XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 25 di Mercoledì 22 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Disposizioni in materia di comunicazione politica, messaggi autogestiti e informazione della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo per le consultazioni elettorali del presidente e del XV Consiglio regionale della Sardegna previste per il 16 febbraio 2014 (esame – rel. Fico):
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 3 
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 3 
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Rossi Maurizio  ... 4 
Fico Roberto , Presidente ... 4 
Rossi Maurizio  ... 4 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 4 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 4 
Centinaio Gian Marco  ... 4 
Fico Roberto , Presidente ... 4 
Airola Alberto  ... 4 
Fico Roberto , Presidente ... 4 

Audizione di rappresentanti della FNSI – Federazione nazionale della stampa italiana:
Fico Roberto , Presidente ... 4 
Siddi Franco , segretario generale della FNSI ... 4 
Rossi Maurizio  ... 8 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 9 
Airola Alberto  ... 9 
Fico Roberto , Presidente ... 10 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 10 
Bonaiuti Paolo  ... 11 
Siddi Franco , segretario generale FNSI ... 11 
Fico Roberto , Presidente ... 12 
Siddi Franco , segretario generale FNSI ... 12 
Fico Roberto , Presidente ... 12 
Siddi Franco , segretario generale FNSI ... 12 
Airola Alberto  ... 13 
Siddi Franco , segretario generale FNSI ... 13 
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Bonaiuti Paolo  ... 14 
Siddi Franco , segretario generale FNSI ... 14 
Nesci Dalila (M5S)  ... 15 
Siddi Franco , segretario generale FNSI ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 15 

Sull'ordine dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Margiotta Salvatore  ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Ranucci Raffaele  ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 16 

Audizione di rappresentanti di Sky Italia:
Fico Roberto , Presidente ... 16 
Zappia Andrea , amministratore delegato di Sky ... 16 
Margiotta Salvatore  ... 19 
Rossi Maurizio  ... 19 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 19 
Centinaio Gian Marco  ... 19 
Zappia Andrea , amministratore delegato di Sky ... 20 
Fico Roberto , Presidente ... 21 

Audizione di rappresentanti di Tivù Srl:
Fico Roberto , Presidente ... 21 
Balestrieri Luca , presidente di Tivù Srl ... 21 
Fico Roberto , Presidente ... 23 
Balestrieri Luca , presidente di Tivù Srl ... 23 
Fico Roberto , Presidente ... 24 
Rossi Maurizio  ... 24 
Fico Roberto , Presidente ... 24 
Balestrieri Luca , presidente di Tivù Srl ... 24 
Fico Roberto , Presidente ... 24 
Balestrieri Luca , presidente di Tivù Srl ... 24 
Fico Roberto , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.
  Comunico, altresì, che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Disposizioni in materia di comunicazione politica, messaggi autogestiti e informazione della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo per le consultazioni elettorali del presidente e del XV Consiglio regionale della Sardegna previste per il 16 febbraio 2014 (esame – rel. Fico).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame dello schema di delibera recante «Disposizioni in materia di comunicazione politica, messaggi autogestiti e informazione della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo per le consultazioni elettorali del presidente e del XV Consiglio regionale della Sardegna previste per il 16 febbraio 2014».
  Lo schema di delibera oggi in esame riproduce sostanzialmente il contenuto dell'ultimo provvedimento in materia di comunicazione politica e informazione della concessionaria pubblica approvato dalla Commissione in questa legislatura in occasione delle elezioni indette nelle province autonome di Trento e Bolzano per il 27 ottobre 2013 e nella regione Basilicata per il 17 e 18 novembre 2013, con l'unica novità rappresentata dalla modifica all'articolo 3, comma 2, lettera b), secondo cui nel periodo compreso tra la data di convocazione dei comizi elettorali e quella del termine della presentazione delle candidature è garantito l'accesso anche alle forze politiche che hanno eletto, con proprio simbolo, almeno due rappresentanti italiani nel Parlamento europeo.
  Faccio, inoltre, presente che, poiché la campagna elettorale in Sardegna ha già avuto inizio, la RAI sta applicando fin dal suo inizio quanto stabilito nell'ultima delibera adottata dalla nostra Commissione in relazione alle ultime consultazioni regionali.

  GIORGIO LAINATI. Grazie, Presidente. Mi incuriosiva l'annotazione che lei ha testé annunciato. A differenza del testo predisposto per le elezioni regionali della Basilicata, c’è un'innovazione, come lei ha annunciato. Vengono, cioè, «aperte le porte» nella fase precedente alla presentazione delle liste anche a chi ha due rappresentanti al Parlamento europeo ?

  PRESIDENTE. Ci siamo conformati alla delibera dell'AGCOM che è già pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Tutto qua.

  GIORGIO LAINATI. Che facciamo, l'approviamo testé ?

  PRESIDENTE. Sì, perché le elezioni sono il 16 febbraio, peraltro la stanno già applicando.

Pag. 4

  MAURIZIO ROSSI. Io non posso approvare questo testo. Voto contro e invito la Commissione innanzitutto a non presentarci un documento contestualmente alla sua approvazione. Questo è un tema che da qui alle prossime elezioni, sperando che la Commissione continui a esserci perché continua a esserci il Governo, dovremo affrontare in un'occasione per decidere non alle porte, ma quali osservazioni fare su...

  PRESIDENTE. Le dico, però, che questo è un testo che la Commissione ha già approvato e su cui ha già fatto anche un percorso emendativo per le passate elezioni. Pertanto, è un percorso che su questo testo è già stato fatto, con riferimento a quello che lei dice. Ci sono già state discussioni, è già stato mandato in e-mail. È qualcosa di vecchio. In Ufficio di presidenza abbiamo stabilito di portarlo in Commissione e di approvarlo. Per tutto il resto, per le altre delibere che saranno emanate per le elezioni o per le europee si farà la discussione che lei dice. Assolutamente.

  MAURIZIO ROSSI. Grazie. Mantengo comunque il voto contrario.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Vorrei esprimere voto favorevole alla proposta che ci è stata sottoposta, innanzitutto perché esiste una questione d'urgenza rispetto allo svolgimento delle elezioni regionali in Sardegna. Credo che dobbiamo procedere con la dovuta celerità. Esprimo parere favorevole anche perché il testo mi sembra essere incardinato sui precedenti che riguardano le altre elezioni regionali e, quindi, da questo punto di vista, mantiene, pur con l'osservazione del presidente Lainati, una linea di continuità. Peraltro, voglio aggiungere che è stato anche oggetto di confronto in seno all'Ufficio di presidenza, il quale ha sollecitato il Presidente a iscriverlo all'ordine del giorno e a farsi carico di esserne il relatore. Di questo lo ringrazio.

  GIORGIO LAINATI. Davanti alla presa di posizione del collega Rossi e alla luce di quello che io avevo chiesto, avendo lei dato la spiegazione e risolto il quesito, anche il nostro Gruppo vota a favore del documento in oggetto.

  GIAN MARCO CENTINAIO. Come Lega Nord, invece, voteremo contro, per le stesse motivazioni espresse dal collega Rossi. Chiediamo un po’ più di organizzazione. Il testo mi è stato fornito in questo momento e, quindi, voto contro.

  PRESIDENTE. Credo che lei, collega Centinaio, non ci fosse perché era stato sostituito – al suo posto c'era il senatore Bitonci – e, quindi, forse non conosce il percorso che abbiamo fatto per arrivare a questa delibera, che oggi non viene altro che ratificata.

  ALBERTO AIROLA. Anche il Movimento 5 Stelle si esprime favorevolmente.

  PRESIDENTE. Pongo ai voti lo schema di delibera.
  È approvato.

Audizione di rappresentanti della FNSI-Federazione nazionale della stampa italiana.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti della FNSI-Federazione nazionale della stampa italiana, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Quest'audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo Contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Cedo, quindi, la parola al dottor Franco Siddi, segretario generale della FNSI, che riferirà le valutazioni della FNSI sul nuovo Contratto di servizio, con riserva per me e gli altri colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  FRANCO SIDDI, segretario generale della FNSI. Grazie onorevole Presidente. Pag. 5Grazie signori commissari. Ringraziamo per questo incontro, nel quale viene sentita la Federazione nazionale della stampa italiana, dopo che analogo incontro è stato fatto con l'USIGRAI, il nostro sindacato aziendale di categoria dei giornalisti. L'USIGRAI è intervenuta nello specifico del Contratto, anche dettagliatamente, e trova sul suo intervento la nostra condivisione. Non può che essere così.
  Se mi sarà consentito, prima di fare alcune osservazioni sul Contratto vorrei cogliere questa occasione per dire che il sindacato dei giornalisti, nella sua totalità, è molto interessato al lavoro della Commissione di vigilanza, nella prospettiva a cui ci deve portare il Contratto di servizio 2013-2015, cioè quella del rinnovo della concessione per il servizio pubblico televisivo a partire dal 2016. A tale rinnovo guardiamo con la richiesta pressante alla politica e, quindi, agli organismi istituzionali parlamentari – la vigilanza è il massimo organo in questo senso – di poter lavorare da subito concretamente per un rafforzamento e una riforma del servizio pubblico, a partire dalla sua governance, dalle sue fonti di nomina. Questo per sganciarlo dai poteri dei Governi e delle maggioranze di turno e per valorizzare sempre più il servizio pubblico per quello che deve essere e per quello che sono i servizi pubblici nei Paesi democratici.
  Abbiamo visto che cosa è successo in Grecia quando è stata spenta la TV pubblica. Anche chi non amava molto il servizio pubblico, immaginando che fosse un luogo di sprechi, un luogo nel quale erano annidate posizioni di vantaggio per qualcuno, ha capito cosa significasse la TV pubblica spenta: significava affidare la trasmissione e la disponibilità dell'informazione principale e della promozione della cultura nazionale a soggetti che non avevano come interesse principale il bene pubblico. Questo rendeva tutti un po’ più poveri. La gente andava spontaneamente a protestare la mattina presto per giorni e giorni davanti alla sede della TV pubblica greca.
  Poiché anche in Italia ci sono spesso segnali inquietanti di chi pensa che si possa farne a meno, noi diciamo che il servizio pubblico, se ha degli aspetti che non vanno bene, deve correggerli e che li corregge bene se si comincia a riformarne la governance e a fare in modo che quest'azienda funzioni sempre più, come impresa dal punto di vista industriale, ma anche come servizio dal punto di vista di promozione e di tutela dei beni pubblici. Tali beni sono l'informazione, la cultura, l'intrattenimento, lo spettacolo nazionale e la capacità di avere un servizio pubblico di informazione e di diffusione della cultura e della lingua, che rappresentano l'immagine e l'identità dell'Italia nel mondo, oltre che in Italia, con il suo pluralismo culturale e politico e con la promozione delle eccellenze che l'Italia ha.
  La RAI è un'azienda di eccellenza dal punto di vista delle professionalità di cui dispone, nel campo del giornalismo come in altri settori. Forse non tutto funziona. Sicuramente non tutto funziona. Sicuramente molte energie sono spente e messe all'angolo, anche oggi. Molte sono state tolte negli ultimi due anni, credo, dai luoghi di pausa e di sconforto nei quali erano state collocate, altre sono ancora da recuperare. C’è un patrimonio importantissimo a cui fa riferimento il servizio, che è quello storico, quello delle teche, per esempio, che è una ricchezza anche materiale per il Paese, che deve essere valorizzata. C’è un patrimonio rilevantissimo costituito dai telegiornali nazionali, ma anche regionali, che – lo ricordo – sono un'istituzione organizzativa e produttiva specifica voluta, con lungimiranza, tra il 1975 e il 1979 dalla classe politica, la quale ha avviato una riforma che, prendendo atto dell'avvenuto regionalismo dal punto di vista istituzionale, realizzò il servizio pubblico regionale.
  Occorre interrogarsi se quel servizio vada bene o male. È insufficiente ? Forse sì. Cerchiamo allora di capire come lo si fa funzionare meglio. Cerchiamo di capirlo anche attraverso il Contratto di servizio. Cerco di collegare le due cose.
  Il servizio radiotelevisivo pubblico corrisponde all'esigenza di essere un servizio dell'Italia verso le popolazioni e le comunità Pag. 6italiane ovunque esse siano dislocate, guardando soprattutto al fatto che deve servire chi ha meno voce. Deve consentire che chi non è raggiunto dall'informazione, dalla cultura e dallo spettacolo se non attraverso altri sistemi, caratterizzati solo da obiettivi di carattere economico e di beneficio materiale diretto, ne sia invece raggiunto. Si tratta allora di immaginare che forse servirebbe qualcosa in più in questo Contratto di servizio, che, per certi versi, è ridondante. È quasi tutto positivo nei principi, ma è ridondante. Non servono 27 pagine, un'enormità. Ciascuno di noi però quando si mette a scrivere i documenti, a volte li fa anche per accumulo. Credo che siano così tante le pagine, con molte questioni ripetute, perché ciascuno vuol vedere la sua espressione diretta. Se questo serve ad arricchire il pluralismo, va bene, ma bisogna pensare davvero a rafforzare e a qualificare il servizio pubblico, anche laddove riteniamo che sia insufficiente.
  Penso alle minoranze linguistiche, culturali e politiche, che, se non ci fosse il servizio pubblico, scomparirebbero del tutto. Si dice che sono ugualmente maltrattate. Può darsi, ma senza il servizio pubblico non ci sarebbero proprio, non avrebbero diritto di cittadinanza. Penso al capitolo del Contratto che riguarda le minoranze linguistiche. C’è un cenno a livello di intenti per quanto riguarda le conferme di presenza e di impegno in Alto Adige, Valle d'Aosta e Friuli Venezia Giulia, specificamente per gli sloveni e un po’ meno sul friulano, dove occorre fare un po’ di più. È stata fatta una convenzione a suo tempo per RAI 3 bis regionale. Credo che debba essere fatta: occorre trovare gli intenti politici, programmatici e progettuali e anche un po’ di risorse, magari facendo in modo che vengano orientate correttamente. Questo vale per il Friuli, dove c’è già quest'idea progettuale, una convenzione realizzata e che qualcosa sta producendo. Qualcosa in più andrebbe fatto in qualche altra regione, ma questo è un mio sentimento più da cittadino italiano di nazionalità sarda. Andrebbe fatto di più in Sardegna, ma questo, purtroppo, pertiene anche alla regione sarda, che lo deve chiedere. Se non lo chiede, capisco che non ci sia. Sono problemi veri, guardate. Se le comunità regionali e locali non le teniamo insieme per la loro distinzione in un ambito comunitario nazionale, avendo cura e rispetto per il pluralismo culturale e linguistico che esprimono, le perdiamo. Occorre trovare un modo di rafforzare questo tema.
  Altrettanto va detto per quanto riguarda il capitolo, anche qui solo a livello di intenti, ma in modo fortemente insufficiente – mi permetto di dirlo – degli italiani all'estero. Avendo l'avventura di essere membro per conto della Federazione nazionale della stampa italiana, del Consiglio generale degli italiani all'estero – membro volontario: lo preciso, così capiamo bene le cose in quanto rappresentante di un'associazione italiana di lavoro specifica in cui mi occupo dell'informazione – osservo che ormai non si possono fare più neanche riunioni per mancanza di fondi.
  C’è un grande problema che riguarda le comunità italiane all'estero: le abbiamo dimenticate. Dimentichiamo che sono italiani a ogni effetto. Abbiamo riconosciuto loro per Costituzione il diritto al voto, il diritto alla piena cittadinanza, ma non assicuriamo ancora un servizio pubblico adeguato. Anzi, l'Italia ha spento Rai Italia nel mondo, poi chiamata RAI Internazionale. Nel 2013, appena concluso, si è riaperto un primo filo di voce per quelle comunità, con una programmazione dedicata che va sulle reti generali, ma non si è mai realizzato l'obiettivo di avere l'informazione di ritorno, ossia di avere un collegamento reale con quelle comunità, affinché possano comunicare e avere un raccordo diretto non solo col canale specifico, ma anche con gli altri canali e telegiornali. Finiscono sempre in coda se c’è qualcosa e, quando abbiamo le campagne elettorali, cui si fa riferimento nel Contratto di servizio, le stesse campagne di informazione partono spesso quando tutto sta finendo. Se si può fare qualche correttivo, si faccia per rafforzare questo elemento. È un capitolo che noi, abituati Pag. 7a ragionare molto provincialmente, guardando solo ai confini nei quali operiamo, a volte dimentichiamo.
  Per quanto riguarda altre questioni specifiche, invece, avendo un po’ di esperienza nel livello internazionale del sindacato, suggerirei di tenere conto dei richiami che l'Europa ha fatto più volte all'Italia in materia di servizio pubblico, nonché dell'attenzione con cui viene guardato proprio il modello di governance italiano. Credo che l'Europa ci chieda di cambiare questa governance, come problema urgente.
  Il Contratto di servizio è un atto fondamentale per la prosecuzione dell'attività. Dobbiamo guardare a un'innovazione, anche organizzativa e produttiva, nella quale questa sia un'azienda primaria che produce e rende servizio pubblico permanentemente nel tempo, al di là delle maggioranze che si formano tempo per tempo e delle scadenze delle elezioni politiche parlamentari, con un controllo che si realizza attraverso una nuova dimensione partecipativa dei cittadini. La BBC, per fare la riforma, ha fatto partecipare il mondo britannico alla produzione delle idee. Si è creata poi una sintesi di efficacia che rende quella TV brillante e importante nel mondo.
  L'Italia è un Paese che discute molto di sé stesso e di RAI. Sembra che la RAI sia il centro della vita politica e culturale italiana. La RAI non deve essere un motivo politico. La RAI deve essere il servizio pubblico permanente, attraverso il quale anche la politica trova il modo di esprimersi piuttosto che il modo di fare spettacolo.
  Lo spettacolo è un servizio pubblico anch'esso. A proposito della questione dei bollini, so che è una partita andata e forse persa, ma personalmente credo che la storia del bollino e di definire cosa rientri nel servizio pubblico e cosa non vi rientri rischi di portarci fuori strada. Se il servizio pubblico è necessario e ha un ruolo fondamentale, non può averlo solo per il telegiornale e per graduare, contabilizzando i minuti o i secondi, le presenze delle varie forze in campo in Parlamento, del pluralismo sociale, dell'associazionismo, del volontariato e di chi si vede di meno. Il servizio pubblico è fatto anche di quelle attese di cui hanno bisogno le persone per avere l'intrattenimento che altrimenti non avrebbero, non potendoselo finanziare, per avere gli spettacoli e gli eventi sportivi principali, attraverso i quali si creano la comunità e l'identità nazionale. Anche questo è servizio pubblico.
  Di conseguenza, il bollino a me sembra un tema di ieri e non un tema di attualità necessario. Mi pare che sia più una battaglia ideologica che un elemento importante di innovazione e di qualificazione che si deve fornire.
  Il servizio si qualifica come pubblico se davvero corrisponde al bene pubblico ed è percepito come bene pubblico. Forse oggi non lo è più, perché è diventato un luogo di battaglie campali, anche interne, che a volte riguardano anche la mia categoria. Non lo nascondo. Sembra che queste battaglie debbano avere un rilievo diverso rispetto a quelle di altri lavoratori. Certamente chi è lì è in un punto sensibile e i punti sensibili, se scoperti, si infiammano e possono produrre danni e risultati negativi.
  Lo sforzo tecnologico cui si fa cenno nel Contratto di servizio è importante. Penso e spero che questo debba significare che la RAI assuma un ruolo centrale nella promozione tecnologica e industriale del Paese in materia di industria dell'informazione che comunica con la comunità italiana nel mondo. Anzi, forse sarebbe il caso di cogliere l'occasione del Contratto di servizio, in prospettiva del rinnovo della concessione, per fare un ragionamento forte – accanto all'irrisolto tema del conflitto d'interessi che è forse all'origine di questo documento di 27 pagine – sull'esigenza di riportare sul piano pubblico il potere trasmissivo e di diffusione che deve appartenere alla mano pubblica. Questo per garantire, in primo luogo, il servizio pubblico e, in secondo luogo, la correttezza e la certezza che altri operatori, in maniera paritaria, possano accedere a questa disponibilità.Pag. 8
  Sul piano tecnologico la RAI è chiamata invece a superare il gap tecnologico che la vede indietro rispetto a quasi tutti i servizi pubblici europei e internazionali, procedendo più speditamente sul terreno della digitalizzazione, che oggi vediamo più evidente su Rainews e magari sul TG 2, e che sta arrivando anche in altri campi. Abbiamo visto cosa è successo con l'avvento della TV satellitare, che non è un servizio pubblico: tutti concorrono a fare attività che producono beni pubblici o intervengono sui beni pubblici, ma il servizio pubblico ha caratteristiche diverse e ha obbligazioni che non si possono chiedere permanentemente a un privato. Per adesso mi limiterei a queste osservazioni e a queste sottolineature, rimandando per i dettagli, per intero, al documento dell'USIGRAI e alla relazione che vi ha portato il collega Di Trapani, segretario dell'USIGRAI.
  Siamo pronti anche a rispondere, se necessario, a qualche osservazione rispetto a ciò che dice e fa la Federazione nazionale della stampa italiana in materia di tutela e di diritti dell'informazione per la libertà di tutti e di battaglie per l'autonomia professionale e per il pluralismo. Spesso abbiamo difeso colleghi che magari sul piano della loro collocazione ci vedono lontani personalmente, ma in materia di autonomia professionale e di pluralismo tocchiamo punti che hanno una loro sacralità, rispetto alla quale l'autonomia di giudizio e la linearità di comportamento delle organizzazioni come la nostra sono assolutamente fuori discussione.

  MAURIZIO ROSSI. Innanzitutto vorrei fare un'osservazione sulla difesa del servizio pubblico regionale. Lei pensi che non è mai stato definito che cosa sia il servizio pubblico regionale.
  La RAI ha una concessione nazionale ed è l'unica televisione in Italia che ha una deroga per «splittare» sul territorio. Qui parliamo del Contratto di servizio, ma più che altro, secondo me, questo serve come esercizio per parlare della vera scadenza, quella del 6 maggio 2016 della Convenzione fra Stato e RAI, Convenzione che nessuno potrà rinnovare, come sappiamo bene, ma che deve passare per una legge parlamentare. Abbiamo la necessità di guardare con grande attenzione a come si possa, in quell'occasione, ridisegnare un intero sistema, comprensivo del servizio pubblico nazionale e del servizio pubblico regionale, che oggi non può essere certamente più inteso solamente come televisione e radio, ma che riguarda tutte le piattaforme e, a mio giudizio, anche la carta stampata, al di là del fatto che ormai i giornali hanno i siti Internet.
  Porto un esempio. Il sito de Il Secolo XIX lo scorso 26 dicembre ha fatto il più grande servizio pubblico della regione, riportando in diretta l'alluvione in Liguria. I giornali lo fanno quando pubblicano notizie sulle emergenze. Magari il giorno dopo gli anziani leggono i giornali e hanno una notizia di servizio pubblico.
  Penso che oggi non ci si possa permettere di parlare di servizio pubblico regionale, perché non è mai stato definito. Bisogna definire cosa sia il servizio pubblico nazionale, cosa sia il servizio pubblico nazionale regionale e chi lo possa gestire.
  Sotto il profilo della difesa dei posti di lavoro, oggi siamo qui a parlare di RAI, ma credo che la FNSI non possa fare una discriminazione tra dipendenti del servizio pubblico RAI e tutto il resto del mondo dell'informazione, trattato come carne da macello. Purtroppo, c’è ormai un 30-40 per cento di disoccupati nel mondo dell'informazione privata, tra giornalisti, tipografi, cameraman e tecnici. C’è una situazione drammatica fatta di contratti di solidarietà, di cassa integrazione e di licenziamento nelle prime aziende.
  Quando parliamo di un canone nel futuro, credo sia giusto pensare di utilizzare gli introiti del canone per cercare di dare il massimo dell'occupazione nel Paese e il massimo del servizio pubblico ai cittadini, che sono quelli che devono pagarlo, nell'interesse di avere il miglior servizio pubblico al costo inferiore. Questo è l'obiettivo che ci dobbiamo prefiggere per il futuro, insieme a una difesa dell'occupazione.Pag. 9
  Proprio lunedì scorso ho fatto un convegno a Genova proprio sul futuro dell'informazione nel servizio pubblico regionale. Pensi che abbiamo lanciato un sondaggio sul sito che si chiama cambiamolarai.it. Tra l'altro, sia il ministero, sia la RAI dicono che bisogna fare una consultazione pubblica per vedere quali potranno essere i desiderata della gente, sullo stile della BBC. L'86 per cento delle persone non capisce che cosa paga con il canone. Oggi non possiamo parlare di dare ai cittadini una programmazione complessiva di 15 canali, quando loro non capiscono per cosa pagano il canone. A difesa del grande lavoro giornalistico e delle professionalità giornalistiche che ci sono, la cosa fondamentale è che la percentuale più elevata dei cittadini dice che per loro il servizio pubblico, quello per cui sarebbero disposti a pagare, è costituito proprio dal telegiornale e dall'informazione sulle emergenze nei territori. Mi permetto, quindi, di contestare quanto lei ha detto per quanto riguarda il bollino blu. Sarebbe un esercizio molto importante per dire proprio ai cittadini per cosa stanno pagando il canone.
  Infine, da ultimo, faccio presente, per esempio, che il sistema neozelandese fa in modo che vengano incassati dallo Stato gli introiti per una tassa sull'informazione, che vengono poi distribuiti a tutti i soggetti che la diffondono.
  Il servizio pubblico non deve essere affidato a una società pubblica. Il servizio pubblico può essere dato in bando, come dice la normativa europea, al miglior offerente, a colui che offra il miglior servizio al costo inferiore.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Mi scuso con i colleghi che ho sopravanzato, ma purtroppo si ripropone anche oggi il problema di cui abbiamo parlato più volte e che il Presidente conosce bene, ossia la sovrapposizione con l'altra parte dei lavori parlamentari. Avendo adesso il question time in Aula, ho chiesto la cortesia di poter intervenire prima. Mi scuso da subito se non sarò presente al momento della risposta alla domanda che intendo formulare, ma ho la possibilità poi, con il resoconto, di conoscere nel dettaglio la risposta.
  In premessa, presidente, tengo a dire che non ho la stessa opinione del senatore Rossi rispetto alla natura della nostra discussione e al ruolo stesso che dobbiamo svolgere rispetto al Contratto di servizio. Credo che il Contratto di servizio sia un lavoro precipuo e specifico di questa Commissione in relazione alla concessione in essere e non rispetto a quella che dovrà essere. Credo che dobbiamo fare fino in fondo il nostro dovere, il nostro compito, svolgendo, come stiamo facendo, un percorso auditivo molto approfondito, per poi esprimere il nostro parere sul Contratto di servizio.
  Quella sulla concessione è una discussione che dovrà vedere ovviamente il contributo della Commissione di vigilanza, ma che riguarda il complesso del Parlamento. Anzi, forse questo dovrebbe significare che ognuno di noi deve sollecitare i propri Gruppi affinché si possa aprire – questo sì – da subito una discussione in Parlamento rispetto alla scadenza del 2016. Questo magari aderendo alla sollecitazione, che era stata fatta qui in diverse audizioni, di costruire un percorso di confronto sul modello di quello che viene fatto in Inghilterra, sull'esempio del Royal Charter.
  C’è un secondo punto su cui non sono d'accordo con il senatore Rossi: credo che l'informazione a livello locale sia parte essenziale del ruolo della RAI, del servizio pubblico, e che, al limite, dobbiamo concentrarci nel definirla.
  Fatte queste premesse arrivo subito alla domanda: vorrei sapere se sul citato «bollino blu», nella sua formulazione giornalistica, la posizione cui lei ha fatto riferimento si sovrapponga alla posizione che è stata espressa dall'USIGRAI e che ha rappresentato una parte essenziale dell'audizione, su cui gli intervenuti si sono soffermati a lungo. Lei ha fatto un riferimento. Vorrei capire se su questo ci sia piena adesione e identica veduta.

  ALBERTO AIROLA. Vi ringrazio della vostra relazione e vorrei dire che condividiamo Pag. 10molti punti della vostra esposizione. La libertà di stampa è il primo fondamento di una democrazia. Non è un caso, infatti, se nei Paesi a bassa libertà la stampa è in genere il primo obiettivo della dittatura.
  Di fronte a una RAI che indubbiamente ha subìto negli anni una lottizzazione, una divisione dell'apparato e anche del sistema di informazione, vorrei sapere cosa suggeriate di fare nel Contratto di servizio pubblico per migliorare questa questione, permettendo ai giornalisti di seguire le indicazioni deontologiche della loro professione, ossia l'autonomia, il più possibile. Non dico che siano tutti politicizzati, ma c’è indubbiamente una forte pressione politica nella RAI.
  Attendendo una vera riforma della governance, che probabilmente sarebbe la soluzione, o comunque un progetto a cui arrivare con un lavoro comune, come stava dicendo anche prima il collega, cosa possiamo fare per migliorare questa situazione ? Ritenete che la quantità di TG, che risponde un po’ alla logica appena esposta, che fino adesso ha funzionato, sia eccessiva e che si potrebbe ridurre ? Forse il pluralismo fino a oggi è stato garantito proprio da questa moltiplicazione.
  L'obiettivo a cui punteremmo noi del Movimento 5 Stelle, penso anche in sintonia con la Federazione nazionale della stampa italiana, sarebbe di avere un minor numero di TG, in cui ci sia, però, una vera autonomia, una vera libertà d'espressione fino in fondo. Si tratterebbe quindi di garantire la pluralità degli organi di informazione in questo senso.
  Rispetto ai diritti della categoria che rappresentate e alla vostra attività sindacale voglio informarvi che in questa Commissione uno degli aspetti fondamentali del Contratto di servizio, che vorrei ribadire, è proprio il rispetto dei lavoratori, a tutti i livelli, nella RAI, che purtroppo oggi spesso non viene rispettato appieno, in particolare anche dei giornalisti. Ci sono molti lavoratori precari. L'abbiamo chiesto a Gubitosi, in base a segnalazioni, ma basta uscire da questo palazzo per incontrare qualcuno. Non c’è bisogno di fare grandi indagini di mercato per capire che ci sono precari costretti ad anticiparsi le spese e che lavorano con partita IVA. Il direttore generale ci ha garantito che questo non sarebbe più successo, ma in realtà continua a succedere. Secondo me, il Contratto di servizio pubblico è anche un'occasione per migliorare questa situazione.
  Dal Movimento 5 Stelle c’è dunque la massima tensione a ottenere una libertà di stampa e di informazione equilibrata e il più possibile scevra da influenze politiche. Respingo quindi le accuse mosse dal vostro collega dell'USIGRAI Di Trapani riguardo alle liste di proscrizione. È perché, in realtà, subiamo una discriminazione che denunciamo quotidianamente in questa Commissione l'informazione che passa attraverso RAI. Non lo dico io, lo dicono i dati dell'Osservatorio di Pavia, che non sono qualitativi, bensì quantitativi, ma che potrebbero già dare un'indicazione reale della presenza del pluralismo in TV.

  PRESIDENTE. Poiché abbiamo iniziato tardi, avendo la Camera finito tardi di votare, cerchiamo di dare un limite di tempo agli interventi, perché dopo ci sono altre audizioni. Cerchiamo di completarle, così abbiamo chiuso il ciclo di audizioni e facciamo contento anche Centinaio.

  GIORGIO LAINATI. Grazie, Presidente. Sarò rapidissimo.
  Ci siamo incontrati in questa Commissione con Franco Siddi innumerevoli volte e anche in questa occasione non abbiamo certo la possibilità di risolvere i problemi enormi che sono dietro il mondo dell'informazione pubblica e privata. Non voglio certo chiedere l'impossibile ai rappresentanti della federazione, tenendo conto che loro hanno un ruolo di straordinaria importanza a salvaguardia dei valori della libertà, della democrazia e del pluralismo dell'informazione.
  Siamo consapevoli, perché in questa Commissione ne dibattiamo da non so più quanti anni, Presidente Fico, della questione lottizzazione della RAI e di tutte le cose che non vanno. Siamo altrettanto consapevoli, però, che poter evidenziare il Pag. 11ruolo del servizio pubblico attraverso un bollino o altro rimane una delle questioni centrali, anche se la rappresentante di EBU ha detto che è contrarissima. Rimane il fatto che è una questione tra le più delicate tra quelle che stiamo affrontando.
  È altrettanto vero che, come ha detto Siddi, il servizio pubblico, avendo un esercito di giornalisti al suo interno, ha una responsabilità ancora più grande. Mi fa piacere avere l'opinione di Franco Siddi per quanto riguarda la realtà del TGR, che, con più di 800 giornalisti, è tra le più grandi testate giornalistiche del mondo e svolge un ruolo molto importante a livello della divulgazione delle informazioni regionali, al di là della rispettabile opinione del senatore Rossi.
  Quello che diceva Siddi è molto importante anche rispetto all'immagine e al rapporto che il servizio pubblico può mantenere con gli italiani nel mondo. Questo è uno dei nodi. Sono sicuro che il relatore e collega vicepresidente Margiotta su entrambi questi punti, quello del valore dell'informazione regionale e quello del raccordo tra la RAI e gli italiani nel mondo, avrà una sensibilità particolare, perché conosce benissimo tutte queste tematiche. Mi rendo altrettanto conto però, e lo ripeto, che non potrà certo essere questo Contratto di servizio a risolvere tutte le questioni che sono ancora apertissime. La questione del sistema integrato delle comunicazioni, per esempio, è un problema di enorme rilevanza legislativa, che nessuno di noi pretende possa essere risolto da questo Contratto di servizio. È importante però evidenziare alcuni punti di particolare criticità.

  PAOLO BONAIUTI. Quello di cui parlava prima Franco Siddi riguardo al problema della RAI e alla sua diffusione nel mondo, al rapporto con gli italiani nel mondo, è un tema che conosco bene, perché sono stato per anni sottosegretario all'editoria a Palazzo Chigi. In tutta franchezza, devo dire che sono orgoglioso, anche oggi, di avere prima dimezzato il contributo di Palazzo Chigi a RAI International e poi di averlo ulteriormente ridotto. Non so a quale livello sia arrivato adesso con l'attuale sottosegretario, ma Franco di sicuro lo sa. Sono orgoglioso di questo, perché RAI International era una struttura, che ora ha cambiato nome, assolutamente non adeguata all'informazione degli italiani nel mondo e tanto meno rispondeva, e risponde, al principio di servizio pubblico. Perché, allora, non cerchiamo noi di dare un'idea, senza uscire dall'ambito dei nostri poteri di controllo, perché non cerchiamo di fornire alcune indicazioni su come debbano essere queste linee del servizio pubblico nei confronti dell'informazione della RAI all'estero, che, lo ripeto, è qualcosa di veramente pietoso ?

  FRANCO SIDDI, segretario generale FNSI. Dovrei fare un nuovo intervento. Cercherò di essere breve per l'economia dei vostri e dei nostri tempi, ma mi preme dire alcune cose.
  Negli interventi si è trattata la questione dell'informazione regionale locale. Onestamente, credo che anche su questo occorra uscire dai luoghi comuni. Anche l'informazione, spesso, non fa bene il suo mestiere. Molto facilmente, infatti, la stampa e la politica insieme si trovano a soffermarsi sugli elementi esteriori che colpiscono l'immaginario. Ottocento giornalisti sembrano un'enormità e, quindi, sembrano quasi un motivo di scandalo. Tuttavia, si parla di 20 regioni: in media non sarebbero più di 40 per regione, a questo punto. Se prendiamo un singolo giornale regionale, vediamo che difficilmente ha una redazione con meno di 50 persone. Un provinciale non lo puoi fare con meno di 25, se vuoi fare le cose seriamente.
  Parliamo di informazione regionale, della quale possiamo dire che non funziona bene. Deve fare, però, pochi – purtroppo: io ne farei di più – telegiornali regionali, con spazi di quindici minuti per tre volte al giorno, oltre, adesso, al buongiorno, che è qualificante, la mattina. Forse bisognerebbe fare, e si può fare, di più e meglio. Stiamo attenti, però, a dire che quello è uno spreco. Non lo è. In molte regioni questo è l'elemento qualificante che aiuta le comunità Pag. 12locali ad avere, per quanto possono, un'informazione minima completa, che un operatore privato, che sia di emittenza privata o della carta stampata, non ha come obbligo primario, perché deve prima di tutto guardare se c’è la quadratura del conto.
  In Calabria e in Basilicata, dove si legge meno che in tutta Italia, nessun giornale riesce a sopravvivere se non con un po’ di sostegno, perché non c’è il mercato, e l'informazione non si produce solo per il mercato. Il mercato del servizio pubblico consiste nell'assicurare un bene che altrimenti una persona non potrebbe avere con le sue sole risorse, con le sue sole disponibilità, oppure consiste nel coprire delle assenze.
  Questa presenza è fondamentale e, quindi, io la difendo. Al limite, qualifichiamola, caratterizziamola, sollecitiamola a migliorare, magari anche ridistribuendo ulteriormente le risorse professionali. A parità di costo si possono fare tante operazioni, ma questo non si può fare con il Contratto di servizio, con una durata di due anni. Lo dice uno che è difensore dell'emittenza privata, con un elemento di chiarezza che ribadisco anche in questa sede: peraltro, il senatore Rossi è un operatore del settore e lo conosce molto bene. Non c’è nessuno come il sindacato italiano della Federazione della stampa che si sia battuto per il pluralismo dell'etere, anche nel campo privato, e per il sostegno alle TV private, ma a una condizione: che anche gli operatori facciano la loro parte fino in fondo nel rischio di impresa e che corrispondano anch'essi a esigenze di categoria. Altrimenti non capisco perché io debba dare soldi pubblici a un editore privato. Glieli do perché concorre a realizzare e ad allargare il pluralismo, in questo caso, o a promuovere la cultura locale. Tuttavia, se non ci sono giornalisti od operatori correttamente assunti, il che era il parametro fondamentale – il Ministro Gasparri è andato via, ma lo sa bene – io non darei i soldi. Noi ci siamo battuti perché le TV private avessero più soldi degli anni scorsi e perché il fondo fosse integrato, come poi è avvenuto quest'anno, nella legge di stabilità. Non possiamo essere accusati di questo e di non difendere l'occupazione. La difendiamo, ma vogliamo che sia rispettata l'occupazione, in RAI come fuori.
  In RAI abbiamo una fortuna: lo possiamo esigere. La RAI rispetta i contratti, almeno in tutto ciò che è ufficiale. Con la RAI abbiamo siglato un patto innovativo, che voglio sottolineare. Abbiamo fatto un accordo a luglio, che è diventato operativo. La selezione era qualcosa che non andava. Per la prima volta si esce dalla logica esclusivamente clientelare attraverso la quale si assumono i giornalisti e si va alla selezione pubblica. Il sindacato ci ha messo l'anima, il cuore, le idee e tutta la sua forza.

  PRESIDENTE. C’è stata sempre, quindi, una logica clientelare, fino ad ora ?

  FRANCO SIDDI, segretario generale FNSI. Non ho detto che c’è stata. Ho detto che se ne esce. C’è stata molta logica clientelare. Non l'abbiamo mai nascosto, l'abbiamo sempre denunciata.

  PRESIDENTE. Se ne esce, però c’è stata.

  FRANCO SIDDI, segretario generale FNSI. Certamente, ma si esce da queste pratiche. La lottizzazione è un fenomeno che esiste, ma non l'abbiamo mai accettato come elemento caratterizzante, costitutivo e qualificante. Per fortuna, la gran parte dei colleghi risponde a un dovere professionale, all'articolo 2 della legge dell'ordine, e informa con lealtà, perizia, competenza e con il rispetto del dovere di verità e delle idee altrui che gli è dovuto. Se qualcuno non lo fa, dipende da tutta un'altra serie di sistemi che devono, invece, funzionare meglio, ma questo aspetto va valorizzato. Oggi ne usciamo. Si procede con un concorso altamente selettivo, che è il vero bollino blu della nuova RAI e che voglio sottolineare. È un successo del sindacato e anche una convergenza, finalmente, dell'azienda a imboccare in maniera molto seria questa strada.Pag. 13
  Questo aiuta a liberare le autonomie professionali, senatore Airola. Sono d'accordo con lei: dobbiamo liberarle il più possibile. Nel Contratto di servizio vengono dette tante belle cose sul piano dei principi condivisibili, sul piano etico e su quello dei minori. Per i giornalisti basta ricordare l'adesione al fatto che tutti i telegiornali devono garantire il rispetto dell'articolo 2 della legge professionale, ossia l'obbligo di informare secondo il criterio di verità e il principio di lealtà e correttezza. Le opinioni, invece, fanno parte di un altro aspetto e devono essere comunque rappresentate. Non so quale sia l'unità di misura. A volte, in TV, ciascuno vuole vedere la sua dichiarazione e la sua presenza. La critica è giusta, ma alle liste di proscrizione io dico sempre di no.
  Mi dispiace, onorevole. È giusto che critichiate i giornalisti. Anche i giornalisti, nel loro lavoro, criticano e spesso lo fanno solo a effetto, senza andare dentro le questioni – questo è vero, fa parte di come vanno le cose nella società, di cui la stampa è lo specchio – ma nell'additare a bersaglio delle persone c’è sempre il rischio che qualcuno poi faccia altro. Ci mancherebbe che voi non possiate criticare come noi scriviamo e come proponiamo una notizia, ma stiamo attenti: la lista è una cosa un po’ delicata, che può andare ben oltre gli intenti. Per questo noi diciamo «no» alle liste.

  ALBERTO AIROLA. Lo diciamo anche noi.

  FRANCO SIDDI, segretario generale FNSI. Lo so, ma ci sono tante persone che, quando hanno un messaggio di grande impatto, possono interpretarlo male. Purtroppo, ne abbiamo avuto degli esempi in Italia. Speriamo che non accada.
  Quanto a ridurre i telegiornali, in un discorso di riordino complessivo si possono vedere tante cose. Credo che adesso non sia il tema del Contratto di servizio attuale, perché stiamo lavorando in uno schema in cui ci sono le tre reti generaliste e le reti tematiche. Quell'organizzazione è fatta così, ma nulla vieta che all'interno di un'organizzazione aziendale che voglia corrispondere ad assicurare il giusto pluralismo e la completezza dell'informazione nell'arco delle ventiquattro ore, con offerte anche specifiche e distinte – l'informazione h 24, l'informazione per generi, ci sono tante cose che si possono fare, come gli approfondimenti – ci sia una governance liberata, che si organizzi secondo schemi di efficienza, ma nel rispetto della missione all'origine. Credo che quello sia un obiettivo raggiungibile.
  All'interno del contratto starei molto attento a queste cose che ci siamo detti e anche ad alcune che sono qui precisate. Colgo l'occasione per poter essere di ausilio rispetto alla bozza di contratto parlando degli eventi sportivi, per esempio, e ancora degli italiani all'estero.
  Una delle cose che ci contestano sugli eventi sportivi, ma non solo, spesso anche sulle grandi manifestazioni di spettacolo, della lirica o del cinema, è che non vanno all'estero. Credo che sui grandi eventi dobbiamo assicurare, a costo di perderci qualcosa o di dover pagare qualche euro in più – facciamo un risparmio da qualche altra parte – che noi non priviamo le nostre comunità di una partita di calcio del campionato, mai della nazionale, per fare un esempio. Almeno questo dobbiamo farlo. Non possiamo costringere gli italiani ad abbonarsi per forza all'operatore privato. Allora sì che veniamo meno al servizio pubblico. Tutte le altre televisioni fanno questo. Questa è la televisione nel mondo per la BBC, ma anche per la Spagna. La Spagna ha una TV più debole della nostra, che ha fatto risparmi enormi, ma che tutto ha tagliato fuorché la sua bandiera comunicativa nel mondo, che è appunto la televisione spagnola. Quella l'ha addirittura rafforzata, perché è la Spagna. Per noi è l'Italia. Certo, noi non abbiamo il vantaggio grande che ha la Spagna di una lingua parlata da decine di milioni di persone, ma abbiamo una comunità di decine di milioni di italiani di prima, seconda e terza generazione che stanno nel mondo e che possono essere anche nostri soggetti attivi per la stessa promozione, di cui si parla nel contratto, del made in Italy. L'Italia nel mondo non è solo made in Italy, Pag. 14è qualcosa di più, è cultura. Io la promuoverei anche con riferimento a questi beni, a questi prodotti, a eventi sportivi di primo livello, a eventi di lirica, di musica e di cinema di primo livello che dobbiamo cercare di garantire.

  PRESIDENTE. Usi il microfono, prego. Siamo in diretta streaming. Così l'ascoltano anche gli altri. Prego.

  PAOLO BONAIUTI. Dicevo che finora non si è fatto nulla di tutto questo. È vero però che bisogna, al di là delle nostre chiacchiere, ottenere e controllare che la RAI faccia programmi che vanno nel senso che tu stai dicendo. Se fa programmi che non sono di quel tipo, ma che, anzi, non riescono a dare l'immagine dell'Italia all'estero, perché aiutare con i soldi pubblici ?

  FRANCO SIDDI, segretario generale FNSI. Senatore Bonaiuti, le ho dato del tu prima perché lei è anche nostro collega e ci conosciamo anche per una frequenza lunga, nel suo rapporto con noi da sottosegretario. Quando si fanno le convenzioni... Anche la Presidenza del Consiglio ha tagliato perché non era contenta. Forse, anziché tagliare, avrebbe potuto chiedere che si facessero certe cose. Non so se si possa fare. Abbiamo un problema di canone in Italia. Se ne discute molto in questi giorni. Mi avete posto la domanda anche prima: perché si deve pagare il canone ? Scusate, ma intanto paghiamo meno di tutti gli altri Stati europei a noi vicini: 204 euro si pagano in Germania, 315 in Norvegia, 303 in Danimarca, 160 euro in Svizzera 185 sterline in Inghilterra. Il canone non è una tassa, è una contribuzione per un servizio che viene reso alla moltitudine, all'intera comunità dei cittadini italiani. Attraverso tale contributo ci possono e ci devono essere quelle produzioni che altrimenti non ci sarebbero. Se poi non tutto funziona, si intervenga perché le cose si facciano funzionare. Citavo primi i diritti sportivi: forse dobbiamo impostare un movimento culturale e politico perché chi vende quei diritti abbassi un po’ la cresta per renderli più praticabili per tutti, ma anche perché chi fa i contratti li utilizzi per destinarli alle comunità. Quando eroghiamo delle risorse, leghiamole anche a questo. Se c’è un aumento del canone che invece si blocca in una stagione in cui viene a mancare persino l'adeguamento ISTAT, è evidente che forse certe cose non si possono fare. Poiché le nozze con i fichi secchi non si fanno, pretendiamo il riordino, ma cerchiamo anche di essere coerenti dall'altra parte. Una mano per dare, così come si vuole una mano per avere.
  Una sollecitazione che segnalo dal nostro punto di vista sindacale è perché la RAI sia impegnata sui precari. Rispondo al senatore Airola: mi fa molto piacere l'osservazione che ha fatto sui precari. Siamo in prima linea per i precari. Purtroppo perdiamo le battaglie perché non troviamo ascolto, o ci si ascolta solo se facciamo una manifestazione pubblica, un convegno, un dibattito. Tutti vengono per beccarsi gli applausi e proporre qualche illusione. In concreto poi rimangono in pochi a tenere il pallino e, poiché rimangono in pochi, i precari, non trovando ascolto, se la prendono addirittura con i pochi che fanno la battaglia. La nostra battaglia su questo punto è chiara. La prima l'abbiamo fatta col concorso, un successo, anche sindacale, un atto di dignità e di responsabilità dell'azienda. La seconda la stiamo facendo da più di un decennio per i precari nelle trasmissioni di informazione e di produzione nelle reti.
  Nella rete c’è ancora lo scandalo. Non è possibile, non si fanno i contratti. Ci sono giornalisti, salvo pochi che sono in qualche trasmissione dove c’è un conduttore importante e di peso, che non lavorano col contratto di lavoro specifico. Lavorano da autori, da registi, da finti programmisti. Questo deve cambiare. È una battaglia aperta. Diamo un indirizzo. Si può fare col Contratto di servizio ? Io penso di sì e noi siamo pronti a fare la nostra parte perché con la flessibilità giusta si possa inquadrare questo problema.

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  DALILA NESCI. Grazie per le risposte, ma vorrei, se mi ascolta, una precisazione. Lei ha risposto alla domanda del senatore e collega Airola, ma vorrei una precisazione rispetto alla sua affermazione sulle liste di proscrizione.
  Non so bene a cosa lei si riferisca, se si riferisce ai nomi che abbiamo pubblicato, come Movimento 5 Stelle, sul blog di Beppe Grillo. Si tratta di denunce circostanziate. Ci siamo riferiti a precisi articoli di giornale e a precise dichiarazioni dei giornalisti e, quindi, non vedo come si possa parlare di liste di proscrizione. Sappiamo cos'erano le liste di proscrizione. Erano liste che si facevano contro gli avversari politici. I giornalisti non sono i nostri avversari politici. Noi pretendiamo semplicemente quantomeno un'oggettività nel racconto dei fatti. Io mi sarei aspettata da lei, invece, un'alleanza in questo senso, perché evidentemente stiamo svolgendo un compito che non è il nostro e che magari è dell'ordine dei giornalisti, o anche vostro. Non so. Io speravo in questo.

  FRANCO SIDDI, segretario generale FNSI. Onorevole, su questo punto la sua è un'osservazione soprattutto politica. Rimango dell'avviso che non si indicano mai le persone a bersaglio. Le critiche non sono solo legittime, sono doverose, sono una ricchezza in una democrazia. La critica del giornalista va, quindi, accolta e deve avere una risposta con idee, anche le più forti e le più sconvenienti, se è necessario, ma mai tali che possano istigare o rischiare di istigare atti diversi.
  Se un giornalista non ha rispettato il suo dovere professionale e non ha risposto all'obbligo, al dovere di informare lealmente e di rispettare le opinioni altrui, difendendo le proprie, ma difendendo anche quelle che non condivide più della propria – questa è la democrazia – si ricorra agli organismi previsti. Lei ha citato l'ordine. Per quanto non sia un grandissimo estimatore dell'efficacia funzionale moderna dell'ordine, su questo fronte funziona. Rivolgetevi all'ordine, se ci sono violazioni.
  Si facciano, dunque, le critiche. Ci aiutano a migliorare. Io ho invitato, non a caso, il leader del Movimento 5 Stelle, ma anche gli altri, chiunque: facciamo un bel confronto in federazione, o dove volete, e impariamo a discutere tra di noi piuttosto che a insultarci da lontano, indicandoci a bersaglio.

  PRESIDENTE. Grazie per la vostra partecipazione. Dichiaro conclusa l'audizione.

Sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Do la parola al senatore Margiotta sull'ordine dei lavori.

  SALVATORE MARGIOTTA. Posso fare una riflessione iniziale ? Facciamo bene il conto dei tempi: abbiamo da audire sia Sky, sia Tivù Srl e siamo in un ritardo terribile. Dividiamo il tempo. Mi dispiace per Sky, ma purtroppo, secondo me, la Federazione nazionale della stampa italiana ha preso troppo rispetto a quanto le doveva essere consentito, dal momento che abbiamo altre due audizioni. Da quello che so, alle 16.00 ricomincia la Camera e sicuramente alle 16.30 il Senato. Se anche la Camera ricomincia alle 16.30, abbiamo più tempo, ma, se inizia alle 16.00, abbiamo soltanto tre quarti d'ora.
  Come ho detto ieri in Ufficio di presidenza, e vorrei che questo accadesse, è importante che oggi si sentano sia Sky, sia Tivù Srl. Pertanto, si divide esattamente il tempo. Se c’è tempo fino alle 16.00, in 20 minuti a testa facciamo le audizioni.

  PRESIDENTE. Iniziamo, allora. Intanto verifichiamo con la Camera i tempi.

  RAFFAELE RANUCCI. Molto brevemente, ho presentato un'interrogazione alla RAI sulla pubblicità occulta e ho ricevuto una risposta che credo lei abbia anche distribuito a tutti i colleghi. È una risposta molto vaga. Abbiamo fatto alcune domande molto più specifiche, che non riguardano solo il product placement o Pag. 16l'apparizione di prodotti all'interno di fiction, dove a volte sono segnalati. Il fatto è che vengono addirittura invitati personaggi nei telegiornali o in alcune trasmissioni per promuovere film, libri e dischi. Vorrei sapere quale sia il criterio.
  Un conto è se io invito oggi al telegiornale Sorrentino, in quanto sta vincendo l'Oscar – lo speriamo tutti – o comunque il suo è tra i primi cinque film candidati all'Oscar. Un conto è se io invito, seduto al telegiornale a parlare, un qualunque protagonista di film che sono cinepanettoni o di secondo ordine o che non hanno nulla a che vedere con la cultura, che deve essere primario interesse promuovere per la televisione.
  Quali sono, dunque, i criteri ? Vorrei saperlo. A volte può esserci una trasmissione in cui c’è un cantante che promuove il disco. Forse quel cantante potrebbe costare molto se si dovesse invitare per una serata e c’è una sorta di compensazione. Vorrei sapere, però, quali sono le valutazioni delle compensazioni: un conto è promuovere un cantante di un certo tipo, piuttosto che uno internazionale o adatto per un dato tipo audience.
  Chiederei quindi, anche con il suo aiuto, alla RAI di fornirci informazioni su questo tema delicatissimo, oltre a quello che vedo che in RAI hanno intenzione di fare: mi riferisco alla possibilità di un sistema di monitoraggio interno, o anche attraverso una società esterna, che dovranno mettere in atto. Vorrei che la RAI su questo punto fosse molto chiara, perché alcuni prodotti sono promossi oltre misura. Ho fatto alcuni esempi molto forti, ma ci sono tantissime trasmissioni in cui si promuovono anche ristoranti e alberghi e non si capisce quale siano il motivo e la finalità. Chiederei un'attenzione maggiore su questo punto.

  PRESIDENTE. Mi trovo d'accordo con il quesito da lei posto e con il relativo contenuto. Presteremo, quindi, la massima attenzione. Possiamo anche reiterarlo insieme per un'ulteriore pressione positiva per avere maggiore chiarezza e trasparenza.

Audizione di rappresentanti di Sky Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti di Sky Italia, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Quest'audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo Contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Do quindi la parola al dottor Andrea Zappia, amministratore delegato di Sky Italia, che riferirà le valutazioni dell'azienda da lui rappresentata sul nuovo Contratto di servizio, con riserva per me e per gli altri colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  ANDREA ZAPPIA, amministratore delegato di Sky. Grazie a lei, signor Presidente. Desidero ringraziare non solo lei, ma anche tutti gli onorevoli senatori e deputati per averci dato l'opportunità oggi di esporre a questa illustre Commissione la nostra opinione sul rinnovo del prossimo Contratto nazionale di servizio tra RAI e ministero. Cercheremo di essere brevi, anche perché pensiamo di avere un punto sostanziale e unico da condividere.
  È mia intenzione limitare in questa sede il mio intervento a specifici aspetti che coinvolgono direttamente gli utenti possessori di un decoder Sky. Riteniamo che questi utenti abbiano bisogno di una tutela e quindi siamo qui per loro, per tutelare il loro interesse a potere, in quanto anche utenti RAI, vedere i programmi della RAI senza essere discriminati rispetto ad altre piattaforme.
  La RAI è un bene comune per il nostro Paese. Ci siamo cresciuti. Tutti l'amiamo e la rispettiamo. A questo scopo cito anche alcune parole dell'attuale direttore generale della RAI, dottor Luigi Gubitosi, il quale, intervenendo recentemente, ha ristabilito l'esigenza per la RAI di recuperare imparzialità. Si parla sempre di imparzialità per tanti motivi: vorremmo che questa imparzialità fosse presente anche nelle piattaforme che distribuiscono questo segnale di servizio pubblico.Pag. 17
  Vedo oggi nella RAI una chiara volontà di fornire un servizio pubblico pienamente percepito come credibile e imparziale. Se è così, allora la RAI deve in primis decidere di porre al centro delle proprie decisioni l'interesse dell'utente: di questo viviamo. Viviamo di clienti che possono decidere di lasciarci in trenta giorni. Riteniamo che tutti gli italiani siano utenti del servizio pubblico, come quello della RAI, e che il loro interesse vada sempre tutelato. La RAI, in qualità di concessionaria del servizio pubblico, dovrebbe garantire a ogni singolo utente un accesso alla programmazione dello stesso servizio e che questo accesso rimanga il più possibile pieno, effettivo, libero e universale.
  Tutti noi conosciamo il fenomeno degli oscuramenti, iniziati nel 2009 con una precisa scelta strategica della RAI di allora, una scelta che se ricordo bene era anche contestuale al lancio di un'altra piattaforma, Tivù sat, quindi una scelta competitiva, come evidenzieremo dopo. Tale piattaforma è partecipata anche da Mediaset e Telecom Italia Media e, quindi, è una piattaforma di origine commerciale privata nella sua maggioranza. È da notare, peraltro, che Telecom Italia Media su La7 di fatto non ha oscurato quasi mai e nulla abbiamo da dire, in ogni caso, per i soggetti privati che decidono di fare oscuramenti ai loro programmi: l'argomento riguarda solo la RAI.
  Premesso questo, attraverso gli oscuramenti ancora oggi non viene permesso agli utenti Sky di fruire dell'integralità della programmazione. Noi siamo qui prevalentemente perché il 30 agosto del 2013 il Consiglio di Stato ha dato ragione a Sky, come già prima aveva fatto il TAR, riconoscendo che, nella scelta delle modalità di diffusione della programmazione sul satellite, la concessionaria del servizio pubblico deve essere neutrale e garantire l'universalità del servizio. A scanso di equivoci, ricordiamo che il Consiglio di Stato ha sostanzialmente confermato tre princìpi. Due si riferiscono al passato, sul quale noi non vorremmo tornare. Uno è l'espressamente riconosciuta violazione del Contratto nazionale di servizio del 2007-2009, rimasto in vigore fino al 2011. L'altro è il riconoscimento che i vantaggi attribuiti da RAI a Tivù sat con il Contratto di servizio pubblico 2010-2012, tuttora vigente, hanno costituito un aiuto di Stato illegittimo, perché suscettibile di distorcere la concorrenza del settore televisivo a beneficio dei soci di Tivù sat.
  Il terzo punto che a noi però preme oggi di più, guardando avanti, è il fatto che il Consiglio di Stato abbia ribadito che anche adesso RAI deve rispettare i principi di non discriminazione e di salvaguardia della parità di condizioni concorrenziali nel mercato televisivo. RAI non può dunque porre in essere condotte che siano in totale spregio della garanzia di parità di opportunità e di trattamento tra le varie piattaforme distributive, che si risolvono in una discriminazione tra le piattaforme stesse. Pertanto, la scelta di RAI di avvalersi, a partire dal 2009, di Tivù sat quale unica piattaforma distributiva per la diffusione integrale della programmazione RAI sul satellite vìola, e continua tuttora a farlo, questi obblighi, comportando la discriminazione di cui stiamo parlando.
  RAI ha dapprima cercato di sostenere l'esistenza di differenze tra Sky e Tivù sat quanto alla diffusione dei programmi della stessa RAI. Sia il TAR del Lazio, sia il Consiglio di Stato hanno però rigettato tali argomentazioni, che sono quindi prive di fondamento.
  In particolare, i giudici, dando atto che Sky è titolare di una piattaforma distributiva e disponibile alla diffusione a titolo gratuito, senza costi aggiuntivi per l'utenza e senza vantaggi commerciali per Sky – aggiungerei – hanno riconosciuto l'interesse di Sky a ricevere la programmazione del servizio pubblico sulla sua piattaforma alle stesse condizioni di Tivù sat, cosa che Sky ha ripetutamente richiesto. Non solo, Sky ha anche più volte riconfermato la disponibilità a sostenere i costi per il criptaggio cosa che, invece, oggi RAI paga – quando va su Tivù sat.
  Noi pensiamo, quindi, che il problema degli oscuramenti RAI debba e dovrebbe Pag. 18essere risolto il più rapidamente possibile. Questo può essere fatto senza alcun costo per la RAI.
  Si consideri, inoltre, che quanto stiamo vedendo in Europa è un fatto di per sé unico nella stessa Europa. Io, peraltro, oltre agli studi che i miei colleghi mi riportano, posso vantare l'esperienza di aver lavorato per un paio d'anni in Gran Bretagna. Premettendo che in Italia il servizio pubblico oggi ha l'offerta più ricca in Europa, con 17 canali nazionali contro 8 della BBC, 6 in Germania e 5 in Francia, un'offerta ricchissima, ricordo che il nostro è anche l'unico Paese in cui l'operatore pubblico in chiaro sceglie di rendere indisponibile la sua programmazione, quantomeno nella sua interezza, su una pluralità di piattaforme senza che a tale approccio venga posto espresso rimedio nel Contratto nazionale di servizio.
  A commento di questo, Sky in Gran Bretagna ha collaborato con la BBC molte volte. Oggi piattaforme come la nostra che hanno nell'80 per cento delle case decoder in alta definizione, possono consentire la trasmissione di canali, oggi già prodotti dalla RAI, in alta definizione che, altrimenti, avrebbero un problema di sbocco. Molti utenti dovrebbero, infatti, acquistare un decoder satellitare di alta definizione per Tivù sat, quando in realtà questi sono già pronti e disponibili con Sky.
  Ciò è ancora più preoccupante se si considera che la decisione di RAI di oscurare parte della programmazione su Sky esclusivamente generata da un ragionamento di natura competitiva. Questo è confermato dal fatto che, dall'altra parte, facendo così, RAI – è da definire quanto grande sia questa rinuncia – sicuramente rinuncia ad alcuni fatturati pubblicitari che le verrebbero da un’audience più alta.
  Ricordo a tutti che nel comportamento nostro di normali utenti, se troviamo un telefilm oscurato su un canale RAI, difficilmente cambiamo piattaforma e andiamo a cercare di nuovo quel telefilm. Forse con tanta scelta, se si è un cliente Sky, c’è la possibilità di trovare un'alternativa. Il nostro utente di quel box, invece che fermarsi a guardare quel programma, va oltre.
  Questo elemento è stato ricordato anche dallo stesso Consiglio di Stato, il quale ha notato, a questo riguardo, che, consentendo la diffusione sul satellite anche mediante la piattaforma di Sky in aggiunta a quella di Tivù sat, RAI avrebbe raggiunto un maggior numero di telespettatori. Conseguentemente, avrebbe non solo esattamente adempiuto all'obbligo contrattuale di garantire l'universalità del servizio pubblico, ma anche incrementato il volume delle inserzioni pubblicitarie, senza conferire alcun vantaggio patrimoniale apprezzabile, peraltro, a Sky.
  L'errore di valutazione appare, dunque, evidente. Mi risulta che lo stesso direttore generale abbia recentemente ammesso qualche perplessità e qualche volontà quantomeno di valutare questi criptaggi.
  Oggi noi qui esprimiamo sostanzialmente un auspicio, lo ripeto, riferito soprattutto ai principali tre canali del servizio pubblico, RAI 1, RAI 2 e RAI 3. Ricordo, peraltro, che altri canali della RAI sono presenti – non tutti, solo alcuni – su libera decisione della RAI, tra cui Rai Sport 1 e Rai Sport 2, sulla nostra piattaforma. Sono presenti anche Rainews 24 e i canali di Camera e Senato. Di fatto alcuni di questi canali oggi esistono già. Il nostro auspicio, quindi, è che il nuovo Contratto di servizio contenga disposizioni ancora più chiare volte a impedire la prosecuzione dell'attuale rapporto esclusivo di RAI con Tivù sat e a garantire finalmente in modo effettivo parità di condizioni a Sky e a tutte le altre piattaforme distributive interessate, senza che ci siano discriminazioni; onde evitare interpretazioni che si risolvano in una dilazione ulteriore, intesa a riproporre una situazione attuale, si ritiene che possa essere utile tornare a utilizzare una formulazione semplice, quale quella contenuta nel Contratto 2007-2009, che si limiti a prevedere un obbligo di must-offer, eliminando tutte le previsioni dell'attuale articolo 22.
  Siamo convinti che questa sia un'importante occasione, anche in vista della scadenza del 2016, per dimostrare che RAI Pag. 19persegue con imparzialità l'interesse di tutti gli utenti a ricevere un servizio pubblico universale e di qualità.
  Chiuderei da dove ho iniziato. Davvero, il nostro non è un interesse economico. È un interesse orientato a difendere gli interessi dei nostri abbonati e di coloro che posseggono un decoder Sky. Ricordo che ce ne sono molti in giro che non sono più abbonati Sky, ma che hanno mantenuto presso di loro il nostro decoder e che oggi potrebbero benissimo, e dovrebbero, secondo l'interpretazione più vera della logica di un servizio pubblico, ricevere tutti e integralmente i programmi della RAI.

  SALVATORE MARGIOTTA. Ringrazio l'amministratore delegato di Sky Italia anche per la sintesi del proprio intervento. Ha dimostrato come si possa dire tutto quel che c’è da dire in pochi minuti, cosa che sarebbe utile imparassero tutti.
  Ciò detto, per stare anch'io ai tempi, le faccio una sola domanda molto netta. Ho ascoltato con attenzione le sue ragioni. Credo che sia stato utile e opportuno che noi, come Commissione, abbiamo ritenuto di invitarvi, nonostante qualche perplessità iniziale. Considerato che stiamo discutendo del Contratto di servizio RAI-ministero, ascoltare un competitor non sembrava a tutti la cosa più opportuna da fare. Tuttavia, mi sono convinto ancor di più che abbiamo fatto bene.
  La mia domanda è – mi pare uno dei temi delicati – se un abbonato Sky che vede in chiaro tutta la programmazione RAI attraverso la piattaforma Sky, secondo lei, dovrebbe o meno pagare anche il canone RAI. Credo che questo sia il tema essenziale del momento di distinzione che c’è tra RAI e Sky.

  MAURIZIO ROSSI. Innanzitutto, è assolutamente ovvio che nel 2009 il duopolio Mediaset – RAI ha favorito la piattaforma Tivù sat e che voi siete stati penalizzati. È una storia che conosco molto bene. Vorrei sapere da lei se è reale quanto si è detto, cioè che c’è stata una sorta di ricatto da parte della RAI con cui vi sono state chieste le liste degli abbonati a fronte di eliminare i criptaggi. Se fosse così, ci sarebbe da vergognarsi di essere italiani. Se una TV di Stato avesse fatto una cosa del genere, le chiedo di risponderci. Il rispetto che dobbiamo creare è quello dei cittadini, che hanno il diritto, se pagano l'abbonamento, se pagano il canone, di vedere il servizio su qualsiasi piattaforma. È evidente che nel Contratto di servizio dobbiamo chiudere questa vicenda, che è una vergogna del nostro Paese.

  GIORGIO LAINATI. Sarò anch'io velocissimo. Ovviamente sottolineo la rilevanza di quest'audizione, perché è la prima volta che accade una cosa del genere nella nostra Commissione bicamerale. Metterei l'accento, Presidente, sul fatto che comunque, da qualsiasi ottica si voglia osservare la situazione, va dato atto a Sky di essere una grande fonte di informazione, che ha fornito un enorme contributo allo sviluppo dell'informazione nel nostro Paese. Teniamo conto che, se gli altri soggetti impegnati nel medesimo settore hanno dato poi vita a una forma di rinnovamento, questo è accaduto perché undici anni fa, se non erro, un telegiornale come quello di Sky ha portato uno tsunami informativo. Oggettivamente questo è accaduto.
  Voglio dare atto al dottor Zappia, che viene in audizione immediatamente dopo il segretario della Federazione nazionale della stampa italiana, del fatto che anche sul piano della correttezza dei rapporti con il mondo del giornalismo, loro hanno svolto un ruolo di estrema rilevanza, aumentando i posti di lavoro per quanto riguarda sia i giornalisti sia il mondo della produzione. La fotografia che si deve fare di Sky è un dato oggettivo.
  Lei ha, peraltro, sottolineato l'importanza dell'universalità del ruolo che deve svolgere il servizio pubblico. È difficile non comprendere le vostre ragioni. Io, però, anche se può sembrare pleonastico, vorrei una sua valutazione, ancora una volta, di quanto fu deciso dall'allora direttore generale della RAI Masi nel 2009.

  GIAN MARCO CENTINAIO. Sarò velocissimo e, quindi, recupererò il tempo usato dal collega.Pag. 20
  Sono totalmente d'accordo con le richieste che ha fatto l'amministratore delegato di Sky, e dico di più: è sicuramente necessaria una parità di trattamento, che deve essere evidenziata nel Contratto di servizio. Andremo a vedere dove si può fare. La questione che mi lascia perplesso è quando si dice che la RAI paga Tivù sat e che, invece, Sky è gratuita. Andiamo, quindi, a pagare – presumo – con il canone per entrare su Tivù sat per fare qualche cosa di iniquo e di non corretto. Che il canone venga utilizzato anche per fare queste cose mi lascia piuttosto perplesso.

  ANDREA ZAPPIA, amministratore delegato di Sky. Ringrazio per le gentili parole sul ruolo di Sky, che ci fanno molto piacere. Non è nostro compito oggi parlare di noi, ma chiaramente fa sempre molto piacere ricevere questo riconoscimento per un lavoro che facciamo costantemente, tutti i giorni.
  Parto in ordine a rispondere alle domande. La premessa è che gli abbonati Sky sono uguali a tutti gli altri cittadini italiani. Non posso dire che siano meglio, ma credo che non siano peggio e, quindi, sono assoggettati, come tutti gli altri, agli obblighi che noi abbiamo.
  È certo che gli abbonati Sky debbano pagare il canone, lo ripeto, come tutti gli altri. Quello che noi ci aspettiamo è che vengano trattati come tutti gli altri anche quando si ipotizza la possibilità di ottenere delle liste per andare a verificare la loro situazione. La realtà è che oggi il 98 per cento degli italiani possiede una televisione ed è piuttosto facile la presunzione che il 98 per cento degli italiani debba pagare il canone RAI. Credo che non sarebbe complicatissimo poter andare a riscuotere il canone dal 98 per cento degli italiani.
  Legata a questo punto è la domanda se abbiamo ricevuto direttamente questa richiesta. Devo precisare che le ultime dichiarazioni le abbiamo lette anche noi sui giornali. Sono dichiarazioni che abbiamo appreso. Abbiamo risposto a queste dichiarazioni in maniera molto chiara e netta e molto chiaro e netto è il nostro «no» al fine di rispettare il grande valore di privacy che i nostri clienti hanno nei nostri confronti, così come anche altri.
  È vero che in passato ci sono stati alcuni pourparler per capire se si potesse aiutare. Peraltro, ricordo che l'anno scorso abbiamo ospitato sulle nostre reti la campagna della RAI per la richiesta di raccolta del canone, dimostrando che non abbiamo alcuna paura che un normale procedimento di richiesta possa essere fatto sui nostri clienti. Il pagamento vale come per gli altri. Non avremo applicato grandi sconti, ma non abbiamo detto, «no, non vogliamo che diciate ai nostri abbonati di pagare l'abbonamento». Questo perché, lo ripeto, ci aspettiamo che i nostri clienti rispettino i principi, come tutti gli altri.
  Prima di rispondere al tema sulla decisione relativa al direttore generale Masi della RAI in passato, faccio un chiarimento veloce sui costi. Si tratta di costi tecnici. Ci sta che la RAI paghi dei costi tecnici per stare su una piattaforma come Tivù sat. Siamo noi che, al fine di ridurre ulteriormente possibili obiezioni all'ingresso sulla piattaforma Sky, nell'ottica di servizio che vogliamo offrire ai nostri abbonati, così come facciamo per altri aspetti, quando lanciamo canali dedicati all'arte, quando ospitiamo il telegiornale della RAI, quando ospitiamo telegiornali internazionali – pensiamo che sia un pezzo del nostro mestiere – ci siamo offerti di coprire quei costi a carico della RAI. Per correttezza, però, ci sta che la RAI, dall'altra parte, contribuisca a questi costi tecnici.
  Sulla decisione commerciale presa allora da RAI, premettendo che il mondo è cambiato e che il contesto economico positivo di quegli anni oggi, purtroppo, l'abbiamo perso, credo, per un periodo molto lungo, all'epoca fu fatta una scelta difficilmente comprensibile dal punto di vista del business, che gli anni hanno in parte dimostrato non essere alla fine corretta, non avendo dato un ritorno. È chiaro, però, che uno prende delle decisioni in un dato momento. Noi di quella scelta abbiamo preso atto, l'abbiamo commentata allora, ma Pag. 21poco abbiamo da dire, perché trattasi di una decisione di business legittima. Il nostro argomento è rimasto invece quello relativo alle discriminazioni che furono parte di una serie di decisioni e che sono state argomento specifico delle nostre contestazioni di fronte ai tribunali. Alla fine i giudici hanno dato ragione alle nostre obiezioni.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Tivù Srl.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti di Tivù Srl, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Quest'audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo Contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Do la parola al dottor Luca Balestrieri, presidente di Tivù Srl, che riferirà le valutazioni dell'azienda da lui rappresentata sul nuovo Contratto di servizio, con riserva per me e per gli altri colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  LUCA BALESTRIERI, presidente di Tivù Srl. Grazie, Presidente. Ringrazio anche la Commissione di avere questa opportunità innanzitutto di presentare Tivù e Tivù sat, la piattaforma satellitare gratuita che Tivù gestisce, e di esprimere alcune valutazioni in merito a temi che, come abbiamo visto, sono stati sollevati anche nel corso dell'audizione precedente e che sono di grande rilievo per l'assetto del sistema televisivo italiano.
  Parto subito dalla questione che è stata posta pochi minuti fa. Il servizio pubblico e, dunque, il Contratto di servizio che regola le obbligazioni della concessionaria in che misura deve prevedere un obbligo di presenza multipiattaforma, cioè sulle diverse piattaforme distributive, della programmazione di servizio pubblico ?
  È bene partire, se me lo consentite, innanzitutto da una distinzione basilare. Vedete, vi è una differenza, io direi, ontologica, di natura, tra quello che è Tivù sat – che mi permetterò di illustrare tra un attimo – e un soggetto commerciale come Sky, o come qualsivoglia pay-tv. Sky ha posto il problema, ma domani potrebbe porlo qualunque altro operatore commerciale. Cosa fa una pay-tv ? Una pay-tv acquisisce programmi, ossia li compra, ne compra il diritto di sfruttamento, li aggrega, ci aggiunge alcuni servizi tecnici e vende abbonamenti agli utenti. La sua è, quindi, un'operazione meramente commerciale, in cui l'acquisizione dei programmi è parte del business, fa parte del modello di business. Per questo, giustamente, la disposizione del Contratto di servizio attuale prevede che, senza discriminazione alcuna, la concessionaria possa negoziare su base commerciale la cessione della propria programmazione. Ripeto: senza discriminazione alcuna.
  Sarebbe assurdo se qualcuno avesse in mente un must-offer, cioè l'obbligo di cessione gratuita della programmazione pagata col canone, con risorse pubbliche, coi soldi dei cittadini, per uno sfruttamento commerciale. Questo sarebbe contraddittorio. Sarebbe non sostenibile. Bene, lo ripeto, fa, invece, l'attuale formulazione del contratto quando dice che RAI deve, senza discriminazione verso alcuno, su basi eque e trasparenti, negoziare commercialmente. Se io, pay-tv, voglio i tuoi programmi, lo faccio perché ci faccio il business sopra e quindi te li devo pagare il giusto. Non posso acquisirli gratis perché li ha pagati la collettività coi soldi del canone.
  Tivù sat è un'altra cosa, un modello completamente diverso. Non a caso, non lo abbiamo inventato. È esattamente quello che fa in Gran Bretagna la BBC – che ha altri operatori – quando ha dato vita a Freesat. Qual è il modello di Tivù sat ? Concedetemi un minuto per spiegarlo, perché è radicalmente diverso da quello di Sky e in questa radicale differenza sta poi forse la soluzione della questione.Pag. 22
  Tivùsat è uno strumento di cooperazione tecnica. Non lo dico io: l'hanno detto l'AGCM, cioè l'Autorità della concorrenza, e l'AGCOM, la quale ha scrutinato Tivù sat nel 2009. C’è una delibera, la n. 519/09/CONS, secondo la quale il nostro è uno strumento di cooperazione tecnica che serve ad aiutare il mercato.
  Tivù sat non acquisisce la programmazione. Fornisce alcuni servizi, senza discriminazione, a qualunque editore voglia utilizzarli per diffondere anche da satellite la propria programmazione. Non c’è contraddizione tra l'uso di Tivù sat e la disposizione del Contratto di servizio, per il quale la concessionaria può andare a vendere, cioè a negoziare su base commerciale, la propria programmazione con qualsivoglia piattaforma pay. Ci mancherebbe altro. Anche se così avvenisse, però – mettiamo che domani effettivamente RAI stipulasse un contratto con Sky o con altri operatori che potessero arrivare – la funzione di Tivù sat sarebbe di natura diversa ed egualmente essenziale, ineliminabile.
  Questo per due ragioni molto semplici. Quando è nata Tivù sat – consentitemi un'espressione forse un po’ eccessiva – si è liberato l'utente, che deve o preferisce utilizzare il satellite per vedere la televisione, da un obbligo, quello di pagare ogni mese un abbonamento alla pay-tv per vedere la televisione gratuita. Parallelamente, si è liberato l'editore televisivo – non pensate ai grandi, a Mediaset, alla RAI, a La7; pensate ai piccoli editori televisivi – dall'obbligo di sottostare alle condizioni di una pay-tv, la quale decide che numero di canali ti dà, la numerazione dei canali, come si svolge l'EPG e tutta una serie di altre questioni.
  La natura di Tivùsat è diversa. Non è vero quello che ha detto il dottor Zappia. Non ha una natura commerciale, è uno strumento di cooperazione tecnica e quindi serve senza discriminazioni tutti gli editori, fornendo loro questi elementi di libertà.
  Alcune caratteristiche di Tivù sat – le illustro rapidissimamente – servono a rafforzare il concetto che è uno strumento di servizio, non un operatore commerciale. Innanzitutto ci sono i soci. Dentro Tivù sat ci sono quasi tutti i principali gruppi televisivi e le associazioni. Sapete chi sono i soci di Tivù sat ? Dico Tivù sat per semplificare, anche se Tivù Srl è la società che gestisce la piattaforma Tivù sat. Consentitemi la semplificazione. Ci sono RAI, Mediaset, Telecom Italia Media, l'associazione Aeranti-Corallo, che riunisce la stragrande maggioranza delle televisioni locali, Confindustria Radio TV, la neonata struttura associativa di categoria all'interno della quale, tra parentesi, c’è la stessa Sky.
  Se noi chiedessimo quali sono i soci che fanno parte di Tivù in questo momento, o direttamente o tramite strutture associative, io direi che c’è il 99,9 per cento del sistema televisivo italiano. Questo è il primo punto.
  Come secondo punto, l'ho già detto prima e lo ribadisco: Tivù sat offre i propri servizi tecnici di piattaforma a tutti, su un listino trasparente. Ho cercato il listino di Sky sul web e non l'ho trovato, ma forse sono io che non sono riuscito a trovarlo. Tivù offre sul web un listino trasparente di prezzi che si applicano verso tutti gli editori, con un principio che ci ha suggerito AGCOM: discriminate a favore dei piccoli, fate pagare meno i piccoli rispetto ai grandi. Infatti, se vedete il listino, c’è una situazione di favore verso l'emittenza locale che volesse salire e verso gli editori per cui più grande sei, meno ti favorisco: ce l'ha suggerito AGCOM e a noi sembra un sistema al rovescio di incoraggiamento dei piccoli. AGCOM, lo ripeto, ha vagliato attentamente la natura pro-competitiva. Anche AGCM, l'ha fatto, ma AGCOM ci ha fatto una delibera. Questo è l'altro punto, su cui poi, se posso, tornerò un attimo: Tivù sat è oggetto di regolamentazione e di controllo da parte dell'Autorità. Questo è un elemento importante, perché ci rimanda a un'asimmetria regolamentare del sistema televisivo, su cui forse bisogna mettere lo sguardo. Svilupperò meglio il tema quando parlerò del decoder. Pochi minuti, Presidente.
  Vengo alla questione della piattaforma aperta e della piattaforma chiusa. Una caratteristica Pag. 23di Tivù sat è che i suoi decoder sono aperti, interoperabili. Cosa vuol dire ? Non fabbrichiamo noi i decoder, ma diamo al mercato, ai tanti produttori che vogliono farlo, alcune specifiche tecniche. Queste specifiche prevedono tecnologie non proprietarie e aperte. Questo aspetto è fondamentale nel discorso della tutela degli ascoltatori, dell'utente. Perché ? Io ho sentito prima che RAI fa gli oscuramenti e che leva la propria programmazione agli utenti Sky. Non è vero, e mi spiego.
  Sky ci ha detto che abbiamo levato la programmazione e che per gli utenti privati abbiamo dovuto addirittura introdurre la pennetta per risolvere il problema. Cos’è la pennetta, però, se non un sintonizzatore digitale terrestre ? Ciò vuol dire che, se la pennetta funziona, funziona anche il digitale terrestre e che quindi l'utente non aveva perso RAI. Bastava che spegnesse il decoder Sky e accendesse il normale televisore, perché ogni normale televisore ha dentro il sintonizzatore.
  Il vero problema, nei casi citati della pennetta, è che quell'utente usciva dal recinto di Sky, dal recinto del telecomando e del decoder di Sky, e tornava nell'ambiente libero. Il digitale terrestre è un ambiente aperto. C’è un televisore e qualunque editore, free o pay, può andare sul digitale terrestre, perché è un sistema tecnologico aperto. La scelta di fare sistemi tecnologici chiusi, come quello che legittimamente ha fatto Sky, è una penalizzazione. È un vantaggio per l'editore, ovviamente, ma è uno svantaggio per l'utente. Quando vi è un sistema chiuso, l'utente, ogni volta che deve accedere, ha bisogno di un nuovo apparecchio, di un nuovo decoder. È assurdo dire: ho fatto la scelta di chiudermi in una fortezza non interoperabile, dove nessuno può entrare, ma poi, dopo che ho fatto questa scelta, tutti sono obbligati a darmi i contenuti, altrimenti penalizzo l'utente. La penalizzazione dell'utente nasce innanzitutto da questo, cioè dal fatto che è stata fatta una scelta di tecnologia proprietaria.
  Ritorno – e chiudo – alla questione della regolamentazione. È piuttosto assurdo che il sistema sia asimmetrico in questo modo e che il grande operatore satellitare pay, dopo l'estinzione dei remedy voluti dalla Commissione europea per l'unificazione Stream – Telepiù, aspetti ancora un intervento di regolazione.
  So che il tempo è finito. In realtà, dovrei rispondere sulla questione del Consiglio di Stato e del TAR. Non è vero che il Consiglio di Stato e il TAR hanno accolto le tesi di Sky. In quarantacinque secondi prometto di esaurire questo punto.

  PRESIDENTE. In ogni caso tutte le argomentazioni che lei ha scritto le consegnerà poi in Commissione. Noi le protocolleremo e saranno mandate a tutti i commissari. Stia sereno su questo.

  LUCA BALESTRIERI, presidente di Tivù Srl. Benissimo. Questo è un punto importante, perché in una certa rappresentazione sembrerebbe che il TAR e il Consiglio di Stato abbiano censurato questo aspetto. Nella sentenza del Consiglio di Stato è stata censurata semplicemente una parte e sono state accolte soltanto alcune delle argomentazioni di Sky relative al Contratto di servizio precedente a quello 2010-2012.
  Ricordo che il TAR ha ribadito che – cito tra virgolette, poi il documento sarà distribuito – «anche la distribuzione attraverso un'unica piattaforma satellitare può essere ritenuta compatibile con gli obblighi di servizio pubblico, se idonea a garantire la copertura dell'intero territorio nazionale e l'accesso alla programmazione da parte della generalità degli utenti a titolo gratuito». Il TAR ha anzi sottolineato che i sistemi tecnologici imputati a Tivù sat, aperti e non proprietari, garantiscono una maggiore distribuzione. Mi spiace non poter approfondire questo aspetto qui, ma il punto è che sia il TAR, sia poi il Consiglio di Stato non hanno toccato la delibera n. 519 di AGCOM che legittima Tivù sat. Non c’è aiuto di Stato nell'esistenza di Tivù sat e non c’è aiuto di Stato nel suo utilizzo.

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  PRESIDENTE. Se sulla parte giuridica ci manda un appunto specifico, lo distribuiremo e lo terremo come atto in Commissione per comprendere bene.

  MAURIZIO ROSSI. Tivù sat è una piattaforma straordinaria, fondamentale per coprire, da quando è arrivato il digitale, moltissime zone del Paese non raggiunte nelle montagne gratuitamente. È un problema totalmente diverso dall'oscuramento di Sky. Tivù sat svolge un ruolo che, infatti, non è commerciale, il che mi va benissimo. Non solo mi va benissimo, ma è un pregio del nostro Paese aver risolto un problema orografico così drammatico del Paese con Tivù sat.
  L'altro discorso è che chi paga il canone e non vuole mettersi il decoder Tivù sat, avendo quello di Sky, perché non vuole un doppio decoder dentro casa, perché ha già quello di Sky e vuole vedere la RAI, o aumentare la possibilità di vedere la RAI, specialmente RAI 1, RAI 2 e RAI 3 su Sky gratuitamente, perché tu non paghi Sky per vedere quelli – anzi, se eventualmente togli la scheda, continui a vederlo – è un fatto, secondo me, assolutamente importante. Anche nel momento in cui tu hai Sky, alla RAI questo non costa nulla e fa maggiori ascolti. Secondo me, è fondamentale che inseriamo il punto nel Contratto di servizio.

  PRESIDENTE. Passiamo alle conclusioni.

  LUCA BALESTRIERI, presidente di Tivù Srl. Non sono conclusioni, è solo una precisazione. I programmi sono ovviamente criptati, perché, per ragioni di tutela dei diritti, il satellite ha un footprint non nazionale: comunque, vanno criptati. La questione che pone Sky è: criptateli anche con il mio sistema. Se, però, io smetto di pagare l'abbonamento a Sky e quindi la tessera Sky non funziona più, non vedo più nulla, perché i programmi si devono comunque criptare. Pertanto, l'affermazione che i decoder dei non più abbonati a Sky potrebbero continuare a vedere non funziona, perché, disattivata la scheda, è morto il sistema di decriptaggio.
  Per quanto riguarda l'altra osservazione, in effetti il Contratto di servizio prescrive che RAI possa negoziare la cessione di un'utilità, cioè di un valore, a Sky, il quale ci può ricavare un suo utile, a fronte di una negoziazione commerciale. È piuttosto importante distinguere tra attività commerciale legittima e attività di servizio pubblico. Tivùsat, in qualche misura, è strumento dell'attuazione di obbligazioni di servizio pubblico. Sky, legittimamente, fa business. È come se la FIAT dicesse: bene, però l'acciaio me lo date gratis. No, non può funzionare così.

  PRESIDENTE. Sono iniziate le votazioni alla Camera. Abbiamo concluso. Grazie mille.

  LUCA BALESTRIERI, presidente di Tivù Srl. Presidente, le invieremo una nota di carattere giuridico.
  Ringrazio di nuovo la Commissione.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.05.