XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 16 di Martedì 19 novembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti di ADRAI – Associazione Dirigenti RAI:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Lorusso Caputi Andrea , presidente ADRAI ... 3 
Margiotta Salvatore  ... 7 
Fornaro Federico  ... 8 
Fico Roberto , Presidente ... 8 
Airola Alberto  ... 8 
Minzolini Augusto  ... 8 
Fico Roberto , Presidente ... 8 
Minzolini Augusto  ... 8 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 9 
Rossi Maurizio  ... 9 
Centinaio Gian Marco  ... 10 
Lorusso Caputi Andrea , presidente di ADRAI ... 11 
Airola Alberto  ... 12 
Lorusso Caputi Andrea , presidente di ADRAI ... 12 
Fico Roberto , Presidente ... 13 
Lorusso Caputi Andrea , presidente di ADRAI ... 13 
Fico Roberto , Presidente ... 15 

Sull'ordine dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Ranucci Raffaele  ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Minzolini Augusto  ... 16 
Centinaio Gian Marco  ... 16 
Fico Roberto , Presidente ... 16 
Centinaio Gian Marco  ... 16 
D'Alessandro Luca (FI-PdL)  ... 16 
Fico Roberto , Presidente ... 17 

Audizione di rappresentanti di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL:
Fico Roberto , Presidente ... 17 
Cestaro Massimo , segretario generale SLC-CGIL ... 17 
Rossi Maurizio  ... 19 
Airola Alberto  ... 19 
Fornaro Federico  ... 20 
Margiotta Salvatore  ... 20 
Minzolini Augusto  ... 20 
Fico Roberto , Presidente ... 21 
D'Avack Walter , coordinatore nazionale emittenza pubblica FISTEL-CISL ... 21 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 24 
Bulletti Ottavio , referente nazionale Rai WAY, UILCOM-UIL ... 24 
Fornaro Federico  ... 25 
D'Avack Walter , coordinatore nazionale emittenza pubblica FISTEL-CISL ... 25 
Cestaro Massimo , segretario generale SLC-CGIL ... 25 
Fico Roberto , Presidente ... 26

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 10.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati. Comunico altresì che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Audizione di rappresentanti di ADRAI – Associazione Dirigenti RAI.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di ADRAI, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Questa audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo Contratto nazionale di servizio 2013-2015. Cedo quindi la parola al dottor Lorusso Caputi, che riferirà le valutazioni di ADRAI sul nuovo Contratto di servizio.

  ANDREA LORUSSO CAPUTI, presidente ADRAI. Onorevole Presidente, onorevoli membri della Commissione parlamentare di vigilanza, a nome dell'Associazione dirigenti RAI vi ringrazio per l'invito, che ci offre l'opportunità di esprimere le nostre considerazioni.
  Di servizio pubblico e di RAI si parla da decenni, il dibattito si intensifica e si incendia ciclicamente, ma continua a fondarsi su una limitata base di conoscenze e a rimanere quasi sempre limitato ad alcuni aspetti della questione. Le vicende e le polemiche delle ultime settimane sono emblematiche in tal senso. Si è discusso e si discute di singoli temi, tutti molto importanti e da cui non si può prescindere, ma che di per sé rappresentano solo singoli versanti, che invece andrebbero affrontati in modo sistemico, con una solida vision sul futuro, su cui costruire il servizio pubblico del prossimo decennio.
  L'evoluzione e lo sviluppo del dibattito in questa prospettiva è l'obiettivo che si è data l'ADRAI, l'associazione unitaria che rappresenta i dirigenti della RAI. Lungi dall'idea di chiudersi in una sterile quanto controproducente difesa corporativa, l'ADRAI intende proporre un metodo diverso, che parta dalla condivisione delle fondamentali dinamiche di scenario italiano ed europeo e sia totalmente focalizzato sull'essenza della questione, ossia come dovrebbe essere un servizio pubblico, la sua distintività e unicità. Un approccio che parte da un fondamento comune in Europa: il riconoscimento del ruolo essenziale del servizio pubblico ai fini della tenuta e dello sviluppo della democrazia, della coesione sociale, dell'identità culturale e della salvaguardia e del potenziamento del sistema audiovisivo nazionale. Già oggi, nonostante tutto sia ampiamente perfettibile, RAI offre un contributo unico in tal senso, a partire dall'insieme dell'offerta tv, radio e internet, tutti ambiti che, in assenza di RAI e di un editore di servizio pubblico dotato di risorse adeguate, verrebbero duramente colpiti, determinando un impoverimento e un Pag. 4arretramento complessivo del sistema e quindi del Paese. Tutto questo avviene grazie all'insieme dell'offerta proposta non più solo da RAI 1, RAI 2 e RAI 3, ma ora anche da RAI 4, RAI 5, RAI Movie, RAI Premium, RAI Storia, Rai Scuola, RAI News 24, RAI Sport 1 e 2, RAI Yoyò e RAI Gulp, e in più dal Televideo, da Radio RAI, dalle produzioni di RAI Cinema e dalla nostra offerta internet, realtà che presentano ampi margini di valorizzazione, un sistema di offerta al quale si stima che in una giornata si connetta il 77 per cento degli italiani.
  Per quanto riguarda l'audizione odierna, proporremo delle osservazioni sul testo del Contratto di servizio 2013-2015. In premessa, rileviamo una rimodulazione nettamente più chiara, che sistematizza meglio il Contratto di servizio nel suo complesso e finalmente un preambolo che esplicita i principi base del servizio pubblico.
  Il Contratto di servizio è un contratto atipico, visto che una parte della RAI, già vincolata a indirizzi fissati da Agcom e dalla stessa controparte negoziale, rappresenta una componente essenziale nel quadro di disciplina dell'attività di RAI e nel tempo il suo testo è stato modificato nella duplice direzione di imprimere una visione coerente con lo scenario di mercato e di incrementare, puntualizzandoli in modo sempre più netto, gli obiettivi assegnati alla concessionaria e i relativi obblighi e vincoli. Il testo relativo al triennio 2013-2015 si inserisce perfettamente in questa cornice, ma di fatto a nostro parere continua a non affrontare uno degli snodi (direi quello fondamentale) ancora irrisolti: la corrispondenza e la coerenza tra la missione assegnata alla RAI, che viene progressivamente arricchita di nuovi compiti, e le risorse pubbliche da canone, che vengono messe a disposizione per l'assolvimento della missione stessa.
  L'evasione del canone continua a essere molto alta, si stima coinvolga oltre il 25 per cento delle famiglie italiane, con un mancato gettito per RAI di almeno 5-600 milioni di euro annui. Non è però mai stata messa in campo una reale volontà di contrastare questo fenomeno, che rende il nostro Paese quello con il canone tra i più bassi e al contempo il più evaso, con una conseguente, significativa dipendenza del servizio pubblico da risorse commerciali, in particolare pubblicitarie. Il tema, che certamente non è nuovo, rimane dunque ancora aperto e ci preme ribadire l'evidente asimmetria rispetto al piano della definizione del mandato delle obbligazioni che vengono assegnate alla RAI, asimmetria che pone la situazione del servizio pubblico in Italia su una dimensione non coerente ai principi definiti in sede europea, a partire dal Protocollo di Amsterdam e dalle stesse previsioni inserite nel nostro ordinamento.
  L'altro aspetto nodale su cui vorremmo focalizzare l'attenzione riguarda la novità introdotta in questo testo, peraltro sulla base delle linee guida definite da Agcom circa un anno fa, relativamente all'obbligo di rendere riconoscibili i programmi dei cosiddetti «generi predeterminati di servizio pubblico», mediante segnalazioni all'utenza anche durante la messa in onda. Riteniamo questa previsione (vorrei dirlo con estrema chiarezza) molto problematica per una serie di ragioni.
  Partiamo da un dato incontrovertibile: il testo unico sui servizi media audiovisivi stabilisce il principio secondo cui «la concessionaria offre nella sua globalità una programmazione di servizio pubblico radiotelevisivo».
  Le linee guida approvate dall'Agcom e lo stesso testo del Contratto di servizio 2013-2015 rafforzano ulteriormente questo concetto, stressando il principio che il servizio pubblico si risolve nella complessiva offerta televisiva, radiofonica e on line, che deve essere nella sua interezza ispirata a determinati valori e obiettivi. Questo è un principio ineccepibile, peraltro diffuso in tutta Europa, che mette al centro innanzitutto il come debba essere un servizio pubblico, salvo poi dettagliare obbligazioni specifiche su cosa debba fare. Al tempo stesso, però, le stesse linee guida dell'Agcom e di conseguenza il testo del Contratto di servizio introducono quell'obbligo di riconoscibilità dell'offerta dei generi Pag. 5predeterminati di servizio pubblico codificati nel Contratto di servizio come se solo in questi si risolvesse il complessivo mandato pubblico. Una previsione quest'ultima non certo nuova, in quanto introdotta a seguito della cosiddetta legge Gasparri, da cui è derivato l'obbligo di applicare un coerente schema di contabilità separata, che tuttavia ha una finalità del tutto diversa, ossia innanzitutto quella di attestare l'inesistenza di sovracompensazioni eccessive da parte delle risorse pubbliche, che vadano a finanziare illecitamente attività estranee al servizio pubblico e vietate in quanto configurerebbero aiuti di Stato.
  Nei fatti, però, qualora fosse adottato questo stratagemma visivo si ingenererebbe un meccanismo perverso, in base al quale al principio formale dell'unitarietà dell'offerta editoriale proposta complessivamente dalla concessionaria, che include dunque anche generi diversi da quelli «predeterminati» quali ad esempio l'intrattenimento, si sostituirebbe perfino nella percezione degli utenti quello della scomposizione del mix di offerte in due grandi blocchi: il blocco riconducibile al servizio pubblico, i generi predeterminati, finanziato con il contributo del canone, e il blocco commerciale, gli altri generi, finanziabile solo con risorse commerciali a partire da quelle pubblicitarie. Si tratta di due componenti che viaggiano nella stessa cornice, rappresentata dall'insieme dei palinsesti lineari e non lineari proposti al pubblico. Parlando di offerta televisiva, il palinsesto di ciascuno dei canali RAI è come se fosse composto da componenti di servizio pubblico e componenti commerciali. Quando ad esempio RAI 1 programma una fiction di produzione, un programma informativo o una partita della nazionale, sta proponendo un'offerta di servizio pubblico; quando la stessa RAI 1 programma uno show il sabato sera, starebbe proponendo, secondo l'interpretazione che verrebbe autorizzata dallo schema del nuovo Contratto di servizio, un'offerta commerciale. Sarebbe questo il caso di un programma come Ballando con le stelle, programma basato su un format proprietario di BBC, proposto sul canale BBC One e considerato, come qualsiasi altro programma proposto da quel canale e da tutti gli altri canali del servizio pubblico del Regno Unito, a tutti gli effetti parte del perimetro di offerta del servizio pubblico.
  Giova ricordare come per la stessa BBC e tanti altri servizi pubblici europei l'intrattenere e dunque l'offerta di programmi e servizi di intrattenimento sia parte integrante e qualificante della missione codificata del quadro normativo regolamentare. L'equivoco sul modello di separazione contabile, che è esclusivamente finalizzato a scongiurare il rischio che le risorse pubbliche finanzino attività commerciali, il che, malgrado le previsioni della legge, non è neppure servito per la determinazione dell'importo unitario del canone, verrebbe ulteriormente ampliato dall'obbligo di riconoscibilità di questi programmi.
  Tornando al tema, lo stratagemma visivo è per noi palesemente contraddittorio, in quanto sancirebbe definitivamente, sia per i cittadini sia per il sistema politico mediatico, la scissione dell'offerta RAI in due componenti, quella di servizio pubblico e quella commerciale. Una situazione che, come rilevato, ribalterebbe il principio di unitarietà dell'offerta di servizio pubblico, sancito dal testo unico e ribadito in alcuni importanti passaggi delle linee guida Agcom e del testo del Contratto di servizio 2013-2015. Ci porteremmo inoltre su un piano distante dagli altri servizi pubblici, accentuando fortemente la dimensione delle nostre anomalie nel panorama europeo. In ultimo, tale previsione rischia di porre una seria ipoteca sulla concezione futura del servizio pubblico nel nostro Paese. Non si mette certo in discussione il fatto che legittimamente e in modo condivisibile si chieda a RAI di dedicare larga parte della propria offerta a certi generi puntualmente codificati. È quello che accade anche in altri Paesi, magari sulla base di logiche e approcci molto diversi, che vanno nella direzione di prevedere obbligazioni anche molto puntuali. Ad esempio, il servizio pubblico Pag. 6televisivo francese, France Télévision, deve trasmettere almeno un programma culturale al giorno in prima serata, a scelta tra i seguenti generi: spettacoli dal vivo, programmi musicali, rubriche, documentari culturali ed educativi, eventi culturali speciali, fiction quali adattamenti letterari, biografie, ricostruzioni storiche. Rifocalizzandoci sul nostro impianto normativo, quello che si ritiene ancora una volta contraddittorio è che sia solo una parte, pur importante e qualificante, dell'offerta RAI a venire considerata l'unica rispondente al mandato di servizio pubblico e l'unica a poter essere finanziata dal canone. Se riconoscibilità deve esserci, questa dovrebbe riguardare, in linea con lo spirito del testo unico, tutta la programmazione del servizio pubblico e non solo una sua parte, o in ogni caso, a vera garanzia dell'utente, dovrebbe procedersi in senso inverso, assicurando che, ancorché finanziati dalla pubblicità, i relativi programmi siano comunque in tutto e per tutto di servizio pubblico. A tale proposito, a nostro parere si è già imboccata la strada giusta: l'attuale vertice aziendale nelle parole pronunciate dalla presidente e dal direttore generale davanti a questa Commissione lo testimoniano, ma riteniamo che lo testimonino ancora di più le novità, per sottrazione o addizione, della nostra offerta.
  In sintesi, la RAI è per legge concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, è titolare di un'unica concessione esclusivamente di servizio pubblico e di conseguenza lo è la sua intera programmazione. Lo Stato ha scelto per il suo finanziamento un sistema duale, composto da risorse provenienti da canone e da pubblicità. Sono entrambe le fonti che congiuntamente finanziano il servizio pubblico e quindi tutta la programmazione.
  Queste nostre riflessioni sono coerenti con la legislazione italiana e comunitaria. L'ADRAI ha predisposto una breve nota giuridica, che lasceremo agli atti della Commissione.
  Da ultimo, vogliamo richiamare la vostra attenzione su altre due novità introdotte nel testo del Contratto di servizio, ossia la quota minima di programmazione (40 per cento) che a regime ciascun canale televisivo semigeneralista e tematico dovrà dedicare ai generi predeterminati di servizio pubblico, e il divieto di pubblicità su programmi e canali per bambini in età prescolare. Riteniamo che la quota del 40 per cento introdurrebbe elementi di rigidità in alcune scelte editoriali, che si inseriscono in un quadro di progettualità editoriale multicanale e multigenere che nel suo insieme si ispira ai principi del servizio pubblico.
  L'introduzione del divieto di raccolta pubblicitaria su programmi e canali per bambini in età prescolare è un principio di tutela dei più piccoli, al quale, come già dichiarato dal presidente e dal direttore generale, ci adegueremo volentieri, anche se produrrà inevitabilmente un problema economico. Valutiamo però che sarebbe opportuno studiare la possibilità di estenderlo a tutta l'emittenza.
  Nel Contratto di servizio manca la sottolineatura di una delle principali caratteristiche strutturali della RAI, che troppe volte è trascurata e considerata come un costo o addirittura un lusso che non ci si può più permettere, la presenza locale e internazionale, che invece ci permette di raccontare e valorizzare i territori del nostro Paese e il mondo, portando nelle case degli italiani una prospettiva tridimensionale, che include il locale, il nazionale e l'internazionale. A tale proposito, non debbo certo ricordare a voi, così attenti alle istanze del territorio, lo straordinario successo di Buongiorno Regione, che ha avuto un ascolto medio nell'anno passato di quasi il 15 per cento, con picchi del 40 per cento in Valle d'Aosta e Basilicata, tra il 20 e il 25 per cento in Liguria, Trentino, Toscana, Abruzzo, Friuli, ma dati positivi in tutta Italia.
  Partendo dunque dall'assunto che un editore di servizio pubblico sarà indispensabile anche in futuro, i punti cruciali su cui lavorare diventano di fatto due: i principi e i valori di riferimento che ne dovrebbero guidare l'operato, l'impianto normativo regolamentare con l'obiettivo di Pag. 7garantirne l'indipendenza, la distintività e la sostenibilità economico-finanziaria.
  Su entrambi i livelli si può, anzi forse si deve lavorare, partendo anche da quanto di buono è stato fatto a livello europeo. L'ADRAI auspica quindi che il legislatore operi non per archiviare o comprimere il servizio pubblico, ma per rilanciarlo e migliorarlo sensibilmente, definendo una disciplina che assicuri quello che è assente o carente nell'attuale quadro, chiarezza e limpidità della missione assegnata. Come sottolineato recentemente dalla presidente Tarantola nella sua lectio magistralis all'Accademia dei Lincei, tale missione è orientata a informare, intrattenere, educare e interconnettere i cittadini nel miglior modo possibile, attraverso i vari media e piattaforme, un coerente sistema di finanziamento, un sistema di governance che garantisca la massima indipendenza accountability.
  Si apre ora finalmente un'importante finestra (penso al rinnovo della concessione), nella quale questi ragionamenti possono essere sviluppati e tradotti in un nuovo assetto normativo regolamentare, che ancori il servizio pubblico al futuro. Tutti possono e devono fare la propria parte in questo processo e l'ADRAI è pronta a dare il suo contributo, forte dell'esperienza, delle professionalità e della conoscenza dell'azienda e del contesto in cui opera. Siamo certi che altrettanto vorrà fare il Parlamento e in particolare la Commissione parlamentare di vigilanza.
  Vorremmo chiudere con una citazione dal senatore Zavoli, figura altamente rappresentativa della RAI e di questo Parlamento. In occasione del suo novantesimo compleanno, celebrato in RAI alla presenza del Presidente Napolitano, sottolineò come fosse la prima volta che un Presidente della Repubblica, figura che la Costituzione individua quale rappresentante dell'unità nazionale, entrava nella sede del servizio pubblico, e con l'eleganza che gli appartiene si rammaricò che RAI avesse sofferto di questa distanza.
  La traduzione di questi principi generali in impegni chiaramente espressi sarà lo sforzo che insieme, o meglio auspicabilmente se lo riterrete anche con il nostro contributo, dovrete compiere. Auspichiamo che questa Commissione sia vicina alla RAI nel modo più adatto, affinché RAI nel modo a sua volta più appropriato possa essere sempre più utile al Paese.

  SALVATORE MARGIOTTA. Ho apprezzato la relazione del presidente dell'ADRAI, che credo abbia centrato una serie di problemi, in primo luogo quello del cosiddetto bollino, su cui non mi soffermo perché mi pare che le considerazioni espresse siano assolutamente chiare ed esaustive, ed è interessante per questa Commissione acquisire il parere dell'ADRAI su un argomento sul quale sta emergendo un vivace dibattito all'interno della Commissione stessa. Sarà uno degli aspetti fondamentali della discussione che faremo, ma a me pare che il bollino metta subdolamente un'ipoteca sul servizio pubblico: credo invece al principio di unitarietà del servizio pubblico, esattamente nei termini in cui lei lo ha esposto.
  Una domanda invece riguarda il potenziamento delle redazioni regionali, non solo quelle di informazione, ma anche di produzione, all'interno di un ragionamento sulla razionalizzazione delle redazioni che mi pare sia assente nel Contratto di servizio. La RAI è l'unica emittente nazionale in grado di presidiare l'informazione e la programmazione regionale, ma il decentramento ideativo e produttivo non è mai decollato e al momento sembra più un onere che una risorsa. Su questo c’è da lavorare molto e credo che già nel Contratto di servizio ci si possa pensare. Ci sono ad esempio circa trenta edizioni giornaliere di TG e contemporaneamente un canale RaiNews, per cui ci chiediamo come coordinare questa offerta con quella delle redazioni regionali che svolgono un duro lavoro sul territorio.
  La terza notazione riguarda la cosiddetta carta di identità RAI. ADRAI ha aderito all'idea di lanciare un concorso tra gli studenti, impegnandoli a riscrivere la carta d'identità della RAI, ma, a parte questa singola iniziativa, vorremmo conoscere Pag. 8l'opinione di ADRAI sulla necessità, che il Contratto di servizio sottolinea, di aprire una grande consultazione dei cittadini un po’ come avvenuto per la BBC. La prima, grande discontinuità sul rinnovo del Contratto di servizio sarebbe proprio quella di aprire la discussione ai cittadini, che sono i veri proprietari della RAI, con l'obiettivo di costruire il nuovo servizio pubblico, che porti la RAI alla sfida del 2016 per il rinnovo della concessione. Nella sua conclusione evidenziava opportunamente un dato che non deve sfuggire, e cioè che il Contratto di servizio è sostanzialmente l'ultimo prima del rinnovo della concessione nei modi che il Parlamento deciderà. Sotto questo profilo, forse si richiederebbe a tale Contratto di servizio un'ambizione in più, quella di chiudere una fase e di aprirne una successiva. Non vorrei che si perdesse un'occasione, non arricchendo il Contratto di servizio di spunti che guardino anche al futuro, oltre che a questa ultima fase della vecchia concessione.

  FEDERICO FORNARO. Desidero ringraziare per il contributo che sarà importante nella discussione della Commissione sul Contratto di servizio. Vorrei riprendere solo due aspetti.
  Avete fatto cenno alla questione del canone e dei problemi legati all'evasione, per cui vorrei chiedere se abbiate fatto qualche riflessione ed elaborazione anche su possibili sistemi innovativi alla struttura attuale del cannone.
  Riprendendo il tema del bollino e apprezzando i riferimenti a esempi di altri servizi pubblici europei, vorrei chiedere al Presidente Fitto se possa essere utile al nostro lavoro realizzare una sorta di comparazione tra le varie aziende europee sui temi della percentuale di programmazione e del bollino, per sintetizzare quali vincoli vengano posti alle aziende dai Contratti di servizio. Credo che questo schema potrebbe esserci utile per il lavoro futuro, senza concentrarci soltanto sulla questione del bollino.

  PRESIDENTE. Possiamo fare una comparazione dei servizi pubblici, ma per realizzare un lavoro più agevole sarebbe opportuno individuare i temi da comparare, come quello dei vincoli.

  ALBERTO AIROLA. Si cita spesso la BBC come modello virtuoso di servizio pubblico televisivo, e le qualità che contraddistinguono la produzione e il rapporto tra pubblico e palinsesto tv sono legate anche alla trasparenza, che è un argomento molto importante per noi del Movimento 5 Stelle e di tutta la Commissione vigilanza, ma purtroppo spesso incontriamo delle resistenze. Sarebbe utile, come succede per la BBC, conoscere le specifiche dei dirigenti, la quantità, il rapporto tra dipendenti e dirigenti in RAI e soprattutto le competenze, che sono basilari per far funzionare bene l'azienda e garantire un buon servizio pubblico. Vorrei sapere quali sistemi utilizziate per monitorare la reputazione dell'azienda e la rotazione dei dirigenti. Riteniamo infatti che alcune posizioni vengano occupate da molto tempo e che sarebbe opportuna una rotazione.
  Sui dati di ascolto sono da osservare sicuramente i buoni risultati, ma anche da sottolineare risultati deludenti su alcuni programmi che continuano a essere mandati in onda pur avendo delle percentuali di ascolto molto basse. Sarebbe opportuno avere anche il curriculum vitae dei principali dirigenti, che hanno la responsabilità della gestione di alcuni comparti come RAI Cinema o RAI Fiction.

  AUGUSTO MINZOLINI. In merito al dibattito di questi giorni sono rimasto molto perplesso, perché ho grande rispetto della Gabanelli, ma in seguito dovremo affrontare il tema del servizio di ieri sulla vicenda dell'onorevole Brunetta, parlo sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Potremmo trattare le questioni sull'ordine dei lavori, compresa quella che intende porre il senatore Ranucci, tra le due audizioni.

  AUGUSTO MINZOLINI. L'unica cosa che vorrei chiedere riguarda un tema che Pag. 9avevo già posto all'inizio dei lavori della Commissione. Continuano a esserci diverse assunzioni esterne alla RAI e normalmente sempre di dirigenti, per cui vorrei chiedervi se all'interno delle conoscenze e delle esperienze dei tanti dirigenti RAI non si possano individuare personalità in grado di svolgere quel tipo di lavoro, che invece purtroppo viene richiesto all'esterno.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Vorrei rassicurare il senatore Minzolini che non c’è alcuna intenzione di evitare la richiesta sull'ordine dei lavori, perché anche il senatore Ranucci ne voleva porre una, ma l'abbiamo pregato di intervenire tra le due audizioni.
  Ringrazio l'ADRAI per la relazione del dottor Lorusso Caputi e la documentazione allegata che guarderemo con interesse sui profili di carattere tecnico-giuridico, che credo sia molto utile alla nostra discussione, anche perché mi sembra, Presidente, che dall'audizione di oggi come da quella dell'Usigrai stia emergendo con grande forza il tema del «bollino», termine utilizzato dai giornali. Mi sembra che su questa vicenda dei generi predeterminati la scelta di non includere l'intrattenimento infranga anche la regola aurea della BBC per cui servizio pubblico è educare, informare e divertire, quindi l'intrattenimento fa parte del servizio pubblico. Questo tema è stato posto con grande chiarezza e credo sia un terreno di necessario approfondimento, e peraltro oggi c’è stato fornito un esempio di scuola, ossia un programma come Ballando sotto le stelle, che rientra nella programmazione di RAI 1, ma secondo il Contratto di servizio non dovrebbe essere considerato come genere predeterminato, quindi servizio pubblico, mentre la BBC lo manda in onda all'interno della propria programmazione, nel complesso di servizio pubblico, perché il servizio pubblico è legato alla qualità e al complesso dei palinsesti che vengono offerti. Oggi abbiamo quindi un'ulteriore esemplificazione della delicatezza del tema.
  Da questo punto di vista, anche l'intervento del senatore Fornaro ci offre lo spunto per acquisire ulteriore materiale, per consentire a questa Commissione di fare fino in fondo il proprio dovere di approfondimento, nel senso che mi sembra utile entrare in possesso di materiali che ci consentano raffronti comparativi con gli altri servizi pubblici europei, anche (ovviamente con la diversità normativa) rispetto ai vincoli introdotti nei rispettivi contratti di servizio o leggi equiparabili.
  Come Partito Democratico avevamo chiesto (e so che gli uffici sono in contatto per ottenerla) l'audizione del segretario generale dell'EBU, per cui, raccogliendo anche lo stimolo del senatore Fornaro, potremmo chiedere al segretario generale dell'EBU, che ci ha mandato quella lettera e dichiarato la sua disponibilità, di fornirci i materiali richiesti dal senatore Fornaro, che anch'io considero utili alla nostra discussione.

  MAURIZIO ROSSI. Innanzitutto vorrei chiedere al Presidente Fico di inserire nei dati che vogliamo raccogliere a livello europeo anche quelli relativi agli introiti pubblicitari, perché è interessante sapere quanto realizzi la televisione di ogni Paese con la pubblicità e quanto abbia a disposizione, perché a volte si dice che il canone è più basso, ma questo dipende anche da quanto una televisione di un altro Paese incassa di pubblicità. Questo è un rapporto che credo sia estremamente importante andare a leggere.
  Vorrei chiedere all'ADRAI quanti dirigenti rappresenti e conoscere la sua opinione sulla situazione che emerge dal piano industriale delle dieci testate giornalistiche che ci sono all'interno di RAI, a differenza della BBC che ne ha una sola centrale a livello nazionale, con tre sotto, una locale, una nazionale e una internazionale. Vorrei sapere quindi se non ritengano importante individuare un nuovo assetto delle testate giornalistiche.
  Si parla sempre di quello che succede negli altri Paesi, però mi chiederei anche quanti canali abbia il servizio pubblico francese e quanti invece il servizio pubblico Pag. 10italiano. Bisogna guardare la programmazione nella sua complessità e una volta si sarebbe guardata su tre canali, RAI 1, RAI e e RAI 3, mentre oggi diventa addirittura di sedici canali, con la possibilità che aumentino perché si dovrà fare RAI Expo e probabilmente altri canali di arte, quindi si rischia un'esplosione di costi dannosa per l'azienda. Lo dico non in modo polemico, ma con preoccupazione per il futuro della RAI, perché il problema a mio giudizio non è l'evasione del canone, bensì che, se oggi non leghiamo il canone a un'informazione all'utente sul servizio pubblico, nelle stanze della RAI e della Commissione di vigilanza possiamo anche dire che non è bello, ma secondo me sarà un boomerang pazzesco abolire il bollino blu, che è stato concordato tra Ministero e RAI nel Contratto di servizio. Se vogliamo chiedere di pagare il canone al maggior numero di italiani e soprattutto di continuare a pagarlo, evitando un aumento pesante, dobbiamo dire loro cosa è il servizio pubblico, quindi quello concordato tra il Ministero e la RAI e inserito nel Contratto di servizio è un sistema che in questi tre anni che ci separano dalla nuova convenzione del 2016, che non è un rinnovo, come ha chiarito bene Catricalà, evidenziando che dovrà passare una nuova legge dal Parlamento, permetterà agli italiani di capire cosa sia servizio pubblico o no, e quindi capire effettivamente nell'intera programmazione quello che ritengono giusto pagare.
  Nutro dei dubbi sul fatto che una partita dell'Italia sia servizio pubblico, perché nel momento in cui utilizzo il servizio pubblico per fare un programma che fa 12-15 milioni di ascoltatori e ci metto la pubblicità, si configura l'aiuto di Stato, quindi nel momento in cui la partita è alla RAI è servizio pubblico e dall'inizio alla fine non deve avere interruzioni pubblicitarie, altrimenti è facile comprare con i soldi del cittadino un prodotto e poi metterci la pubblicità ai più alti costi, e diventa una concorrenza sleale.
  Per quanto riguarda la BBC, come ho già detto la volta scorsa, in un articolo sul Daily Telegraph veniva contestato il rinnovo del canone alla BBC dai conservatori, veniva contestata l'enorme spesa nel contesto sportivo e in molti tipi di programmi. In merito a Ballando sotto le stelle, non si giudica un titolo, ma bisognerebbe avere i due programmi davanti e verificare come sia realizzato in Inghilterra e qui, se in Inghilterra vengano date 600.000 euro a un calciatore per ballare, altrimenti è difficile giudicare.
  Vorrei ribadire l'importanza di apprendere quanti dirigenti rappresentiate, se ritenete che si possano organizzare meglio le testate giornalistiche e considerare il bollino blu come un'opportunità per la RAI e non come un problema.

  GIAN MARCO CENTINAIO. Faccio una premessa: siamo favorevoli al bollino blu e anzi ne auspichiamo l'introduzione per una questione di chiarezza e di rispetto nei confronti di tutti i cittadini che pagano quella tassa erroneamente definita canone, perché sappiamo bene che il canone è un'altra cosa.
  Altrettanto chiara a nostro parere è una strategia. Dopo aver sentito le parole del dottor Gubitosi e del presidente di ADRAI, la strategia è quella di indebolire questo Contratto di servizio, perché, nel momento in cui si dice che tutti i programmi trasmessi in RAI sono programmi di servizio, ci chiediamo a cosa serva il Contratto di servizio, che dà delle indicazioni alla RAI e la possibilità di capire se quanto è programmato sia servizio pubblico o meno.
  Mi chiedo come si possa sostenere che trasmissioni come Ballando sotto le stelle, Affari tuoi, L'Arena, la trasmissione satirica Made in Sud e altre siano servizio pubblico. Con i miei collaboratori stiamo cercando di capire come si possano affermare cose del genere. È giusto che la RAI faccia trasmissioni di questo tipo, ma anche che vengano pagate attraverso la pubblicità, non attraverso il canone, perché non rientra in alcuna caratteristica del Contratto di servizio.
  Due domande velocissime. Avevo rivolto la prima al dottor Gubitosi, per sapere in base a quali criteri vengano Pag. 11effettuate le scelte su giornalisti e personaggi che compaiono in video, se esista un concorso come avviene altrove. Il dottor Gubitosi ha risposto che è responsabilità dei dirigenti, per cui vorrei chiedere ai dirigenti se concordino con l'affermazione del dottor Gubitosi o se invece ci dovrebbe essere meno arbitrarietà e qualche regola in più.
  Altra cosa che riteniamo importante, di cui abbiamo parlato anche la volta scorsa, ma che continuiamo a riproporre senza ottenere adeguate risposte, è la famosa richiesta di 1 o 1,5 miliardi di euro che la RAI ha fatto al Ministero, che dovrebbe essere la differenza tra quanto viene fornito dal canone e quanto viene programmato dal servizio pubblico. La presidentessa Tarantola ci ha detto di esserne al corrente, ma che a questo Governo non era stata fatta tale richiesta, per cui ci chiediamo a cosa serva intimare al Ministero questo pagamento e perché si chieda questa cifra, se quanto viene programmato in RAI è servizio pubblico e non ci deve essere differenza tra quanto pagato con il cosiddetto canone e quanto programmato. Anche in questo caso vorremmo conoscere la vostra opinione su questa cifra che la RAI ha chiesto o sta chiedendo.

  ANDREA LORUSSO CAPUTI, presidente di ADRAI. Grazie dell'attenzione e delle domande che sono molte e a cui spero di riuscire a rispondere rapidamente.
  Sarebbe complicato e lungo, senatore Margiotta, fare la storia della terza rete RAI, che nasce, come molti di voi ricorderanno, come rete regionale e tra l'altro lo è anche dal punto di vista tecnico, anche se poi l'Italia non si può dividere in maniera precisa con i confini delle Regioni. All'inizio la terza rete nasce con strutture di programmazione locali, poi per motivi che il Parlamento conosce molto meglio di me, tutto questo si è andato perdendo. Abbiamo effettuato una serie di confronti e abbiamo anche documentazione sulle situazioni negli altri Paesi europei, dati che provengono dall'EBU, che potremo trasmettere successivamente alla Commissione perché sono dati ufficiali, e sui quali abbiamo lavorato.
  La necessità di utilizzare il servizio pubblico a livello ideativo e produttivo, come diceva il senatore Margiotta, è un'esigenza in un quadro politico cambiato che certamente anche noi condividiamo. Da questo punto di vista, è anche cambiata la struttura dell'informazione. Chi ha i capelli bianchi aspettava il TG delle 20.000 per avere notizie, mentre oggi le notizie si conoscono tutte prima, quindi il canale All News anche dedicato alle situazioni locali, e un'integrazione, potrebbe essere effettivamente un modo nuovo e diverso di pensare al servizio pubblico. Il costo di tutto questo non è in alcun modo recuperabile dal punto di vista della pubblicità, perché la pubblicità non è nell'informazione e comunque la RAI non può raccogliere pubblicità a livello locale, quindi è servizio pubblico assolutamente puro.
  D'accordissimo sulla nuova carta d'identità della RAI. La RAI nasce nel 1954, di anni ne sono passati molti, la riforma più importante è del 1975, quindi stiamo parlando di quasi quarant'anni fa, per cui probabilmente è il momento di ripensare al servizio pubblico.
  L'ho detto con affetto nei confronti della RAI: cambiamola, ma non comprimiamola, perché questo non sta succedendo in nessun paese europeo. Cambiamenti ce ne sono dappertutto ma negli altri Paesi europei il finanziamento pubblico pro capite per il servizio radiotelevisivo, inteso nel suo complesso, parte da 124 euro per abitante, quindi compresi i neonati, in Norvegia, la stessa cifra in Svizzera, 90 in Germania, 76 nel Regno Unito, 70 in Austria, 47 in Francia, 46 in Olanda, 41 in Irlanda e 28 in Italia.
  Questo avviene al contrario con l'ascolto: la RAI ha l'ascolto più alto tra i servizi pubblici europei significativi, quasi al 40 per cento nel 2012 per l'intera giornata, BBC è al 33,6, France Télévision al 30,2, RTVE al 18,9 e ZDF al 15,5. Tra l'altro, sottolineerei che il caso tedesco è molto interessante, perché la regionalizzazione Pag. 12sotto tutti i punti di vista, anche dal punto di vista del finanziamento dei Länder, è fortemente significativa.
  Grazie nuovamente al senatore Margiotta per la sottolineatura del fatto che questo è l'ultimo Contratto di servizio – era in filigrana nel mio intervento. Siamo preoccupati di questo, perché non ci sarà il tempo di un altro Contratto di servizio prima della discussione sul rinnovo della concessione. Credo quindi che sia un'occasione importante, e ci sono documenti che risalgono a quasi tre anni fa, all'inizio di questo direttivo dell'ADRAI, nominato nel 2011, che sottolineavano la necessità di aprire il dibattito sul rinnovo della concessione, evidenziando in particolare il sistema inglese, che è fortemente trasparente, con un'ampia discussione, ed è vero ciò che è stato detto, ovvero che questa volta non sarà così semplice neanche per BBC.
  Tutti i servizi pubblici hanno problemi, perché ovviamente il forte aumento dell'informazione induce il cittadino a chiedersi se pagare a parte il servizio pubblico. È però compito della politica e non di chi lavora in RAI capire questo, e il dibattito non potrà che essere utile a tutti per spiegare meglio il servizio pubblico ed eliminare una serie di scivolate, in quanto talvolta anche in RAI la pubblicità è stata un elemento fondamentale.
  Un altro grafico interessante evidenzia come la RAI abbia la più alta percentuale di pubblicità sul totale degli introiti, mentre, a parte BBC che come pubblicità è zero (ha solamente delle revenues dal punto di vista dell'attività commerciale), France Télévision è al 14 per cento, la ZDF al 7 per cento e RAI al 32 per cento. Questo 32 per cento è già un numero più basso perché, malgrado l'ascolto sia rimasto molto alto e in questi anni RAI abbia ulteriormente allargato la forbice rispetto al principale competitor privato, contemporaneamente la pubblicità è andata invece calando in misura maggiore all'interno di una crisi complessiva del sistema, perché è noto che la pubblicità è scesa proprio come investimento delle aziende. Tra l'altro, si afferma che la prima cosa che si taglia è la pubblicità e l'ultima le assicurazioni, perché possono sempre essere utili nella fase finale dell'azienda.
  Canone ed evasione. Forse per fare un approfondimento a livello europeo possiamo fornire un aiuto alla Commissione. All'estero c’è certamente una maggiore propensione generale a pagare le tasse, che è meno radicata nel nostro Paese, e quindi questo è un problema generale.
  Anche in Paesi in cui si pagano le tasse il canone viene pagato con sistemi che non lasciano «scampo» all'utente: in Francia si paga insieme alla tassa sulla casa, in Inghilterra girano per le città dei pulmini attrezzati che individuano l'eventuale antenna in grado di prendere il segnale quando a quell'indirizzo non risulti nessuno che paga il canone. Anche gli inglesi quindi che sono sicuramente molto più attenti, utilizzano un sistema per individuare gli evasori.
  Monitorare la corporate reputation: c’è stato uno studio su questo e chiederemo ai vertici aziendali di fornirlo. RAI ha una corporate reputation migliore tra gli italiani di quanto non potrebbe apparire leggendo sui giornali le varie polemiche. Non solo non siamo contrari alla trasparenza ma, se c’è un'azienda che ha trasparenza sui giornali e una capacità di comunicare all'esterno tutto ciò che avviene, probabilmente è RAI.
  Le nostre nomine interne finiscono sui giornali prima di essere fatte e sicuramente dopo le conoscono tutti e non c’è bisogno di un comunicato stampa, quindi mi sembra che sia molto trasparente.

  ALBERTO AIROLA. A noi interessa sul sito della RAI, non sui giornali.

  ANDREA LORUSSO CAPUTI, presidente di ADRAI. Arrivavo anche a questo. La struttura della RAI è sul sito e forse vi sarà sfuggito, ma nel sito RAI c’è stata un'innovazione del direttore generale alla quale ci siamo dichiarati assolutamente concordi proprio come Associazione dei dirigenti.
  Da qualche tempo, per qualunque ricerca di spostamenti di personale, che sia Pag. 13il personale che deve andare a lavorare all'Expo o quello di individuare i giornalisti interessati a fare i corrispondenti dall'estero, si utilizza il job posting messo sul sito rivolto all'interno (poi c’è il sito esterno che lavora con noi) e si comunica l'intenzione di potenziare una struttura o di rinnovarla e fare dei cambiamenti, quindi tutti possono mandare il loro curriculum.
  Alla fine deciderà il direttore generale nell'ambito dei suoi poteri, però mi sembra che questo sia un significativo elemento di trasparenza, perché sarà più difficile ignorare un ottimo curriculum e come dirigenti siamo assolutamente favorevoli.
  I risultati deludenti vanno sempre valutati con ponderazione, ma, se faccio un programma che dovrebbe avere un grandissimo ascolto con caratteristiche che a qualcuno potrebbero anche non piacere, ma fa un pessimo ascolto, è un risultato deludente. Ricorderete la polemica dell'allora presidente Siciliano per aver imposto in prima serata a RAI 1 l'opera lirica, che ebbe un ascolto deludente. Lì sarebbe opportuno fare un esame, perché quando abbiamo l'ascolto di un milione di persone abbiamo un ascolto televisivo deludente, mentre quando pensiamo di confrontare quel dato con quanti vanno all'opera, abbiamo un ascolto e una presenza certamente straordinari. Il meccanismo dei dati di ascolto, come ricorderete, nacque unicamente ai fini della pubblicità: gli inserzionisti pubblicitari si preoccupano molto di più del dato di ascolto degli spot all'interno della trasmissione, mentre dell'ascolto alto non gli importa nulla; esso andrebbe però ponderato dal punto di vista del servizio pubblico.
  Mi sembra che nell'intervento che l'ADRAI ha collettivamente preparato ci fosse la grande dipendenza dalle revenues pubblicitarie a causa del canone più basso e più evaso di Europa, dipendenza che ha posto RAI nella condizione di avere questo strabismo, che la portava da una parte a dover fare servizio pubblico e dall'altra a tener conto del risultato perché la pubblicità è importante. Riteniamo che sia il momento di ragionare approfonditamente su questo, che è stato un elemento distorsivo.
  Per quanto riguarda le assunzioni esterne in ruoli di dirigenti, come Associazione dirigenti, il senatore Minzolini che ben conosce la RAI, sa bene che non è nuovo l'ingresso di professionalità dall'esterno, come non è nuovo in nessuna azienda che vuole stare sul mercato. L'Associazione dirigenti ha sempre fortemente sottolineato (e da questo punto di vista ribadisco che il job posting possa essere un elemento importante) il fatto di aprire sia all'interno sia all'esterno per le posizioni che si rendono vacanti o che si intende rinnovare. Abbiamo sempre sostenuto che ci deve essere l'impegno di tutti i dirigenti, perdendo la vecchia abitudine di mettere i dirigenti a disposizione, quindi prendere qualcuno e metterne un altro, ancorché pagato, senza far nulla. Cito un piccolo aneddoto solo per curiosità: da un verbale della radio immediatamente dopo la liberazione, il primo punto all'ordine del giorno del nuovo consiglio di amministrazione era la «ricollocazione di dirigenti senza incarico», quindi evidentemente si tratta di un problema molto risalente nel tempo. Su questo abbiamo ribadito in tutte le occasioni che prima di tutto vanno impegnate le risorse interne. Anche su questo, per quanto riguarda non solo i dirigenti ma complessivamente tutte le professionalità, sentiamo fortemente l'inversione di tendenza. Ieri ho sentito che al Presidente Fico non piace il programma Tale e quale, ma, al di là del gusto personale, i truccatori che lavorano in Tale e quale sono dipendenti della RAI e fanno un ottimo lavoro.

  PRESIDENTE. Questo è auspicabile per tutte le trasmissioni RAI.

  ANDREA LORUSSO CAPUTI, presidente di ADRAI. In questi ultimi due anni questa soluzione è stata fortemente voluta e quest'anno tutti i centri di produzione lavorano con un ritmo molto diverso dal passato, fatto estremamente positivo.
  Ovviamente l'azienda ha tutti i curricula dei dirigenti, non vanno chiesti all'Associazione Pag. 14dei dirigenti che non ha problemi da questo punto di vista, ma la pubblicità di qualunque cosa va chiesta ovviamente ai vertici aziendali.
  Sul tema del bollino, onorevole Peluffo, credo che sarà molto utile ascoltare il segretario generale dell'EBU, perché la lettera che ha mandato alla presidente Tarantola era molto puntuale e molto preoccupata, perché questa spaccatura del servizio pubblico è pericolosa. Ribadisco a chi si è dichiarato favorevole al bollino, come il senatore Centinaio, che non siamo favorevoli perché vorrebbe dire plasticamente spaccare, per cui chiederemmo a tutti voi di ragionare.
  Tornando alla BBC, questa ha un sistema che sarebbe interessante anche per la Commissione conoscere meglio dal punto di vista della governance. Il direttore generale e il board dei direttori gestisce l'azienda, BBC trust è esterno e, anche se non ha una costituzione strettamente parlamentare, è in qualche modo nominato dalla politica, quindi in un certo simile alla Commissione parlamentare di vigilanza, e dà indicazioni molto puntuali. Quando BBC intende fare un nuovo canale deve chiedere il permesso e BBC trust può anche rispondere che non ritiene debba essere fatto. Non stiamo chiedendo meno, ma stiamo chiedendo un aiuto, che però deve andare al meccanismo di finanziamento perché, se il meccanismo è strabico, è difficile guardare dritto.
  Rappresentiamo circa 300 dirigenti non giornalisti su 310 (10 non sono iscritti), siamo un sindacato sui generis, per cui la dizione esatta è associazione, non sindacato.
  Troppe dieci testate perché la BBC ne ha una: farei un confronto più sulla quantità di informazioni, perché farlo sulle testate devia il ragionamento. Ricordiamo che, se non vado errato, l'Albo dei giornalisti esiste soltanto in Italia e non mi pare che esista nel Regno Unito o in altri sistemi, però il problema non è l'entità delle testate quanto la quantità dell'informazione che andrebbe valutata meglio.
  Il futuro a mio parere è nelle news e nell'informazione locale almeno per quanto riguarda il servizio pubblico, però consentitemi di dire che questa domanda vada posta in maniera più pregnante ai vertici aziendali o eventualmente all'Usigrai.
  Legare il canone all'informazione all'utente è corretto, ma dovremmo dire meglio cosa facciamo, e mi lego alla domanda sulla richiesta di 1 miliardo al Ministero. Nella contabilità separata si individuano i prodotti finanziati dal canone, quanto ha messo la RAI di attività commerciale, laddove è stata la parte non direttamente riconducibile al servizio pubblico – che a nostro parere deve tendere a diminuire il più possibile – che ha finanziato l'attività di servizio pubblico.
  Torniamo quindi al problema della pubblicità perché, se la pubblicità è una revenue importante, si finirà per inserirla in particolare in quegli spazi a cui l'inserzionista pubblicitario è più interessato, cioè nei prime time. Questo porta come conseguenza che vediamo la RAI particolarmente sul prime time. Solo per inciso, i canali digitali tematici semigeneralisti ormai viaggiano intorno al 6-6,5 per cento di ascolto, quindi un ascolto significativo, ma nella vulgata popolare verrà dimenticato.
  Facciamo quindi molta più attività di servizio pubblico di quanta il canone ci consentirebbe di fare, siamo costretti a mettere la pubblicità di là e questa doppia strada è quasi un unicum europeo, in queste dimensioni è certamente un unicum dei grandi servizi pubblici.
  Ovviamente possiamo valutare come vogliamo se la partita dell'Italia sia o non sia un servizio pubblico, e in alcuni Stati tra le attività di servizio pubblico da preservare lo sport, specialmente a livello nazionale, non viene ceduto all'attività commerciale perché deve essere fruibile da tutti, tanto che per alcune attività sportive c’è l'obbligo, anche nel caso in cui dovesse comprarlo un privato, di trasmetterlo comunque in chiaro e non soltanto criptato.
  Siamo assolutamente d'accordo su questo, però ritorno al problema di prima: il canone basso, evaso, ha fatto crescere la pubblicità, per cui forse sarebbe ora di Pag. 15cambiare strada. Ha ragione il direttore generale: la responsabilità della scelta di chi va in video è dei dirigenti, che qualche volta fanno riferimento all'ADRAI, altre volte sono giornalisti, compiono scelte talvolta corrette, talaltre non condivisibili o criticabili. Se c’è però un luogo in cui queste scelte sono trasparenti, è nel caso di chi va in video, e il dirigente se ne assume la responsabilità anche rispetto ai risultati: sarà poi il vertice aziendale a valutare la correttezza di quella scelta.
  Nel campo della trasparenza, come ha detto la presidente Tarantola, se tutti avessimo il tempo di approfondire ciò che è sul sito internet della RAI, scopriremmo che una serie di notizie è già pubblica e conosciuta, quindi siamo meno oscuri di quanto sembra, ma non abbiamo alcun problema a dire che la trasparenza possa aumentare.
  Rispetto ai 600.000 euro di pagamento al calciatore che poi, se non sbaglio, non si fece più, su una cosa BBC è tetragona: non comunica a nessuno il costo delle star e degli artisti che lavorano per lei, perché questo potrebbe costituire una lesione della concorrenza e fornire al concorrente una serie di dati.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di ADRAI e dichiaro conclusa l'audizione.

Sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori do la parola al senatore Ranucci.

  RAFFAELE RANUCCI. Vorrei intervenire sull'ordine dei lavori su una trasmissione, su cui è stata fatta un'interrogazione, che coinvolge un equilibrio sia della RAI, sia di questa Commissione rispetto ad alcuni temi.
  La trasmissione Disordini è stata prodotta da RAI Educational, in onda su RAI 3. Disordini racconta sei storie tratte dall'esperienza del pronto soccorso pediatrico, quindi storie di emergenza, per sensibilizzare sul tema poco conosciuto dei disturbi psichici di adolescenti. Nonostante la loro preoccupante frequenza, i disturbi mentali in età evolutiva sono sconosciuti ai più, spesso per il pregiudizio che la malattia mentale sia esclusiva dell'età adulta. Troppo spesso la malattia mentale è ritenuta da genitori e pazienti qualcosa di cui vergognarsi o addirittura di cui sentirsi colpevoli.
  Queste sei storie, tratte da una lunghissima esperienza sul campo del primario di un pronto soccorso di un importante ospedale pediatrico, sono un contributo concreto per superare i pregiudizi e affrontare la realtà. I casi clinici sono affrontati alla luce delle linee guida e buone pratiche validate internazionalmente.
  Siccome l'interrogazione metterebbe in dubbio la bontà di questa fiction, ritengo invece importante che sia stata fatta e vorrei fare un appello a tutti quanti noi. Siccome si può intravedere in questo una contrapposizione su visioni diverse e nell'interrogazione, che è assolutamente rispettabile, viene evidenziato che anche su questi temi ci dovrebbe essere una specie di par condicio tra chi la vede in un dato modo, psicologi o psichiatri, considero importante che la RAI abbia fatto questo e credo che dovremmo tenerci fuori dalle contese che possono nascere dalla scienza e supportare chi invece ci fornisce dei contributi.
  Chiudo chiedendo, se possibile, visto che abbiamo parlato di informazione per quanto riguarda il contratto RAI, di audire anche il Presidente di EuroNews, l'ex Presidente della RAI Paolo Garimberti. Non so infine se Tale e quale le piaccia o no, Presidente, ma è un prodotto di successo della RAI, Carlo Conti è un grande professionista, è giusto che possa non piacere però, visto che dobbiamo sostenere la RAI, quando c’è un prodotto buono anche se non ci piace diciamo che ci piace in modo da sostenerlo.

  PRESIDENTE. L'intervista riguardava l'intrattenimento e ho detto che in generale l'intrattenimento non mi piace e si Pag. 16poneva il caso di Tale e quale: sottolineo che comunque si trattava dell'intrattenimento in generale.

  AUGUSTO MINZOLINI. Anch'io sarò breve. Ho molta stima della Gabanelli, però francamente il servizio trasmesso ieri sulle proprietà immobiliari dell'onorevole Brunetta mi ha lasciato perplesso, perché vi si afferma tranquillamente che non ci sono irregolarità. Tenendo conto che l'onorevole Brunetta negli ultimi mesi ha avuto un atteggiamento piuttosto attento sulle vicende RAI, per cui i giornali sono pieni di polemiche, non vorrei che sia stata inaugurata una nuova iniziativa della RAI di intervenire e di «intimidire» chi se ne occupa con maggiore attenzione. Io non ho problemi perché non ho proprietà immobiliari, però immagino che, se un membro della Commissione si trova ad avere un rapporto così e a meritarsi un servizio, non so dove arriviamo. Lo dico perché mi ha colpito che nel servizio si sottolineasse che non c'erano irregolarità.
  Secondo passaggio, che è anche collegato a questo problema: ho letto questa ipotesi di un accordo tra la RAI e il Meeting di Rimini di 700.000 euro per avere l'esclusiva. Francamente su un'ipotesi del genere sono estremamente a disagio, perché non si capisce quale sia la logica. La RAI è la più grande industria culturale di questo Paese e immaginare che compri l'esclusiva per determinati appuntamenti che non sono culturali o sportivi, ma hanno una valenza politica mi lascia perplesso, e comincio a chiedermi se in passato queste cose siano già avvenute nel caso di altre manifestazioni. Al di là della situazione economica che abbiamo letto oggi sui giornali (le vicende pubblicitarie sono quelle che sono, e credo andando avanti certe preoccupazione si moltiplicheranno), abbiamo sempre avuto da parte del direttore generale una sorta di affermazione di principio: la politica deve essere fuori dalla RAI, cosa che posso condividere anche se poi potremmo parlarne a lungo. Non vorrei però che questo concetto venisse sostituito da un'altra logica, cioè che la RAI fa politica, perché intervenire o dare contributi a questo o a quello di fatto è fare politica. Proprio per questo, trattandosi di un tema estremamente delicato, farò un'interrogazione su questo però vorrei riascoltare il direttore generale e soprattutto avere un elenco del tipo di contributi e sponsorizzazioni fatte finora dalla RAI su argomenti di questo tipo.

  GIAN MARCO CENTINAIO. Alla luce di quanto affermato anche dal dirigente, considerato che già la presidente Tarantola l'aveva evidenziato, vorrei avere un'audizione con il rappresentante della Corte dei conti nel consiglio di amministrazione della RAI, visto che questo miliardo esiste anche se, mentre lo stavo chiedendo, alcuni colleghi si guardavano meravigliati, per cui il rappresentante della Corte dei conti potrebbe spiegarci di cosa sta parlando il «matto» della Lega.

  PRESIDENTE. Anche di questo parleremo in Ufficio di Presidenza.

  GIAN MARCO CENTINAIO. Chiedo inoltre la possibilità durante le audizioni di prevedere domanda e risposta, perché in questo caso è stato risposto a tutto, ma in casi precedenti a me è capitato di aver fatto posto domande senza ottenere tutte le risposte, per cui devo fare delle interrogazioni. Visto che il direttore Gubitosi lamenta che gli arrivino troppe interrogazioni, potremmo adottare un diverso metodo di lavoro.

  LUCA D'ALESSANDRO. A integrazione di quanto detto dal senatore Minzolini, sono stato protagonista di una vicenda in quanto una delle precedenti puntate del programma della Gabanelli ha riguardato il senatore Denis Verdini. La Gabanelli ha fatto richiesta di intervistarlo dopo che per mesi ha intervistato parenti, amici, tutto lo scibile umano, abbiamo organizzato questa intervista nell'ufficio del senatore Verdini, il quale si è sottoposto a due ore e mezza di interrogatorio, nel corso del quale ha risposto puntualmente a tutte le domande (l'intervista era Pag. 17registrata). Il risultato è stato che, nonostante i giornalisti e la stessa Gabanelli avessero dichiarato che, dopo tanti dinieghi da parte di molta gente, quantomeno il senatore Verdini fosse ammirevole per le risposte date, la trasmissione è stata un linciaggio pubblico, in cui è stata trasmessa solo la frase, pronunciata con l'intercalare toscano del senatore Verdini: «questa è una puttanata» (scusate il termine), laddove poi spiegava perché fosse scorretto. Il problema è che è stata trasmessa esclusivamente la prima parte e non le spiegazioni, in modo da generare nel telespettatore l'impressione che non rispondesse ad alcuna domanda, mentre ha risposto a tutte. Abbiamo la registrazione, però questo modo di fare giornalismo stride, perché, se si chiede un'intervista di due ore e mezza ma si trasmettono solo i moccoli di una persona accusata, senza le spiegazioni tecniche, questo è assolutamente grave e scandaloso, e si capisce perché non si rilascino interviste. Potremmo quindi chiedere l'audizione della Gabanelli in Commissione vigilanza RAI, perché questo comportamento francamente è censurabile.

  PRESIDENTE. Ne parleremo nell'Ufficio di Presidenza a seguire.

Audizione di rappresentanti di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Partecipano all'audizione per la SLC-CGIL il dottor Massimo Cestaro, segretario generale, per la FISTEL-CISL il dottor Walter D'Avack, coordinatore nazionale emittenza pubblica, e per la UILCOM-UIL il dottor Ottavio Bulletti, referente nazionale Rai WAY. Questa audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo Contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Cedo quindi la parola al dottor Massimo Cestaro, segretario generale SLC-CGIL.

  MASSIMO CESTARO, segretario generale SLC-CGIL. Grazie per avere accolto la richiesta di essere auditi, in quanto per noi l'azienda RAI è una delle aziende più importanti.
  I sindacati della comunicazione rappresentano l'insieme dei lavoratori della produzione culturale, dai teatri fino al sistema audiovisivo, tutto il settore dell'editoria, dalla produzione della carta fino alla diffusione, passando per le nuove piattaforme digitali, tutto il settore delle telecomunicazioni, naturalmente il settore dell'emittenza pubblica e privata e, per quanto riguarda la SLC-CGIL, anche Poste e telecomunicazioni, che è la cosa che ci differenzia da CISL e UIL, che invece non hanno questa rappresentanza.
  Riteniamo di avere una visione d'insieme del sistema dell'informazione e della comunicazione e siamo molto attenti alle evoluzioni che riguardano questo settore, anche con riferimento alle nuove piattaforme digitali, che riguardavano non solo il sistema radiotelevisivo, ma anche il settore dell'editoria. Rispetto al tema RAI riteniamo innanzitutto che ci siano tre blocchi di questioni. Uno riguarda una governance di questa azienda che tenga fuori il più possibile la politica da ingerenze che hanno oggettivamente creato una serie di difficoltà. Il secondo ordine di problemi si chiama conflitto di interessi e la terza questione riguarda il tema della regolazione del mercato pubblicitario tra emittenza nazionale, emittenza locale e sistema editoriale, laddove quando parliamo di sistema editoriale parliamo anche delle nuove piattaforme digitali.
  Riteniamo necessario avere un impianto riformatore, che guardi il sistema dell'informazione e dell'editoria nel suo insieme, per cui francamente capiamo poco questa proposta di aumentare di 6 euro il canone RAI per sostenere l'emittenza privata locale. Dal nostro punto di Pag. 18vista o si fa un ragionamento di sistema sull'impianto che deve sostenere l'insieme dell'informazione, quindi il mercato pubblicitario e anche le forme di intervento pubblico che devono essere mantenute soprattutto per il sistema editoriale, quello più debole, oppure francamente questi 6 euro in più sul canone RAI ci convincono poco. Il terzo tema riguarda l'aspetto della produzione RAI. Sosteniamo da tempo l'esigenza che tutte le professionalità e le risorse interne alla RAI vengano utilizzate al massimo. Crediamo che un'azienda importantissima come RAI sia un crocevia di professionalità straordinarie. Naturalmente sarebbe un errore ritenere che tutta la produzione RAI possa essere svolta dalle risorse interne, perché l'azienda deve avvalersi di strutture e collaborazioni esterne.
  Se pensiamo ad esempio a tutta la parte cineaudiovisiva, la fiction o gli sceneggiati come si diceva una volta, non è pensabile che tutta quella produzione sia realizzata dalle risorse interne alla RAI. Tra l'altro, nel corso degli anni si sono costituite importanti strutture di produzione cineaudiovisiva, che ruotano attorno alla RAI, anche lì con straordinarie professionalità.
  Riteniamo necessario che ci sia un punto di equilibrio tra la valorizzazione delle risorse interne, quindi il massimo utilizzo degli impianti e delle professionalità, e un mondo di collaborazioni esterne, rispetto alle quali forse sarebbe utile qualche attenzione in più, perché purtroppo in quella parte di attività produttiva spesso riscontriamo forme di evasione contrattuale, evasione contributiva, evasione fiscale. È previsto un appuntamento annuale con la RAI che ancora non è stato fatto, per fare il punto sul sistema degli appalti.
  Abbiamo appreso con preoccupazione che all'interno del Contratto di servizio verrebbero identificati con il bollino blu i programmi sostenuti dal canone, diversificati quindi dal resto della produzione RAI. Anche questa ci sembra una cosa sbagliata e pericolosa, sbagliata perché chi si occupa di produzione audiovisiva sa benissimo che tirare una riga tra programma di informazione e programma di intrattenimento spesso è molto complicato.
  Consideriamo un errore dire che l'intrattenimento non sia collegato al ruolo di servizio pubblico, ma la cosa che ci preoccupa, oltre alla difficoltà tecnica di individuare una diversificazione di questo genere, che tra l'altro però è già prevista in sede di bilancio RAI, è che si rischia di avere una RAI in cui la realizzazione dei palinsesti sarebbe effettuata solamente con l'entrata del canone, cosa che riteniamo un percorso mirato all'indebolimento della RAI e non al suo rafforzamento. C’è una integrazione tra informazione, intrattenimento, fiction, che è una ricchezza di questa azienda che pensiamo debba essere assolutamente mantenuta.
  Con altrettanta preoccupazione abbiamo accolto l'ipotesi di togliere la pubblicità dai programmi dedicati ai più piccoli, cosa sulla quale siamo assolutamente d'accordo se fosse norma generale, perché sottrarre mercato pubblicitario a quel tipo di programmi e non prevedere un'analoga norma per quanto riguarda il resto del sistema televisivo e anche l'informazione su carta stampata e sulle piattaforme digitali è una cosa che non ci convince. Se infatti quella pubblicità è nociva, lo è a prescindere dal soggetto che la propone.
  Per quanto riguarda la salvaguardia e la tutela dell'immagine delle donne abbiamo ascoltato cose molto interessanti dalla presidente RAI, ma non troviamo un riscontro di quella impostazione all'interno del Contratto di servizio, quindi vorremmo che anche questa parte fosse maggiormente recepita.
  Ricordo che il 25 novembre sarà celebrata la Giornata internazionale contro il femminicidio e pensiamo che il ruolo dell'informazione sia assolutamente straordinario in termini di attenzione al tema, ma anche di formazione culturale su questi temi.Pag. 19
  L'ultimo punto riguarda il tema dell'unitarietà dell'azienda. A più riprese sentiamo sollevare ipotesi di scorporo di parti dell'azienda, ma riteniamo (opinione che abbiamo sulla RAI e sull'insieme delle altre aziende che rappresentiamo) che il mantenimento del perimetro aziendale RAI sia assolutamente improcrastinabile. L'azienda può infatti mantenere la sua forza se mantiene il suo perimetro, fatto di strutture, di impianti, di grandi professionalità.

  MAURIZIO ROSSI. Innanzitutto mi fa molto piacere quanto ha detto all'inizio, in quanto in questa sede giustamente dobbiamo analizzare il problema della RAI, però come Commissione di vigilanza dobbiamo anche vedere in quale modo la RAI incida su tutto il mercato dell'informazione e sulla pluralità dell'informazione dei prossimi anni.
  Oggi ci troviamo davanti al Contratto di servizio in cui non ho mai creduto, perché il punto vero è quando arriveremo al 6 maggio 2016: che questo Contratto di servizio debba essere propedeutico a ciò è un fatto estremamente importante.
  Rispetto al bollino blu ho molta paura che per la RAI sia un autogol e un boomerang, perché, se la RAI si chiude a riccio, si protegge e non sa come giustificare i soldi (questa è la verità che dobbiamo dire una volta per tutte), si metteranno contro i cittadini e sarà difficile convincere quel 25 per cento che oggi non paga il canone a pagarlo, perché la RAI, dopo aver fatto una trattativa con il Ministero su questo Contratto di servizio, oggi lo rimette in discussione. Credo che sarà un danno per la RAI, un modo di non dire ai cittadini cosa è il servizio pubblico, non per recuperare le persone che non pagano i canone, ma per farle aumentare perché uscirà una campagna su questo sicuramente con una pesante polemica sulla mancanza di coraggio di portare avanti il bollino blu.
  Sul canone delle televisioni locali sono pienamente d'accordo, è assurdo quanto richiesto e non so da chi venga una proposta del genere. Sono del parere che quando si arriverà al 2016 si dovrà guardare a tutto il sistema dell'informazione per salvaguardare i posti di lavoro di tutto il sistema, ovvero decine di migliaia di persone (giornalisti, tecnici, tipografi) che hanno problemi. Non si può pensare che il gettito del canone, oggi 1,8 miliardi più 600 milioni di evasione, cioè 2,5 miliardi, sia concentrato su un unico soggetto, perché altrimenti rischia di rimanere l'unico soggetto sul mercato, perché la pubblicità sta andando come sappiamo.

  ALBERTO AIROLA. Sono Alberto Airola, senatore del Movimento 5 Stelle e anche un ex lavoratore del settore, perché ero operatore di ripresa e ho lavorato anche per RAI ma sempre per appalti esterni.
  Ricordo a tutti che l'articolo 1 richiama il servizio pubblico ai valori e ai principi della Costituzione e che il rispetto della dignità dei lavoratori è un punto centrale. Come lavoratore ho vissuto situazioni umilianti, prive di qualsiasi rispetto e dignità dei lavoratori intanto notando la differenza di trattamento tra lavoratori esterni e lavoratori interni. Come lei sostiene, gli appalti sono necessari, ma sappiamo tutti, anche se spesso in questa Commissione non è stato esplicitato, che esiste una gestione del malaffare dell'appalto che è molto profonda in RAI, drena molto denaro pubblico e non garantisce né un livello di qualità alla RAI, né un buon trattamento ai lavoratori.
  Siete un punto centrale in questo e, siccome spesso ho ricordato al direttore Gubitosi una serie di problematiche che ci vengono segnalate, ritengo che si possa realizzare una sinergia e che in questo abbiate un ruolo che deve essere più efficace possibile, perché continuano queste violazioni nei riguardi dei giornalisti precari e dei lavoratori, ed è ora di cambiare la situazione perché è inaccettabile. Vorrei sapere infine quanti iscritti abbiate per ognuna delle categorie.

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  FEDERICO FORNARO. Il tempo non permette una riflessione più ampia nonostante le sollecitazioni dell'intervento. Vado per spot, perché su alcune questioni poste c’è piena concordanza, come sul tema della governance e dell'esigenza di tener fuori la politica. Ricordo la scelta che il Partito Democratico ha fatto all'atto della nomina del nuovo consiglio di amministrazione, scelta che andava esattamente in questa direzione.
  Sulla questione delle produzioni ho apprezzato il tentativo di avere uno sguardo più ampio non soltanto sulla RAI, ma, in considerazione anche del vostro ruolo, sull'intero settore, e credo che un punto importante, che abbiamo già sottolineato, sia la valorizzazione e in alcuni casi il rilancio dell'attività dei centri di produzione, in particolare Torino e Napoli, che nel recente passato erano stati marginalizzati e abbiamo visto positivamente per Torino la ripresa di produzione con questo nuovo programma Masterpiece che è andato in onda in questi giorni.
  C’è però un tema di investimenti tecnologici che va ricordato, perché altrimenti non si riesce a stare al passo. Credo che le osservazioni critiche e i dubbi sul tema bollino blu siano da tenere in considerazione, certamente non è un passaggio facile e sarà oggetto di discussione di questa Commissione ma non nella logica di convincere gli evasori del canone a pagare. Mi sembra infatti un'immagine nobile degli evasori quella che ho sentito descrivere dal collega Rossi, laddove non abbiamo degli obiettori di coscienza sulla RAI: ci sono aree del Paese che di fatto non pagano la RAI e un bollino di qualunque colore non risolverà il problema.
  Credo che la questione sia da porre trovando un giusto compromesso tra un'esigenza di trasparenza rispetto a chi paga il canone e l'utilizzazione dei soldi, e dall'altro il fatto che questa azienda deve stare sul mercato e non può avere una gabbia che gli impedisce di lavorare. Allo stesso modo, l'eliminazione della pubblicità dai canali digitali RAI per bambini, che è stata giudicata come un punto qualificante e difesa anche in questa sede dal direttore Gubitosi, se lo fa solo la RAI è un oggettivo elemento di vantaggio per la concorrenza, sapendo tra l'altro che quel segmento pubblicitario è molto ambito dalle aziende. Da questo punto di vista, credo che l'invito alla riflessione sia assolutamente da raccogliere. Il senso dell'intervento andava nella direzione di ricordare che la RAI, oltre ad essere servizio pubblico, è e deve rimanere la prima industria culturale del Paese.

  SALVATORE MARGIOTTA. Davvero brevemente perché condivido molte delle cose dette, in particolare il ragionamento sulla vicenda del bollino. Verifico che ADRAI, Usigrai e i sindacati hanno sulla questione analogo convincimento, che peraltro coincide con il mio, ma sarà oggetto di approfondimento laico e non pregiudiziale.
  Mi preme dire a titolo assolutamente personale che questo emendamento presentato da più partiti che riguarda l'aumento del canone di 6 euro per il finanziamento delle tv locali trova la mia contrarietà e le mie forti perplessità.
  Considero in generale sbagliato aumentare il canone in un momento di difficoltà economica per le famiglie e credo sia giusto trovare forme di finanziamento per far vivere un'industria, quella delle tv locali, che come le altre merita attenzione, ma non certo attraverso l'aumento del canone. Questo mi pare un ibrido assoluto, che creerebbe ulteriore confusione.
  Fino a ieri ancora non era stato discusso in Commissione bilancio, ma non so se sia stato fatto durante questa seduta notturna. Mi auguro francamente che questo emendamento, pur avendo firme illustri, non sia approvato dalla Commissione bilancio.

  AUGUSTO MINZOLINI. Sarò veloce, ma mi ha colpito il dibattito su questa storia del bollino blu, che sembra una stupidaggine, però non lo è. Quando affermiamo Pag. 21che la RAI è sul mercato, dobbiamo ricordare però che ha anche un canone. Questo è un elemento essenziale perché ricorda la funzione della RAI. Nel momento in cui è servizio pubblico, è come un bollino di qualità, quindi dovremmo vederlo in positivo e smetterla di assumere atteggiamenti conservativi rispetto a vicende di questo tipo. Partiamo dal presupposto che siamo in una fase economica complicatissima, abbiamo un problema pubblicitario non indifferente, e, come diceva giustamente Rossi, c’è il rischio che alla fine, tenendo conto del panorama editoriale, la RAI diventi l'unico protagonista di questo mercato. Vogliamo quindi identificarlo in termini positivi, non per creare problemi all'azienda. Nel momento in cui la pubblicità diminuisce e vivi di canone, chiaramente sei favorito, però il ruolo della politica è garantire che queste cose siano trasparenti rispetto all'opinione pubblica. Credo che un bollino di qualità sia giustificato, perché altrimenti non so per quale motivo saremmo qui a dibattere.
  Per quanto riguarda i programmi per i bambini, pretendo una serie di quadri di riferimento per quanto riguarda i programmi fatti dalla RAI probabilmente diversi da altre iniziative assolutamente private.
  Questa storia del precariato è un problema, e quando ero al TG 1 mi sono trovato con diciotto precari tra i giornalisti, gente che poi ho assunto perché mi sono ritrovato a incontrare persone che avevano la mia stessa età e due figli e da dodici anni erano precarie. Questo è inaccettabile. Capisco che ci possano essere delle esigenze esterne per le produzioni, ma questo è un problema assolutamente principale, perché altrimenti si rischia di creare un meccanismo perverso per cui, visto che non sto dentro però sto lì perché devo essere garantito, io non lavoro, non c’è una partecipazione, non c’è un protagonismo all'interno dell'azienda. Da questo punto di vista, il sindacato dovrebbe sottolineare che non si possono fare assunzioni in RAI se si hanno ancora sacche di precariato, perché crea una disparità, una seconda manovalanza che ha un impegno minore perché non è all'interno dell'azienda e di fatto sta lì. Troviamo quindi queste sacche in cui veramente non si lavora.

  PRESIDENTE. Vorrei porre l'ultima domanda per sapere come valutiate il job posting e se stia funzionando in azienda.

  WALTER D'AVACK, coordinatore nazionale emittenza pubblica FISTEL-CISL. Sono problemi che esistono quasi dalla nascita della RAI. Partiamo da un presupposto: tutto incomincia da chi fruisce del servizio, ovvero il cittadino, che oggi ha la cattiva percezione del canone dal punto di vista sociale; questa realtà significa che la collettività a gruppi o per aree di interesse o per identità non si riconosce nel servizio pubblico, perché la storia ci insegna che spesso il servizio pubblico è stato terreno di conquista di partiti, politica, gruppi, e questo sta allontanando il servizio pubblico dalla sua missione.
  Il problema è come i cittadini percepiscono il servizio pubblico. Qui siamo in una sede parlamentare, che è la composizione delle diversità che esistono nel nostro Paese e a livello europeo. Il servizio pubblico deve riuscire a recuperare l'universalità di raccogliere tutte le esigenze di tutti anche attraverso una rappresentazione politica: sbaglia chi sostiene che la politica non debba essere nel servizio pubblico perché se è vero che non deve essere presente nella gestione, è anche vero che deve fornire i termini di indirizzo, perché la politica è la sintesi del rapporto con il cittadino.
  Questo conflitto però va risolto, qui l'interpretazione del servizio pubblico è una cosa intangibile, per cui tutti diciamo cosa dovrebbe essere, però poi ognuno lo interpreta in maniera diversa. Nel Contratto di servizio, nella convenzione e anche nelle linee guida che vanno assolutamente salvaguardate anche laddove ci fosse una riforma, i principi universali dell'imparzialità, di cosa il servizio pubblico debba dare ai cittadini, sono chiari. Pag. 22Purtroppo sono concetti talmente alti e universali che quando li decliniamo nella realtà, si distorcono. Occorre presidiare e monitorare se effettivamente si stia rispettando lo spirito del Contratto di servizio.
  Ha ragione il senatore Minzolini quando dice che il bollino è una cosa retro, perché purtroppo il sindacato la vive come una teoria del complotto, non capendone la finalità. Per noi il servizio pubblico è una cosa che a trecentosessanta gradi aiuta a formare le coscienze delle persone individualmente e collettivamente. Il servizio pubblico è per noi: informare, educare, intrattenere.
  Il Contratto di servizio così come l'abbiamo letto coglie degli elementi di novità non indifferenti. Per la prima volta la RAI offre nel territorio dei centri di eccellenza, veri e propri distretti produttivi, come Torino, ma anche Milano e Napoli.
  C’è una nuova attenzione rispetto alla questione della trasparenza, perché nonostante il «contratto perfetto», quando si affidavano le commesse alle società che facevano produzione cinematografica o fiction per RAI, non si capiva del perché nella programmazione prevalesse un determinato genere anziché un altro.
  Nel Contratto di servizio attuale c’è un chiarimento sul meccanismo di presentazione trasparenza nell'affidamento degli appalti di RAI Cinema o della fiction. Fino ad oggi tutto succedeva a valle di una decisione, di cui non si conosceva la genesi. Oggi ci sarà maggiore trasparenza grazie alla pubblicazione nel sito internet. La RAI dovrà definire un anno prima quello che avrà intenzione di produrre in termini di genere. È questa trasparenza nella presentazione che permetterà, a chiunque ne abbia titolo, di comprendere del perché sia stato scartato quel soggetto. Questa è una cosa importante che mancava.
  La RAI ha una funzione fondamentale, che non vedo in competizione con il privato. Si tratta di un soggetto che dovrebbe aiutare a regolare, essere al centro del sistema di sviluppo industriale e culturale del Paese. Immaginate, se oggi non ci fosse la RAI, dove andrebbe a finire quel canale che oggi è stato dedicato alla cultura.
  Oggi c’è crisi, non ci sono disponibilità economiche, per cui si è tutti disposti a collaborare. Immaginare cosa sarebbe se la RAI, che è il centro della cultura e dà spazio a chi non potrebbe averlo, non ci fosse, se il servizio pubblico non ci fosse, quanto sarebbe più povero il Paese per tutti quelli che oggi non si possono permettere di utilizzare altri mezzi per avere l'idea di quello che succede intorno a loro o per aggiornare le proprie conoscenze. La televisione è il mezzo meno caro per crescere come cittadini.
  Arrivo alle questioni dei precari. In tempi non sospetti queste tre organizzazioni, senza che nessuno ce l'avesse chiesto hanno cercato di dare una risposta qualificata sul tema.
  I precari, secondo noi, sono l'evoluzione della distorsione delle regole del lavoro, in trent'anni siamo passati da lavoratori stagionali legati alle produzioni a lavoratori a tempi determinati.
  Nel 2010 era stata finalmente chiusa questa partita sanando una piaga non voluta dal sindacato, ma generata dalle diverse gestioni RAI.
  La RAI si è invecchiata grazie al silenzioso lavoro dei lavoratori precari, è per questo che il sindacato si è assunto la responsabilità di chiudere una partita, ma poi ci siamo accorti che non bastava e ne abbiamo dovuto giocarne un'altra, quella dei lavoratori autonomi, che è stato un altro vaso di Pandora; questa partita dura da tre anni ma dovremmo essere arrivati al fischio di fine partita. Volendo trarne una conclusione, la lezione è che non si può portare questa azienda oltre il proprio limite. Le risorse sono finite è tempo di crisi, ma ugualmente il sindacato sta cercando di dare una risposta a questi lavoratori.
  L'azienda si rinnova ciclicamente attraverso un ricambio generazionale, quindi per il Paese la RAI rappresenta posti di lavoro a disposizione di tutti i cittadini.Pag. 23
  Abbiamo sostenuto il meccanismo delle selezioni, non si arriva più in azienda per chiamata diretta ma si è ripreso un meccanismo che avevamo accantonato negli ultimi vent'anni: selezioni chiare, trasparenti e pubblicate. Dovremmo arrivare entro la fine dell'anno a perfezionare tutti i rapporti di lavoro che erano autonomi anche detti «parasubordinati», che però stranamente avevano una riconnotazione del lavoro subordinato. Li trasformeremo, e anche lì c’è una gradualità sempre per il meccanismo delle risorse e perché non ritorni quel concetto della cattiva percezione del canone e della RAI carrozzone che distribuisce soldi a chiunque. Abbiamo infatti un impegno morale verso lavoratori che sono pari di anzianità a quelli interni e devono avere la giusta risposta, compatibile con le risorse della RAI.
  Abbiamo sostenuto il job posting nel contratto come CGIL, CISL e UIL, perché la RAI paradossalmente è azienda privata di interesse pubblico collocata nella sfera della pubblica amministrazione, ma è più arretrata, dal punto di vista del reperimento delle proprie risorse professionali, rispetto alle pubbliche amministrazioni che hanno fatto passi in avanti. A noi non sfugge che adesso stiamo recuperando dal passato e dalle pubbliche amministrazioni come fare le selezioni del personale, e lo stiamo facendo con i meccanismi del pubblico impiego, che ci sembrano quelli più affermati, più acclarati, più utilizzati, più consumati. Il job posting fa parte di questo meccanismo, mercato di lavoro esterno e interno, perché spesso in RAI si era perso quel concetto di come si assegnano le risorse sui posti di lavoro e il job posting ha questa funzione, è uno strumento che va utilizzato nella maniera giusta: prima di ogni cosa valorizzare chi in azienda ha competenze non dichiarate, perché per fortuna le persone hanno una propria capacità di autoalimentare le proprie conoscenze, quindi nel tempo potrebbero averle acquisite. Per noi il job posting è uno strumento fondamentale, insieme al sistema selettivo e a quello della progressione di carriera e della mobilità orizzontale, per far sì che emergano le migliori capacità e competenze aziendali. Siamo agli inizi e ci siamo fatti interpreti di una cosa che dovrebbe essere compito delle aziende private, ma in questo caso ci stiamo facendo da azienda e da sindacato.
  In linea di massima, siamo su una strada che rimette a posto sul piano del lavoro le capacità, stiamo compiendo azioni importanti sulle razionalizzazioni dei costi, è inutile che qualcuno continui a scrivere che il costo del lavoro RAI pesa più di quello da altre parti, perché gli impegni di servizio pubblico della RAI che assorbono quel numero di personale che voi conoscete meglio di noi tra quello interno e quello fantasma, nascosto, scaturiscono dagli impegni che la RAI deve assolvere. Certo si potrebbe fare molto di più e dovrebbe fare molto di più anche un gruppo dirigente, perché in quindici mesi si è fatto tanto, ma riteniamo non abbastanza. Qualcuno prima citava l'innovazione tecnologica, la RAI sperimenta innovazione che poi viene attuata dall'emittenza privata.
  Stiamo ammodernando, ma siamo arrivati dopo tutti e la cosa ancora più grave, che ribadiamo sempre al direttore generale è che, mentre l'innovazione tecnologica è in uno stato di necessità che ci aiuta a mantenere il tempo, stiamo perdendo la capacità di prodotto, cioè il vero allarme che il sindacato lancia è che stiamo perdendo quella capacità di innovare il prodotto televisivo e radiofonico.
  Quelle sono capacità intellettuali e creative che non si trovano sul mercato dalla sera alla mattina quindi se oggi ne ho tre, domattina rischio di averne una, non dieci. Alla Commissione di vigilanza RAI diciamo di guardare i conti, i costi, il sindacato confederale è attento a darci una linea per far sì che il servizio pubblico possa essere ciò che i cittadini si aspettano. Mettiamo il punto e sottolineiamo le capacità del territorio, perché la RAI è territorio, è identità di un intero Paese. Pag. 24
  Vi chiediamo di darci una mano a sostenere come ritornare a fare innovazione di prodotto. L'innovazione tecnologica è quella che tutti si aspettano, ma è l'innovazione di prodotto che ci manca. Scusate se mi sono dilungato.

  GIORGIO LAINATI. Mi ha fatto venire in mente che la scorsa settimana, quando abbiamo audito il segretario dell'Usigrai, abbiamo ricordato l'importante accordo sui precari del 2005 (avemmo l'audizione dell'allora capo delle risorse umane Comanducci), accordo sui precari giornalisti che creò sostanzialmente i bacini, ai quali forse si riferiva il senatore Minzolini.
  Se non erro, sempre sotto la direzione del già citato responsabile delle risorse umane, oggi in pensione da poco tempo, c’è stato anche un corollario riguardante i non giornalisti e la creazione di bacini per assunzioni. Vorrei sapere se dopo otto anni quell'accordo sia stato portato a casa o dentro questi famosi bacini ci siano ancora dei tecnici del mondo della produzione, perché lei sa, Presidente, che il mondo della produzione RAI è costituito da 4.000 persone, è una realtà importantissima.

  OTTAVIO BULLETTI, referente nazionale Rai WAY, UILCOM-UIL. L'ultimo solitamente deve fare la sintesi e dire quello che non è stato detto prima, quindi faccio solo due flash ricordandovi che l'articolo 2 del Contratto di servizio riguarda la diffusione e la trasmissione del segnale. Questo è un elemento che effettivamente contraddistingue il servizio pubblico, perché, se andiamo a vedere la situazione attuale, la copertura che dà la RAI non la dà nessuno.
  Questo è vero servizio pubblico: raggiungere anche i paesini o i casolari sperduti in mezzo alle montagne, ma soprattutto garantire, come è scritto nel Contratto di servizio, con uno standard e una qualità del segnale non certo commerciale. Questo è quello che ha sempre contraddistinto la RAI e quindi credo che anche su questo vada posta la giusta attenzione, facendo notare brevemente che il passaggio al digitale terrestre per quanto riguarda il servizio pubblico è stato fatto interamente con risorse interne, l'appalto non è stato utilizzato e i costi sono stati sostenuti all'interno e con personale interno. Credo sia l'unica cosa che abbiamo fatto senza outsourcing e senza appalti, con il personale interno.
  Oggi RAI WAY però vive una situazione drammatica, perché sta perdendo la possibilità di continuare su questa strada. Ricordo anche un'altra cosa che fa parte del preambolo del Contratto di servizio, dell'articolo 1, in cui si parla di avere cura di raggiungere le varie componenti della società, cosa che ha sempre contraddistinto la RAI. Se andate a vedere attualmente qual è la diffusione dei segnali sul territorio, la RAI è quella che con i vari MUX, con i quattordici canali copre la maggior parte del territorio, purtroppo non la copre completamente, e questo è un grave danno per l'immagine del servizio pubblico. Credo che su questo bisognerà fare uno sforzo ulteriore, considerando che gli investimenti devono essere non indifferenti.
  Parlando di sperimentazione ricordo che la RAI ha un laboratorio ricerche che negli anni ha promosso grandi iniziative. Il sistema a pale è nato nel laboratorio ricerche della RAI e forse questa è una cosa storica, però adesso sul discorso del digitale terrestre il laboratorio ricerche è notevolmente impegnato nella sperimentazione, ma il Paese ha il problema dei cervelli che se ne vanno perché non ci sono investimenti. Anche su questo la RAI sta pagando un prezzo che probabilmente inciderà su tutto il futuro del sistema Paese.
  I 2.300 impianti che sono sparsi sul territorio di proprietà di RAI WAY presentano una piccola anomalia, perché le frequenze sono di proprietà della RAI, ma gli impianti sono di proprietà di RAI WAY, anomalia sulla quale bisognerebbe riflettere. RAI WAY, che è società del gruppo controllata dalla RAI, forse dovrebbe essere gestore di rete, come avviene in tutti gli altri Paesi. Anche questo Pag. 25è uno spunto che potrebbe essere molto utile non solo per la RAI servizio pubblico, ma proprio per il sistema Paese.
  In merito alla recente polemica sulla vendita di Telecom a Telefonica: non corriamo il rischio che anche gli impianti di proprietà di RAI WAY, quindi bene pubblico, finiscano in mano a qualcuno che poi ovviamente li utilizzerà per fini privati ?
  Forse molti di voi sono stati eletti in collegi in cui il segnale della RAI non è proprio dei migliori come ad esempio Biella, zona in cui ad oggi il servizio radiofonico è notevolmente scaduto perché la RAI ha deciso di spegnere tutti gli impianti in onda media, che avevano un costo. Questo è successo e nessuno ha detto nulla, tranne ovviamente le organizzazioni sindacali.

  FEDERICO FORNARO. Il tema delle interferenze è una delle problematiche che in Piemonte sono molto sentite in tutta la parte orientale, per cui sono state già presentate interrogazioni e osservazioni all'Agcom, e c’è un impegno a intervenire con un protocollo di intesa che è stato fatto tra Ministero, Agcom e RAI nel mese di agosto, quindi staremo sul pezzo.

  WALTER D'AVACK, coordinatore nazionale emittenza pubblica FISTEL-CISL. Sul precariato c'era una previsione di portare a completamento quegli accordi, come i giornalisti hanno fatto sul loro versante. Noi abbiamo fatto per tutte le maestranze non giornalistiche. La previsione era per il 2019, nel luglio di quest'anno abbiamo siglato un accordo per il ricambio generazionale e previsto la conclusione di questa lunga coda di precari. Stiamo chiudendo tutti i rapporti dei lavoratori stagionali subordinati, adesso si sta pagando la seconda stagione di tutti quelli collocati come collaboratori, partite IVA, che hanno connotazione di lavoro dipendente. Questa vertenza dovremmo chiuderla e i numeri non sono nell'ordine delle decine o delle centinaia, ma qualcosa di più. Adotteremo la stessa gradualità di intervento, dando delle garanzie sociali minime. Questo consentirà di accompagnarli verso un percorso di stabilizzazione e di non aggravare i conti aziendali oltre misura. Chiuderemo anche questa contesa entro quest'anno e credo che CGIL CISL e UIL abbiano assunto un impegno prioritario rispetto al lavoro e alle persone che lavorano in RAI.

  MASSIMO CESTARO, segretario generale SLC-CGIL. Per noi rappresentano una ricchezza anche le altre grandi aziende del settore radiotelevisivo, non abbiamo una preferenza per RAI, ma abbiamo una rappresentanza dei lavoratori nell'insieme.
  Invitiamo la Commissione a riflettere sul fatto che non vi possono essere norme che alterano un sistema di concorrenza, fermo restando che RAI ha il canone e quindi si identifica come servizio pubblico e deve avere obbligatoriamente elementi di valorizzazione in più.
  In questo senso, sul tema del bollino blu figuratevi se abbiamo problemi sul fatto che ci sia trasparenza nel sistema di entrate e uscite di RAI, ma la nostra preoccupazione è che questo non prefiguri una condizione che andrà poi in discussione dal 2016.
  Sul tema del precariato stiamo ragionando di una platea che complessivamente si attesta attorno alle 4.000-4.500 unità, che sono il frutto di una storia anche legislativa sul mercato del lavoro. Ormai abbiamo un mondo del lavoro che è fatto per il 52 per cento di rapporti di lavoro subordinati a tempo determinato e per un 48 per cento da altro, in cui c’è di tutto e di più. Questo è il risultato di anni di deregolamentazione del mercato del lavoro: poi si chiede al sindacato (non sto parlando ovviamente di questa Commissione, ma in generale) di trovare una soluzione e spesso trovare le soluzioni è molto complicato, perché le forme di legge che regolamentano quel rapporto di lavoro spesso non identificano automaticamente un diritto maggiore o minore di questo piuttosto che di un altro. Trovare una risposta a una farraginosità legislativa che ha compromesso pesantemente il mercato del lavoro è quindi cosa difficilissima, Pag. 26che implica una grande responsabilità dell'azienda e delle organizzazioni sindacali perché stiamo parlando di persone che da anni hanno rapporti di lavoro saltuari, spesso precari, e chiedono una prospettiva rispetto alla propria esistenza e ai propri rapporti di lavoro. Questo non è un tema che riguarda la RAI e il suo indotto: riguarda l'insieme del mondo del lavoro, il 52 per cento di rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato, 48 per cento tra contratti a termine, partite IVA, contratti a progetto, le quaranta forme di rapporto di lavoro che esistono in questo Paese. Non a questa Commissione, ma ad altri livelli del Parlamento chiederemo quindi di mettere ordine nei rapporti di lavoro, perché questo sta complicando terribilmente la condizione di persone che non sono neanche giovani, perché stiamo parlando di quarantenni, quarantacinquenni e cinquantenni.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.00.