XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Martedì 4 novembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, Giuseppe Peleggi:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Peleggi Giuseppe , Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Burdo Rocco Antonio , Direttore dell'ufficio intelligence della Direzione centrale antifrode e controlli ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 10 
Pepe Bartolomeo  ... 10 
Carrescia Piergiorgio (PD)  ... 10 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 10 
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 10 
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 
Burdo Rocco Antonio , Direttore dell'ufficio intelligence della Direzione centrale antifrode e controlli ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Burdo Rocco Antonio , Direttore dell'ufficio intelligence della Direzione centrale antifrode e controlli ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Burdo Rocco Antonio , Direttore dell'ufficio intelligence della Direzione centrale antifrode e controlli ... 12 
Peleggi Giuseppe , Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Peleggi Giuseppe , Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Burdo Rocco Antonio , Direttore dell'ufficio intelligence della Direzione centrale antifrode e controlli ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
Burdo Rocco Antonio , Direttore dell'ufficio intelligence della Direzione centrale antifrode e controlli ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 13 
Burdo Rocco Antonio , Direttore dell'ufficio intelligence della Direzione centrale antifrode e controlli ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
Peleggi Giuseppe , Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ... 14 
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 

Audizione del procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti:
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia ... 14 
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia ... 15 
Pennisi Roberto , Sostituto procuratore antimafia ... 17 
Bratti Alessandro , Presidente ... 18 
Buemi Enrico  ... 18 
Bianchi Dorina (NCD)  ... 19 
Pennisi Roberto , Sostituto procuratore antimafia ... 19 
Bianchi Dorina (NCD)  ... 19 
Arrigoni Paolo  ... 19 
Buemi Enrico  ... 20 
Arrigoni Paolo  ... 20 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 20 
Carrescia Piergiorgio (PD)  ... 20 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 21 
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 
Pennisi Roberto , Sostituto procuratore antimafia ... 22 
Buemi Enrico  ... 22 
Pennisi Roberto , Sostituto procuratore antimafia ... 22 
Buemi Enrico  ... 23 
Pennisi Roberto , Sostituto procuratore antimafia ... 23 
Bratti Alessandro , Presidente ... 24 
Pennisi Roberto , Sostituto procuratore antimafia ... 24 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 24 
Pennisi Roberto , Sostituto procuratore antimafia ... 24 
Bratti Alessandro , Presidente ... 24 
Palma Giovanna (PD)  ... 24 
Pennisi Roberto , Sostituto procuratore antimafia ... 24 
Buemi Enrico  ... 25 
Pennisi Roberto , Sostituto procuratore antimafia ... 25 
Buemi Enrico  ... 25 
Pennisi Roberto , Sostituto procuratore antimafia ... 25 
Bratti Alessandro , Presidente ... 25 
Buemi Enrico  ... 25 
Pennisi Roberto , Sostituto procuratore antimafia ... 25 
Bratti Alessandro , Presidente ... 25 
Pennisi Roberto , Sostituto procuratore antimafia ... 25 
Bratti Alessandro , Presidente ... 27 
Pennisi Roberto , Sostituto procuratore antimafia ... 27 
Bratti Alessandro , Presidente ... 27 
Pennisi Roberto , Sostituto procuratore antimafia ... 27 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia ... 27 
Buemi Enrico  ... 27 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia ... 28 
Buemi Enrico  ... 30 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia ... 30 
Buemi Enrico  ... 30 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia ... 30 
Bratti Alessandro , Presidente ... 30 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia ... 30 
Pennisi Roberto , Sostituto procuratore antimafia ... 30 
Bratti Alessandro , Presidente ... 30

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 13,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del direttore dell'Agenzia dogane e dei monopoli, Giuseppe Peleggi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, Giuseppe Peleggi, accompagnato dal dottor Rocco Antonio Burdo, direttore dell'ufficio intelligence della Direzione centrale antifrode e controlli, e dal dottor Paolo Raimondi, capo segreteria e responsabile comunicazioni e relazioni esterne dell'ufficio del direttore. Ringrazio i nostri ospiti per la loro presenza.
  L'audizione odierna rientra nell'ambito degli approfondimenti che la Commissione sta svolgendo sul traffico transfrontaliero dei rifiuti e sui rifiuti radioattivi.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterranno opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Cedo la parola al dottor Giuseppe Peleggi per lo svolgimento della sua relazione.

  GIUSEPPE PELEGGI, Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Grazie a tutti per l'opportunità offerta all'agenzia. Noi abbiamo preparato un documento, che possiamo distribuire. Abbiamo una decina di copie.
  Per l'illustrazione, se mi è consentito, darei la parola al direttore dell'ufficio intelligence della direzione antifrode, che si occupa anche di questo settore in modo specifico.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Burdo.

  ROCCO ANTONIO BURDO, Direttore dell'ufficio intelligence della Direzione centrale antifrode e controlli. Buonasera a tutti. Proverò a delineare un quadro di riferimento, in modo che possano essere soddisfatte le esigenze informative.
  Quello che sta emergendo dalle nostre analisi è la necessità di aumentare la prospezione estera su cosa sta succedendo.
  Premesso che nel documento vedrete anche i casi che hanno riguardato rifiuti pericolosi, come quelli radioattivi, e il controllo dei rifiuti non pericolosi, quello che stiamo analizzando, in realtà, è uno dei portati della delocalizzazione produttiva di interi settori industriali, che hanno attratto anche il flusso delle merci, delle materie prime secondarie e dei rifiuti, che possono essere riciclati per essere reinseriti in un circuito produttivo, che si è spostato in Medioriente e soprattutto in Estremo Oriente (in Asia e in particolare in Cina).
  Il monitoraggio ha reso necessario stabilire varie collaborazioni istituzionali, Pag. 4proprio per la complessità degli aspetti che sono emersi. L'Agenzia ha, quindi, stabilito rapporti di collaborazione con la Direzione nazionale antimafia, proprio perché dal 2009 è stata sottoscritta una convenzione tra Agenzia delle dogane e Procura nazionale antimafia, per contrastare gli interessi della criminalità organizzata nel commercio internazionale.
  Quando è stato approvato l'articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006 ed è stato inserito il traffico internazionale di rifiuti nell'articolo 51, comma 3-bis, del Codice di procedura penale sulla competenza delle direzioni distrettuali antimafia, il coordinamento della Direzione nazionale antimafia ha reso possibile leggere scenari complessi, ovvero mappare flussi internazionali, avendo a disposizione un numero di informazioni, tutte analizzate e provenienti dalle forze di polizia e da organi di polizia giudiziaria a competenza settoriale, come l'agenzia, che consentivano di fare un quadro della situazione.
  Questo quadro della situazione non riguarda soltanto l'aspetto geografico, cioè da dove partono i rifiuti e verso quale destinazione vanno, ma anche il modus operandi, ovvero quali sono le associazioni criminali che agiscono e quali sono gli aspetti di criminalità economica che riguardano il traffico dei rifiuti.
  Oltre alla Direzione nazionale antimafia, l'agenzia ha stabilito relazioni con il Corpo forestale dello Stato, sottoscrivendo nel 2013 un'intesa, proprio per il contrasto ai traffici illeciti di rifiuti presso la Procura nazionale antimafia. Infatti, questa unione tra autorità doganale e forza di polizia specialistica, con i NICAF del Corpo forestale dello Stato, è stata sollecitata proprio dalla Procura nazionale antimafia, con l'idea di utilizzare le informazioni presenti sul territorio insieme a quelle che vengono analizzate dalle autorità dello Stato riguardanti il traffico di commercio internazionale, unendo quindi territorio e confini.
  Tutto ciò ha consentito di fare quella mappatura dei flussi, dall'origine fino alla destinazione, che consente di comprendere diverse cose.
  Oltre alle collaborazioni che ho ricordato, ci sono le relazioni con l'Arma dei carabinieri, in particolare con i NOE e con il Comando tutela per l'ambiente, e storicamente con la Guardia di finanza, che agisce con il proprio servizio attivo negli spazi doganali.
  Di queste relazioni potete trovare traccia, non solo nel nostro appunto, ma anche nelle relazioni rese dal procuratore nazionale antimafia al Parlamento, al Ministro dell'interno e al Ministro della giustizia. In queste relazioni sono delineati gli aspetti positivi della collaborazione e anche la criticità dell'intero sistema di sorveglianza e di contrasto dei traffici illeciti dei rifiuti.
  Per ciò che riguarda le azioni di controllo, noi sottoponiamo alla vostra attenzione due diverse macrocategorie: i rifiuti pericolosi, che sono quelli oggetto della vostra audizione, cioè i materiali radioattivi; e i rifiuti classificati come non pericolosi, ma che sono la stragrande maggioranza dei casi, sia in termini di attenzione che in termini di attività di prevenzione e repressione.
  Per quanto concerne i rifiuti pericolosi radioattivi, vi segnaliamo subito che abbiamo notizia soltanto di due casi. Il primo caso riguarda una sorgente di cobalto 60, definita pericolosissima dalle competenti autorità dei Vigili del fuoco, che è stata individuata a Genova in un container che era stato dichiarato trasportare rottami metallici, in relazione con gli esperti del Ministero dell'energia statunitense, con il quale l'Agenzia delle dogane ha stabilito intese nell'ambito del rapporto definito dall'amministrazione statunitense «Megaports».
  Proprio l'intervento dei tecnici in quel giorno ha consentito di identificare questa sostanza, che è in massa e in volume assai limitata (i tecnici ci dicono che è più piccola di una scarpa), ma purtroppo ha contaminato, non solo il container di prodotti metallici, ma anche la zona delimitata da una barriera di container attorno al container stesso.
  Naturalmente se ne stanno occupando le autorità giudiziarie di Genova e le Pag. 5autorità di sicurezza (Vigili del fuoco e Ministero dell'interno), perché ha assunto una rilevanza prioritaria. Le indagini sono affidate alla procura della Repubblica di Genova.
  Il tracciamento della spedizione fa pensare che la sostanza sia stata inserita nell'area dei Paesi arabi. L'inserimento della sostanza reattiva, naturalmente irregolare, perché se ne è perso traccia, potrebbe essere proveniente da un'attività collaterale, non direttamente legata alla raccolta di quei materiali ferrosi. Comunque, le indagini sono ancora in corso.
  L'altro caso, invece, è stato appena rilevato (stiamo parlando di un periodo di tempo che va da ottobre a novembre) e riguarda la segnalazione che l'Agenzia delle dogane ha acquisito nell'ambito del dispositivo Eurosur, un regolamento che è entrato in vigore il 2 dicembre 2013 e che ha messo in relazione le forze di polizia dei 28 Paesi che compongono l'Unione europea e le amministrazioni doganali.
  Noi abbiamo chiesto al Ministero dell'interno che sta coordinando le attività di raccolta informazioni, di avere maggiori dettagli, per risalire alle filiere aziendali che sono state individuate. Credo che sia avvenuto nell'Europa dell'est. Non sappiamo quale siano l'ampiezza e la rilevanza del caso, ma abbiamo chiesto informazioni per individuare, non solo aziende, ma anche rotte e possibili settori merceologici che potrebbero riguardare il nostro Paese.
  Passiamo ora all'altra categoria, cioè a tutto ciò che riguarda il traffico internazionale dei rifiuti. Stiamo parlando di prodotti definiti dalle ARPA non pericolosi, se non in una percentuale che non supera il 30 per cento. Ciò significa che, su cento sequestri, non ce ne sono più di 25-30 che riguardano prodotti che vengono definiti pericolosi. Si tratta, quindi, di cascami e avanzi definiti non pericolosi, ma irregolarmente trattati dal punto di vista ambientale.
  Dal 2003 abbiamo analizzato i settori merceologici che sono da considerare a rilevanza prioritaria. Perché lavoriamo su cascami e avanzi ? Tranne i rifiuti solidi urbani (RSU), le cosiddette «balle di immondizia», non esiste una voce doganale che identifichi in tutto il mondo il rifiuto. Pertanto, per contrastare il traffico internazionale di rifiuti, noi siamo costretti a cercare in ciò che viene dichiarato cascame o avanzo di lavorazione industriale.
  Da pagina 4 in poi troverete quali sono gli ambiti e i settori merceologici che sono oggetto delle nostre analisi: cascami e avanzi di metalli, cascami e avanzi di rame, cascami e avanzi di polietilene, in particolare i teloni agricoli in polietilene, cascami e avanzi di carta e cartone, gomma, pneumatici esausti, pile o batterie. Hanno assunto grande rilevanza anche i rottami di autoveicoli e loro parti e i RAEE (rifiuti di elettrodomestici).
  Questi sono i settori merceologici che vedrete nell'appunto, con tutti i dettagli, fino ai nominal data, escluso il riferimento soggettivo a chi importa, esporta, acquista o vende, esposti a pagina 12 e seguenti.
  Possiamo, quindi, delineare quali sono i riferimenti esteri. Dall'analisi di tutti i settori merceologici sta emergendo l'assoluta rilevanza della prospezione estera delle analisi e delle indagini. Non è cosa che si può fare guardando soltanto al territorio nazionale.
  Questo è uno degli effetti della premessa che abbiamo fatto: la delocalizzazione industriale e produttiva porta a ragionare in termini di filiera aziendale, con qualcosa che è a 6.000 chilometri dal territorio italiano. Pertanto, ragionare in termini di ultimo miglio, focalizzandosi sull'esportatore italiano o di territorio nazionale, non serve a comprendere le dimensioni.
  La prospezione estera crea anche delle difficoltà. Per quanto la convenzione di Basilea preveda la collaborazione tra le autorità di controllo dei Paesi di partenza e di destinazione dei rifiuti, non è facile colloquiare con l'autorità malese e con l'autorità cinese, anche per la differenza di regimi. È a questo che voglio fare riferimento.
  La natura degli scambi ha qualcosa che collega tutto. Abbiamo visto che per alcuni settori merceologici, come leggerete in dettaglio, Pag. 6partendo dai cascami e avanzi di plastica e dai rottami di carta, ci si sposta nel territorio dell'Unione per tre grandi ragioni.
  La prima ragione, secondo noi, sono le scelte di carattere logistico portuale. Infatti, l'enorme distanza per raggiungere i luoghi di produzione, che sono in Estremo Oriente, comporta l'utilizzo del mezzo navale, quindi i rifiuti devono essere caricati in container e su navi. Pertanto, la logistica portuale nel traffico di rifiuti è importantissima. I Paesi che hanno fatto maggiori investimenti nella logistica portuale tendono ad attirare i traffici di rifiuti.
  Ciò si somma al fatto che a livello internazionale agiscono dei broker, ovvero dei commercianti. Perché vi stiamo raccontando questo ? Perché è qui che si inserisce l'aspetto criminale.
  I rifiuti, per poter essere esportati e per poter lasciare il territorio nazionale, dovrebbero essere trattati, bonificati e separati. È per questo che la Cassazione ha più volte detto che è importante attribuire il corretto codice CER.
  Quando a trattare per l'ultimo miglio è un commerciante, va da sé che è per definizione assente nella struttura economico-produttiva del commerciante il sistema industriale che può fare il trattamento. Il broker non ha vasche di lavaggio. Le vasche di lavaggio le ha l'originatore, cioè colui che produce il rifiuto e, per attribuire il codice CER, deve poter fare quel trattamento.
  Cosa abbiamo individuato nell'analisi di tutti i settori merceologici ? Per rendere ancora più scorrevole il commercio – giustamente il commercio internazionale è la ricchezza dei popoli e delle nazioni – si tende a individuare delle figure intermedie, alle quali attribuire la possibilità di commerciare rifiuti. Si premiano i grandi capitali e la creazione di figure che sono proprio quelle dei broker, cioè coloro che gestiscono grandi contratti per milioni di tonnellate di plastica, di rottami di ferro e di carta da macero e si assumono la titolarità della spedizione.
  Che cosa abbiamo visto per tutti i settori merceologici ? Non voglio tediarvi con le dimensioni quantitative, che troverete nell'appunto per ogni settore merceologico. Abbiamo visto che questo crea grandissime distorsioni.
  Se il Paese di destinazione è la Cina, a cui i rifiuti servono per produrre beni finiti, e l'autorità che rilascia l'autorizzazione perché la spedizione di rifiuti si possa muovere è cinese, sarà la Cina a selezionare chi può trattare i rifiuti dall'Italia, perché rilascerà l'autorizzazione soltanto a soggetti cinesi che avranno la partita IVA in Italia e che in qualche modo monopolizzeranno il mercato.
  Se un soggetto non è all'interno di quella filiera industriale, non avrà la AQSIQ e la CCIC. Sono sigle che possono essere oscure o tecniche, ma significano che un soggetto ha l'autorizzazione a fare quel determinato trattamento, perché l'originatore o il destinatario, che dovrà fare il trattamento ambientale, afferma che deve avere quella tecnologia.
  In teoria, l'autorità cinese va a vedere lo stabilimento industriale di destinazione o esamina lo stabilimento di partenza, verifica che ha l'attività industriale adeguata per fare quel tipo di trattamento e rilascia un'autorizzazione. Da quel momento, per consentire la tracciabilità del trattamento corretto, i soggetti autorizzati si scambiano le spedizioni e le presentano alle autorità di controllo di valico.
  Se, però, le autorizzazioni sono rilasciate solo dalla Cina e l'Italia non può che chiedere la verifica dell'autenticità e della veridicità all'autorità cinese, chiaramente è molto difficile individuare un'organizzazione economico-commerciale che tende a monopolizzare il mercato e capire in che misura un'organizzazione criminale riesce a inserirsi falsificando l'autorizzazione oppure falsificando le indicazioni su un'autorizzazione vera.
  Se a questo sommiamo il fatto che gli operatori italiani, per oltre l'80 per cento, sono muniti di un'autorizzazione provinciale che è redatta sulla base di un'autocertificazione, vediamo che la filiera di Pag. 7tracciabilità è pressoché in mano al dichiarante, cioè all'operatore economico.
  In questo contesto, la nostra analisi dei flussi ha dimostrato che esiste una polarizzazione. Mentre prima c'erano tanti italiani che erano originatori di rifiuti, per esempio dei cascami e avanzi di plastica o di polietilene, che si intestavano le bollette di esportazione verso tanti soggetti cinesi, adesso sta avvenendo una fortissima polarizzazione. Ci sono solo tre o quattro grandi imprese nazionali, con partita IVA italiana, ma rappresentate legalmente da cinesi, che acquisiscono dagli originatori italiani questi prodotti. Solo queste quattro persone, debitamente autorizzate dal Governo cinese, pongono in essere le esportazioni verso la Cina.
  Se si trattasse solo di regole di mercato, potremmo parlare di globalizzazione, di polarizzazione economica e di economie di scale, ma purtroppo così non è. Infatti, le indagini dimostrano che a volte l'impianto di destinazione è fittizio.
  Dobbiamo chiedere informazioni all'autorità cinese, con il rischio che, per una parte preponderante, l'autorità di destinazione dica che la società destinataria è in parte o totalmente pubblica. Ciò vuol dire che l'impresa destinataria delle spedizioni è del Governo cinese e questo, naturalmente, complica la verifica sia dell'autenticità delle autorizzazioni rilasciate sia della veridicità di quanto in esse indicato.
  Che cosa sta avvenendo ? Proprio questi soggetti cinesi che hanno polarizzato il traffico sono quelli con il più alto tasso di reiterazione dei delitti, sia quelli relativi all'articolo 259 sia quelli relativi all'articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  Questo vale per tutti i settori merceologici. Non vi fornisco una descrizione troppo dettagliata e stancante e lascio alla vostra iniziativa la scelta di porre domande sul tema.
  La violazione dell'articolo 259 ha una scarsissima deterrenza, perché è una sanzione che potrebbe essere definita «bagatellare». Con i termini prescrizionali bassissimi, di fatto denunciare una ditta per la violazione articolo 259 significa non impedire la reiterazione del delitto. Infatti, viene denunziato il legale rappresentante della società, ma la stessa società, essendo un soggetto giuridico con propria personalità, mezzi e dotazioni, continua a porre in essere n attività che sono fatte con la medesima organizzazione che ha dato origine alla notizia di reato.
  Cosa succede, dunque ? Essendo la sanzione di natura bagatellare, oltre ad avere una prescrizione breve e ad essere percepito come di scarsa rilevanza, questo delitto non viene comunicato alla base dati di riferimento delle varie procure della Repubblica e, quindi, dà luogo alla migrazione. Se un soggetto viene trovato per la prima volta a Venezia, si sposta e va a esportare ad Ancona. Se viene denunciato ancora ad Ancona, si sposta e va a esportare a Taranto.
  Pertanto, noi siamo costretti a rincorrere queste aziende, aumentando la dotazione tecnologica e costringendo i nostri uffici a rappresentare nel più breve tempo possibile ogni violazione, anche quella di cui all'articolo 259, che, come dicevo, ha un dispositivo afflittivo con scarsa deterrenza.
  La seconda e la terza volta la qualificazione giuridica probabilmente non è quella dell'articolo 259, ma quella dell'articolo 260: attività organizzata per il traffico internazionale di rifiuti. A quel punto, si può far intervenire la prima delle procure distrettuali possibili o la seconda per luogo di sequestro, oppure si può comunicare alla prima che è avvenuto un secondo sequestro in un altro luogo, in modo da avere possibilità d'indagine e mezzi di ricerca della prova, come le indagini tecniche o le capacità cautelari, che probabilmente l'articolo 259 non può invece consentire all'attività investigativa.
  A questo si collega l'altro tema. Il traffico internazionale di rifiuti per tutti i settori merceologici viene posto in essere, come è ovvio, dalla società commerciale.
  Quello che sottoponiamo alla vostra attenzione è un diverso ambito operativo. Invece di tenere conto soltanto della sanzione, che può essere la reclusione per il Pag. 8legale rappresentante, si potrebbero aumentare, proprio in ragione dei tassi di reiterazione dei delitti a cui stiamo facendo cenno, le capacità cautelari e interdittive del dispositivo sanzionatorio.
  A volte queste società attribuiscono un codice CER non vero. Noi facciamo definire il codice CER dall'ARPA. Non lo definiamo noi. Noi dobbiamo diventare bravi a intercettare ciò che viene dichiarato come cascami e avanzi e invece è un rifiuto. In seguito, chiamiamo l'ARPA, facciamo fare le analisi di laboratorio e l'ispezione fisica e ci facciamo dire se il codice CER R13 (messa in riserva) per quei cascami di polietilene o di carta è corretto o meno.
  Dunque, c’è già un intervento, che non è quello della dogana operante, che non può fare tutto da sola, perché altrimenti non ci sarebbero i pesi di bilanciamento. Interviene un organo tecnico.
  Se c’è un procedimento penale pendente, alla seconda reiterazione bisognerebbe far scattare delle misure interdittive che consentano, per esempio, la vigilanza rafforzata in azienda, anziché aspettare che la persona commetta il reato otto volte e denunciarla otto volte. Il soggetto poi dirà che le prime tre volte era alle Baleari e la terza volta non c'era.
  Bisogna aspettare una sentenza di condanna che riconosca il deficit organizzativo dell'impresa, perché, ai termini del decreto legislativo n. 231 del 2001, venga aggredito il soggetto giuridico. La sentenza di condanna, con questi termini prescrizionali bassissimi, rischia di arrivare dopo otto anni o di non arrivare affatto, perché è scattata la prescrizione.
  Nel frattempo, qualcuno può organizzare l'esportazione di teloni agricoli non trattati, perché si risparmiano soldi. Non trattare un telone agricolo significa non triturarlo e non lavarlo, ma prenderlo dalle serre di Vittoria, probabilmente con l'intervento di strutture criminali che controllano il territorio, metterlo nei container ed esportarlo. Questo significa ridurre di un ottavo il costo di una spedizione. Probabilmente, se costa tanto lavare un telone, si risparmia anche più di un ottavo.
  Un costo elevato diventa un profitto. Io vendo qualcosa, che mi viene pagato, perché le società industriali cinesi accettano tutto e non si fanno problemi a trattare, anche se nel nostro decreto ministeriale è previsto il 6 per cento di quota organica. Lo bruciano e buonanotte.
  Qual è il vero problema ? Il dispositivo sanzionatorio, con questa scarsa deterrenza, dovrebbe essere ripiegato ad avere come oggetto e come avversario un ente che fa da filtro per la responsabilità penale del soggetto, cioè la società commerciale.
  Oltre alla reclusione del legale rappresentante, quando è pendente un procedimento penale, potrebbe essere interessante pensare a misure cautelari e interdittive, come la sospensione della partita IVA per sei mesi, abbinate a una sorveglianza rafforzata, come previsto nella legge che avete approvato per il settore dell'olio extravergine d'oliva.
  La prima volta parte una specie di diffida, la seconda volta è l'amministrazione dello Stato che entra in azienda per vedere se ha l'estrusore. Se l'azienda non aveva l'estrusore nel primo caso, non può averlo nel secondo caso, visto che si tratta di un impianto industriale. Se non ha lavato i rifiuti prima, continuerà a non lavarli.
  Affidarsi soltanto alla leva penale, che prevede la reclusione della persona fisica e, solo a termine di condanna, l'aggressione del soggetto giuridico azienda, solo nel caso in cui sia dimostrato, a cura dell'accusa, che c’è stato un deficit organizzativo, probabilmente rende, già a tavolino, l'intero sistema afflittivo, con scarsissima efficacia deterrente.
  In questo contesto, si inseriscono delle organizzazioni economiche che fanno razzia di materiali secondari e, quindi, sottraggono alle politiche industriali di questo Paese cose preziose. Infatti, noi abbiamo consorzi che ricevono addirittura contributi per fare il trattamento ambientale. Se i rifiuti prendono la via delle esportazioni, significa che non saranno fatti i trattamenti ambientali. I rifiuti non saranno riciclati e non diventeranno prodotti in Pag. 9plastica in Italia, perché quando si esporta il trattamento industriale viene fatto, semmai, da un'altra parte.
  È chiaro che ci sono delle considerazioni che possono essere fatte e che hanno una valenza di pari dignità strategica di quelle legate soltanto alle attività di prevenzione e repressione.
  Se lo ritenete opportuno, ci sono tre informazioni riservate che potrò comunicarvi in seguito.
  L'ultima considerazione riguarda il funzionamento dell'analisi delle irregolarità. Poc'anzi vi ho parlato delle distorsioni di flusso. Stiamo notando, per esempio, che le esportazioni di materiali plastici dall'Italia sono in fortissimo decremento, però stanno aumentando le esportazioni dalla Slovenia di materiale plastico intestato o riferibile a soggetti italiani. Ciò significa che nostri soggetti vanno a esportare da Capodistria.
  Se un dispositivo funziona con una certa sensibilità, le organizzazioni economico-criminali vanno a trovare il dispositivo di esportazione nel Paese membro che è ritenuto più permeabile.
  Forse ciò che serve è proprio la prospezione estera di cui parlavo, che, secondo noi, è assicurabile solo da maggiori poteri e capacità organizzative della Procura nazionale antimafia, che sta cercando di svolgere questa funzione, per la capacità di collegarsi con l'autorità giudiziaria estera e di individuare la presenza di criminalità organizzata, non solo mafiosa, ma anche economica.
  Le distorsioni non sono legate solo alle logiche dei broker (se i broker sono inglesi, vediamo i flussi che vanno verso l'Inghilterra e da lì verso la Cina) e alla portualità, che ha diversi investimenti, ma anche alla scelta di organizzazioni criminali che tentano di eludere il dispositivo di controllo doganale che ritengono più sensibile, cercandosi un porto ritenuto più permeabile, come nel caso della Slovenia. A questo proposito, noi abbiamo avvisato, oltre che la Procura nazionale, anche le autorità slovene.
  In questo contesto, a livello nazionale c’è un'ulteriore difficoltà. Ogni anno l'Agenzia delle dogane con i suoi uffici redige in media 150-180 notizie di reato e sequestri in materia ambientale per le violazioni di cui agli articoli 259 (traffico internazionale di rifiuti) o 260 (attività organizzata funzionale al traffico internazionale di rifiuti).
  Qual è la criticità ? Noi siamo un organo di polizia giudiziaria a competenza settoriale e, quindi, non accediamo allo SDI, che è la raccolta del Ministero degli interni relativa alle notizie di reato e alle informazioni di polizia. Pertanto, noi non possiamo inserire le nostre denunce e non possiamo nemmeno leggerle.
  Se il soggetto Rocco Burdo S.p.A. è stato denunciato ieri dall'Arma dei carabinieri e oggi fa l'importazione, per noi è il convento delle Orsoline che ha importato le lenzuola per gli orfanelli, perché nessuno ce lo dice. Se lo denunciamo noi e domani i NOE dei carabinieri vanno a controllarlo, loro non sanno che il giorno prima noi abbiamo sequestrato 11.000 tonnellate di materiale plastico non trattato.
  Perché accade questo ? Lo SDI è organizzato per l'accesso degli ufficiali di polizia giudiziaria delle forze di polizia. Essendo noi ufficiali di polizia giudiziaria non delle forze di polizia (come dice sempre il direttore e ci raccomanda di dire, non lo vogliamo diventare, per evitare l'insorgenza di gelosie o di equivoci), nessuno legge il dato dell'altro.
  Cosa stiamo facendo ? Inviami i nostri dati alla Procura nazionale antimafia, collazionando quanti dei reati di cui all'articolo 259 secondo noi sono forse reati relativi all'articolo 260. In seguito, la Procura nazionale antimafia, con un pool di investigatori del Corpo forestale dello Stato, ai quali ci ha fatto collegare, cerca di fare l'unione tra i dati delle forze di polizia e quelli dell'organo doganale, in modo da unire, come abbiamo detto poc'anzi, il territorio ai suoi confini.
  Questa è la base. Valutate se dobbiamo approfondire o rispondere alle domande.

  PRESIDENTE. Aveva detto che c’è una parte riservata. Possiamo segretare l'audizione, Pag. 10così finiamo l'esposizione, e poi poniamo le domande.

  PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta)

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo.

  (La Commissione prosegue in seduta pubblica)

  PRESIDENTE. La ringrazio per l'esposizione, che credo sia assolutamente di grande interesse.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  BARTOLOMEO PEPE. Vorrei sapere se l'autorità delle dogane è a conoscenza di un traffico scoperto da poco in Lombardia, di cui il procuratore di Brescia Pier Luigi Maria Dell'Osso si sta occupando. Pare che arrivino rifiuti tossici in container trasportati dalle navi attraverso l'Oceano indiano e il canale di Suez provenienti addirittura dall'Australia o su rotaia provenienti dall'Est. Si tratta di cianuri, fluoruri, bauxite e altro.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Vorrei sapere se risultano delle criticità connesse alla movimentazione dei rifiuti transfrontalieri con alto potere calorifico, per i quali è previsto il pagamento delle accise.
  Sostanzialmente il problema che mi è stato segnalato è che in Italia il rifiuto è sottoposto ad accisa se è destinato al recupero. Dato che gli impianti che trattano questi rifiuti in Italia sono pochi, c’è il rischio di un'esportazione transfrontaliera illegale per aggirare il pagamento delle accise, che all'estero non sono dovute. Alcune criticità sono sorte anche con le dogane, che ovviamente bloccano questo smaltimento.
  Vorrei sapere qual è la dimensione del fenomeno.

  STEFANO VIGNAROLI. La mia domanda riguarda la parte segretata, quindi non so se porla dopo.

  PRESIDENTE. La poniamo alla fine.

  ALBERTO ZOLEZZI. Vorrei chiedere un parere sul decreto semplificazioni n. 5 del 2012, che inizialmente intendeva limitare il flusso dei rifiuti che sono avviati all'estero, perché più facilmente trattabili e smaltibili, e prevedeva la dichiarazione del Paese di destinazione dei rifiuti. In seguito questa norma è stata tolta.
  Inoltre, vorrei sapere se ci può dire quali sono i porti italiani in cui sono state riscontrate maggiori irregolarità.

  PRESIDENTE. In primo luogo, vorrei sapere se dalle vostre attività emergono aziende o personaggi all'interno di aziende che ricorrono con una certa frequenza.
  Poc'anzi, se ho capito bene, avete parlato della questione dei contributi. Dite che ovviamente i consorzi obbligatori ricevono questi contributi. L'elemento che voi sottolineavate è che in alcuni casi, non venendo trattati questi rifiuti, si prefigura un'appropriazione indebita di questi contributi. La definisco così, anche se non è il termine giuridico esatto. Infatti, il consorzio incassa dei quattrini e poi non svolge l'attività che dovrebbe svolgere.
  Vorrei sapere quante indicazioni ci sono e se, perlomeno, i consorzi che lavorano in quel modo sono sempre gli stessi.
  Un'altra questione che vorrei porvi è relativa al traffico dei RAEE verso il Nord Africa. Ci risulta dalla stampa che ci sono state diverse segnalazioni rispetto al traffico dei RAEE, che dovrebbero essere prodotti utilizzabili come materia seconda, invece, in realtà, sono dei rifiuti, che probabilmente vengono smaltiti in maniera assolutamente illegale.
  L'altra questione è, invece, più di carattere generale. Vorrei sapere se siete stati auditi in Senato rispetto all'iter legislativo attualmente in corso dell'introduzione dei reati ambientali nel Codice penale.Pag. 11
  Io mi fermerei qua. Sentiamo prima la risposta a queste domande. La domanda in seduta segreta sarà posta alla fine.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  ROCCO ANTONIO BURDO, Direttore dell'ufficio intelligence della Direzione centrale antifrode e controlli. Rispetto alla domanda sui traffici in Lombardia indagati dalla procura di Brescia, se possibile, ci riserviamo di rispondere successivamente, perché non sono sicuro che ciò che è stato segnalato dalla dogana di Bergamo e Brescia riguardi il caso illustrato dall'interpellante. Probabilmente è così, ma non vorrei dare delle informazioni non corrette. Dunque, se è possibile, ci riserviamo di fornire ulteriori indicazioni in seguito.
  Per ciò che riguarda invece le criticità relative ai rifiuti che sono sottoposti ad accisa, se si fa riferimento ai prodotti che possono essere utilizzati per la combustione presso cementifici o presso stabilimenti che producono energia, in particolare ai pneumatici o ai derivati dei pneumatici esausti, la questione che si pone è questa: noi stiamo interpretando la normativa nazionale che prevede che il quantitativo di gomma, cioè di sostanza di carbonio organica, associata alla parte metallica, cioè alla struttura del pneumatico, non possa superare una determinata quantità espressa in percentuale.
  Questo riferimento è dato sempre dall'organo tecnico che è interpellato dall'autorità doganale locale. Noi mettiamo il profilo di rischio, viene selezionata la spedizione, che poi arriva al porto di Civitavecchia e al porto di Napoli. A quel punto, sono Napoli e Civitavecchia che chiamano l'ARPA competente, la quale definisce, sulla base di elementi di esperienza o di analisi di laboratorio, qual è la percentuale di materiale organico che è rimasta ancora inserita all'interno della parte metallica.
  A questo proposito c’è una criticità: alcune aziende, che sono quelle che fanno la maggior parte di quantitativi, ritengono che, sulla base dei trattamenti iniziali per i quali hanno dotazione di impianti industriali, non si possa scendere sotto un determinato quantitativo e che, in realtà, l'attribuzione del codice CER tenga conto della possibilità che nel secondo trattamento nel luogo di destino, cioè prima dell'utilizzazione per produrre energia o per la combustione, la sostanza organica possa scendere al di sotto di quella percentuale e, quindi, non si possa dare luogo alla tossicità della combustione.
  Il vero problema è che secondo alcune sentenze della Cassazione che noi rileviamo l'attribuzione del codice CER deve avvenire in modo esaustivo prima che la spedizione lasci il territorio nazionale. Pertanto, l'originatore o colui che tratta la spedizione non può fare rinvio a un trattamento che è svolto solo in parte e che, quindi, potrà consentire la definizione di corretto trattamento ambientale solo per l'intervento di un soggetto che è fuori dal territorio nazionale e non è sottoponibile al controllo dell'autorità doganale della Repubblica italiana.
  Questo consentirebbe di dire che è irregolare. Siccome la Convenzione di Basilea nel regolamento sui rifiuti C13 prevede che in caso di irregolarità il titolare della spedizioni debba riprendere la spedizione, è chiaro che quando quest'ultimo lo dichiara, il trattamento ambientale deve essere, non solo definitivo e completo, ma anche esaustivo per le direttrici tecniche del decreto ministeriale italiano. Se il titolare afferma che c’è il 6 per cento di sostanza organica e l'ARPA sostiene che c’è il 9 per cento, per noi è irregolare.
  Questo sta portando al fermo di alcune spedizioni, perché la spedizione è oggetto del delitto disciplinato dall'articolo 259. Per le prerogative di polizia giudiziaria, noi non potremmo dare lo svincolo e poi rapportare all'autorità giudiziaria quando la spedizione ha già lasciato il territorio nazionale, a meno che non intervengano delle specifiche indicazioni della procura della Repubblica.
  Allo scopo di evitare che per queste criticità tecniche venga interrotta la fluidità del commercio internazionale, abbiamo dato indicazione ai nostri uffici di Pag. 12andare in procura e chiedere i sequestri preventivi secondo l'articolo 321, verificando che l'autorità giudiziaria, ritenendo che l'interpretazione sia corretta e che la perizia dell'ARPA possa avere rilevanza indiziaria per sostenere la responsabilità, decida sulle esigenze cautelari.
  Se l'autorità giudiziaria decide che l'analisi di laboratorio ha fotografato la situazione e, quindi, non intende tenere sotto sequestro cautelare la spedizione ed emettere il decreto di sequestro preventivo, perché, secondo la rappresentazione finora fatta, ha acquisito gli elementi per esercitare l'azione penale, non è necessario sequestrare.
  Altrimenti, secondo l'articolo 354, dopo la perizia dell'ARPA che sostiene che il trattamento e l'attribuzione sono irregolari, siamo costretti a porre in sequestro la spedizione. Da questo discende la criticità del vincolo, cioè l'azienda non può riprendere possesso e disponibilità della spedizione.
  La questione dell'accisa è legata, in seconda battuta, all'interpretazione delle parti economiche, che è diversa da quella dell'agenzia, la quale non è un organo tecnico. Abbiamo più volte indicato alle parti economiche di rivolgersi al Ministero dell'ambiente, affinché emani delle disposizioni che rendano a priori più percorribile la strada dei trattamenti.
  Se ci dicono che con la sola lavorazione metallica e l'acquisizione magnetica della parte metallica, prima che sia separata con altri sistemi, è possibile superare il 6 per cento, le dogane faranno uscire materiale che è all'8 o al 12 per cento. Se il decreto stabilisce che la sostanza organica non può essere oltre il 6 per cento e l'ARPA dice che c’è l'8 per cento, noi non possiamo che porre in sequestro la spedizione, nella forma del sequestro d'iniziativa o della richiesta di sequestro preventivo ex articolo 321, primo e secondo comma.
  Infatti, abbiamo sempre detto ai nostri di non disporre sequestri preventivi con il terzo e quarto comma, cioè d'iniziativa della polizia giudiziaria, e di farlo decidere all'autorità giudiziaria, che poi darà i diritti di difesa alle parti economiche.
  Per ciò che riguarda invece le domande del presidente, che chiedeva se emergono aziende che ricorrono, la risposta è affermativa. Ci sono delle filiere aziendali, che noi...

  PRESIDENTE. Potremmo avere quest'elenco ?

  ROCCO ANTONIO BURDO, Direttore dell'ufficio intelligence della Direzione centrale antifrode e controlli. Intende l'elenco delle aziende che hanno la più alta reiterazione al delitto ?

  PRESIDENTE. Vorremmo avere l'elenco delle aziende ed eventualmente l'indicazione sui consorzi, perché noi stiamo lavorando su questo tema.

  ROCCO ANTONIO BURDO, Direttore dell'ufficio intelligence della Direzione centrale antifrode e controlli. Va bene. Naturalmente sono nomi di indagati. Su quelli che hanno alti tassi di reiterazione, vi segnaleremo qualcosa in più. Ci sono delle filiere aziendali riferibili a cittadini cinesi...

  GIUSEPPE PELEGGI, Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Sarebbe interessante che la Commissione facesse una visita nella sala analisi delle dogane.

  PRESIDENTE. È un suggerimento assolutamente accolto.

  GIUSEPPE PELEGGI, Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. In quell'occasione potremmo illustrarvi tutti i dati.

  PRESIDENTE. Perfetto.

  ROCCO ANTONIO BURDO, Direttore dell'ufficio intelligence della Direzione centrale antifrode e controlli. Ci sono tre filiere aziendali che ricorrono e che noi riteniamo essere tra gli organizzatori di Pag. 13spostamenti di flussi assai considerevoli, soprattutto di materiale plastico, nella forma del materiale plastico da imballaggi e soprattutto del polietilene.
  Questi soggetti sono radicati in Italia. Sono tra quelli che hanno polarizzato e monopolizzato le esportazioni, con la conseguenza di cui parlavo poc'anzi: nessun esportatore italiano si intesta più le bollette doganali delle esportazioni, perché cede a questi soggetti, che poi esportano. Nessun italiano ha più l'autorizzazione.
  Questo deriva da un'altra criticità. Noi abbiamo più volte sottolineato...

  PRESIDENTE. Le ricordo che siamo in seduta pubblica. Se ha dei dati particolarmente riservati, aspettiamo la domanda del collega Vignaroli e ci risponde alla fine.
  Chiederei di procedere in seduta segreta, facendo porre la domanda all'onorevole Vignaroli e poi facendole concludere le risposte.

  ROCCO ANTONIO BURDO, Direttore dell'ufficio intelligence della Direzione centrale antifrode e controlli. Rispondo prima sul traffico dei RAEE, che non è un dato riservato, e le dico che non siamo stati auditi al Senato sui reati ambientali.
  Sul traffico dei RAEE confermiamo che ci sono tre grandi inchieste sul territorio nazionale. Una di queste è partita da Brescia e da Bergamo e riguarda un monitoraggio di prodotti elettrodomestici rottamati (RAEE), che inizialmente sembravano riferibili all'attività di migranti che avevano messo nei container frigoriferi e lavatrici usate, perché venissero utilizzati tal quali presso i Paesi di origine.
  In seguito, continuando a investigare, soprattutto presso l'ufficio di Bergamo, abbiamo visto che, in realtà, la raccolta presso questi centri di stoccaggio era curata da esponenti della criminalità campana e che la spedizione in container, in particolare verso Paesi africani, era utilizzata dalla comunità campana, con il rischio di intombamento, almeno per una parte considerevole di questi materiali.
  Giocano sempre sulla questione che la rottamazione comporta un contributo o un sostegno per il corretto trattamento ambientale. Si sospetta che l'esportazione con la finta indicazione di masserizie sia un escamotage per evitare il trattamento ambientale, che è costosissimo.
  A questo proposito, abbiamo fatto la segnalazione alla Procura nazionale antimafia. In quel caso abbiamo proposto l'atto di impulso affinché venisse classificato come reato ex articolo 260, in modo da consentire a una distrettuale antimafia di avere maggiori poteri di indagine, perché, come dicevo, con l'articolo 259 è davvero difficile agire.

  PRESIDENTE. Segretiamo la seduta, per permettere all'onorevole Vignaroli di porre la sua domanda.
  Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta)

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo.

  (La Commissione prosegue in seduta pubblica)

  ALBERTO ZOLEZZI. Le ripeto la domanda che le avevo posto. Vorrei sapere in quali porti italiani sono state riscontrate maggiori irregolarità.

  ROCCO ANTONIO BURDO, Direttore dell'ufficio intelligence della Direzione centrale antifrode e controlli. Le chiedo scusa, onorevole. I porti sono: Passo nuovo di Genova, La Spezia, Bari, Ancona, Ravenna, Trieste Punto franco e Salerno.
  A pagina 47 dell'appunto che vi abbiamo lasciato c’è l'indicazione sia dei principali casi di rifiuti sia delle rotte. C’è una cartina italiana e ci sono anche i comunicati stampa.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo davvero per il lavoro. Vi verremo a trovare e continueremo la nostra analisi.
  Sull'introduzione dei diritti ambientali del codice, caldeggeremo una vostra audizione, Pag. 14perché chiaramente questo che avete sollevato è un problema non secondario.

  GIUSEPPE PELEGGI, Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Vi rivolgo questo invito, perché ritengo che per capire come funziona il sistema telematico doganale, come opera l'analisi dei rischi, come facciamo selezioni, come introduciamo un profilo di rischio e la capacità del sistema di selezionare in dieci secondi le merci a rischio, bisogna vederci lavorare.
  Ci si mette seduti in sala e si guarda quali sono in quel momento i container che stanno sdoganando in Italia nei vari porti e aeroporti. Possiamo decidere quale merce bloccare da subito, introducendo un algoritmo. È un buon sistema.
  Conoscere come funziona l'antifrode doganale può aiutarci anche per capire dove possiamo arrivare e se avete input particolari. I profili possono essere soggettivi: non riguardano solo la merce, ma anche l'impresa, l'importatore, l'esportatore, l'origine e la provenienza del container.
  Quello che abbiamo costruito dietro, invece, sono operazioni di intelligence, che vanno dalla capacità di leggere le fonti aperte al fatto di usare tutto ciò che troviamo in rete. Ciò ci permette di avere una scrivania virtuale, in cui tutte le informazioni interessanti che troviamo sono rese accessibili agli analisti della sala. Questo può essere un interessante caso. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro sospesa la seduta.

  La seduta, sospesa alle 14.10, riprende alle 20.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti.
  Il Procuratore Roberti è accompagnato dal sostituto procuratore nazionale antimafia, dottor Roberto Pennisi, che ringraziamo per la presenza.
  Avvertiamo i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterranno opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitandoli a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Do la parola al dottor Roberti. Lei sa di che cosa ci occupiamo. La legge istitutiva della Commissione, oltre al tema degli illeciti amministrativi e ambientali collegati al ciclo dei rifiuti ha introdotto, rispetto alle precedenti legislature, per la prima volta come argomento di interesse le attività illecite collegate alla costruzione e alla gestione dei depuratori delle acque, nonché all'utilizzo dei fanghi di spandimento nelle campagne.
  Questa era una questione che emergeva in maniera frequente e che è emersa anche in recenti eventi, come quello di Adria dove sono morte quattro persone.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia. Lei si riferisce a un testo di legge in particolare a cui fare riferimento ?

  PRESIDENTE. Come lei sa, questa Commissione viene istituita con legge in ogni legislatura. Come la Commissione antimafia. Peraltro, la nostra è una Commissione Pag. 15d'inchiesta sui generis perché indaga su un fenomeno e non tanto su un fatto compiuto.
  Tuttavia, visto che molti degli argomenti di interesse della Commissione sono collegati anche alla vostra attività, a noi interesserebbe questa sera avere un quadro generale. In seguito i colleghi faranno delle domande specifiche.
  Do immediatamente la parola al Procuratore Roberti che ringrazio per la sua disponibilità.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia. Non è la prima volta che vengo audito dalla Commissione parlamentare che si occupa anche del ciclo dei rifiuti e, in generale, della criminalità ambientale. Sono già stato audito quando ero coordinatore alla procura distrettuale di Napoli. All'epoca i reati ambientali, a differenza di ora, non erano ancora connessi alla criminalità mafiosa, almeno con riferimento all'unico che figura nel catalogo di competenza della procura distrettuale e, conseguentemente, della procura nazionale antimafia per quanto riguarda i compiti di coordinamento e di impulso investigativo.
  Già allora, però – mi riferisco al 2007-2008 – il tema della criminalità ambientale e, più specificamente, della criminalità inerente al ciclo dei rifiuti era un tema mafioso. L'esperienza investigativa e giudiziaria, raccolta poi anche negli atti della Commissione parlamentare, dimostrava che, almeno per un dato periodo storico, le attività di smaltimento illegale di rifiuti e di attentati all'ambiente vedevano coinvolte addirittura in funzione di protagoniste le organizzazioni mafiose, in particolare le organizzazioni camorristiche napoletane e casertane.
  Sebbene, come dirò di qui a breve – non voglio togliere poi al collega Pennisi la possibilità di intervenire anche su questo punto – i reati in materia di traffici organizzati di rifiuti non possano essere catalogati come reati di mafia, ma più come reati di imprese che si servono delle mafie per lo smaltimento illegale, in quanto le mafie controllano il territorio e, quindi, smaltiscono illegalmente, la materia è sempre stata di spiccato interesse delle procure distrettuali. Fin dai primi anni Novanta, infatti, si accertò che le attività di sversamento e di smaltimento illegale in Campania avevano avuto luogo a opera delle organizzazioni camorristiche napoletane e casertane.
  Altre indagini, nel corso degli anni, nei successivi vent'anni, hanno dimostrato, ripeto quello che dicevo prima, ossia che non sempre ci sono la mafia o le organizzazioni mafiose tradizionali in queste attività.
  Nel 2010 noi riceviamo la competenza per il traffico illegale organizzato di rifiuti all'articolo 260 del Testo unico ambientale, che è di competenza delle procure distrettuali. È un reato eventuale ed è di competenza delle procure distrettuali.
  La Direzione nazionale antimafia si è andata attrezzando nel tempo e oggi dispone, nella propria struttura organizzativa, di uno specifico polo di interesse – noi li chiamiamo così – criminalità ambientale, di cui il collega Roberto Pennisi è coordinatore. Esso comprende un ambito di operatività che parte, naturalmente, dal traffico dei rifiuti, ma si estende immediatamente alle infiltrazioni nel settore agroalimentare, alle energie alternative, spesso strettamente connesse, come lor signori sanno, al traffico di rifiuti, alle utilizzazioni boschive e, infine, alle contraffazioni nel settore agroalimentare.
  Come vedete, si tratta di attività criminose che pertengono agli sviluppi evolutivi delle moderne organizzazioni criminali, che sono sempre più transnazionali e sempre più attente a investire e a riciclare i capitali illeciti e, quindi, a operare illecitamente nell'economia legale in questi settori in fase di sviluppo.
  Dunque, noi abbiamo costituito il polo di interesse criminalità ambientale e abbiamo, ovviamente e doverosamente, dedicato un focus particolare alla materia del traffico illegale di rifiuti. Infatti, il collega Roberto Pennisi ha costituito – io l'ho già trovata, quando mi sono insediato l'anno scorso come procuratore antimafia Pag. 16– una struttura che si articola su un gruppo di lavoro denominato Gruppo rifiuti, il quale ha il compito di fare la raccolta e l'elaborazione delle iscrizioni nei vari registri generali di tutte le procure italiane di quelli che noi chiamiamo i «reati spia».
  Che cosa sono i reati spia ? Sono i reati sintomatici di agire mafioso. Non sono proprio mafiosi, ma sintomatici di una possibile presenza di criminalità organizzata di tipo mafioso ed eventualmente anche non mafioso.
  Faccio un esempio pratico. Come sapete bene, i reati in materia di criminalità ambientale prevedono un solo delitto, quello di traffico organizzato di rifiuti, all'articolo 260, che è di competenza distrettuale. Gli altri reati sono reati contravvenzionali e, quindi, sfuggono alla competenza delle procure distrettuali e rientrano nella competenza delle procure ordinarie. Tra di essi riteniamo di poter qualificare come reati spia, per esempio, l'esercizio abusivo di una discarica, previsto all'articolo 256, ovvero il traffico di rifiuti illecito, ma non condotto in forma organizzata, all'articolo 259.
  Orbene, se noi troviamo, e le troviamo, le iscrizioni presso i registri generali delle procure di questi due reati e ritroviamo le stesse iscrizioni in più procure, magari in capo agli stessi nominativi – si tratta di quelle che noi chiamiamo «ricorrenze» – questa pluralità di iscrizioni in più uffici giudiziari per reati spia magari in capo agli stessi soggetti rappresenta un sintomo dell'esistenza di una struttura organizzativa che si muove sul territorio nazionale e che va smaltendo illegalmente i rifiuti in più punti del territorio nazionale.
  Se poi questi dati che raccogliamo li incrociamo con la base dati nazionale della procura nazionale antimafia, ossia con i dati di pertinenza delle indagini mafiose, e, tanto per fare un esempio, scopriamo che il soggetto iscritto per uno sversamento abusivo non organizzato presso più uffici di procura è anche un soggetto da catalogare come mafioso o contiguo alle organizzazioni mafiose, abbiamo la conferma che ci sia una struttura organizzata dietro questo soggetto che smaltisce illegalmente e che sia anche una struttura mafiosa.
  A questo punto, che cosa facciamo di questi dati che abbiamo ? Li sviluppiamo in termini di impulso investigativo. Voi sapete bene che la procura nazionale antimafia ha il cuore delle proprie competenze nelle attività di coordinamento e di impulso investigativo. Noi non facciamo indagini dirette, salvo casi eccezionali previsti dall'ordinamento, quali il caso dell'avocazione, ma svolgiamo attività di coordinamento delle indagini che si svolgono fra le 26 procure distrettuali e diamo impulso investigativo a queste indagini anche con specifici atti. Comunichiamo, cioè, ai procuratori distrettuali che abbiamo raccolto alcuni dati che devono essere sviluppati in chiave investigativa di loro competenza, perché ci potrebbe essere un reato, nel caso nostro, di traffico illegale organizzato di rifiuti.
  Noi traduciamo, quindi, questi elementi che abbiamo raccolto, che abbiamo elaborato e che ci danno la misura della possibile esistenza di un'organizzazione criminale dedita al traffico organizzato di rifiuti in un atto di impulso che viene destinato al procuratore distrettuale competente. La competenza si individua in base alle regole di individuazione della competenza per territorio, che sono scritte nel Codice di procedura penale.
  Riepilogando, la procura nazionale sviluppa le proprie attività di coordinamento e di impulso investigativo raccogliendo dati, notizie e informazioni, come vuole l'articolo 371-bis del Codice di procedura penale, elaborando questi dati con il proprio sistema di banca dati e trasformandoli poi in atti di impulso presso le procure distrettuali.
  Successivamente, se ha investito più procure distrettuali dello stesso fenomeno, perché magari si tratta di un'attività che si sviluppa in senso transdistrettuale e che, quindi, coinvolge la competenza di più procure distrettuali, la procura nazionale svolge anche attività di coordinamento Pag. 17investigativo tra le procure che sono state investite della competenza per quel fenomeno criminale.
  Tutto questo lo facciamo grazie anche al supporto degli organismi di polizia giudiziaria e, in particolare, del Corpo forestale dello Stato e dell'Agenzia delle dogane, organismi con i quali noi abbiamo addirittura stipulato un protocollo d'intesa che ci consente di raccogliere informazioni tramite questi organi di polizia giudiziaria.
  Tali sono anche le funzioni in ambito doganale dell'Agenzia delle dogane. Questi protocolli di intesa ci consentono anche di avvalerci del personale del Corpo forestale dello Stato e del rapporto con l'Agenzia delle dogane per elaborare i dati, in vista, come dicevo prima, degli impulsi investigativi.
  Adesso, però, se consentite, passerò la parola al collega Pennisi per quello che egli riterrà di aggiungere a questa mia presentazione. Vi ho detto sommariamente che, quando parliamo di reati in materia di rifiuti, è più vicino alla realtà parlare di delitti di impresa che non di delitti di mafia, perché sono le imprese che attivano il ciclo illegale di rifiuti, non le organizzazioni mafiose.
  Le organizzazioni mafiose svolgono un servizio rispetto alle imprese, che, per risparmiare e soprattutto per nascondere i rifiuti provenienti dalla propria produzione in nero, che non possono che essere smaltiti in nero, si rivolgono alle organizzazioni criminali, o comunque a organizzazioni di smaltitori disposte a smaltire illegalmente. Dunque, l'impulso viene dalle imprese e le organizzazioni criminali, anche mafiose, svolgono il servizio di smaltimento illegale.
  Naturalmente, la Direzione nazionale antimafia svolge le proprie attività e rivolge le proprie attenzioni anche sul settore internazionale. Noi siamo convinti, perché ne abbiamo gli elementi, indiziari e sintomatici, che oggi le attività di traffico illegale di rifiuti non riguardino solo il territorio nazionale, ma abbiano anche una proiezione transdoganale e transnazionale. Buona parte dei rifiuti che vengono smaltiti illegalmente viene destinata all'Asia, in particolare alla Cina, ad alcuni Paesi dell'Est europeo e ad alcuni Paesi africani.
  Come sottolineiamo anche nell'appunto che lascerò agli atti di quest'audizione, anche queste condotte integrano il reato di cui all'articolo 260 del Testo unico ambientale, perché sono condotte di smaltimento illegale di rifiuti, tanto più odiose e tanto più pericolose quando vengono trafficati rifiuti per i quali si percepiscono contributi affinché vengano smaltiti e riciclati all'interno del territorio nazionale, come, per esempio, i rifiuti in materia plastica.
  Se questi rifiuti, per lucrare i contributi, vengono, invece, trafficati verso l'estero, ciò integra sicuramente il reato di cui all'articolo 260 e probabilmente anche altri reati in danno dell'Erario. Su questo, però, vorrei che fosse il collega Pennisi, che segue da più tempo di me e da più vicino di me queste vicende e queste attività illecite, a portare il proprio utile contributo.
  Presidente, se me lo consente, darei la parola al collega Pennisi.

  ROBERTO PENNISI, Sostituto procuratore antimafia. C’è poco da aggiungere a quello che ha detto il signor procuratore nazionale. È vero che lui è sopraggiunto in un momento successivo a quello in cui, come ha benevolmente detto, io già mi occupavo di questi fenomeni. Il procuratore nazionale, però, di questi fenomeni si era occupato già prima ancora che io potessi immaginare che esistessero, quando alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli visse quel fenomeno che ormai tutti conoscono per il disastro ambientale che in tali territori si è verificato.
  È da lì che bisogna prendere le mosse per comprendere il senso e la natura stessa della criminalità ambientale. Questo ha portato la direzione nazionale antimafia a organizzarsi in una determinata maniera e a indirizzare la propria attività, che poi è un'attività di servizio a quella delle direzioni distrettuali, verso alcuni orizzonti, non per una scelta, ma proprio per necessità.Pag. 18
  Si è compreso, cioè, che anche il disastro verificatosi in Campania, che ha fatto sì che si coniasse il termine «ecomafia», era un fenomeno che non prendeva le proprie mosse dalle scelte della criminalità organizzata di tipo mafioso, ma da scelte effettuate da altri soggetti, i quali hanno utilizzato la criminalità mafiosa come i padroni si servono – scusate la ripetizione – dei servi.
  Così è successo in quel periodo. Nello stesso periodo le altre mafie, invece, affrontavano il tema dei rifiuti in maniera ben diversa, ossia inserendosi non nel ciclo illegale dei rifiuti, bensì in quello legale, operando non già come mafia dei rifiuti, bensì come mafia degli appalti.
  Cosa nostra e ’ndrangheta non si sono mai sognate di gestire il ciclo illegale dei rifiuti. Si sono sempre inserite in quello legale, attraverso i loro sistemi e con i loro metodi, partecipando alle gare d'appalto indette dagli enti locali e acquisendo la gestione dei rifiuti solidi urbani dei centri all'interno dei quali esercitavano il proprio dominio.
  Questa è la grande differenza che c’è stata tra la criminalità organizzata campana, la camorra e in particolare la mafia dei casalesi, la criminalità organizzata siciliana, che si chiama cosa nostra, e quella calabrese, che si chiama ’ndrangheta. Queste ultime, lo ripeto per l'ennesima volta, non hanno mai messo mano nel ciclo illegale dei rifiuti, tant’è vero che oggi le indagini che si fanno sia in territorio siciliano, sia in territorio calabrese per il 260 non vedono la presenza di organizzazioni criminali di tipo mafioso.
  Spesso, anzi, regolarmente nei procedimenti penali per 260 non compare neppure l'aggravante dell'articolo 7 del decreto legge n. 152 del 1991, ossia la finalità di mafia e, quindi, trafficare illegalmente i rifiuti per fare l'interesse della ’ndrangheta o di cosa nostra, oppure svolgere traffici di rifiuti con le modalità mafiose, sfruttando il potere di intimidazione delle cosche o delle ’ndrine.
  Nel territorio campano il discorso è stato diverso, ma, analizzando quel fenomeno, ci si è resi conto che la camorra non è stata l'ideatrice e la realizzatrice del fenomeno, bensì il soggetto che ha partecipato all'ultima fase e che vi ha partecipato nella misura in cui, essendosi deciso di smaltire illegalmente i rifiuti, si era alla ricerca di soggetti che potessero garantire un territorio all'interno del quale sversarli.
  Quando questo fenomeno è stato svelato, quando è stato scoperto e lo Stato si è attrezzato per contrastarlo, questo fenomeno è finito. Oggi questa realtà che ci colpisce tanto e per fronteggiare la quale spesso si è anche pensato di ideare e di configurare apposite ipotesi di reato – vedo comparire reati di questo tipo in diversi progetti di legge, come l'associazione ecomafiosa – non esiste.
  Oggi, invece, ed è a questo che faceva riferimento il signor procuratore nazionale, continua a esistere la criminalità ambientale, che ha imboccato nuove vie e utilizza nuovi sistemi di gran lunga più sofisticati dei precedenti, nella misura in cui i precedenti erano stati scoperti, per conseguire i suoi scopi. Laddove prima si utilizzava il territorio nazionale, oggi si preferisce utilizzare territori che sono al di là dei confini della nazione e addirittura al di là dei confini dell'Unione europea.

  PRESIDENTE. Noi vi ringraziamo di questo quadro generale. Credo che, tra le domande dei colleghi e alcune che farò io, riusciremo ad entrare nello specifico di alcune questioni.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ENRICO BUEMI. Facendo parte della Commissione antimafia, il quadro dal punto di vista generale mi è chiaro. Vorrei, invece, focalizzare la mia attenzione, e anche la loro, se possibile, su alcuni elementi che continuano a rimanere piuttosto sconosciuti, almeno per quanto mi riguarda.
  Intanto lo smaltimento dei rifiuti nel territorio italiano rappresenta alcune differenziazioni. C’è lo smaltimento che lei ha evocato, quello della Terra dei fuochi, ma mi pare che esista anche uno smaltimento, Pag. 19che è ancora in atto – alcune inchieste giornalistiche in questi giorni ne parlano – nella zona del chivassese, nella provincia di Torino; se il procuratore ritiene di fornire qualche aggiornamento della situazione gliene sarei grato. Tale circostanza evidenzia come ci sia ancora un collegamento tra i territori più sotto controllo (diciamo così) e quelli meno controllati.
  C’è una questione che, invece, ripeto, continua a rimanere oscura e che riguarda gli smaltimenti in acque internazionali o in territori extra-europei. Da fonti di carattere informale è giunta notizia che, per esempio, alcune navi italiane sottoposte a sequestro da parte dei cosiddetti pirati somali trasportassero sostanze inquinanti, cioè rifiuti tossici di particolare importanza. Chiedo al procuratore nazionale se la questione è sotto la sua attenzione.
  Lei ha già richiamato in qualche misura nel suo intervento questo elemento, ma io vorrei capire qualcosa di più, perché mi pare che le questioni arrivino da lontano. Già molti anni fa mi è stato riferito dai cittadini italiani che svolgevano funzioni universitarie all'epoca dell'ex dittatore della Somalia, il nostro proconsole in quel territorio, che lì c'era una situazione di inquinamento particolarmente grave, che dipendeva molto da un'azione di smaltimento proveniente dall'Italia.
  Poiché questi sequestri di navi sono recenti – credo che si parli di un paio di anni – vorrei sapere se il fenomeno è ancora in atto e se c’è un'attenzione particolare da parte delle autorità italiane preposte a questa questione.
  Rimangono comunque ancora senza risposta quelle inchieste giornalistiche che hanno messo in risalto fenomeni di inquinamento delle acque nazionali, sia nel Tirreno, sia nello Ionio. Anche qui vorrei sapere se c’è qualche elemento ulteriore, se c’è stato un approfondimento. A proposito di questa questione richiamo l'attenzione sul Registro tumori di alcuni territori che continuano a non essere «affidabili».
  Passando all'ultima questione, un'inchiesta giornalistica credo di un anno o un anno e mezzo fa evidenziava il fatto che in alcuni tratti delle infrastrutture calabresi ci fossero dati relativi alla radioattività piuttosto preoccupanti. Vorrei capire se è soltanto un bluff giornalistico, oppure se c’è qualche elemento che abbia riguardato l'azione della procura nazionale antimafia. È evidente che su quei territori la ’ndrangheta, in particolare, nella costruzione delle opere e nella gestione delle materie prime utilizzate per la costruzione di gallerie, ponti e strade abbia messo mano.

  DORINA BIANCHI. Essendo io calabrese, parto anch'io dall'ultima domanda del collega, senza ripeterla. Sarebbe utile sapere oggettivamente se la notizia sia vera o meno.
  Tornando a una questione interessante che voi avete sollevato, ossia la presenza di cosa nostra e della ’ndrangheta soprattutto per quanto riguarda la gestione dei rifiuti solidi urbani, vorrei capire se all'interno la gestione viene condotta in maniera perfetta...

  ROBERTO PENNISI, Sostituto procuratore antimafia. Succede il contrario di ciò che avviene con la gestione illegale, perché nella gestione illegale dei rifiuti i rifiuti vengono dissimulati – scusi se l'ho interrotta – mentre nella gestione legale i rifiuti vengono gonfiati. Si commettono truffe.

  DORINA BIANCHI. Perfetto. Questa era una cosa che noi volevamo capire. Inoltre, con la Commissione antimafia, di cui anch'io sono membro, ma anche con questa Commissione, nella scorsa legislatura è emerso che esiste, anche per quanto riguarda la Calabria, una gestione dell'amianto non proprio legale, o comunque che c’è la presenza, legata proprio a famiglie di ’ndrangheta, di discariche di amianto che sono state trovate in territorio calabrese. Vorrei capire se su questo voi avete fatto delle verifiche attraverso la procura.

  PAOLO ARRIGONI. Sempre in relazione a indagini giornalistiche citate prima Pag. 20dal collega Buemi, tre o quattro giorni fa un importante quotidiano online parlava, a proposito di traffico transfrontaliero, di un traffico che dall'Australia e dalla Slovenia avrebbe portato...

  ENRICO BUEMI. Dall'Austria, forse ?

  PAOLO ARRIGONI. Io ho letto «Australia e Slovenia». Tale traffico avrebbe portato dei rifiuti tossici nel territorio della regione Lombardia, in particolare nella provincia di Brescia, e anche nel nord dell'Emilia-Romagna. Peraltro, il giornale attribuisce l'indagine al procuratore generale della Corte d'appello di Brescia Dell'Osso, che fino allo scorso anno è stato anche procuratore nazionale antimafia aggiunto.
  Vorrei sapere se siete al corrente, se queste notizie corrispondono al vero e cogliere l'occasione per invitare il presidente della Commissione ad aprire un approfondimento, un'inchiesta, in ordine ai contenuti di questi organi di stampa, che sarebbero veramente allarmistici e pericolosi, qualora fossero confermati.
  Passo alla seconda domanda che voglio fare al procuratore Roberti. Lei ha parlato prima di un'ampia e proficua collaborazione con l'Agenzia delle dogane e con il Corpo forestale dello Stato, con i quali la procura nazionale antimafia ha sottoscritto una convenzione. Vorrei da lei, ma anche dal dottor Pennisi, un'opinione in ordine a una ventilata proposta o ipotesi di soppressione del Corpo forestale dello Stato. Si è parlato anche di fusione. C’è preoccupazione da parte vostra in ordine a un mancato impulso o supporto per le indagini su questo fronte ?
  L'ultima considerazione, accompagnata da una domanda, è questa: spesso le indagini aperte a seguito di illeciti ambientali corrispondenti all'articolo 260 del Testo unico ambientale, io ho notato, come abbiamo riscontrato anche nel corso di recenti audizioni, determinano poi dei rimpalli di indagine tra le procure del territorio e le procure distrettuali antimafia. Questi rimpalli spesso – questo ce l'hanno comunicato gli stessi procuratori – fanno sì che scattino i termini di prescrizione delle indagini stesse, vanificando, ovviamente, gli sforzi profusi da entrambe le procure.
  Visto che i soggetti che si sono buttati (passatemi questo termine) negli illeciti ambientali, perché remunerativi, aumentano sempre di più e che da parte delle procure servono, ovviamente, delle competenze tecniche particolari, come mi pare ne abbiano le persone che fanno riferimento al dottor Pennisi, mi domandavo se non sarebbe assurda un'ipotesi di istituire nel nostro Paese una procura nazionale specializzata sui delitti ambientali.

  STEFANO VIGNAROLI. Anche oggi l'Agenzia delle dogane nel corso di una audizione si è lamentata della difficoltà di condividere informazioni con le forze dell'ordine. Chiedo se questo possa essere un nodo da sciogliere, con riferimento alla difficoltà che noi abbiamo notato nei rapporti tra le procure ordinarie e la DNA. Le chiederei se può entrare nel dettaglio.
  Per esempio, in alcune regioni, come il Veneto e anche il Lazio, che noi stiamo visionando, io ho notato che le procure in genere minimizzano. Sostengono che non ci sono grandi organizzazioni mafiose, ma che si tratta più che altro di criminali e di organizzazioni non di stampo mafioso. Vorrei sapere se ci sono legami con la malavita organizzata italiana o con quella straniera e, per quanto riguarda in generale la gestione dei rifiuti, vorrei sapere qual è la fase – raccolta, trasporto, recupero, smaltimento – più critica e qual è il ruolo dei Consorzi in tutto questo.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Vorrei porre una domanda. Lei ha detto che la mafia sostanzialmente si preoccupa di creare le situazioni di contesto che favoriscono la gestione illegale dei rifiuti, da cui può lucrare. È noto che in questo contesto l'anello di congiunzione tra mafioso e impresa è il broker, l'intermediario.
  Mentre per le imprese lei ci ha descritto che ci sono reati sintomatici, riscontrabili dalle varie procure, che consentono di individuare una tendenza all'associazionismo Pag. 21mafioso, per i broker di quali strumenti dispone la procura per individuare questi possibili anelli di congiunzione ?
  Inoltre, lei ha detto che l'illecito nasce spesso dalla necessità per le imprese di smaltire in nero quello che hanno prodotto in nero. Esistono degli strumenti, delle banche dati, dei collegamenti con la Guardia di finanza o con la banca dati per la produzione dei rifiuti, che consentano di avere una visione sui settori per cercare di far emergere le discrasie più consistenti e, quindi, per incentrare l'attività di ricerca principalmente su queste aziende ?

  ALBERTO ZOLEZZI. Vi faccio due domande in chiaro e poi, se possibile, due alla fine, dopo che tutti avranno fatto le loro domande, in seduta segreta.
  Le prima delle due in chiaro riguarda un vostro parere sull'attuale complesso sanzionatorio e anche sulla normativa stessa. Vi chiedo se, a vostro parere, siano sufficienti per contrastare la criminalità organizzata in campo ambientale.
  La seconda domanda è se avete anche – di spunti ce ne avete dati parecchi – qualche altro punto o qualche indicazione su come rendere il più possibile utile questa Commissione. L'audizione è, a nostro parere, anche un momento di confronto, in cui si cerca di condividere un percorso su un obiettivo che dovrebbe essere comune. Nel corso della seduta segreta farò le altre domande.

  PRESIDENTE. Se non c’è nessun altro che intenda intervenire, vorrei fare alcune domande, anche perché sono diversi anni, come dicevo prima, che questa Commissione – qualcuno di noi è un po’ più anziano e qualcuno è appena arrivato – ha avuto l'opportunità di andare a fondo di alcune vicende che hanno caratterizzato la situazione che veniva ricordata prima anche dal dottor Pennisi rispetto al coinvolgimento della malavita organizzata, soprattutto della camorra, in alcune zone del nostro Paese. Tale situazione ha una sua specificità, come ci è stato spiegato prima e come è ormai emerso anche dagli organi di stampa.
  Vorremmo capire – se ce le potete riferire in seduta libera – quali sono le attività che state svolgendo e quali sono le vostre conoscenze rispetto al tema di questa collusione che c’è stata, secondo quello che riportano i giornali, tra organi di Stato, in particolar modo i servizi, e malavita organizzata, soprattutto in alcune situazioni che hanno visto questo Paese, o alcune sue regioni, in grande emergenza.
  Oggi ci sono anche importanti processi in corso. Noi vorremmo capire se questi collegamenti hanno un loro fondamento o se, invece, sono frutto di una letteratura un po’ fantasiosa. Dalle segnalazioni che noi abbiamo non ci sembrano frutto di fantasie, ma, purtroppo, di situazioni assolutamente reali, che fanno parte magari della storia, ma su cui sarebbe proprio compito di una Commissione d'indagine, a questo punto, far luce.
  L'altro tema che volevo sollevare era quello che hanno già accennato dal senatore Arrigoni, ma anche il collega Vignaroli, rispetto al rapporto tra le procure ordinarie e la DDA. Soprattutto mi riferisco al fatto che si diceva prima: ormai abbiamo ascoltato diversi procuratori che ci hanno riportato, ma anche nella scorsa legislatura questo capitava, che alle procure ordinarie viene sottratta l'indagine, o che comunque che l'indagine passa direttamente alla DDA, la quale, però, ha altre situazioni, magari molto più complicate e gravi, da affrontare. In tal modo, si va in prescrizione e, quindi, questi reati, che sono anche reati importanti, perché, anche se non hanno l'associazione mafiosa, sono, come si diceva prima, di criminalità organizzata, si prescrivono.
  L'esempio che abbiamo visto nel Veneto è tipico ed è molto più sofisticato, perché la collusione tra pezzi dell'apparato pubblico, imprese e magari coperture politiche è assolutamente molto forte. Aiutate anche noi a capire come possiamo darvi una mano per essere più efficaci in senso generale, perché è anche questo il compito che noi dobbiamo avere.
  Quanto al tema delle indagini sui transfrontalieri, anche noi abbiamo il sentimento, per la nostra conoscenza, che il Pag. 22traffico si stia globalizzando soprattutto verso i Paesi dell'Est Europa. Sarebbe interessante capire se avete indicazioni su eventuali interessi di associazioni mafiose nel fare queste operazioni, non tanto nello smaltimento finale, quanto nella gestione del processo fin dall'inizio.
  C’è un'ultima questione, ma credo che la risposta sia quasi implicita. È vero, come veniva ricordato prima, che le organizzazioni come la ’ndrangheta o la mafia non sono interessate nelle fasi di smaltimento come lo era la camorra. In realtà, però, noi abbiamo visto nella scorsa legislatura, ma anche da indagini giornalistiche recenti, che esiste un grande interesse su tutto il settore del movimento terra, soprattutto in Lombardia, dove la presenza della ’ndrangheta è fortemente capillare.
  Forse le organizzazioni mafiose non sono presenti nel settore rifiuti, ma mi chiedo quale sia la vostra percezione nel settore delle bonifiche. Quella che abbiamo noi è che, invece, qui ci sia una forte presenza di queste società, soprattutto nel settore del movimento terra. Spesso le bonifiche sono movimento terra. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  ROBERTO PENNISI, Sostituto procuratore antimafia. I giornali fanno inchieste. L'autorità giudiziaria, in particolare gli uffici di procura, fa indagini. C’è una grossa differenza tra inchieste e indagini.
  Io sento parlare da tantissimo tempo di questi fenomeni di criminalità ambientale che hanno riguardato la Calabria e, in particolare, il mare della Calabria, le navi e via dicendo. Consentitemi di dire che io ho lavorato tredici anni a Reggio Calabria e che nacque quasi tra le mie mani il soggetto che ha parlato degli sversamenti in mare di rifiuti tossici attraverso l'affondamento di navi. Si chiamava Fonti Francesco.
  Fonti iniziò a collaborare con me e con qualche altro collega, ma parlava di tutt'altro. Parlava dell'Anonima sequestri dell'Aspromonte e dei traffici di stupefacenti. Da un dato momento in poi ha cominciato a parlare di quelle questioni.
  Consentitemi di dire che mi sembrano favole. È vero che in Calabria ci sono zone del mare particolarmente inquinante, ma è un inquinamento che viene da terra, non dal mare. In alcune zone, soprattutto del cosentino, da Paola, Amantea e Diamante fino a Scalea, ci sono dei gravi fenomeni di inquinamento del mare, ma è inquinamento che viene da terra. C’è l'urbanizzazione selvaggia e non ci sono fogne. Credetemi, legare questo alla Somalia significa arricchire le cose. C’è stato un momento in cui i due fenomeni erano legati, senatore. Mi permetta di dirlo, perché l'ho sentito.

  ENRICO BUEMI. Non lo chiedevo perché le organizzazioni, oppure le attività fossero le stesse.

  ROBERTO PENNISI, Sostituto procuratore antimafia. La Direzione nazionale antimafia, proprio attraverso l'Agenzia delle dogane, ha monitorato in maniera particolarmente attenta le esportazioni verso la Somalia. Non stiamo parlando più di navi e di inquinamento del mare. Abbiamo monitorato le esportazioni verso quel territorio, anche perché la Somalia era ed è un Paese canaglia, un Paese verso il quale non si possono esportare determinate cose. In particolare non vi si può esportare qualunque cosa possa essere utilizzata con finalità e con scopi bellici, visto che si tratta di un'area particolarmente calda.
  Effettivamente, grazie all'attività particolarmente illuminata dell'Agenzia delle dogane, che ha degli strumenti di controllo eccezionali – se qualcuno volesse pensare di disperderli, commetterebbe un delitto contro lo Stato, contro la collettività e contro i cittadini – siamo riusciti anche a inoltrare un atto di impulso alla direzione distrettuale antimafia di Firenze. Si esportavano dei rifiuti che altro non erano che pezzi di macchine da rimontare. Non erano neppure pezzi di macchine, erano dei veicoli militari dismessi dall'esercito italiano che venivano smontati ed esportati verso la Somalia a pezzettini.
  Il lavoro delle dogane, sviluppato dalla direzione nazionale antimafia, ha consentito Pag. 23di inoltrare un atto di impulso alla DDA di Firenze, che non solo ha stroncato questo tipo di esportazioni, ma ha anche individuato, parallelamente a quest'attività posta in essere dagli stessi soggetti, un'attività di immigrazione clandestina e di riciclaggio di denaro.
  Altro a noi non risulta. In particolare, non risultano quei dati ai quali si faceva riferimento.

  ENRICO BUEMI. Ci sono quelle due navi sequestrate dai pirati somali.

  ROBERTO PENNISI, Sostituto procuratore antimafia. Saranno pure state sequestrate, ma non c’è niente che abbia a che vedere con il fenomeno dei traffici di rifiuti che la direzione nazionale antimafia segue attraverso i suoi strumenti, che sono, lo ripeto, l'Agenzia delle dogane e il Corpo forestale dello Stato.
  Ho sentito una domanda che riguarda l'eventuale soppressione del Corpo forestale dello Stato, o meglio la sua fusione con la Polizia di Stato. È più facile fondere la Polizia di Stato e i Carabinieri che la Polizia di Stato e il Corpo forestale dello Stato. Io non so come si possa pensare di mettere insieme due cose radicalmente e completamente diverse, che nascono con una diversa formazione.
  Qualcuno è mai andato presso le scuole del Corpo forestale dello Stato, dove si tramanda, come amano dire gli uomini del Corpo forestale dello Stato, l'antico sapere della quercia, che racchiude il sapere di tutti gli alberi del bosco e, quindi, di tutta la natura ?
  Il contatto con la natura, il rapporto con la natura è in condizioni di cogliere il senso dei fenomeni delittuosi che si pongono in essere anche contro la natura. Non è un caso che la direzione nazionale antimafia abbia questo particolare rapporto con il Corpo forestale dello Stato e con l'Agenzia delle dogane. Ciò significa mettere insieme e collegare il cuore del corpo nazione con la sua periferia.
  Pensate al Corpo forestale dello Stato e all'Agenzia delle dogane. In effetti, l'interazione tra questi due organi, così diversi, che hanno una storia completamente diversa, fornisce risultati che vanno al di là di ogni aspettativa e consente di monitorare dei fenomeni che oggi sono, come dicevo poco fa, estremamente sofisticati.
  Sono estremamente sofisticati perché al risparmio al quale faceva riferimento il procuratore, dicendo che è la molla che spinge l'impresa a ricorrere al ciclo illegale dei rifiuti, oggi si aggiunge anche il profitto, nella misura in cui è comparso sulla scena criminale di questo Paese un nuovo soggetto, che è un soggetto nazionale, ma anche internazionale. È un criminale che ha la sua sede in Italia, ma anche in Cina.
  Oggi c’è in Italia la criminalità cinese, che non è quella dei film o dei telefilm o di ciò che si legge nei libri di storia. Si tratta di trafficanti di rifiuti che hanno i piedi in Italia e nell'Unione europea e la testa in Cina, passando per il Regno Unito. Il traffico di rifiuti si fonde con altre attività illecite, che possono essere il contrabbando o le contraffazioni, ma soprattutto è alla base di tutto il riciclaggio del denaro.
  È un fenomeno, questo, particolarmente complesso e particolarmente grave. Altro che la camorra dei casalesi, che si limitava solo a buttare la spazzatura a casa propria. È una struttura estremamente complessa, che opera e che può operare grazie alle difficoltà che esistono in Italia per garantire quel bene assoluto in materia di rifiuti che si chiama tracciabilità.
  È una parola magica quella della tracciabilità, che si può garantire solo attraverso i controlli, controlli che debbono iniziare dalla nascita, dall'origine. Andare poi a scoprire alla fine ciò che è successo significa prendere atto che nulla ha funzionato e, come è avvenuto in passato, prendere atto di disastri.
  Qualcuno chiederà: «Se i rifiuti vengono esportati, non è un bene per la nazione, visto che ce ne liberiamo ?» Sarà pure un bene, ma veniamo meno alle regole. Non rispettiamo le regole dell'Unione europea, le regole che noi stessi ci siamo dati, e non rispettiamo neppure i nostri interessi, perché il ciclo dei rifiuti Pag. 24ha come scopo principale il riciclaggio e il recupero, non lo smaltimento. L'esportazione equivale allo smaltimento. Esportare i nostri rifiuti significa buttarli a mare.
  Questo lo diceva il procuratore poco fa. Teniamo presente che, con riferimento a quei rifiuti, sono stati elargiti e percepiti dei contributi, ma i contributi vengono elargiti e percepiti per il riciclaggio e per il recupero, non per l'esportazione.

  PRESIDENTE. Qui si fa particolare riferimento al fatto che ci sono associazioni legali, i Consorzi – facciamo nome e cognome – che dovrebbero, in teoria, con i contributi che prendono dallo Stato, favorire il recupero e la raccolta differenziata.

  ROBERTO PENNISI, Sostituto procuratore antimafia. Teniamo presente che il contributo, alla fine, lo paga la collettività, nella misura in cui viene a far parte del prezzo di ciò che noi compriamo e per la cui realizzazione è stato prodotto il rifiuto.
  Il decreto legislativo n. 152 del 2006 ha previsto, ma erano già previsti anche dal decreto Ronchi, il decreto n. 22 del 1997, i consorzi obbligatori. La funzione dei consorzi obbligatori è importantissima, perché sono quei soggetti che consentono di monitorare la vita del rifiuto dall'inizio della sua esistenza.
  I consorzi, però, debbono svolgere la funzione di soggetto che deve tendere al riciclo o al recupero e soprattutto che deve controllare tutto il percorso. Il consorzio non potrà svolgere questa attività se contemporaneamente diventa commerciante di rifiuti, perché, a questo punto, il controllore è controllato e il controllato è controllore. Subentrerà così la cura dell'interesse commerciale rispetto alla cura dell'interesse della collettività, che è quello del riciclo o del recupero.
  La direzione nazionale antimafia tiene rapporti con un solo consorzio, col quale, pur non avendo alcun legame in termini di protocolli o convenzioni, si interfaccia regolarmente in termini di dati ed elementi che le consentono di comprendere bene soprattutto il fenomeno dell'esportazione dei rifiuti all'estero.
  È uno solo in Italia il consorzio che, non gestendo direttamente i rifiuti, non diventando materiale possessore del rifiuto, è in condizioni di fare ciò che prevede la legge in materia di attività dei consorzi obbligatori.

  STEFANO VIGNAROLI. Qual è questo consorzio ?

  ROBERTO PENNISI, Sostituto procuratore antimafia. È il consorzio che gestisce i beni in polietilene.

  PRESIDENTE. Scusate, ma, se non parlate nel microfono, anche se fate una domanda, non si capisce poi la risposta.

  GIOVANNA PALMA. In effetti, quindi, questi consorzi nazionali, come la POLIECO e anche il COREPLA, contribuiscono in particolare...

  ROBERTO PENNISI, Sostituto procuratore antimafia. La direzione nazionale antimafia conosce solo la POLIECO, per un motivo semplicissimo: perché è l'unico dei consorzi obbligatori che sia presente nei più grossi procedimenti penali per traffico transfrontaliero di rifiuti. È costituito parte civile a Venezia come a Bari, come a Napoli, come ovunque si sia instaurato un procedimento penale, spesso per segnalazione della POLIECO. Oppure la POLIECO ne è venuta a conoscenza, ritenendosi persona offesa dalla consumazione del delitto e ha chiesto di essere ammessa alla costituzione di parte civile. I tribunali l'ammettono a costituirsi parte civile.
  Se mi consentite, state attenti: il delitto previsto dall'articolo 260 del Testo unico ambientale è un delitto di competenza del tribunale, ma monocratico. È un delitto complesso e spesso contiene un quantitativo estremamente rilevante di imputati e tocca interessi molto rilevanti, ma, ripeto, è un delitto la cui consumazione, particolarmente sofisticata, oggi è giudicata dal giudice monocratico.
  Per fortuna, spesso al delitto previsto dall'articolo 260 si accompagna, come concorso Pag. 25formale di reati, anche l'associazione per delinquere, il 416 senza bis del Codice penale, e allora la competenza diventa del tribunale.

  ENRICO BUEMI. Mi scusi, ma non c’è una carenza normativa che responsabilizzi maggiormente i consorzi ? Questa differenza di comportamento che lei registra tra il consorzio citato e gli altri non evidenzia il fatto che probabilmente c’è qualcuno che può rinunciare facilmente alla responsabilità primaria che dovrebbe avere, che è quella del controllo ?

  ROBERTO PENNISI, Sostituto procuratore antimafia. Senatore, la legge non vieta ai consorzi di gestire materialmente i rifiuti. C’è il rischio della creazione di monopoli o della lesione della libera concorrenza.

  ENRICO BUEMI. Mi scusi, ma i consorzi dei marchi questo compito non lo svolgono e in quel contesto la tutela è maggiore. Parlo dei consorzi a tutela dei marchi. Diventa preminente la funzione di controllo.

  ROBERTO PENNISI, Sostituto procuratore antimafia. È vero, ma addirittura ci sono anche i consorzi non obbligatori. Lì si entra poi nel campo del laissez-faire.

  PRESIDENTE. Per vostra informazione, noi abbiamo attivato anche una linea specifica sul tema del mercato del riciclo, su cui sentiremo i consorzi, perché abbiamo segnalazioni varie. Anche da un punto di vista amministrativo ci hanno fatto avere alcuni documenti relativi a contenziosi partiti tra i vari consorzi, su cui noi abbiamo assolutamente intenzione, come Commissione, di capire di più.
  Peraltro, anche in un recente provvedimento, il collegato ambientale che avremo alla Camera e poi al Senato, si cerca di strutturare meglio anche dal punto di vista giuridico i compiti dei consorzi.

  ENRICO BUEMI. C’è un compito che non viene responsabilizzato in maniera pregnante, che è quello primario, cioè quello del controllo. Il consorzio deve svolgere la funzione del controllo.
  Per l'altra questione al limite si può prevedere l'incompatibilità, cioè il conflitto di interessi.

  ROBERTO PENNISI, Sostituto procuratore antimafia. Più volte è intervenuta la Corte di cassazione, che ha chiarito, tra le altre cose, come si tratti di soggetti privati che svolgono pubbliche funzioni. Si tratta di vedere quale aspetto il Consorzio privilegi, se il suo essere un soggetto privato, che non dovrebbe avere, peraltro, finalità di lucro, oppure le sue funzioni pubbliche. Noi abbiamo il rapporto con il consorzio che avete nominato voi, POLIECO, nella misura in cui ci risulta che privilegi l'aspetto pubblicistico rispetto a quello privatistico.

  PRESIDENTE. Per quanto riguarda le altre domande che sono state poste ?

  ROBERTO PENNISI, Sostituto procuratore antimafia. Dei rapporti tra procure ordinarie e DDA parlerà il signor procuratore. Quanto a Chivasso, io ho fatto riferimento poco fa all'esistenza di un fronte interno e di un fronte internazionale. Esiste chiaramente un fronte interno, che riguarda quell'area del territorio nazionale in cui è in corso il maggior numero di opere pubbliche e di lavori pubblici in genere.
  Quello che dico per Chivasso lo dico anche per Brescia, per Milano e per tutto il territorio nazionale in cui ci sono opere pubbliche. Purtroppo, noi, che monitoriamo il fenomeno del crimine ambientale, ci rendiamo conto come ad ogni opera pubblica corrispondano attività illecite in materia di rifiuti.
  Presidente, purtroppo la realtà è questa. Non esiste un'opera pubblica, in qualunque parte del territorio nazionale, esente da tale fenomeno. Qui a Roma c’è la metro C, che ha partorito diversi procedimenti per attività organizzata finalizzata Pag. 26al traffico illecito dei rifiuti, ai sensi dell'articolo 260. In Piemonte, Lombardia e Veneto ci sono opere pubbliche rilevanti e ci sono traffici illeciti di rifiuti.
  Nei traffici illeciti di rifiuti c’è il ruolo della criminalità organizzata di tipo mafioso, laddove è presente. La Lombardia è provincia di Reggio Calabria. Milano è provincia di Reggio Calabria dal punto di vista criminale.
  Vi dico una cosa che vi sorprenderà, ma Milano non ha alcun procedimento penale per 260 con l'aggravante dell'articolo 7, il che significa che è presente la criminalità mafiosa, che si occupa dei movimenti terra, ma tenete presente una cosa: per i rifiuti ci vogliono gli specialisti, intervengono gli specialisti.
  Qui il discorso potrebbe riguardare anche i broker, perché spesso broker e specialista si fondono e si confondono. Addirittura i broker dei traffici di rifiuti interagiscono con i cosiddetti sviluppatori delle energie alternative. Siamo in un mondo, ripeto, l'ho detto tante volte, in cui il crimine è particolarmente sofisticato e il crimine ambientale può diventare chiave di lettura della criminalità organizzata in generale, anche di quella mafiosa, che oggi non è più come la conosciamo, o non è solo più come la conosciamo.
  Cosa succede ? Ci vuole lo specialista, cioè il soggetto che agli occhi dell'imprenditore ha acquisito un'affidabilità, perché è imprenditore anche lui, ma sa fare le cose e offre determinate garanzie, senza neppure più il bisogno di ricorrere ai signori del territorio. Essendo l'attività sofisticata, la si può porre in essere senza il mafioso che col fucile guardi il terreno in cui si dovranno sversare i rifiuti.
  Questo soggetto, allora, diventa interlocutore anche delle più grosse imprese in campo nazionale e noi vediamo comparire delle associazioni temporanee di impresa che si costituiscono dopo l'aggiudicazione degli appalti, in Piemonte come in Lombardia, come in Veneto, come in Toscana. Spesso si tratta della stessa persona, cioè della stessa impresa, che poi stranamente compare anche in Campania per le bonifiche del territorio del Sarno o che comparirà per le bonifiche che ci saranno nella Terra dei fuochi.
  Con il sistema che noi abbiamo messo in piedi grazie soprattutto alla passione del procuratore, che in queste cose crede nella misura in cui le ha vissute e le ha viste anche nascere, siamo oggi in condizioni di prevedere chi si presenterà per aggiudicarsi un appalto.
  Non si possono costruire i procedimenti penali sulla base delle previsioni, ma si possono mettere in stato di allerta sia gli organi di polizia giudiziaria, sia le direzioni distrettuali antimafia perché stiano attenti – questo è il nostro compito, alla fine – a determinati fenomeni che potranno svilupparsi nei loro territori.
  Noi dobbiamo disegnare le strategie di attacco al crimine, che cambia sempre. La nostra struttura serve a questo. Ripeto, per esempio, nel territorio piemontese c’è stata di recente un'interessante indagine della DDA di Torino contro una cosca di ’ndrangheta. Nell'ambito di questo procedimento c’è stata anche la contestazione del 260 – stia attento, senatore – anche in quel caso senza l'articolo 7.
  Si trattava di un imprenditore che, disponendo di cave, le aveva messe a disposizione di questi ’ndranghetisti che facevano movimento terra. Probabilmente all'inizio l'avevano intimidito, ma poi dall'intimidazione si era passati all'afflato tra i due soggetti, tant’è vero che l'imprenditore in questione è poi stato imputato, se mal non ricordo, per concorso esterno in associazione mafiosa.
  Complessivamente, la realtà è questa. Questo vale per il Piemonte, per la Lombardia e per il bresciano. Brescia è uno dei punti sensibili del nostro territorio dal punto di vista dei traffici di rifiuti, se non altro perché nel territorio bresciano si concentra un quantitativo estremamente rilevante di attività produttive e di attività produttive che producono rifiuti, tant’è vero che l'unico scopo al quale fino a questo momento è servita la BreBeMi è stato per interrare rifiuti.
  Io, che curo da poco il collegamento con Brescia, spesso vado da Brescia a Pag. 27Napoli in ferrovia. La ferrovia corre parallelamente alla BreBeMi e io la vedo sempre vuota. Purtuttavia, a noi la BreBeMi è nota nella misura in cui ha formato oggetto di una validissima indagine della DDA di Brescia anche per traffico illecito di rifiuti. C’è tutto un fenomeno particolarmente complesso, che non si può esaurire in poche battute.
  Sul discorso della finanza e delle violazioni finanziarie connesse ai traffici di rifiuti, voi sapete che c’è il SISTRI, no ? Lascio a lei, procuratore, il SISTRI. Voi sapete che c’è il SISTRI.

  PRESIDENTE. Gli abbiamo dedicato un pezzo dell'attività della scorsa legislatura.

  ROBERTO PENNISI, Sostituto procuratore antimafia. Conoscete il problema dell'accesso. La gestione è stata affidata al Comando carabinieri tutela ambiente, ma l'accesso delle altre forze di polizia al SISTRI pare fosse inizialmente riservato solo ai Carabinieri, i quali, a questo punto, avrebbero dovuto essere i destinatari delle richieste delle altre forze di polizia per conoscere i dati inseriti nella banca dati.
  Già questo è grave, perché, se una forza di polizia sta svolgendo un'indagine per conto di una procura della Repubblica italiana e ha dei doveri di riservatezza, non può rivolgersi ad altra forza di polizia che in quel momento, peraltro, sta svolgendo un'attività amministrativa (la gestione del SISTRI è attività amministrativa). Non può rivolgersi a un terzo, svelando in pratica ciò su cui sta indagando.
  Ebbene, mi pare che, peraltro, sulla gestione del SISTRI il ministero sia stato particolarmente abbottonato, perché ha consentito l'accesso, ove dovesse entrare in funzione, al Corpo forestale dello Stato, ma non già alla Guardia di finanza. Non vi dico qual è la ragione reale per la quale la Guardia di finanza non può accedere al SISTRI. Non può per tema che, accedendo ai dati del SISTRI, possa utilizzarli per ragioni di natura fiscale.

  PRESIDENTE. La vicenda del SISTRI, purtroppo, è nata male anche da un altro punto di vista.

  ROBERTO PENNISI, Sostituto procuratore antimafia. Vi rendete conto perché si rafforzi sempre di più la convinzione della DNA che il crimine ambientale sia un crimine di impresa, ma non dell'impresa sana. L'impresa sana è danneggiata. È un crimine dell'impresa deviata, perché l'impresa che ricorre al ciclo illegale è in condizioni anche di aggiudicarsi le gare d'appalto. Infatti, è in condizioni, sapendo ciò che farà successivamente, di abbassare anche i prezzi e, quindi, danneggia anche l'impresa sana.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia. Come vedete, dopo l'esposizione del collega Roberto Pennisi, di cui io condivido ogni parola, a me resta ben poco da aggiungere, (per fortuna, direi), se non per sottolineare alcune cose già dette dal collega Pennisi.
  Noi siamo contrarissimi – se non si è capito, lo ribadisco – alla soppressione del Corpo forestale dello Stato, per le ragioni che ha detto Pennisi e perché sarebbe come togliere all'autorità giudiziaria l'unico organismo investigativo in materia ambientale che disponga delle conoscenze, delle esperienze, del know-how e anche dei mezzi per poter smascherare i crimini ambientali.
  Si potrebbe osservare che non lo sopprimiamo, ma lo accorpiamo e lo facciamo assorbire dalla Polizia di Stato. Noi paventiamo che questo eventuale assorbimento, che forse risponde a esigenze di finanza, di spending review, non lo so, potrebbe rischiare di stemperare di molto il patrimonio di conoscenze e di esperienze e, quindi, la capacità investigativa di questo Corpo, che noi sosteniamo e che è il più diretto e stretto collaboratore nostro, come procura nazionale, e delle procure distrettuali.

  ENRICO BUEMI. Per quanto riguarda l'accorpamento con i Carabinieri ?

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  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia. Senatore, noi riteniamo che il Corpo forestale dello Stato debba mantenere una propria identità, perché attraverso il mantenimento dell'identità può sviluppare sempre meglio la propria conoscenza, la propria esperienza e la propria specializzazione, che, con tutto il rispetto – figuriamoci – per le altre forze di polizia, per quanto riguarda il Corpo forestale dello Stato non concerne soltanto i rifiuti, ma anche tutta la criminalità ambientale.
  Noi dobbiamo guardare il tema del contrasto alla criminalità ambientale non limitato a questo o a quel settore di criminalità ambientale, ma nella sua completezza, perché molto spesso ci sono interconnessioni, interferenze e intrecci fra le varie manifestazioni criminali. Pensate, ripeto, al traffico di rifiuti e alle energie rinnovabili, alla green economy. Ci sono interferenze e intrecci che possono essere sviluppati in un unico contesto investigativo e preferibilmente con un Corpo di polizia altamente specializzato.
  Quest'alta specializzazione in questo settore specifico, per tutti questi settori di intervento, la possiede il Corpo forestale dello Stato e sarebbe un peccato disperderla in questo o in quell'altro, peraltro encomiabilissimo, corpo di polizia.
  Quanto al tema della competenza, è vero, esiste il problema della competenza, ma è legato al problema dell'inadeguatezza – mi è stata rivolta la domanda – del quadro normativo che abbiamo in materia di reati ambientali a contrastare efficacemente la criminalità ambientale.
  Noi abbiamo un delitto, all'articolo 260, e abbiamo contravvenzioni soggette alla mannaia della prescrizione rapidissima. Non si dica, per favore, che la prescrizione interviene per rimpalli tra procura ordinaria e procura distrettuale. Non è questa la causa della prescrizione. La causa della prescrizione si chiama innanzitutto legge ex Cirielli, che ha decurtato i termini di prescrizione, e si chiama anche inadeguatezza complessiva del sistema processuale penale a fornire una risposta di giustizia in tempi ragionevoli, come vuole l'articolo 111 della Costituzione.
  Parlando dei rimpalli, se emerge, o se si ritiene che emerga, da parte della procura ordinaria il reato di cui all'articolo 260 o se la procura nazionale, nell'ambito delle sue prerogative, fa atto di impulso mirato alla procura distrettuale e dice, per esempio, alla procura di Bologna di recuperare i reati spia che stanno a Forlì, a Ravenna o a Rimini e di fare tutta un'indagine perché c’è un'organizzazione dietro quei reati spia, non si perde tempo, ma si rispetta la competenza funzionale, che è la competenza distrettuale.
  È vero, però, che c’è una tendenza dei magistrati delle procure distrettuali, che sono abituati a contrastare la criminalità mafiosa, secondo l'articolo 51, comma 3-bis del Codice di procedura penale, così come era stato scritto originariamente, cioè nel 1991, che attribuisce alla procura distrettuale e, quindi, alla procura nazionale per competenza di legge sul coordinamento, i delitti mafiosi, le estorsioni, i traffici di droga, l'associazione di tipo mafioso e i delitti aggravati dall'articolo 7.
  Se non c’è l'articolo 7 e, quindi, se non c’è il mafioso nel 260 – spesso vi ha detto Roberto Pennisi che non c’è l'articolo 7 – allora il magistrato della procura distrettuale si sente di trattare un reato quasi come se fosse un reato di serie B, un reato non mafioso, senza rendersi conto, sbagliando, che quel reato, invece, per le ragioni che sono state esposte, è grave quanto e forse più di tanti reati aggravati dall'articolo 7.
  Tuttavia, c’è questa inclinazione, che naturalmente noi combattiamo. Io credo che la procura nazionale antimafia abbia un grande merito, conseguito e maturato in ventuno anni di attività: quello di avere promosso una cultura dell'antimafia, una cultura del coordinamento, una sensibilità al fenomeno mafioso che nel 1991 ancora non c'era. La grande idea di Giovanni Falcone, in sostanza, è stata quella di un ufficio, o un complesso di uffici, un assetto del pubblico ministero antimafia che avesse una specializzazione che passasse Pag. 29attraverso la sensibilità verso determinati fenomeni criminosi e, quindi, un'attitudine al coordinamento.
  La procura nazionale antimafia fa anche questo, ossia promuove la cultura del coordinamento e la sensibilità nelle procure distrettuali verso queste manifestazioni criminali, che apparentemente non sono mafiose, ma che, nel quadro dell'evoluzione della criminalità mafiosa, possono ben definirsi mafiose.
  L'ultima competenza che ci è stata attribuita, per esempio, l'associazione finalizzata al traffico di materiale pedopornografico, conseguente alla Convenzione di Lanzarote, o anche le pregresse competenze, come l'associazione finalizzata al contrabbando, non hanno necessariamente una componente mafiosa. Tuttavia, io ritengo che sia anche giusto attribuirle alla competenza delle procure distrettuali, perché le procure distrettuali hanno più mezzi di indagine. Pertanto, se il legislatore ritiene che un fenomeno criminoso richieda indagini particolarmente incisive e particolarmente coordinate, è giusto che sia la procura nazionale antimafia a occuparsi di quelle indagini.
  Voi sapete che è all'esame del Parlamento un progetto di legge che attribuisce al procuratore nazionale antimafia la competenza in materia di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico. Io sono stato audito recentemente dalla Commissione giustizia, dove ho presentato un nostro documento e ho sostenuto che, come peraltro già si era dibattuto in questo Parlamento nel 2005, in occasione della legge del 2005, è giusto individuare un organo di coordinamento centralizzato per la materia del terrorismo e dell'eversione. Noi abbiamo elementi per dire, e li abbiamo messi a disposizione del Parlamento e della Camera, che questo coordinamento è bene che lo faccia il procuratore nazionale antimafia attraverso un'estensione delle sue competenze. Comunque un coordinamento centralizzato è necessario.
  Alla domanda, che mi è stata rivolta, se fosse necessaria una procura nazionale anti-reati ambientali risponderei di no, perché la procura nazionale antimafia svolge già questo compito, e credo bene. Lo posso dire perché, ripeto, io sono un precursore delle indagini in materia, ma non sono l'inventore di questo modello, che vi ha così bene illustrato Roberto Pennisi. È lui l'inventore di questo modello. Dunque, posso dire che la procura nazionale antimafia sta investendo molto, sta investendo energie, la propria credibilità, anche nel rapporto con gli organi di polizia giudiziaria, con la forestale e con le dogane, nonché molte delle proprie risorse e il proprio sistema informatico nel pre-investigare, ossia nell'organizzare le investigazioni in materia di traffici di rifiuti e, più in generale, di criminalità ambientale.
  Noi stiamo facendo la nostra parte per creare anche una sensibilità tra i magistrati delle procure distrettuali. Roberto, tu mi facevi vedere prima delle statistiche interessanti, che forse possiamo anche mostrare a questa Commissione. In un anno c’è stato da parte di alcune procure distrettuali che noi abbiamo sensibilizzato, alle quali noi abbiamo trasmesso gli atti di impulso, un netto aumento delle iscrizioni dei procedimenti per i reati di cui all'articolo 260. La risposta, quando viene sollecitata in modo mirato, c’è ed è immediata.
  Sulle banche dati la questione del SISTRI vi è stata già illustrata da Pennisi.
  Quali sono le nostre conoscenze sulle collusioni tra servizi e malavita ? Collusioni ? Vorrei capire bene che cosa si intende per collusioni, perché che i servizi abbiano rapporti con la malavita organizzata è normale, fa parte del loro lavoro. Il problema è che non venga violata la legge, se non nei limiti in cui la stessa legge istitutiva relativa ai servizi lo prevede.
  Il pericolo, però, è un altro. Il pericolo vero è un altro e nasce dalla possibilità di soggetti appartenenti agli organismi di polizia giudiziaria di transitare senza soluzione di continuità negli organismi investigativi di informazione e sicurezza, cioè nei servizi segreti, con tutto il bagaglio di conoscenze investigative e giudiziarie che hanno acquisito nel corso del loro servizio di polizia giudiziaria.
  Trasferire nei servizi queste conoscenze, che molto spesso attengono, e lo Pag. 30abbiamo verificato, con dati di indagine ancora coperti dal segreto, impiegare queste conoscenze segrete nel rapporto con la malavita, come spesso abbiamo verificato, è reato. Questo è inammissibile e mina molto spesso, ancora adesso, la credibilità e anche la tenuta delle indagini giudiziarie. Questo, secondo me, è il vero problema. Poi è chiaro che bisogna vedere caso per caso che tipo di collusioni e che tipo di reati si svolgono, certamente.
  Io mi sono occupato, eo tempore, perché ormai sono anziano, dell'unica vera trattativa consacrata in sentenze, ossia la trattativa per il rilascio dell'assessore Ciro Cirillo, sequestrato nel 1981 dalle Brigate rosse. La trattativa che si instaurò tra lo Stato, attraverso i servizi segreti e anche alcuni esponenti politici, e le Brigate rosse, con la mediazione di Raffaele Cutolo, è stata confermata da una sentenza definitiva dalla Corte d'appello di Napoli. Finora è l'unica trattativa vera Stato, mafia e brigatisti di cui si abbia conoscenza. Poi vedremo l'esito di altri processi, nonché delle altre e più attuali trattative.

  ENRICO BUEMI. Esula un po’ dalla competenza di questa Commissione, ma vorrei conoscere la sua idea di come impedire questo rapporto in continuazione tra polizia giudiziaria che si trasferisce ai servizi.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia. Secondo me, dovrebbero essere due settori completamente diversi e impermeabili, o quantomeno bisognerebbe...

  ENRICO BUEMI. ...pensare anche alla separazione delle carriere ?

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia. Sì, alla separazione delle carriere o quantomeno a un periodo di purificazione, di «Purgatorio», per chi sta in polizia giudiziaria, in modo che non venga impiegato, per un dato periodo, prima di passare nei servizi, in attività investigative dirette.

  PRESIDENTE. C'era una domanda che doveva essere posta in seduta segreta.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia. I dati, se volete, possiamo anche lasciarveli, insieme a questo schema.

  ROBERTO PENNISI, Sostituto procuratore antimafia. Le consegno alcuni appunti, possono essere utili per vedere come i 260 si distribuiscono, tra le iscrizioni dell'anno scorso e quelle di quest'anno, in tutte le 26 procure distrettuali d'Italia.

  PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio-video.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta).

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audio-video.

  (La Commissione prosegue in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Ringraziamo i nostri ospiti che speriamo di ritrovare nel corso della nostra attività. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 21.45.