quotidiano nazionale che parla della sentenza del Consiglio di Stato. A questo riguardo, abbiamo bisogno di un'interlocuzione con l'AGCOM, nel senso che esprimo la stessa valutazione del direttore: in base alla sentenza del Consiglio di Stato, quanto meno AGCOM dovrebbe valutare se intervenire nuovamente rispetto alla propria delibera. C’è anche il parere della Commissione che noi, avendo concluso il ciclo auditivo, siamo nelle condizioni di produrre. Però bisogna capire se AGCOM intenda persistere sulla delibera che ha predisposto o se invece, in ragione della sentenza del Consiglio di Stato, intenda intervenire. A questo punto, si tratta per noi di un elemento dirimente.
  Sul piano dell'informazione, alcune domande sono già state rivolte. Credo che adesso il direttore abbia fornito una precisazione utile, poiché mi sembra abbia fatto riferimento all'utilità del fare efficienza, ma il fare efficienza deve essere collegato a un piano editoriale molto forte, con riconoscibilità e identità delle diverse redazioni.

  FLAVIO MUCCIANTE, direttore di Rai Giornale Radio e Radio 1. Per quanto riguarda gli aspetti tecnici dovrebbe rispondere l'ingegneria della Rai. Però posso dirle qual è il mio angolo visuale. Lo standard dovrebbe essere il DAB +. Entro il 2015, ci è stato detto, tutto il nord Italia sarà coperto ed entro il 2017 dovrebbe essere completata la digitalizzazione in Italia.
  Le frequenze in FM dovrebbero essere a mano a mano dismesse perché utilizzate per altri servizi. Il problema è appunto lo switch-off e anche gli apparecchi di ricezione. Tutte le autovetture escono con il DAB +, ma per molte è un optional. Si rischia di non avere né una data certa per il passaggio, come è avvenuto per la televisione, che ci ha costretto giocoforza a intervenire, né la possibilità per tutti di avere un apparecchio di ricezione.
  Per quanto riguarda la data dello switch-off, credo che il passaggio dovrebbe essere lo stesso che per la tv. La politica necessariamente dovrà avere un ruolo ma al momento non ho notizie.
  Per quanto riguarda gli investimenti sulla radio, l'ultima campagna su Radio Rai credo sia stata fatta quindici o vent'anni fa, almeno a mia memoria. Il problema, come vi dicevo, è l'anzianità delle redazioni, la possibilità di avere un ricambio, la mancanza di flessibilità. Ci si muove in un mercato sempre più competitivo, con gruppi editoriali molto forti schierati sostanzialmente con quotidiani che fanno da sponda a radio diverse – il Gruppo Espresso-Repubblica o Finelco – ma spesso ci si muove con mezzi spuntati. Questa è la difficoltà più grossa.
  Per quanto riguarda quello che diceva l'onorevole Peluffo, la vertenza del CDR non si riferisce a Radio 1 o a Giornale Radio. Quel palinsesto e quel piano editoriale sono stati votati con oltre l'80 per cento di sì. La vertenza si riferisce invece a GR 2 e GR 3. Le spiego bene in che senso GR 2 e GR 3 non riguardano la mia direzione. L'azienda sei o sette mesi fa ha deciso di connotare maggiormente le missioni editoriali dei tre canali: Radio 1, la rete dell'informazione; Radio 2, varietà e intrattenimento; Radio 3, radio della cultura. Per questo, venendo incontro a esigenze di canali, l'azienda ha deciso di aumentare questa connotazione di radio di flusso per quanto riguarda Radio 2 e Radio 3, ed eliminare anche le sovrapposizioni di giornali che venivano a crearsi con i GR ogni mezz'ora su Radio 1. Questo ha fatto sì che su Radio 3 siano state tolte due edizioni da cinque minuti. Su Radio 2 c’è stato un taglio un po’ più consistente, perché ha riguardato non tanto le edizioni da cinque minuti – sebbene ne siano state tolte tre – ma la sensibile riduzione di alcune delle edizioni storiche principali. Questa è una scelta di cui ho compreso le ragioni aziendali, ma che pubblicamente non ho condiviso. La scelta riguarda la direzione e io l'ho applicata, naturalmente, essendo una disposizione aziendale, ma non l'ho condivisa.
  Se si chiede a un giornalista che cosa pensa della riduzione di spazi informativi la risposta è quasi obbligata.

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  MICHELE ANZALDI. Ritornando su questo tema, forse ho addirittura presentato una delle tante interrogazioni che sono rimaste «nell'etere».

  PRESIDENTE. Sicuro o forse ?

  MICHELE ANZALDI. Direi sicuro. Circa l'eliminazione di queste pillole informative nella Rete 2 o Rete 3, ci sono dati di quanto abbia inciso sugli ascolti e sui costi ? La pillola veniva prodotta dalla Rete 1 e gratuitamente veniva messa sulle altre due e copriva uno spazio. Questo spazio, che riguarda, a quanto dice lei, intrattenimento o cultura, mentre prima era coperto da un servizio gratuito, fornito dalla Rete 1 e adesso viene coperto e pagato da qualcuno, un servizio esterno. L'azienda ha dei dati ?

  FLAVIO MUCCIANTE, direttore di Rai Giornale Radio e Radio 1. L'azienda deve averli, ma devono averli le reti, quindi Radio 2 e Radio 3. Dal mio angolo visuale posso dirle che non c’è stato un risparmio per quanto riguarda i nostri servizi. Gli ascolti erano in media in linea con i programmi che precedevano o seguivano le pillole informative, quindi non si notava una distonia rispetto al resto della programmazione.

  MICHELE ANZALDI. Mi pare interessante per il servizio pubblico: abbiamo perso informazione in cambio di nessun guadagno, anzi forse aumentando la spesa.

  FLAVIO MUCCIANTE, direttore di Rai Giornale Radio e Radio 1. Il palinsesto di Radio 3 non riguarda la mia struttura, e per questo non posso risponderle.

  GIORGIO LAINATI. Anche io ricordo che quando abbiamo fatto con i colleghi la visita a Saxa Rubra ci sono state forti lamentele su questo taglio. Mi chiedo, presidente Fico, se possiamo fare qualcosa; se scriviamo una lettera forse non succede niente, però potremmo far notare che questa decisione dei vertici aziendali ha creato molto disagio. Immagino ne abbia creato anche al direttore, che ha fatto capire in modo molto garbato, com’è sua consuetudine, di non averla sostanzialmente condivisa. A fronte di questa decisione negativa, in realtà il quadro della situazione che ha tracciato il direttore è abbastanza positivo, diverso quantomeno da quello del marzo scorso. Di questo ci possiamo rallegrare.
  La difficoltà di rapporti tra la Commissione di vigilanza e i vertici aziendali sarà nota anche al direttore. Se chiediamo al presidente della Commissione di sottolineare al direttore generale e al presidente che questa scelta non è particolarmente logica per noi, non credo che questo farebbe tornare i medesimi vertici sulla loro decisione. Non ci resta, come ha detto anche l'onorevole Anzaldi, che sottolineare l'illogicità della scelta che è stata fatta. Non avendo strumenti per contestarla realmente, possiamo solo enunciare un disappunto.

  PRESIDENTE. Su questo punto possiamo sempre lavorare. Essendo questa l'ultima riunione della Commissione prima delle vacanze di Natale, porgo gli auguri ai colleghi e anche agli uffici, ricordando che senza di loro sarebbe molto difficile, direi quasi impossibile, mandare avanti il lavoro della Commissione. Auguri a tutti.
  Ringrazio il direttore Mucciante e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.35.