XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 26 di Giovedì 23 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti di Articolo 21:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Parascandolo Renato , associazione Articolo 21 ... 3 
Pace Alessandro , professore emerito di diritto costituzionale ... 6 
Fico Roberto , Presidente ... 6 
Pace Alessandro , professore emerito di diritto costituzionale ... 6 
Fico Roberto , Presidente ... 6 
Pace Alessandro , professore emerito di diritto costituzionale ... 6 
Fico Roberto , Presidente ... 8 
Pace Alessandro , professore emerito di diritto costituzionale ... 8 
Fico Roberto , Presidente ... 9 
Margiotta Salvatore  ... 9 
Marazziti Mario (PI)  ... 10 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 10 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 12 
Fico Roberto , Presidente ... 13 
Parascandolo Renato , Articolo 21 ... 13 
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Parascandolo Renato , Articolo 21 ... 14 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 14 
Parascandolo Renato , Articolo 21 ... 14 
Pace Alessandro , presidente Associazione costituzionalisti italiani ... 14 
Marazziti Mario (PI)  ... 15 
Pace Alessandro , presidente Associazione costituzionalisti italiani ... 15 
Corradino Stefano , direttore del sito di articolo 21 ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Corradino Stefano , direttore del sito di articolo 21 ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 15 

Sull'ordine dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 15 
Marazziti Mario (PI)  ... 16 
Anzaldi Michele (PD)  ... 16 
Molea Bruno (SCpI)  ... 16 
Fico Roberto , Presidente ... 16 
Anzaldi Michele (PD)  ... 16 
Fico Roberto , Presidente ... 16 
Marazziti Mario (PI)  ... 16 
Fico Roberto , Presidente ... 17 

Audizione di rappresentanti del Forum nazionale del terzo settore:
Fico Roberto , Presidente ... 17 
Barbieri Pietro Vittorio , portavoce del Forum nazionale del terzo settore ... 17 
Monterubbianesi Anna , ufficio stampa del Forum nazionale del terzo settore ... 17 
Maiorella Ivano , Forum nazionale del terzo settore ... 18 
Marazziti Mario (PI)  ... 19 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 19 
Maiorella Ivano , Forum nazionale del terzo settore ... 19 
Marazziti Mario (PI)  ... 19 
Molea Bruno (SCpI)  ... 20 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 21 
Nesci Dalila (M5S)  ... 21 
Anzaldi Michele (PD)  ... 22 
Barbieri Pietro Vittorio , portavoce del Forum nazionale del terzo settore ... 22 
Marazziti Mario (PI)  ... 22 
Barbieri Pietro Vittorio , portavoce del Forum nazionale del terzo settore ... 22 
Maiorella Ivano , Forum nazionale del terzo settore ... 23 
Fico Roberto , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Comunico altresì che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Audizione di rappresentanti di Articolo 21.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti dell'associazione Articolo 21, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Questa audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo Contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Do quindi la parola al professor Alessandro Pace, professore emerito di diritto costituzionale, già presidente della Associazione costituzionalisti italiani, al dottor Renato Parascandolo e al dottor Franco Scaglia di Articolo 21, che riferiranno le valutazioni sul nuovo Contratto di servizio, con riserva per me e gli altri colleghi di rivolgere loro, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  RENATO PARASCANDOLO, associazione Articolo 21. Ringrazio il Presidente e la Commissione per aver accolto la nostra richiesta di audizione.
  Articolo 21 ha chiesto al professor Alessandro Pace di affiancarci in questa audizione. Il professore Pace è stato presidente dell'Associazione dei costituzionalisti italiani e dal 1973 fino a qualche anno fa ha anche seguito per conto della RAI l'evoluzione della giurisprudenza costituzionale sul servizio pubblico, contribuendo anche a formarla, compresa la riforma della RAI del 1975.
  Prima di cedergli la parola, vorrei fare una presentazione di Articolo 21 e spiegare i motivi che ci hanno indotto a chiedere questa audizione.
  Articolo 21 è un'associazione di uomini di cultura, giornalisti, giuristi ed economisti, che dal 2002 si è promessa di promuovere il diritto di informare e di essere informati, e soprattutto il diritto di accedere agli strumenti della comunicazione in un Paese che si attesta al cinquantasettesimo posto nella classifica sulla libertà di stampa, dove circa venti milioni di italiani in età scolare hanno soltanto la quinta elementare o addirittura neanche la quinta elementare, dove c’è un enorme conflitto di interessi che non è mai stato risolto, dove più dell'80 per cento dei cittadini italiani si informa esclusivamente attraverso la televisione, davanti alla quale trascorre più di quattro ore al giorno. Numeri che testimoniano quanto la televisione generalista sia ancora influente nel processo di formazione dell'opinione pubblica e di maturazione di una coscienza critica dei cittadini.
  Sono queste cifre inquietanti che ci hanno spinto ad aprire, con tre anni di Pag. 4anticipo sulla scadenza, una consultazione pubblica sul rinnovo della concessione, coinvolgendo in primo luogo le scuole e le università, cioè le giovani generazioni, ma anche dipendenti e dirigenti della RAI e tutte le più vivaci forze intellettuali dell'industria audiovisiva e dell'editoria. Con questa iniziativa abbiamo inteso trasformare un semplice atto amministrativo in una riflessione collegiale sui nuovi diritti di cittadinanza, sulla modalità di diffusione della cultura e dell'informazione, sullo sviluppo dell'industria della comunicazione nel nostro Paese. Questa consultazione poteva apparire a prima vista prematura (sappiamo comunque che la BBC fa qualcosa di analogo tre anni prima), tuttavia, se si fosse affrontata a ridosso della scadenza del 2016, ridefinire la missione della RAI avendo dei paletti come l'attuale assetto istituzionale legislativo e l'attuale organizzazione dell'azienda sarebbe servito a poco.
  La prima tappa di questa consultazione si è svolta nello scorso mese di luglio, con un convegno organizzato da Articolo 21, Fondazione Di Vittorio ed Eurovisioni, con la partecipazione di moltissime associazioni sindacali di categoria, come la Federazione della stampa, i produttori televisivi, CGIL, CISL e UIL, USIGRAI, ADRAI, ARCI, Unione cattolica stampa italiana. Un secondo convegno si è svolto a Villa Medici nell'ottobre scorso, dove abbiamo lanciato l'idea di un concorso rivolto agli studenti di ogni ordine e grado, anche universitari, per riscrivere la carta d'identità della RAI.
  La RAI, come è noto, perlomeno da una ventina d'anni è andata via via smarrendo la sua identità, nonostante gli alti e bassi, e a questo punto abbiamo pensato di rivolgerci proprio ai nativi digitali, per cercare di fare con loro il punto della situazione e coinvolgerli in questa riflessione sulla riscrittura della carta d'identità della RAI, ponendola sotto forma di un concorso. Esso consiste nel definire la missione della RAI in non più di dieci righe, quasi fosse un articolo della Costituzione, da cui poi dedurre, come in un teorema, tutto ciò che ne discende, così una volta per tutte avremmo un punto di riferimento chiaro su che cos’è il Servizio pubblico e quali compiti deve svolgere.
  Abbiamo illustrato questo progetto al Ministero della pubblica istruzione, che lo ha accolto, sul sito del Ministero sono stati pubblicati il bando, il regolamento e anche le modalità di iscrizione. Già nel prossimo 14 febbraio terremo l'incontro con le prime cinquanta scuole del Lazio che hanno aderito al concorso, alcune delle quali stanno già lavorando per scrivere la carta d'identità.
  Naturalmente stiamo fornendo loro tutti i materiali necessari per scrivere e per lavorare, e i membri della giuria sono per ora circa quaranta, personalità importanti perché abbiamo voluto che fosse rappresentativa della RAI, e non solo della cultura italiana, ma anche dello spettacolo, del cinema. Vi faccio alcuni nomi: Sergio Zavoli, Tullio De Mauro e Dario Antiseri, uomini di spettacolo come Dario Fo, Giorgio Albertazzi e Renzo Arbore, proprio a sottolineare l'importanza che hanno rivestito l'intrattenimento e lo spettacolo nella programmazione del servizio pubblico. Fanno parte della giuria a titolo personale direttori generali del Ministero dei beni culturali, della pubblica istruzione e anche della RAI. Il concorso gode del patrocinio dell'EBU: un alto dirigente, la dottoressa Iacobacci, responsabile dei nuovi media dell'EBU, è membro della giuria.
  Questa è la premessa. Il motivo per cui abbiamo chiesto di essere auditi è che temiamo che alcuni articoli del contratto di servizio pregiudichino e condizionino fortemente il rinnovo della concessione, spianando la strada non solo al ridimensionamento del servizio pubblico, ma anche alla privatizzazione della RAI. Oltretutto, appare evidente che questo contratto di servizio, una volta approvato, sarà di fatto prorogato fino a maggio 2016, quindi varare questo contratto di servizio significa praticamente farlo coincidere con il rinnovo della concessione. Pag. 5Vale la pena anche di sottolineare un paradosso: il contratto di servizio è nato sostanzialmente per definire l'entità del canone, questa volta al contrario il canone non è stato aumentato e il contratto ha assunto una veste politica, laddove dovrebbe essere solo un atto amministrativo.
  Gli articoli che destano forti preoccupazioni sono quelli che riguardano il cosiddetto bollino, l'esclusione dell'intrattenimento dagli obblighi di servizio pubblico e la presunta scadenza della concessione. Sui primi due punti si sono espressi negativamente in modo risoluto, come naturalmente è noto, molte associazioni di categoria, esponenti della cultura, ma su questo poi interverrà il professor Pace. Ad abundantiam, però, mi fa piacere citare una frase, tratta dal discorso che il papa Francesco ha rivolto ai dirigenti e ai dipendenti della RAI accolti in udienza nei giorni scorsi: «Tutte le professionalità che fanno parte della RAI (dirigenti, giornalisti, artisti, impiegati, tecnici e maestranze) sanno di appartenere a un'azienda che produce cultura ed educazione, che offre informazione e spettacolo, raggiungendo in ogni momento della giornata una gran parte di italiani».
  Mi sia consentita una breve digressione sul bollino. La richiesta di apporlo mi pare del tutto pleonastica per il semplice fatto che il bollino c’è sempre stato sui programmi di servizio pubblico. Attualmente è blu, non è rotondo, ma è quadrato, e dentro vi è impressa la scritta «RAI». Non vedo per quale motivo bisognerebbe aggiungere un secondo bollino a uno già esistente, che caratterizza tutta la programmazione del servizio pubblico, che in quanto tale è proprio nella sua complessità di servizio pubblico.
  Il terzo punto, quello sulla presunta scadenza piuttosto che rinnovo della concessione, non è stato approfondito: il professor Pace lo affronterà.
  Da parte mia, desidero solo ricordare la sequenza – a dir poco preoccupante – di dichiarazioni o atti che negli ultimi mesi hanno contraddistinto il dibattito sul servizio pubblico, con l'intento di ridimensionarlo, stranamente proprio in una fase caratterizzata dal tentativo dell'attuale vertice aziendale di riscoprirne le ragioni etiche e civili.
  Nei giorni immediatamente successivi alla soppressione ipso facto della televisione pubblica greca, viene reso pubblico uno studio di Mediobanca Securities, non si sa da chi commissionato, che stimava in 2,47 miliardi il valore di mercato della RAI. Il 2 luglio, intervenendo al nostro convegno del CNEL, il viceministro Catricalà ha annunciato che la data del 6 maggio indica la scadenza e non il rinnovo della concessione alla RAI e che, pertanto, il servizio pubblico potrebbe essere messo a gara.
  Nei giorni di ferragosto, il Ministero dello Sviluppo economico invia alla RAI una nuova versione del contratto di servizio, frutto – a quanto si dice – piuttosto di una imposizione che di una concertazione tra le parti. Il 26 ottobre il ministro Saccomanni a Che tempo che fa annuncia che sta pensando alla privatizzazione della RAI, smentendo clamorosamente il Presidente del Consiglio, che sin dal suo insediamento ha ripetutamente affermato che «la privatizzazione della RAI non è un tema presente nel programma del mio governo».
  Il 26 novembre, il Commissario alla revisione della spesa Cottarelli inserisce la RAI tra le aziende da privatizzare. Il 18 dicembre viene firmato il decreto ministeriale con il quale si nega alla RAI l'aumento di 1,5 euro del canone, nonostante sia dovuto per legge, appellandosi al contratto di servizio come se fosse già approvato. Mi sia consentito di considerare questa forzatura quantomeno uno sgarbo nei confronti della Commissione.
  La RAI celebra quest'anno i sessanta anni della televisione. Viene da pensare che ci sia qualcuno che, piuttosto che festeggiarla, voglia farle la festa. Risulta evidente da questa elencazione che il tema della concessione è già presente nell'agenda politica, pertanto, d'ora in poi, tutte le decisioni che saranno assunte Pag. 6dai partiti e dalle istituzioni, a partire dal contratto di servizio, andranno valutate e interpretate in relazione alla data del 6 maggio 2016.
  Aprendo la consultazione sul futuro della RAI, mettendo al centro le giovani generazioni, abbiamo voluto giocare d'anticipo per evitare di essere imbrigliati in una battaglia di retroguardia, che costringerebbe a difendere lo status quo, piuttosto che immaginare una RAI rinnovata dalle fondamenta, a cui sia concessa per la prima volta una reale indipendenza, che le consenta di consolidarsi come la più importante industria culturale del Paese e volano di tutto il comparto audiovisivo e multimediale.

  ALESSANDRO PACE, professore emerito di diritto costituzionale. Grazie, Presidente. Quanti minuti ho a disposizione ?

  PRESIDENTE. Una decina.

  ALESSANDRO PACE, professore emerito di diritto costituzionale. In dieci minuti cercherò di fare un miracolo, perché i problemi sono diversi, comunque ho preparato anche un testo scritto, che sottopongo alla vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Il testo scritto lo metteremo agli atti.

  ALESSANDRO PACE, professore emerito di diritto costituzionale. Cerco di andare molto velocemente. Tre temi che sottopongo alla vostra attenzione: l'illegittimità sotto vari profili del decreto del 17 dicembre 2013 del ministro dello Sviluppo economico; la discutibile iniziativa contenuta nel contratto di servizio relativa al bollino blu; i problemi che sollevava l'articolo 23 del contratto di servizio, cui da ultimo ha riferito il dottor Parascandolo.
  Il decreto 17 dicembre 2013, già inviato alla Corte dei conti per la registrazione, ha disposto che per l'anno 2014 non debba essere accordato alla RAI l'adeguamento del canone di abbonamento al tasso di inflazione programmato, previsto dall'articolo 47, comma 3, del decreto legislativo n. 177. Tale diniego viene giustificato nelle premesse del decreto in un quadro di coerente delimitazione degli obblighi di servizio pubblico da realizzare – attenzione – «anche in sede di approvazione del contratto di servizio RAI 2013-2015», quindi prima ancor che su tale contratto di servizio codesta Commissione si fosse pronunciata.
  Date tali premesse il decreto è da ritenere illegittimo. Per quale ragione ? Perché il parere della vostra Commissione è previsto dall'articolo 1, lettera b), n. 10, del decreto legislativo 249 del 1997. È un parere non solo obbligatorio, ma anche vincolante perché a codesta Commissione è attribuito, dalla legge n. 103 del 1975, il compito di vigilare in ordine all'attuazione delle finalità del servizio pubblico. Comunque sia, è obbligatorio, quindi il fatto che il ministro non abbia sottoposto preventivamente alla vostra attenzione il decreto costituisce già di per sé una illegittimità, che potrebbe essere sanata solo ritirando il decreto dalla Corte dei Conti, sottoponendolo a voi e facendolo successivamente pubblicare. Se invece fosse pubblicato in questo momento, con questa veste, sarebbe formalmente illegittimo perché mancherebbe il parere di codesta Commissione.
  In secondo luogo, il decreto è viziato nel merito, in quanto gli obblighi del servizio pubblico non sono delimitabili dal contratto di servizio. Ho letto in precedenza quello che dice il decreto, ossia che l'emanando contratto di servizio renderebbe «coerente la misura [...] nel quadro di coerente delimitazione degli obblighi». Chi li delimita ? È il contratto di servizio che delimita gli obblighi di servizio pubblico, ma si possono parcellizzare gli obblighi del servizio pubblico ? La risposta è negativa. Ce lo dice lo stesso decreto legislativo 177 del 2005, all'articolo 2, comma 1, lettera m): «Il servizio pubblico generale radiotelevisivo si definisce come il pubblico servizio esercitato su concessione, nel settore radiotelevisivo, mediante la complessiva programmazione, anche non informativa, Pag. 7della società concessionaria, secondo le modalità e nei tempi indicati dal presente testo unico e altre norme di riferimento». Com’è noto, questo articolo chiude una importante polemica, non solo italiana, ma anche a livello europeo, successiva a una sentenza del tribunale di I grado delle Comunità europee del 1996, se per servizio pubblico si dovesse intendere l'organismo di radiotelevisione, oppure il prodotto, come sostenuto in Portogallo e come sostenuto in Italia da Mediaset, in quanto pretendeva di poter ottenere il canone di servizio pubblico, per esempio, per i concerti che venivano mandati in onda la domenica mattina da Canale 5.
  Tornerò su questo punto nel prosieguo, però, proprio con questo specifico riferimento, vi faccio presente che, sia nel protocollo allegato al Trattato di Amsterdam, n. 13, sia nel protocollo allegato al Trattato di Lisbona del 2007, il n. 29, si dice (permettetemi la lettura che è chiarificante) che: «Le disposizioni del Trattato che istituisce la Comunità europea non pregiudicano la competenza degli Stati membri a provvedere al finanziamento del servizio pubblico di radiodiffusione, nella misura in cui tale finanziamento sia accordato agli organismi di radiodiffusione, ai fini dell'adempimento della missione di servizio pubblico ...». La missione di servizio pubblico non può che essere riferita a un ente collettivo soggetto ad un organismo di radiotelevisione, non già ai singoli programmi. Ecco perché non si può dire che il programma culturale è servizio pubblico e le canzonette non lo sono; del resto ricordate che la BBC, che è stato in passato ed è tuttora il più grande e illustre dei servizi pubblici, aveva come motto «Divertire, informare ed educare».
  Quindi c’è una grande confusione, a proposito della pretesa di poter parcellizzare il servizio pubblico proprio contro la cosiddetta legge Gasparri.
  In terzo luogo, il decreto ha violato, sotto altro profilo, l'articolo 47, comma 3, che dà al Ministro dello sviluppo economico soltanto il potere di stabilire l'ammontare del canone di abbonamento in vigore dal primo gennaio, per adeguarlo al tasso di inflazione. Pertanto, non gli riconosce il potere di bloccarlo. Va inoltre sottolineato che premesse del decreto in cui si cita il decreto-legge 69 del 2013, quello della spending review, però, come avrebbe detto Di Pietro: che c'azzecca ? Quest'articolo non c'entra niente, perché un conto è la razionalizzazione di attività e servizi offerti dalla società controllata; altro conto è disporre che il canone non debba adeguarsi al tasso di inflazione. C’è bisogno di una norma specifica perché addirittura si possa negare l'aumento del canone.
  Passo al secondo punto, quello dei bollini, su cui già si è intrattenuto il dottor Parascandolo. Solo se si ha presente la premessa del citato decreto si chiarisce bene l'entità del problema sollevato dai bollini, perché, come ho detto un attimo fa, il non adeguamento del canone viene ritenuto necessario, in conseguenza della delimitazione degli obblighi di servizio pubblico. Ebbene, che cosa fa il contratto di servizio ? Delimita appunto gli obblighi del servizio pubblico. All'articolo 6, comma 2, e all'articolo 7, comma 2, c’è una lunga fila di programmi che sono promossi e che sicuramente hanno tutti i titoli. Il problema, al momento, non è tanto di discettare su quello che sia teoricamente il servizio pubblico, su cui peraltro avrei anche delle ragioni da spendere. Se infatti pensate a programmi di intrattenimento leggero come Indietro tutta ! o Quelli della notte, anche quella era cultura. Anzi – aggiungo un aspetto su cui non mi sono soffermato nel testo scritto – è proprio nel complesso della sua programmazione che si qualifica il servizio pubblico, nel senso di garantire la qualità anche dell'intrattenimento leggero. Non insisto troppo, perché dieci minuti sono quasi passati.
  Con riguardo al declassamento dell'intrattenimento leggero merita tuttavia di essere ricordata una sentenza importante, la 826 del 1988, nella quale la Corte costituzionale, di fronte al tentativo di Pag. 8differenziare la disciplina costituzionale delle emittenti locali che si limitavano a irradiare soltanto programmi di puro spettacolo, affermò recisamente di aver negato rilievo a siffatta distinzione, così da includervi qualsiasi messaggio televisivo, vuoi informativo, vuoi culturale, vuoi comunque suscettibile di incidere sulla pubblica opinione.
  Più di recente, mentre il Parlamento europeo nella risoluzione 19 settembre 1996 ha ritenuto che la programmazione del servizio pubblico debba presentare un insieme equilibrato di intrattenimento, cultura, divertimento e informazione, la Commissione europea, con la decisione 15 ottobre 2003 (riguardava gli aiuti di Stato) avente come destinatario la RAI, nel valutare la proporzionalità del finanziamento dello Stato alla RAI, ha avuto modo esplicitamente di riconoscere che tutta la programmazione della RAI costituisce servizio pubblico, escludendo dal finanziamento col canone soltanto i costi che potrebbero essere collegati allo sfruttamento commerciale del servizio pubblico di altre attività commerciali. Sapete che la RAI ha anche delle attività commerciali. Se sviasse i costi sulle attività commerciali, in questo caso sì, ci sarebbe una concorrenza sleale, perché potrebbe nei confronti dei concorrenti avere una diminuzione dei costi. In altre parole, tra due concorrenti, se il concorrente RAI si facesse passare i soldi del canone per giocare sul mercato, è evidente che avrebbe meno costi e quindi più possibilità di competere rispetto al competitore che non ha questo abbuono di costi. Non so se è chiaro.

  PRESIDENTE. Sembra di sì.

  ALESSANDRO PACE, professore emerito di diritto costituzionale. Qui c’è una cosa che può essere interessante. Queste cose le ho scritte anche in un articolo apparso su Repubblica il 18 ottobre scorso. Il Viceministro Catricalà scrisse una rettifica pubblicata il successivo 22 ottobre in cui sottolinea che: «con la scelta di rendere riconoscibile e valorizzare ciascun programma finanziato con il contributo del canone, si è voluto rispondere a un'esigenza di trasparenza finalizzata a informare i cittadini sull'impiego delle risorse pubbliche» aggiungendo che le norme sulla contabilità riproducono i precedenti.
  La giustificazione non mi convince, e lo rilevai in una breve replica. Storicamente le entrate della società concessionaria del servizio pubblico sono a pari titolo canone e pubblicità commerciale. Queste due entrate servono per finanziare l'intera programmazione. Che poi per ragioni contabilistiche si dica che il canone debba servire soltanto per il finanziamento di taluni programmi e non di altri, questa è una cosa interna. Sostenendo che la distinzione abbia anche rilevanza esterna si va contro quello che ho detto prima a proposito del contenuto della programmazione di servizio pubblico.
  Passo all'ultimo punto che io stesso ammetto essere il più scivoloso e cioè il problema dell'articolo 23. Questo articolo 23, infatti, solleva fondate perplessità perché si parla di una consultazione pubblica che il Ministero dello sviluppo economico si propone di svolgere in previsione della data di scadenza della concessione. Perché una consultazione pubblica ?
  È importante la citata rettifica del Viceministro Catricalà perché a questo riguardo egli sostiene che sarà necessario un intervento legislativo. È bene sia esplicitato nel contratto di servizio, perché altrimenti sembrerebbe che l'Amministrazione e il Governo possano liberamente cercare un eventuale sostituto della RAI. Tuttavia, a parte l'ovvio rilievo che sarebbe bene sottolineare la necessità del previo intervento legislativo, sembrerebbe che il Ministero dello sviluppo economico intenda comunque svolgere una consultazione pubblica sul futuro affidamento ad altri del servizio pubblico generale.
  Certo, ma non è detto che sia soltanto per riconfermare la RAI, lo dice proprio lui. Il Viceministro Catricalà scrive nella rettifica che la scadenza della concessione Pag. 9è prevista dalla legge per il 6 maggio 2016 e che «La consultazione serve a fornire al Parlamento elementi conoscitivi utili anche qualora si volesse ipotizzare una semplice proroga»; ma se si ipotizza una semplice proroga, vuol dire che c’è anche l'alternativa, ovvero quella di togliere il servizio pubblico alla RAI. Quindi i timori di Articolo 21 sono seri.
  Ma questo è mai possibile per la RAI ? Io ritengo di no. Credo di essere sicuramente il più vecchio dei presenti: sono nato nel ’35. Ebbene, essendo allora consulente della RAI seguì le vicende della legge di riforma – la legge n. 103 del 1975 – che ha fatto della RAI un ircocervo, perché è, sì, una società per azioni, ma ha tali e tante caratteristiche di un ente pubblico, che addirittura nel 2009 le Sezioni unite civili della Corte di Cassazione sbagliando dissero che la RAI era in effetti un ente pubblico. All'esito di un successivo regolamento di giurisdizione, a distanza di un anno la Corte di Cassazione a Sezioni Unite civili cambiò idea e riconfermò la natura privatistica della RAI, ancorché con queste caratteristiche pubblicistiche.
  Questo perché nel 1975 si discuteva, proprio alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 225 del 1974, se il concessionario dovesse essere ente pubblico o società per azioni e si preferì la società per azioni perché l'ente pubblico non avrebbe eliminato il controllo da parte del Governo. La storia ci ha mostrato che queste influenze purtroppo continuano anche malgrado la natura privatistica della RAI, ma se fosse stato un ente pubblico, addio riforme ! Quello che voglio dire è che questo ircocervo RAI, che ha una sua legittimazione costituzionale data dagli articoli 21 e 43 della Costituzione, ha un ruolo costituzionale da salvaguardare: ha una identità che è difficilissima da riprodurre con un'altra società che pretendesse di sostituirsi ad essa, anzi non è possibile.
  Sto correndo, ancora due minuti e ho concluso.
  Vi elenco le caratteristiche pubblicistiche di questa società per azioni: la designazione diretta da parte della legge quale concessionaria del servizio essenziale a determinati fini come ad esempio allargare il pluralismo; la sottoposizione a penetranti poteri di vigilanza da parte di un'apposita commissione parlamentare per la verifica della correttezza dell'esercizio di tale funzione; la fruizione, per coprire i costi del servizio, di un canone di abbonamento avente natura di imposta e gravante su tutti i detentori di apparecchi; la sottoposizione al controllo della Corte dei conti.
  In sostanza, se immaginiamo un bando da indire, dovrebbero essere tutte queste le caratteristiche che dovrebbero pretendersi dalla società che dovrebbe sostituire la RAI. È inimmaginabile che ci possa essere un sostituto della RAI come gestore del servizio pubblico radiotelevisivo.

  PRESIDENTE. Con quest'ultima affermazione il senatore Rossi non sarebbe d'accordo.

  SALVATORE MARGIOTTA. Molto rapidamente e sinteticamente, credo che abbiamo fatto molto bene ad audire l'associazione Articolo 21, per la qualità degli interventi ascoltati da parte sia del dottor Parascandolo sia del professor Pace.
  Penso anche che sulla vicenda bollino le cose dette dal dottor Parascandolo, citando persino il recente intervento del Papa, rafforzate poi, sotto il profilo scientifico e giuridico, dal professor Pace, siano di assoluta e solare evidenza. Sono elementi su cui dovremmo riflettere bene, nel momento in cui licenziamo il parere sul Contratto di servizio.
  Non intendo porre domande al professor Pace, il cui intervento mi pare chiarissimo ed esaustivo, almeno per quanto mi riguarda. È anche molto utile avere avuto da lui il contributo scritto.
  Vorrei chiedere qualcosa invece al dottor Parascandolo. L'idea della consultazione pubblica è molto buona. Articolo 21, avendo già svolto alcuni convegni al Pag. 10riguardo, si propone come protagonista – insieme ad altri – di questa fase. Probabilmente che il Contratto di servizio affidi al ministero la consultazione pubblica potrebbe essere, invece, un errore. Sarebbe meglio, proprio per renderla più ampia e anche più trasparente, che fossero proprio associazioni come quella di Articolo 21, e magari non solo Articolo 21, a svolgere questo lavoro. Mi piacerebbe sapere qual è la sua opinione al riguardo e se ritenete di poter dare un contributo diretto in quest'azione – avendone, evidentemente, competenza – e se avete i mezzi per poter svolgere un lavoro di questo tipo.

  MARIO MARAZZITI. Ringrazio veramente per la qualità del contributo offerto. In base a questo, per prima cosa, mi chiedo se, dopo aver ascoltato un parere così autorevole, possiamo non prendere in considerazione il fatto, per esempio, di dover chiedere che il decreto venga ritirato dalla Corte dei conti e venga prima sottoposto alla Commissione parlamentare di vigilanza. Pertanto, chiedo formalmente ai colleghi e alla Commissione di prendere in considerazione questo fatto e di chiedere che il decreto del ministro dello sviluppo economico torni alla nostra Commissione parlamentare di vigilanza, anche per aiutare il Governo a non incappare in un problema. Al di là del quantum, mi sembra che le considerazioni che abbiamo ascoltato dal punto di vista giuridico siano talmente cogenti che ritengo difficile si possa non andare nel senso che abbiamo ascoltato. Questo lo chiedo quindi formalmente.
  La seconda questione riguarda il contributo che ci è venuto sul bollino, che credo già nella preparazione del contratto c'era un orientamento bilaterale, ancipite, oscillante. Abbiamo ascoltato con grande serietà le osservazioni e quanto scritto da Catricalà nel testo che ci è stato sottoposto. Dal punto vista concettuale, a me stesso, da cittadino, non sarebbe dispiaciuta l'idea di poter a prima vista immaginare che fosse completamente riconoscibile il prodotto. Nell'arco di questi mesi, però, mi sono fatto una convinzione, da persona che vuole rappresentare l'interesse pubblico, di assoluta impossibilità di applicare il discorso di un bollino blu, o qualunque sia il colore.
  Abbiamo ascoltato anche l'UER. Esiste un parere fortissimo che in tutta Europa ha già dato per sconfitta questa esperienza. Poiché questo è un tema che è stato al centro dell'emittenza europea, l'UER ci ha portato dati, risultanze, sulla base di esperienze fatte. Si è trattato quindi di un doppio fallimento, dal punto di vista dell'utilità e della penalizzazione del soggetto pubblico, che è stato messo anche in condizioni di difficoltà rispetto alla globale emittenza competitiva.
  Direi quindi che le osservazioni di oggi portano ancora di più la nostra Commissione a dover prendere seriamente in considerazione il fatto che la diversità dei generi è tutta parte del servizio pubblico, lo dicono leggi e sentenze. Ringrazio molto del contributo che ci è stato dato.
  Concludo chiedendo, dal momento che nella legge di riforma del 1975 si parla della Commissione parlamentare di vigilanza e del canone, se sia possibile mettere mano – questa è una richiesta, più che una domanda – a questi istituti senza dover necessariamente toccare l'intera legge. Con riferimento alla Commissione parlamentare di vigilanza e al canone RAI, che poi è legato alla legge degli anni Trenta, chiedo se mettere mano a questi due dispositivi debba necessariamente comportare attingere all'intera riforma del 1975 o se sia possibile operare in altra forma legislativa.

  GIORGIO LAINATI. Come il dottor Parascandolo sa benissimo, mi sono confrontato e scontrato per tanti anni con l'amico Giuseppe Giulietti, che è stato autorevolissimo protagonista dell'impegno politico e sociale di Articolo 21. Come saluto lui, saluto lei e le altre personalità che l'accompagnano. Le parole del professor Pace sono, come ha detto il mio collega vicepresidente Margiotta, talmente chiare che non voglio, né potrei, entrare nel Pag. 11merito. Mi sembra, invece, doveroso fare un'osservazione di carattere politico più generale. Sia il dottor Parascandolo sia il professor Pace hanno evidenziato i problemi fondamentali dell'assetto del sistema radiotelevisivo che in questo contesto svolge il servizio pubblico. Vorrei avere anche le vostre opinioni su alcune scelte politiche che sono accadute o che stanno per accadere.
  In tema di privatizzazione del servizio pubblico, a mia memoria, ricordo di aver visto, nella parte finale della scorsa legislatura, una proposta di legge presentata dal partito creato nell'ultima parte della legislatura dal presidente Fini, cioè Futuro e Libertà, che, tramite i suoi capigruppo Bocchino e Della Vedova, presentò una proposta di legge per la privatizzazione del servizio pubblico.
  Se non erro – mi potrà smentire il Presidente Fico – vi è un'idea politica generale da parte del Movimento 5 Stelle che parla di privatizzazione del servizio pubblico. Se non ricordo male, se n’è parlato. Personalmente, ritengo che un argomento di questa rilevanza debba essere affidato a ciascuna forza politica e alla sua progettualità in caso di elezioni politiche.
  Mi domando, in senso generale, se non sia più ragionevole immaginare che ciascuna forza politica si assuma su questo terreno le proprie responsabilità, proponendo al cittadino elettore il proprio progetto per il futuro del servizio pubblico. Ovviamente rimasi sorpreso quando vidi la proposta di legge del partito Futuro e Libertà, perché l'ho trovata abbastanza curiosa, anche perché ritengo che il servizio pubblico debba esistere e rimanere tale certamente superando alcune problematiche che sono note, come la questione dell'evasione del canone e altre, cose che ci ripetiamo ormai da innumerevoli anni.
  Parallelamente, però, al di là del fatto che comunque la legge n. 112, se non erro, in una sua parte avviava un percorso verso una forma di public company, che poi non si è mai più realizzata per i motivi politici che sono noti, ritengo che un argomento così importante debba essere in qualche misura affidato alle forze politiche o alle coalizioni politiche, che dovranno presentarsi ai cittadini elettori con un progetto sul futuro del servizio pubblico e, più in generale, sul sistema delle comunicazioni nel nostro Paese. Credo che sia questo.
  C’è anche da notare, come giustamente avete fatto voi, che vi è una contraddizione: da una parte il viceministro allo sviluppo economico che chiede il bollino e dall'altra il segretario generale dell’European Broadcasting Union, la signora Deltenre, che ha detto «giammai il bollino blu», e noi ci stiamo confrontando in queste audizioni con le opinioni più disparate, anzi in questo caso opposte. Dunque, ecco che subentrano dei problemi di grande complessità, e non invidio per niente il mio collega senatore Margiotta, che è relatore del parere sul contratto di servizio: come farà a districarsi e, conseguentemente, come faremo noi a scegliere di fronte a queste visioni totalmente contrapposte.
  Però credo che della questione delle questioni, cioè quale debba essere il futuro del servizio pubblico, in qualche misura debbano farsi carico le forze politiche nel proporre proprie opinioni, propri atti legislativi. Il mio collega, assente in questo momento, il senatore Rossi, che è stato eletto in Scelta Civica, adesso nel nuovo gruppo Per l'Italia, ieri – Presidente Fico, lei mi può correggere – parlava, invece, dell'altro argomento sul quale chiedo a voi di darci la vostra opinione. Sostanzialmente diceva che nel 2016 la RAI, esattamente al contrario di quello che ha detto il professor Pace, dovrebbe confrontarsi con una sorta di gara (immagino con i criteri nazionali ed europei) per quale debba essere il broadcaster in grado di diventare concessionario del servizio pubblico. Credo che sia questo quanto abbia sostenuto il collega Rossi.
  Gentili ospiti, vorrei quindi segnalarvi quanto sia estremamente complesso il quadro generale e vorrei avere la vostra opinione.

Pag. 12

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Presidente, credo che siamo alla penultima audizione. È un percorso ancora in corso, lungo, che era stato anche oggetto di qualche battuta polemica nei confronti del lavoro della Commissione, però credo che stia dimostrando quanto sia stata una scelta giusta quella fatta da questa Commissione di avere un percorso auditivo così approfondito, anche con una serie di innovazioni rispetto a quelli che erano i soggetti che nelle precedenti legislature erano, in maniera quasi canonica, auditi.
  Abbiamo allargato questo perimetro. Credo che abbiamo fatto bene e le audizioni, anche quella di oggi, lo dimostrano, così come credo che questo ciclo auditivo via via abbia innovato anche dal punto di vista dell'idea di non considerare separati in qualche modo prima le audizioni, poi la discussione, quindi il percorso emendativo. Per quanto riguarda il gruppo del Partito Democratico, ad esempio, su taluni punti non siamo partiti in maniera pregiudiziale né contro né a favore, ma abbiamo richiesto di avere una serie di audizioni per poter approfondire, e via via si sta formando un'opinione in ragione degli argomenti che abbiamo sentito e del confronto che abbiamo avuto. Anche questa credo sia un'innovazione importante e di rilievo, che in questa audizione si è ulteriormente confermata.
  Riprendo soltanto due questioni molto velocemente. La prima la sollevava Parascandolo nel suo intervento, legandola al tema della concessione. Il presidente Lainati adesso ha fatto riferimento a una parte della discussione nell'audizione di ieri, dove il senatore Rossi ha avuto un'opinione molto precisa e sono intervenuto subito dopo di lui perché ho un'opinione diametralmente opposta. Questo non per riproporre il dibattito di ieri, ma per dire che su questo tema credo che oggi sia stata interessante l'esperienza che ci è stata raccontata da Parascandolo, il concorso, l'attività di Articolo 21. Credo che quando parliamo, come è stato fatto in questa Commissione per primo dal viceministro Catricalà e poi dal direttore generale quando ha presentato il progetto RAI 2016, non dobbiamo parlare del percorso di avvicinamento al 2016, scadenza della concessione, come l'inizio di un dibattito se lo strumento debba essere quello del bando di gara, come è stato fatto ieri, se si dia per scontato che non ci possa essere la proroga.
  Dovremmo invece utilizzare questo tempo, così come è stato richiamato, per aprire un vastissimo dibattito nel Paese, nell'opinione pubblica, con il coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali, associativi, dei singoli privati e dei commentatori intorno alla domanda essenziale, che non è se bisogna fare la proroga, ma cos’è il servizio pubblico.
  Del resto, il percorso del Royal charter act è intorno a questa domanda, che coinvolge tutti i soggetti istituzionali (e non solo) intorno a questo: che cosa significhi servizio pubblico in ragione delle novità, dal punto di vista tecnologico incredibili, rispetto alla precedente concessione, e quindi che cosa significhi poi in termini di scelta legislativa.
  Credo che questa debba essere la discussione, credo che oggi da questo punto di vista abbiamo fatto un passo in avanti sapendo, come dicevamo ieri e in altre occasioni, che come Commissione dovremo stimolare i nostri colleghi, a partire dai Gruppi, ad avviare un dibattito più complessivo, perché è un dibattito più complessivo quello della concessione, nel senso che riguarda tutto il Parlamento, non solo la Commissione.
  La seconda questione riguarda il Contratto di servizio. Da questo punto di vista, se guardiamo alle audizioni che abbiamo visto, e me ne vengono in mente alcune, quelle della Federazione della stampa, dell'USIGRAI, la dottoressa Deltenre dell'EBU, sul tema del bollino blu c’è stata una sorta di climax ascendente. Oggi Parascandolo ha usato l'argomento terminale, citando Papa Francesco rispetto alla necessità di includere nel servizio pubblico anche l'intrattenimento. Credo che oggi non solo con l'esposizione, ma anche con i materiali che il Pag. 13professor Pace ha consegnato alla Commissione, anche dal punto di vista del quadro normativo e in punta di dottrina abbiamo ulteriori elementi. Credo che, come dicevo all'inizio, questo ciclo ci abbia dato ulteriori elementi, che consegniamo al relatore e anche ai nostri colleghi. Non tutti sono riusciti a seguire tutte le audizioni, però avranno la possibilità di approfondire e, quindi, di partire insieme a noi fin dall'inizio nella discussione generale del parere.

  PRESIDENTE. Credo proprio che questa Commissione, quando abbiamo concluso il Contratto di servizio, tra le tante cose che può fare, possa anche rendersi promotrice di un dibattito su cosa sia il Servizio pubblico. Sicuramente l'idea è molto interessante e credo anch'io che sia centrale.

  RENATO PARASCANDOLO, Articolo 21. Rispondo all'onorevole Peluffo. Condivido perfettamente, credo che tutta questa discussione sul contratto di servizio malauguratamente abbia costretto a sostenere posizioni di retroguardia e a soffermarsi troppo sullo status quo, laddove invece bisognerebbe cominciare a parlare della RAI e del suo futuro.
  Come giustamente diceva lei, onorevole Peluffo, qui non siamo soltanto di fronte a una nuova definizione della mission del sistema radiotelevisivo italiano così come lo abbiamo conosciuto, dico cose abbastanza scontate, vista la dimestichezza del Presidente Fico con la rete, bensì con un «media di servizio pubblico», ma che garantisca oltre il diritto di essere informati anche il diritto di accesso, il diritto all'interattività e la condivisione. Questo è un salto di qualità enorme, laddove c’è un'arretratezza dell'apparato dell'informazione italiano, a partire proprio dalle grandi emittenti televisive. Nessuno ha una cultura della multimedialità vera e non della somma di monomedialità come quella che si è sviluppata in questi anni nella RAI, come in tutte le altre emittenti televisive, dove ci sono tante monadi che non dialogano tra di loro. La multimedialità non è infatti la somma di tante monomedialità. Penso che la ridefinizione della carta d'identità, ed è per questo che ci siamo rivolti ai giovani, debba implicare nozioni e categorie della comunicazione che sono completamente estranee a tutta la giurisprudenza e a tutta la discussione politica che si è tenuta negli ultimi quarant'anni. Da ciò nasce l'esigenza che questa consultazione sia approfondita e ampia e investa soprattutto i nativi digitali, cioè le giovani generazioni.
  Quanto alla domanda che mi faceva il senatore Margiotta, la consultazione pubblica noi l'abbiamo aperta e abbiamo anche avuto successo, tanto che alla nostra iniziativa hanno aderito una ventina di associazioni di categoria, sindacali, culturali. Ebbene, andremo avanti con la consultazione. Andremo avanti con i convegni, da una parte, e con il concorso, dall'altra. Al tempo stesso non ritengo che sia appropriato quanto previsto dall'articolo 23 del contratto di servizio laddove, il Governo si arroga il diritto di fare in proprio la consultazione pubblica, da quando la RAI è stata parlamentarizzata non è più possibile. È la RAI che ha il diritto e il dovere di fare la consultazione pubblica. Il ministero può collabborare, ma niente di più.
  Siamo pronti a mettere a disposizione di tutti, specialmente dalla RAI, il lavoro che stiamo svolgendo con gli studenti: non a caso abbiamo accolto nella giuria autorevoli dirigenti della RAI, del Ministero dei beni culturali e dell'istruzione. Auspichiamo che RAI voglia integrare la consultazione che sta mettendo in cantiere, fatta soprattutto di convegni e di seminari con quella più capillare e diffusa che noi di Articolo 21 e Eurovisioni stiamo realizzando con tutte le associazioni culturali che hanno aderito al concorso.
  Devo un'ultima all'onorevole Lainati. Il problema vero è che, quando si parla di privatizzazione della RAI, si sta parlando di soppressione del servizio pubblico. È inutile usare eufemismi. Una cosa è la privatizzazione di un ramo dell'azienda: Pag. 14si vendono le torri, come in Gran Bretagna. Se, invece, si parla di privatizzazione della RAI, si parla, tout court, di chiusura del servizio pubblico. Su questo bisogna essere chiari e non usare parole equivoche.
  Cosa vuol dire questo ? Vuol dire che viene meno il criterio della qualità intrinseca di programmi. Nella televisione commerciale infatti il cittadino non è un utente: è la merce, che viene contata, impacchettata e venduta. Quello che produce la televisione commerciale non sono programmi: sono spettatori, pubblico. Il nostro sguardo viene contato, valorizzato e venduto a qualcun altro. Noi siamo ridotti a merce di fronte alla televisione commerciale.

  PRESIDENTE. La invito a concludere, perché siamo molto in ritardo. Grazie.

  RENATO PARASCANDOLO, Articolo 21. Il compito del servizio pubblico è temperare questi effetti, oggettivamente negativi, indotti dalla televisione commerciale. Si tratta di un equilibrio fra questi due mondi. Se viene meno la televisione pubblica, non si può più pretendere che ci sia qualità nella programmazione perché l'unica qualità che esiste per la televisione commerciale, è la quantità di telespettatori che riesce a catturare un programma. Non esiste un altro criterio che riguardi il contenuto specifico di un dato programma. Quanti spettatori ha prodotto ? In base alla risposta il programma ha o non ha qualità. La differenza è che la RAI, invece, è tenuta a considerare la qualità del programma che mette in onda.

  GIORGIO LAINATI. Le chiedo scusa, professore – scusi, Presidente, so che abbiamo pochissimi minuti – vorrei chiedervi, proprio rapidissimamente qual è la vostra opinione su un canale commerciale, per esempio, come La7, che invece offre spazi enormi al dibattito politico in tutte le fasce orarie, dalla mattina alla sera.

  RENATO PARASCANDOLO, Articolo 21. La mia opinione è che, quando il servizio pubblico fa il suo dovere, le televisioni commerciali sono costrette a stargli dietro.
  Le faccio l'esempio di Canale 5. Canale 5 ha un buon telegiornale. Quando nacque, Canale 5 dovette stare al passo con la RAI che aveva tenuto alta la qualità dei telegiornali. Certamente era una spesa enorme per Mediaset: si è dovuta adeguare. Spesso, invece, è capitato il contrario, cioè è stata la RAI che ha dovuto adeguare la sua programmazione alla logica della televisione commerciale.

  ALESSANDRO PACE, presidente Associazione costituzionalisti italiani. Rispondo al quesito postomi dall'onorevole Marazziti, che «cade a fagiuolo» perché discutendo della qualità ci si dimentica di una cosa, ossia che la qualità deperisce qualora il canone diminuisca e la pubblicità commerciale aumenta. Questo non è stato detto oggi qui. Abbiamo la pubblicità commerciale più alta tra i servizi pubblici europei. Se andate a vedere la Germania e altri Paesi, notate che si paga da tutte le parti molto di più. Ci sono addirittura servizi pubblici che sono gratuiti. Questo che cosa significa ? Che non c’è l'ansia dello share, che implica decadimento della qualità dei programmi.
  Mi sono occupato molto del servizio pubblico e anche del canone. Se lei desidera, onorevole Marazziti, le mando i dati numerici. In Italia il canone non pagato è il più alto in tutta l'Europa. La lotta all'evasione non c’è stata. Se la RAI avesse i soldi che le vengono dall'evasione, non ci sarebbe quasi più bisogno della pubblicità commerciale e i programmi migliorerebbero.
  L'onorevole Marazziti mi ha chiesto due cose. Quanto al canone, il canone non deve essere toccato: semmai dovrebbe essere aumentato. Tutta questa operazione che cosa blocca ? Blocca 1,50 euro pro capite: è risibile. Mentre danneggia la RAI per circa 22 milioni di euro, blocca 1,50 euro: è una presa in giro. Come diceva Parascandolo, l'importanza del servizio pubblico viene, per ragioni di popolarità, danneggiata.Pag. 15
  Mi aveva chiesto anche qualche cosa a proposito della Commissione parlamentare di vigilanza.

  MARIO MARAZZITI. Era una questione giuridica. Chiedevo se andare a toccare due elementi come il ritocco o la riforma del concetto del canone ai fini di raggiungere gli obiettivi che lei diceva ovvero del ruolo della Commissione permanente di vigilanza comporti necessariamente toccare la riforma del 1975 e, quindi, andare a ricostruire un progetto di riforma, o se, invece, ritiene che ci siano altre strade praticabili.

  ALESSANDRO PACE, presidente Associazione costituzionalisti italiani. Le disposizioni che disciplinano la Commissione parlamentare sono estremamente scarne e sulla base di quelle è cresciuta la Commissione stessa.
  Volevo rispondere a proposito del bando. Ipotizziamo un bando. Quello che ho detto prima è che a questo bando si presenterà solo un soggetto, ossia la RAI, perché se i requisiti che si chiedono sono quelli che deve avere la RAI attualmente, non c’è nessun altro ente che li possieda.
  Cosa diversa è quello che diceva il dottor Parascandalo, cioè dire che la RAI non possa avere più di «x» canali digitali, analogici, e così via. A questo punto bisognerebbe però sottoporre ad analoga cura dimagrante anche Mediaset. È inutile che lo dica, ma ha ragione Parascandalo: una cosa è diminuire i canali; altro è privatizzare la RAI. Privatizzare il servizio pubblico è un ossimoro.

  STEFANO CORRADINO, direttore del sito di articolo 21. Posso fare un inciso finale di trenta secondi ?

  PRESIDENTE. Va bene, però si presenti al microfono.

  STEFANO CORRADINO, direttore del sito di articolo 21. Sono Stefano Corradino, direttore di Articolo 21. La RAI ha compiuto sessant'anni quest'anno. Tra le ragioni fondative della sua nascita e quelle per cui in qualche modo si è consolidata c'erano l'aprire la strada all'alfabetizzazione in questo Paese, il dare all'Italia una lingua comune, il riuscire a colmare il gap tra il popolo e lo Stato e il far crescere la qualità della vita sociale, culturale ed economica del Paese. Ora sono passati sessant'anni, ma questa sua missione educatrice e civilizzatrice non è terminata, perché le ragioni continuano, continuano i processi di alfabetizzazione e di crescita civile, sociale e morale del Paese.
  Come giustamente diceva il professor Pace, come si può pensare di affidare a un soggetto terzo, che rincorre interessi privati, una missione che invece deve essere per forza pubblica e collettiva ? Insomma, le ragioni fondative del servizio pubblico devono restare assolutamente tali.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

Sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Lainati sull'ordine dei lavori.

  GIORGIO LAINATI. Abbiamo assistito pochi giorni fa all'audizione dell'ex presidente della RAI Garimberti nella sua veste di presidente di Euronews. Ci ha ricordato che Euronews svolge un importante ruolo di divulgazione delle notizie anche in quei Paesi dell'est dell'Europa, come l'Ucraina, nella lingua locale.
  Alla luce della drammatica evoluzione della crisi ucraina di queste ultime 24 ore, in cui giovanissimi dimostranti sono stati uccisi dalla polizia, vorrei ricordare a lei e ai colleghi, appellandomi alla vostra sensibilità, che questi giovani ucraini sono stati uccisi perché chiedevano di essere parte dell'Unione europea. La Repubblica italiana, che è tra i fondatori dell'Unione europea, deve assolutamente mobilitarsi davanti a quanto sta accadendo in quel Paese, dove decine di migliaia di persone con temperature polari passano le loro giornate a manifestare Pag. 16chiedendo di essere il più possibile vicini nelle forme istituzionali e legali all'Unione europea.
  Noto, come è già accaduto drammaticamente nel 1995 per la tragica vicenda dell'ex Jugoslavia e, in particolare, della cittadina di Srebrenica in Bosnia Erzegovina, una totale assenza delle istituzioni europee nonostante la bandiera dell'Europa sia anche in questa sala. Reputo che l'Unione europea, nelle forme del suo Ministro degli esteri, signora Ashton, e del presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy, siano totalmente assenti rispetto a una tragedia di questa natura.
  Mi si chiederà cosa possiamo fare. Sarebbe possibile l'autorevolezza di un suo intervento, con il consenso dei colleghi, ai quali rinnovo l'appello, presso i vertici della RAI affinché possano utilizzare le immagini di Euronews e accendere i riflettori su quanto sta accadendo in Ucraina. Sarebbe ed è inimmaginabile, onorevoli colleghi, che il servizio pubblico italiano, che rappresenta uno dei sei Paesi fondatori dell'Europa, alla quale vogliono chiedere di aderire i giovani che stanno morendo a Kiev, sia latitante in un momento così drammatico.

  MARIO MARAZZITI. Penso siano opportune l'osservazione e la richiesta dell'onorevole Lainati, cui anche come gruppo mi associo. Possiamo chiedere a lei, Presidente, di chiedere alla RAI di accentuare l'attenzione, eventualmente chiedendo l'accesso a questi materiali visivi, perché ci sia più consapevolezza e sostegno internazionale almeno dalla società civile. Comunico ai colleghi che martedì prossimo, credo alle ore 9, come presidente del Comitato diritti umani ho promosso un'audizione proprio delle rappresentanze ucraine in Italia. Come Parlamento cominciamo dunque a compiere atti diretti di responsabilità in tal senso.

  MICHELE ANZALDI. Sono totalmente d'accordo con quanto espresso dal collega Lainati e mi sembra si tratti di un dovere del servizio pubblico. Forse sarebbe l'occasione per fare il punto anche sulla vicenda di quell'area. Se non sbaglio, infatti, in quell'area c’è un corrispondente, se non due: non vorrei che addirittura si verificasse la situazione paradossale per cui la RAI ha uno o due giornalisti sul luogo e non segue con la dovuta attenzione quello che succede in questo Paese.

  BRUNO MOLEA. Intervengo solo per unirmi a quanto richiesto dal collega Lainati e sottoscritto dagli altri colleghi. Credo che la RAI non possa non farsi carico di rendere quanto più possibile evidente la situazione che in quel Paese sta vivendo soprattutto una serie di giovani, che credono nei valori dell'Europa, per i quali tutti noi ci siamo spesi. Bisogna fare almeno in modo che si sappia quello che sta accadendo e perché sta accadendo, anche utilizzando materiale di altre emittenti.

  PRESIDENTE. La Presidenza accoglie questa richiesta, che condivide, e se ne fa sicuramente carico.

  MICHELE ANZALDI. Presidente, a parte quella di ieri, ho fatto un'altra agenzia. Oggi, a mio avviso, ci sono due notizie rilevanti sulla stampa: le dichiarazioni del pm Di Matteo, per il quale le minacce del mafioso Riina non sono da sottovalutare, al contrario sono concrete; l'articolo in prima pagina del Corriere della sera di Veltroni, per il quale l'argomento mafia sta sparendo dalla politica. Ho rivolto un appello alla RAI perché, a mio avviso, al contrario sarebbe da conteggiare quante trasmissioni, quanti speciali, quanti approfondimenti sul tema ci sono stati in questi ultimi sei mesi su un tema che, anche alla luce degli arresti di ieri nella capitale, sembra che prenda più piede nel territorio e anche alla luce di tante questioni economicamente rilevanti per la nostra Nazione, come Expo e tanto altro.

  PRESIDENTE. Anche questa è una vicenda importantissima.

  MARIO MARAZZITI. Nella prima delle due audizioni precedenti, avevo posto il Pag. 17problema se non dovessimo prendere in considerazione di acquisire l'atto che è alla Corte dei conti sul problema del canone.

  PRESIDENTE. L'abbiamo già acquisito. In ogni caso, su questo...In realtà, faremo un approfondimento, che magari vi gireremo, ma, da quello che mi risulta, non dovevamo assolutamente esprimere un parere riguardo al canone. Rispetto, quindi, a quanto si è detto prima, non funzionava proprio così. In ogni caso, faremo un ulteriore approfondimento anche rispetto a quello che abbiamo ascoltato per comprendere se siano necessari o meno ulteriori passaggi.

Audizione di rappresentanti del Forum nazionale del terzo settore.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti del Forum nazionale del terzo settore, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Quest'audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo Contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Cedo, quindi, la parola al dottor Pietro Vittorio Barbieri, portavoce del Forum nazionale del terzo settore, che riferirà le valutazioni dell'associazione che rappresenta sul nuovo Contratto di servizio, con riserva per me e per gli altri colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  PIETRO VITTORIO BARBIERI, portavoce del Forum nazionale del terzo settore. Anzitutto, ringrazio il Presidente e la Commissione per la possibilità che ci è offerta di portare le nostre valutazioni in merito al Contratto di servizio RAI.
  Insieme a me, sono presenti Ivano Maiorella, che collabora con il Forum con il Giornale Radio Sociale, e Anna Monterubbianesi, dell'ufficio stampa. Darò loro la parola per esplicare i punti della nostra valutazione in merito al Contratto di servizio RAI.
  In termini di premessa generale, credo sia abbastanza noto cosa rappresenti il Forum. Vorrei chiarire qual è l'elemento centrale sul quale basiamo le nostre valutazioni.
  Il Forum del terzo settore è l'organismo articolato di rappresentanza delle organizzazioni di società civile forse più ampio e riconosciuto come parte sociale nel Paese e che quindi partecipa ai tavoli al pari delle altre parti sociali in rappresentanza di tutta l'area del mondo del no profit, in particolare del volontariato, dell'associazionismo e della promozione sociale, così come della cooperazione sociale. Al nostro interno ci sono organizzazioni di cooperazione internazionale, associazioni sportive e così via. Abbiamo lavorato per molti anni alla costruzione di processi che mettessero in campo una capacità della società civile organizzata di poter e saper comunicare nei confronti degli organismi, soprattutto della RAI, per accrescere le loro capacità di saper comunicare anche in termini relativi alle dinamiche sociali che portiamo avanti. Da questo punto di vista, siamo stati protagonisti, sin dall'esordio, della costituzione della sede permanente RAI di confronto con la società civile, al pari della costruzione del Segretariato sociale RAI. Per questa ragione, crediamo che il Contratto debba riuscire a interpretare le esigenze che pone la società civile organizzata.

  ANNA MONTERUBBIANESI, ufficio stampa del Forum nazionale del terzo settore. Il Forum del terzo settore crede nel servizio pubblico radiotelevisivo RAI in quanto garanzia di accesso e diritto costituzionale per tutti i cittadini. Il servizio pubblico radiotelevisivo è tale, a nostro avviso, se racconta il nostro Paese, se è pluralistico, autonomo e libero e se è vicino alle persone.
  Oggi, siamo preoccupati davanti alla situazione della RAI, ma in generale dell'informazione e dell'offerta radiotelevisiva Pag. 18pubblica e crediamo che la comunicazione sociale possa, invece, in tal senso, offrire un contributo positivo perché portatrice di pluralismo tematico e di informazione critica, veritiera e collegata a un racconto di valori che possono essere la solidarietà, la legalità, la dignità umana e il multiculturalismo.
  Questi valori passano attraverso alcune aree tematiche che abbiamo individuato in sette aree, che adesso il collega Ivano Maiorella ci illustrerà, e rappresentano trasversalmente le esperienze, le storie personali e collettive, le campagne e i progetti del terzo settore.

  IVANO MAIORELLA, Forum nazionale del terzo settore. Ringrazio il Presidente e i parlamentari.
  Per quanto ci riguarda, crediamo in questa centralità e non potremmo fare altrimenti. Per noi, il diritto costituzionale a informare e a essere informati passa attraverso il servizio pubblico radiotelevisivo. Per questo motivo, siamo molto critici sul metodo prima ancora che nel merito con il quale è stato approvato questo Contratto di servizio. Lo riteniamo un deciso passo indietro perché, rispetto al passato, in termini di pluralismo, condivisione e democrazia, c’è stata poca, se non nessuna, interazione con i cittadini e le organizzazioni sociali.
  Pietro Barbieri ricordava che il Forum del terzo settore è stato tra i protagonisti, alla fine degli anni Novanta, della costruzione del Segretariato sociale RAI e della sede permanente. Proprio per questo motivo, pensiamo di vantare, in termini di rappresentanza e competenza, un prezioso tesoro nel nostro Paese nel rapporto tra cittadini e Stato. Questo prezioso tesoro non è stato utilizzato, a nostro avviso, nella scrittura del Contratto di servizio 2012-2015.
  Passo a un distillato di quello che pensiamo e che ci auguriamo possa essere recepito da voi e trasformato in indicazioni concrete.
  Tutto ciò premesso, siamo convinti che la RAI – vi lasceremo, naturalmente, una memoria scritta – debba avere una sorta di doppia strategia, a differenza degli altri media, una responsabilità sociale «rinforzata» in quanto azienda in rapporto continuo e costante con i cittadini in quanto servizio pubblico.
  Chiediamo, in secondo luogo, che siano predisposti criteri di verifica qualitativa e quantitativa della comunicazione sociale, per noi non uno slogan, al fine di misurare gli obiettivi del preambolo dell'attuale Contratto di servizio.
  In questo Contratto di servizio mancano luoghi per interagire. Di fronte alla RAI, i cittadini non hanno, a nostro avviso, possibilità di reale interazione. Chiediamo di costruire occasioni di interazione e mutuo ascolto con i direttori di testata e di rete per ciascuna di queste aree e occasioni di dialogo con giornalisti, autori, registi e programmisti.
  In terzo luogo, chiediamo un protocollo aggiuntivo al Contratto di servizio RAI 2012-2015 con il rilancio della Sede permanente di confronto tra RAI e Forum del terzo settore organizzazioni sociali e volontariato, cosa che a nostro avviso manca, finalizzata alla predisposizione di una sorta di bilancio sociale RAI.
  Procedo sinteticamente sulle restanti 4 delle 9 aree tematiche rispetto alle quali chiediamo più chiarezza o, se preferite, meno vaghezza. Per quanto riguarda l'articolo 2, riguardante gli obblighi del servizio pubblico radiotelevisivo, richiediamo che, in merito al punto d), programmazione dei generi predeterminati, ci siano riferimenti precisi alla comunicazione sociale. A nostro avviso, mancano dei riferimenti precisi e l'espressione «comunicazione sociale» spesso è utilizzata in maniera sommaria e casuale.
  Chiediamo, pertanto, l'integrazione di questa frase o simile in riferimento all'articolo 2: «garantire la comunicazione sociale attraverso trasmissioni dedicate all'ambiente, alla salute, alla qualità della vita, ai diritti e ai doveri civili, allo sport sociale, ai disabili, agli anziani, assegnando spazi adeguati ad associazioni no profit e di volontariato e consumeristiche presenti in Italia».Pag. 19
  In merito alla quinta area, all'articolo 3 si chiede che sia inserito, tra le regole di condotta, il rispetto della Carta di Roma. Abbiamo considerato questa una mancanza da lapis blu. La Carta di Roma – chi tra di voi è giornalista lo sa – è la carta che autodisciplina i giornalisti al rispetto di un'informazione corretta sui temi dell'immigrazione e dell'asilo. La Carta è stata siglata dall'Ordine dei giornalisti e dalla Federazione nazionale della stampa nel 2008 in collaborazione con l'UNC, Unione nazionale consumatori.
  Si chiedono inoltre fasce di palinsesto riconoscibili come comunicazione sociale all'interno di un canale tematico individuato da inserire nell'articolo 4, qualità dell'offerta e del valore pubblico. Questa identità sociale dovrà caratterizzare e impegnare il canale tematico individuato, con un'assunzione di responsabilità anche sul piano editoriale, con trasmissioni dedicate al sociale riconoscibili, onde evitare che questo genere sia confuso con programmi contenitore, spesso inadatti a occuparsene. Potrei citare esempi persino troppo scontati, ma quello che mi viene immediatamente in mente, visto che abbiamo fatto un comunicato stampa ufficiale, è il recente programma dal titolo, se non sbaglio, Mission.

  MARIO MARAZZITI. Ne abbiamo sentito parlare...

  GIORGIO LAINATI. È piaciuto molto al Presidente Fico...

  IVANO MAIORELLA, Forum nazionale del terzo settore. In questi programmi, il sociale è distorto e strumentalizzato, con l'unica finalità dell'intrattenimento fine a sé stesso.
  Settimo punto: all'articolo 4, si chiede di far pesare anche la comunicazione sociale nella qualità dell'offerta del valore pubblico, collegandone la valutazione a obiettivi e criteri specifici. Per questo, chiediamo la costituzione di un comitato capace di valutare quanto enunciato da questo articolo, nel quale si è rappresentato il Forum del terzo settore in quanto stakeholder sociale. Il Forum del terzo settore rappresenta oltre 100 organizzazioni sociali nel nostro Paese e circa 12 milioni di cittadini.
  L'ottavo punto riguarda l'articolo 6, l'offerta televisiva. Tra i generi elencati in 8 categorie, si propone di aggiungerne un nono: informazione e programmi di comunicazione sociale. Alla lettera a), si propone di sostituire «ai fenomeni sociali» con «al sociale e al terzo settore». Oltretutto, la soggettività che esprime questo mondo, a nostro avviso, non è soltanto in termini scientifici o sociologici, ma fortunatamente è reale, è un patrimonio del nostro Paese. Si tratta di cittadini in carne e ossa che esprimono una propria soggettività e dei bisogni.
  Alla lettera e), dedicata allo sport, proponiamo di aggiungere alla fine «La RAI, oltre a trasmettere avvenimenti sportivi anche di discipline meno popolari, deve contribuire, attraverso il racconto, alla divulgazione dei valori dello sport e dei suoi risvolti sociali». Questi contenuti vanno trasmessi non solo sui canali tematici, ma anche nei programmi sportivi dei tre canali principali di maggiore ascolto.
  Infine, si parla dell'offerta dedicata alle persone con disabilità e programmazione sociale. All'articolo 11 manca l'indicazione di obiettivi di tipo quantitativo e temporale. È positivo il monitoraggio, ma manca il coinvolgimento delle associazioni.

  MARIO MARAZZITI. Vi ringrazio di aver portato questo spaccato da parte di un mondo così importante. Per motivi non solo personali, ma culturali, civili e politici, mi trovo molto in sintonia con quello che avete detto e andrò solo a prendere degli spunti.
  Dobbiamo registrare il fatto che denunciate che non c’è stata consultazione e non trovate rappresentata, nella proposta di Contratto di servizio pubblico, la posizione e la sensibilità del mondo che rappresentate. Credo che noi, che abbiamo il dovere di esprimere un parere Pag. 20vincolante, dobbiamo registrare la vostra come un'osservazione seria.
  A questo punto, in relazione alle vostre proposte, che analizzeremo più in dettaglio, mi sembra calzante l'esempio che citate sul Segretariato sociale RAI come parte di un risultato di una collaborazione del terzo settore con la fase precedente di elaborazione della funzione del servizio pubblico. Chiedo, però, a voi se non abbiate delle proposte per il potenziamento del Segretariato sociale per svolgere alcune delle funzioni che avete indicato come necessarie, ridefinendone la mission e, a questo punto, potenziandone la capacità, se ce lo segnalate, di verifica qualitativa e quantitativa.
  Quanto alla valutazione della sua applicazione, la Carta di Roma è un elemento centrale, come lo è il problema del linguaggio, quello della coesione sociale nel Paese, della rappresentanza di minoranze e di fasce in difficoltà. È decisivo il rapporto di serietà deontologica nella rappresentazione. Il problema del linguaggio è stato un elemento dirompente e distruttivo del tessuto sociale negli ultimi 20 anni, per esempio sul tema dell'immigrazione.
  Sarò brevissimo, ma la riduzione ad unum, cioè alla parola «clandestino», delle figure di straniero, immigrato, profugo, rifugiato, richiedente asilo, sopravvissuto è solo un esempio per spiegare che questo è un tema centrale. Credo che dobbiamo far riferimento seriamente a questo come a un elemento dirimente nel Contratto di servizio pubblico, ma vi chiedo se non abbiate una proposta perché alcune funzioni possano essere svolte, ad esempio, dal potenziamento del Segretariato sociale nel tentativo di non moltiplicare gli organismi. Dobbiamo tentare di creare uno strumento snello e di fornire indicazioni snelle nel Contratto del servizio pubblico.
  In terzo luogo, tutto ciò di cui parlate, secondo me fondamentale nel discorso del servizio pubblico, mi spinge a dire che, come si fa per la valutazione del pluralismo in campo politico, quindi con l'Osservatorio di Pavia, dovremmo – penso al nostro relatore – ragionare sulla proposta di un Osservatorio sociale che garantisca il raggiungimento, la valutazione, il monitoraggio di tutte queste tematiche come altra parte decisiva del discorso del pluralismo culturale e sociale del Paese: forse dovremmo ragionare sulla proposta di un osservatorio sociale, un organo terzo interno o esterno alla RAI che abbia tale funzione.
  Avrei troppo da dire, ma concludo su quello che osservate rispetto a un canale tematico, di cui da un lato capisco l'esigenza. Nella quantità di canali digitali che la RAI ha a disposizione, si potrebbe anche suggerire, nel caso – non so se sia nel Contratto di servizio, ma incoraggio a inoltrarne la richiesta – un canale digitale dedicato. Voglio che i nostri interlocutori siano consapevoli del fatto che questa potrebbe diventare anche un'occasione per il servizio pubblico, per qualunque gruppo radiotelevisivo, per ghettizzare il problema. Nella misura in cui c’è un posto dedicato, questo diventa come i programmi dell'accesso, quindi un posto accessibile, e questa potrebbe diventare una controindicazione, ma è un tema interessante.

  BRUNO MOLEA. Molto ha detto il collega Marazziti. D'altro canto, sia io sia Marazziti veniamo e apparteniamo ancora a questo mondo, oltre che ideologicamente, anche proprio perché fattivamente ci lavoriamo.
  Ringrazio il presidente e amico Barbieri, Maiorella e la collega che sono intervenuti oggi per il contributo che hanno offerto relativamente al terzo settore, ma soprattutto evidenziando quanta poca attenzione ci sia da parte del mondo dell'informazione, soprattutto della RAI in questo caso, che fa l'informazione pubblica, e, soprattutto, quando ci si cimenti per cercare di far emergere il ruolo del volontariato in Italia, una risorsa imprescindibile ormai, come non mi stancherò mai di ribadire da quando sono deputato, la quarta gamba di questo Paese. Senza volontariato, credo che molte iniziative in questo Paese non potrebbero Pag. 21essere prese e non si potrebbe andare avanti così come si fa.
  Si opera anche in maniera poco edificante. Prima, si faceva riferimento a una trasmissione televisiva che ha provato a occuparsene. L'onorevole Anzaldi, qui al mio fianco, e io siamo stati tra coloro che hanno vivamente protestato nei confronti della metodologia con cui era stato messo in campo quel tipo di informazione, che apparteneva alla spettacolarizzazione piuttosto che alla reale volontà di far emergere, da una parte, situazioni di disagio e, dall'altra, situazioni di pregio per quanto atteneva a quei volontari che in quelle situazioni lavoravano per cercare di alleviarle. Credo che si sia operato nel peggiore modo possibile, rapportando tutto in una trasmissione che aveva l'aspetto di un reality piuttosto che di una rendicontazione, di una evidenziazione effettiva della situazione.
  Ascoltavo prima Maiorella quando proponeva di chiedere maggiore spazio per questo mondo e maggiore evidenza, soprattutto, per il grande ruolo che esso svolge nel tessuto sociale del Paese. Capisco che mi ripeto, ma ci siamo un po’ rubati la domanda, per cui mi chiedo se un canale dedicato, finalizzato all'informazione del sociale, siccome condivido quanto diceva il collega Marazziti, non rischi veramente di ghettizzare quello che, invece, è un ruolo che deve essere fortemente messo in luce e, quindi, emergere. Non sarebbe meglio intervenire affinché ci sia la stessa attenzione o, quanto meno, una parte di attenzione quanta ce n’è per altre questioni che attengono alla dialettica quotidiana dell'informazione con telegiornali, rubriche dedicate e simili, anziché individuare canali tematici che poco permettono l'effettiva divulgazione dell'azione ?

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Sulla scorta delle considerazioni che esprimevamo nella precedente audizione, credo che anche questa ci offra materiali già di pronto uso rispetto al percorso di costruzione del nostro parere. Ritengo che, tra i punti elencati, ci siano materiali cui attingere anche per l'arricchimento della discussione del nostro parere.
  Vi è, inoltre, una questione ulteriore, sollevata poc'anzi da Marazziti, che credo sia di grande rilievo. In più occasioni, la Commissione si è confrontata intorno al tema del pluralismo, del suo significato, cercando anche di rompere l'attuale gabbia data dal pluralismo essenzialmente legato al pluralismo politico, al conteggio in fase di par condicio e nel restante periodo con gli stimoli legati alla discussione che svilupperà questa Commissione. Bisognerebbe rompere le gabbie nel senso di pensare al pluralismo anche dal punto di vista delle soggettività sociali. Questa è sempre stata una questione di dibattito più ampio, che non ha mai avuto una ricaduta nei termini di una proposta vincolante. Credo che nella discussione che affronteremo, possa esserci – lo valuteranno i gruppi – anche le condizioni per recepire una parte dei punti.
  Quanto alla proposta Marazziti, una suggestione che oggi è stata offerta al dibattito, magari in discussione generale possiamo riproporre il tema e, nel frattempo, capire se è si può fare. Poi, evidentemente è una questione di costi. Bisognerebbe cercare di capire se il tema è già presente nella discussione sul Contratto di servizio o possa essere posta. Credo sia una suggestione da tener presente.

  DALILA NESCI. Vi ringrazio veramente per la vostra presenza. Credo che il vostro contributo sia fondamentale. Le vostre proposte sono assolutamente accoglibili, razionali, concrete e, anzi, vi ringrazio per questi 9 punti, che sono essenziali e sarebbero accoglibili già da subito se solo ci fosse la volontà politica di farlo. Da parlamentare del Movimento 5 Stelle, riporto qui le stesse considerazioni per cui, se la RAI fosse meno oppressa dalla politica, il mondo dell'associazionismo, della solidarietà internazionale, della giustizia sociale e dell'equità sarebbe già all'interno della RAI.Pag. 22
  Da un po’ di tempo, invece, la RAI non ha più voluto raccontare il mondo reale. Non si tratta di avere né un canale dedicato né un Osservatorio sulla questione, ma effettivamente di una scelta politica e culturale che la RAI deve avere il coraggio di compiere, ossia parlare del mondo reale.
  Non bisogna, quindi, nemmeno tenere le consultazioni pubbliche, perché il compito della RAI, anche in questo senso per la sua funzione pubblica, è quello di servire i cittadini. Vi assicuro che, come sappiamo tutti da cittadini normali, la gente ha bisogno di un'informazione che deve andare oltre l'informazione partitico-politica. Per creare l'identità culturale del Paese, bisogna parlare di ambiente, di cultura, di associazionismo, della vita reale delle persone.

  MICHELE ANZALDI. Vorrei chiedere un parere agli auditi, oltre che ringraziarli di essere venuti qui. Trovo molto interessanti i nove temi affrontati che, al di là del contratto, a mio giudizio, hanno bisogno di una pronta risposta.
  Visto che per la prima volta nella storia, almeno a mia memoria, due consiglieri del consiglio d'amministrazione RAI sono stati espressione della cosiddetta società civile, vorrei sapere se ritengono che la situazione sia migliorata, cambiata, se hanno avuto riscontri da questa scelta innovativa che è stata molto coraggiosa. Vorrei sapere se c’è un ritorno almeno nella loro vita pratica.

  PIETRO VITTORIO BARBIERI, portavoce del Forum nazionale del terzo settore. Terrò l'ultima domanda per la conclusione.
  Vi ringrazio per i temi sollevati perché ci date l'opportunità di esprimere alcune osservazioni. Pregherò anche Ivano di precisare il pensiero che sta dietro al documento che abbiamo sinteticamente provato a mettere in piedi.
  Il Segretariato sociale RAI è, dal nostro punto di vista, un perno centrale. I limiti che ha avuto nell'esplicazione di tutte le sue funzioni sono proprio le funzioni stesse che gli sono state assegnate, programmi dell'accesso, campagne con sms. Su quelle funzioni ha svolto un ruolo centrale. Su tutte quelle funzioni che dovrebbero garantire che l'associazionismo, il terzo settore, la società civile organizzata abbia opportunità di accesso, il Segretariato sociale ha adottato nel tempo anche codici sui linguaggi, ma non ha avuto la forza di trasmetterli ai direttori e ai programmisti: su questo vanno assegnate competenze e funzioni specifiche. Non credo che questo aggravi in termini economici perché il personale in RAI esiste, non manca e, anzi, abbonda. È chiaro, però, che il rafforzamento passa inevitabilmente attraverso la dotazione di funzioni a quella struttura, che però non può essere un luogo a sé stante rispetto alla comunità, alle dinamiche sociali. Per questo, la sede permanente era il naturale sbocco del confronto con le organizzazioni della società civile. Questo è l'altro pezzo assolutamente indispensabile.
  Per quanto riguarda l'Osservatorio, chi ha avuto modo di partecipare o di leggere le risultanze delle sedi permanenti che si sono svolte nel tempo, sa perfettamente che il tentativo di metterlo in piedi è stato fatto con due gravi limiti. Il primo è che l'Osservatorio si riferiva all'università di Losanna, se non ricordo male, e ancora a distanza di anni non comprendo la ragione per la quale far svolgere una funzione di quella natura a una università in Svizzera.

  MARIO MARAZZITI. Era per sottolineare che non c'erano assolutamente ritorni politici e partitici.

  PIETRO VITTORIO BARBIERI, portavoce del Forum nazionale del terzo settore. Siamo tutti convinti, però, che esista un'accademia dignitosa anche in Italia. Detto questo, l'analisi svolta era solo di tipo quantitativo. Non c'era nessun genere di elemento qualitativo, per cui inevitabilmente l'applicazione dei codici, cioè la pratica quotidiana dei codici sui linguaggi, in realtà non trovava nessun genere di Pag. 23opportunità di essere messa a nudo o valorizzata a seconda delle questioni.
  Relativamente al canale tematico, non siamo particolarmente innamorati di un'ipotesi piuttosto che di un'altra e siamo assolutamente consapevoli del rischio che questo comporta. Siamo però ormai convinti del fatto che si debba trovare una forma per uno spazio fortemente ancorato a temi in grado di contaminare gli altri spazi. Questa è la sua funzione più specifica.
  Diversamente, nella grande programmazione che il sistema RAI ha tra le televisioni generaliste, i canali digitali dedicati, la radio, il web è evidente che trovare un punto capace di rendere efficace una programmazione che sappia interpretare le istanze dei cittadini diventa molto più complicato.
  Quanto ai consiglieri di amministrazione, in realtà è di difficile comprensione l'attuale situazione della RAI. Il presidente e il direttore generale sono di una matrice molto diversa, molto tecnica, non di nomina politica, quindi c’è un equilibrio tra i due elementi di novità che rischia di elidersi vicendevolmente. È evidente che non abbiamo avuto il riscontro oggettivo di un rapporto nuovo né da parte del presidente e del direttore generale né da parte del consiglio d'amministrazione nei confronti della società civile e del mondo che rappresentiamo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO LAINATI

  IVANO MAIORELLA, Forum nazionale del terzo settore. Intervengo solo sul primo aspetto in quanto sul resto, secondo me, brillantemente e in maniera sintetica, un po’ com’è il nostro mondo, Pietro Barbieri vi ha fornito le risposte.
  Anzitutto, vi ringrazio per quest'interazione e anche per le idee che ci avete portato. Dal confronto nascono sempre idee migliori. in riferimento al tema posto dall'onorevole Marazziti e ripreso in parte dall'onorevole Morea, il Segretariato sociale ha gemmato qualcosa che si chiama «tavolo permanente». Il Segretariato sociale è una struttura RAI. Il tavolo permanente è una struttura costruita su base paritaria, dove il Segretariato sociale RAI ovviamente ha funzioni di segreteria, di organizzazione, di agenda, di permanenza. Il tavolo permanente, descritto molto bene nell'ultimo Contratto di servizio, ancora meglio in quello precedente, è una sorta di sede paritetica dove il ministero, e quindi lo Stato e l'azienda, la RAI, interagiscono e creano degli strumenti di consultazione e di mutuo ascolto. A nostro avviso, questa funzione, come diceva l'onorevole Marazziti, senza duplicare troppo gli organismi, potrebbe essere assunta specificando meglio il doppio binario all'interno dello stesso articolo che parla del Segretariato sociale RAI.
  La seconda funzione, come spiegava bene, secondo me, Pietro Barbieri, sempre in campo al Segretariato sociale RAI, consentiva e potrebbe consentire in futuro a un mondo molto complesso, anche variegato al proprio interno, di poter accedere a un'interazione con chi costruisce l'informazione all'interno dei canali, oggi numerosi, 12 o 14. Vi è legato anche il problema dei linguaggi, dei generi, dell'interazione, come abbiamo scritto, con i giornalisti, che sono quelli che si occupano di costruire l'offerta televisiva.
  Queste due funzioni hanno sempre al centro il Segretariato sociale RAI, ma la prima consultazione e interazione avveniva con la sede permanente presso la RAI di Torino: a nostro avviso, al di là delle scelte tecniche e logistiche, aveva una sua dignità, perché comunque rappresentava la possibilità di interazione che, altrimenti, non esiste per i cittadini.
  La seconda funzione è quella dei linguaggi e dei generi attraverso incontri con i direttori delle testate, con alcuni giornalisti, autori, programmisti. Anche in questo caso, vi è la possibilità di una mutua contaminazione: si danno delle opportunità per trattare materie delicate e sempre nuove, con la Carta di Roma per quanto riguarda i migranti, ma pensiamo Pag. 24a tutte le nuove terminologie. Siamo alla vigilia delle Olimpiadi invernali, delle quali la RAI parlerà poco perché non ha i diritti, ma non apriamo questo problema. Ci troveremo di fronte a leggi restrittive in Russia, che porranno problemi identici a quelli dei migranti, per determinare un mondo chiamato convenzionalmente LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) che, dal punto di vista terminologico, va studiato, ma con chi è protagonista di questo mondo, esattamente come avviene con il mondo della disabilità, o con quello dei minori. Riteniamo che questa interazione, di tipo tecnico, ma che avviene grazie alla possibilità di interloquire con chi sta dall'altra parte dello schermo, debba avere sedi idonee altrimenti non avverrà. Il Segretariato sociale, con tutti i limiti, può essere questo tipo di sede.
  Infine, quanto al canale tematico, come diceva Barbieri, non siamo particolarmente affezionati a quest'idea. Peraltro, è giusto quello che avete osservato a proposito del rischio della ghettizzazione. Ne siamo perfettamente consapevoli.
  Se esiste la possibilità di costruire quello che abbiamo descritto nel punto 6, vale a dire fasce di palinsesto riconoscibili come comunicazione sociale, anziché all'interno di un canale tematico individuato, nei canali generalisti e nei canali del digitale terrestre, sicuramente ne saremo altrettanto soddisfatti. L'importante è che queste fasce siano riconoscibili in palinsesto e che gli interlocutori consentano accesso e interazione da parte di questo nostro mondo, disponibili anche a crescere insieme. Da questo punto di vista, vi è una sorta di funzione pedagogica: linguaggio, sensibilità, complessità della narrazione, che abbiamo la presunzione di poter svolgere se dall'altra parte qualcuno ci ascolta, anche con una contaminazione all'interno delle varie categorie, non solo dei giornalisti, degli autori e dei programmisti.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  PRESIDENTE. Ringraziamo molto i nostri ospiti. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.45.