XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 17 settembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 3 

Audizione del presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti:
Catania Mario , Presidente ... 3 
Fumagalli Cesare , Segretario generale di Confartigianato ... 3 
Catania Mario , Presidente ... 8 
Cenni Susanna (PD)  ... 8 
Garofalo Vincenzo (NCD)  ... 9 
Catania Mario , Presidente ... 10 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 10 
Donati Marco (PD)  ... 11 
Catania Mario , Presidente ... 11 
Fumagalli Cesare , Segretario generale di Confartigianato ... 12 
Catania Mario , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione presentata da Confartigianato ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 14.35.
  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti, nell'ambito della inchiesta affidata alla nostra Commissione sul tema della lotta alla contraffazione.
  In luogo del Presidente Merletti, impossibilitato a farlo, interviene il segretario generale di Confartigianato, dottor Cesare Fumagalli. Sono presenti, inoltre, la dottoressa Stefania Multari, il dottor Bruno Panieri e la dottoressa Curiale, tutti rappresentanti della stessa Confartigianato.
  Do la parola al dottor Fumagalli per lo svolgimento della relazione.

  CESARE FUMAGALLI, Segretario generale di Confartigianato. Ringrazio per l'occasione che ci è fornita di intervenire su un tema particolarmente caldo per quanto riguarda le piccole imprese, in una stagione nella quale le difficoltà congiunturali della crisi di questi 6-7 anni hanno acuito la sensibilità delle piccole imprese su un fenomeno che esiste da molto tempo, ma che sta conoscendo un'espansione, una progressione e una diffusione che nel passato non erano tali.
  La prima caratteristica che vorremmo mettere in evidenza è come il fenomeno si sia trasformato da locale in nazionale. L'Italia era ritenuta uno dei Paesi della contraffazione. In particolare nella considerazione dei nostri partner comunitari era forse il Paese della contraffazione.
  Ahimè, anche gli altri oggi si sono svegliati accorgendosi di avere una forte presenza di falso e contraffatto sui mercati. Una stima dell'Unione europea – come sempre, le stime dei fenomeni illegali sono aleatorie – dice che il commercio all'interno dei Paesi dell'UE è attorno ai 200 miliardi annui di valore del falso e del contraffatto, il che rende la dimensione anche di come si sia evoluta questa industria parallela del falso. Essa ha oggi assunto dimensioni tali da preoccupare non più solo l'Italia, ma anche l'Europa.
  Arriviamo sicuramente con ritardo oggi a immaginare qualche azione di contrasto anche sul piano internazionale a questo fenomeno, che, torno a ripetere, ha assunto dimensioni sicuramente sovranazionali.
  Per quanto ci riguarda, a livello nazionale le stime del MISE parlano di circa 7 miliardi, quasi mezzo punto di PIL, per un fenomeno che non ha l'allerta sociale che hanno altri fenomeni. Per il valore stimato del commercio della droga, dell'attività della prostituzione e del contrabbando di sigarette, siamo a un punto di PIL, ma l'allarme sociale è molto più alto su questi fenomeni.Pag. 4
  Uno dei problemi che noi rileviamo, e per il quale faremo alcune proposte per il contrasto, è quello di innalzare proprio nei consumatori la consapevolezza che il falso e il contraffatto sono ormai parte di un'industria controllata dalle organizzazioni criminali.
  Le dimensioni e le caratteristiche non sono più quelle che abbiamo conosciuto nel passato. All'interno dell'Unione europea l'Italia conserva, purtroppo, un primato. È ancora avanti nella classifica. L'Italia, però, anche per attività di contrasto esercitate dalle nostre forze dell'ordine, è il primo Paese dell'Unione europea per numero di articoli sequestrati. La Cina è il primo dei Paesi di origine dei prodotti contraffatti, con il 66 per cento, a cui si somma un altro 13 per cento proveniente da Hong Kong.
  Accanto, si realizzano anche fenomeni di specializzazione produttiva. La Turchia è il principale luogo di provenienza per profumi e cosmetici, con il 51 per cento delle merci sequestrate provenienti da quel Paese. Per i prodotti alimentari il principale Paese è l'Egitto.
  Noi abbiamo prodotto un documento che vi abbiamo consegnato con alcune di queste rilevazioni, su cui vorrei richiamare la vostra attenzione. Nei settori in cui si polarizza il fenomeno della contraffazione, il 90 per cento del valore totale delle merci sequestrate nel periodo 2008-2013 si concentra su tessile, abbigliamento, articoli di maglieria, cuoio per le borsetterie, calzature, gioielleria, giochi, giocattoli, profumi, cosmetici e occhialerie.
  Questi sono settori nei quali le esportazioni italiane nell'ultimo anno, ossia nel 2013, sono state di un valore pari a oltre 57 miliardi di euro, il 15 per cento del totale del nostro export. Ciò significa avere esposte a questa forma di pressione esercitata da queste attività di produzione e commercializzazione del falso un notevole numero di imprese regolari.
  Abbiamo anche stimato la concentrazione in questi settori di imprese artigiane manifatturiere: ci sono 67.000 imprese artigiane manifatturiere, nei settori che concentrano la maggior esposizione alla contraffazione.
  Anche per effetto di questa pressione, oltre all'andamento congiunturale, se analizziamo la consistenza del numero di imprese al 2008 e a fine 2013, troviamo un calo del 10 per cento, purtroppo, di aziende artigiane del settore manifatturiero, nei settori che ho citato, che non ci sono più e che sono state spinte, anche per effetto della contraffazione, fuori dal mercato.
  Abbiamo condotto anche analisi articolate su livelli regionali e provinciali. Mi limito a citare che la provincia con la maggior quota di imprese manifatturiere operanti nei settori esposti alla contraffazione è Prato, per quanto riguarda le imprese artigiane, seguita da Fermo nelle Marche, da Firenze e da Arezzo. I nostri dati, se avete voglia di esaminarli, mostrano il ranking di esposizione per aree di questi settori ad alta attività di esportazione, che hanno in casa anche questo tipo di concorrenza.
  Svolgo ora qualche considerazione sulla natura e sulle caratteristiche del mercato della contraffazione. Va smentito il luogo comune che esso sia appannaggio delle cosiddette imprese marginali. Oggi l'industria del falso si è globalizzata, si è anche strutturata e ha cominciato ad affiancare le attività illegali mischiandole con quelle legali, il che rende ancora più difficile l'attività di contrasto.
  Un altro fenomeno che sta spingendo fortemente la commercializzazione dei prodotti contraffatti è tutto il mondo che si è aperto sotto questo profilo con i canali distributivi attraverso il web. La crescita e la natura globale del fenomeno sono tali per cui il punto di leva per l'espansione di una forma di commercializzazione di ancor più difficile controllo sta favorendo questa espansione.
  Sottolineo ancora che i fenomeni più recenti ci dicono che la rete di integrazione con il mercato regolare sta diventando uno dei problemi sia nella produzione, sia nella distribuzione, per districare attività legittime da attività illegittime.Pag. 5
  Il secondo aspetto è quello della dimensione multinazionale del fenomeno. Oggi, se non si pongono in atto azioni coordinate con il resto dei Paesi dell'Unione europea, nonché a livello internazionale globale, è impossibile fermare questo fiume con la mano. Basti pensare che, se si intensificassero le attività di controllo e si concentrassero tali attività nei porti di Trieste, Genova, Gioia Tauro e Napoli, con una rapidità ormai quasi in tempo reale, le organizzazioni criminali che governano questo commercio cambierebbero i punti a Rotterdam, ad Anversa e ad altri luoghi. Reinvadono, infatti, con una forte capacità e anche velocità distributiva il territorio dell'Unione europea e, quindi, anche il territorio del nostro Paese.
  Pertanto, uno degli interventi che noi sollecitiamo e che riteniamo decisivi è l'attività di coordinamento fra i soggetti di intervento e repressione a livello internazionale, elemento di una più complessiva policy anticontraffazione che deve vedere alcuni altri aspetti che cercherò adesso di illustrare.
  Tutti noi riteniamo che un punto di leva forte per una reale attività di contrasto non possa non essere l'attività di tutela dei prodotti attraverso la loro certificazione di origine, ossia attraverso la loro tracciabilità. In merito c’è una colpa dell'Europa perdurante, ma spero di poter essere nei prossimi mesi rapidamente smentito, nell'aver ritenuto che la questione della tracciabilità del made in fosse una questione di interesse italiano.
  Adesso io credo che stiano accorgendosi in molti altri Paesi di come il fenomeno globalizzato stia interessando tutte le produzioni. La regolazione del cursore fra il controllo dell'origine dei prodotti e le mani libere da parte delle aziende, soprattutto di quelle di grandi dimensioni, delle multinazionali, deve spostarsi. Diversamente, la mancata tracciabilità dei prodotti favorirà una crescita del mercato del contraffatto. Direi che questo è piuttosto inevitabile.
  Noi abbiamo calcolato che, a condizioni date come quelle di oggi, con gli stessi interventi repressivi e con le condizioni di regolazione immutate rispetto ad oggi, secondo le stime di crescita del commercio mondiale elaborate dal Fondo monetario internazionale, nei prossimi dieci anni il mercato del contraffatto, che vale 200 miliardi in Europa, sarà cresciuto del 75 per cento.
  Quella dell'introduzione obbligatoria dell'indicazione d'origine per tutti i prodotti fabbricati in area UE e per quelli extra UE noi riteniamo, in particolare per le piccole imprese, che sia una partita decisiva nell'attività di contrasto alla produzione e alla commercializzazione di prodotti contraffatti.
  Citiamo l'esempio di una best practice mondiale, rappresentata dall'attività che lo Stato italiano fa sulla circolazione extra web di difficile controllo nei canali distributivi del farmaco. Il sistema di tracciabilità che è stato attivato è tale da far ritenere a tutti gli osservatori praticamente azzerato e non permeabile il sistema della distribuzione per quanto riguarda il farmaco. Questa è una best practice alla quale guardare proprio in termini – come dicevo prima – di catena virtuosa della tracciabilità, che consente di avere questo effetto finale.
  Sui canali distributivi del contraffatto, il nostro punto di vista e di osservazione è legato al canale principale osservato negli anni scorsi, ossia il fenomeno degli ambulanti nelle vie delle città. Sul nostro territorio oggi si è affiancato anche un mercato del contraffatto mischiato ai prodotti regolari di distribuzione lecita nei canali distributivi ordinari dei negozi e, come terzo fenomeno, in forte espansione, un mercato del commercio elettronico.
  Quanto alle linee di azione, come dicevo, noi riteniamo che su tutte la prima delle azioni da dover perseguire sia una politica controllata dei prodotti. Un Paese come il nostro, che fonda – non serve che lo ripeta io oggi a voi – la propria struttura produttiva su un sistema molto distribuito di tante, tantissime piccole e piccolissime microimprese, noi riteniamo che trovi proprio in una politica di origine controllata e obbligatoria dei prodotti, con Pag. 6una filiera di tracciabilità, la sua più potente leva per il contrasto a questo fenomeno.
  In particolare questo vale nel nostro Paese, dove la sola denominazione made in Italy è un marchio che vale. Noi siamo abituati in Italia alla contraffazione dei marchi più noti italiani, che hanno attrattività sui mercati internazionali. Noi non leggiamo a sufficienza, essendoci dentro, il valore del made in Italy, ma fuori dai nostri confini nazionali, l'attrattività e, quindi, il vantaggio di poter godere illegittimamente di un made in Italy, è considerevole. Questa è una delle leve più potenti, sulla quale non c’è politica di marchio che possa tenere, se non quella relativa al marchio dei marchi, cioè quella del made in Italy.
  Per quell'attività, quindi, noi speriamo e sottolineiamo anche a voi la necessità che si prosegua, dopo l'importante passo fatto nell'ultima seduta plenaria dal Parlamento europeo, prima del suo scioglimento nell'aprile scorso, con l'avvenuta approvazione della proposta di regolamento nuova sul made in. Essa comincia a introdurre, almeno in parte, anche se non per tutti i prodotti, distinguendo tra armonizzati e non armonizzati, un principio. Ci interessa che questo principio cominci a passare.
  L'avvenuta approvazione da parte del Parlamento europeo in seduta plenaria rende tale principio riprendibile in questa legislatura. Automaticamente, il parere positivo della Commissione, almeno di quella che c’è ancora per qualche giorno, è importante, anche se l'iniziativa decisiva è quella del Consiglio d'Europa.
  A proposito dell'occasione della presidenza italiana, io credo che, se non si riuscirà, nel semestre in cui c’è la presidenza italiana, a cucire le alleanze all'interno dell'Unione europea per arrivare finalmente a questo risultato importante per tutta la struttura economica del nostro Paese, sarà difficile che ciò avvenga dopo. Anche su questo spendiamo una sollecitazione perché il Governo italiano porti in fondo un'azione che forse non è mai stata vicina a essere raggiungibile come in questa fase.
  Le nostre risposte alle domande che avete posto nella convocazione di oggi sono sintetizzate nel documento che abbiamo prodotto. Le illustro con grande rapidità.
  A proposito del rafforzamento del presidio territoriale, noi intanto esprimiamo un giudizio positivo su tre tipologie di attività che sono state fino ad oggi messe in atto. Apprezziamo la bontà dell'attività del Consiglio nazionale anticontraffazione, ma ancora di più quella dell'attività di promozione dei Consigli locali anticontraffazione, perché solo le politiche integrate di luoghi in cui ci siano le rappresentanze delle imprese, delle forze dell'ordine e gli enti locali, con le loro attività di contrasto sui territori comunali, possono fornire una risposta integrata.
  In questa direzione vanno anche i Patti per la sicurezza, in cui sono state attivate reti di collaborazione tra soggetti pubblici e privati a contrasto della criminalità locale urbana, così come i Protocolli anticontraffazione, che sono stati elaborati anche nei mesi recenti. Sono strumenti che hanno cominciato a dare risultato rispetto a un laissez-faire che forse per troppo tempo ha consentito di far crescere il fenomeno nelle realtà urbane e nelle realtà turistiche da tante parti.
  Sulla lotta alla contraffazione via Internet, il nostro suggerimento è quello di guardare all'attività che è stata messa in campo in Francia, in un Paese a noi vicino, dove superare il problema delle responsabilità fra i soggetti diversi che operano sulla rete ha finora impedito di fatto il reale contrasto.
  Richiamiamo tre carte, le Chartes che sono state stipulate fra i titolari dei diritti di proprietà industriali e le piattaforme di e-commerce, le piattaforme di annunci su Internet e i servizi postali. Proprio nell'integrazione e nelle regole fissate fra questi soggetti si sta avendo beneficio nell'attività di contrasto alla commercializzazione sul web dei prodotti contraffatti.Pag. 7
  Sulla tutela del made in Italy non mi dilungo. Evidenzio solo un accento che noi poniamo. L'Expo di Milano del prossimo anno sarà un forte richiamo di attrazione e di attenzione nei confronti dei prodotti made in Italy. Stiamo attenti affinché non sia l'occasione di attrazione e di attenzione al contraffatto del made in Italy, perché avremmo un risultato paradossale.
  Su attività collaterali a quelle di diretto contrasto e di intervento repressivo un giudizio positivo lo esprimemmo allora, e lo confermiamo oggi, quando nel 2003 vennero istituite le sezioni specializzate dei tribunali in materia di proprietà industriale e intellettuale. Questo ha consentito davvero di togliere dalla massa generalista e dalla fila lunga del tempo attività di riconoscimento dei diritti da parte delle imprese che se li vedevano lesi. Furono istituite le dodici sezioni nelle città di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia.
  Il successivo provvedimento del settembre 2012, con la buona intenzione di fare attività specializzata della giustizia nei confronti delle imprese, ha però esteso le competenze di questi tribunali e ha aumentato il numero di sedi. Noi nutriamo forti dubbi – li abbiamo espressi al Ministro della giustizia a inizio agosto, quando siamo stati consultati sulla bozza di riforma – che, se si rimette tutto in questi tribunali per le imprese, si ritorni un po’ punto e a capo. Così facendo, le attività di specializzazione degli operatori e dei magistrati si diluirebbero. Noi temiamo, quindi, che la tempistica possa tornare ad assomigliare a quella precedente l'attività con cui tali tribunali erano nati nel 2003, che avevano invece ottenuto un risultato.
  Sulla formazione delle imprese in tema di tutela della proprietà intellettuale in chiave nazionale e internazionale, più che altro vi dico che è uno dei punti sui quali la nostra organizzazione, che ha 1.200 sedi su tutto il territorio nazionale, svolge un'insistita attività, cresciuta proprio negli ultimi anni, in ragione della necessità di sempre più tutelare qualità, innovazione e design come componenti decisive per stare sui mercati.
  Anche per le piccole e piccolissime imprese e per tutte le imprese nostre associate questo è un punto di leva, perché il riconoscimento di un premium price collegato alla qualità, all'innovazione e al design deve essere sempre più tutelato da parte delle imprese con l'iscrizione di queste attività e prodotti sotto brevettazione.
  Quanto alle attività di comunicazione e informazione destinate ai consumatori, noi le riteniamo una leva decisiva. Ho detto che c’è una sottovalutazione sociale di quante attività illegali siano connesse e generate dalla produzione e dalla commercializzazione di prodotti contraffatti. Bisogna che le azioni siano molto più forti e che vadano molto più all'origine nei confronti dei consumatori. Il problema non è tanto il singolo reato dell'acquisto della merce contraffatta. Io credo che, se ogni acquirente sapesse quanto lavoro nero, quanto sfruttamento, quanta illegalità, quanti danni ambientali, alla sicurezza e alla salute sono connessi a questo tema, probabilmente si rimuoverebbe quella leggerezza che oggi ascrive quasi a un piccolo peccato veniale l'acquisto dei beni e dei prodotti contraffatti.
  Quanto alla domanda relativa alla contraffazione in specifici settori, la meccanica vale il 10 per cento dei prodotti sequestrati, per riferirci sempre a dati certi. Quelli stimati sono di altra natura, ma se ci riferiamo alle merci sequestrate in Italia e, quindi, a dati più oggettivi su questa materia, possiamo dire che valgono il 10 per cento.
  Ci sono settori, tra cui alcuni che ben conosciamo, come gli utensili quasi usa e getta a costi irrisori, ma ben più dannose sono le apparecchiature che sono connesse anche alla salute. Nel settore della rubinetteria citiamo proprio sequestri che sono stati operati di materiali contenenti sostanze al limite della normativa per quanto riguarda la tutela della salute dell'utilizzatore finale. Anche nell'elettronica sono molti gli impianti, in particolare Pag. 8quelle che diventano componenti nell'impiantistica legata alle costruzioni, che ormai vedono crescente diffusione.
  Il settore alimentare è quello sul quale dirò di meno, perché è più noto quanto sia diffuso, anche se in questo caso siamo molto meno consumatori, ma molto più produttori di contraffatto. La contraffazione in questo caso è molto legata anche a quello che è denominato Italian sounding. Esso certamente non attecchisce nel nostro Paese, ma genera fuori dai nostri confini i problemi che si riflettono poi sui produttori dei prodotti originali, non solo legati al sounding italiano.
  Questa è, in sintesi, la nostra posizione, che vuole consegnarvi una preoccupazione legata anche al crescere di questo fenomeno e all'abbinarsi alla situazione congiunturale, per qualche verso drammatica, dei settori esposti a questo tipo di concorrenza sleale.

  PRESIDENTE. Rivolgo un primo ringraziamento molto sentito al dottor Fumagalli e anche un apprezzamento sincero per l'impegno che vedo profuso dall'organizzazione nell'analisi del fenomeno.
  Il primo approccio a questo documento che ci avete presentato testimonia chiaramente l'impegno dell'Ufficio studi della Confederazione per portare bene in chiaro una fenomenologia che, in quanto illecita, è sempre difficile da maneggiare.
  Non mi dilungo e do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SUSANNA CENNI. Rivolgo un ringraziamento al dottor Fumagalli per la sua relazione, il suo contributo e anche per la documentazione che ci ha lasciato. Ho avuto modo di scorrere un po’ le tabelle contenute nella documentazione e devo dire che mi sono molto preoccupata, non perché abbiamo scoperto cose non note, ma nel considerare che cinque delle province toscane sono fra le otto principali per rischio di contraffazione, ossia per esposizione alla contraffazione. Questo ci testimonia come questa dimensione, questo tema della contraffazione sia in questo momento uno dei fattori acceleranti della crisi, insieme ad altre difficoltà.
  Formulo soltanto qualche quesito, anche se poi alcune delle risposte saranno forse contenute anche dentro la documentazione che ci è stata trasmessa.
  Intanto vorrei comprendere se questa sua analisi sia condivisa anche all'interno dell'aggregazione a cui voi avete dato vita insieme alle altre sigle, ossia a R.ETE. Imprese Italia, oppure se nell'analisi del fenomeno ed anche dei possibili strumenti di contrasto ci siano differenziazioni per settore o per comparto. Immagino che sicuramente le associazioni del commercio porranno maggiormente l'attenzione su alcuni altri aspetti. Questa è una prima mia richiesta.
  La seconda domanda che mi sento di farle ha a che vedere anche con i compiti della nostra Commissione di indagine. Noi abbiamo il compito non solo di approfondire, indagare e consegnare elementi conoscitivi in più alla Camera e anche al Governo, ma anche quello di provare a ragionare sul sistema che è nato nel nostro Paese. Pertanto, mi piacerebbe avere una sua valutazione sugli strumenti di contrasto e di analisi a cui si è dato vita anche negli anni recenti in questo Paese.
  Per esempio, penso allo stesso CNAC. Vorrei sapere se è uno strumento che sta funzionando, se, a suo parere, esistono dei limiti e, se questi limiti esistono, quali sono dal suo punto di vista. Credo che non possiamo evitare di fare un primo bilancio di queste esperienze.
  Condivido completamente con lei la necessità di un maggiore coordinamento anche fra le forze dell'ordine che operano in questo comparto. Ho avuto modo di approfondire alcune indagini che riguardano i settori di più diretta mia competenza nell'agroalimentare, ma si vedono ancora, nonostante gli sforzi, dei limiti nella piena collaborazione fra tutte le forze e tutti i soggetti.
  Vorrei chiederle se, a suo parere, alcune nuove forme, anche dal punto di vista tecnologico, di etichettatura stiano portando dei risultati oppure no. Lo chiedo perché anche a me sono state Pag. 9sottoposte nuove forme di etichettatura, a partire dalle etichette leggibili con il telefonino, che riportano non solo l'origine e la tracciabilità, ma anche l'unicità del singolo prodotto. Vorrei sapere se sono utili oppure se in realtà non ci aiutino a fare grandissimi passi avanti.
  Mi pare assolutamente condivisibile la necessità di una strategia a livello comunitario condivisa non solo per una lotta coordinata all'interno del mercato europeo, ma anche per una capacità di sovrintendere e controllare adeguatamente i movimenti nelle dogane.
  L'ultima domanda che mi sento di formularle riguarda la strumentazione giuridica. Mi riferisco al Codice penale. Lei ha fatto un passaggio prima anche su questo punto. Tutti ci siamo sentiti dire più di una volta che una parte della criminalità organizzata si sta spostando, considerando meno rischioso investire nella contraffazione piuttosto che in alcuni altri ambiti, come il traffico di droga. Io mi chiedo se, a questo punto, non siano maturi i tempi anche per interventi sul Codice penale rispetto a questa partita.
  La ringrazio.

  VINCENZO GAROFALO. Ringrazio la Confartigianato e il dottor Fumagalli per averci tracciato un quadro molto preciso e interessante, che contribuirà enormemente alla nostra attività. Peraltro, quelle fatte dalla collega Cenni sono considerazioni che sposo interamente. A queste aggiungo soltanto qualcosina.
  C’è una prima questione in merito alla quale chiedo se la mia sensazione sia realmente condivisa e se sia il frutto anche delle vostre osservazioni. Io credo che un tema sul quale noi dobbiamo da subito intensificare l'azione sia quello della consapevolezza che è reato comprare prodotti contraffatti. La mia preoccupazione è che, in un momento di crisi – l'ho detto anche un'altra volta, in occasione dell'audizione del Ministro Guidi – le famiglie che continuano a voler «consumare» (uso questo termine) rinuncino a un prodotto originale e si rivolgano a un mercato anche consapevolmente contraffatto, facendo finta di non accorgersene, perché, purtroppo, in alcuni casi la qualità del prodotto non è percepibile facilmente.
  Se questo è un rischio che corriamo, dobbiamo assolutamente far crescere una consapevolezza: comprare prodotti contraffatti significa alimentare un mercato di disonesti e di criminali. Ci ritorna poi in maniera enormemente negativa quest'azione, che apparentemente può dare un immediato, ridicolo, beneficio. Purtroppo può avvenire questo.
  Io ho la sensazione che i grandi marchi, che bene o male sanno che il loro giro d'affari statisticamente ha un valore sulla contraffazione, non giochino una partita determinante. Me ne accorgo dal fatto che sul web c’è troppo prodotto che ha un costo nettamente più basso del prodotto originale. Non credo che ciò sia frutto solo di un recupero di costi commerciali, di distribuzione o di accentramento.
  Io ritengo che in questo senso si debba intensificare l'intervento. Bisogna, cioè, fare un'indagine, che non può fare ovviamente una singola categoria, ma che può fare un'organizzazione mondiale, perché il fenomeno oggi è di carattere mondiale, come voi avete ben sottolineato. Occorre fare delle indagini a campione come un consumatore finale, cioè una verifica su alcuni casi. Insistere sul consumatore, secondo me, è una cosa, in questo momento, piuttosto importante.
  C’è un'altra questione che voi avete sottolineato, a parte tutti i dati. Pongo, anzi, una domanda sulla produzione. Non sono stato in grado di raccogliere, forse per troppo poco tempo, il dato su quanto prodotto contraffatto viene realizzato in Italia. La mia impressione è che, visti i costi del lavoro in Italia, nonché per una serie di altre questioni, non sia grande la quantità di prodotto contraffatto realizzato, tanto è vero che molto ne entra, come voi avete osservato, attraverso i venti porti principali. Volevo sapere dove guardare meglio.
  Una questione importante è quella che lei accennava sulle best practice, con riferimento ai Paesi in cui c’è già stato un fenomeno grave e preoccupante, che ha Pag. 10coinvolto enormemente la nostra società, e in cui si è stati capaci di individuare le strade giuste. Bisognerebbe affinare, praticandolo e impiegandolo, lo stesso sistema, applicandolo alla contraffazione.
  Io credo che il sistema del narcotraffico sia un grande capitolo sul quale tutto il mondo è impegnato. Forse realizzare un’intelligence anche sulla contraffazione, mutuando quel tipo di organizzazione di controllo e di polizia, può fornirci un aiuto.
  Lei ha citato, con riferimento alla tracciabilità, gli interventi fatti su un prodotto che, ovviamente, è ad alto rischio, perché ha alti valori aggiunti. Immagino che su questo ci sia un differenziale sul quale lucrare. Mi riferisco al settore del farmaco. Chiedo se voi avete delle idee pratiche su come agire nel campo della contraffazione.
  Concludo soltanto ricordando l'opportunità, che anche l'altra volta noi abbiamo sottoposto al Ministro Guidi e che lo stesso ministro sa di dover raccogliere, del semestre europeo, per far diventare anche durante l'Expo 2015 quello della contraffazione un tema determinante.
  A tal proposito, chiedo al presidente di immaginare come questa Commissione possa stilare un documento, ovviamente non tecnicamente approfondito – il tempo forse non l'abbiamo – che sensibilizzi il nostro Governo in questo semestre su questo tema, anche con l'immediata istituzione di un tavolo comunitario sulla contraffazione, che poi potrà continuare durante l'Expo 2015.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Su quest'ultimo tema ritorniamo non appena conclusa l'audizione, se mi consentite.
  Do la parola all'onorevole Gallinella.

  FILIPPO GALLINELLA. Vorrei approfondire alcuni temi con lei, perché li ha indicati durante la sua esposizione, in merito alla contraffazione di vari prodotti. Ovviamente, ci sono migliaia di prodotti che vengono contraffatti.
  Lei ha focalizzato – almeno così ho percepito io – la divisione di dove avviene il fenomeno della contraffazione, ossia lo scambio del prodotto. Lei ha parlato del commercio ambulante, ma, considerato che la criminalità organizzata o altre organizzazioni molto più complesse sono ormai strutturate su questo business, io osservo che il fenomeno della contraffazione avviene anche all'interno del negozio, magari inconsapevolmente da parte dell'acquirente, ma forse qualche volta anche dello stesso negoziante.
  C’è poi l'aspetto della contraffazione su Internet, che apre tutto un altro mondo, un altro scenario, forse un po’ più complesso da approfondire.
  Sulla parte centrale, quindi, non so se si riesca a vedere dove la contraffazione incide maggiormente. Sicuramente sul commercio dell'ambulante è quasi insignificante rispetto a quella che si può avere sul commercio elettronico oppure su negozi strutturati, come lei ha descritto prima. Su questo passaggio sarebbe interessante capire quanto un'etichettatura diversa, che può essere un'etichettatura elettronica, come quella che si può controllare con lo smartphone, possa andare a influire. Io non conosco nessuno che accenda lo smartphone per vedere il QR CODE e sapere da dove viene il prodotto.
  Su questo passaggio mi voglio fermare. Diversi mesi fa io sono stato a una vostra riunione a Terni. C'era Ferretti e si parlava, tra vari temi, dei problemi dell'impresa, anche di quelli della contraffazione. Durante quell'incontro – me l'ero segnato perché, interessandomi della contraffazione, ho pensato che prima o poi avrei avuto modo di discuterne – i relatori hanno parlato di un'Agenzia anticorruzione, da meglio identificare.
  Noi abbiamo il CNAC, ma mi sembra utile il concetto di far sapere in tempo reale, per quanto riguarda il commercio, del negozio soprattutto, i prodotti che vengono venduti – ormai è tutto digitalizzabile – e quelli che vengono comprati. Questo in modo tale da capire se il prodotto che viene acquistato venga acquistato da ditte che producono in maniera Pag. 11regolare. Se io vendo 100 e compro solo 70 su un circuito regolare, è chiaro che c’è qualcosa che non funziona.
  Un controllo va fatto, peraltro, anche sulle ditte produttrici. Magari io non ho la certezza di questo, ma posso sospettare del fatto che una ditta, anche di un marchio famoso, possa realizzare anche prodotti che finiscono sul mercato nero. Con un sistema che possa controllare quello che esce e quello che entra in ambito nazionale, al di là dell’export e dei prodotti che vengono da fuori, si potrebbe in qualche modo quantificare questo fenomeno.
  Su Internet non so al momento quali strumenti noi possiamo utilizzare, perché questa Commissione è confinata a un ambito nazionale o con l'impegno al Governo. Quando si va nel mondo del digitale, si riesce anche a intervenire. Forse conviene focalizzarsi su qualcosa che sia realmente più fattibile rispetto ad altre strade, pur prendendo tutto in considerazione. Vorrei un suo commento a questo.
  Grazie.

  MARCO DONATI. Sarò breve, anche perché la relazione del dottor Fumagalli è stata esaustiva e credo che anche il materiale che ci è stato fornito sia di particolare interesse. Tra l'altro, anche il Capogruppo Cenni ha ripreso parte di quanto sto per rappresentare.
  Mi ha colpito un passaggio della relazione del dottor Fumagalli rispetto all'interesse che altri Paesi in questo momento rischiano di avere rispetto a una normativa sull'etichettatura dei prodotti d'origine. Per anni il made in è stato considerato una battaglia tutta italiana, ma oggi il mercato della contraffazione diventa sempre più ampio.
  Oggi forse la tutela indiretta, che in parte anche noi abbiamo auspicato attraverso il pacchetto sulla sicurezza e sulla vigilanza dei prodotti del mercato e attraverso la sicurezza legata al consumatore, è sempre più stringente per la salvaguardia delle nostre manifatture. Si parla di una legge europea sul made in.
  Siamo nella fase cruciale del semestre di presidenza, ragion per cui le chiedo se su questo si possa approfondire. Come dicevano alcuni colleghi prima, si potrebbe, attraverso un documento, chiedere un impegno su questo tema. Anche se nella risoluzione che abbiamo votato pochi giorni fa c'era una richiesta di impegno del Governo, forse tale richiesta si può fare più pressante. Vorrei sapere se ci sono suggerimenti in tal senso, anche se Confartigianato quest'anno ha prodotto una letteratura consistente. Questa è un'occasione proficua.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Brevemente aggiungo anch'io un paio di considerazioni, ma direi soprattutto di quesiti, che rivolgo al nostro ospite.
  Il primo in parte è stato già avanzato in forme diverse, ma io lo riformulo in modo più globale. La domanda è: quali modifiche alla normativa italiana comunitaria e al quadro internazionale auspichereste per avere un miglioramento nell'attività di contrasto ?
  Una questione l'avete già ampiamente evidenziata, ed è quella sull'approvazione della proposta di regolamento relativa al made in a livello comunitario. Tuttavia, se ci sono altri temi, dalla normativa penale evocata dalla collega Cenni ad altri aspetti del sistema del quadro giuridico, sarebbe per noi particolarmente importante conoscerli e sapere il vostro punto di vista.
  La seconda e ultima questione si ricollega anch'essa a un tema già sollevato, che riprende anche la questione del made in. Mi riferisco alla tracciabilità leggibile dal consumatore. Ne parlava la collega Cenni.
  Io vi faccio una domanda, se vogliamo, ancora più precisa sul punto: non ritenete anche voi, come io sono portato a ritenere, che un progresso reale dall'introduzione del made in ci sia a condizione che venga accompagnato da una tracciabilità effettivamente leggibile su tutto il sistema ? In assenza di una tracciabilità di questo tipo il made in diventa, a sua volta, un potenziale oggetto di contraffazione.Pag. 12
  Meglio ancora e ancora più chiaramente, l'introduzione di un marchio che non sia accompagnata da una blindatura in termini di tracciabilità, leggibile però dall'utente, che sia il consumatore, o che sia la forza di polizia sul territorio che fa una rilevazione, rischia – così mi sembra, ma ditemi se sbaglio – di essere un risultato parziale e non risolutivo in una problematica di questo tipo.
  La domanda collegata successiva è la seguente: il sistema economico è in grado di sostenere una tracciabilità di questo tipo, che copra, a questo punto, tutti i prodotti che vanno sul mercato e che si fregiano del made in ? Inoltre, le imprese, a loro volta – una parte dell'onere ricade sull'impresa – sono, nel sistema economico, tutte in grado di sostenerlo ?
  Nella mia percezione – può essere che mi sbagli – limitarsi a introdurre il made in senza blindarlo con un sistema forte di tracciabilità che copra tutti i prodotti e che sia leggibile nel dettaglio nella fase finale del commercio rappresenta forse un risultato solo parziale.
  Do la parola al nostro ospite per la replica.

  CESARE FUMAGALLI, Segretario generale di Confartigianato. Parto proprio da quest'ultima domanda e considerazione e provo in parte a rispondere ad altre connesse.
  Io credo che oggi la tracciabilità sia patrimonio conoscitivo di tutti noi, dal punto di vista tecnologico. La tracciabilità non è un problema. Il problema è se si voglia ottenere la tracciabilità stessa.
  Io credo che la non approvazione fino ad oggi della proposta di regolamento europeo sul made in e le resistenze nazionali, ordinariamente addebitate alle espressioni di voto dalla Germania in su, in realtà abbiano molta più trasversalità e non siano assenti anche nel nostro Paese. A costo di essere «politicamente incorretto», io sostengo che l'onere della tracciabilità per le imprese sarebbe più che sopportabile alla luce delle nuove tecnologie.
  Torno a portare l'esempio del farmaco, che è sotto gli occhi di tutti già realizzato. Mi chiedo se lo si voglia fare e se non abbia riflessi penalizzanti, magari, per soggetti che legano il marchio all'italianità, ma che, in realtà, hanno ben poco di prodotto in Italia.
  Sarò ancora più esplicito: avremmo ancora la fila delle consumatrici giapponesi in galleria a Milano per comprare articoli se trovassero poi all'interno, correttamente tracciata, leggibile e visibile, la provenienza dall'Indonesia ?
  Pongo la domanda solo per dire che il sistema di tracciabilità è sicuramente realizzabile dal punto di vista tecnologico, ma che gli interessi di mercato non sono tutti convergenti, anzi. Io mi rendo conto di rappresentare, rappresentando Confartigianato, un interesse di parte per imprese che stanno sul territorio italiano, le quali, per definizione, non delocalizzano, non hanno delocalizzato. Rappresento, quindi, una parte di questi interessi che stanno sul mercato, una parte il cui interesse finora è stato, però, negato.
  Voglio citare un risultato positivo che noi siamo stati capaci di ottenere all'interno della nostra organizzazione europea, in cui siedono rappresentanze di imprese di 40 Paesi dell'UE e in parte anche fuori UE. Abbiamo ottenuto un voto a larghissima maggioranza, che comprende la Germania e i Paesi nordici, su una ragionevole proposta legata al regolamento made in che, ripeto, riesca a contemperare determinate esigenze.
  Per chi ha imprese che producono solo sui territori nazionali è chiaro: noi saremmo per il 100 per cento made in Italy. Mi rendo conto, però, che il quadro dei prodotti, degli attori e degli impianti distribuiti di qua e di là dai confini nazionali è molto più complesso e tale da dover contemperare numerose esigenze.
  Noi riteniamo che l'attuale proposta di regolamento europeo sia una proposta che tiene già conto di questi equilibri. Sarebbe veramente deludente per un verso, nonché, ancora peggio, dannoso per le piccole Pag. 13imprese, per il sistema economico italiano, se anche questa occasione fosse lasciata sfuggire.
  Dico «fosse lasciata sfuggire» perché, e lo sottolineo, mai il risultato è stato più a portata di mano. Se non ci arriviamo oggi, come succede nei tentativi di sorpasso in Formula 1, la macchina che abbiamo davanti si allontana e riagganciarla con la possibilità di arrivare al risultato sarà nel futuro molto più difficile. C’è, dunque, una responsabilità forte oggi, da parte dell'attuale Governo italiano, nel proporre una soluzione che è già stata composta negli interessi, tant’è che la votazione nel Parlamento europeo è stata a larghissima maggioranza.
  Io credo di rappresentare interessi sicuramente molto comuni fra le cinque confederazioni, con riferimento alle altre quattro che insieme a noi stanno all'interno di R.ETE. Imprese Italia. Non nego che da parte delle rappresentanze del commercio su alcuni temi, come gli ambulanti e l'occupazione degli spazi pubblici abusivi per i fenomeni ad alta evidenza, in un momento in cui anche in quel settore c’è stata una fortissima moria di aziende che si sono viste costrette a uscire dal mercato, si crei un'altissima sensibilità verso il fenomeno più apparente. Io ho sottolineato maggiormente aspetti connessi a quelle che sono diventate filiere lunghe.
  Approfitto dell'occasione per fornire un'altra risposta: sì, anche la criminalità organizzata che è a capo di questo fenomeno ha delocalizzato. Non abbiamo più investimenti esteri sotto questo profilo. Ci sono, al limite, intestazioni di società fittizie a prestanomi e localizzazione nei Paesi off-shore. Ci sono le stesse dinamiche che hanno interessato l'economia legale, anzi, con qualche sofisticazione in più. Pertanto, anche la produzione dei beni contraffatti è uscita dal nostro Paese più di quanto non vi fosse presente negli anni passati.
  L'onorevole Garofalo parlava della questione dei grandi marchi. Io ho citato un aspetto prima e ne sottolineo un altro, per qualche verso paradossale, ma presente: le imitazioni a volte generano un ritorno quasi pubblicitario. Ciò vale a dire che il coccodrillo ha un rimbalzo, a volte, quasi superiore al mercato del bene originale. Rimbalza, paradossalmente, un effetto di marketing sul tenere alto il marchio.
  Questo non vale per chi sul mercato non porta i marchi, ma porta prodotti ben fatti, di qualità, con contenuti innovativi e di buon design. Io la chiamo «ordinarietà» delle imprese artigiane, per esempio italiane, la quale trova, invece, giovamento in una politica, come ho detto tante, forse troppe, volte, legata più a una normativa che consenta il rafforzamento della tracciabilità, per la quale l'ostacolo non è di tipo tecnologico.
  Quanto agli strumenti di contrasto, noi esprimiamo un giudizio positivo – l'ho detto – sul Consiglio nazionale anticontraffazione. La nostra posizione era implicita anche nella domanda posta dall'onorevole Cenni: se manca qualcosa, manca un più di coordinamento tra le forze dedicate alla repressione di questi fenomeni, ma anche tra chi fa repressione e chi fa quell'azione di cambio di cultura nel consumatore.
  Se le due cose non si connettono, è inutile. Tra il vigile urbano che rincorre l'extracomunitario per strada col sacco in spalla e l'extracomunitario rincorso fa scattare di più l'umana vicinanza il povero extracomunitario affamato. Questo ci porta su una strada strana, perché poi c’è la quasi legittimazione per questo fenomeno, che, come ho ricordato, da noi vale mezzo punto di PIL.
  La strumentazione giuridica – lo diciamo in punta di piedi, sapendo quanto sia delicato spostare piccole misure sulle sanzioni penali – è materia per cui abbiamo grandissimo rispetto. Lo diciamo, ripeto, senza fragori. Tuttavia, quando ho evidenziato che la contraffazione vale mezzo punto di PIL, mentre droga, prostituzione e contrabbando di sigarette valgono «solo» il doppio, l'ho fatto proprio per dire che non può esserci distanza neanche nella sanzione fra quel tipo di reato e quest'altro. Forse occorre riequilibrare la sanzione anche in ragione del Pag. 14danno economico del giro che inducono queste due diverse tipologie di fenomeni.
  Sulla partita di Internet la soluzione non c’è. O meglio, si è evidenziato che i tentativi di provare a fermare il commercio elettronico attraverso Internet hanno trovato l'immediato limite della non frenabilità di Internet stesso. Non possono essere poste limitazioni di tipo tecnologico perché è infermabile. Basta spostarsi al punto d'origine in cui si inseriscono attività di commercio e si è subito elusa qualsiasi norma.
  Anche sotto il profilo della responsabilità c’è una catena di responsabilità che finisce magari spesso per entrare nel territorio della libertà su questo tipo di mezzo e di commercio, che è anche un mezzo di comunicazione. Le connessioni e le contiguità non separabili costituiscono un problema.
  Noi abbiamo indicato una strada che comincia a essere un po’ diversa da quelle perseguite fino a oggi, in cui alla fine il cavallo della libertà su Internet ha disarcionato tutti i tentativi che sono stati fatti di fermarlo. Si voleva fermare solo l'illecito, ma il rischio è che si fermi poi tutto. Internet ha disarcionato, quindi, questi tentativi.
  Quella di stringere accordi fra i soggetti che operano su Internet, che è la strada francese, vi suggeriamo – noi lo stiamo facendo – di guardarla, per la possibilità che ha aperto. Gli effetti sono da valutare, perché è anche recente, ma è una strada che forse evita lo scaricabarile fra gli operatori che fanno attività contigue, ma separate sul web.
  Non so se ho risposto a tutti, e me ne scuso. Quanto alle modifiche normative e agli aspetti di rilevanza penale, sicuramente quello che noi abbiamo sottolineato ha a che fare con una delle riforme in atto. Dicevo prima di aver sottolineato, avendone avuto l'occasione, con il Ministro Orlando la questione dei tempi.
  Sulla contraffazione, se l'apertura di un procedimento per chi ha la proprietà intellettuale di un bene viene soddisfatta in un lasso di tempo in cui quel bene è già tramontato, ossia uscito dal mercato, ciò equivale all'irrilevanza. È un tema determinante, che fa parte per noi di quella partita più complessiva della rapidità della giustizia civile, anche con i mezzi alternativi a quelli ordinari.

  PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente il dottor Fumagalli e, attraverso lui, tutta la Confederazione per il contributo, sicuramente prezioso. Dispongo che la relazione presentata sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.

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