XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Giovedì 27 marzo 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, Fabrizia Lapecorella, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Lapecorella Fabrizia , Direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 3 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 13 
Guerra Maria Cecilia  ... 13 
Marantelli Daniele (PD)  ... 14 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 15 
Lapecorella Fabrizia , Direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 15 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 15 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal direttore generale Fabrizia Lapecorella ... 17

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 13.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, Fabrizia Lapecorella, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione, l'audizione del direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, Fabrizia Lapecorella, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale. La ringrazio moltissimo per la disponibilità.
  Do la parola alla professoressa Lapecorella per lo svolgimento della sua relazione.

  FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Presidente, grazie molte. Io ho predisposto una relazione che tratta in maniera abbastanza dettagliata i vari profili del federalismo fiscale. Credo che il tempo a disposizione mi consentirà di concentrarmi sulle cose che ritengo più importanti. Per il resto rinvio alla relazione.
  Desidero iniziare esprimendo un sincero apprezzamento per il lavoro che questa Commissione ha svolto nella fase delicata di attuazione del federalismo fiscale. La funzione propositiva di questa Commissione, sulla base delle indagini conoscitive svolte e delle osservazioni fornite al Governo, è sempre stata un elemento molto importante di valutazione, ai fini della predisposizione degli schemi dei decreti legislativi, in un confronto che è stato aperto e costruttivo tra le amministrazioni coinvolte e le forze politiche. Io credo che sia importante ricordare questo.
  In considerazione della complessità che riveste l'attuazione della legge delega n. 42 del 2009, la ripresa dell'attività della Commissione rappresenta in questa fase delicata un segnale importante a favore del completamento del percorso avviato, anche nella prospettiva di consolidare i risultati ottenuti, sia sotto l'aspetto dell'imposizione locale, alla luce delle disposizioni adottate con la legge di stabilità per il 2014 per quanto riguarda la revisione della tassazione immobiliare, sia sotto l'aspetto della spesa, in considerazione della recente approvazione dei fabbisogni standard.
  Nel corso di questa audizione è mia intenzione soffermarmi in particolare sulle tematiche del federalismo municipale e sulle recenti evoluzioni nella definizione dei fabbisogni standard. La relazione che vi ho portato parla di altrettanto importanti tematiche, che riguardano anche le disposizioni di attuazione del federalismo rispetto alle regioni a statuto ordinario e alle autonomie speciali.
  Iniziando dal federalismo municipale, vorrei ricordare che l'attuale assetto della fiscalità degli enti locali è il risultato sia Pag. 4dell'adozione dei decreti legislativi attuativi della legge delega n. 42 del 2009, sia di altri autonomi provvedimenti. A determinare l'attuale assetto è stato un susseguirsi di disposizioni, sulle quali mi fa piacere soffermarmi un attimo.
  Lo scenario, come è stato correttamente evidenziato dalla Corte dei conti durante l'audizione tenutasi presso questa Commissione lo scorso 6 marzo, è stato caratterizzato in particolare dall'incoerenza tra la scelta di puntare sulla fiscalità immobiliare come principale fonte di finanziamento del federalismo municipale e il vincolo di esentare da ogni forma di prelievo patrimoniale e reddituale la prima casa, con il duplice risultato di far venir meno la corrispondenza tra soggetti beneficiari dei servizi comunali e contribuenti e di riversare il finanziamento dei servizi comunali soprattutto sui possessori di immobili non adibiti a residenza principale e su quelli destinati all'esercizio d'impresa.
  Ricordo che una forte accelerazione all'attuazione del federalismo municipale è stata impressa, al di fuori dei decreti delegati della legge n. 42, dal decreto legge n. 201 del 2011, che ha anticipato al 2011, in via sperimentale, l'imposta municipale propria, che sostituiva per la componente immobiliare l'IRPEF e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari derivanti dai beni non locati e l'ICI. Nello stesso provvedimento era stata anche avviata la razionalizzazione delle diverse forme di prelievo vigenti sui rifiuti (la TARSU, la TIA1 e la TIA2), istituendo un nuovo e unico tributo: la TARES.
  A fronte della definizione di nuovi equilibri finanziari tra livelli centrali e locali di governo, largamente condizionati nel corso del 2012 e del 2013 da esigenze di risanamento dei conti pubblici, l'amministrazione finanziaria e il Dipartimento da me guidato in particolare ha gestito la fase di emanazione dei provvedimenti normativi, la predisposizione di simulazioni e stime di gettito su base territoriale, finalizzate a verificare la sostenibilità finanziaria delle misure adottate e la risoluzione giuridica delle problematiche connesse al sovrapporsi di nuovi meccanismi di funzionamento, in un clima di leale collaborazione con gli organismi di rappresentanza degli enti territoriali interessati, nell'ambito di rapporti istituzionali ormai ampiamente consolidati.
  Dopo un primo tentativo di assestamento della normativa riguardante l'IMU, avvenuto nel corso del 2012, quando l'orientamento del Governo era caratterizzato dal ripristino dell'imposizione sull'abitazione principale, anche nell'ottica di spostare gradualmente il carico fiscale dal lavoro alla proprietà immobiliare, secondo le raccomandazioni dei principali organismi internazionali, il dibattito politico nel 2013 si è concentrato proprio sull'esenzione dell'IMU sull'abitazione principale.
  Prima di illustrare l'attuale assetto normativo della fiscalità municipale, ritengo utile effettuare una breve ricognizione dei passaggi che si sono succeduti, per chiarire le implicazioni concrete delle diverse proposte che sono state avanzate in tema di fiscalità immobiliare. Mi piace ricordare che il 7 agosto del 2013 è stato pubblicato dal Ministero dell'economia e delle finanze un documento curato dal Dipartimento delle finanze, dedicato all'illustrazione di ipotesi di revisione del prelievo sugli immobili. Questo documento si inseriva nell'ambito della preannunciata riforma della tassazione immobiliare, prevista dal decreto-legge n. 54 del 2013, con il quale era stata disposta anche la sospensione della prima rata dell'IMU sulle abitazioni principali e fattispecie assimilate e sui terreni.
  Le ipotesi che venivano formulate e illustrate nel documento del Ministero dell'economia e delle finanze del 7 agosto del 2013 si sviluppavano lungo le linee del dibattito politico sulla tassazione dell'abitazione principale che aveva luogo in quel momento. Nel documento si sottolineava che un'eventuale esenzione dall'IMU per l'abitazione principale avrebbe comportato per i comuni una perdita di gettito di circa 4 miliardi annui, di cui circa 3,4 miliardi corrispondenti alle aliquote e detrazioni standard, per la quale sarebbe stata necessaria un'idonea copertura finanziaria.
  Lo stesso documento rilevava che la scelta di esentare l'abitazione principale dall'IMU Pag. 5avrebbe rappresentato una netta inversione di tendenza rispetto al processo di attribuzione ai comuni di una maggiore potestà impositiva, in linea con i principi fondamentali del federalismo fiscale, in materia di responsabilità fiscale e trasparenza nelle scelte degli amministratori locali.
  Successivamente è intervenuto il decreto-legge n. 102 del 2013, che ha inciso sulle entrate comunali in tre differenti ambiti: l'abolizione dell'obbligo di pagamento della prima rata dell'IMU e il rimborso corrispondente ai comuni; la disciplina dell'IMU, con l'introduzione di nuove agevolazioni con decorrenza immediata e con decorrenza a partire dal 2014; e infine le norme procedurali sugli spazi di regolamentazione comunale, sui bilanci e sulla componente rifiuti della TARES.
  Successivamente, con il decreto-legge n. 133 del 2013 è stato eliminato anche il versamento, entro certi limiti, della seconda rata dell'IMU 2013, portando a compimento l'abolizione dell'IMU dovuta per il 2013 sull'abitazione principale, con l'eccezione di quella dovuta sulle abitazioni di lusso. Lo stesso provvedimento prevedeva uno stanziamento di risorse di 2,2 miliardi per il ristoro ai comuni del minor gettito IMU. Se ai comuni veniva assegnato un ammontare di risorse superiore a quanto dovuto in base alle aliquote e detrazioni in vigore nel 2013, in quel momento non puntualmente censite, l'eccedenza sarebbe stata restituita dai comuni stessi ai contribuenti nel 2014.
  Complessivamente entrambi i provvedimenti del 2013 (il decreto-legge n. 102 e il decreto-legge n. 133) hanno stanziato circa 4,5 miliardi di euro per ristorare i comuni del minor gettito IMU per l'anno 2013.
  I contribuenti beneficiari dell'abolizione della seconda rata dell'IMU hanno versato, entro il 24 gennaio di questo anno, un importo pari al 40 per cento della differenza tra l'ammontare risultante dall'applicazione delle aliquote e delle detrazioni deliberate o confermate dai comuni per il 2013 per ciascuna tipologia di immobile e quello risultante dall'applicazione dell'aliquota e della detrazione di base (la cosiddetta «mini IMU»).
  Alla luce dell'adozione di questi decreti, gli effetti finanziari delle misure nel 2013 hanno comportato uno sgravio considerevole per i contribuenti proprietari di abitazioni principali. In sintesi, in assenza delle misure varate dal Governo di sospensione e abolizione parziale dell'IMU sull'abitazione principale, i proprietari delle stesse avrebbero dovuto versare un'imposta pari a 4,4 miliardi di euro, anche in considerazione degli incrementi di aliquota che erano stati deliberati dai comuni nel corso del 2012 e del 2013.
  Invece, a seguito delle misure varate dal Governo, poco meno di 8 milioni di proprietari hanno versato nel 2014, a titolo di mini IMU, 384 milioni di euro, per un importo medio pro capite di circa 48 euro. L'IMU è stata interamente versata solo dai proprietari di abitazioni principali di lusso. Nel complesso, i proprietari di abitazioni principali e fattispecie assimilate hanno versato meno del 10 per cento di quanto sarebbe stato complessivamente dovuto in assenza di interventi.
  Questo è il quadro nel quale si inserisce la legge di stabilità per il 2014, che ha realizzato la complessiva riforma della tassazione immobiliare. La scelta del legislatore della legge di stabilità è stata quella di prevedere l'abolizione dell'IMU sull'abitazione principale e alcune fattispecie assimilate, nonché l'abolizione della componente della TARES relativa ai servizi indivisibili e la contestuale introduzione dell'imposta unica comunale (IUC).
  La IUC si basa su due presupposti impositivi. Il primo presupposto impositivo è costituito dal possesso di immobili e collegato alla loro natura e valore. Il secondo è collegato all'erogazione e alla fruizione di servizi comunali. L'IMU, componente di natura patrimoniale, è dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali non di lusso. Per la componente relativa ai servizi, invece, c’è la TASI (il tributo per i servizi indivisibili), a carico sia del possessore sia dell'utilizzatore dell'immobile. Nell'ambito di applicazione della TASI è ricompresa l'abitazione principale.Pag. 6
  Si è superata in questo modo l'incoerenza segnalata in varie occasioni di un sistema di federalismo fiscale basato sull'imposizione immobiliare, che trascurava immotivatamente una parte fondamentale di essa, cioè l'imposizione relativa all'abitazione principale.
  In maniera innovativa, si è comunque lasciata ai comuni la facoltà di prevedere la misura di questa imposizione sulla prima casa. Infatti, l'aliquota di base della TASI, pari all'1 per mille, può essere incrementata dai comuni nel rispetto di un limite massimo dell'aliquota complessiva (IMU e TASI). Il vincolo è rappresentato dalla circostanza che per ogni tipologia di immobile la somma delle aliquote della TASI e dell'IMU non sia superiore all'aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, in relazione alla stessa tipologia di immobili.
  Per il solo 2014 la legge di stabilità fissa l'aliquota massima della TASI al 2,5 per mille. Su questa disposizione si è intervenuti di recente in questo anno con il decreto-legge n. 16, di cui parlerò tra un attimo.
  La seconda componente della IUC riferita ai servizi è la TARI, la tassa sui rifiuti, che viene invece corrisposta dall'utilizzatore del locale o dell'area scoperta e sostituisce la TARES e gli altri prelievi sui rifiuti. La TARI è destinata a finanziare integralmente i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nel rispetto del principio comunitario «chi inquina paga».
  L'istituzione della IUC fa comunque salva la disciplina dell'IMU e la possibilità da parte dei comuni di istituire l'imposta di scopo e si inserisce più in generale nell'ambito della riforma complessiva del settore dell'imposizione immobiliare, che ha consentito di proseguire l'iter prefigurato dalla legge n. 42 sull'attuazione del federalismo.
  Si deve evidenziare che l'articolazione del nuovo tributo è caratterizzata dalla finalità di non aumentare il prelievo fiscale complessivo sui contribuenti. A garanzia del raggiungimento dell'obiettivo di contenere la pressione sui proprietari degli immobili, sono stati previsti limiti alla manovrabilità complessiva dei comuni sul tributo sui servizi indivisibili e sull'IMU.
  A pagina 8 della relazione (vedi allegato) c’è una tabella che confronta il gettito potenziale, cioè il gettito ad aliquota massima, che si sarebbe ottenuto nel regime pre-legge di stabilità e quello post-legge di stabilità. Si tratta del gettito conseguibile con i vari tributi, esercitando al massimo lo sforzo fiscale da parte dei comuni.
  Dalla tabella si evince che per la pubblica amministrazione locale il gettito complessivamente derivante dalla TARES e dall'IMU, considerando il gettito IMU al netto della riserva erariale sugli immobili ad uso produttivo classificati nella categoria D, era pari a 26,3 miliardi di euro, di cui 1,3 miliardi generati dalla TARES e 25 miliardi generati dall'IMU.
  Dopo la legge di stabilità, il gettito massimo potenziale derivabile dalla tassazione immobiliare è pari a 22,3 miliardi, di cui 4,3 miliardi derivano dall'applicazione della TASI ad aliquota massima, 17,9 miliardi dall'IMU e dalla TASI su tutti gli altri immobili, tranne i terreni, e 100 milioni dalle abitazioni principali di lusso.
  Un passaggio importante in tema di imposta unica comunale è rappresentato dal decreto-legge n. 16 del 2014. A questo proposito, prima di illustrare quali sono le misure che sono state introdotte con il decreto-legge n. 16, devo ricordare che nella legge di stabilità non era prevista alcuna detrazione di base per la TASI, a differenza di quanto era previsto per l'IMU, ed era invece stato stanziato un fondo, pari a 500 milioni, per finanziare l'eventuale previsione da parte dei comuni di detrazioni TASI per le abitazioni principali e le pertinenze, tenendo conto anche dei familiari dimoranti abitualmente residenti negli immobili adibiti ad abitazione principale. Questo era il disegno: mentre per l'IMU era prevista una detrazione di base, la TASI era stata introdotta senza previsione di alcuna detrazione, ma con una disponibilità finanziaria di 500 milioni, che i comuni avrebbero potuto utilizzare per deliberare detrazioni a favore dell'abitazione principale.Pag. 7
  Da un confronto piuttosto intenso tra il Governo e l'ANCI dopo la legge di stabilità sono emerse alcune problematiche. La prima riguardava l'insufficienza delle risorse destinate al finanziamento delle detrazioni TASI sulle abitazioni principali. In sostanza, emergeva che i 500 milioni stanziati dalla legge di stabilità non sarebbero stati sufficienti ai comuni per potere, nell'esercizio della propria autonomia tributaria, esentare gli stessi immobili che invece erano esentati nel regime previgente con l'IMU.
  La seconda criticità riguardava invece più in generale l'ammontare di risorse disponibili per i comuni, ovvero per l'intero comparto. In particolare, la manovrabilità dei tributi immobiliari prevista dalla legge di stabilità rappresentava un limite per i comuni che nell'anno 2013 avevano fissato l'aliquota sugli altri immobili al limite massimo (10,6 per mille), perché per questi comuni, dato il vincolo di manovrabilità fissato con riferimento all'aliquota massima, non sarebbe stato possibile di fatto applicare la TASI per gli immobili diversi dall'abitazione principale. In questo caso i comuni non avrebbero avuto spazi finanziari sufficienti sugli altri immobili.
  In aggiunta, per il 2014 era stato ridotto lo spazio di manovrabilità sull'abitazione principale. Nel regime previgente i comuni potevano elevare l'aliquota IMU fino al 6 per mille con le detrazioni di base, ricavando un gettito potenziale dell'ordine di 7,2 miliardi di euro. Nel regime post legge di stabilità, i comuni erano invece vincolati per il 2014 a elevare l'aliquota sull'abitazione principale fino al 2,5 per mille senza detrazioni, con un gettito potenziale di soli 4,3 miliardi.
  Per poter assicurare ai comuni lo spazio finanziario sufficiente a recuperare i limiti introdotti dalla legge di stabilità, il decreto-legge n. 16 del 2014 ha stabilito in primo luogo la possibilità di maggiorare l'aliquota massima TASI applicabile per l'anno 2014 per ciascuna tipologia di immobile. Questo incremento non può complessivamente superare lo 0,8 per mille, il che vuol dire che questo ulteriore spazio di manovrabilità può essere allocato tra i due limiti previsti per la TASI in maniera discrezionale dal comune.
  Se, per esempio, si utilizzasse lo 0,4 per mille di questo 0,8 per mille complessivo, per incrementare il limite massimo del 10,6 per mille, si potrebbe arrivare all'11 per mille per gli altri immobili. Il secondo limite (quello della TASI) al 2,5 per mille, aumentato dello 0,4 per mille, arriverebbe al 2,9 per mille. Evidentemente qualsiasi tipo di incremento compatibile con il limite complessivo potrebbe essere deliberato dai comuni. La prima cosa fatta è stata quindi ampliare la manovrabilità di uno 0,8 per mille complessivo.
  In secondo luogo, è stato eliminato il vincolo di destinazione delle risorse. I 500 milioni istituiti con la legge di stabilità erano destinati esplicitamente a finanziare detrazioni TASI per le abitazioni principali. Con il decreto-legge n. 16 si elimina il vincolo di destinazione di queste risorse per le detrazioni TASI e si incrementano le stesse di 125 milioni.
  Sull'importo complessivo di 625 milioni di euro noi ci siamo confrontati con l'ANCI ed è stato ritenuto l'importo necessario per ripristinare effettivamente, con le detrazioni TASI, le esenzioni degli immobili ai fini IMU.
  Per quel che riguarda le altre disposizioni che sono state introdotte con il decreto-legge n. 16, mi sembra importante ricordare che sono state estese alla TASI le esenzioni previste per l'IMU, compatibili con il presupposto impositivo della TASI, cioè con il finanziamento di servizi indivisibili.
  Vorrei concludere con un auspicio riguardante una misura che non si è realizzata. La stretta interdipendenza che esiste tra l'IMU e la TASI renderebbe auspicabile l'estensione alla TASI delle disposizioni in materia di IMU, che prevedono che i comuni inviino al Ministero dell'economia e delle finanze anche altri elementi, oltre alle delibere di approvazione delle aliquote e dei regolamenti, che vengono inseriti in un'apposita sezione del portale sul federalismo fiscale, per la pubblicazione sul sito informatico del Dipartimento delle finanze.Pag. 8
  Le norme in materia di IMU, in particolare, prevedono che i comuni inseriscano in questa sezione del portale alcuni elementi chiave che risultano dalle delibere, in primo luogo la misura delle aliquote, secondo indicazioni stabilite dal Dipartimento delle finanze, sentita l'ANCI. Stiamo condividendo con l'ANCI una mascherina per l'introduzione degli elementi fondamentali delle delibere, che purtroppo non è ancora operativa, ma lo sarà a breve.
  Proprio in considerazione dell'incertezza normativa che ha contraddistinto l'imposizione immobiliare negli ultimi due anni e per salvaguardare la finalità di disporre di una banca dati significativa, sarebbe opportuno valutare la possibilità di estendere queste norme anche alla TASI, prevedendo che i comuni pubblichino sul portale, secondo le modalità concordate col Dipartimento, non soltanto le delibere e gli elementi rilevanti delle stesse relative all'IMU, ma anche gli elementi relativi alla TASI.
  Rispetto al quadro normativo sin qui delineato, restano aperte alcune tematiche che riguardano la fiscalità municipale, che sono state oggetto del decreto legislativo n. 23 del 2011, attuativo della legge n. 42. Voglio rapidamente ricordare che si tratta essenzialmente dell'imposta di soggiorno, dell'imposta di sbarco, dell'addizionale comunale all'IRPEF e dell'imposta municipale secondaria.
  Per quel che riguarda l'imposta di soggiorno, la disposizione generale che la introduce prevede l'emanazione di un regolamento governativo che riguardi la disciplina generale dell'imposta. Questo regolamento governativo, che è stato predisposto come bozza dal Dipartimento, ha subìto una battuta d'arresto nel suo iter di approvazione. Devo ricordare che, anche in mancanza di questo regolamento, che ancora non ha visto la luce, non si sono materializzati significativi intralci all'autonomia impositiva dei comuni, in quanto l'articolo 4 del decreto legislativo n. 23 del 2011 che istituiva l'imposta aveva già previsto che, in caso di mancata emanazione del regolamento, i comuni avrebbero potuto comunque adottare gli atti per istituire il tributo. Allo stato attuale i comuni che hanno istituito l'imposta in questione e hanno inviato le relative delibere al Dipartimento sono 466.
  Per quanto riguarda invece l'imposta di sbarco, anch'essa introdotta dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 23, non era prevista l'emanazione di alcun regolamento governativo, in quanto le linee essenziali per l'istituzione di questo tributo erano contenute direttamente nella disposizione di legge. I comuni che hanno istituito questa imposta e hanno inviato le relative deliberazioni regolamentari sono invece solo 16.
  Da ultimo, con riferimento all'addizionale comunale all'IRPEF, con effetto dal 2012, è stato abrogato l'articolo 5 del decreto legislativo n. 23, che prevedeva l'emanazione di un decreto governativo per lo sbocco graduale della sospensione del potere di aumentare le aliquote dell'addizionale comunale. I comuni, pertanto, possono istituire il tributo e prevedere l'applicazione di un'aliquota che non può eccedere complessivamente 0,8 punti percentuali.
  Anche a questo riguardo, in realtà, il dato che esprime l'esercizio dell'autonomia impositiva da parte dei comuni è che sono 6.637 i comuni che hanno istituito l'addizionale e hanno inviato al Ministero dell'economia e delle finanze le aliquote, per la pubblicazione sul sito, ai fini dell'efficacia costitutiva delle stesse.
  Infine, il comma 714 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2014 ha posticipato ancora di un anno l'emanazione del regolamento governativo diretto a introdurre le linee guida per l'istituzione della c.d. IMU secondaria, che, come ricorderete, era finalizzata a sostituire una serie di piccole forme di prelievo: la tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi e aree pubbliche, l'imposta comunale sulla pubblicità, i diritti sulle pubbliche affissioni e il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari.
  Non mi soffermerei sulla parte che riguarda i nuovi equilibri finanziari tra i diversi livelli di governo, che probabilmente ricade più direttamente nella competenza di un altro Dipartimento del nostro Pag. 9dicastero. Invece mi soffermerei un attimo su un altro aspetto che riguarda l'attuazione del federalismo fiscale, che è di nostra più diretta competenza: la riscossione dei tributi locali.
  A questo riguardo, occorre ricordare che l'articolo 10, comma 1, lettera c), della legge delega n. 23 del 2014, recentemente approvata per la riforma del sistema tributario, contiene principi direttivi che riguardano la riscossione dei tributi locali, che sono finalizzati ad assicurare certezza, efficienza ed efficacia nell'esercizio dei poteri di riscossione e sono diretti a superare le attuali criticità legate a questa materia.
  I criteri direttivi della legge delega si inseriscono in un ambito caratterizzato da una notevole confusione normativa, che è nell'assoluto bisogno di una razionalizzazione e di una riconduzione al rispetto dei princìpi comunitari. In questo ambito saranno a voi sicuramente ben note le vicende giudiziarie che hanno interessato uno specifico concessionario della riscossione dei tributi locali, che aveva un peso molto grosso. Tutti noi siamo consapevoli delle continue proroghe dei contratti in essere con i concessionari privati della riscossione, tutte condizionate dalla previsione di una riforma radicale del settore, ma tutte avvenute negli ultimi anni in spregio ai princìpi comunitari di libera concorrenza e di trasparenza.
  L'insieme delle norme che sono contenute nella legge delega per la riforma del sistema tributario tendono soprattutto a rivitalizzare gli strumenti giuridici della riscossione a disposizione degli enti locali e a collocare nel suo corretto alveo la possibilità di avvalersi di soggetti esterni per la riscossione di entrate locali.
  Passando direttamente all'esame dei princìpi della legge n. 23, sottolineo la revisione della procedura dell'ingiunzione fiscale, di cui al regio decreto n. 639 del 1910, che, benché datato, è ancora l'unico mezzo a disposizione degli enti locali e dei soggetti iscritti all'albo per poter procedere alla riscossione coattiva delle entrate degli enti locali. Questa revisione si inserisce nel contesto di una più ampia rivisitazione della normativa vigente, che deve essere accolta in un testo unico di riferimento, che recepisca anche le procedure e gli istituti previsti per la riscossione mediante ruolo, adattandoli alle caratteristiche della riscossione delle entrate locali.
  Un altro principio cardine della delega è quello di predisporre adeguati strumenti di garanzia dell'effettività e della tempestività dell'acquisizione diretta da parte degli enti locali delle entrate riscosse, attraverso la revisione dei requisiti per l'iscrizione all'albo, con l'intento di assicurare un sistema che faccia transitare automaticamente nella tesoreria dell'ente locale le somme riscosse, al netto della remunerazione spettante al concessionario.
  Questa è una discussione che abbiamo avuto per tanto tempo e anche in diverse sedi, anche qui in Parlamento, proprio in occasione delle vicende giudiziarie riguardanti alcuni importanti concessionari della riscossione.
  Già in linea con questi princìpi previsti dalla delega possono considerarsi le recenti disposizioni che regolano il versamento dei principali tributi comunali (l'IMU e la TASI), che vanno direttamente ai comuni.
  Si deve sottolineare che la legge di stabilità ha previsto che la gestione della TASI, proprio in quanto nuovo tributo, nonostante la stretta connessione con l'IMU, in armonia con la normativa comunitaria, debba essere affidata ex novo a soggetti terzi. Non si intravede in questo caso alcun problema di ritardo nell'acquisizione delle entrate per gli enti locali, per effetto del ricorso a procedure di evidenza pubblica. Infatti, la prima fase di riscossione è quella spontanea, che i contribuenti sono chiamati ad assolvere con l'autoliquidazione. In questa fase non è richiesto un apporto qualificato da parte del soggetto esterno. Ciò si pone in linea con le direttive della legge delega, che privilegiano la riscossione diretta da parte dei comuni.
  L'attuazione del principio di salvaguardia dell'attribuzione diretta al comune delle somme, anche nel caso di affidamento esterno, consentirebbe di risolvere alla radice i problemi legati da un lato al Pag. 10rischio di appropriazione indebita di denaro pubblico e dall'altro allo scarso interesse dimostrato dagli enti locali ad effettuare continui controlli sull'operato del proprio soggetto affidatario.
  È interessante notare che una particolare attenzione è riservata dalla legge delega alla semplificazione delle procedure di recupero delle somme di modesta entità, nonché degli istituti che gli enti possono introdurre facoltativamente per la definizione agevolata dei crediti, già oggetto di riscossione coattiva, sempre avendo riguardo ai crediti di modesta entità.
  Un altro principio direttivo espresso nella delega è quello della predisposizione di linee guida per la redazione dei capitolati di gara e per la formulazione dei contratti di affidamento. In questo ambito si colloca la problematica relativa alla durata dei contratti, perché attualmente gli strumenti di controllo a disposizione del Ministero dell'economia e delle finanze non consentono di intervenire su questo elemento.
  Un ulteriore criterio da ricordare è quello dell'allineamento degli oneri e dei costi in una misura massima stabilita, con riferimento alla remunerazione del servizio di riscossione previsto per le società del gruppo Equitalia o con riferimento ad altro congruo parametro.
  La legge delega prevede che l'affidamento dei servizi di accertamento e riscossione debba avvenire nel rispetto della normativa europea e che le competenze specialistiche acquisite dalle società iscritte all'albo nonché dalle aziende del gruppo Equitalia siano adeguatamente valorizzate e messe a disposizione degli enti locali.
  Deve inoltre essere ricordata l'ulteriore direttiva che prevede di assoggettare le attività di riscossione coattiva a regole pubblicistiche, a garanzia dei contribuenti, prevedendo in particolare che gli enti locali possano riscuotere i tributi e le altre entrate con lo strumento del ruolo esclusivamente in forma diretta, con società interamente partecipate, ovvero avvalendosi delle società del gruppo Equitalia.
  La legge delega non trascura neanche la necessità di un nuovo assetto delle attività di controllo e di monitoraggio della gestione delle entrate degli enti locali, mediante la revisione dei requisiti per l'iscrizione all'albo dei concessionari, l'emanazione di linee guida per la redazione di capitolati e relativi contratti di affidamento, nonché l'introduzione di strumenti di controllo, anche ispettivo, per la pubblicità on line dei contratti stipulati.
  Un particolare richiamo merita la pubblicizzazione dei principali elementi dei contratti stipulati, che consentirebbe la costituzione di una banca dati concernente l'anagrafe degli affidamenti, migliorando gli elementi a disposizione dell'attività di vigilanza, e permetterebbe di rispondere sollecitamente anche alle richieste che, in tal senso, sono pervenute dalla Commissione europea.
  Da questo quadro emerge la prospettiva che le nuove regole che risulteranno dall'attuazione della delega per la riforma del sistema tributario si porranno sicuramente a vantaggio dei comuni, che, al pari dello Stato, sono enti impositori, ai quali deve essere assicurato un sistema di riferimento per la riscossione delle entrate tributarie altrettanto valido ed efficace.
  Illustro rapidamente il paragrafo sulla fiscalità delle regioni e delle autonomie speciali. Per quanto riguarda le autonomie speciali, vorrei ricordare che di recente è stato fatto un passo in avanti piuttosto lungo con la legge di stabilità per il 2014, che ha modificato l'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 1948, recante «Statuto speciale per la Sardegna» e l'articolo 80 dello statuto del Trentino-Alto Adige. L'elemento comune di queste norme è rappresentato dal riconoscimento da un lato del potere di istituire tributi propri e dall'altro del potere di prevedere deduzioni, detrazioni ed esenzioni di tributi erariali esistenti ad esse devoluti.
  Si deve osservare che a volte queste modifiche sono state dettate dalla necessità di estendere alcune prerogative che il decreto legislativo n. 68 del 2011 riconosce alle sole regioni a statuto ordinario. È questo il caso delle disposizioni dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 68, che consente solo alle regioni a statuto ordinario di ridurre le aliquote dell'IRAP, fino Pag. 11ad azzerarle, e di disporre deduzioni dalla base imponibile. Alle regioni a statuto speciale e alle province autonome in materia di IRAP continuano invece ad applicarsi le disposizioni previste dall'articolo 16 del decreto legislativo n. 446 del 1997, che consente alle regioni di variare l'aliquota dell'imposta fino a un massimo di 0,92 punti percentuali.
  Il risultato di questi interventi, però, è stato quello di avere norme che hanno caratterizzato ancora di più la specialità delle autonomie, consentendo spazi di manovra ancora più ampi di quelli riconosciuti alle regioni a statuto ordinario. Significativa a questo proposito è la nuova formulazione dell'articolo 80 di approvazione dello statuto del Trentino-Alto Adige, che accorda alla legge provinciale il potere di disciplinare i tributi locali e comunali di natura immobiliare istituti con legge statale, anche in deroga alla medesima legge, aprendo il varco alla possibilità di avere un'IMU sostanzialmente differenziata sul territorio nazionale.
  In termini pratici, nelle autonomie speciali le aliquote dei principali tributi regionali sono decisamente più basse rispetto a quelle adottate dalle regioni ordinarie. Questa situazione ha ovviamente numerose implicazioni, perché è indubbio che una regione diventa più competitiva nel momento in cui introduce esenzioni e agevolazioni in materia di IRAP o di addizionali regionali dell'IRPEF. Questo ha inevitabili riflessi soprattutto sulla localizzazione delle imprese.
  Vorrei concludere questa relazione richiamando il punto del percorso al quale siamo arrivati con i fabbisogni standard. Per fare questo, mi conviene fare un piccolissimo passo indietro alla parte che ho saltato, relativa ai nuovi equilibri finanziari tra i diversi livelli di governo.
  Devo ricordare che la legge di stabilità aveva previsto che a decorrere dal 2014 che il 10 per cento del Fondo di solidarietà comunale fosse ripartito anche in base ai fabbisogni standard approvati dalla COPAFF al 31 dicembre 2013. Questa previsione è stata oggetto di forti discussioni tra il Governo e gli enti locali, ed è stata poi superata dal decreto-legge n. 16 del 2014, che ha sostituito il comma 380-quater della legge di stabilità, prevedendo che per i comuni delle regioni a statuto ordinario la quota del 10 per cento dell'importo attribuito a titolo di Fondo di solidarietà comunale fosse accantonato, per essere distribuito tra i comuni sulla base delle capacità fiscali nonché dei fabbisogni standard. Sono state quindi inserite accanto ai fabbisogni standard anche le capacità fiscali, come criterio per la ripartizione del fondo.
  Ai fini dell'applicazione di questa disposizione, che è stata emanata nei primi mesi del 2014, è stato previsto dal decreto-legge n. 16 che le modalità e i criteri di attuazione fossero stabiliti attraverso un'intesa in Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da raggiungersi entro e non oltre il 15 marzo 2014 (termine figurativo, perché i tempi non lo consentivano).
  In ottemperanza a questa disposizione, è stata compiuta un'apertura della discussione sulla possibilità di attuare il nuovo comma 380-quater: il Ministero ha incontrato l'associazione dei comuni e in quell'occasione abbiamo preso atto dell'impossibilità di raggiungere un'intesa entro il 15 marzo 2014 sulla ripartizione del 10 per cento del Fondo di solidarietà comunale. Le risorse del fondo per il 2014 saranno ripartite secondo i criteri di riparto fissati dal comma 380-ter. Per il 2015, invece, abbiamo avviato un lavoro tecnico che ci dovrebbe portare a ripartire il 10 per cento del fondo sulla base di fabbisogni e capacità fiscali standard.
  L'integrazione da parte del decreto-legge n. 16 della disposizione che prevedeva la ripartizione sulla base dei soli fabbisogni standard con il richiamo alle capacità fiscali sembra assolutamente importante. Sono due, infatti, le gambe del meccanismo della perequazione che è stato istituito dalla legge n. 42: da una parte ci sono i fabbisogni e dall'altra le capacità fiscali.
  Voi sapete che i fabbisogni standard sono stati elaborati per sei funzioni fondamentali da una società del Ministero dell'economia e delle finanze, la SOSE, in un percorso condiviso con l'ANCI. Sono stati somministrati a Pag. 12tutti i comuni italiani i questionari per la rilevazione dei fabbisogni, sono state fatte le stime e tutti i sei fabbisogni standard sono stati poi approvati dalla COPAFF entro il 31 dicembre 2013.
  Nessun percorso comune è invece stato intrapreso per quanto riguarda l'elaborazione delle capacità fiscali standard. Il Dipartimento, in un contesto autonomo, nell'ambito di un progetto finanziato con fondi strutturali e diretto agli amministratori locali delle regioni ricomprese nell'Obiettivo Convergenza, che il Dipartimento ha concluso ora, in convenzione con il Dipartimento degli affari regionali della Presidenza del Consiglio, ha elaborato un primo rapporto sulle capacità fiscali standard. Abbiamo presentato questo rapporto ai colleghi dell'ANCI e abbiamo deciso di avviare con loro il confronto tecnico sulla metodologia che è stata utilizzata per elaborare le capacità fiscali standard.
  Vi dico in maniera del tutto informale come procede questo lavoro. La stima delle capacità fiscali standard ha una solida base, anche oggettiva, per quanto riguarda i principali tributi comunali, cioè l'IMU e l'addizionale comunale IRPEF. In particolare, la stima del gettito IMU ad aliquota standard per l'anno 2012 e quella per l'anno 2013 sono state oggetto di un confronto puntuale con l'ANCI e sono state con loro condivise. Esiste quindi una base comune di condivisione della ripartizione territoriale del gettito ad aliquota standard di questo tributo, che chiaramente rende abbastanza facile una discussione sulla stima della capacità fiscale standard per questo tributo. La stessa cosa vale per l'addizionale comunale, per la quale il Dipartimento dispone di informazioni puntuali, elaborate nel corso del monitoraggio.
  Per la stima delle capacità fiscali si è fatto ricorso essenzialmente a due metodi. Il primo è quello del sistema tributario rappresentativo (representative tax system), che è ampiamente utilizzato sul piano internazionale e che consiste nel determinare la struttura normale di ogni tributo per quello che riguarda le regole di determinazione della base imponibile e delle aliquote. Si tratta nella sostanza di distinguere le componenti strutturali che caratterizzano la natura del tributo da quelle riconducibili alla sfera dell'autonomia riconosciuta al singolo governo locale. Il tributo, nel suo impianto di base, viene poi applicato alla base imponibile effettiva di ogni ente locale per ottenere il gettito standard.
  La seconda procedura di determinazione delle capacità fiscali standard utilizzata è quella di natura econometrica. Si sono usati tecniche e modelli ispirati a quelli che sono stati usati per la determinazione dei fabbisogni standard. Sul piano metodologico è un'innovazione importante, con potenzialità e limiti che saranno analizzati e discussi proprio nell'ambito di questo tavolo tecnico che abbiamo appena avviato, con l'obiettivo di realizzare il comma 380-quater, come modificato dal decreto-legge 16 del 2014.
  La conclusione del processo di elaborazione dei fabbisogni standard e l'avvio di un processo di elaborazione delle capacità fiscali standard rappresentano effettivamente una rivoluzione copernicana per la finanza locale e per la regolazione dei rapporti finanziari tra i diversi livelli di governo. Bisogna riconoscere che esistono le condizioni per superare le distorsioni più ovvie che erano insite nel meccanismo di finanza derivata, che la legge n. 42 ha inteso superare.
  Tuttavia, davanti a tutte le grosse novità come questa c’è sempre una forza di resistenza grossissima al cambiamento. Credo che su questo vada fatto un grosso lavoro e che il legislatore debba aiutare questo processo, laddove necessario.
  Mi piace concludere questa audizione parlando di un passaggio che sembra ovvio. I fabbisogni standard sono stati elaborati in maniera condivisa con l'ANCI, in un processo interattivo intensissimo con i comuni, caratterizzato da migliaia di telefonate, di recall, di verifiche di dati. I dati che sono stati utilizzati per la stima dei fabbisogni sono stati verificati. Non tutti i dati dei questionari sono stati utilizzati. I dati dei questionari possono essere ulteriormente rivisti dai comuni che li hanno prodotti. Comunque, inizia ora la Pag. 13seconda fase per l'aggiornamento e la manutenzione dei fabbisogni standard.
  Un passaggio importante, richiamato anche dal commissario Cottarelli, è quello della pubblicità di queste informazioni. Io credo che questo sia un passaggio essenziale. Io non vedo alcun pericolo di manipolazione delle informazioni nel rendere disponibili ai comuni che hanno prodotto i dati dei questionari e anche a tutti i cittadini le informazioni che sono state utilizzate per l'elaborazione dei fabbisogni standard. Ricordo che queste informazioni sono destinate a confluire nella banca dati delle pubbliche amministrazioni. Stiamo lavorando per arrivare a definire, sempre in maniera condivisa con l'ANCI, le modalità per rendere disponibili a tutti, nei prossimi mesi, i dati dei fabbisogni standard.
  Il luogo ideale in cui renderli disponibili è il portale del federalismo fiscale, al quale ho fatto riferimento quando ho parlato dell'introduzione degli elementi delle delibere dei regolamenti relativi all'IMU e alla TASI, che noi desideriamo raccogliere dai comuni per poterli pubblicare sul nostro sito.
  Il portale del federalismo fiscale è uno strumento importante che il Dipartimento delle finanze ha attivato all'inizio del percorso di attuazione del federalismo fiscale, in previsione del suo sviluppo, a mio avviso in maniera lungimirante. Infatti, il portale non è localizzato nei siti istituzionali del Ministero dell'economia e delle finanze, ma è localizzato sul web, dunque democraticamente collocato in uno spazio neutro, ed è destinato ad essere alimentato dalle informazioni di tutti gli stakeholder del federalismo fiscale. Il portale è gestito dal Dipartimento, che investe delle risorse finanziarie e delle risorse umane per la sua manutenzione, ma è uno strumento che vorrebbe contenere tutte le informazioni rilevanti per la comprensione del federalismo fiscale.
  Il luogo più naturale nel quale inserire i dati sui fabbisogni standard sarebbe proprio il portale, che rinvierebbe alla banca dati della SOSE e conterrebbe tutte le informazioni per la lettura adeguata dei dati pubblicati.
  Concluderei questa audizione dicendo che, tutto sommato, anche se in maniera a volte disorganica, è stata ormai compiuta la parte più importante del percorso di attuazione del federalismo fiscale. Si tratta adesso di fare gli ultimi passi, senza timori e nella totale condivisione tra amministrazione centrale e rappresentanti degli enti locali. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  MARIA CECILIA GUERRA (PD). Chiedo scusa, perché farò un'osservazione e due domande, ma sentirò le risposte in differita, in quanto devo essere al Senato per la verifica del numero legale.
  Ringrazio moltissimo la professoressa Lapecorella. La relazione che ci ha fornito, che fa il punto in modo molto accurato sulla situazione, sarà utilissima per i lavori della Commissione.
  Ho un'annotazione in merito a quanto detto sui fabbisogni standard. Io condivido pienamente l'idea della pubblicizzazione dei dati che, al di là dell'applicazione effettiva e del tempo che trascorrerà affinché i fabbisogni siano guida per la dotazione di risorse, svolgerà una funzione di stimolo, in un'ottica di confronto fra enti similari, per capire perché alcuni hanno un risultato piuttosto che un altro, e quindi anche per il miglioramento interno e per la ricerca dell'efficienza.
  Per quanto riguarda invece la questione fiscale più in generale, emerge un quadro molto complesso, con una difficoltà a ricondurre dei princìpi vagamente raccontabili. Questo determina alcune difficoltà interpretative, forse legate alla mia ignoranza, su cui mi piacerebbe avere, anche in differita, alcune delucidazioni.
  Un primo problema riguarda la manovrabilità delle aliquote. Io non ho ancora capito, in particolare per quanto riguarda la TASI, se esiste la possibilità per il comune di applicare aliquote differenziate in ragione della diversa tipologia degli immobili oppure se l'aliquota che viene scelta è comune a tutte le tipologie.Pag. 14
  La seconda questione, essendo le varie TASI, TARI, eccetera, definite ora come tariffa ora come tassa, riguarda la deducibilità di questi tributi (chiamiamoli genericamente così) dalle imposte sui redditi. Questo è un tema su cui vedo che anche fra gli esperti esistono interpretazioni diverse. Vorrei sapere, in particolare con riferimento alla TASI, ma possibilmente anche sulla TARI (su cui ho idee un po’ più precise) se questa può essere considerata o meno deducibile.
  Il terzo elemento è un'annotazione. Legando la questione delle imposte alla riscossione dei crediti, mi sembra che effettivamente sia giusto considerare procedure amiche del contribuente per quanto riguarda i crediti di modesta entità. Tuttavia ho l'impressione che il fatto di avere la TASI distribuita in percentuali fra locatario e proprietario (che possono essere anche percentuali molto piccole, perché c’è una forcella entro la quale si colloca la scelta del comune) possa portare a far sì che una quota non indifferente della TASI sia distribuita fra i contribuenti in modo tale da determinare tributi di modesta entità.
  L'incrocio tra i due approcci, quello della riscossione amica del contribuente e quello della determinazione dell'imposta potrebbe portare a una situazione in cui il tributo diventa difficile da ottenere. Lo pongo come un problema. Chiedo ancora scusa, ma devo proprio scappare al Senato.

  DANIELE MARANTELLI (PD). Ringrazio anch'io moltissimo la professoressa Pecorella, sia per la relazione molto densa che per le riflessioni che hanno accompagnato alcuni dati.
  Confesso che risulta persino difficile porre questioni puntuali, considerato il caos che c’è nei comuni, che mette a dura prova persino la resistenza di chi fortunatamente finora non ha avuto problemi di emicrania e che cerca di seguire con grande attenzione la sua relazione, come ho cercato di fare io.
  L'incertezza normativa sulle partite immobiliari negli ultimi due anni è sotto gli occhi di tutti, con responsabilità diverse, tra Governo, Parlamento e forze politiche. Credo che questo fatto abbia contribuito a rendere ulteriormente complesso il rapporto tra cittadini e istituzioni e persino tra i cittadini e le istituzioni a loro più vicine, come il comune.
  Sulla base di queste valutazioni, vorrei porle tre questioni. Il Dipartimento da lei diretto ci può dare qualche indicazione concreta, per esempio in ordine ai tributi statali riscossi a seguito di accertamenti effettuati in esito a segnalazioni qualificate dei comuni ?
  Glielo chiedo perché la settimana scorsa abbiamo sentito il dottor Befera, che ci ha fornito dei dati interessanti al riguardo, che vanno dal 2009 al 2012. La tabella che ci ha fornito riporta un elenco di tutte le regioni. Vi sono alcune regioni che in quattro anni non hanno dato neanche un euro. Forse ciò è dovuto al fatto che i piccoli comuni non hanno gli strumenti necessari ? È una domanda che io mi pongo e che può essere una possibile risposta.
  Tuttavia, nei grandi comuni, come il comune di Roma, che forse qualche strumento in più l'avrebbe, il risultato è il medesimo: 0 euro in quattro anni. Forse in questo caso non conviene ? Non so se a queste domande potete già dare qualche risposta.
  In questi giorni abbiamo visto molti protagonisti riflettere sulla recente vicenda che ha riguardato il Veneto, ovvero la consultazione. Ognuno ha il giudizio che ha sulle modalità con le quali questa consultazione è avvenuta, ma resta il fatto che ha impegnato moltissimi esponenti del mondo della politica e della cultura.
  A me ha colpito la valutazione dell'attuale Ministro per gli affari regionali Lanzetta in un articolo apparso l'altro giorno. Le valutazioni dell'attuale Ministro mi hanno ricordato i dati che in questa sede ci ha fornito il suo predecessore Delrio, il quale ha affermato che per il Veneto lo Stato riscuote 108.000 euro per ogni chilometro di spiaggia, mentre per la Calabria (la regione dell'attuale Ministro) ne riscuote 8.000. Questi dati, secondo me, sono istruttivi e probabilmente sono una sintesi felice tra fabbisogni standard e capacità fiscale. Io non ho gli strumenti per dirlo, però mi Pag. 15piacerebbe ascoltare una sua riflessione al riguardo, considerato che credo che lei ne abbia tutti gli strumenti.
  Arrivo all'ultima questione. La diminuzione della spesa pubblica, al di là delle annunciate rivoluzioni, a mio giudizio, può realizzarsi attraverso la corretta applicazione dei costi standard. Questa mi sembra la via maestra (forse sbaglierò). Come lei ci diceva, la scadenza del 15 marzo non è stata sufficiente per individuare in maniera puntuale come ripartire il Fondo di solidarietà. Considero molto importante quello che lei ci ha detto rispetto alla pubblicità dei dati.
  Io penso che sul tema dei fabbisogni standard sia inutile parlare di rivoluzione. A me sembra davvero il minimo sindacale (mi permetta questa valutazione, che non so se sia corretta) per puntare davvero a rendere concreto il principio di responsabilità. In questo senso, credo che anche la Commissione possa fornire qualche contributo a una discussione che, a mio giudizio, dovrebbe mettere un po’ i piedi per terra in tema di riforma del bicameralismo, riforma del Titolo V e proseguimento di quel cammino sul federalismo fiscale di cui lei parlava nella parte finale del suo intervento.
  Mi scusi se l'ho presa un po’ alla larga, ma temo che senza mettere i piedi nel piatto la discussione si faccia più ideologia e poco capace di andare alla radice dei problemi che si hanno, pur nella consapevolezza che questi problemi non possono essere risolti a colpi di scimitarra. È del tutto evidente che questi temi vanno affrontati con gradualità, ma in assenza di una conoscenza precisa dei dati la mia impressione è che tutte le notti continueranno a essere griglie, mentre non è così.

  PRESIDENTE. Il lavoro che voi state facendo sulle capacità fiscali è fondamentale. Non ho capito se state monitorando tutti i comuni italiani o soltanto quelli dell'Obiettivo convergenza.
  Quando questo lavoro potrà essere reso pubblico alle sedi parlamentari, ad esempio alla nostra Commissione ? Dopo i diversi passaggi (COPAFF, Ragioneria, condivisione con ANCI eccetera) quando potrà arrivare in Parlamento ?
  Purtroppo hanno iniziato a votare in Senato e noi non possiamo assolutamente derogare all'orario di lavoro della Commissione. Inviterei i nostri ospiti a farci avere nei prossimi giorni, sulla base delle osservazioni che sono state formulate, un contributo scritto, che sarà reso disponibile a tutti i commissari.

  FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Presidente, lo farò senz'altro.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Lapecorella per il suo intervento e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.55.

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