XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Giovedì 23 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Audizione del capo della polizia, Alessandro Pansa:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Pansa Alessandro , Capo della Polizia ... 3 
Bindi Rosy , Presidente ... 11 
Garavini Laura (PD)  ... 11 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 11 
Lumia Giuseppe  ... 12 
Bindi Rosy , Presidente ... 12 
Lumia Giuseppe  ... 12 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 14 
Lumia Giuseppe  ... 14 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 14 
Lumia Giuseppe  ... 14 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 15 
Bindi Rosy , Presidente ... 15 
Vecchio Andrea (SCpI)  ... 15 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 15 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 15 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 15 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 16 
Albano Donatella  ... 16 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 16 
Bossa Luisa (PD)  ... 16 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 17 
Lumia Giuseppe  ... 17 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 17 
Manfredi Massimiliano (PD)  ... 17 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 18 
Buemi Enrico  ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Mirabelli Franco  ... 19 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 20 
Lumia Giuseppe  ... 20 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Mirabelli Franco  ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 
Moscardelli Claudio  ... 20 
Bindi Rosy , Presidente ... 20 21 
Moscardelli Claudio  ... 21 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 21 
Attaguile Angelo (LNA)  ... 21 
Bindi Rosy , Presidente ... 21 
Vaccari Stefano  ... 21 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 22 
Ricchiuti Lucrezia  ... 22 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 22 
Manfredi Massimiliano (PD)  ... 22 
Pansa Alessandro , Capo della polizia ... 22 
Bindi Rosy , Presidente ... 22 

Comunicazioni del Presidente:
Bindi Rosy , Presidente ... 23

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del capo della Polizia, Alessandro Pansa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del capo della polizia, il prefetto Alessandro Pansa, sui temi oggetto dell'inchiesta parlamentare.
  Ricordo inoltre che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera. Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, potrà chiedere che i lavori della Commissione proseguano in seduta segreta.
  Ringrazio il prefetto Pansa per la sua presenza, rilevando peraltro che l'ultima volta che il capo della polizia è stato sentito in audizione presso la Commissione risale a circa quindici anni fa (nel 1999-2000) , quando fu presente il prefetto Masone. Siamo quindi particolarmente lieti della sua presenza e desiderosi di ascoltarla.
  Do la parola al capo della polizia, il prefetto Alessandro Pansa.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della Polizia. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti i parlamentari.
  Farò un'introduzione descrittiva dei fenomeni d'interesse della Commissione e poi sarò pronto a fornire tutte le delucidazioni possibili. Parto da una constatazione: negli ultimi tempi i grandi risultati ottenuti dalle forze di polizia e dalla magistratura hanno sicuramente indebolito le strutture criminali, ma nello stesso tempo ne hanno determinato il mutamento, sia dal punto di vista dell'organizzazione sia dal punto di vista delle dinamiche interne. Nonostante abbiamo una normativa contro la criminalità organizzata sicuramente all'avanguardia, questo non ha interamente impedito alle organizzazioni criminali di trasformarsi, di espandersi o di continuare a costituire sacche di illegalità.
  Il nostro Ministro, in occasione di un discorso sull'Expo 2015, ha detto che le mafie sono una grande questione nazionale. Se lo sono, bisogna che ogni istituzione e ogni organismo, in qualsiasi momento, decisione o attività, ponga l'argomento mafia nella maniera giusta e lo tenga nella dovuta attenzione e centralità, in relazione alle decisioni che, a seconda della circostanza e della materia, vengono prese.
  D'altra parte oggi, di fronte a una crisi di così lungo periodo, che incide fortemente sul tessuto economico, possiamo ritenere che questa abbia influenzato l'atteggiamento delle organizzazioni criminali, che si stanno trasformando e stanno evolvendo le loro capacità imprenditoriali e di infiltrazione nel sistema economico e produttivo. Non solo le organizzazioni si stanno trasformando da una mafia di tipo parassitario a una con maggiori competenze Pag. 4gestionali, ma, soprattutto nel Mezzogiorno, stanno diventando delle vere e proprie reti di welfare. Più avanti cercherò di spiegare come.
  Passando ad analizzare le singole realtà, partirei sicuramente dalle organizzazioni criminali calabresi che, per capacità, posizionamento nel panorama criminale nazionale e internazionale e attitudini espansionistiche, stanno consolidando sempre più la loro grande affidabilità. Sugli scenari criminali vengono accettate come le organizzazioni probabilmente più affidabili e, nel loro ambito, tra le più serie.
  Hanno una struttura unitaria che persiste, rivendicando autonomia rispetto alle altre organizzazioni criminali. Le ’ndrine (ossia le singole organizzazioni ’ndranghetiste) risultano molto funzionali ad alcune attività economiche di livello nazionale, ed anche alla gestione dei vecchi e tradizionali comparti del crimine.
  Le organizzazioni calabresi continuano ad essere sicuramente leader nel narcotraffico, ma non disdegnano di provare a infiltrarsi nella realizzazione delle grandi opere e nella riqualificazione dei contesti dove giungono risorse economiche per ricostruire, in seguito ad eventi di vario genere. Hanno, infatti, un ambito prioritario di interesse proprio in quelle aree dove si concentrano le risorse pubbliche.
  Gli elementi di criticità rilevati in passato in Calabria, relativamente alla capacità di infiltrazione del sistema mafioso locale nelle amministrazioni calabresi, purtroppo perdurano, con situazioni che diventano quasi paradossali. Poco tempo fa nel comune di Roccaforte del Greco, in provincia di Reggio Calabria, non si poteva votare, proprio perché non si riusciva neanche a presentare le liste. Il panorama di interessi della criminalità calabrese spazia in tutti i settori.
  Anche cosa nostra è sempre particolarmente attiva. Probabilmente l'operosità di cosa nostra in questo periodo sembra sottotono, ma è molto convulsa, sia perché sta cercando di trovare un nuovo profilo organizzativo sia perché sta cercando di individuare nuove forme gestionali delle attività criminali, e quindi anche una nuova leadership che non sembra essere ancora consolidata nelle mani di nessuno.
  La struttura piramidale ha qualche difficoltà a mantenere il suo tipo di organizzazione. Questo non è sintomo di minore, ma al contrario di maggiore pericolosità, perché la concitazione per conseguire posizioni di comando, all'interno di cosa nostra, può rendere le singole componenti delle organizzazioni criminali più pericolose e più agguerrite.
  Anche la figura, ormai predominante, del latitante più importante, Matteo Messina Denaro, in questo momento, non sembra aver conseguito la leadership delle organizzazioni criminali siciliane. Anzi, gli ultimi segnali che vengono dalle attività investigative denotano una sua vocazione all'arricchimento personale piuttosto che alla gestione corale dell'organizzazione. Messina Denaro sembra essere volto a interessi propri e redditizi, senza aver assunto un ruolo carismatico o di leadership all'interno di cosa nostra.
  Gli interessi emersi negli ultimi tempi tra le attività svolte da cosa nostra fanno registrare sempre il coinvolgimento di meccanismi criminali nei settori economici e nelle attività produttive, soprattutto in Sicilia, dove vengono acquisite costantemente risorse, attraverso un sistema di imposizione dell'estorsione e del controllo degli appalti, nel tentativo continuo di intercettare fondi pubblici e finanziamenti. Peraltro, la riduzione di questi ultimi crea difficoltà all'organizzazione, che ottiene meno danaro pubblico e, quindi, ha esigenze di acquisire ricchezza anche in altre forme, ma ha difficoltà a farlo. La ricchezza per cosa nostra è fondamentale, sia per le spese di mantenimento dell'organizzazione, sia per le esigenze di crescita dei singoli leader all'interno dei diversi gruppi, al fine di conseguire posizioni di predominio sugli altri.
  Le organizzazioni criminali siciliane manifestano una certa insofferenza nei confronti degli atteggiamenti rispettosi della legalità da parte di coloro che, per il loro ufficio, esercitano l'azione antimafia. Pag. 5Non mi riferisco solo ai magistrati e alle forze dell'ordine. C’è insofferenza da parte degli affiliati a cosa nostra anche nei confronti degli amministratori giudiziari, dei funzionari pubblici, degli imprenditori coraggiosi e di coloro che fanno del loro ufficio un presidio di legalità, e verso cui gli stessi gruppi criminali manifestano una notevole resistenza, insofferenza e voglia di reagire.
  Per quanto riguarda la criminalità campana, da molti anni questa è notevolmente fluida, sia nelle sue manifestazioni sia nelle sue evoluzioni e continua a esercitare un forte controllo sul territorio. La camorra, nel contempo, si avvia anch'essa verso una fase di maggiore mimetizzazione, anche se mantiene sempre connotati assai violenti attraverso i quali disvela la sua presenza, vanificando i citati tentativi di mimetizzazione.
  I fenomeni criminali della camorra sono sempre legati a un meccanismo di polverizzazione per quel che riguarda i percorsi decisionali, ma anche a una continua e intensa ricerca di mettere le mani sui circuiti economici, finanziari e politici locali. Anche in Campania la criminalità inquina notevolmente molti settori della politica regionale, determinando lo scioglimento di numerosi enti locali.
  Anche l'azione di contrasto nei confronti della camorra ha determinato quasi certamente una trasformazione della fisionomia dei vecchi clan. Gli scenari si sono molto evoluti, sia nella provincia di Napoli che nella provincia di Caserta. In quest'ultima le due più grosse organizzazioni sono il clan dei Casalesi e il clan Belforte di Marcianise, che mantengono la loro leadership.
  I maggiori interessi dei due gruppi criminali continuano a essere il traffico degli stupefacenti, le estorsioni, il contrabbando delle merci e dei tabacchi, le rapine, la gestione dei videopoker e delle scommesse clandestine, la contraffazione e il traffico dei rifiuti. Inoltre, continuano permangono le infiltrazioni, soprattutto attraverso prestanome, nei meccanismi produttivi e nelle proprietà immobiliari e commerciali, anche di esercizi pubblici di vario genere.
  Il settore che in questo momento in Campania, anche per fatti contingenti, è particolarmente all'evidenza è la cosiddetta «ecomafia», che costantemente si rafforza, anche nella capacità di contaminare i circuiti amministrativi, ovvero i cosiddetti «colletti bianchi» impegnati nelle diverse amministrazioni che intervengono nei vari settori del ciclo dei rifiuti sia solidi urbani che speciali e pericolosi.
  I sequestri che si stanno svolgendo ancora in questi giorni disvelano che, non soltanto in Campania, ma anche in altre regioni, e soprattutto nel Lazio, le organizzazioni criminali hanno conseguito una forte presenza in diversi settori di natura commerciale, come l'agroalimentare, la ristorazione e l'abbigliamento.
  Le organizzazioni criminali pugliesi e lucane, soprattutto quelle dell'area barese, del salentino e del Gargano, denotano anch'esse una capacità di organizzazione forte, ma non equilibri strategici e gerarchie consolidate. Le loro attività spaziano dal traffico di droga allo sfruttamento della prostituzione, dalle rapine all'organizzazione di furti di grosse dimensioni su tutto il territorio nazionale.
  Il nostro panorama criminale, purtroppo, è arricchito anche dalle criminalità straniere. Diverse organizzazioni operano nel nostro Paese con modalità mafiose, pur non avendo quasi mai relazioni dirette con le organizzazioni mafiose italiane.
  Le attività di contrasto indirizzate nei confronti di queste organizzazioni si basano, per la maggior parte, sulle nostre capacità di cooperazione, sia giudiziaria che di polizia, a livello internazionale, perché soltanto i meccanismi investigativi, che agiscono contemporaneamente nei Paesi d'origine e nei Paesi dove le organizzazioni operano, riescono ad avere successo.
  I gruppi criminali stranieri hanno connotazioni abbastanza nuove per quel che ci riguarda. Mi riferisco alle cosiddette «bande giovanili» – legate ad alcune manifestazioni Pag. 6di teppismo urbano – quasi tutte su base etnica con legami culturali con l'etnia di appartenenza.
  Allo stato, queste bande non mostrano alleanze con altri tipi di organizzazioni criminali, ma non abbiamo ancora la capacità di prevedere la loro evoluzione. Sono tutti giovani e non sappiamo se, crescendo, queste bande giovanili si trasformeranno in vere e proprie organizzazioni criminali oppure perderanno la loro connotazione e spariranno, cedendo il posto ad altri gruppi giovanili.
  Parliamo di gruppi quasi esclusivamente di etnia sudamericana che operano prevalentemente nel Nord Italia. In questo momento non ci interessano in quanto non sono assimilabili alla criminalità mafiosa, ma è importante seguirli e averne cognizione, perché non sappiamo come evolveranno. Oggi facciamo riferimento ai Paesi d'origine, però i condizionamenti locali possono determinare dinamiche diverse. Abbiamo, quindi, l'esigenza di seguirli e di vedere come si vanno sviluppando.
  I gruppi criminali stranieri, per la maggior parte, sono attivi nel traffico di stupefacenti, nello sfruttamento della prostituzione e nella tratta degli esseri umani, che per loro è uno dei fenomeni più redditizi, da cui le organizzazioni criminali italiane sono toccate solo marginalmente. Le principali strutture delinquenziali provengono dall'area balcanica, dalla Russia, dal Nord Africa e dall'Africa subsahariana. Abbiamo poi anche alcuni sodalizi cinesi e sudamericani.
  Va precisato che, a nostro avviso, per quale che riguarda la sicurezza pubblica, l'area balcanica resta quella di principale interesse per il nostro Paese e per tutta l'Europa, in quanto vi si sviluppa la maggior parte dei traffici illeciti. Inoltre, le organizzazioni criminali di quell'area hanno una grande capacità di esercizio della violenza e di tecniche criminali, alcune delle quali stanno entrando in disuso nelle nostre organizzazioni, mentre loro ne fanno ancora grande pratica.
  Il Dipartimento della pubblica sicurezza ha posto moltissima attenzione a questo scacchiere internazionale, sia perché sarà una delle materie che porteremo come argomento fondamentale nel semestre di presidenza italiana sia perché è stata dispiegata una rete di ufficiali di collegamento su tutto il territorio balcanico. Nei Paesi balcanici sono presenti 14 ufficiali di collegamento. Abbiamo un'area regionale gestita da un ufficio a Bucarest, con il quale seguiamo le vicende e le relazioni con i singoli Paesi, con molti dei quali abbiamo delle relazioni ottime ed efficaci.
  Per questa ragione il 9 e 10 ottobre 2013 ho organizzato a Belgrado, a spese nostre, con la collaborazione delle autorità serbe, l'incontro tra i tutti i capi delle polizie dell'area balcanica, durante il quale si sono svolti colloqui sia esclusivamente tra loro (cosa non facile) sia alla mia presenza. Nel corso di queste riunioni abbiamo individuato delle possibilità di collaborazione e di cooperazione bilaterale, trilaterale e d'insieme. Infatti, analizzando alcune rotte dei traffici illeciti che arrivano da quell'area, è evidente che l'azione di un singolo Paese è del tutto inefficace rispetto ad un'azione corale. Questa è una iniziativa che stiamo portando avanti con grande impegno. Il presidente mi chiede di essere un po’ più dettagliato e cercherò di esserlo.
  Per quanto riguarda le singole aree, abbiamo costituito dei gruppi di lavoro specifici e abbiamo in corso una serie di iniziative che vengono gestite in parte attraverso i nostri ufficiali di collegamento. Il nostro sistema di ufficiali di collegamento è diviso in cinque aree nel mondo, con una cinquantina di esperti più il personale di supporto. Quello dell'area balcanica è il più forte. A livello centrale, qui a Roma, abbiamo un front desk a cui fanno riferimento tutte le azioni. Alcuni Paesi hanno dei loro esperti di sicurezza in Italia. Per quanto riguarda alcuni di essi, noi agiamo anche su piani bilaterali, ad esempio con l'Albania, con cui gestiamo un progetto comunitario, arrivato alla quarta edizione, chiamato PANECA 4. La leadership è italiana. I fondi sono comunitari Pag. 7e sono interamente indirizzati alla crescita della capacità operativa delle forze di polizia albanesi.
  L'impegno in Albania è molto forte e viene gestito anche con una struttura operativa, sul territorio, della Guardia di finanza, che opera con mezzi aerei e mezzi navali, sia a supporto della polizia albanese sia a supporto dell'azione di cooperazione internazionale con le forze di polizia italiana.
  L'altro ieri sono stato a Bucarest ove abbiamo sottoscritto con la Romania un protocollo per l'azione congiunta di ricerca dei latitanti. I rumeni contano circa 600 latitanti in Italia. Noi riteniamo che un centinaio di latitanti (forse anche meno) italiani possano essere in Romania. L'azione congiunta ha l'obiettivo di mettere insieme le risorse e le informazioni per poter contrastare queste forme di criminalità.
  Abbiamo anche sottoscritto un accordo con un organismo che si chiama South-East European Law Enforcement Center (SELEC), un centro che raccoglie i rappresentanti di tutti i Paesi dell'area balcanica allargata (arriva fino alla Polonia). Lo scambio informativo viene assicurato attraverso la presenza degli ufficiali di collegamento di tutti questi Paesi. È un'organizzazione nata nel 1999, con un finanziamento soprattutto americano, ma in parte italiano. In seguito a questo accordo, la nostra presenza diventerà fissa pure in questo organismo che mette insieme i 13 Paesi dell'area interessata.
  Con la Serbia abbiamo un accordo di collaborazione e di cooperazione per la lotta al traffico dei veicoli rubati, la tratta degli esseri umani e il riciclaggio. In seguito agli incontri del marzo 2012, quando la Serbia ha presentato la richiesta ufficiale di candidarsi come Paese dell'Unione europea, abbiamo fornito un costante appoggio nella cosiddetta capacity building, li abbiamo, cioè, aiutati a costruire strutture efficienti per la lotta alla criminalità.
  Credo che per l'area balcanica mi sia dilungato anche troppo. Torniamo un po’ a casa nostra, dove, purtroppo, i problemi non mancano. Le organizzazioni criminali italiane continuano a mantenere le loro relazioni internazionali, con proiezioni autonome e di grande capacità criminale, come nel caso della ’ndrangheta. Anche le organizzazioni pugliesi vantano dei legami, soprattutto nell'area balcanica. Fino a poco tempo la capacità di cosa nostra nelle relazioni internazionali era diminuita. Negli ultimi tempi è stato, invece, verificato in sede investigativa, che queste organizzazioni hanno ripreso i loro rapporti, una volta molto più stabili, con gli Stati Uniti. Di conseguenza la loro capacità, sia per quel che riguarda il traffico di stupefacenti sia per il riciclaggio, continua a essere particolarmente forte.
  Comunque gli interessi delle organizzazioni criminali intorno al riciclaggio non sono diminuiti, anzi queste continuano a sfruttare i canali e le relazioni internazionali che hanno costruito intorno ai business del traffico della droga oltre che per il riciclaggio.
  A livello nazionale abbiamo una presenza forte della criminalità straniera, che, oltre a essere coinvolta nelle attività di criminalità anche organizzata, è molto attiva nei settori dei cosiddetti «reati predatori», seppure sicuramente non siamo il peggiore dei Paesi. Se volete, posso lasciarvi un documento, che confronta le principali città europee e l'Italia. Non siamo mai i primi, e a volte la nostra posizione in termini di delittuosità per 100.000 abitanti è molto più bassa rispetto a città importanti europee.
  Se mi consentite, sulle organizzazioni criminali italiane vorrei fare un'ulteriore considerazione. Noi oggi abbiamo una fotografia analitica, completa e abbastanza precisa ma, a mio avviso, è pur sempre una fotografia. Se non siamo attenti a cogliere i segnali di trasformazione di dinamiche interne, rischiamo di avere davanti sempre la stessa fotografia e non riusciamo a cogliere i mutamenti che avvengono. Sullo scenario nazionale ed internazionale la criminalità si atteggia in forme diverse.
  Non è pensabile che con una crisi finanziaria importante, seguita da una lunghissima crisi economica, nella presenza Pag. 8e negli scambi che intervengono tra le organizzazioni criminali italiane e quelle criminali straniere non si sia innescato un meccanismo di trasformazione. Di conseguenza, l'azione investigativa per noi è fondamentale non soltanto ai fini dell'acquisizione delle prove e dell'incriminazione dei soggetti ma, soprattutto a fini conoscitivi, per cogliere quegli elementi che consentano di evitare di trovarci, tra qualche anno, di fronte ad un tipo di crimine completamente nuovo, che contrasteremo con strumenti obsoleti o comunque con conoscenze non adeguate al momento.
  Attualmente i fenomeni evolutivi della criminalità, per il Dipartimento della pubblica sicurezza, sono particolarmente rilevanti e noi alla Direzione centrale della polizia criminale, che è una struttura interamente interforze, concentriamo gran parte della nostra capacità di analisi – non so se il termine sia corretto – in forma predittiva, volta alla valutazione della minaccia futura.
  Per questo motivo abbiamo uno scambio costante di informazioni con Europol, anche se i metodi di analisi di quell'organismo non sono tarati specificamente sulle esigenze italiane, perché loro hanno una visione completa della realtà europea e non dello specifico italiano. Al metodo di analisi che utilizziamo insieme ad Europol aggiungiamo metodi di analisi più sofisticati che sono propri del nostro sistema.
  Per queste ragioni, il nostro sistema di contrasto ha sicuramente indebolito le organizzazioni criminali. Però riteniamo che la capacità evolutiva di queste sia tuttora in forte movimento. Con la Direzione centrale della polizia criminale, con la Direzione investigativa antimafia e con la Direzione centrale dei servizi antidroga, tutte strutture interforze del Dipartimento della pubblica sicurezza, e con la Direzione centrale anticrimine, che invece è un ufficio della Polizia di Stato, abbiamo orientato l'attività su specifiche linee strategiche: la disarticolazione delle cosche, soprattutto delle dinastie mafiose, e la recisione delle loro proiezioni extraregionali; l'intensificazione delle attività dirette alla cattura dei latitanti più pericolosi; l'adozione di modelli operativi nuovi, da proiettare nelle aree a rischio, anche con la creazione di appositi gruppi investigativi; l'individuazione delle cosiddette «aree grigie» nelle pubbliche amministrazioni, nelle libere professioni e nell'imprenditoria; l'aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati dai clan; e l'individuazione dei gruppi di matrice estera, a connotazione tipicamente mafiosa, operanti sul nostro territorio.
  Queste sono le linee strategiche e gli obiettivi che gli uffici che vi ho citato hanno avuto e perseguono con grande impegno.
  In questo ambito, la prospettiva di un interesse delle organizzazioni criminali nelle attività maggiormente remunerative svolte nel nostro Paese, come l'esposizione universale del 2015 che si svolgerà a Milano, ha motivato l'emanazione di due recenti direttive consecutive, volte ad evitare infiltrazioni; alla Direzione investigativa antimafia è stato attribuito il compito specifico di garantire un circuito informativo in ambito nazionale a favore di un apposito gruppo di lavoro costituito a Milano. La rete della DIA deve garantire l'efficacia di questo dispositivo.
  Nel 2013 l'attività investigativa di tutte le forze di polizia ha registrato 146 operazioni contro la criminalità organizzata, che hanno determinato l'arresto di 1.679 affiliati. I latitanti catturati sono stati complessivamente 60, di cui uno è tra quelli inclusi nell'elenco dei latitanti di massima pericolosità del programma speciale di ricerca, otto sono tra i latitanti pericolosi e 51 tra i latitanti di rilievo.
  L'azione antimafia si è poi sviluppata soprattutto sulle misure di prevenzione patrimoniali, che hanno riguardato il sequestro di 10.148 beni, per un valore di 3 miliardi e 571.000 euro e la confisca di 4.591 beni, per circa 3 miliardi di euro.
  Il panorama criminale ha poi evidenziato specifiche peculiarità soprattutto nel settore dell'infiltrazione economica. Come dicevo, anche le organizzazioni criminali stanno attraversando un periodo di recessione, nel senso che traggono meno profitto Pag. 9dalle loro attività tradizionali. In altre parole, il loro core business produce di meno. Questo rappresenta per loro un depauperamento del patrimonio e una diminuzione della loro capacità operativa.
  Alcuni studi recenti hanno, infatti, accertato che la media del pizzo pagato in Sicilia si aggira sui 1.000 euro mensili, mentre la media in Campania si aggira sui 700 euro mensili. Non è quindi pensabile che le organizzazioni criminali possano gestirsi con questi introiti.
  È evidente che le grandi organizzazioni criminali stanno sfruttando in maniera massiva le varie opportunità che si sono create, utilizzando la loro ricchezza e immettendola nel sistema finanziario, piuttosto asfittico. Tali organizzazioni riescono a riconvertire con grande facilità i loro capitali, non soltanto nel sistema finanziario, ma anche in quello commerciale ed imprenditoriale.
  D'altra parte, le aziende in crisi, non riuscendo a ottenere i finanziamenti per scongiurare il fallimento, sono spinte maggiormente a fare ricorso al finanziamento delle organizzazioni criminali. Come tradizione, le organizzazioni criminali finanziano con tassi usurari. Il loro obiettivo non è quello di mantenere in piedi la capacità produttiva delle aziende che finanziano, ma, quasi sempre, è quello di acquisirne il controllo e subentrare nella proprietà, quantomeno mantenendo i proprietari come prestanome ma spogliandoli della gestione.
  Questo processo sta diventando una sorta di cavallo di Troia per entrare nel sistema dei mercati e dei meccanismi produttivi a livello nazionale. La capacità delle organizzazioni criminali di riconoscere le maglie più deboli crea una difficoltà anche nel mondo imprenditoriale. In effetti abbiamo verificato che la criminalità organizzata non soltanto è interessata a finanziare le imprese in difficoltà, ma, oltre ai suoi capitali, mette a disposizione di tali imprese anche il suo know how.
  Talvolta l'organizzazione criminale si comporta come una vera e propria agenzia di servizi o di intermediazione: fornisce immobili, manodopera in nero, false fatturazioni e prodotti rubati o contraffatti; smaltisce i rifiuti e mette a fattor comune con le aziende in crisi un ampio indotto illegale, che spazia dalla fornitura di energia e carburante all'approvvigionamento di materie prime a basso costo, dai mezzi di trasporto ai circuiti alternativi di distribuzione. Insomma, la criminalità sta evolvendo, e da un sistema parassitario, sta diventando sempre più un erogatore di servizi per l'attività di impresa.
  D'altra parte, nel nostro Paese abbiamo una forte crescita delle attività in nero. È evidente che chi produce illegalmente ha bisogno di rifornirsi in modo altrettanto illegale della materia prima, della forza lavoro e di garantirsi alle stesse condizioni i circuiti di trasporto e di smaltimento dei rifiuti. Tutte queste attività in nero alimentano il circuito dell'illegalità. I più attivi in queste attività sono gli esponenti della criminalità organizzata, che penetrano fortemente in questo settore. È questo uno dei rischi verso il quale guardiamo con maggiore attenzione; attraverso sia la prevenzione antimafia che l'azione di contrasto strettamente investigativa.
  Da ultimo vorrei dire brevemente che queste conoscenze, questa consapevolezza e questa capacità sono diventate argomento fondamentale anche per il nostro programma europeo. Infatti, per il programma del semestre italiano, nella seconda metà di quest'anno, sono stati individuati due temi di ampio respiro. Il primo si chiama «mobilità e crescita economica» e l'altro «sicurezza e sviluppo» (l'azione europea per prevenire e reprimere i rischi di inquinamento economico).
  Le preoccupazioni che ho esternato sono oggetto di un'azione non soltanto operativa, ma anche di programmazione. Abbiamo in programma una proposta di direttiva in materia di congelamento e di confisca dei beni, una proposta di direttiva relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario e una proposta di regolamento riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi, per poterli individuare meglio e più efficacemente.Pag. 10
  Concludo con il tema dei collaboratori di giustizia. Al 31 dicembre 2013 sono inseriti nel circuito di protezione 1.144 collaboratori di giustizia, cui si aggiungono 4.350 familiari e 80 testimoni di giustizia, con 267 familiari. Complessivamente abbiamo quindi sotto protezione 5.841 persone. Dal 2012 al 2013 vi è stato un aumento di circa il 10 per cento.
  Questo grande numero di persone comporta uno sforzo e un impegno di risorse umane e finanziarie notevole. A nostro avviso, il settore nel quale si può fare un intervento per modificare questo trend, senza incidere negativamente sull'utilità e sull'efficienza del sistema dei collaboratori e dei testimoni di giustizia, è il sistema delle testimonianze.
  Nel 2013, per far testimoniare i collaboratori abbiamo eseguito 5.511 accompagnamenti. L'accompagnamento si concreta nel trasporto del testimone o collaboratore dal luogo protetto all'aula di giustizia. Per non svelare la residenza protetta non si usa mai un percorso diretto o una tratta diretta. Ad esempio, non si prende un aereo da Roma per andare a Palermo, ma magari si va a Venezia, poi a Cagliari e poi a Palermo, con un dispendio enorme di soldi e di energie.
  La nostra idea è quella di incrementare il ricorso alla videoconferenza, come sarebbe auspicabile per il braccialetto elettronico. Pertanto, la videoconferenza dovrebbe essere prassi ordinaria, mentre l'eventuale diniego andrebbe espressamente ed adeguatamente motivato. Se utilizziamo, come è logico, le nostre reti di comunicazione, che sono a costo zero, il sistema Skype e quello che offre internet per i collegamenti, si riducono al minimo le spese, la mobilità e, soprattutto, i rischi non solo fisici. Spesso queste operazioni comportano il disvelamento del luogo dove il collaboratore vive, causando l'abbandono del luogo protetto, il trasferimento di queste persone e delle loro famiglie, ulteriori spese, disagi e problemi per i collaboratori stessi.
  Riteniamo che questa potrebbe essere una modifica importante. Tale obbligo potrebbe essere allargato anche al collaboratore di giustizia imputato. Infatti, il collaboratore di giustizia imputato può chiedere di assistere al processo non solo quando deve testimoniare, ma anche durante tutta la durata del processo stesso. Questo deve essergli garantito, perché è un diritto costituzionale, ma potrebbe avvenire attraverso la videoconferenza e comporterebbe un ulteriore risparmio e un'ulteriore facilitazione.
  Questa soluzione fa parte di una proposta di modifica al codice antimafia che stiamo predisponendo insieme alla Presidenza del Consiglio e al Ministero della Giustizia. Sempre nell'ambito della gestione dei pentiti abbiamo suggerito altre modifiche normative.
  Il primo suggerimento è il reinserimento sociale, che può sembrare una frase fatta ma in realtà esiste il problema vero per avviare al lavoro i collaboratori di giustizia: il primo motivo è l'età in quanto normalmente la popolazione protetta non è composta da giovani; inoltre, il numero dei soggetti ammessi al programma in quanto il numero degli ammessi è sempre superiore rispetto a quello dei collaboratori in uscita. L'altro motivo è la loro mancanza di pregresse esperienze lavorative, se non in settori che non ci interessano.
  Abbiamo poi il caso di moltissimi collaboratori che capitalizzano (la capitalizzazione è il pagamento di tutto il contributo che va dato loro per un certo numero di anni in una sola rata) e escono dal programma di protezione. Costoro usano le somme corrisposte, ad esempio, per avviare attività lavorative, commerciali e imprenditoriali, che molto spesso si risolvono in fallimenti. Per tale motivo questi collaboratori richiedono ulteriori forme di sostentamento e di capitalizzazione, oppure restano sempre senza lavoro e senza la possibilità di uscire dal programma di protezione, ritrovandosi in una sorta di programma di protezione a vita.
  Per questa ragione stiamo studiando una modifica al regolamento affinché, in alternativa alla capitalizzazione, si possa immaginare una sorta di vitalizio minimo, in modo tale da non erogare grosse somme Pag. 11che vengono sprecate spesso per incapacità. Soprattutto in un periodo come questo, quando le attività commerciali dei professionisti chiudono, aprirne senza esperienza in questo settore diventa più difficile. È meglio dunque sostenerli con una piccola somma mensile.
  Queste sono le iniziative più interessanti che noi vorremmo che il Parlamento approvasse, con una modifica del Codice antimafia. Io credo di avervi annoiato abbastanza. Mi fermo qui.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  LAURA GARAVINI. Mi scuso in anticipo se non aspetterò le risposte del dottor Pansa, perché a causa di impegni in Ufficio di presidenza non mi sarà possibile presiedere ulteriormente ai lavori della riunione. Lo ringrazio per la relazione che ci ha portato e per l'attenzione e il lavoro portato avanti dal corpo della polizia, anche nel contrasto alla criminalità organizzata.
  Ho tre quesiti sintetici. Dato che è noto che il cambio di proprietà da parte di esercizi commerciali, locali, ristoranti eccetera può essere un indicatore dell'infiltrazione della criminalità organizzata, c’è un monitoraggio particolare sui territori da parte della polizia, anche magari attraverso l'incrocio di banche dati ? Se non è così, è stato ideato un sistema da approntare nel medio-lungo periodo, finalizzato nello specifico a un monitoraggio in questo senso ?
  Alla luce della sempre maggiore presenza di infiltrazioni di criminalità organizzata nel settore del gioco, quali tipi di strumenti sono stati messi in atto dalla polizia, proprio per cercare, anche a livello territoriale, di essere ancora più incisivi nell'individuazione di eventuali infiltrazioni ?
  Nel corso della sua relazione ci ha illustrato la predisposizione di accordi bilaterali finalizzati nello specifico a individuare la presenza di latitanti che si siano recati all'estero, proprio per sfuggire alle forze dell'ordine, alla luce dei reati da loro commessi. In sede di Commissione antimafia, da parte di diversi interlocutori da noi auditi, abbiamo ricevuto considerazioni di natura diversa rispetto al fatto che non si siano ancora predisposte in Italia le squadre investigative comuni, che, proprio in relazione all'individuazione e all'arresto di latitanti nascosti all'estero, potrebbero giocare un ruolo determinante.
  Penso, ad esempio, alla cattura di Strangio, ’ndranghetista italiano catturato in Olanda, per aver commesso un reato in Germania, da forze dell'ordine internazionali. Penso che questo sia proprio l'esempio concreto e efficiente che dimostra quanto la collaborazione tra forze dell'ordine di Paesi diversi possa essere in effetti decisiva per la cattura e l'individuazione di latitanti.
  Qual è invece la sua posizione in merito, dal momento che siamo l'unico Paese a livello europeo a non avere implementato questo strumento, almeno dal punto di vista meramente legislativo ? Dal punto di vista meramente operativo, siamo comunque nelle condizioni di mettere in atto squadre investigative comuni ? Se siamo in grado, a questo punto la ratifica della convenzione è importante oppure no ?

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Mi permetto di fare una precisazione: io sono capo della polizia di Stato e direttore generale della pubblica sicurezza. Ho fatto menzione a queste attività come direttore generale della pubblica sicurezza e non soltanto come capo della polizia di Stato. Sono attività che riguardano tutte le forze dell'ordine.
  I cambi di proprietà degli esercizi commerciali sono oggetto di specifiche iniziative investigative. L'operazione che è stata fatta ieri nasce in buona parte dall'analisi delle infiltrazioni nei settori commerciali specifici. Non esiste un sistema specifico ad hoc, ma abbiamo la capacità di intrecciare i dati di varie banche dati. A questo, come all'implementazione nel settore del gioco d'azzardo, si dedica particolarmente la guardia di finanza. Soprattutto per le cosiddette «case Bingo» la guardia di Pag. 12finanza ha un'apposita iniziativa di verifica su larga scala.
  Riguardo agli accordi bilaterali per i latitanti, le squadre investigative congiunte sono senz'altro particolarmente utili. Come sapete, è una ratifica di un trattato che è all'esame del Parlamento da parecchio tempo. Nel frattempo noi abbiamo cercato di rimediare costituendo degli accordi. Ad esempio, con la Romania abbiamo fatto un accordo per svolgere insieme questa attività investigativa. Abbiamo delle squadre investigative comuni a livello bilaterale, sulla base di accordi specifici che abbiamo siglato con la Germania, con la Francia, con la Svizzera e con la Slovenia. Alcune sono volte ad attività investigative vere e proprie, altre sono volte invece ad attività di prevenzione. È evidente che la ratifica del trattato renderebbe tutto questo più semplice.

  GIUSEPPE LUMIA. Penso che avere qui il dottor Pansa sia un'occasione ghiottissima, perché è capo della polizia, direttore generale della pubblica sicurezza e ha alle spalle una lunga storia di lotta alla mafia.

  PRESIDENTE. Abbiamo detto all'inizio che erano quindici anni che non veniva il capo della polizia in Commissione antimafia.

  GIUSEPPE LUMIA. Ha fatto bene a sottolinearlo. Presidente Bindi, visto che in queste prime occasioni di lavoro ho visto che lei ha un piglio veramente determinato, per caratterizzare come inchiesta il lavoro della Commissione, farò delle domande che vanno in questa direzione.
  In primo luogo – ecco l'occasione ghiotta – bisognerebbe chiedere al direttore generale della pubblica sicurezza un report, che mai abbiamo avuto nella storia dell'antimafia, in cui sono indicati, cosca per cosca e territorio per territorio, tre parametri: la forza militare, il peso economico e le relazioni con la politica.
  Abbiamo un precedente in Commissione, presidente, che fu di Carlo Alberto Dalla Chiesa, l'unico che ebbe il coraggio di fare un report, mirato al territorio della Sicilia, di questo spessore. Da allora non abbiamo mai più avuto un report di questo tipo. Sarebbe un salto di qualità enorme che solo il direttore generale della pubblica sicurezza, che ha la visione di insieme, oltre a essere il capo della polizia, potrebbe offrire al lavoro della Commissione. Faremmo un salto di qualità enorme e sarebbe un lavoro d'inchiesta utile per la Commissione antimafia. Potremmo avere un materiale che quando andiamo in giro nei territori ci eviterebbe di farci ripetere sempre le stesse cose, che ormai anche quelli nuovi sanno a memoria.
  Per quanto riguarda la scarcerazione di fine pena, abbiamo una presenza nel territorio di boss mafiosi che hanno già scontato la pena, a causa di questo maledetto sistema di carcerazione, che dura poco per i reati di mafia. Io da tempo propongo che dovremmo andare da vent'anni all'ergastolo, per evitare un gioco micidiale di guardie e ladri che ci sfianca in termini investigativi e di risorse economiche.
  Anche in questo caso sarebbe importante avere dal direttore generale della pubblica sicurezza una mappatura di tutti i boss che, per fine pena, sono di nuovo nel territorio. Ci arrivano segnalazioni devastanti. Sarebbe il caso di avere, anche in questo caso, un report serio e ben organizzato, in modo tale che noi possiamo trarre, in termini di inchiesta, le nostre dovute conclusioni, anche in rapporto al nostro lavoro parlamentare.
  Le faccio una richiesta, dottor Pansa. Le chiedo di porre fine a una questione che esploderà da qui a pochi giorni nel rapporto con i testimoni di giustizia. Ieri ho incontrato alcuni di essi (Piera Aiello, Ignazio Cutrò, Carini e altri). È pazzesco interrompere la protezione nei loro confronti. C’è un contenzioso economico con quasi ogni testimone di giustizia. Pensiamo che attraverso l'assunzione, norma varata dal Parlamento, si possa abbattere questa condizione drammatica, ma la protezione Pag. 13per chi ha cambiato generalità e per chi vive in località protette non può essere sospesa.
  Siccome questa cosa esploderà, e in Parlamento molti deputati e senatori solleveranno in coro questa questione, prima di entrare in conflitto, in particolare con i rappresentanti istituzionali, vista anche la sua funzione, le chiedo di disinnescare subito questa condizione. Non sono persone a cui possiamo dare un calcio in culo e dire loro che abbiamo scherzato e ora possono andarsene in giro. Io parlo dei testimoni. Queste persone fanno anche cose pazzesche. Vanno in giro e testimoniano nelle scuole, senza farsi vedere in volto, ma non sono accompagnati da alcuna forza di polizia, e addirittura si devono scortare tra di loro.
  La tv ha mandato in onda un servizio al riguardo. Dobbiamo farci prendere in giro e dare l'esempio che prima usiamo i testimoni e poi li abbandoniamo ? È una cosa incresciosa. Le sto facendo una denuncia circostanziata. Sono in grado di documentarla e penso che altri deputati e senatori siano nella stessa condizione.
  La prego di disinnescare subito cosa agire questa procedura e di dire ai suoi uffici di non dare risposte burocratiche, che non servono a niente. La risposta burocratica del rimpallo (uno dice che decide il prefetto del luogo, l'altro dice che decide un altro perfetto) è una cosa che dobbiamo evitare, perché chi conosce la materia sa che è una presa in giro. Diciamo la verità. Sì da una direttiva: mollarli o proteggerli. Se li dobbiamo proteggere, la protezione non scade con la fuoriuscita dal programma, ma dura per tutto il tempo che è necessario ad evitare che si facciano del male.
  Abbiamo alcuni profili della vicenda Garofalo che gridano vendetta agli occhi di dio. Abbiamo profili che se dovessimo approfondirli – io penso che la Presidente si stia già muovendo da questo punto di vista – farebbero venir fuori delle falle micidiali nel campo del sistema della protezione.
  Sulla vicenda dei latitanti, sarebbe interessante sapere quante risorse stiamo destinando alla cattura dei latitanti più pericolosi. Sappiamo, dottor Pansa, che ci sono scarse risorse. Lei stesso ha denunciato un problema di risorse per quanto riguarda l'apparato complessivo in generale (e quindi non solo su questo aspetto). Vorrei sapere se è in grado di dire alla Commissione quanti gruppi di lavoro sui latitanti ci sono, quante risorse ci sono e se sono diminuite rispetto al passato, insomma di fare un report d'inchiesta che a noi sarebbe utile, e ci servirebbe anche per sostenerla, se necessario.
  Su Matteo Messina Denaro ci deve dare una sua lettura, direttore. Perché non lo pigliamo ? Quali sono i punti di debolezza ? Per noi è importante sapere quali sono i nostri punti di debolezza, dove dobbiamo migliorare e quali sono, secondo lei, i limiti che ancora abbiamo e che possono essere superati. È importante conoscere i punti di forza di Matteo Messina Denaro e i nostri punti di debolezza, perché è chiaro che se non riusciamo a prenderlo vuol dire che abbiamo qualche punto di debolezza. Come possiamo recuperare questi punti di debolezza e agire meglio ?
  La stessa cosa vale per Riina. Con chi ha analizzato qui in Commissione la stagione delle stragi spesso abbiamo notato, a distanza di anni, con un lavoro d'inchiesta, che anche lì ci furono delle falle clamorose, con una sorta di cronaca di morte annunciata. Per evitare di ripetere gli stessi errori, noi immaginiamo che questo sia in grado di agire, e che l'organizzazione sia in grado di agire. Prendiamo la questione sul serio (va presa sul serio) e immaginiamoci il pericolo più rischioso. Quali cosche oggi sono in grado di raccogliere quell'appello ? Chi è in grado di agire oggi ? Visto che fate analisi e avete a disposizione strumenti, fate in modo di saperlo prima, piuttosto che aspettare fatalisticamente oppure fare le cose ordinarie, seppur fatte bene e strutturate bene, come state facendo.
  In termini di prevenzione (è una vostra funzione), si tratta di individuare quali sono le cosche che possono raccogliere il messaggio di Riina, come possono agire, Pag. 14cosa stanno facendo le altre organizzazioni mafiose (stanno zitte e aspettano fatalisticamente oppure si stanno sentendo), insomma quello che sta avvenendo realmente nel mondo delle carceri e delle organizzazioni mafiose, rispetto alla presa di posizione che è ormai chiara. Stanno uscendo fuori tutte le notizie, che in parte già avevamo in Commissione e che ci presentano finalmente dati certi e parole chiare, nette, scolpite e limpide. Giocare a chiedersi se è vero o non è vero, se ha detto o non ha detto ormai lascia il tempo che trova.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Per quanto riguarda il report sulle cosche, noi l'abbiamo già. Noi abbiamo un programma che si chiama Macro (Mappe della criminalità organizzata), però non è strutturato sulla forza economica e sul coinvolgimento con la politica. È strutturato sul radicamento sul territorio, sulle linee gerarchiche, sulla presenza, sulle strutture e sulle attività che svolgono. Se ci sono coinvolgimenti del mondo economico o del mondo della politica, questi sono riportati caso per caso. Non abbiamo questo strumento di misurazione e quindi andrebbe fatto.

  GIUSEPPE LUMIA. Ce lo potrebbe fare ?

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Sinceramente non lo so.

  GIUSEPPE LUMIA. Presidente, valuti lei se è possibile.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Non so, in base alla capacità di informazione che abbiamo, quanto potrebbe essere dettagliata una cosa di questo genere.

  PRESIDENTE. Vediamo intanto quello che c’è.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Per quanto riguarda i boss scarcerati, in buona parte c’è già una mappatura e credo che sia anche abbastanza esauriente. Potremmo fornirvela.
  Per quanto riguarda i testimoni di giustizia, i casi sono complessi, perché per alcuni c’è un problema di regole che non vengono rispettate. Si crea un meccanismo di conflittualità per il quale le strumentazioni che vengono utilizzate non sono efficaci, perché alcuni di questi testimoni in vario momento non rispettano le regole. Comunque, i testimoni di giustizia vanno protetti a tutti i costi. Su questo non ho alcun dubbio. Ha perfettamente ragione.
  Per quanto riguarda i latitanti, il problema generale delle risorse è che noi negli anni abbiamo subìto grossi tagli. Con l'ultima Legge di stabilità è incominciato il recupero. Il turnover era al 20 per cento ed è salito al 55 per cento. Non abbiamo subìto nessun taglio e abbiamo ricevuto più di 700 milioni rispetto al bilancio precedente. È finita la discesa e abbiamo ripreso la salita. Speriamo che questa salita non si interrompa. Noi ci mettiamo grande impegno.
  Per quanto riguarda le risorse che sono destinate alla lotta ai latitanti, in ragione delle valutazioni sulla pericolosità e sulla capacità, ma soprattutto sul quadro informativo e sulle opportunità investigative, le risorse sono amplissime. Su Matteo Messina Denaro ci sono tantissime risorse. Permettetemi di non scendere nei dettagli, per non svelare cose che facciamo. Laddove ci sono esigenze, non abbiamo remore a investire risorse.
  Perché non riusciamo a prendere Matteo Messina Denaro ? Non lo riusciamo a prendere perché si muove molto «alla Provenzano». Ha contatti rarissimi con i soggetti e, quindi, c’è una difficoltà a conseguire in tempi brevi informazioni che, messe insieme una sull'altra, possono portare alla sua cattura. Proprio in ragione di questo tempo lungo, l'autorità giudiziaria sta ragionando (per la parte investigativa lo fa con gli investigatori, per la parte organizzativa lo farà con me a giorni) su cos'altro possiamo fare.
  Per sua informazione, stamattina abbiamo chiuso una riunione al Ministero Pag. 15per ritagliare nel budget complessivo del Dipartimento delle risorse specifiche per il personale che lavora sul caso Matteo Messina Denaro. Non avranno limiti in ordine alle risorse che possono usare per missioni straordinarie ? Hanno un budget apposito. Preferisco non dire a quanto ammonta.

  PRESIDENTE. Se vuole, secretiamo la seduta.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Se secreta, vi dico a quanto ammonta il budget.

  PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio.

  (La Commissione procede in seduta segreta).

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audio.

  (La Commissione procede in seduta pubblica).

  ANDREA VECCHIO. Dopo l'attenta analisi del senatore Lumia, che ha grande esperienza in questo settore, forse rischierò di essere banale con i quesiti che le porrò, però saranno piccoli mattoncini che forse possono servire a qualcosa.
  Io vorrei capire se c’è un rapporto tra l'aumento dei collaboratori o dei testimoni e l'attività repressiva che si va esercitando e se questo rapporto è tangibile.
  Vorrei inoltre sapere se c’è un'analisi sulla percentuale dei collaboratori in malafede o dei testimoni in malafede, perché questa è una cosa estremamente delicata. Vorrei sapere se c’è un tipo di indagine in questo senso.
  Mi viene da fare una battuta: Matteo Messina Denaro dovrebbe vivere da eremita, secondo le analisi che leggiamo sulla stampa. Andando a Trapani magari lo incontreremo con un saio e un cordone attorno alla vita. Chissà !
  Infine, noi sentiamo dire da più parti che il nostro Stato è biscazziere: utilizza il gioco d'azzardo, le slot machine e tutti i vari gratta e vinci (ce ne saranno migliaia di tipi) per fare cassa. Non avete dei suggerimenti da dare per cercare di limitare questo intervento dello Stato, relativamente alle varie società parastatali che si occupano di queste cose veramente drammatiche ?

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Per quanto riguarda il rapporto, non so quantificarglielo, ma sicuramente l'attività operativa con i collaboratori di giustizia è particolarmente proficua. Una gran parte delle operazioni sono fatte con l'aiuto di testimoni o di pentiti collaboratori. Non so dargli le percentuali, però l'attività è altamente positiva.
  Non abbiamo sicuramente la percentuale dei pentiti in malafede. Non ho i nomi qui, ma se vuole le posso dire quali sono quelli che hanno iniziato da collaboratori e sono finiti come delinquenti, perché nel momento in cui siamo in grado di stabilire che qualcuno è in malafede non è più un collaboratore, ma diventa un detenuto e sta in galera. Non ho una quantificazione a memoria, ma se vuole gliela posso dare.
  Matteo Messina Denaro vive da eremita ? Forse sì. Basta pensare a come viveva Bernardo Provenzano. Viveva da eremita, pastore o montanaro (qualcosa del genere) ed era difficoltoso. Le dico per esperienza mia personale (ma l'ho sentito anche dall'antimafia) che il latitante numero uno era Nitto Santapaola. Si diceva che era stato avvistato a via Etnea, che era stato visto in centro e nessuno lo prendeva. Nitto Santapaola viveva in una campagna recluso, lontano e nascosto, e lì l'abbiamo trovato. Spesso ci sono delle favole che vengono messe in circolo. Questi latitanti vivono effettivamente una vita nascosta. Può darsi che Matteo Messina Denaro lo troveremo in una villa.

  FRANCESCO D'UVA. Provenzano si faceva vedere ?

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Molto poco. Provenzano era quasi sempre nascosto.Pag. 16
  Riguardo allo Stato biscazziere, si tratta di leggi fatte dal Parlamento, su cui io non mi permetto di intervenire. Sicuramente noi siamo attenti, infatti esiste una normativa sulla ludopatia e sulle conseguenze negative che questa attività comporta. Come dicevo, soprattutto la Guardia di finanza è attiva in questo settore per quel che riguarda i controlli sulle sale bingo, le sale gioco eccetera, per evitare che finiscano in mano alla criminalità.

  FRANCESCO D'UVA. Lei ha detto che la mafia è una questione nazionale e che bisogna ricordarsene in ogni campo (politica, magistratura e forze dell'ordine). Mi chiedevo come fa il corpo della polizia di Stato a difendersi da eventuali infiltrazioni.
  Vorrei inoltre porle una domanda in seduta segreta.

  PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio.

  (La Commissione procede in seduta segreta).

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audio.

  (La Commissione procede in seduta pubblica).

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Lo strumento formale che noi abbiamo è la cosiddetta «incompatibilità ambientale per il personale», cioè che, attraverso l'attività informativa e il controllo gerarchico, si può rilevare. È evidente che c’è un'attività informativa in sede di arruolamento. In caso di trasferimento viene utilizzata attività informativa preventiva per evitare incompatibilità nel luogo di destinazione. Le lunghe permanenze nelle medesime sedi possono comportare rischi.

  DONATELLA ALBANO. Vorrei sapere come è possibile che quando emergono degli elementi sugli agenti, relativamente a frequentazioni con esponenti della criminalità organizzata, magari non penalmente rilevabili, ma comunque rilevanti, in assenza di approfondimenti, questi agenti vengono lasciati negli uffici, dove possono influenzare le attività oppure fungere da talpe. Oltre a dei casi in Calabria di cui siamo venuti a conoscenza, sono emersi anche episodi di questo tipo nel savonese, nell'imperiese e a Genova.
  Quali strumenti operativi servono per adottare provvedimenti preventivi in questi casi ?

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. La risposta è la stessa che ho dato prima: noi abbiamo delle procedure che riguardano il trasferimento. Il trasferimento ha delle regole. Per quel che riguarda le forme di incompatibilità non documentate o non documentabili è molto difficile agire, perché in caso di contenzioso i provvedimenti vengono annullati.
  Quando si verificano episodi di frequentazioni inopportune la nostra attenzione è volta soprattutto a documentare il tipo di connessione, per poter dimostrare, laddove non ci sia reato, che c’è un'incompatibilità ambientale.
  Onestamente non conosco i casi che lei mi cita a Savona, Imperia e Genova. Il metodo è questo. Per il resto, i capi degli uffici devono essere particolarmente attenti a non affidare a questi soggetti dei settori che possano in qualche modo mettere a rischio l'attività investigativa.

  LUISA BOSSA. Io ringrazio e saluto il prefetto Pansa, col quale da sindaco ho avuto rapporti di lavoro collaborativi e produttivi, quando lui era prefetto di Napoli.
  Per quanto riguarda L'Aquila, Milano e la cosiddetta «terra dei fuochi» bastano, a suo parere, i decreti legge emanati, le linee guide e le circolari operative per arginare la pervasività della malavita ? Penso, per esempio, agli appalti consistenti che riguardano quelle città. Insomma, si può ancora alzare il livello di tutela a suo parere e come ?
  Se penso, per esempio, alle bonifiche che dovranno farsi nel casertano e nelle Pag. 17terre a nord di Napoli che lei, come me, conosce benissimo, io ho qualche preoccupazione. Può dirci esattamente come la pensa su questo tema ?

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Questo è il problema della certificazione antimafia. Va chiarito che una certificazione antimafia è frutto di un'indagine, che non è un'indagine giudiziaria, ma è un'attività informativa lunga, approfondita e complessa.
  Dall'altro lato ci sono i tempi dell'impresa. Se per una certificazione ci impieghiamo sei mesi, l'imprenditore non è contento. C’è un rischio forte che a causa del problema della criminalità organizzata, penalizziamo in maniera eccessiva le imprese, con iter burocratici particolarmente appesantiti e gravi. La nostra forza è trovare un giusto equilibrio tra queste due componenti ed impiegare le risorse giuste.
  Per quanto riguarda L'Aquila e Milano, sono stati costituiti con decreto dei gruppi ad hoc. Per Milano è stato costituito, presso il Dipartimento della pubblica sicurezza, un gruppo che si chiama GICEX, a cui si fa riferimento proprio per poter ampliare in maniera approfondita il quadro informativo e fornire al prefetto di Milano, che rilascia la certificazione, le informazioni più ampie possibili.
  Da ultimo, per rendere ancora più veloce questo circuito che aveva delle difficoltà laddove le informazioni dovevano essere ricercate in più prefetture, abbiamo messo a disposizione la DIA, con la sua rete presente in tutte le aree. Le informazioni prevalenti di cui dispone la DIA riguardano la criminalità. Attraverso la DIA di Milano queste informazioni possono essere raccolte più velocemente, evitando che il prefetto di Milano debba scrivere al prefetto di Reggio Calabria, Cosenza, Catanzaro e Vibo Valentia, che questi debbano rispondere nei tempi al prefetto di Milano, e che le informazioni debbano arrivare in seguito al gruppo per essere analizzate. La DIA raccoglie le informazioni in un dato unico e le mette a disposizione. Questo non avviene ad horas, ma richiede tempi più o meno lunghi. Comunque questa è la macchina che, allo stato, abbiamo messo in piedi.
  L'altro sistema è quello delle white list, che non hanno avuto un grandissimo successo. Le motivazioni possono essere le più varie, ma questo è poco rilevante. Se le white list diventano molto ampie, il carico informativo cresce, il debito informativo aumenta e fornire in tempi rapidi una risposta diventa ancora più complesso. Stringere i freni è sicuramente opportuno, però bisogna sempre capire che più li stringiamo e più si allungano i tempi per il rilascio delle certificazioni.
  Ci sono dei parametri compensativi e sono stati fatti dei protocolli. C’è il protocollo per le grandi opere che in qualche modo presenta delle garanzie, laddove gli elementi informativi pervengano in un momento successivo al rilascio della certificazione favorevole. Ripeto che l'equilibrio è tra queste due esigenze, che bisogna cercare di far convivere, fornendo quanto più materiale possibile in tempi brevi.

  GIUSEPPE LUMIA. Mi pare che stamattina sia uscita la notizia che avete fatto un protocollo con Confindustria.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. È un'agevolazione. Confindustria si assume l'incarico di comunicare tutte le modifiche, agevolando l'azione ai fini del rilascio dell'informativa antimafia. In altre parole, si fanno carico di fornirci la raccolta relativa alla parte commerciale e alla parte informativa, e quindi si risparmia un sacco di tempo.

  MASSIMILIANO MANFREDI. Anch'io voglio ringraziare e salutare il prefetto Pansa. Oltre ad essere stato il prefetto della mia città, abbiamo avuto anche modo di collaborare in ruoli differenti un po’ di anni fa.
  Io, per la verità, vorrei parlare della vicenda delle certificazioni e citarle due casi specifici, perché è un tema che stiamo affrontando in sede di conversione del decreto sulla terra dei fuochi e soprattutto del collegato ambientale che abbiamo alla Camera.Pag. 18
  Durante le audizioni che abbiamo fatto come Commissione sulla terra dei fuochi, c’è stato segnalato dai suoi colleghi prefetti di Napoli e di Caserta che sulla vicenda degli appalti ambientali c’è il tema rilevante dell'impossibilità da parte loro di precludere l'accesso ad un appalto ad una ditta che è riuscita a ripulirsi per quanto riguarda la certificazione antimafia, ma ha perpetrato reati ambientali consumati e giudicati. Questo non è un elemento che consente loro di escludere queste ditte. Per questo motivo, dato che c’è una condivisione, stiamo valutando la situazione con il Ministro Orlando in sede di collegato ambientale. Alla chiusura del decreto sulla terra dei fuochi ci sarà anche un ordine del giorno di molti colleghi della Commissione su questo tema.
  Il motivo per cui non siamo ancora intervenuti su questo provvedimento, a prescindere che non era il caso, è che, come lei ben sa (per il suo secondo ruolo) si tratta di introdurre una seconda certificazione all'interno della certificazione antimafia. Il vero problema è stato accennato da lei in risposta alla collega Bossa. Gli stessi prefetti ci hanno riportato che, vista la lunghezza delle indagini per l'antimafia, benché loro richiedevano questa certificazione aggiuntiva (su cui noi siamo d'accordo), siccome non si fa in tempo ad arrivare al completamento del percorso, purtroppo l'utilizzo del silenzio-assenso diventa un'involontaria necessità.
  La preoccupazione che abbiamo è che in assenza di un sistema di controllo più accelerato e centralizzato in seno ai prefetti, questa cosa che proponiamo diventi una specie di boomerang. Benché la vogliamo fare e, insieme alla presidente, ne siamo profondamente convinti, sappiamo che in questo modo allungheremmo i percorsi.
  Lei diceva giustamente che quando si tratta di dare un'autorizzazione antimafia si deve fare un'indagine, però ci sono anche degli elementi distorsivi. A chi tra i colleghi ha fatto il sindaco è capitato di trovarsi di fronte a una ditta che aveva lavorato in più comuni e su cui due prefetture differenti davano pareri differenti. È capitato anche a colleghi presenti all'interno della Commissione. Questi sono casi da evitare.
  Passo al secondo caso. Cito una cosa che è successa oggi e che non riguarda i reati ambientali, proprio perché mi ha particolarmente colpito. Grazie alle forze dell'ordine e alla magistratura, c’è stato il sequestro del clan Contini, un clan di Napoli che controllava molti ristoranti e pizzerie di Roma.
  Stamattina ho scoperto dalle agenzie che tra le tante attività sequestrate c’è la ditta che gestiva il parcheggio nella mia città natale. Il parcheggio veniva dato in prorogatio, anno per anno. Si era sotto la soglia dei 90.000 euro e quindi paradossalmente non c'era la necessità della certificazione. C’è anche il limite della politica, ma dato che non sono amministratori del mio partito non entro nel merito, altrimenti può sembrare una polemica speciosa. La gestione è stata rinnovata per tre anni ed essendo sotto la soglia minima non c'era bisogno della certificazione. La questione è un'altra: se non avessero scoperto il sistema delle aziende, nessuno avrebbe mai saputo che quella ditta non aveva l'interdittiva antimafia, perché era ritagliata sul livello di appalto e poteva rimanere in prorogatio per dieci anni.
  So che i latitanti sono più importanti, ma vorrei sapere se c’è la possibilità di fare, piuttosto che delle white list, delle black list che ci consentano di escludere a monte, in maniera collegata tra le prefetture e ad uso interno, almeno una parte del lavoro, dato che ci troviamo di fronte a intrecci che sono stati già consumati.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Su questo vorrei fare una premessa. La certificazione antimafia non è materia di mia competenza. Non è competenza del Dipartimento di pubblica sicurezza, ma di un altro ufficio del Ministero dell'interno. Ho fatto il prefetto per tanti anni e quindi qualche cosa la dico lo stesso, però non va considerata una risposta esaustiva. La risposta la deve dare l'organismo competente del Ministero degli interno.Pag. 19
  È evidente che la certificazione antimafia è interdittiva per coloro che hanno reati indicativi di collegamenti alla criminalità organizzata. Possiamo trovare persone che hanno condanne per numerosissimi reati che non attengono a questo. Prima esisteva la tanto discussa (anche da me) interdittiva atipica, con cui si diceva che non c'era nessuna controindicazione dal punto di vista dell'antimafia, però il soggetto era stato denunciato quaranta volte per turbativa d'asta. Se un soggetto era stato denunciato più volte per tale reato, farlo partecipare a una gara pubblica non era proprio il massimo, però non si aveva il potere interdittivo.
  La stessa cosa si può dire per i reati ambientali. Una delle idee di cui si è parlato, ma sulle quali io non ho fatto nessun approfondimento, è quella della specificità. Ciò significa che se tu svolgi attività in materia ambientale, non devi aver commesso reati in materia ambientale; se svolgi attività in materia di ristorazione e somministrazione di cibi, non devi aver commesso reati in materia di contraffazione di questi prodotti; se vendi borse non devi avere precedenti per la contraffazione delle borse. L'interdizione non dovrebbe quindi essere estesa a tutti i reati, ma dovrebbe valere solo per quei reati attinenti alla specificità dell'attività svolta. Questa è l'idea, però quando si parla di società che hanno nella loro ragione sociale dall'attività finanziaria all'acquisto di prodotti agricoli, diventa difficile, perché lo spettro è amplissimo. Il silenzio-assenso a questo punto diventa un problema.
  Noi potremmo stabilire la soglia, tuttavia il problema del sottosoglia viene superato laddove, d'intesa con gli enti locali, gli imprenditori e le organizzazioni di categoria locali, si riescono a fare i cosiddetti «protocolli di legalità sul commercio», con i quali viene estesa la certificazione anche alla licenza commerciale e per l'autorizzazione allo svolgimento di attività che non vengono valutate sulla base della soglia dell'appalto ma solo sulla base della tipologia, come nel caso della gestione dei parcheggi. Tuttavia se si estendono troppo i controlli si rallenta sempre più la macchina produttiva.

  ENRICO BUEMI. Vorrei fare due domande che certamente non hanno il rilievo giuridico della segretezza, però io vorrei evitare imbarazzi. Con questo non voglio dire che il prefetto possa imbarazzarsi, ma vorrei che parlasse in maniera libera.

  PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio.

  (La Commissione procede in seduta segreta).

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audio.

  (La Commissione procede in seduta pubblica).

  FRANCO MIRABELLI. Io sono stato alla presentazione dell'ultimo protocollo su Expo a Milano. Visto che si è parlato degli appalti, mi domando se quel modello d'intervento non possa essere esteso ad altre grandi opere (come mi pare sarà). È vero che lì c’è una situazione particolare, ma vorrei sapere se pensate che i sistemi informatici di circolarità delle informazioni che si stanno mettendo in campo per quell'evento possano diventare utili anche rispetto alla certificazione antimafia. Lo chiedo perché ho apprezzato le idee e le misure che sono state messe in campo.
  Sempre su Expo, il ministro in quella sede ha annunciato il blocco del turnover e un aumento della disponibilità di forze di polizia in occasione di Expo. Credo che ciò comporterà l'assunzione di nuovo personale. Vorrei capire quali sono i tempi. L'aumento degli organici avverrà solo durante Expo o inizierà prima ? Ci sarà un'opera di prevenzione che comincerà qualche mese ?
  Ci siamo spesso interrogati in questi mesi, con diverse valutazioni rispetto allo spostamento del dottor Linares dalla questura di Trapani, dove ha dato e stava Pag. 20dando un contributo importante nella lotta alla mafia, a Napoli. Chiarisco che i napoletani sono molto contenti di avere il dottor Linares a Napoli, però se c’è qualche ragione, che ci può dire, che ha portato a questa scelta, sarebbe utile conoscerla.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Il protocollo per Expo 2015 può sicuramente essere esteso. In parte c’è già qualcosa. I sistemi informativi sono dedicati, però tenete presente che nel frattempo è in fase di realizzazione la banca dati antimafia che dovrebbe supplire a queste carenze. Probabilmente la realizzazione della banca dati soddisferà l'intera esigenza.
  Per quanto riguarda l'annuncio del ministro, secondo la legge di stabilità del 2010 (se non ricordo male) il turnover nel 2014 era limitato al 20 per cento. Con la Legge di stabilità l'abbiamo riportato dal 20 per cento al 55 per cento, perché quasi tutte le risorse in più dovranno essere utilizzate per l'Expo 2015.
  La stessa Legge di stabilità ha previsto il finanziamento per il 2014, per l'approvvigionamento dei materiali, per la formazione e l'arruolamento, e per il 2015 anche per il pagamento degli straordinari e delle missioni del personale. Infatti per il 2015 a Milano si prevede l'impiego di circa 2.900 uomini al giorno, per la gestione di tutto il sistema. Noi a Milano gestiremo gli aeroporti, le strade, le autostrade, e le stazioni ferroviarie. Non saremo concentrati soltanto sull'area espositiva.
  Gli arruolamenti cominciano adesso. Si stanno facendo i bandi per l'arruolamento e la formazione. Le nuove risorse saranno pronte all'inizio del prossimo anno.

  GIUSEPPE LUMIA. Sta parlando di bandi diretti ?

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. No. I bandi si fanno con l'esercito. È sempre un bando. Quello con l'esercito finisce nel 2016. Doveva finire nel 2021 e invece con un provvedimento è stato stabilito che finirà nel 2016 progressivamente.
  Per quanto riguarda lo spostamento di Linares, posso rispondere. L'ho disposto io e quindi conosco tutti i motivi. Il dottor Linares ha smesso di svolgere attività investigative dal 2010. Dal 2010 dirigeva presso la questura di Trapani la divisione amministrativa, che in gran parte si interessava di misure di prevenzione. Essendo una persona brava e qualificata, operava anche molto bene.
  Tuttavia, le qualità del dottor Linares sono investigative, e quindi lui doveva andare a dirigere un ufficio investigativo e doveva andare a dirigere un ufficio investigativo più importante. In precedenza aveva diretto la squadra mobile di Trapani, che esercitava la sua competenza nella provincia Trapani, con poco più di 50 uomini e un funzionario in subordine. Attualmente è andato a dirigere la DIA con 150 persone e 14 funzionari che lavorano con lui e impareranno molto da lui.
  Da un punto di vista della strategia della lotta al crimine, io credo di aver fatto non bene ma benissimo.

  PRESIDENTE. Infatti i napoletani sono contenti.

  FRANCO MIRABELLI. Presidente, non c'era nessuna polemica. Siccome ogni tanto ci sono delle questioni che diventano dei tormentoni, è meglio chiedere se c’è chi ci può dare una risposta. La quale, tra l'altro, mi pare convincente.

  PRESIDENTE. Non potevamo non porre la domanda, anche perché ci sono tre interrogazioni a riguardo e l'audizione della procura di Trapani ha fatto riemergere questa questione. Noi sapevamo perfettamente che non l'avremmo messa in difficoltà e che non ci sarebbe stato nessun problema da questo punto di vista.

  CLAUDIO MOSCARDELLI. Forse è meglio segretare la prima domanda.

  PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio.

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  (La Commissione procede in seduta segreta).

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audio.

  (La Commissione procede in seduta pubblica).

  CLAUDIO MOSCARDELLI. Inoltre, vorrei capire se ci sono già state delle infiltrazioni, e a che livello, in movimenti che svolgono attività di tipo civile in aree dove la criminalità è forte. Mi riferisco, ad esempio, alle mobilitazioni popolari e ai movimenti che si battono per l'occupazione o contro le ecomafie. Vorrei anche sapere se ci sono rischi di infiltrazioni di criminalità nei movimenti che invece fanno più propriamente lotta alla mafia.
  L'altro elemento che vorrei conoscere è il livello di presenza e di forza economica e militare di mafie straniere (russa, cinese, nigeriana, sudamericana). Vorrei capire che tipo di forza hanno sul nostro territorio e che tipo di capacità di espansione.
  Vorrei inoltre sapere, ferma restando la riservatezza delle indagini, se è chiarita la matrice della strage di Cassano Jonio.
  Da ultimo, vorrei sapere se lei può dare elementi sulla possibilità di ripristino integrale del trattamento economico aggiuntivo per il personale della DIA.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Qualche elemento di infiltrazione nei movimenti civili – uso questa espressione, ma capiamo a cosa ci riferiamo – è stato rilevato sia in Sicilia che in Campania, anche se non particolarmente pervasivo.
  Per quanto riguarda il livello di presenza economica e militare delle mafie straniere, posso farvi una descrizione di carattere molto generico, perché non ho i dati concreti. Sicuramente vi sono alcune organizzazioni criminali straniere che hanno nel nostro territorio una presenza operativa, e quindi militare, abbastanza sostenuta. Si tratta però di una presenza per bande di criminali. Basi strutturate delle organizzazioni criminali mafiose, come la mafia russa, la mafia cinese eccetera, non ne abbiamo viste. C’è qualche segnale, ma solo in relazione ad attività e ad operatività. Onestamente non abbiamo visto insediamenti veri e propri. Forse c’è stato qualcosa con i russi qualche tempo fa, ma di recente non mi sembra. Sicuramente abbiamo invece gruppi che svolgono attività illecite.
  Non sono in grado di dire niente sulla strage di Cassano, perché sono attività investigative che io non conosco.
  Sul ripristino del TEA, trattamento economico accessorio, della DIA, non so risponderle nel dettaglio, ma ho qualche difficoltà ad immaginarlo, perché noi abbiamo blocchi stipendiali per tutte le forze dell'ordine e aumentare soltanto la retribuzione del personale della DIA non mi sembra una cosa molto corretta.

  ANGELO ATTAGUILE. Io difficilmente prendo la parola. Mi piace informarmi e ascoltare, soprattutto le persone valide come lei. La sua presenza e la sua professionalità mi spingono oggi a prendere la parola per essere chiaro. Presidente, vorrei segretare le mie domande.

  PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio.

  (La Commissione procede in seduta segreta).

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audio.

  (La Commissione procede in seduta pubblica).

  STEFANO VACCARI. Vorrei richiedere al prefetto Pansa un report, che potrebbe lasciare alla Commissione, sul tema del soggiorno obbligato, che nella mia terra, l'Emilia-Romagna, ha raggiunto dei numeri impressionanti, almeno fino al 1995-1996. Parliamo di alcune migliaia di persone che purtroppo hanno lasciato segni indelebili e hanno favorito il radicamento dei Casalesi, di affiliati della ’ndrangheta e di cosa nostra. Si tratta di qualcosa di particolarmente significativo.Pag. 22
  Le chiedo qual è oggi l'intenzione su questo strumento rispetto a regioni in cui è ormai acclarata la pervasività della criminalità organizzata, anche quella più attiva e potente, come la ’ndrangheta. Se non ha i dati adesso, come posso presumere, vorrei sapere se è possibile avere un report aggiornato della presenza di persone in soggiorno obbligato in Emilia-Romagna, ma anche nel Nord in generale.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Il soggiorno obbligato ha fatto danni seri negli anni – di questo siamo convinti – e inizialmente ha favorito l'ampliamento del raggio di azione dei gruppi criminali del Sud. Per tale ragione, dal 1992 o dal 1993, non ricordo l'anno preciso, il soggiorno obbligato non esiste più. Questo sicuramente è un riconoscimento. Con gli strumenti investigativi per la mappatura delle organizzazioni criminali che operano fuori regione, assai spesso se ne determina l'origine del riferimento criminale nei vecchi provvedimenti con i quali veniva rinnovata la misura di prevenzione.

  LUCREZIA RICCHIUTI. Vorrei rifarmi alla prima domanda che le ha posto la mia collega Garavini rispetto ai cambi di proprietà degli esercizi commerciali. Io aggiungo anche i passaggi di proprietà degli immobili e dei terreni. Lei ha risposto che fate specifiche investigazioni nel merito.
  Secondo me, una fonte importante di informazioni di questo tipo potrebbe arrivare dalle amministrazioni comunali. Infatti le amministrazioni comunali, almeno quelle virtuose o che comunque sono sensibili al problema della legalità, hanno elaborato dei programmi informatici che incrociano una serie di dati enorme. L'amministrazione comunale ha dei dati, sulle persone e sulle società, che forse nessun altro ha. Dall'incrocio di questi dati, il personale capace di leggere tutta questa mole di dati è stato in grado di vedere che c'erano, per esempio, repentini passaggi di proprietà di esercizi commerciali oppure passaggi di immobili, con intestazioni a diciottenni o ultraottantenni. Queste sono delle sentinelle d'allarme. Le amministrazioni hanno poi segnalato alle forze dell'ordine i dati che non ritenevano normali e ci sono state delle indagini che hanno portato anche a degli arresti.
  Anche lei ritiene che sia utile questo scambio di informazioni ? Non è compito suo, ma sarebbe compito della politica fare in modo che questa informatizzazione capillare e la lettura di questi dati si diffondesse su tutto il territorio. Attualmente ci sono pochi comuni, anche vicino a dove vivo io, che hanno sviluppato questa capacità. Comunque, si tratta di programmi informatici che possono essere dati anche ad altri comuni, che quindi si possono dotare di questa fonte di informazione che io ritengo importante.
  Siccome siamo in emergenza, io credo che se dobbiamo combattere le mafie, ci dobbiamo tutti dare da fare e soprattutto collaborare.

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Certamente questo scambio di informazioni è molto utile. Già si opera per acquisire i trasferimenti di proprietà immobiliare attraverso i sistemi centralizzati. Le forze di polizia quando hanno elementi di sospetto, attingono ai dati attinenti al commercio che si fondano su basi di dati locali. È chiaro che se ci sono amministrazioni virtuose che sono così brave da segnalare anomalie, è anche meglio. Sicuramente una centralizzazione di questo tipo di informazioni sarebbe utilissima. Io sono un culture delle banche dati, e quindi, se fosse consentito, candiderei la banca dati delle forze di polizia per fare una cosa di questo genere, garante permettendo.

  MASSIMILIANO MANFREDI. Ho una curiosità: chi ha la possibilità di accedere alle banche dati sugli immobili ?

  ALESSANDRO PANSA, Capo della polizia. Gli uffici investigativi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il prefetto Pansa per questa audizione, che credo sia stata per noi molto utile e molto importante, e dichiaro conclusa l'audizione.

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Comunicazioni del Presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che continuerà la collaborazione instaurata nelle legislature precedenti per poter accedere alla rassegna stampa della polizia, la quale ci fornirà le password per poterla avere a disposizione. È uno strumento che i commissari avevano richiesto fin dalla nostra costituzione e di questo la ringraziamo molto. La facciamo elettronica.
  Naturalmente facciamo anche l'augurio di poter consegnare alla giustizia i latitanti. Speriamo che lo sforzo compiuto dalle forze di polizia vada a buon fine. Ritorneremo su molti di questi temi. In particolare sul tema dei collaboratori e dei testimoni di giustizia.
  Dobbiamo rinviare l'ufficio di presidenza previsto per oggi che sarà riconvocato martedì alle 10,30. Giovedì 30 gennaio è convocata la seconda audizione del Ministro della giustizia, Annamaria Cancellieri. I Commissari sono pregati di far pervenire alla Segreteria della Commissione eventuali domande.
  Comunico infine che invierò un'ulteriore lettera ai Presidenti dei Gruppi parlamentari di Forza Italia, Nuovo centrodestra e Scelta civica per l'Italia per sollecitare la designazione dei capigruppo in Commissione, e anche per avere la possibilità di costituire i comitati e nominare i coordinatori. Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 16.40.