XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 43 di Mercoledì 22 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Variazione nella composizione della Commissione:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Audizione del Sottosegretario allo sviluppo economico, Antonello Giacomelli:
Fico Roberto , Presidente ... 2 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 2 
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Giacomelli Antonello (PD) , Sottosegretario allo sviluppo economico ... 3 
Fico Roberto , Presidente ... 5 
Rossi Maurizio  ... 5 
Airola Alberto  ... 7 
Ciampolillo Lello  ... 7 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 8 
Giacomelli Antonello (PD) , Sottosegretario allo sviluppo economico ... 9 
Fico Roberto , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  Comunico, altresì, che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Variazione nella composizione della Commissione.

  PRESIDENTE. Comunico che in data 15 ottobre 2014 il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione il senatore Miguel Gotor, in sostituzione del senatore Salvatore Tomaselli, dimissionario. Nell'esprimere il mio personale ringraziamento, anche a nome degli altri componenti della Commissione, al senatore Tomaselli per il suo contributo alla nostra attività, do il benvenuto, con l'augurio di buon lavoro, al collega Gotor.

Audizione del Sottosegretario allo sviluppo economico, Antonello Giacomelli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Sottosegretario allo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, che, anche a nome dei colleghi, ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Il Sottosegretario Giacomelli riferirà sulla delibera n. 494 recante «Criteri per la fissazione da parte del Ministero dello sviluppo economico dei contributi annuali per l'utilizzo delle frequenze nelle bande televisive terrestri», approvata dall'AGCOM nella riunione del 30 settembre 2014.
  Prima di dare la parola al Sottosegretario Giacomelli, l'onorevole Peluffo ha chiesto di intervenire.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Mi scuso con il sottosegretario e i colleghi se prendo soltanto alcuni istanti, ma ho avuto modo di leggere, come credo anche i colleghi, le due lettere di risposta del presidente Tarantola alle lettere che avevamo deciso di inviare come Ufficio di Presidenza. Mi sembra giusto sollevare una questione, chiedendo poi di poterne discutere in maniera più approfondita in Ufficio di Presidenza.
  Devo dire che le due lettere hanno colpito in maniera significativa, la prima perché, sollevando una questione che più volte è stata posta da tanti commissari, ossia la cura, l'attenzione e l'approfondimento delle risposte, ho visto che la presidente Tarantola dice che non esiste la questione: allora forse è giusto individuare uno strumento che possa consentire ai commissari di esprimere o meno la loro soddisfazione in merito alle risposte introducendo o, meglio, reintroducendo in questa Commissione, per esempio, lo strumento del question time, forse il modo per affrontare in maniera definitiva la questione visto il tenore della risposta.
  Per quanto riguarda l'altra risposta, che fa riferimento alla richiesta dell'Ufficio di Presidenza di questa Commissione Pag. 3al sottosegretario e alla RAI di firmare il Contratto di servizio, nella lettera della presidente Tarantola si fa riferimento al decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, che costituisce un elemento che ha significativamente inciso con il taglio di 150 milioni, quindi ricollegando a quest'intervento la necessità di aprire una riflessione e inoltre si cita il resoconto dell'audizione del Sottosegretario Giacomelli. Siccome la presidente Tarantola ha avuto la cortesia e l'attenzione di citare, di quel resoconto, e Giacomelli e la mia persona, mi sembra giusto in questa sede sollevare un punto: quando la citazione della Tarantola fa riferimento alla proposta di Giacomelli di aprire una riflessione se firmare o meno, e alla mia dichiarazione di affrontare questa riflessione, quest'ultima non faceva riferimento al decreto-legge 66 e ai 150 milioni di euro, ma all'anticipo della concessione. Se la presidente intende fare una citazione, lo faccia in maniera corretta, perché, ripeto, quella riflessione era legata all'anticipo della concessione.
  Inoltre, in quella sede dicevo che questo nodo doveva essere affrontato in Ufficio di Presidenza: l'Ufficio di Presidenza lo ha affrontato, ne abbiamo discusso e abbiamo deciso di mandare, per l'appunto, una lettera alla presidente della RAI, chiedendole di firmare il Contratto di servizio. Fa, quindi, una citazione in riferimento ad altra discussione e non tiene conto che l'Ufficio di Presidenza di questa Commissione ne ha già discusso. Sono intervenuto perché desidero che questa riflessione e questa posizione abbiano evidenza anche nella Commissione plenaria e non soltanto nell'Ufficio di Presidenza.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Peluffo. Aggiungo solamente che sono tutte questioni che condivido profondamente e che affronteremo nell'Ufficio di Presidenza.
  Do ora la parola all'onorevole Giacomelli, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario allo sviluppo economico. Il punto su cui mi è stato chiesto di intervenire riguarda una delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni relativa al canone delle frequenze. Desidero qui esplicitare una valutazione che abbiamo già nei mesi passati avuto modo di fare in sedi diverse da quella istituzionale, ma anche nella diretta interlocuzione con l'Autorità, ovviamente nel rispetto delle prerogative di ciascuno.
  Avevamo chiesto all’Authority di soprassedere all'impostazione emersa in base ad alcuni ordini di motivi. Il primo, a mio avviso il principale, è che il quadro normativo di riferimento sulla base del quale l'Autorità ha operato le proprie scelte, secondo il mio giudizio, non ha mai compiutamente preso atto del passaggio dall'analogico al digitale.
  Il passaggio dall'analogico al digitale ha come separato quello che prima era un unico mercato in due distinte figure, due tipologie, e dunque due aree: quella degli operatori di rete e quella dei fornitori di contenuti, tanto che è esattamente sulla base di questo concetto che nell'ambito del nostro lavoro sull'emittenza locale stiamo rimodulando la normativa. Ora, è evidente che il quadro normativo faceva riferimento a criteri che avevano presente il sistema analogico, dove questa distinzione non esiste. Avevamo chiesto, per evitare che forzatamente vi fossero inconvenienti nella determinazione dei criteri, che ci fosse l'attesa o di un lavoro comune di interpretazione e di costruzione o di un riordino complessivo della normativa. AGCOM ha dapprima ceduto a quest'opinione, credo anche prendendo atto di una comunicazione che dall'Europa in qualche modo sottolineava alcune criticità o alcuni punti che potevano prestarsi a una valutazione peggiorativa sulla contestazione dell'infrazione in essere. Trascorso il periodo che l'AGCOM si era data e nonostante una positiva interlocuzione istituzionale, l'Autorità ha ritenuto, pur comprendendo il senso delle osservazioni formulate dal Governo sia per iscritto sia nelle interlocuzioni avvenute, fosse proprio dovere arrivare alla determinazione dei criteri sulla base delle indicazioni normative Pag. 4esistenti, con tutte le difficoltà o – il termine forse non è esatto, ma rende l'idea – i disallineamenti contenuti.
  Nella stessa lettera di accompagnamento della delibera, l'Autorità mostra chiaramente di comprendere le ragioni e il punto di vista del Governo e di condividere la necessità di un intervento che, evidentemente, riporti la materia all'attualità dell'impostazione digitale.
  La questione essenziale riguarda il concetto della parità di gettito, che rimane un punto basilare che va tuttavia declinato, come dicevo all'inizio del mio intervento, su un mercato di riferimento cambiato rispetto a quello cui prima la norma guardava. In una fase di questo tipo, il concetto di una parità di gettito, di un'assenza di problema di gettito per lo Stato, assume tuttavia una valenza tutta particolare e premiante, sulla quale non credo di aver bisogno di spendere ulteriori parole. Rispetto a ciò, occorre un'articolazione che quel tipo di impostazione dei criteri non ha, per cui questa rimane una questione sulla quale non vi è risposta.
  Vi è la percezione, da parte dell'Europa, di una scelta che non aiuta a leggere in positivo il superamento delle ragioni che hanno portato alla contestazione di posizioni dominanti e vi è il rischio che l'applicazione automatica di un'impostazione presunta sposti in particolare sull'emittenza locale un peso, un onere tale da rendere impraticabile quel mercato a qualunque operatore. Inoltre, da varie parti e con vari accenti si è sollevato il tema, per arrivare a conclusioni tutte legittime, ma perfettamente opposte, della questione di come si considerino o debbano essere considerati gli operatori cosiddetti verticalmente integrati, posto che oggi questa stessa definizione andrebbe meglio specificata alla luce delle novità intervenute con il passaggio al digitale e che, comunque, occorre che vi sia da parte della normativa una maggior chiarezza nel determinare la linea a cui i criteri devono corrispondere.
  Per tutta questa serie di motivi, come ripeto, abbiamo ritenuto nei mesi scorsi e in maniera anche aperta di provare a sollecitare una riflessione nell'Autorità – che ricordo essere indipendente rispetto al Governo e verso cui quindi ci muoviamo con il rispetto e l'attenzione dovute delle prerogative di un’Authority – ovvero se non vi fossero nelle valutazioni del presidente Cardani e dei membri dell'Autorità gli estremi per l'acquisizione del tempo necessario al riordino, magari, come è avvenuto in periodi precedenti, prorogando il regime esistente. L’Authority ha ritenuto diversamente, pur sollecitando, ipotizzando, comprendendo la necessità, in una certa fase dell'attività di Governo, che facesse la propria parte, per usare un'espressione del presidente Cardani. In questa fase, stiamo valutando se, da un punto di vista di legittimità, giuridico, delle prerogative, sia corretto che il Governo assuma un'iniziativa che, anziché applicare i criteri determinati dall’Authority, disponga diversamente. Questo è il punto. Politicamente, non ho difficoltà a ripetere che questa sarebbe la mia intenzione e la mia volontà e credo che questa sarebbe la scelta giusta da fare. Mi rendo conto benissimo della necessità di un approfondimento, perché può aprirsi un precedente, un varco rilevante nella correttezza dei rapporti, almeno formali, non dico sostanziali, tra il ruolo e le prerogative dell’Authority e il ruolo e le prerogative del Governo: questa è la riflessione in corso in queste ore. Per quanto mi riguarda, non ho difficoltà a esplicitare e confermare che la volontà politica, ma credo si sia compreso, è quella più volte espressa. Credo che occorra determinare per un anno un regime transitorio che consenta allo Stato di non subire danni, che consenta agli operatori di avere certezze e utilizzare quest'anno per un intervento di modifica della normativa che elimini le ambiguità, le contraddizioni, che non sono frutto della volontà negativa di nessuno, ma di un mancato adeguamento complessivo del passaggio dall'analogico al digitale.
  Credo che questo ci consentirebbe di spiegare meglio anche all'Europa il senso dell'azione italiana. Apro un inciso. Non è semplice spiegare nella sede comunitaria la distinzione di competenze e prerogative tra il Governo e l’Authority: la percezione Pag. 5e la valutazione è sempre sul sistema complessivo Italia. Da un lato, come abbiamo già detto, occorre che questo porti tutti i soggetti pubblici, quale che sia il loro ruolo, a un'assunzione pro quota di responsabilità: non può accadere che ognuno assuma in totale autonomia e libertà le proprie determinazioni, indipendentemente dalle valutazioni e dal contesto, e che solo al Governo tocchi spiegare e far fronte quando non tutto è nelle mani, giustamente, del Governo. Dall'altro lato, occorre che noi, che ci proponiamo arrivare rapidamente alla chiusura della procedura di infrazione, non sottovalutiamo la necessità di spiegare la coerenza dei nostri atti rispetto a quest'obiettivo, che è di interesse nazionale. D'altra parte, la gara, quale che sia il giudizio che ne diamo, è stata espletata, ha dato l'esito. Le situazioni di contesto propongono un cambiamento effettivo. Crediamo e abbiamo sempre ritenuto che, se anche rispetto a questo tema specifico del canone di frequenze vi fosse stata o vi fosse la possibilità di un approccio che avesse lo stesso segno, questo avrebbe più facilmente e più rapidamente condotto l'Italia a ottenere la chiusura della procedura di infrazione.
  Pur nella consapevolezza della complessità delle poste in gioco, della necessità di tutelare il ruolo di tutti gli operatori, il pluralismo e l'equità dell'applicazione dell'onere di contribuzione, l'idea su cui stiamo lavorando e lavoro è trovare una soluzione accettata in termini di legittimità e di impostazione giuridica che consenta al Governo non di disattendere, di negare, di confutare, ma di rinviare di un anno le determinazioni dell’Authority in attesa di una normativa complessiva, applicando in quest'anno, ovviamente d'intesa con il MEF, che ha la prima responsabilità per quello riguarda il gettito dello Stato, un regime provvisorio che valga solo per l'anno in corso.
  Del resto, i provvedimenti sono già all'esame o, comunque, sono in discussione già nelle Commissioni, quindi è facile immaginare quali possano essere quelli nei quali una norma del genere possa essere inserita, soprattutto se le viene riconosciuto il carattere della necessità e dell'urgenza.
  In queste ore, prima che politica – la decisione della linea politica è quella che ho detto – questa è la riflessione di tipo giuridico e ha tutta la delicatezza che io le riconosco. Arriverà a conclusione e informerò immediatamente, attraverso il presidente, dell'esito di questa riflessione, delle conclusioni a cui il Governo arriva e delle iniziative che mi riservo di assumere, in caso vi sia la possibilità di inserire la norma o in caso diverso. È chiaro che, nel caso diverso, rimane intera la valutazione politica che ho fatto, e dunque valuteremo quali siano le iniziative che, nella legittimità e nel rispetto dell’Authority, potranno essere assunte.
  Mi permetto di osservare in chiusura, se il presidente lo permette, con riferimento all'interlocuzione tra la presidenza e l'onorevole Peluffo, che abbiamo preso atto di una sollecitazione in questo senso della stessa Commissione e che nelle prossime ore assumeremo l'iniziativa di una valutazione insieme con RAI in ordine alla messa in vigore del Contratto di servizio, su cui ovviamente terremo aggiornata la Commissione in modo costante.

  PRESIDENTE. La lettera era indirizzata anche a lei, sottosegretario, oltre che alla presidente Tarantola, quindi il suo è un primo passo in avanti, di cui la ringrazio.

  MAURIZIO ROSSI. Si tratta di una materia di una complessità mostruosa. Cari colleghi, tengo a dire che essa si incrocia con moltissimi altri fattori, come sa benissimo il sottosegretario che è persona molto disponibile e saggia – lo dico per come sta affrontando il problema.
  Tocca la cessione di Rai Way – poi spiegherò il perché – e il problema dello spettro frequenziale con i disturbi che vengono arrecati in tutta Italia da molte situazioni, ad esempio quelle della Puglia, dove, su 18 frequenze concesse all'emittenza locale, 12 devono essere spente entro il 31 dicembre, mandando nel panico totale tutto il sistema dell'emittenza locale. Pag. 6Premetto che l'emittente che presiedevo non ha nessun problema di frequenza, quindi posso permettermi di parlare senza conflitto d'interesse. Ci sono problemi con la Francia, la Croazia, l'Albania, Malta. Esaminiamo però il problema nella sua complessità.
  La prima cosa che dobbiamo ricordare, sottosegretario, è che la legge prevedeva che fossero assegnate frequenze per un terzo alle emittenti locali e per due terzi alle emittenti nazionali. Questo vuol dire frequenze coordinate, cioè che sono di competenza dell'Italia. L'Italia ha concesso, ai tempi dell'assegnazione, frequenze di altri Paesi e adesso è scoppiato il finimondo, tanto che stiamo cadendo in un'altra pesantissima infrazione europea. Un comitato, che penso il sottosegretario conoscerà molto meglio di me, costituito insieme a Francia, Albania, Croazia, Malta, ci sta ricordando la scadenza del 31 dicembre.
  Anzitutto non è possibile che alle emittenti locali sia chiesto di pagare alcunché, specialmente qualcosa che è di proprietà di altri Stati, quindi le televisioni locali devono pagare zero.
  Bisogna dunque rifare integralmente il piano delle frequenze. Se le frequenze italiane sono 15 – tra l'altro, si va verso l'Accordo di Ginevra l'anno prossimo, voglio vedere cosa accadrà – cinque devono andare alle televisioni locali, dieci alle nazionali. Addirittura, Mediaset, che ha un sacco di frequenze, le affitta e vi lucra, mentre alle emittenze locali vengono tolte quando ne avrebbero diritto perché così è scritto nella legge.
  Ho sempre detto che, se due terzi sono alle nazionali e un terzo alle locali, partiamo da quelle coordinate: se in mezzo all'Umbria c’è una frequenza ulteriore che non disturba da nessuna parte, due terzi vanno alle nazionali e un terzo alle locali delle coordinate e delle scoordinate. Quando sarà fatto questo, si potrà iniziare a dire quanto le locali devono pagare di canone.
  Per quanto riguarda Rai, condivido tutto quanto ha detto Peluffo all'inizio sulla problematica che non ci vengono date risposte soddisfacenti.
  Visto che Gubitosi dice che non se ne può parlare perché altrimenti si rischia l'aggiotaggio, io ne parlerò perché se no rischio di fare un danno alla Rai e noi, come Commissione di vigilanza, siamo qua a difendere la Rai da operazioni scellerate, quale la vendita di Rai Way. I colleghi ricorderanno che nel mese di luglio ho chiesto a quanto ammontasse il contratto d'affitto tra Rai e Rai Way. Il contratto d'affitto era fatto da una società che aveva la proprietà del 100 per cento. Ho detto che non avrei voluto che, per vendere questa società, facessero un nuovo contratto d'affitto, perché avrebbero sì valorizzato Rai Way, ma impegnando Rai a pagare un affitto per i prossimi 15 anni: un'operazione folle. Per giustificare quei 150 milioni di euro, quest'estate è accaduto quanto io sapevo e su cui Gubitosi non ha voluto rispondere: da notizie di corridoio, Rai ha firmato con Rai Way un contratto di 2 miliardi 500 milioni di euro, per cui si è impegnata per 2,5 miliardi con Rai Way, che diventerà proprietà di altri. Il contratto sembrerebbe di 170 milioni di euro all'anno per 7 anni + 7, che in totale fa circa 2,5 miliardi di euro.
  Perché Rai deve pagare a Rai Way questa cifra ? Entriamo nel discorso delle frequenze: Rai ha 5-6 frequenze e, se le frequenze sono di proprietà di Rai, gli impianti per trasmettere quelle 5 frequenze sono, invece, di Rai Way. Se Rai, che oggi ha 15 canali – secondo me potrebbe anche averne 5 o 6, come nel resto d'Europa, o 10 – avrebbe bisogno di due frequenze per trasmetterli. Se Rai avesse due frequenze, anziché 170 milioni di euro ne pagherebbe 50 e risparmierebbe 120 milioni di euro all'anno, che per 12 anni sono 1,5 miliardi di euro. Si stipula, invece, un contratto a 2,7 miliardi per 14 anni perché si dà per scontato che avrà queste 5 frequenze, quindi 5 reti d'impianto in Italia. Il canone aumenta notevolmente, nel senso che la RAI ovviamente, se dovesse pagare il canone per due frequenze anziché per 5, pagherebbe molto di meno. Inoltre, Rai occupa frequenze, con carenza di frequenze coordinate, che invece potrebbero essere messe a Pag. 7disposizione di chi ne ha diritto e bisogno. Questo è quello che sta accadendo: bisogna intervenire sul piano complessivo, come dice lei.
  Per concludere, sul discorso del canone, sono convinto che sia più che giusto che non sia parametrato alla pubblicità. La frequenza è un bene dello Stato e lo Stato deve introitare il massimo possibile. Nello stesso tempo, non mi preoccupo del discorso se le locali debbano pagare tanto o poco, ma dico che una frequenza deve valere molto. Ipotizziamo una cifra a caso: 10 milioni di euro per una frequenza nazionale ? Se una frequenza nazionale costa 10 milioni di euro, una frequenza coordinata alle televisioni locali viene data a 10 milioni di euro, nazionale, dopodiché in una regione che vale il 10 per cento si deve pagare un milione di euro per una frequenza. Questo comporta che le emittenti capirebbero che non possono permettersi di avere una frequenza a testa, che è l'errore di base, ossia dare a un canale, che è una televisione, una frequenza. Si consorzierebbero per avere una frequenza, ma con 6 programmi, e a quel punto pagherebbero 150.000 euro a testa. In altre piccole regioni, si pagherebbe 300.000 euro e, in 6, 50.000 euro a testa. Lo Stato incasserebbe il massimo, ci sarebbe una perequazione perfetta tra tutti e si potrà decidere di riconoscere uno sconto alle locali nei primi anni. In alternativa, si arriva a un sistema totalmente diverso: Rai Way o le reti nazionali diventano gli operatori unici nazionali o regionali e si crea un sistema dove vi siano gli operatori unici, che potrebbero anche essere le stesse televisioni locali, alimentando territorialmente gli altri operatori, se si consorziano. In alcune regioni, come la Puglia, una realtà come Telenorba può farlo benissimo e meglio di tutti gli altri, diventando l'operatore regionale, con tutte le frequenze che, al di fuori di quelle nazionali, passano attraverso quel soggetto.
  Questo è il lavoro che va fatto e che non riusciamo a fare. Spero di essere stato chiaro nel far capire come al problema del canone siano collegati tutti gli altri. Non si possono assolutamente guardare in modo separato uno dall'alto. Il primo e più importante è proprio quello che dicevo di come arrivare a fine anno come Paese, a far cessare i disturbi in tutta Europa. Partendo da lì, si potrà parlare anche del canone e delle frequenze coordinate.

  ALBERTO AIROLA. Mi riaggancio rapidamente al discorso del senatore Rossi, nel senso che anche a me pare di vedere una sequenzialità in questo percorso che si sta facendo su Rai. Innanzitutto, anch'io mi pongo la domanda sul perché AGCOM abbia questa fretta per il riordino, cosa che non capita solo su questa vicenda, ma anche su altre. Sono fuori tema, ma è un atteggiamento.
  È vero, come dice lei, che il mercato è cambiato visto che è cambiata la tecnologia, ma non è ancora traghettato tutto il mondo, quindi siamo ancora in due mondi: in uno si è produttore di contenuti e si ha la frequenza, nell'altro, invece, i due ruoli sono separati. Purtroppo, questo andrebbe a danno delle piccole aziende, delle piccole TV locali.
  Non voglio andare fuori tema, ma alla Rai avete chiesto 150 milioni di euro per privatizzare, vendere una parte di Rai Way, poi si presume si faccia uno sconto di 126 milioni di euro con quest'iniziativa di AGCOM, poi da notizie di giornali si vocifera che in legge di stabilità potrebbero esserci richieste strutturate di soldi per 75-80 milioni di euro annui. Dove stiamo andando ? Non penso che né voi né il Governo né le forze di maggioranza siano sprovveduti e stiano procedendo a caso, ma mi sembra che ci sia un percorso. Purtroppo, il Parlamento e i cittadini italiani non sanno dove porti.

  LELLO CIAMPOLILLO. È con grande sconcerto che abbiamo preso atto dello scandaloso favore operato a Mediaset dall'AGCOM con l'approvazione a maggioranza dei nuovi criteri di determinazione dei contributi annuali per l'utilizzo delle frequenze delle bande del digitale terrestre. È evidente come si parli tanto di Europa, ma in realtà a nulla siano serviti i rimproveri dell'Unione europea e specialmente le giuste doglianze dei piccoli editori. Mediaset, Pag. 8infatti, risparmierà ben 80 milioni di euro l'anno nei prossimi sette anni, ciò a discapito degli editori nazionali più piccoli e soprattutto delle TV locali. Queste ultime, invero, saranno costrette a corrispondere somme proporzionalmente più alte.
  Il nuovo modello, difatti, collegato al numero e alla qualità delle frequenze, quindi non più alla ricchezza prodotta, comporterà che il costo dell'affitto di un MUX Multiplex sarà di poco più di 2 milioni di euro, con il canone che ricadrà tra l'altro sulle società che gestiscono le torri di trasmissione e maggiori saranno gli oneri per le società editoriali locali – questo è molto importante – pur sapendo benissimo che i fatturati delle locali sono lontanissimi da quelli di Mediaset e, ovviamente, di Rai. Questo è quindi l'ennesimo regalo a Mediaset da parte di questo sistema di potere del duo che ormai abbiamo, Renzi – Berlusconi, rispetto al quale le nostre varie autorità e agenzie dimostrano, sinceramente, un imbarazzante servilismo.
  A questo si deve aggiungere che il 31 dicembre, come ha poc'anzi ricordato il collega Rossi, è prevista la chiusura di tutte quelle frequenze non coordinate. È assurdo, paradossale: quelle frequenze sono state assegnate due, tre anni fa, quando abbiamo detto, in pompa magna tra l'altro, che spegnevamo l'analogico e accendevamo il digitale terrestre.
  Il ministero ha assegnato frequenze, soprattutto alle TV locali, che non erano coordinate. Molti editori locali hanno investito moltissimo per spegnere l'analogico e riaccendere il digitale terrestre. Si tratta, infatti, di apparati costosissimi e la maggior parte di questi editori adesso vive in questo limbo per cui il 31 dicembre potrebbero sparire.
  Le cito l'esempio della Puglia, dove il 31 dicembre bisognerà spegnere 12 frequenze, che equivalgono a 12 MUX, su ciascuno dei quali viaggiano almeno 10 segnali televisivi, quindi 10 programmi televisivi diversi, anche di più volendo, poiché dipende dalla qualità.
  Abbiamo messo questi editori in ginocchio. Con il moltiplicarsi dei canali, la possibilità di vendere gli spazi si è praticamente polverizzata. Gli editori locali, quindi, sono già in ginocchio e il 31 dicembre li spegniamo. Molti sono in ansia perché non riescono a comprendere se, effettivamente, saranno spenti solo quelli che hanno un'interferenza accertata con i Paesi esteri o comunque, indipendentemente dal fatto che creino o meno le interferenze col Paese adiacente.
  Vorremmo una risposta precisa anche su questo per capire che fine faranno e, eventualmente – questo è un suggerimento che si può dare – valutare anche l'ipotesi, almeno allo stato, di capire se le frequenze che non creano interferenze possano continuare a rimanere e dare un minimo di certezza agli editori televisivi locali. In ogni caso, il Movimento 5 Stelle utilizzerà tutti gli strumenti previsti di cui disponiamo per impedire quest'ulteriore scempio che si sta creando a discapito, appunto, delle società locali, che sono la vera forza del sistema Italia.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Anch'io voglio ringraziare il Sottosegretario Giacomelli per la disponibilità e, soprattutto, per i contenuti della sua comunicazione.
  Il collega Ciampolillo richiamava la posizione del Movimento 5 Stelle: non riproporrò ai commissari e al presidente i contenuti delle dichiarazioni che nel corso di queste settimane abbiamo fatto e riproposto anche nella scorsa audizione, ma tengo a ribadire la netta contrarietà rispetto alla delibera dell'AGCOM, così come abbiamo detto in più di in un'occasione che non abbiamo compreso i motivi per cui l'AGCOM non ha atteso il provvedimento previsto dal Governo e perché – lo avevamo sollevato anche nell'ambito dell'audizione – si sia proceduto con una forzatura, ossia con un voto a maggioranza.
  Voglio concentrarmi sul merito della questione, perché credo che il Sottosegretario Giacomelli abbia offerto diversi elementi di novità, anche rispetto all'audizione che abbiamo fatto dell'AGCOM.
  Innanzitutto, è evidente, come diceva il Sottosegretario Giacomelli, che dobbiamo prendere atto compiutamente del passaggio Pag. 9dall'analogico al digitale. Questi erano i termini di premessa del ragionamento del sottosegretario. Credo che questo debba essere l'ambito della nostra riflessione.
  L'altro elemento richiamato, presente anche nella discussione della scorsa audizione, è che qui siamo di fronte a un cambiamento netto del soggetto passivo di imposta – prendo in prestito la stessa terminologia utilizzata da un commissario AGCOM – nel senso che non più all'emittente concessionaria sarà calcolato il fatturato, ma al solo operatore di rete, che significa passare da un mercato che fino a poco tempo fa valeva 5 miliardi di euro a uno che ha più o meno una valenza di 500 milioni. Si tratta, evidentemente, di un ambito significativamente diverso. Alla questione che avevo sollevato nel corso dell'audizione di AGCOM c'era stata una risposta, mentre oggi abbiamo elementi di diversità e credo che questo sia il punto significativo. Sollevavo la questione che, in riferimento alla preesistente legge 23 dicembre 1999, n. 488, che conteneva entrambi gli elementi, ossia editore e operatore di rete, con il regolamento AGCOM di fatto sparisce l'editore, c’è soltanto l'esistenza in termini di tassazione sull'operatore di rete: la domanda che rivolgevo all'AGCOM era se a loro giudizio la normativa precedente, la 488 del 1999, fosse completamente sostituita o permanesse, e quindi potesse essere integrata in termini di prelievo aggiuntivo sui servizi di rete.
  Nella risposta, Posteraro diceva che, a giudizio dell'AGCOM, era superata. Oggi, invece, dalle parole del sottosegretario è evidente che permane, quindi è necessario intervenire con quella che è stata definita un'iniziativa da parte del Governo, che giustamente oggi non ci ha fornito tutti gli elementi, ma ci ha parlato di espressa volontà politica.
  Presidente, credo con quest'audizione abbiamo fatto un passo in avanti. Rispetto a una questione sollevata nella scorsa audizione, esiste un punto di vista chiaramente espresso dal Governo, la volontà di assumere un'iniziativa. Non possiamo che dimostrarci soddisfatti, e quindi attendiamo, per il suo tramite, come è stato detto, di conoscere quale strumento sarà identificato, ossia se incardinato nell'immediato o se bisognerà immaginare altri strumenti, ma che comunque c’è la volontà politica del Governo e su questo sarà presa un'iniziativa.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario allo sviluppo economico. Dagli interventi, le domande e le riflessioni dei colleghi e dei commissari riscontro che la complessità e l'interconnessione – parto dalle osservazioni del senatore Rossi – sono state riconosciute e comprese appieno. Mi pare che io debba delle risposte soprattutto in relazione a temi diversi da quello del canone, cioè in particolare alla questione dell'emittenza locale e della gestione del problema delle interferenze.
  Sulla questione del canone delle frequenze, naturalmente rispetto tutte le opinioni e tutti i giudizi, ma devo dire, per l'interlocuzione avuta con AGCOM, che non ho sensazioni e opinioni diverse da quella che ho detto. Questa difficoltà deriva da un ritardo nell'adeguamento di una normativa. Nell'intervento di Peluffo c'erano già gli elementi. Se si passa da un mercato di un certo valore a uno di un valore sensibilmente più piccolo, se si lascia il valore della parità di gettito come riferimento, se non si introducono rispetto al digitale nuovi criteri per la determinazione, è del tutto evidente che il quadro normativo è contraddittorio, rispetto al quale l’Authority ha operato come ha ritenuto più giusto.
  Noi pensiamo che il modo migliore sia, anzitutto, intervenire in modo provvisorio, se ci sarà consentito negli approfondimenti, operando un ragionamento più generale di riassetto della normativa. È chiaro che questo va prima di tutto – richiamo ancora le parole di Rossi – a inserirsi in un ridisegno complessivo del sistema. Per dirlo con chiarezza, ho rispetto anche delle opinioni del senatore Ciampolillo, ma troppi canali non hanno polverizzato gli spazi. Il cambio uno a uno analogico e digitale, che è la madre di tutti gli errori, è stato la condizione per cui le televisioni hanno accettato il cambio al Pag. 10digitale, per essere chiari. Ho visto quella fase da un'altra posizione e in quel momento, non posso dire in tutte perché mi pare eccessivo, ma in grandissima parte delle emittenti locali il cambio uno a uno, che di fatto dava da uno a sei canali, ha prodotto il sogno di realizzare il proprio network con un canale dedicato a un tema, un canale dedicato a un altro, uno con accordi con gli enti locali, uno tutto informazione. Questa era l'attesa e la prospettiva. Siccome non era il suo Governo, posso parlarne in totale libertà, e non era nemmeno un Governo della mia parte politica: se in quella fase il Governo avesse immaginato di venire meno al cambio uno a uno, a mio avviso non si sarebbe arrivati al cambio, alla possibilità dello switch off. Certo, senatore, l'effetto finale è quello che lei descrive. Le illusioni si sono infrante contro la realtà e l'effetto è esattamente quello. Inoltre, se la vediamo dall'interesse generale, lo spettro è stato totalmente saturato. Ognuno può dare la propria lettura sul perché, ma questo è sicuramente quello che è accaduto. Lo spettro è talmente saturato che si sono anche utilizzate frequenze che Ginevra non assegnava all'Italia. Questo spiega perché non è stata mai fatta dal ministero in quegli anni la compatibilizzazione: come si sarebbe potuto ? Sulla base di quali presupposti, quando Croazia, Slovenia, Malta, Francia, Svizzera contestavano ?
  Rispetto a questo, come si può procedere ? Capisco che la delibera AGCOM sia percepita con un impatto che può essere devastante o, perlomeno, molto duro. Voglio ricordare, però, che siamo partiti da un'impostazione di AGCOM molto diversa e di impatto molto più elevato per le emittenti, con le cosiddette poligonali. Grazie all'interlocuzione del ministero con AGCOM, si è acceduto all'idea di lavorare insieme a un nuovo impianto, che prevede l'individuazione, più che di aree, di frequenze, che sono quelle che negli accordi internazionali non ci sono o che interferiscono o che comunque creano il problema delle relazioni. Rispetto a questo, c’è un punto già previsto e che si svilupperà, ossia l'intenzione di un'iniziativa del Governo: per evitare che il frutto di questo percorso che riporta l'Italia in una legalità internazionale si riversi come problema solo sulle emittenti locali e per tenere indenne un comparto, però da riordinare. Dobbiamo arrivare alla fine di un percorso che, attraverso una serie di iniziative, non punti ad attenuare la delibera AGCOM, altrimenti il problema si perpetua. Puntiamo ad attuare una compatibilizzazione o un coordinamento delle frequenze, che non è mai stato fatto, arrivando a tenere indenni le emittenti locali. Non voglio fare il misterioso, ma c’è anche la necessità che gli strumenti che abbiamo ipotizzato arrivino dal confronto con le associazioni, con gli operatori. Il senatore Rossi, che è del settore, ha anche ipotizzato alcune soluzioni. Non possiamo mettere l'ennesima pezza per rinviare il problema a chi verrà dopo. Dobbiamo affrontare la necessità.
  Non si tratta di fare i sindaci revisori di chi ha operato nel passato. Prendiamo atto della situazione: non c’è una sola frequenza italiana che sia coordinata e iscritta nel Master di Ginevra, il che significa che, quando parliamo di mercato, ne diamo una definizione un po’ singolare. Questo è un mercato in cui gli oggetti hanno valore zero, perché non sono riconosciuti. L'unico acquirente è lo Stato che infatti ogni tanto interviene con un provvedimento di rottamazione: questo non è il mercato né consente all'operatore di fare una programmazione seria sul proprio business e sulla propria azienda.
  Allora è evidente che sulla pianificazione e il coordinamento occorre intervenire in termini complessivi, certo dando la priorità alla questione delle interferenze, in modo che si ristabilisca una normale relazione con i Paesi confinanti, ma anche si dia atto della volontà dell'Italia di risolvere questo problema.
  Esistono altri aspetti dell'incongruenza non segnalati, che spiegano anche la questione del canone delle frequenze, o perlomeno l'approccio. Nel regolamento per i contributi alle emittenti locali, il presupposto per accedere a tali contributi è di essere operatori di rete. Francamente, questo fatto – quest'anno l'abbiamo già tolto – è Pag. 11del tutto incomprensibile. La ratio dei contributi non sta nello svolgimento di un'attività commerciale o industriale del tutto legittima, ma che non si vede a che titolo debba avere contributi dallo Stato. L'emittente non prende contributi perché operatore di rete, altrimenti perché non dare contributi ai tessili di Prato e ai metalmeccanici di Piombino ? I contributi sono a tutela del pluralismo e del riconoscimento della funzione sociale dell'attività editoriale in senso proprio. Gli equivoci, in questa prima fase del passaggio al digitale, si sono riprodotti, perché abbiamo obbligato ciascuna emittente a essere operatore di rete e impedito una serie di processi virtuosi, cui il senatore Rossi faceva riferimento, che potevano anche autonomamente svilupparsi nelle regioni. Se parlate con le emittenti locali, una parte di queste svolge l'attività di operatore di rete perché costretta. Il business è invece nello svolgimento nell'attività editoriale. Sarebbe ben lieta di individuare un soggetto che si assume l'onere del trasporto, di verificare i PDV (punti di verifica), di fare la gestione e sollevandola dai costi.
  È un complesso di cose: gestione e saturazione dello spettro, non rispetto degli accordi di Ginevra, una verifica non così incisiva dei PDV del piano, un'impostazione nella regolazione del rapporto Stato/emittenti che si basava più sul ruolo degli operatori di rete che su quello dei fornitori di contenuti, come noi stessi non avessimo preso atto che il digitale creava due mercati separati, uno molto più piccolo – faccio ancora riferimento all'intervento di Vinicio Peluffo – e uno che è la dimensione vera e propria del business editoriale.
  In questo contesto, se AGCOM ritiene di dover deliberare, è chiaro che con questi parametri i riferimenti sono contraddittori e i criteri sono suscettibili delle valutazioni che sono state fatte, non per una volontà di AGCOM, per un retropensiero, per chissà quale losco intento, ma proprio perché, se non saniamo le contraddizioni che stanno alla base dell'operazione che è stata fatta, è difficile che i prossimi passi siano più lineari. Ci proponiamo, come ripeto, di trovare subito l'intervento sull'impostazione canone frequenze, di legare l'intervento previsto dalla delibera dell'AGCOM sulle frequenze interferenti, un ulteriore intervento dello Stato che consenta agli operatori non una sentenza senza alternative – spengere – ma un percorso che ridisegni, partendo da quelle che interferiscono, la questione dello spettro e della relazione tra operatori di rete, fornitori di contenuti, utilizzo completo dello spettro. Tutto questo deve avvenire favorendo – lo vedremo, ma esprimo la mia opinione – quel processo cui Rossi ha accennato, ossia l'idea della progressiva concentrazione di un ruolo di gestione delle frequenze degli operatori di rete, non necessariamente a un soggetto determinato in modo astratto uguale per tutte le regioni, e favorendo prima di tutto le indicazioni del mercato, e quindi degli stessi operatori. Bisogna aiutare ogni realtà, ogni area tecnica, ogni regione ad avere uno strumento che consenta, una volta che la compatibilizzazione è avvenuta, il rispetto di quei punti e di quei limiti posti. Questa è la condizione perché iscriviamo – questo è l'obiettivo – tutte le frequenze italiane a Ginevra e le facciamo riconoscere: questo è il punto sostanziale.
  Servono gli strumenti necessari, ma fatemi dire che bisogna essere consapevoli di un fatto. Capisco che ci sia sempre la domanda sui provvedimenti concreti. Siamo consapevoli e ci occupiamo, per quanto importante, di un certo settore, ma sappiamo che in questa fase l'attività del Governo, ma anche dei due rami del Parlamento, è fortemente concentrata sul confronto su una grande priorità nazionale. Non viviamo da un'altra parte e, per quanto sia importante la questione delle interferenze, troverei io stesso difficoltà ad articolare un pensiero che dimostri che è più importante affrontare le interferenze che non i problemi dell'economia nazionale o del lavoro. Ci rendiamo conto, quindi, della situazione, del contesto e del lavoro del Parlamento, ma nello stesso tempo abbiamo bisogno di mettere in campo un'iniziativa coerente fatta di atti legati l'uno all'altro, che a me sembra non siano scollegati dal senso delle riflessioni Pag. 12che ho ascoltato qui e che puntano a recuperare disarmonie, contraddizioni, iniziative che forse negli anni passati non sono state compiutamente rivolte a dare una disciplina organica. Rimane una disponibilità, che ribadisco ancora una volta, totale a confrontarci in questa sede su ognuno di questi passi e di queste scelte, in modo che vi sia legittimità dei giudizi, ma non manchi mai una completezza di conoscenza e di valutazione di tutti gli elementi.
  Nei prossimi giorni, formalizzerò l'iniziativa nei confronti di Rai, informerò il presidente, ragioneremo sulla questione del Contratto di servizio con la valutazione dello stato dei fatti. Devo dire che anche a me pare – ma si tratta di un'interlocuzione informale e quindi non voglio assolutizzarla – che a intervenire nella valutazione di Rai, più che il contributo dei 150 milioni di euro, è il rapporto tra gli obblighi che il Contratto di servizio introduce e il collegamento con la certezza di risorse future. Da questo punto di vista, capisco bene la domanda di Airola, se ho interpretato correttamente, che, se prendiamo ogni singolo aspetto, tutto può avere una spiegazione, ma il punto è: dove conduce questo percorso ? Questo è il senso. Confermo che conduce a individuare, nel rinnovo della convenzione, una relazione più stretta e, a mio avviso, indissolubile tra il mandato che diamo, specificando in cosa si traduce il servizio pubblico radiotelevisivo, e la certezza di risorse proporzionali che mettiamo a disposizione in modo pluriennale e non legate all'incertezza della raccolta del gettito. Conduce a individuare, nel momento del rinnovo, anche il momento in cui ridefiniamo meglio questa relazione. Non c’è nessun intento di penalizzare il servizio pubblico, di penalizzare la Rai, di intervenire con passi che indeboliscano la capacità operativa. Da un lato, devo dire che c’è per Rai, come per tutti, per la sanità regionale, per il Ministero della difesa, in questa fase, la necessità di concorrere all'obiettivo che il Governo ha individuato, e cioè, con l'impostazione della legge di stabilità, a una straordinaria diminuzione del carico fiscale e ad alcuni interventi che il Presidente del Consiglio ha ben spiegato. Come tutti gli altri soggetti della dimensione pubblica, Rai è chiamata a concorrere. Dall'altro lato, al di là di quest'aspetto, che non riguarda solo Rai, c’è la volontà di procedere a una riforma che leghi il lavoro, su cui per esempio la Commissione si è esercitata, nell'affinare lo strumento del mandato di servizio pubblico – penso a tutta la discussione interessantissima che c’è stata qui sul Contratto di servizio – con gli strumenti operativi e di certezza di risorse, a mio avviso su base pluriennale, fissati in convenzione. Penso che gli atti che produrremo e sui quali sarà interessante il confronto renderanno più visibile e percepibile l'obiettivo dell'azione di Governo.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Giacomelli e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.25.