XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 40 di Mercoledì 24 settembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione del direttore del TG1, Mario Orfeo:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 3 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 6 
Nesci Dalila (M5S)  ... 7 
Margiotta Salvatore  ... 8 
Ranucci Raffaele  ... 9 
Buemi Enrico  ... 9 
Gasparri Maurizio  ... 10 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 11 
Rossi Maurizio  ... 11 
Fico Roberto , Presidente ... 12 
Rossi Maurizio  ... 12 
Fico Roberto , Presidente ... 12 
Rossi Maurizio  ... 12 
Fico Roberto , Presidente ... 12 
Rossi Maurizio  ... 12 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 13 
Ciampolillo Lello  ... 15 
Cuomo Vincenzo  ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 16 
Cuomo Vincenzo  ... 16 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 17 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 19 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 19 
Fico Roberto , Presidente ... 19 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 19 
Fico Roberto , Presidente ... 19 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 19 
Fico Roberto , Presidente ... 19 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 19 
Buemi Enrico  ... 19 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 20 
Nesci Dalila (M5S)  ... 20 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 20 
Ciampolillo Lello  ... 20 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 20 
Ciampolillo Lello  ... 20 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 20 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 20 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 20 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 20 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 20 
Fico Roberto , Presidente ... 20 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 20 
Fico Roberto , Presidente ... 21 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 21 
Rossi Maurizio  ... 22 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 22 
Rossi Maurizio  ... 22 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 22 
Rossi Maurizio  ... 22 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 22 
Rossi Maurizio  ... 22 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 23 
Rossi Maurizio  ... 23 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 23 
Rossi Maurizio  ... 23 
Buemi Enrico  ... 23 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 23 
Rossi Maurizio  ... 23 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 23 
Rossi Maurizio  ... 23 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 23 
Ranucci Raffaele  ... 23 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 23 
Ranucci Raffaele  ... 23 
Orfeo Mario , direttore del TG1 ... 23 
Buemi Enrico  ... 23 
Fico Roberto , Presidente ... 23 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 23 
Fico Roberto , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  Comunico, altresì, che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Audizione del direttore del TG1, Mario Orfeo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore del TG1, Mario Orfeo, che ringrazio per aver raccolto l'invito della Commissione.
  Il dottor Orfeo riferirà sullo schema di regolamento in materia di tutela del pluralismo e di comunicazione politica e parità di accesso ai mezzi di informazione nei periodi non elettorali. Inoltre, sicuramente la Commissione intende conoscere le sue considerazioni sul progetto di riposizionamento dell'offerta informativa della RAI nel nuovo mercato digitale, piano che ieri ci è stato qui illustrato dal direttore generale Gubitosi.
  Do, quindi, la parola al dottor Orfeo, con riserva per me e i colleghi di rivolgergli al termine del suo intervento domande e richieste di chiarimenti.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Buongiorno a tutti. Ringrazio il Presidente e tutti gli onorevoli commissari per questo primo incontro con la Commissione, che per me rappresenta un'importante occasione per mettere in evidenza l'obiettivo comune di pervenire a un'informazione fondata sui tradizionali canoni del pluralismo, dell'obiettività, della completezza e dell'indipendenza nonché, particolare non trascurabile, nel rispetto del destinatario dell'informazione, dei diritti e della dignità della persona.
  Sono qui, come ricordava il Presidente Fico, per parlare di pluralismo, che costituisce il valore fondamentale e più esteso nell'ambito della disciplina costituzionale della manifestazione del pensiero, configurandosi come denominatore comune nel campo dei mezzi di informazione e delle comunicazioni di massa. Il pluralismo non è solo un dovere della RAI nei confronti della collettività, ma anche e soprattutto un elemento della sua identità di servizio pubblico. Non si tratta solo di garantire ai diversi soggetti e alle diversi idee di essere rappresentati, ma anche e soprattutto di assicurare al cittadino il diritto di essere compiutamente informato e di avere accesso ai mezzi di comunicazione, in modo da potersi fare un'idea propria sui fatti che raccontiamo. Credo, perciò, che ogni sforzo vada compiuto per informare in modo obiettivo, completo e pluralista, rappresentando tutte le componenti di una società democratica, se articolata, e per promuovere la cultura e la diversità di un Paese unito. Ritengo, altresì, che l'avvento del digitale sia un'opportunità per consentire ai cittadini di accedere a una gamma più ampia di contenuti. Credo che questa sia la strada più giusta per consolidare la missione del servizio pubblico e, di conseguenza, Pag. 4del nostro telegiornale che, come ben sapete, da poco ha completato il processo di digitalizzazione.
  A tal proposito, consentitemi una breve digressione. In un'epoca, che invero dura già da un po’, in cui della RAI sono sottolineati prevalentemente gli aspetti negativi e mai quelli di risanamento, crescita e sviluppo, dico con malcelato orgoglio che sono stato molto felice di aver avviato e portato a compimento con successo, grazie all'impegno di tutta la redazione, il processo di digitalizzazione del TG1, il primo telegiornale italiano che, come sapete sicuramente, considerato che la notizia più volte è stata rilanciata dagli altri mezzi di informazione e dai principali quotidiani italiani, nell'ultimo anno e mezzo ha invertito il trend degli ascolti, ritornando in terreno positivo, come non succedeva dal 2008, oltre sei anni, in un mercato generalista invece ancora in flessione. Sono orgoglioso dal punto di vista sia professionale sia umano perché, al di là delle capacità e dell'impegno della redazione – ripeto che il TG1 ha vissuto anni difficili, ma ha saputo esprimere grandi valori sia professionali sia umani, registrando una grande armonia all'interno della redazione, il che ha consentito di raggiungere questi risultati, per cui il merito va ascritto soprattutto ai miei colleghi, molto prima che a me – ho potuto constatare l'alto grado di preparazione di tutte le componenti aziendali, dall'ingegneria alla produzione, dal montaggio alla regia, impegnati in questo processo realizzato in tempi rapidissimi e che ha colmato un gap tecnologico e strutturale che non sarebbe stato più sostenibile per il buon nome della RAI.
  Tornando al tema del pluralismo, prima di esprimere, spero motivandola in maniera esauriente, la mia opinione, voglio ricordare due episodi, dal momento che l'esperienza quasi sempre aiuta più della teoria a comprendere taluni fenomeni.
  Il primo riguarda le ultime elezioni. Come in ogni occasione, anche la sera del voto europeo dello scorso mese di maggio, il TG1 ha organizzato, insieme a Porta a Porta, uno speciale sui risultati elettorali. Non fidandoci più dei sondaggi, anche questa volta molto lontani dal risultato reale, sia pure indicativi di una tendenza per quanto riguarda il partito che ha guadagnato più consensi, abbiamo impiegato buona parte dell'attesa delle prime proiezioni significative discutendo di come l'informazione radiotelevisiva avesse seguìto la campagna elettorale. Davanti alle mie rimostranze e a quelle del conduttore, Bruno Vespa, tutti i politici, dico tutti, hanno convenuto, pur in un rimpallo di responsabilità, che la legge sulla par condicio è ormai superata.
  Il secondo episodio che mi piace ricordare risale alla mia prima esperienza come direttore di un telegiornale, in questo caso del TG2, che ho diretto dall'agosto 2009 al marzo 2011, quando fui – passatemi l'espressione, brutta ma molto in voga – attenzionato per un eccesso di presenza di un partito sul mio telegiornale secondo l'Osservatorio di Pavia. Considerato che sono stato sempre molto attento all'equilibrio e alla rappresentanza politica, tanto da non ricevere mai, pure in fasi successive, alcun richiamo dell'Agcom, nemmeno in due campagne elettorali così complesse come quella delle politiche dell'anno scorso e quella delle europee di quest'anno, potete immaginare la sorpresa. Ebbene, la sovraesposizione di quel partito non era dovuta a un cattivo modo di fare informazione, privilegiando un partito rispetto a un altro nel dibattito polemico sui temi tradizionali delle riforme e dell'economia, ma al fatto che le vicende legate alla cronaca, in particolare giudiziaria, di un presidente di regione di quel partito fossero conteggiate in un ambito del tutto diverso. L'episodio si è nuovamente verificato anche per altri partiti ed esponenti politici.
  Ecco perché, visto che l'argomento odierno riguarda il pluralismo sulla base dello schema di regolamento proposto dall'Agcom, voglio esprimere subito con franchezza, nella speranza di essere chiaro e convincente, la mia contrarietà a tale ipotesi di regolamento al di fuori del periodo elettorale. Voglio farlo adducendo motivazioni sia formali sia sostanziali.Pag. 5
  Illustrerò i motivi formali prima di tutto. L'articolo 21 della Costituzione, come è noto, recita che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Ciò evidenzia come nel periodo non elettorale non abbia ragion d'essere una regolamentazione in tal senso, in quanto una compressione di tale principio è giustificabile solo nei periodi interessati da consultazioni elettorali, così come già previsto dalla legge 22 febbraio 2000, n. 28. In secondo luogo, peraltro, ritengo opportuno ricordare la necessità che ci sia un intervento coordinato tra questa Commissione e l'Agcom al fine di evitare asimmetrie con i diversi operatori, perché non c’è solo la RAI.
  Dal punto di vista sostanziale, ritengo sbagliato vincolare l'informazione a meri parametri prettamente quantitativi. Eventualmente, bisognerebbe introdurre criteri qualitativi quali strumenti per valutare la capacità dell'informazione, al fine di rispettare i criteri del pluralismo, di cui ho parlato precedentemente. Del resto, non dico nulla di nuovo, dal momento che lo ha affermato anche il TAR per dare ragione alla RAI in seguito a due sanzioni dell'AGCOM riferite alle trasmissioni Che tempo che fa e In mezz'ora, andate in onda in un periodo non elettorale. Cito testualmente: «Agcom ha qui applicato a un programma di informazione le regole e i canoni, di tipo quantitativo, stabiliti dall'ordinamento per i programmi di comunicazione politica nel periodo elettorale», mentre «la libertà di informare include anche quella di stabilire, secondo esperienza ed a proprio rischio professionali, a quali informazioni politico-sociali l'opinione pubblica sia maggiormente interessata in un determinato momento», per cui bisogna «verificare le modalità di conduzione del programma con riferimento a criteri qualitativi, verificando quale trattamento sia stato riservato ai politici interessati».
  Su questo tema è intervenuto, proprio in questa Commissione, il presidente dell'Agcom, Angelo Marcello Cardani, il quale ha ribadito la difficoltà di effettuare valutazioni qualitative sul pluralismo e l'informazione, evidenziando diverse criticità. Sulla questione il presidente Cardani ha sottolineato che, alla luce dell'ampliamento dei canali derivanti dall'uso della tecnologia digitale, il ruolo assunto da Internet concorre ad assicurare una più effettiva partecipazione di tutti i soggetti politici all'informazione politica, ma l'esigenza di assicurare un'efficace tutela del pluralismo resta insuperabile, ancorché essa si atteggi in maniera diversa. Proprio per questo, il presidente Cardani – torno all'episodio di Porta a Porta – ha auspicato una riforma della legge 22 febbraio 2000, n. 28, sulla par condicio, adeguandola al nuovo sistema politico e a un mondo dei media in profonda evoluzione, che vede la compresenza di emittenti generaliste, canali tematici, canali all news e, non da ultimo, Internet, il Web, che al momento è fuori dal perimetro di tale regolamentazione. Inoltre, Cardani ha sottolineato come la comunicazione politica, cuore pulsante della legge sulla par condicio, rappresenti ormai uno strumento di informazione residuale. I dati di ascolto delle recenti elezioni europee evidenziano una scarsa attenzione del pubblico verso questa tipologia di programmi. Di contro, invece, è cresciuta – sottolinea Cardani – l'attenzione del pubblico per i telegiornali e i programmi di approfondimento che, prendendo le mosse da fatti di attualità, si esplicano attraverso format di vario tipo, che attraggono l'interesse del pubblico per il tipo di confronto proposto.
  Sono pienamente d'accordo con Cardani anche quando penso al caso emblematico dei sondaggi. Come ben noto, la legge n. 28 prevede la sospensione della pubblicazione dei sondaggi 15 giorni prima del voto ma, come tutti sanno, i siti Internet pubblicano in modo mascherato i sondaggi fino a pochi istanti prima delle elezioni, facendo riferimento a corse di cavalli o a conclavi di cardinali. Sono certo che siate andati a leggere questi sondaggi. Inoltre, anche alcuni quotidiani hanno pubblicato, il giorno immediatamente prima della vigilia, le ultime rivelazioni dei sondaggisti.Pag. 6
  Gentile Presidente e gentili commissari, mi pare di aver esposto in maniera sintetica ma chiara il mio pensiero. Vi ringrazio nuovamente per l'occasione che mi avete offerto e per l'iniziativa di questo ciclo di audizioni per porre l'attenzione su un tema così importante. Resto a vostra completa disposizione e vi invito ad attuare un lavoro efficace per dotarci di un quadro normativo e regolamentare più corrispondente all'esigenza attuale, al fine di raggiungere l'obiettivo comune di pervenire a un'informazione fondata sui tradizionali canoni del pluralismo, dell'obiettività, della completezza e dell'indipendenza, nel rispetto, come ripeto, del destinatario dell'informazione, dei diritti e della dignità della persona.
  Credo che l'obiettivo sia comune a noi e voi, quindi lavorando insieme si può raggiungere presto e meglio.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Chiedo da subito scusa al direttore, al Presidente e ai colleghi se non riuscirò a rimanere per tutto il tempo della durata di quest'audizione ma, come spesso capita, le nostre riunioni sono in concomitanza con quelle delle Commissioni permanenti e in questo caso sono relatore di altro provvedimento.
  Ringrazio il direttore Orfeo per la comunicazione e per la nettezza con cui ha risposto ai quesiti. Credo che questo ci aiuti anche nella costruzione successiva delle riflessioni intorno al parere rispetto alla delibera dell'Agcom.
  Un primo punto proposto dal direttore Orfeo è ritornato anche nella discussione di ieri sera ed è oggetto di confronto di questa Commissione da tempo anche in relazione alla discussione sul Contratto di servizio, ossia la necessità di ragionare in termini di pluralismo in maniera più ampia rispetto a quello a cui siamo abituati, cioè essenzialmente legato al conteggio dei dati dell'Osservatorio di Pavia, nella dinamica maggioranza e opposizione e in quella della presenza dei singoli partiti. Sappiamo tutti quanto sia importante il monitoraggio rispetto a questo dato. Credo che stia maturando la consapevolezza che di per sé questo conteggio e quest'attenzione non risolvano il pluralismo inteso come pluralismo della complessità della società italiana. Credo che questo sia un nodo che questa discussione ci consente di riprendere e credo che la riflessione debba dare il contributo per compiere un passo successivo in termini di questa riflessione.
  La seconda affermazione, anche questa netta, del direttore Orfeo riguarda la legge sulla par condicio. Faceva riferimento all'esempio concreto di una discussione in occasione di un confronto televisivo, dove c'era condivisione rispetto al fatto che quella sia una legge superata. Anch'io ho seguito il tipo di discussione maturata in campagna elettorale. Peraltro, di solito una legge la si applica e basta, mentre in campagna elettorale è iniziato un dibattito rispetto a una legge che doveva essere applicata in quel periodo. Credo che sia una riflessione, come è stato più volte sollecitato anche da Cardani, da aprire necessariamente e che debba essere combinata, collegata e coordinata con una riflessione rispetto al complesso della normativa sul sistema delle telecomunicazioni e sulla necessità di una normativa più stringente sul conflitto di interessi. Diversamente, interverremo su un solo aspetto, con il rischio di riproporre gli squilibri all'origine di questa legge. Potremo ragionare in termini consuntivi anche sull'efficacia dei risultati raggiunti, ma questa discussione non si può slegare da una discussione rispetto al conflitto d'interessi, rispetto a cui è evidente il nostro giudizio sulla legge Gasparri. Qui ci sono posizioni diametralmente opposte, anche queste riproposte ieri sera. Per questo, e anche in questo caso il direttore è stato molto netto, diciamo di no all'estensione fuori dal periodo elettorale. Su questo siamo chiamati a riflettere e discutere su sollecitazione dell'Agcom, quindi credo che questo sia un punto aperto.
  Infine, il direttore faceva riferimento ai sondaggi. Anch'io credo che questa sia una discussione da aprire. Credo che un po’ tutti siamo andati a sbirciare quelle corse dei cavalli o altrimenti definite. Penso che sia matura non solo la riflessione, ma Pag. 7anche che in questo Paese si possa avere contezza dei rilevamenti. Si pensi, ultimo esempio, al referendum in Scozia: fino all'ultimo giorno, c'era l'andamento costante e non credo che questo abbia segnato il risultato. Credo quindi che questa sia una sollecitazione da recepire e rilanciare.
  Anch'io, come il Presidente, colgo l'occasione – poi non avrò tempo di ascoltare la risposta, che leggerò con attenzione nel resoconto – per conoscere l'opinione del direttore Orfeo rispetto al progetto che ci è stato presentato ieri sera dal direttore generale, di cui immagino sia a conoscenza anche del direttore Orfeo. Vorrei una sua opinione in generale e una opinione specifica. Ieri sera, nella discussione è tornata una serie di domande, una delle quali sulla ragione di pensare a una fase intermedia con due newsroom per poi arrivare a un meccanismo di news-gathering sul modello BBC, quindi con un'unica newsroom. Anche il direttore pensa che sia necessaria questa fase intermedia ? Ritiene che nel modello proposto siano omogenee le due newsroom, laddove una è il TG1, da lei diretto, insieme al TG2, e l'altra è il TG3 con il canale all news e la TGR, o invece non avrebbero più senso i tre telegiornali nazionali insieme ?

  DALILA NESCI. Ringrazio il direttore Orfeo per il suo intervento. Visto che è qui, vorrei discutere sul modo di trattare le informazioni da parte del TG1. Credo che ormai il direttore ci conosca bene. Non ci piace affatto l'impronta politica nelle notizie, specie nel servizio pubblico.
  Parto da una nostra recente interrogazione in vigilanza RAI, ancora in corso, sulle dichiarazioni assolutamente imboccate al deputato Alessandro Di Battista circa l'assassinio di James Foley e la guerra contro l'ISIS riportate lo scorso 20 agosto nel TG1 delle ore 20.00. L'episodio riguarda affermazioni che il mezzo busto Matano ha attribuito arbitrariamente al deputato. Questo stesso atteggiamento non veritiero è stato tenuto anche nel servizio della giornalista Claudia Mazzola su un videomessaggio di Beppe Grillo circa la crisi economica e i drammi attuali del Paese. Di 11 minuti, la Mazzola riprende soltanto 15 secondi, riportando esclusivamente le parole rivolte al Presidente del Consiglio Renzi, oscurando il resto e sintetizzando in modo capzioso gli 11 minuti di videomessaggio conditi di insulti al Premier. L'atteggiamento del suo giornale, a nostro avviso, è stato scorretto e di parte.
  Il mese scorso, abbiamo presentato un'interrogazione su come il TG1 ha raccontato anche il disegno di legge sulla riforma costituzionale. Non è stato dato spazio alle soluzioni alternative proposte dalle opposizioni nel corso della discussione e delle votazioni della riforma. Inoltre, non sono mai state illustrate nemmeno le controproposte e molto superficialmente è stata riassunta la riforma dello stesso Governo Renzi. Sono state ricordate solo dichiarazioni tipiche della dialettica politica.
  Vorrei sapere a questo punto, direttore Orfeo, come i cittadini possano rendersi conto di quello che accade davvero nelle aule e nelle Commissioni parlamentari se raccontate così come ho detto poco fa, citando soltanto alcuni degli esempi, e come quanto meno i 9 milioni di cittadini che rappresenta il Movimento 5 Stelle possano riuscire a capire cosa faccia il nostro movimento in quelle aule.
  Ancora, cito i fatti di Gaza. È stato dato meno spazio di quanto la strage avrebbe drammaticamente meritato. Anche su questo c’è stata un'interrogazione e una risposta.
  Questi sono alcuni dei motivi per cui abbiamo chiesto le sue dimissioni. Il Movimento 5 Stelle vuole un'informazione degna di questo nome che sia, come ormai ripetiamo da oltre un anno e mezzo, obiettiva e completa. Crediamo che, con lei in particolare, questo non ci sia stato e, visti i presupposti, non crediamo che ci sarà in futuro.
  Vorrei anche una sua riflessione sui dati dell'Osservatorio di Pavia di luglio e agosto in cui il TG1 è proprio quello che eccede di più rispetto ad altri nei tempi di visibilità concessi al Governo.

Pag. 8

  SALVATORE MARGIOTTA. Intervengo molto brevemente perché molte cose sono già state dette, ma l'occasione della presenza del direttore del TG1 è ghiotta per porre alcune questioni.
  Innanzitutto, non intendo polemizzare con la collega, che ha posto legittimamente, soprattutto in questa sede, alcune questioni di un movimento che evidentemente si sente non sufficientemente e oggettivamente rappresentato dal servizio pubblico. Francamente, trovai – feci anche un comunicato all'epoca – assolutamente eccessivi i toni con cui il Movimento 5 Stelle indicò, mettendo quasi al bando la giornalista, un servizio del TG1, come trovo inaccettabile che si chiedano le dimissioni del direttore del TG1 anche in una sede istituzionale come questa per non si sa bene quale lesa maestà. Comunque, non sono qui per fare il difensore del direttore, che ovviamente troverà parole non per giustificare, perché non ha da giustificare, ma per illustrare il suo operato.
  Anch'io sono d'accordo sulle cose dette. La verità è che la par condicio, al netto di quanto diceva l'onorevole Peluffo sul conflitto d'interessi, è una legge che inizia a diventare per certi aspetti quasi paradossale, si presta a episodi persino suggestivi. Tutti ricordano il Presidente Renzi che non poteva andare a giocare la partita di pallone; un dirigente mi ha raccontato che una volta un candidato durante la campagna elettorale aveva avuto un lutto e durante le riprese del funerale del papà non bisognava riprendere la persona che aveva avuto il lutto. Succedono cose al limite del paradosso, per cui non c’è dubbio che sia assolutamente da rivedere. Se bisogna rivedere una legge che vale in periodo elettorale, figuriamoci come possa essere mai effettivamente normato un periodo non elettorale, con quale bilancino si possa giudicare il lavoro dei giornalisti e dei direttori. Certo, tutti chiediamo onestà intellettuale, pluralismo reale e oggettività nel dare la risposta, mancanza di faziosità, ma credo che molto al di là di questo non si riuscirà ad andare, non sono cose che si riescono a normare e codificare. Non bastano i minuti né criteri di altra natura.
  Mi collego, però, a quest'aspetto per affrontare alcuni temi emersi nella lunghissima audizione di ieri, credo la più lunga da quando teniamo questa Commissione di vigilanza, finita oltre la mezzanotte, nella quale peraltro il direttore Gubitosi più volte ha avuto parole di elogio nei confronti del TG1, soprattutto in quanto ad ascolti ottenuti, oltre che al lavoro della digitalizzazione, a cui ha fatto riferimento il direttore.
  Un altro aspetto del pluralismo, a mio giudizio, ieri il direttore ha posto bene e che, invece, vedo trattato in maniera non del tutto corretta dagli stessi giornalisti, non solo del TG1, ma in generale della RAI. Il pluralismo non può essere affidato alla suddivisione di reti «dedicate» ai singoli partiti, come è stato negli ultimi anni in virtù di una riforma che aveva il taglio del tempo in cui è venuta fuori, ma si vorrebbe che nell'approccio giornalistico di ciascun operatore dell'informazione ci fosse garanzia per tutti.
  Questa è un po’ la scommessa del piano che ci è stato presentato ieri e che, a mio parere, contiene una serie di elementi da superare, di pecche e criticità, ma che complessivamente risponde ad alcune esigenze di efficienza e di ricerca del nuovo, anche se ieri molti di noi hanno sottolineato – ricordo bene anche l'intervento di Bonaccorsi – che appare molto di più una sistemazione dell'esistente che non una proiezione del nuovo.
  Al riguardo, le porrò alcune domande. Una è stata già posta dall'onorevole Peluffo, ma la ripeto. Sembra abbastanza evidente che, se si compisse uno sforzo di accorpamento, sarebbe meglio farlo fino in fondo e andare a una sola news room. Tenerne due rischia di aprire una dinamica quasi inevitabile Governo-opposizione, con una news room assegnata all'area che governa e l'altra all'opposizione. Non dovrebbe essere così, naturalmente, ma conosciamo tutti noi stessi e il sistema politico italiano.
  Soprattutto, come diceva già l'onorevole Peluffo, contano i criteri di accorpamento. Pag. 9L'ho chiesto ieri al direttore e nella sua replica finale – era oltre la mezzanotte e il presidente ha sollecitato la risposta a questa domanda – non mi è risultato del tutto chiaro se effettivamente sia questa la giusta ricetta, ovvero se gli accorpamenti debbano essere questi o non altri. Al riguardo, il parere del direttore del TG1, come hanno scritto i suoi giornalisti in un documento piuttosto duro, è il brand più forte, che non può indebolirsi, per cui il parere del direttore del brand più forte che non può indebolirsi è particolarmente importante, anche se poi nel disegno, anziché indebolirsi, si rafforza, ma questa è una mia opinione personale.
  Vengo a una seconda questione minimale, che anch'io voglio porre un po’ fuori da questi argomenti. Ha suscitato qualche perplessità la decisione della chiusura della rubrica TG1 Storia. Può dirci, pur essendo un po’ fuori argomento, ma non del tutto – le rubriche dovrebbero essere punti di eccellenza del TG1 – i motivi che hanno portato a questa scelta ?

  RAFFAELE RANUCCI. Credo che debba essere riconosciuto personalmente al direttore, sia quando è stato direttore del TG2 sia attualmente, una ricerca dell'equilibrio nei suoi telegiornali, certamente tranne per la sua squadra preferita, il Milan. Lì non riesce a essere equilibrato. Credo che la battuta dovesse essere fatta per motivi storici.
  Al di là delle battute, credo che il direttore abbia enunciato con grande chiarezza, come ha detto anche l'onorevole Peluffo, la sua posizione e credo che questo le faccia onore e sia condivisibile in moltissimi punti.
  Desidero porle alcune domande molto secche. Ad esempio, sulla valutazione qualitativa e non quantitativa concordo. Le chiedo, però, se ha dei parametri da suggerirci sulla valutazione qualitativa rispetto alla comunicazione politica, ma non solo. Il TG1, infatti, come tutti gli altri telegiornali, diventa a un certo punto anche un contenitore che non parla solo di politica, ma anche di cultura.
  Per quanto riguarda il progetto di ristrutturazione delle news, abbiamo parlato di modello applicabile della BBC, ma è applicabile a stato di fatto alla RAI ? È un modello che riesce a essere metabolizzato dalla RAI e dalle varie testate giornalistiche ed è immediatamente applicabile ? Ha necessità di essere digerito all'interno delle varie strutture ?
  Per quello che riguarda la par condicio, sono assolutamente d'accordo: non si possono avere fuori del periodo elettorale dei pesi. Credo che vada molto lasciato alle sensibilità, agli equilibri, poi, eventualmente, si può intervenire. Oltretutto, ha ragione il direttore, la comunicazione politica ormai è residuale. È seguita solo nei telegiornali, dove serve grande equilibrio, e negli approfondimenti, che ormai abbiamo visto non avere più nemmeno loro quel traino. Neanche più gli approfondimenti nelle ultime ore sono più così: cosa traina ? Mi lascia un po’ perplesso il fatto che una trasmissione segna l'11 per cento la prima volta che viene mandata in onda perché c’è un comico, perché c’è Benigni. Se in una non c’è, mentre c’è un comico dall'altra parte, una cala e l'altra sale. È chiaro, allora, che c’è una connessione tra lo spettacolo e la comunicazione politica anche negli approfondimenti. Vorrei sapere cosa pensa il direttore su questi punti.

  ENRICO BUEMI. Concordo con le posizioni che ha espresso il direttore, considerato che, almeno dal mio punto di vista, il merito deve prevalere sempre sulla quantità. Tuttavia, il merito, quindi il contenuto, deve essere sostenuto in particolare, poi dirò la ragione, nel settore della comunicazione dalla professionalità. Come sempre accade, infatti, se un medico sbaglia dose o farmaco, fa star male il paziente. Nella comunicazione, se il giornalista sbaglia la dose, cioè la quantità, ma anche il contenuto, nel senso che lo altera per mancanza di professionalità o per volontà di strumentalizzazione dei fatti, è evidente che fa star male la democrazia.
  Mettendo da parte la questione dei vincoli, dei quali francamente non sono Pag. 10stato mai un sostenitore neanche quando la mia forza politica avevi altri pesi, lo sostengo ancora di più oggi quando vedo che l'elemento quantitativo non tutela la pluralità dell'informazione. Citerò un caso, di cui non so se sia entrato nei conteggi particolarmente raffinati.
  È il caso di cui abbiamo parlato nella corrispondenza che abbiamo avuto, direttore, e la ringrazio per la considerazione e la sollecitudine con cui ha risposto al mio quesito. A citare all'interno di una notizia fatti veritieri, ma riguardanti periodi diversi, non mettendoli in relazione con altre situazioni sempre facenti parti della notizia, si fa un'operazione di alterazione del contenuto dell'informazione. Ora, se i colleghi vogliono posso entrare nel dettaglio, ma non mi piace neanche sviluppare più di tanto la polemica su un argomento specifico, che voglio citare come elemento che deve aiutarci a trovare una soluzione a questi problemi: solo la mancanza di volontà strumentale e l'alta professionalità evitano questi errori. La notizia deve essere data in modo che soggetti e destinatari possano maturare in autonomia e con equilibrio, perché l'elemento equilibrio è un supporto del giudizio sereno, quando attiene a un fatto. Ora, questi elementi non possono venire a mancare o essere aggiunti, ma non tenendo conto di certe relazioni. Di un soggetto sottoposto a procedura penale, ad esempio, componente di un'istituzione pubblica, è citata in una notizia di rinvio a giudizio con altri soggetti, sempre politici. Per quel soggetto si richiama un pezzo della sua storia non attuale, di appartenenza a una forza politica, mentre per gli altri otto soggetti della notizia protagonisti della vicenda giudiziaria non è citata la loro appartenenza, né quella attuale, né quella storica. È evidente che in quel caso c’è stato non un tentativo, ma un'azione tendente a creare un danno alla storia politica di quel soggetto o alla forza politica cui attualmente appartiene. Attualmente, quel soggetto non appartiene alla mia storia politica, lo cito come caso di scuola. Rispetto a queste cose, ribadisco l'elemento della professionalità e l'elemento sostanziale, considerando la buona fede eventuale di chi fa la comunicazione.
  La seconda questione è quella del trattamento degli argomenti. Sappiamo perfettamente che nell'azione mediatica siamo tutti in grado di far diventare attuali argomenti che non lo sono e oscurarne altri che, invece, sono di attualità in base a una nostra valutazione. Il servizio pubblico deve avere la capacità di non prestarsi a strumentalizzazione alcuna. Effettivamente, il compito arduo del comunicatore pubblico è proprio questo: non assumere, seppur avendo lui stesso una sua visione politica, atteggiamenti a supporto della sua visione. Torno a ripeter che è come il medico che, nel momento in cui tratta la situazione del malato, che sia suo figlio o un suo nemico, deve trovare la terapia e il farmaco giusti.

  MAURIZIO GASPARRI. Sulla questione della par condicio posta dal direttore, più che chiedere a lui la soluzione, potremmo constatare che già ha posto il problema, evidentemente sulla base di un'esperienza lunga, sia prima al TG2 sia al TG1, tra l'altro una testata particolarmente all'attenzione di tutti. Non entro nel merito di alcune considerazioni, perché la verità dei fatti riguardanti affermazioni deliranti che abbiamo sentito qualche settimana fa, è tale che non c’è bisogno di aggiungere nulla. Credo che il problema sia quello nostro, siamo noi legislatori.
  Per molto tempo, la legge sulla par condicio è stato un feticcio, un moloc. Nella fase non elettorale, si fanno aperture alla riflessione, come abbiamo visto anche oggi da parte di vari colleghi, poi durante le elezioni diventa intoccabile.
  Dico chiaramente che il meccanismo in cui tutti devono avere, in campagna elettorale, lo stesso spazio è demenziale. Nel passato, il Partito Umanista – non so se qualcuno lo ricordi – aveva diritto agli stessi spazi, nei talk show e in TV, e poi non prendeva voti. Delle due, l'una: è un mondo disumano o il Partito Umanista era poco credibile. Non si è ancora capito. Credo che dobbiamo agire, quindi che la sua riflessione debba essere considerata Pag. 11una ragione di sprone per tutti noi, proprio per evitare questa parità nel periodo elettorale, che mi pare abbastanza assurda di fronte alla moltiplicazione di proposte pretestuose.
  Sul resto, invece, anche se per gli orari oggi sono un po’ in difficoltà con gli altri lavori di Commissione, quindi probabilmente leggerò anch'io sul resoconto, voglio comunque anch'io conoscere una riflessione sul progetto. Lei ha diretto il TG2 e dirige il TG1, quindi all'interno dell'azienda ha un'esperienza forse maggiore di quelli che fanno il piano, ha vissuto e vive in prima linea la produzione quotidiana dell'informazione, pur comprendendo il rispetto delle valutazione (prossima amministrazione, vertici dell'azienda, il fatto che ognuno ha un editore).
  Capisco che chi dirige debba più o meno rispettare le decisioni. Siccome, però, mi pare che siamo ancora de iure condendo, per cui l'azienda si confronterà con sindacati, direzione e con la stessa Commissione che ne ha parlato ieri sera a lungo con l'impegno di tornare poi a pronunciarsi, una sua opinione non è irrilevante, pur comprendendo che debba rispettare gli orientamenti.

  PINO PISICCHIO. Anch'io devo esprimere una larga condivisione delle considerazioni che ci ha consegnato. Concordo con quanto diceva adesso Gasparri che, sostanzialmente, alcune stimolanti questioni diventino impegno per noi. La rilettura delle modalità applicative del principio costituzionale del pluralismo dell'informazione, ad esempio, è evidente: al giornalista si può chiedere di restare nei limiti della correttezza, dell'etica professionale, delle regole della buona fede, ma la regola non può essere autogenerata.
  Dobbiamo rileggere, certo fuori dallo schema dell’Ancien Régime, che quantomeno però qualche certezza dava, ossia quando esisteva la stagione delle appartenenze, schema ormai in disuso da decenni, una modalità con cui questo pluralismo possa declinarsi. Ho un'idea anche con riferimento alla par condicio. Cominciamo ad abolire i talk show a contenuto politico e già ci siamo portati avanti col lavoro, così non avremo grandi problemi.
  Il telegiornale, in modo particolare l'informazione che ha come responsabile il direttore Orfeo, mi pare non possa essere oggetto di censure sotto nessun punto di vista, perché a questi valori, peraltro, testimonia concretamente di aderire e anche con un'attenzione e uno share veramente di grandissimo rispetto.
  Considerato il fatto che in questo Paese, secondo dati Agcom, l'80 per cento degli italiani attinge la propria informazione dal telegiornale, mentre il 40 per cento preferisce la carta stampata e il 42 – non arriviamo al 120, ma qualcuno fa una cosa e l'altra, naturalmente – fa riferimento alla rete, mi sembra evidente che c’è un carico di responsabilità. Poi chi è responsabile anche dell'informazione della rete ammiraglia avrà un di più di responsabilità.
  Non devo porre molte domande, ma una sola, avendo i colleghi intervenuti già sviluppato una parte del ragionamento di questa domanda. Anch'io ho ancora nella memoria recente, visto che abbiamo passato ieri qualche piacevole ora in conversazione con il direttore Gubitosi, le parole pronunciate con riferimento al piano di revisione proposto dal direttore generale.
  Direttore Orfeo, la semplificazione che si sta allestendo può essere considerata, secondo la sua valutazione, un professionista esperto e che sicuramente può fare meglio di noi, un accrescimento o una sottrazione di pluralismo e una sottrazione di valore, con riferimento anche alla possibilità complessiva che l'informazione RAI oggi realizza in termini di share ? Una sua valutazione sarebbe per noi di aiuto nel completare la nostra valutazione anche ai fini della risoluzione che ci appresteremo a realizzare.

  MAURIZIO ROSSI. Innanzitutto, desidero contestare quanto detto ieri dal direttore Gubitosi, visto che non ho potuto replicare, che ha sostenuto di non poter fornire alcun dato relativo a Rai Way per non cadere in aggiotaggio. Mi sono informato: ciò che attiene al contratto d'affitto Pag. 12tra RAI e Rai Way non rientra in alcun modo tra notizie riservate. Sono dati ufficiali. I contratti d'affitto devono essere ufficiali, chiari e trasparenti. Ho chiesto solamente a quanto ammontasse il contratto d'affitto in essere tra RAI e Rai Way e come sia stato cambiato quest'estate. Avevo fatto perfino un'interrogazione, chiedendo se sarebbe stato cambiato e a quali condizioni.
  Dire quindi quanto si paga sino a luglio e quanto pagheranno ad agosto con il nuovo contratto non è un segreto, riguarda RAI, di cui siamo commissari essendo un'azienda pubblica, non privata. Non abbiamo chiesto nulla di particolare: è grave che si continui con quest'atteggiamento irriguardoso nei confronti di noi commissari e della nostra Commissione, che vuol solo conoscere dei dati per poter esprimere dei pareri.
  Ciò premesso, passiamo al discorso del TG1.

  PRESIDENTE. Per inciso, le dico che dalla Commissione, non tanto in base alla risposta di ieri sera, ma a quelle che pervengono su nostri quesiti e segnalazioni, partirà una lettera, che è stata discussa in Ufficio di Presidenza, diretta a richiedere al direttore generale e alla presidente Tarantola risposte molto più puntuali, esaustive, che non aggirino il senso stesso dell'interrogazione.

  MAURIZIO ROSSI. Tengo ad aggiungere che non abbiamo nessun diritto di entrare nelle valutazioni di Consob, che concerne la quotazione di Rai Way, ma abbiamo il dovere di sapere che se Rai ha firmato un contratto che la impegna per 2,4 miliardi di euro in 14 anni, questo influirà in modo incredibile sul futuro della Rai e di tutto il resto !

  PRESIDENTE. Lei può procedere anche a formulare un nuovo quesito e aspetteremo la risposta.

  MAURIZIO ROSSI. Grazie. La precedente interrogazione risale a luglio. Poi magari taglieranno ai telegiornali per pagare i canoni d'affitto a Rai Way.

  PRESIDENTE. Rossi e Gasparri, la Commissione ha anche il potere di riconvocare Gubitosi anche solo sulla questione di Rai Way, che è molto importante. Se l'Ufficio di Presidenza, convocato per giovedì, fissa in calendario anche una questione del genere, possiamo anche riconvocare Gubitosi.
  Andiamo avanti sull'argomento di oggi.

  MAURIZIO ROSSI. Direttore Orfeo, tengo a precisare che apprezzo il lavoro che svolgete, che svolge lei, ma diciamo chiaramente che il TG1 ha ottimi risultati di share nei confronti di altre testate con quante persone ? Sono abituato a fare sempre paralleli tra share, costi, ricavi e risultati. Conosce il costo esatto del suo telegiornale ? Quanti giornalisti, tecnici, esterni, dirigenti dei 350 dirigenti giornalisti contro i dieci di Sky gravano sul TG1 ? Vorrei avere dati concreti per capire e quantificare gli altri costi generali che devono essere valutati anche sul TG1. Vorrei capire quanto costa un'edizione del TG1 all'anno. Dovremmo valutare, inoltre, con quante persone sono prodotti tutti gli altri TG nazionali delle altre testate e un rapporto share/costi.
  Non possiamo dimenticare che, mentre tutti i mezzi d'informazione stanno tagliando in modo pesantissimo, dal 15 al 30 per cento per un calo pesante degli introiti, RAI non deve a oggi fare questa valutazione e continua con i costi di prima, se non maggiori se consideriamo gli ingenti investimenti in digitalizzazione degli studi, ammortamenti che devono essere calcolati rispetto al prodotto realizzato. È certo da fare, ma il modo è esagerato, come è stata la digitalizzazione. I costi, che forse non conosciamo ancora nel dettaglio, ma che sono stati calcolati su determinati studi, sembrano un po’ più alti e notevolmente più alti magari di altri concorrenti.
  Dobbiamo essere sinceri: lo share aumenta perché calano gli altri, che non sono servizio pubblico, e quindi non vedono e non hanno l'introito del canone. I numeri assoluti del TG1 sono diminuiti negli anni, come sono diminuiti nel mondo Pag. 13della televisione. Lo share si calcola sulla proporzione rispetto agli altri concorrenti.
  Ritiene giusto pensare a più news room ? Per i prossimi dieci anni, in un piano della RAI, in una ristrutturazione, perché non osare veramente – secondo me, i soldi tra poco non ci saranno più per nessuno, neanche per la RAI – un'unica redazione, semmai con sotto-redazioni, che prenda tutto il materiale e lo traduca in un linguaggio adatto a Web e social network ? Oltretutto, se calato il numero assoluto di ascoltatori dei telegiornali negli anni, molto si è trasferito anche sulla parte web, dove invece la RAI è una corazzata che, se mettesse tutto insieme e traducesse tutto quello che fa veramente sul web, non otterrebbe risultati così deludenti della parte web, che ha costi esagerati e risultati pessimi. Conta il rapporto tra il risultato e il costo che si sta sostenendo per fare dei siti.
  Personalmente, sono molto contrario al progetto Rai News, che ad esempio è forse uno dei prodotti che ha un rapporto costo/share più disastroso. Sarebbe interessante entrarci e credo che sarebbe giusto avere un'unica newsroom, sotto la quale ci fosse una sezione locale, che magari valorizzi i prodotti locali anche a livello nazionale.
  Capisco che interessi molto la parte locale e non entro nel discorso, altrimenti sono subito accusato di conflitto d'interessi, ma vorrei certamente che tutti i prodotti locali uscissero dal territorio locale e fossero continuamente fatti vedere a livello nazionale. Vorrei sapere se non ritenga, appunto, come nel caso di Rai News e di altri prodotti, che non sarebbe meglio pensare a un'unica redazione, una internazionale e una locale, e a sottoredazioni che devono tradurre le medesime informazioni in linguaggi diversi, a seconda del medium attraverso cui si parla.
  Il motivo per cui RAI sta facendo pessimi ascolti sul web è che la stessa notizia viene data allo stesso modo sulla televisione, in video, e sulla parte web. Il linguaggio va cambiato perché il target è differente. Questa è la mia visione del futuro della RAI: unica redazione e sottoredazioni.

  FABIO RAMPELLI. Direttore, anch'io la ringrazio per la professionalità, per le indubbie conoscenze, per l'esperienza maturata, per tutto quello che ha messo della sua esperienza in RAI, di cui si vedono senz'altro i risultati. Lo share del TG1 è uno degli elementi più significativi, con tutte le considerazioni che si possono fare, anche in relazione alla moltiplicazione dell'offerta, e quindi alla diminuzione citata poco fa dal collega, degli accessi in assoluto.
  Oggi, siamo qui chiamati in modo particolare a confrontarci con lei sulla questione del pluralismo dell'informazione. Non voglio polemizzare, ma ricordo che una testata, nonostante rappresenti il servizio pubblico televisivo, abbia un editore, che tutti ben conosciamo, può comunque ritenersi e dimostrarsi libera e capace di gestire anche la dialettica politica con equilibrio e professionalità.
  Più volte abbiamo parlato della par condicio. In molti, anche tra i promotori di quella legge, hanno espresso più di qualche perplessità sul suo funzionamento e anche sul meccanismo ispiratore. Anch'io non sono mai stato particolarmente entusiasta, come la mia forza politica, della par condicio. Eppure, va riscontrato, passando dai massimi sistemi al pragmatismo, che solo nel periodo in cui si applica la par condicio si può verificare uno straccio di equilibrio che tutela anche le formazioni di nuova costituzione come la mia, ma comunque in genere garantisce una quota equanimemente ripartita di presenze tra chi dovrebbe rappresentare e rappresenta la maggioranza politica e la maggioranza culturale e chi, invece, è collocato all'opposizione.
  C’è, soprattutto quando cessa il perimetro della par condicio, una discrezionalità assoluta niente affatto compensata con ragioni di altro genere. Vale a dire che sul dibattito intorno all'euro non c’è stata un'inversione di rotta delle proporzioni in campo tra le varie forze politiche, perché Pag. 14comunque si è focalizzata l'attenzione su una questione dirimente da un punto di vista economico-finanziario, quindi la giustificazione sul tema prescelto avrebbe potuto alterare i numeri, le presenze, le percentuali delle forze politiche.
  Allo stesso modo, saltando di palo in frasca e citando un altro esempio altrettanto significativo, ci siamo avventurati verso l'ipotetica e teorica abolizione delle province, c’è stato l'Istituto geografico italiano, quindi non esattamente Fratelli d'Italia o qualunque altra forza politica o associazione di base che ha proposto un'alternativa ripartizione del territorio in 36 aree omogenee. Questa proposta si è declinata anche con proposte di legge presentate per abrogare le regioni. Non mi risulta, per esempio, che un eventuale dibattito di questa natura, che avrebbe potuto modificare i pesi in campo, le percentuali tradizionali, il «manuale Cencelli», abbia preso il sopravvento e rovesciato le forze in campo.
  Sinceramente, faccio fatica a capire quale possa essere la chiave per accedere a un'informazione cosiddetta plurale del servizio pubblico. Ricordo che, mentre clamorosamente in difetto, a nostro giudizio, rispetto a quello che si sarebbe dovuto concedere nel periodo della par condicio, in cui, per quello che ci riguarda, siamo arrivati a sfiorare il 3,5 per cento di presenza sul TG1 – parlo sia del tempo antenna sia del tempo notizia e del tempo parola, con grave difetto del tempo parola sugli altri – abbiamo attraversato le elezioni europee e ci siamo trovati a luglio e ad agosto a piombare allo 0,4-0,5 per cento. Sinceramente, è una percentuale imbarazzante e inaccettabile, che non trova alcun riscontro e che episodicamente è interrotta solo da iniziative di carattere nazionale e internazionale, che comunque non garantiscono quel servizio pubblico.
  Siamo una forza politica, svolgiamo il nostro ruolo, così come fa qualunque altra forza politica in Parlamento. Il servizio pubblico, quando si parla di notizie, di notiziari dovrebbe comunque mettere i cittadini, utenti ed elettori, ma in questo caso prima utenti che elettori, nelle condizioni di capire quali siano le forze in campo, quali le posizioni sostenute e dichiarate tra i vari gruppi, le varie coalizioni e, all'intero delle coalizioni, quali sono e quali possono essere le sfumature, e quindi le diversità. Di tutto questo, mi dispiace ma ben poco accade all'interno della testata che lei dirige. Lo dico con rammarico e anche con preoccupazione. Se, da un lato, c’è un mal interpretato desiderio di liberarsi della par condicio o, comunque, un desiderio di non applicarla al di fuori dei periodi convenuti, non può che salire una sorta di preoccupazione. Per pessima che sia, infatti, quella legge garantisce uno straccio di pluralismo che, invece, si disperde nel nulla subito trascorsi gli appuntamenti elettorali.
  Questo è il marchingegno che lei si trova a dirigere. Non caschiamo dal pero se diciamo che in relazione alla presenza televisiva, paradossalmente, ormai ha preso il sopravvento la logica di un vecchio adagio, diventato linguaggio comune, per cui bene o male, purché se ne parli. Se si vuole danneggiare un gruppo, un movimento, una forza politica, un partito, basta farlo scomparire dalla scena. Meglio che se ne parli male, piuttosto che non se ne parli. Penso che quest'atteggiamento che abbiamo potuto riscontrare, non soltanto verso di noi, vada approfondito e che comunque, se ci sono indirizzi, l'importante è che esistano e che non siano aria fritta. Non si può dire di voler tutelare il pluralismo nell'informazione senza dire, in alternativa alla politica dei bilancini della par condicio, in quale maniera, facendo appello solo a una generica professionalità. Penso che questo non sia bastevole.
  Concludo, ma ricordo, per quello che ci riguarda, che siamo stati presenti alle elezioni politiche 2013, dove comunque abbiamo preso una quota che ci ha consentito di essere in Parlamento. Altre forze politiche in progressione, quindi potrebbe anche accadere domani mattina, possono configurare un gruppo parlamentare da scissione parlamentare. Chi ha preso i voti e il consenso dei cittadini si trova in Parlamento e, non foss'altro per questo, dovrebbe esser presente nelle testate, soprattutto Pag. 15quelle del servizio pubblico televisivo. Il tempo concesso ad alcune forze politiche, invece, è dieci volte inferiore a quello di chi non ha mai preso un voto e che si trova con dieci volte il tempo concesso in più rispetto a chi si è presentato e fatto giudicare dai cittadini. Anche questa è un'anomalia. Servono proporzioni, indirizzi, sensibilità, un'impostazione che nel nostro caso deve essere manifesta, che non si può, a mio giudizio, esclusivamente delegare alla sensibilità e alla professionalità di persone certamente di grande profilo, come nel caso del direttore che stiamo ascoltando in quest'audizione. Comunque, quindi, se la logica della par condicio fosse ritenuta inefficace o parzialmente efficace, a distanza dalle competizioni elettorali desidererei, oltre che un riequilibrio, di capire la prospettiva, i criteri sui quali ragionare per garantire che il pluralismo dell'informazione esista e sopravviva alla par condicio.

  LELLO CIAMPOLILLO. Egregio direttore, buonasera. La sua presenza è utile per ricordare come le recenti polemiche sulle posizioni del Movimento 5 Stelle in merito all'invio di armi in Iraq abbiano evidenziato un uso fazioso e abusivo dei mezzi pubblici di informazione radiotelevisiva. Gli stessi asserviti al pensiero unico ormai del Governo Renzi e Berlusconi hanno posto in essere una campagna propagandistica di vile denigrazione dell'unica forza politica di opposizione. È curioso osservare come la critica costruttiva a una politica estera insignificante quale quella renziana possa essere trasformata in un vergognoso messaggio di assimilazione al terrorismo del Movimento 5 Stelle. In questi ultimi anni, le scelte interventiste in Iraq e in Afghanistan hanno dimostrato tutta la loro inutilità. Il rifiuto della guerra e la preferenza per interventi diversi di natura politica e umanitaria, peraltro condivisi da molti Paesi europei, sono tutt'altro, direttore, che su posizioni estremistiche, ma costituiscono una risposta coerente ai princìpi di civiltà e ai valori della nostra Costituzione. Non a caso, in Iraq il fine dei terroristi è quello della provocazione e della ricerca di un conflitto bellico su larga scala.
  Il Movimento 5 Stelle, direttore, è costituito da cittadini seri, che democraticamente ritengono di portare avanti linee di politica estera diverse dal passato e in contrasto con gli interessi dell'industria delle armi. La superficialità disarmante dei commenti del Governo ai recenti e drammatici sviluppi in Iraq e lo stesso imbarazzo del Presidente degli Stati Uniti dimostrano come, probabilmente, una seria riflessione sul punto andrebbe svolta. A questo dovrebbe servire il sistema di informazione pubblica.
  È vergognoso quanto sta avvenendo con una calunniosa campagna diffamatoria a danno del Movimento 5 Stelle, democraticamente presente in Parlamento e che pretende rispetto. I cittadini hanno diritto a un'informazione equilibrata e non faziosa. Quello che, invece, quotidianamente avviene soprattutto nei TG della Rai è un imbarazzante asservimento alle posizioni dei partiti del duo Renzi-Berlusconi. Emblematiche, infatti, sul punto sono le dichiarazioni della Berlinguer, secondo cui tale vergognoso atteggiamento sarebbe giustificabile per l'assenza in televisione del Movimento 5 Stelle. Il punto è proprio questo: qual è il ruolo dell'informazione pubblica ? Assecondare in modo servile i voleri dei partiti o esprimere in modo autonomo il proprio diritto/dovere di cronaca e di critica ?
  Il Movimento 5 Stelle, come lei ben sa, non detta i testi dei servizi giornalistici né condiziona i giornalisti e la loro libertà. Il Movimento 5 Stelle ha rispetto per il giornalismo vero e non ritiene di condizionare l'informazione pubblica. Gli esponenti del Movimento 5 Stelle sono stati votati non per fare le comparse televisive o i pagliacci da reality show, ma per servire i cittadini nelle istituzioni. Il Movimento 5 Stelle anche per questo pretende, direttore, rispetto ed equilibrio. Ritengo, direttore, che questo sia anche un suo dovere e la invito a osservarlo.

  VINCENZO CUOMO. Vorrei dividere molto brevemente l'intervento in due fasi, Pag. 16non tanto sull'ordine dei lavori, ma sul significato di essere commissario all'interno di quest'organismo.
  In quest'organismo, le prerogative dei parlamentari e dei commissari devono essere tutelate essenzialmente e prevalentemente dal Presidente. Non siamo una Commissione d'inchiesta, quindi non possiamo certamente chiedere al Presidente né ai commissari di costringere un audito a fornirci le risposte. Ovviamente, mi riferisco al direttore generale Gubitosi e alla RAI nelle sue forme di legale rappresentante.
  Mi pare che, di fronte al sottrarsi a una richiesta come quella formulata ieri dal collega Rossi o reiterata più volte dallo stesso collega, che riguarda l'infrastruttura di rete, cioè Rai Way e una delle battaglie campali rispetto alle quali svolgiamo la nostra attività di vigilanza, con strumenti un po’ artificiosi, eludendo sistematicamente la modalità di risposta, la soluzione sia la riproposizione di un quesito o di interrogare sotto forma quasi giudiziaria un audito rispetto a una mancata risposta.
  Esiste una prerogativa parlamentare e ritengo che, per il rispetto che dobbiamo a chi viene audito, meritiamo lo stesso rispetto. Per quanto mi riguarda, affiderei al Presidente e all'Ufficio di Presidenza non solo una lettera, ma anche un'interlocuzione durante le sedute della Commissione. È una domanda legittima rispetto a un contratto di affitto, che tra l'altro dovrebbe essere anche registrato nelle modalità di legge che, secondo vecchie interpretazioni delle normative sulla trasparenza, dovrebbe essere pubblicato sul sito dell'azienda pubblica, mentre mi pare che non accada così. È un po’ come per la questione dei compensi. Il direttore ci spiegava che, per motivi di concorrenza, non potevano essere pubblicati e, invece, magari li leggiamo quasi in tempo reale, qualche volta anche distorti.
  Le forze politiche di opposizione, io dico giustamente, pretendevano la presidenza di alcune Commissioni di garanzia proprio per esercitare questo tipo di ruolo. Mi meraviglio che in questa Commissione ancora non riusciamo a esercitarlo, non dico con la puntualità di cui il Presidente Fico sicuramente si fa carico, ma anche con quella delle persone audite. Ho difficoltà a vigilare e a immaginare un indirizzo se non riesco a conoscere le notizie che devono essere il presupposto per formulare un atto di indirizzo.
  Presidente, questo riguarda la sua tutela.

  PRESIDENTE. Per completezza, è dal primo giorno che cerchiamo di ottenere risposte più chiare dalla Rai. Stiamo ancora aspettando il parere dell'Avvocatura di Stato circa la documentazione che la Commissione può richiedere alla RAI, visto che ci sono state opposizioni proprio sui documenti che la Commissione può acquisire. Dal primo giorno, quindi, stiamo e sto cercando proprio di ottenere tutto il possibile.
  In ogni caso, ieri non si è trattato del fatto che non è arrivata la risposta, ma del fatto che ne è arrivata una rispetto alla questione dell'aggiotaggio, che oggi si dice non avere senso. Era qui il punto su cui potevamo sia convocare Gubitosi sia fare un'ulteriore interrogazione, ma sarà mia premura cercare di stabilire su questo punto una risposta migliore.

  VINCENZO CUOMO. Non sfuggirà a lei, peraltro, così come a tanti altri commissari e colleghi presenti in questa Commissione, che uno dei punti nevralgici sul quale si basava e si basa la presentazione del piano che ieri ci ha illustrato che – al pari dei miei colleghi del Partito Democratico – per larghi aspetti condivido rispetto a quell'impostazione, dicevo una delle strategie pregnanti era quella famosa percentuale sottolineata dal collega Margiotta, che diceva di essere un uomo di numeri, una x rispetto alla quale non si capiva bene se ci fosse un risparmio o meno rispetto a questa ristrutturazione dei sistemi di informazione.
  Se, da un lato, si decide di fare una certa ristrutturazione e, dall'altro, si fa un contratto che impegna un'azienda per 14 anni, sapendo che quella società va in vendita, ci viene qualche dubbio sull'esistenza Pag. 17dell'aggiotaggio, che probabilmente, o quasi sicuramente, non c’è. Forse c’è una difficoltà a rispondere alla Commissione su scelte che, almeno per quanto mi riguarda, vedo abbastanza imprudenti e incaute nello scenario temporale nel quale si muovono il consiglio d'amministrazione e il direttore generale, tenuto conto dei tempi e delle decisioni che il Parlamento comunque ha assunto rispetto a una serie di scelte.
  Veniamo al direttore Orfeo. Condivido largamente le sue considerazioni sulla vicenda della par condicio. Siamo i protagonisti di una modifica legislativa, perché l'operatore dell'informazione ci pone la difficoltà. Il giocatore di calcio gioca con una regola sbagliata e chiede alla Federazione, l'organismo che ne ha il potere, di modificarla.
  Tra l'altro, ascoltando i colleghi Rampelli e Ciampolillo, mi rendo ancora più conto di quanto difficile sia la gestione della par condicio, o meglio dell'equilibrio che deve avere l'informazione al di fuori dei tempi in cui ci sarà una competizione elettorale. Per inciso, non sono un frequente utente dei telegiornali, anche per una questione di tempo, ma in quel periodo specifico, in cui c’è una sorta di polemica, o meglio c’è una polemica tra il TG1 e il Movimento 5 Stelle, ho guardato i servizi televisivi, ho letto le dichiarazioni dei colleghi parlamentari e devo dire che, tranne un solo quotidiano, quasi tutti i quotidiani on line e i telegiornali, anche delle televisioni non pubbliche, hanno capito la stessa cosa. La mia non vuole essere una difesa quasi territoriale del direttore Orfeo, che ho conosciuto quando svolgeva anche la funzione di direttore di un giornale, quindi so bene quanto sia difficile, complicato applicare la par condicio. Si è lamentato, ad esempio, anche il sindaco di una grande città che, di fronte a una notizia negativa, pensava che fosse un attacco politico. La notizia è notizia, può piacere o no. Mi rivedo molto in quello che diceva il senatore Buemi a proposito della deontologia professionale: stabilisce la qualità della notizia e l'equilibrio con il quale la notizia viene data.
  Vorrei concludere formulando una domanda che mi sembrava molto pertinente. Tra le altre cose, i colleghi hanno ampiamente espresso il mio pensiero nel chiedere alcune cose puntuali al direttore Orfeo. Mi incuriosisce molto una cosa. Ieri, ho valutato con una certa positività e anche con un grado di riserva l'idea che le redazioni regionali diventino dei veri e propri corrispondenti territoriali. Il concetto di corrispondente territoriale e di corrispondente locale diventa inclusivo e ingloba la redazione di queste mega-strutture che dovrebbero garantire il pluralismo e la completezza dell'informazione.
  Nella sua lunga esperienza di direttore di telegiornale, ma anche di direttore di importanti quotidiani di carta stampata, per cui ha vissuto entrambi i fronti della barricata, ritiene che questa particolare strategia, ossia la strutturazione della redazione regionale che diventa il corrispondente locale – sappiamo che molte volte i direttori o i capi redattori tendono a voler mandare la loro troupe sul posto, il loro giornalista, il giornalista della redazione, l'inviato – sia un problema solo di costi o anche di completezza di informazione o di capacità di stare sul pezzo a livello territoriale, e quindi di essere un'antenna quotidianamente impegnata a seguire e ad approfondire delle notizie ?
  Mi interesserebbe molto quest'aspetto, per cui le sarò grato se mi darà una risposta.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Vorrei cominciare dal senatore Rossi per chiarire alcuni punti. Lo share non aumenta perché gli altri perdono ma perché guadagniamo ascolti. Negli ultimi sette anni – le ho qui e posso mostrargliele – le curve del TG1 delle 13,30 e di quello delle 20.00, le edizioni principali, sono progressivamente scese dal 32,30 al 23,5 per cento per quello delle 20.00 e dal 30,30 al 22,56 per cento per quello delle 13,30.
  Sono aumentate nell'ultimo anno dello 0,69 l'edizione delle 13,30 e dello 0,50 quella delle 20.00, andando da 5,1 milioni Pag. 18a 5,25 di spettatori e da 4 milioni a 4,2 milioni di spettatori quello dell'ora di pranzo.
  Per quanto riguarda le risorse nell'ultimo anno e mezzo il budget è stato ovviamente ridotto. Non sono io a fare il budget, ma l'azienda. L'organico è stato ridotto e il telegiornale continua a fare 13 edizioni, dalla prima delle 6.30 fino a quella della notte. Fa due importanti approfondimenti TV7 e speciali di più di un'ora il venerdì e la domenica di grandissima qualità; fa una serie di rubriche e una compartecipazione molto importante con Uno Mattina nella fascia oraria che va, appunto, dalle 6,30 alle 11.00. Nel discorso introduttivo, ho detto che sono molto contento e orgoglioso per il lavoro e per i risultati che ha ottenuto la redazione. I risultati, come avete visto, sono ottimi, peraltro in un trend in cui tutti gli altri canali perdono o, comunque, soffrono. Sono contento soprattutto del lavoro che la redazione ha svolto in quest'anno e mezzo di mia direzione. Voglio dirlo soprattutto rispondendo ai parlamentari del Movimento 5 Stelle.
  Ringrazio il senatore Ciampolillo, perché mi ha chiesto soltanto di osservare alcune regole che mi sono sempre dato, a differenza della sua collega Nesci, che ha chiesto le mie dimissioni. Ho trovato più garbato l'invito da parte sua, più moderato quanto meno. Spero che non cambi idea adesso che gliel'ho detto. Ovviamente, è una battuta, ma fino a un certo punto.
  Voglio dire ai rappresentanti del Movimento 5 Stelle che ho la coscienza a posto, così come tutti i colleghi che si sono occupati di politica e del Movimento 5 Stelle. Tutti gli indicatori, se servono, anche quello a cui faceva riferimento lei di agosto, dimostrano che il Movimento 5 Stelle è trattato allo stesso modo e con lo stesso tempo degli altri principali partiti italiani, cioè il Partito Democratico e Forza Italia. Su tutti gli argomenti più importanti, tutti, anche quello a cui faceva riferimento della riforma costituzionale, è sempre stato ascoltato il parere di un rappresentante, la maggior parte delle volte indicato da voi stessi, quindi si presuppone competente di quell'argomento, che esprimesse la vostra posizione, contraria o favorevole a questo o quel provvedimento. Da questo punto di vista, quindi, non c’è stata mai capziosità da parte nostra. Se pretende che quando Grillo fa un intervento sul blog di 11 minuti io debba mettere 11 minuti di Grillo, è una pretesa non accoglibile. Metteremo all'interno di un servizio quei secondi che riteniamo opportuni e che rientrano in un equilibrio tra le diverse forze. Se non vi piacciono gli insulti a Renzi, basterebbe che Grillo non mettesse gli insulti a Renzi sul suo blog. Nel momento in cui mette anche gli insulti a Renzi, il giornalista è libero di scegliere quale parte ritiene giornalisticamente più importante. Se a Grillo non fa piacere, come ha detto lei, che vadano in onda insulti a Renzi, basterebbe non metterli sul blog e il problema sarebbe risolto a monte e non ricadrebbe incolpevolmente sulle mie spalle. Mi scusi. Completo perché avete posto una serie di interrogativi e avete fatto una serie di riferimenti. Allo stesso modo, non è colpa mia se perfino l'ambasciatore di Bagdad a Roma ha ritenuto provocatoriamente di invitare Di Battista a fare da mediatore con la jihad islamica o se l'ex governatore della Banca centrale Jean-Claude Trichet ha invitato il dottor Casaleggio a chiudere in maniera un po’ frettolosa il suo intervento a Cernobbio perché il tempo a disposizione era stato ampiamente superato. Lei sa che a Cernobbio, non come qui, che è un posto democratico, c’è un semaforo che si accende a un certo punto e ci si deve bloccare, anche se ci si chiama Casaleggio. Mi pare che, da questo punto di vista, abbiamo la coscienza a posto, crediamo di aver fatto quello che dovevamo, di aver rappresentato in ogni occasione il pensiero e la posizione del Movimento 5 Stelle. Non ricordo tutte le volte che abbiamo invitato lo stesso leader del Movimento Beppe Grillo a fare delle interviste, peraltro primi in un'intervista televisiva a Beppe Grillo: siamo stati noi a farla alla vigilia delle elezioni politiche del 2013.
  Beppe Grillo, come tutti i politici – non so se si offenderà, ma anche lui una volta Pag. 19ha parlato di partito in relazione al suo movimento, quindi non si offenderà più – si lamenta che Renzi, Berlusconi parlano troppo. Per un'intervista di cinque domande, ogni risposta era un quarto d'ora, quindi l'intervista durò un'ora. Correttamente, trasmettemmo una sintesi nel telegiornale delle 20.00 e poi pubblicammo l'integrale sul sito Internet del TG1, proprio perché tutto il pensiero di Grillo fosse correttamente a disposizione di chi era interessato.
  Per quanto riguarda la scandalosa eccedenza di Renzi cui faceva riferimento sul TG1 nel mese di agosto, non la trovo né scandalosa, né particolarmente eccedente. Come lei sa, i lavori parlamentari sono finiti l'8 agosto con la prima approvazione della riforma della Costituzione sul Senato, mentre l'attività di Governo ha proseguito. Nel mese di agosto, il Presidente del Consiglio ha fatto una serie di viaggi in giro per l'Italia, soprattutto nel sud d'Italia; ha fatto una riunione del Consiglio dei ministri il 24 del mese, mi pare, peraltro con un provvedimento impegnativo, non dico né buono né cattivo perché non fa parte delle mie competenze, ma impegnativo come lo Sbocca Italia con una conferenza stampa. Di cosa avremmo dovuto occuparci noi che, come servizio pubblico, dobbiamo occuparci dell'attività politico-istituzionale ? Ci siamo occupati di quello che faceva il Presidente del Consiglio. Non definirei, quindi, scandalosa l'eccedenza che riscontra dei numeri. Rientra nella nostra regolare attività di servizio pubblico raccontare l'attività politico-istituzionale, in cui rientra quella del Presidente del Consiglio e del Governo che il Presidente guida.
  Rispondo all'onorevole Rampelli di Fratelli d'Italia e Alleanza Nazionale con cui incrociamo sempre le spade dai tempi di Il Messaggero di Roma, quindi sono abituato a incrociare le spade con lui. Anche ad agosto vedo un dato buono rispetto anche a Scelta Civica o altri partiti con la maggiore rappresentanza parlamentare e mi pare che il TG1 segua tutte le iniziative, ultima la festa di partito ad Atreju sul tema dell'immigrazione di Fratelli d'Italia. Onestamente, quindi, non riscontro nulla. Vorrei rassicurarla sul fatto che, anche se non ci fosse la par condicio, Fratelli d'Italia avrebbe un suo spazio adeguato alla rappresentanza sia nel Parlamento italiano sia nei vari consigli regionali o comunali in giro per l'Italia. Invece di essere contento che sono finiti i pastoni ! È una forma arcaica.

  FABIO RAMPELLI. Se il risultato è la nostra cancellazione, non siamo affatto contenti.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Non siete cancellati: anche ad agosto, 0,5 per cento.

  PRESIDENTE. Vedo che non c’è un buon rapporto con le opposizioni. È un dato.

  FABIO RAMPELLI. Se in campagna elettorale avevamo il 3,5, significa che...

  PRESIDENTE. È un dato che è constatato in questa Commissione. Non c’è un buon rapporto tra le opposizioni del Paese in Parlamento e il TG1.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Quando è emerso questo ?

  PRESIDENTE. Da quello che sto ascoltando qui, dal Movimento 5 Stelle e da Fratelli d'Italia.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Se posso permettermi, mai nessuna opposizione come il Movimento 5 Stelle ha avuto tanto spazio dal TG1, mai. Andate a vedere le altre opposizioni. Il Partito Comunista aveva una buona opposizione, aveva dei buoni numeri. Rampelli, lo ricorderà. Anche il Partito Comunista aveva dei buoni risultati ed era all'opposizione della DC, così come mi pare anche il MSI.

  ENRICO BUEMI. Più del Movimento 5 Stelle.

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  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Appunto. Più che le opposizioni contro il TG1, vedo che c’è grande feeling tra le opposizioni tra di loro, che è una bella cosa.

  DALILA NESCI. Rimaniamo ai temi.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Andiamo avanti.

  LELLO CIAMPOLILLO. Mi permetta una battuta: non so come per lei possa essere informazione equilibrata e non faziosa assimilare il Movimento 5 Stelle al terrorismo. È quello che è passato dai messaggi della RAI. L'informazione è stata questa nei nostri confronti.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Ha detto che faceva una battuta, ma questa non è una battuta.

  LELLO CIAMPOLILLO. Una battuta significa dire due parole.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Ha fatto bene a spiegarmelo, altrimenti non avrei capito. Lei dice una cosa molto grave che rifiuto e rigetto. Non facciamo informazione faziosa, non l'abbiamo mai fatta. Siete i primi che lo riconoscono, quindi è singolare anche questo. Può darsi che siate più bravi di altri e vedete quello che nessun altro ha mai visto. Questo può essere, ma lo respingo e, soprattutto, non abbiamo detto che avete assimilato il terrorismo. L'onorevole Di Battista ha fatto delle dichiarazioni per le quali non il TG1, ma le ripeto persino l'ambasciatore iracheno a Roma ha detto che avrebbe chiamato Di Battista per fargli fare il mediatore con la Jihad islamica. Abbia pazienza, i giornali e gli altri telegiornali che non sono il TG1, quindi non sono faziosi come saremmo noi, hanno riportato le stesse e identiche cose. Mi dispiace, ma devo dirlo.

  FABIO RAMPELLI. Nel dialogo con il Movimento 5 Stelle, è saltata una mia puntualizzazione. Se abbiamo lo 0,5 ad agosto e, comunque, più di luglio e di giugno, e avevamo il 3,5 nella par condicio, qualcuno ci ha sottratto il 3 per cento. Dovrebbe spiegarmi perché abbiamo lo 0,5 anziché il 3,5 per cento. Non deve rassicurarmi sul fatto che, se non ci fosse la par condicio, qualcuno in qualche angolino del telegiornale delle 2.00 del mattino citerebbe almeno una parte di Fratelli d'Italia.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Ho detto un'altra cosa. Tutte le volte che Fratelli d'Italia fa un'iniziativa politico-parlamentare, è registrata dal TG1. Lo assicuro.

  FABIO RAMPELLI. Le ho scritto una lettera e non mi ha neanche risposto.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Lei mi avrà anche scritto una lettera, ma non so a cosa si riferisca. Non la ricordo, ma posso assicurarle che c’è una corrispondenza con molti altri componenti del suo partito, a cominciare dall'onorevole Meloni, l'ultimo in occasione della festa che avete organizzato ad Atreju. Tutte le volte che c’è un'iniziativa parlamentare politica di rilevanza, finisce al TG1. Sono molto tranquillo. Può verificarlo tranquillamente. I dati lo dimostrano. Il fatto che ad agosto siete allo 0,5 per cento, in un momento di pausa parlamentare vorrà dire che sono state seguite le iniziative che avete fatto a Lampedusa con le barche contro lo sbarco immigrati, la vostra iniziativa contro l'euro da un'altra parte. Le assicuro che è così. Forse c’è anche nel suo partito qualche opinione diversa e contraria.

  PRESIDENTE. Direttore, stiamo andando un po’ fuori asse con le opinioni. In questo caso, il commissario all'interno della Commissione rappresenta il suo partito. Il suo partito, per bocca di Rampelli, esprime questa posizione e questa è la posizione su cui lei deve rispondere, non altro. Andiamo avanti sulle risposte.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Ho risposto.

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  PRESIDENTE. Andiamo avanti con le risposte senza commentare ulteriormente.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Sono molto tranquillo. Andiamo sul tema che hanno posto la maggior parte dei commissari. È ovvio che per il ruolo che rivesto all'interno dell'azienda e per essere questo un piano presentato attraverso le linee guida del direttore generale, le mie risposte saranno limitate.
  Per quanto riguarda le due fasi, mi pare che ieri sera abbia fornito la risposta il direttore generale: due fasi anziché una per ridurre le complessità operative.
  Quello che mi preme sottolineare è che tre parole mi hanno colpito nel discorso di Gubitosi di ieri e che aveva fatto anche ai dirigenti Rai prima dell'estate, quando era previsto già che venisse in vigilanza a presentare il piano che ha presentato ieri: una è razionalizzazione e credo che nessuno in Rai possa non essere d'accordo sulla necessità di una razionalizzazione dell'esistente; la seconda è identità e credo che, soprattutto per quanto riguarda il TG1, ma anche le altre testate che hanno ognuno una storia, chi più vecchia, chi più nuova – tutte sono comunque molto caratterizzate – sia importante conservare quello che avete definito il brand, mentre io lo chiamo identità, soprattutto identità del TG1. Mi piace anzi dire che l'identità di questo TG1, secondo me, va fortemente difesa e conservata.
  Il terzo termine utilizzato è stato «confronto». Come avete ricordato, alcune redazioni, anche quella del TG1, gli organi sindacali, l'Usigrai, il sindacato dei giornalisti, hanno scritto una lettera alla vigilanza, realizzato dei documenti interni e poi pubblici in cui hanno mostrato le loro obiezioni, in alcuni casi una vera e propria contrarietà a questo piano. Credo che il termine confronto usato dal direttore generale sia il punto di partenza per stabilire e definire meglio anche alcuni criteri di questo processo che vi è stato illustrato ieri.
  A questi tre termini usati dal direttore generale vorrei aggiungere quello del prodotto o, meglio, dell'innovazione legata al prodotto. Mi ricollego anche alla domanda del senatore Ranucci: è chiaro che qualunque processo di questo tipo deve avere un tempo di gestione. È il termine che lei ha usato. Anche a questo credo che facesse riferimento il direttore generale quando ha parlato delle due fasi. Se, quindi, la Rai dovrà affrontare questo percorso, è chiaro che avrà bisogno del tempo per avviarlo, percorrerlo e arrivare al traguardo. Per questo il confronto è fondamentale, tra le diverse anime aziendali, tra la direzione generale, i direttori di testata e le redazioni, che sono e restano il cuore dell'azienda. Tutto questo, però, a mio parere, non può prescindere da un'idea di prodotto innovativo. Senza un'innovazione del prodotto che segua e accompagni l'innovazione tecnologica che c’è stata in tutte le testate, prima il TG2, poi quest'anno TG1 e TG3, credo che qualsiasi trasformazione, rivoluzione, cambiamento abbia le gambe corte. Aggiungerei, quindi, ai tre termini usati dal direttore generale, razionalizzazione, identità e confronto, quello di innovazione legata al prodotto.
  In ultimo, perché non posso e non voglio commettere ingerenze in un'attività propria del direttore generale, rispondo al senatore Cuomo sul ruolo delle sedi regionali. Sono state e continuano a essere un serbatoio molto importante innanzitutto di giornalisti, di professionalità per la RAI, oltre al fatto che, ovviamente, garantiscono una copertura sul territorio che altre emittenti, sia Mediaset sia La7 sia altre, non possono e che, quindi, rappresenta per noi una peculiarità molto importante che va difesa, seppure possa essere anch'essa trasformata in maniera diversa.
  Concludo con una piccola coda: TG1 Storia. Non chiudiamo niente. Si trasforma anche lì. TG1 Storia è una rubrica in cui si parlava di anniversari storici, adesso abbiamo la Grande Guerra, ma a seconda delle date, delle scadenze, si ricordavano i fatti più importanti della storia recente e passata. Non c’è più TG1 Storia nel contenitore mattutino di Uno Mattina, che è diventata una trasmissione Pag. 22nuova, con una maggiore presenza del TG1 – non era mai successo che addirittura il logo fosse Rai Uno e TG1 insieme – e si è trasformato in una rubrica che si chiama Prologo, che va all'interno di un importantissimo approfondimento come TV7 ogni venerdì.
  Secondo me, la scelta è stata fatta anche sulla base che un argomento di quel tipo, una riflessione storica, di memoria di quel genere è più adatta a un pubblico della sera, tanto che altri programmi importanti di storia, come quello curato da Paolo Mieli su RAI3, e altri vanno in seconda serata, non alle 8.30-9.00 del mattino. È stata trasformata nella rubrica Prologo curata dallo stesso giornalista che ha delle specificità e delle professionalità sviluppate in questo tema in un'altra fascia oraria, quindi nessuna chiusura. Si tratta solo di una trasformazione da TG1 Storia a TG1 Prologo. Cambia il nome, cambia l'orario, ma il senso e l'argomento restano gli stessi. Non c’è nessun cambiamento, ma al contrario un arricchimento la mattina con più spazio ai nostri approfondimenti all'interno di Uno Mattina.

  MAURIZIO ROSSI. Direttore, parliamo dello share. Come sappiamo, lo share è una percentuale del numero assoluto. Alle 3.00 di notte abbiamo 100.000 ascolti. Si può avere il 50 per cento di share, ma 50.000 ascolti. Dicevo che il numero assoluto è calato nei telegiornali, non per colpa – per l'amor di Dio – né della direzione né di altri, che negli ultimi dieci anni sono calati gli ascolti generali dei telegiornali, perché si è spostato tutto molto sul web. Quello che sostengo è che l'errore della RAI è di non essere capace, con una corazzata, con sette redazioni, 2.000 giornalisti, a fare meglio di realtà piccole. C’è un grave problema di linguaggio. Su questo dicevo che è calato l'ascolto, lo share. È calato il numero assoluto.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Quello che voglio dirle io, invece, è che nell'ultimo anno e mezzo sono aumentati sia lo share sia gli ascoltatori del TG1, quindi ci sarà anche un recupero in termini di...

  MAURIZIO ROSSI. Questo è un pregio, sicuramente.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Per quanto riguarda il web, come lei sa, l'azienda ha fatto la scelta di unificare i siti web di tutte le testate (TG1, TG2 e TG3) nell'unico sito web www.rai.it, una scelta aziendale che, come tale, va rispettata.

  MAURIZIO ROSSI. Mi permetto di contestare, ma ne parleremo nelle prossime riunioni, in quanto sono fatti fondamentali. Quando facciamo queste audizioni, non solo da lei, ma in generale, vengono fornite risposte molto veloci. È così. Io ho posto, però, una questione importante: conosce il costo di un'edizione e il costo annuo ? Quanti giornalisti e tecnici sono di competenza del TG1, quali sono i costi esternalizzati, quanti dei 350 dirigenti giornalisti a tempo indeterminato gravano sul TG1 ?
  Ritengo che un direttore debba sapere quale squadra ha a disposizione. Sappiamo che in Rai ci sono 350 dirigenti giornalisti. C’è chi dice – è stata anche una battuta ieri del direttore Gubitosi – che certi forse non fanno quasi nulla. Quanti sono sul TG1 ? Vorrei capire il costo. È lì che possiamo fare delle valutazioni, sul costo di un'edizione e il costo annuale.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Il TG1, per fare quello che le ho detto, ossia 13 edizioni dalle 6.30 del mattino all'una di notte, speciali TG1, TV7, rubriche e Uno Mattina, ha 145 tra giornalisti e telecineoperatori, che ormai sono parificati ai giornalisti veri e propri. Siamo 145 persone.

  MAURIZIO ROSSI. Vorrei scoprire dove vanno a finire tutte le altre centinaia e centinaia tra giornalisti, dirigenti e tecnici.

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  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Dal direttore al redattore ultimo assunto, siamo 145. Guardi cosa facciamo, quante ore di trasmissione al giorno...

  MAURIZIO ROSSI. È assolutamente equilibrato. Dobbiamo capire dove finiscono tutti gli altri.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Dato che tutti i giorni divido...

  MAURIZIO ROSSI. Per l'amor di Dio. Poi ci sono le esternalizzazioni. Anche quelle sono importanti.

  ENRICO BUEMI. Tutti operativi ? Nel senso che nessuno è «parcheggiato» ?

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Lavorano tutti, anche quelli che sono in causa con l'azienda. Ci sono cause pregresse, ma tutti fanno servizi.

  MAURIZIO ROSSI. Sui dirigenti riesce a rispondermi, direttore ?

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Sui dirigenti no. Come lei sa, c’è un pregresso di ad personam, quindi non saprei dirle esattamente quanti sono i dirigenti. Conosco il numero di quelli effettivi: i 5 vicedirettori e i caporedattori, ciascuno per ogni settore di competenza (politica, cronaca, esteri). Avendo lavorato per quasi 25 anni nella carta stampata, posso assicurarle che sono nella media non solo della RAI, ma dei giornali italiani. Non sono tutti soldati semplici.

  MAURIZIO ROSSI. Su 145, però, può pensarne dieci, quindici...

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Forse qualcuno in più. Cinque sono solo vicedirettori.

  RAFFAELE RANUCCI. Il direttore può approfondire, casomai, i dati mandando la risposta per iscritto.

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Tranquillamente. Non c’è nulla di segreto.

  RAFFAELE RANUCCI. Non è questione di segreto. Alcune volte ci sono dei dati...

  MARIO ORFEO, direttore del TG1. Se vado a memoria, capo servizio in più o caposervizio in meno, rischio di dire una cosa poco corretta, e mi dispiacerebbe. Posso dire che c’è un numero normale di dirigenti come in tutte le testate radiotelevisive e di carta stampata.

  ENRICO BUEMI. Mi pare che la domanda del collega sia pertinente. Rispetto ai 350 di cui abbiamo avuto notizia ieri, sapendo che il TG1 rappresenta un'organizzazione piuttosto significativa, sia per i risultati sia per gli impieghi, il resto del livello dirigenziale dove è allocato ? È una questione che non riguarda lei, direttore, ma che dobbiamo chiarire con il direttore generale della RAI, anche per vedere quali sono le posizioni ad personam conservate nel tempo e che comunque rappresentano – lo dico al Presidente e ai colleghi – un carico di costi, ma non addebitabili ai costi industriali effettivi. Il prodotto realizzato non dovrebbe tener conto degli assegni ad personam.

  PRESIDENTE. Quando facciamo questo calcolo, ricordiamoci che ci sono anche le sedi regionali, che sicuramente comprendono molti dirigenti. In ogni caso, è giusto conoscere bene l'allocazione.

  FABIO RAMPELLI. Abbiamo già interloquito, quindi non intendo tirarla per le lunghe. Intervengo soltanto per fornire due dati affinché rimangano agli atti, visto c’è stata una risposta indiretta da parte del direttore per quello che riguarda Fratelli d'Italia e AN. Lo 0,4 è la percentuale di luglio e lo 0,4 è la percentuale di maggio. Ad agosto ci è stato detto che non c'erano attività, ma non è vero. Quelle che ci sono state hanno favorito lo 0,5. A luglio, a giugno e a maggio, abbiamo avuto attività parlamentare, condotto tutte le Pag. 24nostre battaglie e avuto una percentuale molto al di sotto della nostra capacità di rappresentanza.

  PRESIDENTE. Bene. Al di là dei numeri specifici, credo che una riflessione anche dell'opposizione verso il TG1 e anche verso di lei secondo me va fatta, ma in un senso positivo e costruttivo. Se ci sono state rimostranze così forti da parte dell'opposizione, è giusto fare anche una riflessione generale intellettualmente più onesta possibile.
  Ringrazio il direttore e i colleghi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.