XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 17 di Mercoledì 27 novembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti dell'APT – Associazione produttori televisivi:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Fabiani Fabiano , presidente dell'APT ... 3 
Degli Esposti Carlo , vicepresidente dell'APT ... 4 
Fico Roberto , Presidente ... 5 
Degli Esposti Carlo , vicepresidente dell'APT ... 5 
Guidotti Laurentina , componente del comitato di presidenza dell'APT ... 5 
Fabiani Fabiano , presidente dell'APT ... 5 
Sbarigia Chiara , segretario generale dell'APT ... 5 
Degli Esposti Carlo , vicepresidente dell'APT ... 5 
Fabiani Fabiano , presidente dell'APT ... 6 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 6 
Fico Roberto , Presidente ... 7 
Margiotta Salvatore  ... 7 
Airola Alberto  ... 8 
Ranucci Raffaele  ... 9 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 9 
Fico Roberto , Presidente ... 10 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 10 
Airola Alberto  ... 10 
Anzaldi Michele (PD)  ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 10 
Anzaldi Michele (PD)  ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 10 
Puppato Laura  ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 11 
Fabiani Fabiano , presidente dell'APT ... 11 
Fico Roberto , Presidente ... 11 
Fabiani Fabiano , presidente dell'APT ... 11 
Sbarigia Chiara , segretario generale dell'APT ... 11 
Fico Roberto , Presidente ... 11 
Fabiani Fabiano , presidente dell'APT ... 11 
Degli Esposti Carlo , vicepresidente dell'APT ... 11 
Fabiani Fabiano , presidente dell'APT ... 11 
Fico Roberto , Presidente ... 12 
Fabiani Fabiano , presidente dell'APT ... 12 
Sbarigia Chiara , segretario generale dell'APT ... 12 
Fabiani Fabiano , presidente dell'APT ... 12 
Sbarigia Chiara , segretario generale dell'APT ... 12 
Fabiani Fabiano , presidente dell'APT ... 13 
Fornaro Federico  ... 13 
Degli Esposti Carlo , vicepresidente dell'APT ... 13 
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Degli Esposti Carlo , vicepresidente dell'APT ... 14 
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Degli Esposti Carlo , vicepresidente dell'APT ... 14 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Guidotti Laurentina , componente del comitato di presidenza dell'APT ... 15 
Sbarigia Chiara , segretario generale dell'APT ... 15 
Degli Esposti Carlo , vicepresidente dell'APT ... 15 
Sbarigia Chiara , segretario generale dell'APT ... 15 
Degli Esposti Carlo , vicepresidente dell'APT ... 15 
Fabiani Fabiano , presidente dell'APT ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Comunico altresì che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Audizione di rappresentanti dell'APT – Associazione produttori televisivi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti di APT – Associazione produttori televisivi, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Questa audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo Contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Cedo, quindi, la parola al presidente dell'Associazione dottor Fabiano Fabiani, al vice presidente dottor Carlo Degli Esposti, alla dottoressa Laurentina Guidotti componente del comitato di presidenza e alla dottoressa Chiara Sbarigia segretario generale dell'APT, che riferiranno sulle valutazioni dell'Associazione sul nuovo Contratto di servizio, con riserva per me e gli altri colleghi di rivolgere loro, al termine degli interventi, domande e richieste di chiarimento.

  FABIANO FABIANI, presidente dell'APT. Siamo noi che ringraziamo questa Commissione per questa audizione, anche perché in passato, per le altre edizioni del contratto di servizio, non abbiamo avuto l'occasione di poter interloquire con il ministero competente, in quanto non c’è stata audizione. Dal ministero abbiamo avuto solo una richiesta di opinioni scritte sul contratto di servizio scaduto e non siamo stati auditi sulla nuova versione. Siamo quindi molto grati alla Commissione per averci invitato.
  Il contratto di servizio, come è elaborato, provoca in noi delusione. Dal contratto di servizio ci aspettiamo sempre, come è naturale, uno schema che vada incontro alla produzione televisiva indipendente e che consideri l'azienda RAI come il promotore di un'evoluzione dell'industria audiovisiva indipendente, come accade in tutti gli altri Paesi europei. Invece, l'attuale schema, anziché promuovere la produzione delle opere realizzate dai produttori indipendenti, fa qualche passo indietro, spesso annacquando le regole che riporta, che sono norme di legge, oppure rendendole inefficaci, in circostanze che, se volete, vi potremo chiarire. L'attuale testo in questo senso rappresenta un passo indietro.
  Mancano disposizioni atte a garantire da parte dell'emittente l'effettivo adempimento dell'obbligo di comportarsi secondo equità nelle negoziazioni con i produttori indipendenti, distinte in relazione a ciascun diritto oggetto della negoziazione, a ciascuna piattaforma e modalità trasmissiva e al numero dei passaggi.Pag. 4
  Non vi sono disposizioni atte a garantire che la durata massima di tali negoziati sia compatibile con l'accesso ai finanziamenti europei del programma Media. Mi pare che l'Italia negli ultimi due anni abbia acceduto a questo programma solo in due casi, perché ai presentatori delle domande mancano le caratteristiche richieste dalla norma, soprattutto per quanto riguarda il possesso dei diritti e la limitazione temporale da parte dei broadcaster di averli in concessione.
  È stato soppresso ogni riferimento all'obbligo per la RAI di adottare procedure di autoregolamentazione (come accade in altri Paesi, per esempio nel caso della BBC), per la disciplina dei rapporti con i produttori indipendenti, con riferimento, come dicevo, alla limitazione temporale di utilizzo dei diritti.
  Tutto questo lascia intendere che il contratto non chiede alla RAI di recepire lo spirito della normativa europea, che invita a sostenere lo sviluppo del mercato dei contenuti in modo concorrenziale e pluralista.
  Mi limito a ricordare che i nostri prodotti coprono quattro delle sette serate di RAI Uno, quindi siamo un sostegno per gli ascolti della RAI. Se l'osservanza delle norme esistenti fosse più coerente, questo sarebbe un servizio utile per la RAI. Essa invece ha una vocazione all'autosufficienza, e quindi le difficoltà dei rapporti sono quelle che ho descritto.
  C’è poi un altro tema, che magari lascerò esporre al mio vicepresidente: la presenza nella programmazione della RAI di prodotti di grandi nomi, che in cambio dell'utilizzo del loro patrocinato assistito, esigono di essere produttori del programma chiavi in mano. Questo è un tema che riguarda solo l'Italia, perché negli altri Paesi vige una normativa o comunque una regolamentazione che disciplina anche questo rapporto. Forse Carlo Degli Esposti su questo punto può dilungarsi un po’ più di me.

  CARLO DEGLI ESPOSTI, vicepresidente dell'APT. Per onestà bisogna dire che, in tanti anni in cui abbiamo affrontato il conflitto d'interessi vigente nel settore televisivo, non si è riusciti mai ad affrontare un altro, più piccolo ma non meno importante, conflitto d'interessi, non essendoci stata negli ultimi anni una vera volontà legislativa di aumentare e di regolamentare la concorrenza, e di creare un mercato sano di concorrenza della produzione indipendente televisiva.
  Vi ricordo che il fatturato del sistema di produzione indipendente ammonta a quasi 500 milioni di euro, con addetti che adesso, con la compressione della crisi, arriveranno a 160.000 mentre nella massima estensione alcuni anni fa erano 200.000. Se mettiamo questi due dati a confronto con i 1,7 miliardi di canone più 700-800 milioni di pubblicità e con i 14.000 addetti, capiamo le finalità della legge europea di riequilibrio tra il potere dei broadcaster e il potere dei produttori indipendenti, che per il tipo di prodotto hanno pochi accessi per arrivare al pubblico. Ovvero è quello che nell'editoria è il distributore dei libri, che è preponderante rispetto al raggiungimento del pubblico.
  In Italia questa legge è stata declinata in modo molto blando, per i motivi che sappiamo, cosa che ha portato l'assenza del mercato. I produttori indipendenti italiani sono in una condizione medioevale nel rapporto tra il produttore e i principi. In questo caso parliamo del principe pubblico.
  Si è formato all'interno un nuovo grande conflitto di interessi: gli agenti, rappresentanti di attori, registi e star, hanno cominciato a costruire una filiera, per cui gestiscono l'agente, producono il prodotto e soprattutto hanno un peso nei confronti dell'emittenza molto superiore rispetto al sano rapporto che deve intercorrere tra produttore ed emittente, basato sulla bellezza del prodotto e della concorrenzialità del costo.
  Questo conflitto d'interessi non è nato adesso. Per onestà bisogna dire che in questo ultimo periodo la dirigenza della RAI ha fatto molti sforzi per equilibrare ed eliminare tante storture che negli anni passati si erano accumulate: secondo me, bisogna aiutarli a risolvere questo conflitto, perché è un grosso ostacolo allo Pag. 5sviluppo del mercato audiovisivo indipendente. Vi faccio un esempio. Abbiamo analizzato le legislazioni in tutti i Paesi. Sei mesi fa sono andato a Los Angeles a parlare con uno dei più grandi agenti americani, Jeff Berg, l'agente di Al Pacino. A pranzo gli ho chiesto se in America c’è una legge che impedisce a uno come lui, con il potere che ha, di creare una situazione del genere: mi ha risposto che non si fa e se qualcuno la creasse non gli squillerebbe più il telefono e non gli risponderebbe più nessuno.
  Al di là delle leggi, è un problema di etica del mercato: ci sono cose che non si devono fare.

  PRESIDENTE. Cosa non si deve fare nello specifico ?

  CARLO DEGLI ESPOSTI, vicepresidente dell'APT. Ad esempio che un agente che rappresenta una star possa anche fare il produttore di prodotto televisivo, il produttore di prodotto cinematografico, il produttore di eventi collaterali e il produttore di pubblicità.
  Vi faccio un esempio per farvi capire quanto questo sia grave. Se in un mio film voglio che ci sia un grande attore, senza fare nomi, devo dare la mia sceneggiatura a un agente che fa lo stesso mio mestiere. Come è possibile dare la sceneggiatura a un mio concorrente per chiedergli un attore ? Questa è la stortura che ha impedito agli americani, al di là delle leggi, di permettere una cosa di questo tipo.
  In questo momento in Italia questa stortura è molto grave. Penso che sia per il 60 per cento una questione di etica industriale e per il 40 per cento una questione legislativa.

  LAURENTINA GUIDOTTI, componente del comitato di presidenza dell'APT. Tali agenti hanno in esclusiva questi attori rendendo veramente impossibile agli altri soggetti produttivi di utilizzarli.

  FABIANO FABIANI, presidente dell'APT. Chiedo al nostro segretario generale di illustrare la situazione negli altri Paesi dell'UE.

  CHIARA SBARIGIA, segretario generale dell'APT. In Francia c’è una norma che stabilisce che ci sia un albo per gli agenti, i quali devono essere professionisti e rispettare certe regole. Nell'albo c’è una previsione legislativa, recentemente rinnovata, che impedisce esplicitamente agli agenti di svolgere il ruolo di produttore. In Gran Bretagna non c’è né un albo né una legge, ma la BBC, per esempio, in un capitolo delle sue linee guida denominato «conflitti d'interessi», regolamenta questo rapporto e vieta, non tanto per una questione di mercato tra produttori, quanto per una questione di interessi dell'emittente stessa, che un soggetto sia in condizione di negoziare con l'emittente in termini evidentemente sfavorevoli per quest'ultima. Altrimenti, trattandosi di rapporto importante per l'emittente, su quel punto inizierebbe una negoziazione molto complicata per l'emittente in tema di diritti, di costi del prodotto e così via. In Austria e in Germania è proibito.
  Facciamo parte di un coordinamento europeo di produttori al quale abbiamo chiesto di fornirci un quadro della materia. I nostri omologhi degli altri Paesi ci hanno risposto che non si pone neanche un problema legislativo: è proibito e basta. È come se un avvocato pretendesse, per esempio, di svolgere il ruolo di notaio. Non hanno bisogno neanche della norma, perché è esplicito che i due mestieri sono incompatibili. Lo stesso vale per realtà minori, come Portogallo e Norvegia, che hanno capacità produttive ben più basse della nostra.

  CARLO DEGLI ESPOSTI, vicepresidente dell'APT. Vi dicevo che si tratta di una questione al 60 per cento etica e al 40 per cento legislativa. Se non facciamo procedere parallelamente questi due aspetti, si può trovare una norma che vieti e poi una «gabola» per superarla. Vi racconto un episodio. Anni fa l'associazione protestò, perché stava per essere affidata una produzione di fiction in RAI a una società partecipata dalla concorrenza, cioè da Mediaset. Sostenemmo che, nonostante la libertà di mercato, questo non ci sembrava Pag. 6logico. Dopo alcuni mesi, ci dissero che era stato superato il problema: avevano costituito una società in cui non c'era Mediaset, che si sarebbe occupata della produzione. Penso che con l'attuale gestione il problema etico troverà in RAI un veloce approfondimento, però la questione, alla base, è etica. Ci sono cose che non si fanno: probabilmente per favorire l'etica ci deve essere una norma di divieto, però occorre anche prevenirne il raggiro.

  FABIANO FABIANI, presidente dell'APT. Vorrei spiegare perché questa parte dell'audizione si è concentrata su questo tema. Sicuramente ci sono le ragioni illustrate da Carlo, ma c’è anche un altro problema. C’è un conflitto obiettivo in particolare su come la RAI si comporta con gli agenti produttori e i produttori indipendenti. La RAI utilizza studi, mezzi e personale interno in questo tipo di programmi. Però, se la RAI è costretta a non utilizzare i suoi mezzi interni, perché ci sono agenti che impongono la produzione totalmente esterna del prodotto, avendo uno strumento d'imposizione come la gestione di un grande attore, la RAI viene ulteriormente spinta a essere severa con noi. Questa è la ragione più importante, oltre a quella etica, per cui noi siamo molto attenti a questo aspetto, che in qualche modo limita gli investimenti della RAI. Gli investimenti in produzione dipendente sono definiti dalla legge quantitativamente in rapporto al fatturato. La RAI, per la verità, ha sempre rispettato la norma di legge quantitativa. Vorremmo che fosse equa anche nei comportamenti.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Mi scusi, ho chiesto d'intervenire subito perché devo votare in Commissione permanente. Credo che questa audizione offra parecchio materiale per il nostro lavoro preparatorio della discussione sul contratto di servizio, per cui ringrazio, non solo per la nota che c’è stata consegnata, che di per sé è già ricca di spunti, ma anche per la franchezza con cui sono stati sollevati alcuni nodi.
  Voglio ritornare brevemente su tre questioni. Innanzitutto, devo dire che sono sorpreso dall'incipit fatto dal presidente Fabiani, quando ha parlato di nessuna interlocuzione con il Ministero, nel senso che per voi non c’è stata, a differenza delle volte precedenti, la possibilità d'interloquire sul contratto di servizio. Credo che questo sia un errore e credo anche che questa modalità di operare del Governo non corrisponda al lavoro che abbiamo impostato in Commissione, dove invece il ciclo auditivo è ampio e coinvolge una pluralità di soggetti.
  Credo sia giusto riaffermare il punto di vista e il lavoro specifico di questa Commissione del Parlamento – Presidente, mi permetta di dirlo – anche in ragione di dichiarazioni a mezzo stampa che mi è capitato di leggere, come a lei e a tutti. Quando ho visto che il viceministro Catricalà in una trasmissione radiofonica ha detto che o il contratto di servizio contiene il cosiddetto «bollino» (giornalisticamente parlando), oppure non lo firma, ho avvertito quantomeno un atteggiamento non rispettoso nei confronti di questa Commissione e del lavoro del Parlamento. Siamo tenuti a esprimere un parere obbligatorio, anche se non vincolante, che è il risultato di questo percorso auditivo, della discussione che faremo tra di noi nel percorso emendativo e del voto che faremo rispetto al parere stesso. Ci tengo a riaffermare il ruolo di questa Commissione e il ruolo del Parlamento. Ci sono dunque approcci molto diversi da questo punto di vista, dato che la Commissione sta ascoltando molti soggetti e il Governo invece, come abbiamo appreso, ha escluso dall'interlocuzione anche soggetti che precedentemente erano coinvolti.
  La seconda considerazione in relazione a quanto è stato detto è che mi colpisce che sia stata usata l'espressione «delusione» rispetto ai contenuti del contratto di servizio. Avete parlato di un vero e proprio passo indietro in merito al garantire l'effettivo adempimento dell'obbligo di comportarsi secondo equità nelle negoziazioni con i produttori indipendenti. Credo che questo sia un altro elemento che viene trasferito alla nostra discussione, anche per quanto riguarda (se ho capito bene, Pag. 7guardando la nota) il recepimento della normativa europea: questo è un altro elemento nodale.
  Infine, sono molto colpito dalle considerazioni e dagli approfondimenti che ho ascoltato nel susseguirsi degli interventi. Questo mi sembra un elemento di novità. Non ricordo una discussione precedente in questa Commissione in questi termini. Rappresenta un nodo di rilievo il fatto che una serie di prodotti esterni per l'azienda RAI abbiano come protagonisti soggetti che sono agenti di grandi nomi e ne diventano produttori, esercitando una sorta di pressione. Ciò evidenzia, nel paese dei conflitti d'interessi, un ulteriore conflitto d'interessi, particolarmente distorcente e disturbante. Se, peraltro, come è stato rappresentato, si tratta, anche questa volta, di un unicum europeo (tant’è che avete fatto riferimento puntualmente a alcuni altri Paesi), per me e per noi questo è un elemento di novità, che dovrà avere un approfondimento nella discussione che faremo. Invito pertanto il relatore a tenere conto, nelle forme che riterrà, di questo elemento, emerso in maniera così netta nel corso di questa audizione.

  PRESIDENTE. Faremo un approfondimento, anche tramite la biblioteca della Camera, sulla legislazione di altri Paesi europei su questo punto, che mi sembra molto importante.

  SALVATORE MARGIOTTA. Non ripeterò le sacrosante dichiarazioni del capogruppo Peluffo a proposito del viceministro Catricalà, di alcune sue affermazioni che abbiamo ritenuto almeno incaute e dello stile con il quale si è sottratto al confronto con l'Associazione produttori televisivi. Mi piace solo rimarcare la maggiore apertura del Parlamento. Sono un parlamentarista da sempre e quindi mi piace poter dire, anche in questo caso, che abbiamo uno stile differente.
  Ciò detto, ho molto apprezzato l'audizione del presidente Fabiani, del vicepresidente e delle dottoresse, perché effettivamente abbiamo rilevato degli aspetti di novità su temi per noi molto scottanti, che abbiamo visto rappresentati sotto un altro punto di vista. Proverò a spiegarmi meglio: innanzitutto ho apprezzato il fatto che avete richiamato il motto del primo direttore della BBC, che anche per noi sta diventando una sorta di must nella discussione di questi giorni. Invece avrei gradito che nell'introduzione (ma è una mancanza mia, poiché sono arrivato un po’ più tardi e quindi non ho partecipato alle prime discussioni) fosse chiarita dal presidente o dal vicepresidente la natura di quest'associazione, ossia chi rappresentate, quanti produttori, di che tipo, di quali generi e di quali settori. Una precisazione sarebbe stata utile alla nostra discussione e immagino ci sia la possibilità di farlo in chiusura.
  C’è una dicotomia, secondo me risolvibile, che sta a cuore a molti di noi componenti della Commissione. Da un lato, come ha detto lei, a noi interessa molto che il personale interno alla RAI lavori nella maniera migliore e sia valorizzato al massimo, e che tutto quel che si può fare internamente lo si faccia. Contemporaneamente, in una visione liberale quale quella che noi abbiamo, ci sta anche molto a cuore che la RAI sia agente di sviluppo dell'industria. È importante che intorno a un'azienda che fornisce servizio pubblico vivano, si sviluppino, facciano investimenti in tecnologia e determinino progresso e occupazione mondi imprenditoriali autonomi e indipendenti, che vogliamo siano assolutamente in crescita. I numeri che ci avete illustrato sono francamente interessanti. Credo che questa dicotomia sia solo apparente. Si può valorizzare al massimo il personale interno e contemporaneamente rivolgersi all'esterno per alcuni servizi di altra natura, che producano un miglioramento del prodotto. Da questo punto di vista siamo quindi interessatissimi al lavoro che fate.
  Sulla questione agente-produttore, naturalmente sono temi che abbiamo sentito e ci hanno riferito. Sappiamo bene quali sono le trasmissioni «appaltate» completamente a produttori che sono anche agenti di star. Però oggi avete avuto il merito di mettere il dito nella piaga in Pag. 8modo molto forte e netto: penso che ragionando sul contratto di servizio, dobbiamo affrontare bene questo tema.
  Ho finito con i commenti e vengo ora alla domanda. In particolare sulla fiction, in questa Commissione, con toni diversi (io in modo più soft, altri con toni un po’ più duri) abbiamo affrontato anche il tema di certi monopoli che si formano, cioè di certi produttori che lavorano fatturando in maniera incommensurabilmente superiore a tutti gli altri. Ritengo che da un lato sia sacrosanto che i più bravi (quelli che, come ci ha ricordato il direttore Andreatta, fanno l'industria della produzione di fiction) abbiano spazi e fatturati maggiori. Questo è nelle regole del mercato. Ci interessa però altrettanto che possa crescere l'attività di tanti altri produttori minori. La RAI e il servizio pubblico non possono accontentarsi di dire che ci sono quelli più bravi ed è giusto che lavorino di più. Dal mio punto di vista, la RAI deve far sì che a quelli più bravi si affianchino altri, che nel tempo diventino altrettanto bravi. Vorrei sapere se siete d'accordo su questa mia impostazione e se ritenete di poter fare anche voi, come associazione, qualcosa al riguardo.

  ALBERTO AIROLA. Vi ringrazio molto della presenza. Anche a me ha fatto piacere sentire questi temi, perché sono gli stessi che ho fatto notare anch'io nelle varie audizioni, e in particolare in quella con la dottoressa Andreatta, che è responsabile della produzione fiction. Abbiamo rilevato una serie di criticità che andrebbero corrette, proprio per favorire, come dicevate voi, un sistema più concorrenziale e quindi creativamente più produttivo, con una resa qualitativa diversa.
  L'unico prodotto che viene sempre citato è Il Commissario Montalbano. Questo fa onore a lei, dottor Degli Esposti. Gli altri prodotti non vengono mai citati. Come dicevate, ci troviamo di fronte non solo a degli agenti, ma anche a delle produzioni, che mediamente sono di ex dirigenti RAI, che continuano a prendere appalti senza nessun sistema di appalto pubblico, di concorso o di selezione. Come Commissione di vigilanza RAI, attualmente non sappiamo con quali criteri si scelgano le produzioni; magari i criteri sono indicati genericamente, ma non esiste una trasparenza sull'assegnazione di questi progetti. Spesso sono contratti di preacquisto. Alcuni sono semplici appaltatori e non sono produttori, cioè non portano idee ma realizzano prodotti, seguendo indicazioni che in genere non hanno un ritorno economico così ampio.
  Il punto centrale che abbiamo posto è la trasparenza. Quello che accusate voi nasce proprio di lì. Innanzitutto in Italia le autoregolamentazioni – penso che lo immaginiate – sono molto difficili: ci vuole un salto evoluzionistico per arrivare a questo. Nel frattempo, ho chiesto alla RAI di mettere nero su bianco i budget, con i «sopra la linea» e i «sotto la linea». I «sopra la linea» riguardano proprio gli attori. Per esempio, perché la RAI non può fare dei prodotti sperimentali diversi, anche con attori non di grido ? Fare una sceneggiatura brutta e metterci un attore bravo, solo perché così la gente lo guarda, è un'operazione fallimentare, come sappiamo.
  Vi chiedo un aiuto nel favorire la trasparenza, perché sarà l'elemento che permetterà a noi e ai cittadini di valutare quali prodotti e quali aziende siano veramente vincenti, senza privilegiare sempre le aziende o le case di produzione che da anni hanno una relazione costante con la RAI, che appare quasi inscardinabile. Questo vale anche per i format.
  Faccio una premessa sulla questione relativa ai produttori esterni e alla produzione interna. So che ci sono prodotti che la RAI può realizzare internamente e ci sono prodotti che non può realizzare internamente, e quindi si deve rivolgere a professionisti che fanno questo mestiere con competenza e con qualità. Sicuramente è giusto saturare le potenzialità di produzione della RAI, ma con il giusto indirizzo dei prodotti. Un serial potrebbe anche essere gestibile dalla RAI. Invece probabilmente è giusto che un film tv o una fiction di particolare qualità siano Pag. 9affidati a produzioni esterne, anche per favorire la crescita di professionalità e di nuovi produttori.
  Non so se convenite con me che in Italia uno dei problemi principali sia proprio la carenza di produttori veri, nel senso antico del termine, che mettano a disposizione le loro idee. Se voi aiutate questo processo di trasparenza, mettendo in piazza dati e questioni, potremmo forse arrivare a una RAI migliore, che porti avanti una qualità del servizio pubblico veramente importante.
  Sulla questione dei format, dicevo che ce ne sono alcuni che possono essere tranquillamente inventati e realizzati in RAI e altri invece che vengono comprati dalla RAI, non direttamente sui mercati esterni, ma con mediazioni costose per i cittadini (sono prevalentemente soldi pubblici). Immagino che possiate fare qualcosa anche per questo.

  RAFFAELE RANUCCI. Ringrazio il presidente Fabiani per la relazione, che mi offre spunti per domande molto secche.
  Mi ha piuttosto colpito il fatto che negli ultimi anni solo due prodotti televisivi hanno goduto dei finanziamenti del programma europeo Media. Cosa pensate debba esserci realmente all'interno del contratto di servizio per far sì che possiamo accedere a fondi che, tra l'altro, come tutti sappiamo, partecipiamo a formare, in quanto Paese europeo ?
  In secondo luogo, io sono sempre dell'idea che i diritti di copyright siano importanti. A volte mi scontro anche con i colleghi su questo. Voi dite che non viene ripreso nel contratto ciò che c'era nel contratto 2010-2012, per quanto riguarda la limitazione temporale di utilizzo dei diritti secondari. Vorrei sapere se, secondo voi, deve essere ripreso quello che era previsto nel contratto 2010-2012, o se ci sono evoluzioni dalle quali possiamo prendere spunto.
  La terza questione è relativa a manager e produttori. Mi sembra che sia un fatto molto etico. Da quello che ci avete raccontato, gli Stati Uniti non hanno una legge specifica, se non probabilmente quella sulla non concorrenza; la Francia ha un albo; l'Inghilterra non ce l'ha; in Austria e Germania è proibito, ma non con una legge. Il nostro Paese di leggi ne ha tante e poco rispettate. Vorrei capire se, secondo voi, sia il caso di lavorare su questo e di inserire questo punto all'interno del contratto di servizio.
  Avendo qualche esperienza nel calcio, questo mi ricorda un po’ quando si doveva comprare il grande campione e c'era il manager che regolarmente affibbiava i due scarsi. Avviene anche questo, oltre a dover subire il fatto che il manager sia il produttore ? Abbiamo anche scarsi professionisti che vengono imposti perché fanno parte del famoso «pacchetto» ? Credo che questo sarebbe ancora più grave. Ritengo che la fiction in RAI e nel nostro Paese abbia sicuramente una grandissima qualità, aldilà del famoso e beneamato Montalbano. L'ultima fiction su Olivetti mi è sembrata di grandissima qualità. È anche un modo per raccontare a noi italiani una parte del Paese che non conosciamo. Forse dovremmo fare anche fiction che abbiano un po’ di internazionalità, in modo da raccontare il nostro Paese anche all'estero: la fiction è un ottimo prodotto di promozione del nostro Paese nel mondo.

  GIORGIO LAINATI. Ha ragione il senatore Ranucci: la fiction italiana è di grande qualità. Non è un caso che la fiction che va in onda sul servizio pubblico batta costantemente da molti anni la concorrenza. Questo va ricordato.
  I miei colleghi vi hanno rivolto una serie di domande, nelle quali sostanzialmente mi riconosco. Mi ha colpito, come diceva giustamente il capogruppo del Partito Democratico Peluffo, questa insensibilità manifestata dal Ministero dello sviluppo economico. Visto che quando sono stati fatti i due precedenti contratti di servizio io già ero qui, devo dire che conosco bene tutto quello che l'Associazione produttori evidenzia come regressione rispetto al passato. Mi rivolgo al collega vicepresidente, nonché relatore: mi auguro che ci sarà modo di recuperare, chiedendo alla RAI di ritornare quantomeno Pag. 10alle posizioni precedenti relativamente all'osservazione da parte della nostra Commissione.
  Mi ha colpito inoltre l'osservazione fatta dal vicepresidente sui nuovi vertici della RAI e su una sensibilità diversa che (mi sembra di capire) hanno manifestato.

  PRESIDENTE. Ma non lo dice il presidente.

  GIORGIO LAINATI. Mi sembra di capire che ci sia un giudizio positivo sul lavoro svolto nell'ultimo anno e mezzo dai vertici attuali del servizio pubblico, anche nel recupero di certi valori etici. Vorrei che fosse messo un po’ più a fuoco questo tema.

  ALBERTO AIROLA. È molto importante che ci diciate quali sono le necessità per accedere alle coproduzioni internazionali. Io l'ho fatto per i documentaristi. È una cosa su cui la RAI in effetti ha proprio dei blocchi.
  Inoltre, ci siamo battuti moltissimo sulle delocalizzazioni. Invito anche voi a valorizzare l'immagine dell'Italia all'estero e il patrimonio che abbiamo di tecnici, competenze e professionalità italiane e a non delocalizzare, a meno che la sceneggiatura non lo richieda. Vi invito a non favorire preventivamente le delocalizzazioni.

  MICHELE ANZALDI. Vorrei fare solo due sollecitazioni. Noto che la polemica sul cosiddetto bollino continua a fare discutere. Visto che lei è stato così gentile da inoltrarci la lettera della presidentessa dell'EBU Ingrid Deltenre, e visto che questa polemica vive, forse sarebbe il caso di coinvolgerla e di chiedere un approfondimento su quella lettera.

  PRESIDENTE. Abbiamo già stabilito un'audizione, che dovrebbe aver luogo il 16 dicembre.

  MICHELE ANZALDI. Aggiungo un'altra cosa. Stanotte mi sono imbattuto in una notizia su internet, che annunciava che gira un trailer clandestino, diffuso forse da un produttore straniero, con i primi tre minuti del famoso reality «Mission». Ci sono delle polemiche. Forse sarebbe utile vederlo e sapere cosa c’è.

  PRESIDENTE. Il video è stato diffuso da un'associazione di Torino. Io l'ho ripreso sul mio profilo Facebook pubblico e l'ho analizzato velocemente. Parlando di Mission, Leone di RAI Uno ha detto che si tratta di social tv. Da quei primi tre minuti che ho visto a me sembra più un reality fiction. Nel video, dove ci sono Emanuele Filiberto di Savoia e Paola Barale, non c’è nessun riferimento a un campo profughi o a un campo di sfollati. Come si vede, è un villaggio del Congo, pulito e tranquillo. Sembra che le persone stiano molto bene. Non hanno una faccia sofferente. Non sembra che vivano una situazione di guerra né che siano sfollati o rifugiati.
  Questo video di tre minuti, dunque, non corrisponde a quanto ci ha detto finora la RAI su Mission. Ieri ho posto un quesito, che è simile alla sua domanda, e sto aspettando una risposta. Se vogliamo, possiamo anche guardare questo video insieme, oppure ognuno lo guarda singolarmente e poi faremo le relative valutazioni. Il video si trova in rete e sembra sia stato ripreso e inviato anonimamente da un cooperante di Intersos. Questo è quanto è stato scritto in rete, dall'associazione African Voices, che ha pubblicato il video.

  LAURA PUPPATO. Intervengo brevemente perché le richieste già fatte sono state molto esaustive. Mi passava per la mente un dato che non possiedo e che penso servirebbe a tutti per capire se è vera l'osservazione che viene ripetuta circa una concentrazione in mano a pochissimi produttori televisivi delle produzioni esterne RAI.
  Vorrei sapere, dato cento il dato complessivo del budget esterno, a quanto ammonta la determinazione a favore di queste concentrazioni delle solite produzioni televisive e a quanto ammonta invece la parte normalmente concessa e libera rispetto Pag. 11ai produttori che invece si presentano in RAI con prodotti specifici.

  PRESIDENTE. Vorrei riassumere velocemente per vedere se ci siamo capiti: c’è un manager che rappresenta delle star. Il suo lavoro è gestire le star e piazzarle nelle varie trasmissioni. Il manager dice alla RAI che se vuole un certo nome di punta, deve fargli produrre o coprodurre una certa trasmissione chiavi in mano. Oltre alla produzione, il manager vuole anche che per una certa star venga usato un certo regista. Anche se la RAI internamente ha registi con la stessa professionalità non può usare le sue risorse interne, perché il manager che ha messo a disposizione la star deve avere la produzione, che è sempre della RAI. In qualche modo si crea una sorta di oligopolio in quel mercato, che viene bloccato.

  FABIANO FABIANI, presidente dell'APT. Comincio io, ma poi mi completerà o mi contraddirà certamente il mio vice presidente.
  Innanzitutto mi scuso con il vice presidente e relatore: ho presentato le persone ma non l'associazione. Siamo l'APT (Associazione produttori televisivi), che esiste dal 1994. È un'associazione aderente alla Confindustria, che raggruppa circa l'80-85 per cento dei produttori televisivi italiani e viene riconosciuta dalla RAI come l'associazione maggiormente rappresentativa del settore.

  PRESIDENTE. Quanti sono in numero assoluto i produttori associati ?

  FABIANO FABIANI, presidente dell'APT. Sono 43, di cui 40 fanno solo fiction e due o tre fanno fiction e intrattenimento.

  CHIARA SBARIGIA, segretario generale dell'APT. Uno fa solo intrattenimento. Abbiamo anche produttori di documentari. I nostri soci fanno anche web series e occasionalmente cartoni animati.

  PRESIDENTE. Magari questi dati li potreste mettere in forma scritta e inviarli alla Commissione, in modo che siano patrimonio di tutti.

  FABIANO FABIANI, presidente dell'APT. Certo. Mi voglio intrattenere in linea di principio su un tema che è stato sollevato: i grandi e i piccoli.
  L'associazione si è sempre spesa a sostegno dei piccoli (qui c’è un piccolo, che mi è testimone), forse perché i grandi hanno meno bisogno dell'associazione rispetto ai piccoli. C’è stato detto varie volte, anche da questo nuovo management che è arrivato, il cui esordio è stato peggiore del prosieguo, che siamo troppi. Io non ammetto che si dica in linea di principio che i produttori sono troppi, ma pretendo che vengano giudicate le qualità delle proposte e dei costi. Se sono troppi, ci sarà una falcidia naturale, ma non si può dire in linea di principio che sono troppi. Se sono tanti, portano più proposte e la RAI può fare una selezione su un ventaglio più ampio. Lavoreranno tutti un po’ di meno, come fanno gli operai in cassa integrazione, che lavorano a rotazione.
  All'inizio su questo c’è stata una polemica, anche con la presidente Tarantola, ma poi questa affermazione non è stata più fatta. Capisco l'esigenza di avere i grossi, perché assicurano una solidità, però il piccolo spesso è proponente di qualcosa di qualità, che il grosso, che sta dietro alla sua serialità e alla sua continuità produttiva, non immagina. Infatti, a parte Montalbano, alcuni dei prodotti migliori vengono dai piccoli. Non sei d'accordo ?

  CARLO DEGLI ESPOSTI, vicepresidente dell'APT. Al 50 per cento.

  FABIANO FABIANI, presidente dell'APT. Avevo detto che mi avresti contraddetto.
  La trasparenza deve venire per forza dalla RAI, che deve inserire delle indicazioni nel suo programma annuale. Se voi lo chiedete, credo che non ci siano difficoltà a farlo. Non è così ? Io sono stato in RAI lungamente e penso che la RAI quanto più è trasparente, tanto più fa il suo interesse, perché si evitano polemiche, sospetti e informazioni sbagliate. La trasparenza è utile a tutti e quindi penso che Pag. 12la RAI farebbe bene a prevederla nel programma che annuncia. Credo che, se lo chiedete, possa dire anche quale sia il costo di ogni programma. Non vedo che male ci sia, anche perché la RAI ha una contrattualistica quasi pubblica.
  Pensate che in RAI per un contratto ci vogliono sedici sigle. Questa burocrazia è un tema importante, che ho detto a Laurentina di affrontare. Ognuno deve mettere una sigla. È un daziere. Bisogna mettere il dazio sul tempo che ci si impiega, per mostrare il proprio potere, se non di peggio (anche se peggio non c’è).

  PRESIDENTE. Siccome producete sia per RAI sia per altri attori del mercato – non so in che proporzione – e siccome spesso, rispetto al concetto della trasparenza, a cui questa Commissione tiene fortemente, viene avanzato il problema della concorrenza, e visto anche che avete sollevato la questione, vorrei sapere cosa pensate di quest'aspetto.

  FABIANO FABIANI, presidente dell'APT. Questo è un problema che dovrebbe essere affrontato con fermezza dall'Autorità per le comunicazioni, perché è a lei che spetta il dovere di monitorare il rispetto delle norme.
  Per quanto riguarda gli altri, che sono Sky e Mediaset, l'Autorità fino a quest'anno – correggimi tu, Chiara e poi sul resto mi correggerà Carlo – si affidava all'autocertificazione. Ognuno affermava di aver rispettato la percentuale di investimenti a cui era obbligato per legge. Credo che adesso sia cambiato. Abbiamo verificato nelle audizioni con l'Autorità che non sempre nelle loro verifiche avevano gli strumenti indispensabili e le informazioni necessarie.
  La relazione viene fatta l'anno successivo a quello di riferimento. Non sappiamo ancora se Mediaset nel 2012 abbia rispettato le norme che la obbligano a fare gli investimenti, perché l'Autorità non ce lo dice. Noi possiamo fare dei conti nostri. Abbiamo le nostre idee, ma non le voglio riferire in una sede formale. Tocca all'Autorità dirlo nella sua relazione annuale.
  A parte la battuta sul fatto che siamo troppi, recentemente la RAI, anche in seguito a iniziative del Ministro Bray che la riguardano, ha aperto con noi un dialogo più aperto. Abbiamo incominciato a discutere e ci siamo impegnati entrambi a chiudere entro la fine dell'anno il tavolo riguardante la contrattualistica e l'osservanza di alcune norme, che sono qui elencate e che dovrebbero essere riaffermate nel contratto di servizio. Se vengono riaffermate, saremo più forti in questo dialogo che abbiamo in corso con la RAI.
  C’è poi il tema fondamentale dei diritti, che si collega anche alla questione dei fondi europei. Questo è un tema molto delicato. Magari su questo Carlo si soffermerà un po’ più approfonditamente di me. Se non sei possessore di diritti, tu, produttore, non puoi accedere. È giusto ?

  CHIARA SBARIGIA, segretario generale dell'APT. Secondo le linee guida del fondo Media, i diritti devono ritornare nella disponibilità del produttore dopo sette anni: non si può cedere la proprietà in perpetuo.

  FABIANO FABIANI, presidente dell'APT. Il broadcaster non può essere proprietario a tempo indeterminato. Ci deve essere un tempo stabilito. Questo, tra l'altro, è previsto anche dalla nuova legge sul tax credit, secondo cui può accedere al tax credit il titolare dei diritti. Adesso vedremo le norme attuative che il Ministero sta elaborando. Sarà delicatissimo il confronto con i broadcaster su questo tema, che è fondamentale. In Europa non c’è Paese che abbia la cessione a tempo indeterminato. La Francia prevede una cessione per 18 mesi.

  CHIARA SBARIGIA, segretario generale dell'APT. La Francia prevede una durata di 18 mesi di cessione, con un limite di tre passaggi per l'emittente, più 18 mesi di opzione, per un totale di tre anni.
  L'Inghilterra prevede cinque anni di cessione, con licenze separate per ogni piattaforma, in base all'uso, perché, per Pag. 13esempio, non si possono acquisire diritti per piattaforme che non si utilizzano o non si possiedono.
  Recentemente hanno trovato un accordo anche realtà che noi guardiamo sempre un po’ meno. I tedeschi hanno una quantità enorme di risorse per la produzione e quindi sono meno attenti a certi aspetti, ma anche loro hanno siglato un accordo con l'emittente pubblica ZDF, che ha limitato la cessione tra i cinque e i dieci anni, secondo la tipologia dei prodotti. Anche la Svezia recentemente ha adottato un codice di comportamento simile a quello inglese.
  Il codice di comportamento o code of practice è quello che stabilisce le regole nei rapporti tra emittenti e produttori, a partire dall'accesso, dalla presentazione delle proposte. L'onorevole chiedeva come si stabilisce chi abbia accesso con un «codice di comportamento». Si stabilisce sulla base di progetti che vengono inviati. Si riceve una risposta (se il progetto interessa o meno) poi c’è un iter che porta alla contrattualizzazione e che ha certe evidenze. In RAI un codice di comportamento non c’è.

  FABIANO FABIANI, presidente dell'APT. La cessione totale di tutti i diritti comporta anche una limitazione del mercato, perché il broadcaster, che è possessore di tutti i diritti, non ha nessun interesse al moltiplicarsi delle piattaforme che utilizzano i contenuti. Ce li ha lui e, se ritiene, li programma lui.

  FEDERICO FORNARO. Sarebbe molto utile se ci poteste fornire una tabella riepilogativa e comparativa con le altre esperienze europee.

  CARLO DEGLI ESPOSTI, vicepresidente dell'APT. Vorrei aggiungere un punto sui format. Secondo una visione demagogica, ci si potrebbe chiedere perché l'Italia sia il maggior acquirente di format e il minor produttore di format, nonostante la cultura del varietà, che ha generato l'intrattenimento televisivo.
  Anche in questo caso, è una questione di diritti. Un produttore olandese che investe denaro, anche tanto, per studiare un format di intrattenimento, che sia Grande Fratello o altro, lo sperimenta nella propria televisione, cedendo i diritti per tre anni e mantenendoli in corpo. Magari fa un primo affare con una televisione, comincia a guadagnare un po’ di denaro e poi, piano piano, se questo format è buono, lo continuerà a vendere. Magari, come è successo a John De Mol con il Grande Fratello, può costituire un'azienda quotata in borsa e venduta a Telefonica a 5,5 miliardi di euro dopo quattro anni.
  Non per paragonarmi a John De Mol, una delle persone che capisce di più di televisione nel mondo, ma vi faccio un esempio personale, anche se è brutto in una Commissione di vigilanza. Ho fatto il primo reality show, che si chiamava Davvero, in cui c'erano sette studenti in un appartamento a Bologna. Questo show ebbe un grande successo su RAI due, dieci anni prima del Grande Fratello. Non sono andato avanti con quel reality, perché per riuscire a farlo ho dovuto cedere tutti i diritti alla RAI. Non sono proprietario neanche di uno sviluppo, per cui avrei potuto farlo per due o tre anni, ma non avevo più l'interesse di venderlo all'estero, di gareggiare e di investirci denari che avevo guadagnato per farlo diventare un format. Ho cominciato a produrre il reality show dieci anni prima del Grande Fratello.
  Il motivo per cui compriamo format è che non siamo in grado di mantenere all'interno della produzione indipendente i diritti delle cose che si fanno. Molte volte ho proposto provocatoriamente ai vertici della RAI di fare una moratoria, in base alla quale per due anni i diritti dei produttori che investono rimarrebbero in mano ai produttori. Questo vorrebbe dire uscire da un meccanismo medioevale ed entrare in un meccanismo di mercato moderno, che significa anche che devi stare attento, perché se fai un errore e lasci libero un valore che hai contribuito Pag. 14a generare, questo valore va in mano ad altri e non hai più la possibilità di utilizzarlo.
  Va bene comprare i format, e comprare i migliori (ci possano essere motivi diversi per cui si comprano i format, ma di solito si comprano i migliori), ma noi potremmo anche essere generatori di format.
  Vi ricordo quei numeri che vi ho citato prima: 500 milioni di euro all'anno per 200.000 addetti: questo è il volume della produzione indipendente. Pensate un attimo se, con i problemi che abbiamo in questo momento nel Paese, entrassero altri 400 milioni di euro nella produzione indipendente. Staremmo parlando di 150.000/300.000 addetti. Ciò vuol dire che la concentrazione può produrre un abbassamento della ricchezza, mentre uno sviluppo del mercato produce un valore incommensurabile rispetto ai numeri dei dipendenti del servizio pubblico e dei denari che servono per mantenerlo.

  PRESIDENTE. Mi scusi, purtroppo abbiamo una seduta in corso al Senato e bisogna andare a votare. Concluda il suo intervento per favore.

  CARLO DEGLI ESPOSTI, vicepresidente dell'APT. Vorrei fare una premessa: questi vertici della RAI e questa dirigenza operativa rappresentano incommensurabilmente un grande passo avanti, innanzitutto perché sono uomini di prodotto. Ai vertici delle strutture dirigenziali della RAI per la prima volta ci sono professionalità interne che vengono dal prodotto. Questo è imparagonabile con situazioni precedenti. Volevo dirlo per onestà. Detto questo, da parte vostra certamente potete aiutare la RAI a migliorare con il controllo, ma, secondo me, per aiutare la RAI la cosa essenziale è la qualità delle persone che dirigono i vari settori. Infatti, non ci può essere una regola per distribuire equamente, ma ci può essere un'attenzione al mercato e all'etica che obbliga questa distribuzione.
  Sul discorso della pubblicità dei dati, certamente c’è materiale sensibile nel momento in cui un produttore tratta con la RAI. Noi costruiamo dell'immaginario, per cui nel momento in cui si crea un equilibrio che coinvolge attori o registi, la riservatezza è importante. Dall'altra parte, qualsiasi azienda intelligente ha un sistema di informazione più potente possibile. Come Rothschild riusciva a sapere prima cosa succedeva sui mercati, adesso se io riesco a sapere cosa sta facendo un mio concorrente, nel migliore dei casi cerco di approfittare di questa forza. Quando ci sono delle regole, vivaddio, c’è una sana concorrenza. Nel mercato spagnolo, che conosco molto meglio di altri mercati, ci sono società di produzione che azzeccano due prodotti e triplicano il fatturato. Dopo due anni ne sbagliano due e vanno giù di un terzo del fatturato. Questo mostra che l'attenzione del mercato è sulla qualità del prodotto e del risultato.
  Il nostro prodotto genera dei break che si riempiono o non si riempiono. Se si riempiono e c’è la gara, come per alcuni prodotti, il prezzo del singolo spot aumenta, invece se non c’è concorrenza, i prezzi degli spot si abbassano perché bisogna venderli. Per cui, viva la concorrenza !
  Detto questo, non chiedete a me le prerogative con le quali dovete controllare, però se mi chiedete se è giusto che sappiate cosa sto facendo in un iter, vi rispondo che cercherò di non farlo sapere, non a voi ma alla mia concorrenza.

  PRESIDENTE. Ci tengo a specificare che non vogliamo conoscere niente dell’iter, perché in quel caso state stipulando un contratto e state per chiudere un accordo. Vorremmo comprendere dopo dove vanno a finire e in che modo sono utilizzati i soldi pubblici.

  CARLO DEGLI ESPOSTI, vicepresidente dell'APT. Per quanto riguarda la mia azienda e molte aziende di persone che conosco, avete libero accesso all'amministrazione delle nostre aziende, e della mia in particolare. La mia è una S.p.A. con sindaci. Se volete, potete venire a vedere.

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  PRESIDENTE. La ringraziamo, ma noi vogliamo vedere aziende finanziate con soldi pubblici.

  LAURENTINA GUIDOTTI, componente del comitato di presidenza dell'APT. Non volete conoscere il nostro iter, per quanto riguarda la concorrenza. Questo è giusto. Noi invece vorremmo che sulla contrattualistica ci fosse una certezza della tempistica. È uno dei problemi che ci assillano. La RAI non segue delle regole. Anche se l'Agcom ha dato delle direttive, per quanto riguarda la tempistica, la RAI non vi ottempera. Ci sono stati casi in cui delle produzioni si sono ritrovate a fare le riprese e ancora non avevano firmato i contratti RAI. Sulla scia dell'accordo brevi manu, avevano impegnato contrattualmente degli attori, per cui si sono ritrovate a dover iniziare le riprese senza avere il contratto RAI: non si può andare avanti in questa maniera.

  CHIARA SBARIGIA, segretario generale dell'APT. Possiamo dare una buona notizia sulle delocalizzazioni ?

  CARLO DEGLI ESPOSTI, vicepresidente dell'APT. Stiamo trattando il nuovo contratto di lavoro del settore e abbiamo insistito su questo. La RAI di prima spingeva molto sulla delocalizzazione e sull'abbattimento. Questa RAI non ha spinto e si è delocalizzato un decimo di quello che si faceva prima. Anche in questo campo, calcolando la ricchezza che non è stata bruciata, emerge che c’è un numero di giornate-uomo da impallidire. Non ho i dati con me.

  CHIARA SBARIGIA, segretario generale dell'APT. Ho i dati relativi ai primi mesi del 2013. Rispetto all'anno precedente, le delocalizzazioni sono scese dall'11 al 2 per cento.

  CARLO DEGLI ESPOSTI, vicepresidente dell'APT. La situazione è molto migliorata in RAI da quando le deleghe hanno coinvolto la responsabilità di pochi e meno condivisioni di firme. A me dispiace parlare delle aziende degli altri, perché se uno parlasse così della mia azienda mi arrabbierei molto. Comunque, credo che si debba dare più potere e responsabilità ai dirigenti, che se fanno bene devono essere premiati.
  La regola per cui un contratto deve raccogliere più di venti firme, significa che, nel migliore dei casi, c’è una condivisione del rischio, per cui non ci sarà mai un responsabile e forse ci saranno altri diciannove lavori fatti per generare ognuna di quelle firme.

  FABIANO FABIANI, presidente dell'APT. Concludo con due battute. Sulle delocalizzazioni giocano molto le leggi regionali di sostegno. Specialmente quella del Lazio ha avuto una funzione positiva. In secondo luogo, conviene a tutti fare una riflessione approfondita sulla natura giuridica dell'azienda RAI, che vive attualmente in una fase di ambiguità giuridica. Non è una società privata e non si sa se è un ente pubblico. È una società privata, però ha al suo interno il magistrato dalla Corte dei conti, e quindi in RAI (spendo una parola per loro) sono sempre preoccupati dall'azione di responsabilità per decisioni che possono essere contestate Questo argomento non rientra nel contratto di servizio, però la Commissione avrà vita lunga (almeno me lo auguro) e spero che possiate affrontare anche questo tema.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti dell'APT e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.