XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 15 di Mercoledì 13 novembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti di USIGRAI:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Di Trapani Vittorio , segretario USIGRAI ... 3 
Margiotta Salvatore  ... 6 
Marazziti Mario (SCpI)  ... 7 
Airola Alberto  ... 8 
Cuomo Vincenzo  ... 9 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 10 
Lainati Giorgio (PdL)  ... 11 
Scavone Antonio Fabio Maria  ... 13 
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Di Trapani Vittorio , segretario USIGRAI ... 15 
Cuomo Vincenzo  ... 18 
Di Trapani Vittorio , segretario USIGRAI ... 18 
Fico Roberto , Presidente ... 19 
Di Trapani Vittorio , segretario USIGRAI ... 20 
Fico Roberto , Presidente ... 20 
Di Trapani Vittorio , segretario USIGRAI ... 20 
Fico Roberto , Presidente ... 21 
Di Trapani Vittorio , segretario USIGRAI ... 21 
Fico Roberto , Presidente ... 21 
Di Trapani Vittorio , segretario USIGRAI ... 21 
Fico Roberto , Presidente ... 22 
Di Trapani Vittorio , segretario USIGRAI ... 22 
Fico Roberto , Presidente ... 22 
Cuomo Vincenzo  ... 22 
Fico Roberto , Presidente ... 23 
Cuomo Vincenzo  ... 23 
Fico Roberto , Presidente ... 23 
Cuomo Vincenzo  ... 23 
Di Trapani Vittorio , segretario USIGRAI ... 23 
Fico Roberto , Presidente ... 24

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Comunico altresì che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Audizione di rappresentanti di USIGRAI – Unione Sindacale Giornalisti RAI.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di USIGRAI, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Questa audizione si inquadra nell'ambito dell'attività istruttoria che la Commissione ha avviato in relazione al nuovo Contratto nazionale di servizio 2013-2015.
  Cedo quindi la parola al dottor Vittorio Di Trapani, che riferirà le valutazioni di USIGRAI sul nuovo Contratto di servizio.

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario USIGRAI. Presidente, commissari, a nome dell'USIGRAI, delle giornaliste e dei giornalisti della RAI, vi ringrazio per la convocazione di oggi.
  L'ascolto e il pieno coinvolgimento delle parti sociali, ma anche delle associazioni, dei movimenti e dei cittadini è un metodo che auspichiamo sia sempre più esteso, in particolar modo quando si parla di servizio pubblico.
  Il tema in oggetto oggi – il Contratto di servizio – non è un mero adempimento burocratico. Il Contratto di servizio 2013-2015 è l'ultimo prima del rinnovo della concessione del servizio pubblico radiotelevisivo, fissato nel 2016.
  Il Contratto sul quale la vostra Commissione è chiamata a esprimersi è quello che in buona parte determinerà la prospettiva del 2016. È auspicabile quindi che il vostro parere sui singoli aspetti del contratto sia inquadrato in quest'ottica e permetta in sostanza di rispondere alla domanda di fondo: «che servizio pubblico vogliamo nel 2016 per l'Italia ?». È proprio da questo punto che partiamo per le nostre considerazioni. Alcune saranno di carattere generale, altre invece più specifiche, mettendo in risalto anche gli aspetti positivi del testo elaborato dal Ministero dello sviluppo economico e dalla RAI. Quando si parla di servizio pubblico non si parla solo di un'azienda, ma di una missione svolta a beneficio del sistema Paese. Alla società concessionaria devono essere quindi affidati tutti gli strumenti necessari a rappresentare realmente un'avanguardia culturale.
  La RAI deve tornare a essere e a essere percepita come la principale azienda culturale del Paese. Positiva in questo senso è la previsione dell'articolo 18, che impegna la RAI a redigere il bilancio sociale. Nel febbraio 2013 nel presentare «Agenda RAI», ovvero sette proposte di riforma che chiedemmo alla politica alla vigilia delle scorse elezioni, l'USIGRAI sottolineò che la missione del servizio pubblico non è produrre utili economici (pur nel rispetto Pag. 4di conti in salute), ma utili sociali. Il bilancio sociale è un passo importante in questo senso, così come importanti sono le parole sul ruolo guida nell'innovazione tecnologica, come è sempre stato nella storia della RAI. In quest'ottica sarebbe auspicabile un accordo tra tutti i servizi pubblici europei. Unendo le forze e facendo economia di scala, si può immaginare un rapporto con i produttori di software e hardware che non sia più soltanto quello di venditore-cliente, ma di coproduttori. In sostanza, il servizio pubblico deve riappropriarsi dell'ideazione, della progettazione e dello sviluppo di tecnologie, a beneficio di tutto il sistema Paese.
  Un'alleanza tra i servizi pubblici europei sarebbe poi auspicabile anche per lo sport. Il costo dei diritti sportivi ha raggiunto livelli insostenibili per una tv non commerciale, al punto da configurare quasi dei monopoli a livello mondiale. I servizi pubblici uniti potrebbero dunque fronteggiare i grandi player internazionali.
  Intanto però il Contratto di servizio è l'occasione per richiamare (ed è questa la prima proposta operativa che vi facciamo) un'importante sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 18 luglio 2013, nella quale si afferma che ogni Stato membro può indicare gli eventi sportivi di rilevanza nazionale che, in quanto tali, devono essere trasmessi su canali liberamente accessibili al pubblico. Più in generale, è positivo invece il richiamo tra le fonti alla Dichiarazione e alla Raccomandazione del Consiglio d'Europa del 16 febbraio 2012 sui media di servizio pubblico, un testo che raccoglie in maniera sintetica e chiara tutte le riforme necessarie a garantire al servizio pubblico libertà, autonomia, indipendenza, autorevolezza e credibilità. A questo proposito, tra le proposte che vi avanziamo, c’è il superamento in questo contratto di un linguaggio che sembra essere retaggio del passato. Più che parlare di informatica e genericamente di nuove tecnologie di multipiattaforma, è preferibile il ricorso a termini come «crossmedialità». Il salto culturale a cui ci invita il Consiglio d'Europa, infatti, è passare dal servizio pubblico radiotelevisivo ai media di servizio pubblico. Non è una questione banalmente nominalistica, ma di scelta culturale, politica e di reale innovazione.
  Per le stesse ragioni, vi chiediamo uno scatto in avanti su tutti i temi sensibili. Ne elenco solo alcuni: la parità di genere, i nuovi italiani, la disabilità, il disagio e in generale tutta la programmazione sociale. La RAI non può limitarsi alla non discriminazione. Ci deve essere un forte impegno nel favorire invece la diffusione di valori positivi.
  Vorrei entrare ancora più nello specifico rispetto ad alcune previsioni del contratto. Ancora una volta resta in piedi l'asimmetria tra i contraenti. La società concessionaria si impegna a svolgere alcuni servizi, al punto da costituire un fondo a garanzia degli obblighi assunti (articolo 22), un deposito cauzionale a tutela del committente. Non esiste però alcuna forma di garanzia in senso opposto, ovvero la società concessionaria non ha alcuna garanzia di percepire per intero il corrispettivo pattuito. Infatti, l'evasione del canone raggiunge, come sapete, livelli senza pari in Europa. Siamo consapevoli che non è il contratto di servizio lo strumento idoneo a risolvere il problema dell'evasione, ma è bene tener presente che non esiste alcuna azienda che possa esser sana, senza reale certezza di risorse.
  Cogliamo l'occasione per manifestare sconcerto per gli emendamenti alla legge di stabilità presentati in Senato sull'aumento di 6 euro del canone. Condividiamo l'esigenza di sostenere le tv private locali, ma esprimiamo la più netta contrarietà al fatto che questo avvenga attraverso lo strumento del canone. In un sol colpo, si provocherebbe un ulteriore danno d'immagine nei confronti della RAI, che verrebbe ritenuta dai cittadini la causa di un aumento delle tasse, e si creerebbe un'inaccettabile (e di dubbia percorribilità) confusione, utilizzando introiti destinati a finanziare il servizio pubblico per scopi totalmente diversi. Se l'obiettivo dei Pag. 5proponenti non è questo, allora si trovi lo strumento normativo adatto a sostenere l'emittenza radiotelevisiva locale.
  Vengo ora al tema del cosiddetto bollino. L'USIGRAI esprime profonda preoccupazione per questo strumento e la netta contrarietà alla sua introduzione. Si tratta di una previsione in netto contrasto con quanto affermato dallo stesso contratto, ovvero che l'intera programmazione è di servizio pubblico. Lo diciamo con chiarezza: separare contenuti prodotti con il contributo del canone da quelli prodotti con i soli ricavi pubblicitari rappresenta una prima divisione in due parti dell'azienda, ovvero il preavviso di una privatizzazione, perlomeno parziale.
  Meglio che da noi, le ragioni di una netta contrarietà a questa novità sono espresse nella lettera che la European Broadcasting Union (EBU) ha inviato alla presidente della RAI, Anna Maria Tarantola, nella quale si ricorda che nessun servizio pubblico prevede nulla del genere. Colgo l'occasione per ricordare alla presidenza della Commissione che la EBU ha offerto la propria disponibilità ad essere audita presso questa Commissione, «per esprimere le ragioni della sua inquietudine», cito testualmente. Allo stesso modo, escludere dai generi predeterminati l'intrattenimento è una scelta che si pone al di fuori dalla storia dei servizi pubblici europei. Basti ricordare che i pilastri della BBC sono «divertire, informare e intrattenere», accanto ai quali in altri Paesi avanza sempre di più un quarto pilastro: «connettere». Il servizio pubblico deve essere avanguardia nello sviluppo di piattaforme di condivisione crossmediale.
  Inoltre, grazie alle torri di trasmissione, bisogna valutare ipotesi tecniche per assicurare l'accesso libero al web. Ricordiamo in questo senso la proposta di Stefano Rodotà su un'estensione dell'articolo 21 della Costituzione, sulla considerazione che oggi l'accesso aperto alla rete è garanzia di libertà d'informazione e di espressione. Con l'occasione, ci fa piacere notare che è definitivamente accantonato il tema della vendita delle torri: che il possesso della rete di trasmissione sia scelta strategica è dimostrato dal processo di internalizzazione operato da uno dei principali operatori televisivi privati nazionali.
  Vorremmo poi toccare un aspetto che riguarda ancor più da vicino le istituzioni parlamentari. Rispetto al testo in vigore il nuovo contratto ha infatti cancellato per intero l'articolo 18, solo in parte assorbito in altri. In particolare è venuta meno la previsione della creazione di un canale istituzionale dedicato al Parlamento, alle Commissioni, all'Europa e agli organi di rilevanza costituzionale. La mancata realizzazione di tale progetto non deve far abbandonare la previsione, che quindi chiediamo di reinserire. Volutamente non abbiamo parlato di «canale televisivo», giacché oggi le tecnologie ci permetterebbero di realizzarlo a costi più contenuti su altre piattaforme e attraverso altre reti di trasmissione, come l'IPTV.
  L'USIGRAI chiede poi una revisione delle parti inerenti alla presenza sul territorio della RAI. Tornando a quanto detto dall'inizio, in vista del 2016, il rafforzamento della presenza sul territorio, dell'impegno sul territorio e del racconto da e per il territorio è un elemento strategico per qualunque servizio pubblico. La presenza capillare su tutto il territorio è elemento identitario del servizio pubblico. Non basta parlare di «favorire» o «valorizzare»; è necessario «rafforzare» la RAI e il servizio pubblico sul territorio e per il territorio.
  Nella costruzione della RAI del futuro sarà indispensabile l'ascolto e il confronto con tutti gli stakeholder, a partire dai cittadini, sull'esempio della Royal Charter della BBC. Ecco perché è positiva l'idea della consultazione pubblica indicata nell'articolo 23 del Contratto di servizio, ma se – e solo se – si esce da una ambiguità, ovvero che si tratta di una consultazione volta non alla scadenza, bensì al rinnovo della concessione di servizio pubblico. In sostanza, se siamo convinti che solo una azienda pubblica, la RAI, possa svolgere la missione di servizio pubblico, e se siamo convinti che il servizio pubblico sia uno e indivisibile. Non ci nascondiamo che l'attuale Pag. 6assetto organizzativo della RAI dà luogo a inefficienze. Ma è forse questa l'occasione per dirci anche che l'idea di una RAI maglia nera in Europa è smentita dai fatti: la RAI opera con 13.000 dipendenti, rispetto ai 20.000 della BBC, ai quasi 14.000 della Francia e agli oltre 24.000 di ARD e ZDF in Germania. Eppure realizza 15.000 ore di produzione interna, rispetto alle 9.000 della BBC, alle quasi 8.000 della Francia e alle quasi 9.000 della Germania. Tutto questo lo realizza con il canone più basso, e, nonostante questo, più evaso e con i dati di ascolto più alti.
  In ogni caso, l'USIGRAI vuole contribuire a costruire una RAI ancora migliore, e per questo da tempo propone l'idea di una riforma per adeguare il servizio pubblico al mercato in evoluzione, per riconsegnarlo agli unici proprietari: i cittadini. In quella che sembra essere una sfida tra qualunquismo sfascista e conservatorismo, l'USIGRAI si propone come forza riformatrice. Allora consegniamo alla Commissione parlamentare di vigilanza la nostra proposta per il percorso dei prossimi 3 anni.
  Riteniamo sia indispensabile e urgente istituire un tavolo trilaterale con l'azienda, le parti sociali e le istituzioni, al quale ciascuno contribuisca secondo le proprie competenze. Lo ribadiamo ancora una volta: noi, come sindacato delle giornaliste e dei giornalisti della RAI, siamo pronti a fare la nostra parte, con il coraggio del cambiamento, per raccogliere la sfida riorganizzativa, anche profonda. Tuttavia, questo è possibile solo in un quadro che dia alla RAI, quale servizio pubblico, la possibilità di uno sguardo verso il futuro. Per questa ragione, la sola condizione che poniamo è l'approvazione di alcune riforme chiare e urgenti: criteri di nomina dei vertici che garantiscano autonomia e indipendenza dai partiti e dai governi, certezza di risorse (non può esistere vera indipendenza senza indipendenza economica) e nuove norme sui conflitti di interessi. Stiamo chiedendo alla politica, intesa come servizio reso al Paese, di fare un passo in avanti verso le riforme e di portare l'Italia più vicina all'Europa, affinché la politica chieda ai partiti di fare due passi fuori dalla RAI. È questa – a giudizio dell'USIGRAI – la strada per ricostruire il servizio pubblico dei cittadini, il servizio pubblico dell'era crossmediale. È questa la strada per costruire la RAI 2016.

  SALVATORE MARGIOTTA. Devo dire che ho molto apprezzato la relazione del dottor Di Trapani a nome dell'USIGRAI, sia per le cose dette, che in gran parte coincidono con il mio pensiero, che per il metodo. È questo che dobbiamo chiedere agli auditi che ascolteremo in gran numero nelle prossime riunioni: che vengano con indicazioni puntuali di modifica al Contratto di servizio, più che, come è accaduto in precedenti incontri, con ragionamenti generali che non ci aiutano a fare passi in avanti.
  Ci sono due questioni in particolare su cui avrei voluto porre delle domande ma, dato che è stato chiarissimo, non le chiederò di tornarci. Mi riferisco in primo luogo alla questione della crossmedialità, da contrapporre per superare, non solo in maniera nominalistica, quanto previsto dall'articolo 8 sull'offerta multipiattaforma, che è scritto male e va rivisto, esattamente alla luce delle cose che lei ha detto.
  In secondo luogo, lei ha pronunciato parole precisissime, a cui io non aggiungo nulla, sulla vicenda del bollino e su come il servizio pubblico vada inteso nella sua globalità. A parere mio e di molti componenti di questa Commissione, ha poco senso pensare che il servizio pubblico debba essere soltanto informazione ed educational, e non debba contenere anche l'intrattenimento. Per questo motivo, è molto difficile separare la programmazione finanziata col canone dalla programmazione finanziata con la pubblicità, salvo che non si abbia un disegno diverso e più chiaro, come mi pare lei abbia detto con grande precisione.
  Tocco solo due questioni. La prima, che riguarda molto i giornalisti, è la razionalizzazione delle redazioni. Francamente il Pag. 7Contratto di servizio non affronta questo tema in maniera precisa. È vero che il Contratto di servizio è una carta d'intenti, ma ci piacerebbe ritrovare al suo interno qualche riferimento all'esigenza di rivedere le edizioni giornaliere del TG e al potenziamento delle TV regionali, che ovviamente sta molto a cuore a chi, come me, viene da una piccola regione. Mi piacerebbe conoscere la sua opinione al riguardo. Vorrei inoltre sapere cosa ne pensa delle forme di giornalismo dal basso (il cosiddetto «citizen journalism»), impiegato da broadcaster internazionali.
  La seconda questione riguarda la carta d'identità RAI. Anche di questo ha già parlato, ma ci voglio tornare. L'idea che in questo momento ci sia un'ampia partecipazione dei cittadini nell'individuare quale debba essere la mission della RAI e che cosa debba essere la RAI mi convince molto. Ho visto che anche voi avete aderito alla proposta avanzata nel convegno di villa Medici di lanciare un concorso tra gli studenti, impegnandoli a riscrivere la carta d'identità della RAI. Anche su questo tema, condivido le sue parole. Mi pare che sia una cosa molto importante, ammesso e premesso che si abbia chiaramente l'idea che si sta ragionando su come continuare a far sì che la RAI svolga il servizio pubblico in quanto concessionaria, anche dopo il 2016. Le sarò grato se nella sua replica tornerà su queste due questioni.

  MARIO MARAZZITI. Vorrei ringraziare tutti voi del lavoro che sicuramente avete fatto assieme, dell'ottimo documento che penso ci lascerete e dell'esposizione del dottor Di Trapani, che aiuta a concentrarci sulle questioni che riteniamo fondamentali per un servizio pubblico di qualità.
  Per quanto riguarda me e questa Commissione, credo che sia largamente condivisa l'esigenza di andare verso una RAI libera, indipendente, capace di esprimere il pluralismo del Paese, più svincolata dal potere politico e più vicina ai cittadini. Sappiamo di toccare sogni che in qualche stagione del passato non sono sempre stati coltivati attentamente.
  Il servizio pubblico che desideriamo è un servizio che sia pubblico. Stiamo parlando di un'esigenza fondamentale di un grande Paese democratico. Per questa ragione, credo che quello che avete detto in premessa sull'utilità sociale, come ricaduta principale dell'attività della RAI e del servizio pubblico da essa espresso, sia una sottolineatura molto importante.
  La RAI è una società che rappresenta un grande asset del Paese. A volte il Paese lo avverte come un asset appesantito. Nella misura in cui la RAI esprime il servizio pubblico, dobbiamo aiutare il Paese a riconquistare completamente la fiducia nel servizio pubblico e nel modo in cui la RAI svolge questo servizio. Abbiamo un'occasione abbastanza particolare in questo contesto di debolezza storica. In questo momento questo Parlamento non ha la forza di una maggioranza che gli permetta di immaginare una riforma profonda delle leggi che regolano le telecomunicazioni: serve un consenso che non potremmo costruire in tempi brevi. Ciò nonostante, questa è sicuramente un'occasione storica, perché, per esempio, alcune modalità gestionali che si è data la RAI nell'ultima fase, come i poteri ora attribuiti al presidente e al direttore generale, forse consentono di raggiungere obiettivi che sembravano difficili qualche anno fa, in accordo con questa Commissione e con chi lavora dentro l'azienda. Su questo, vorrei essere molto concreto. Innanzitutto mi ha colpito come alcune delle vostre osservazioni coincidano con quelle del direttore generale e della presidente. Ad esempio, quanto avete detto sul percorso che porta a una nuova carta d'identità della RAI e a un'idea di servizio pubblico condivisa anche nel Paese, e sul modello della Royal Charter inglese è fortemente condiviso anche dai vertici aziendali. Che lo sappiate o meno, noi che stiamo da questa parte registriamo una totale coincidenza nelle parole che avete usato e quelle del direttore e della presidente. Allo stesso modo, le vostre parole coincidono con quelle che potremmo esprimere io e il mio Gruppo.
  Nell'ultima parte del mio intervento proverò a essere breve e concreto. Mi Pag. 8soffermerei su due questioni. In primo luogo, parlate della presenza sul territorio come dato qualificante del giornalismo e del servizio pubblico radiotelevisivo. Credo che sia totalmente vero. Quello che dovremmo chiedervi è se avete delle proposte su come creare più capillarità e strutture più leggere: dobbiamo coniugare queste due esigenze. Secondo me, l'idea che tutti i capoluoghi debbano avere una sede e che tutte le sedi debbano avere certe strutture è un po’ superata. Mi chiedo se siete in grado di aiutare la RAI e noi a immaginare una struttura più diffusa e più capillare, però anche più leggera e quindi compatibile economicamente, tenendo conto del discorso della crossmedialità, dei nuovi mezzi e del giornalismo dal basso. Condivido quanto avete detto: non mi sembra opportuno andare avanti con un aumento del canone per sostenere i servizi radiotelevisivi privati o altri servizi che legittimamente vanno sostenuti in Italia. Questo va esattamente nella direzione di aumentare la distanza tra cittadini e RAI e tra cittadini e canone, e quindi alla fine penalizza ambedue i soggetti. Chi vi parla, in questa Commissione, ha già avanzato più volte il tema di come lavorare per l'abolizione del canone, che è uno degli elementi di distanza tra cittadini e servizio pubblico radiotelevisivo, e per la creazione di una forma di finanziamento diverso dell'intero sistema radiotelevisivo pubblico e privato. Mi riferisco alla possibilità di garantire il diritto all'informazione e all'intrattenimento dei cittadini italiani, per esempio attraverso un sistema più somigliante al modello tedesco, legato alla casa o alla famiglia, e non più al possesso del mezzo. In Italia il canone è ancora raccolto in base al possesso del televisore, e questo ne fa la tassa più evasa dagli italiani, una fonte d'incertezza finanziaria per la RAI e una fonte di distanza dai cittadini. Inoltre, a causa del tetto della pubblicità RAI, che è un elemento di equilibrio del sistema, il canone è indirettamente anche una forma di finanziamento del resto del sistema. Basta cambiare un po’ l'asticella del mix canone-pubblicità per squilibrare tutto il sistema, in positivo o in negativo.
  Voi parlate di un tavolo tripartito con istituzioni, rappresentanze e azienda. Credo che dobbiamo mettere al centro di questo dibattito non la riorganizzazione dell'intero sistema delle telecomunicazioni in Italia, pubblico e privato, bensì il tema del canone. Vi chiedo se potreste esprimere una posizione a favore di un ripensamento di quest'istituto a favore di una forma in cui la RAI non sia più l'esattore degli italiani. Questo a mio parere andrebbe a vantaggio del servizio pubblico e del servizio privato. Questa sarà una proposta formale, su cui speriamo si consolidi un consenso culturale, civile, e poi politico forte. Ritengo che dobbiamo decidere che cosa sia il servizio pubblico e fornire risorse certe. In base alle risorse raccolte, il Paese deve fornire a tutti gli operatori la possibilità di lavorare al meglio. Infine, condivido le cose che ha detto sul bollino.

  ALBERTO AIROLA. Sono un senatore del Movimento 5 Stelle. Sono un ex lavoratore del settore, e spero di tornare ad esserlo. Sono un operatore di ripresa e ho fatto attività sindacale autonoma nell'ambito del nostro lavoro. Per qualche verso, in questa Commissione mi sono trovato a portare avanti delle istanze che avevano una natura sindacale, sebbene, riguardando il Contratto di servizio, sembrano rientrare in un'altra sfera di vigilanza, non prettamente sindacale.
  Mi sono trovato a discutere con la dirigenza di questioni che probabilmente avete trattato. La principale questione riguarda la natura dell'azienda RAI, che spesso viene venduta dalla dirigenza come privata o come pubblica, a seconda delle situazioni, in particolare riguardo alla trasparenza. Giustamente, avete sollevato delle perplessità nei riguardi del bollino, sostenendo che la RAI è interamente un'azienda che produce un servizio pubblico, e quindi non esiste distinzione. A maggior ragione, deve essere applicata una trasparenza, che spesso viene rifiutata dall'azienda, nei dettagli. In altri contesti che Pag. 9spesso vengono citati, come la BBC, questa trasparenza esiste, a livello dirigenziale e non dirigenziale. Per esempio, l'organigramma dei dirigenti è pubblicato sui siti della BBC, con tanto di curriculum e di compensi. In Italia, l'organigramma generale dell'azienda ci è stato fornito in maniera veramente aggregata ed estremamente superficiale.
  Con un'attività di vigilanza, potremmo aiutare anche i sindacati dell'azienda. Le faccio un esempio, per essere concreto. Il dottor Gubitosi aveva più volte espresso la volontà di non far più anticipare delle somme ai giornalisti precari, per poi rimborsarle in fatture, su cui questi pagano le tasse. Questa cosa continua a succedere, nonostante la nostra attività.
  Queste questioni, infatti, competono anche alla nostra attività di vigilanza, dato che rientrano in un trattamento etico-morale dei lavoratori che va mantenuto all'interno dell'azienda, soprattutto dal momento che, come dicevate, la RAI è finanziata per lo più dal pubblico. A questo proposito, bisognerebbe chiarire un po’ questa questione della pubblicità, perché in effetti la RAI funziona anche con la pubblicità.
  In questo senso, vi chiedo un aiuto per ottenere questa trasparenza, che potrebbe permettere sia a noi sia ai cittadini italiani di collaborare per una RAI più equa, più giusta e che risponda meglio al Contratto di servizio pubblico.
  Ciò che mi aspetto dai sindacati interni è che favoriscano la pubblicazione degli organigrammi, per capire gli squilibri o le situazioni di criticità nell'ottimizzazione dell'azienda, che non riguardano solo una riflessione in ambito aziendale. Il direttore generale Gubitosi ha sottolineato che l'azienda la dirige lui e non l'Autorità di vigilanza: ci mancherebbe altro. Adesso lo sottolineo ogni volta. Tuttavia, abbiamo bisogno di questi dati per poter effettuare una corretta vigilanza ed eventualmente dare degli spunti corretti.

  VINCENZO CUOMO. Vorrei approfittare dell'audizione del dottor Di Trapani per porre delle domande, per fare delle considerazioni e per avere anche il punto di vista dell'USIGRAI su questo tema.
  Il 4 luglio, durante l'audizione del direttore generale della RAI, dottor Gubitosi, tra le domande che furono poste, ci furono una serie di argomentazioni che riguardavano i concorsi per i giornalisti. Io, in particolare, concentrai parte del mio intervento su queste questioni.
  Abbiamo la trascrizione dell'audizione del dottor Gubitosi. Alcune delle risposte date sono di difficile interpretazione, rispetto a quello che poi è successo e che succede. Per esempio, ci risulta che sono stati assunti 35 giornalisti, attinti direttamente dalla scuola di Perugia. Non riusciamo a capire bene, così come non lo capisce il direttore generale, quale sia il concetto di scuola aziendale, cioè come sia possibile che un'azienda pubblica, anziché ricorrere al concorso pubblico per reclutare il personale che avrà accesso al rapporto di lavoro a tempo indeterminato, si avvalga di una scuola che non riusciamo a definire «aziendale».
  Il direttore generale, quando ci presentò il piano industriale, ci spiegò che l'intenzione della RAI era quella di assumere un certo numero di giornalisti. Ci spiegò anche che c'erano tre tipologie di contratti nella RAI: quelli a tempo indeterminato (che definì «dipendenti classici»); quelli a tempo determinato, «che nascono da bacini di precari, che accelerando i tempi si sta cercando di stabilizzare»; e le cosiddette partite IVA, fenomeno diffuso negli ultimi anni.
  In quei giorni fu siglato un accordo con l'USIGRAI (o almeno così risulta dall'audizione del direttore generale). Io gli chiesi se quest'accordo era sul turnover, perché tutto nasceva dall'esigenza di garantire un certo numero di risorse umane all'interno dell'azienda, in sostituzione di chi andava in pensione. Mi confermò che l'accordo era incentrato sul turnover, però non siamo riusciti a capire bene alcuni concetti. Si accede per concorso pubblico, visto che si maneggia danaro pubblico ? Il concorso è aperto a tutti i giornalisti che sono in possesso di un titolo abilitativo per Pag. 10poter svolgere questa professione, o invece si ricorre alle scuole di giornalismo, in particolare alla scuola di Perugia ?
  Mi pare che sia tutto incentrato su un accordo sindacale. Chiedo al presidente e ai colleghi commissari: può un accordo sindacale andare oltre il dettato normativo di una legge ? In altre parole, si può fare un accordo sindacale in un comune, in una regione o in un'azienda pubblica di qualsivoglia tipo, che praticamente vada oltre il dettato normativo ? Non sono in grado di dare una risposta, o meglio, ho una mia convinzione ma me la tengo per me, perché aspetto che rispondano insigni giuristi. Da parlamentari, se riteniamo che la RAI sia un'azienda tipica, facciamo una legge e stabiliamo che l'accordo col sindacato, in quel tipo di azienda, va oltre la legge e va in deroga alle norme che dispongono l'accesso ai concorsi nelle aziende pubbliche e negli enti pubblici.
  Un altro tema che è rimasto avvolto nel mistero è il concetto di apprendistato per i giornalisti. Chiedo al dottor Di Trapani se dobbiamo intendere quest'apprendistato come una sorta di contratto di formazione e lavoro (si lavora formandosi all'interno dell'azienda), o piuttosto come l'apprendistato che si fa nelle scuole di giornalismo, e tra esse sempre questa famigerata scuola di Perugia. Io, come commissario, avrei necessità di avere certezza, non solo del diritto, ma anche del valore degli accordi sindacali. Gli accordi sindacali sono sacrosanti e riguardano la tutela del lavoratore e dell'azienda, ma non credo che possano andare oltre la legge. Inoltre, chiederei al Presidente Fico di intercedere con il direttore generale, per capire al momento quale sia l'idea dell'azienda: faremo un concorso pubblico con pari accesso in tutt'Italia o invece continueremo con questa logica dell'emergenza ? Chi decide che c’è un'emergenza ? Quando si decide che c’è un'emergenza ? Le mie sono domande molto precise, alle quali spero corrisponderanno risposte molto precise.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Ringrazio anch'io il dottor Di Trapani e l'USIGRAI per le considerazioni sottoposte alla Commissione. Credo che ci siano diversi spunti utili per il percorso auditivo adesso e per la definizione del parere di questa Commissione poi.
  Riprendo soltanto alcuni temi che, secondo me, si intrecciano con una discussione che abbiamo fatto anche in occasione delle audizioni precedenti. Il dottor Di Trapani ha fatto riferimento al tema dell'integrazione dei nuovi italiani, che era stato sollevato nelle precedenti audizioni dal commissario Garofani. Credo anch'io che questa sia una delle questioni che attengono a una ridefinizione di cosa sia il servizio pubblico, e dovrebbe avere maggiore spazio all'interno del Contratto di servizio.
  Inoltre, Di Trapani ha fatto una considerazione in merito al canone. Marazziti è intervenuto ricordando una parte della discussione che è stata fatta. Su questo tema, vorrei soltanto riprendere la considerazione in merito agli emendamenti che sono stati presentati al Senato.
  Presidente, secondo me c’è una questione di sovrapposizione tra il lavoro che facciamo in questa Commissione e il lavoro che si fa in Parlamento. Ovviamente l'Aula è sovrana, però sono accaduti due episodi particolari. Faccio riferimento al decreto sulla pubblica amministrazione e alla legge di stabilità.
  Nel decreto sulla pubblica amministrazione a un certo punto, anche in ragione dell'ostruzionismo, c’è stato un accordo tra i gruppi e sono stati recepiti degli emendamenti, uno dei quali riguardava l'obbligo per l'azienda di dare evidenza dei compensi dei conduttori e dei costi delle trasmissioni nei titoli di coda. Questa è materia della Commissione, su cui quest'ultima si è interrogata a lungo e ha lavorato nel corso degli anni. La questione è stata anche oggetto di discussione nel precedente Contratto di servizio. Con un emendamento, all'ultimo momento, si è affrontato in Aula questo tema. Adesso credo che ci sia una questione di applicazione piuttosto complicata.
  In secondo luogo, questi emendamenti presentati nella legge di stabilità affrontano il tema del canone, che qui stiamo Pag. 11trattando nel suo complesso e nella sua delicatezza, peraltro da un punto di vista sbagliato. Sono convinto che ci sia una necessità di sostegno alle tv locali, perché l'emittenza locale in tante regioni ha un ruolo effettivo, soprattutto sul versante dell'informazione e del coinvolgimento dei cittadini. Tuttavia, esiste un fondo a questo adibito: me ne sono occupato nel «decreto del fare». C'era stato un taglio significativo del Governo, che poi è stato recuperato. Questo sostegno quindi avviene in un altro ambito, e non può essere associato al canone, altrimenti si mischiano piani che sono completamente diversi, come è giusto che siano. Lo dice chi è convinto che le emittenti locali debbano essere sostenute, ma devono essere sostenute con uno strumento adatto.
  Presidente, credo che da questo punto di vista ci sia bisogno di un raccordo fra il lavoro che stiamo svolgendo e quello del Parlamento. Evidentemente l'Aula è sovrana; ogni Gruppo e ogni parlamentare può presentare tutti gli emendamenti che vuole. Tuttavia, credo che per quanto ci riguarda ci sia la necessità di un'iniziativa politica nei confronti dei Gruppi a cui apparteniamo e del Parlamento nel suo complesso, per evidenziare il lavoro di approfondimento importante che stiamo facendo, per mettere a sistema tutte queste questioni.
  C’è un'altra questione sollevata dal dottor Di Trapani, ma anche nelle precedenti audizioni, che secondo me sta diventando di grande rilievo. Nella discussione con l'azienda, il Governo ha affrontato in maniera molto determinata questo tema, che adesso sta emergendo in tutta la sua evidenza. Faccio riferimento ai generi predeterminati e al fatto che l'intrattenimento non sarebbe considerato servizio pubblico. In altre parole, mi riferisco a quello che giornalisticamente viene chiamato «il bollino». Ci sono una serie di contributi che abbiamo letto su alcuni giornali e altri contributi che abbiamo ascoltato durante le audizioni. Oggi ne abbiamo ricevuto un altro da parte dell'USIGRAI, che credo ci debba indurre alla riflessione di cui abbiamo parlato. Peraltro, possiamo dare un'informazione al dottor Di Trapani: abbiamo fatto l'Ufficio di presidenza e abbiamo calendarizzato l'audizione del segretario generale dell'EBU, che sarà un passaggio importante da questo punto di vista.
  È stato poi fatto riferimento alla soppressione del canale dedicato alle istituzioni. Questo forse può costituire un ulteriore stimolo, anche per il lavoro del relatore. Finora, in riferimento a questo tema, c’è stata una discussione molto tangenziale durante il dibattito su GR Parlamento, quando ci si chiedeva se quest'ultimo dovesse essere accorpato a RAI Parlamento o a RAI GR, cioè se dovesse rientrare nell'alveo dello stesso medium, oppure concettualmente nell'offerta dell'azienda. Credo che la sottolineatura rispetto a un canale, o comunque a un'offerta di servizio pubblico legata al lavoro delle istituzioni, richiami questo dibattito, mettendolo a sistema all'interno della discussione sul Contratto di servizio.
  Infine, come mi è capitato di dire in altre occasioni, credo che quando ci riferiamo al Royal Charter Act sia importante tener conto, come è stato fatto oggi, di tutto il processo di avvicinamento e di coinvolgimento in atto nel Regno Unito. Da questo punto di vista, credo che l'ultima audizione del direttore generale, durante la quale si è passati da una prima ipotesi di sondaggi al Progetto RAI 2016, con il coinvolgimento di tutti gli stakeholder, sia un passo ulteriore. Credo che a questo passo se ne possano aggiungere altri, per far in modo che l'avvicinarsi al 2016 abbia queste caratteristiche. In ogni caso, come abbiamo affermato più volte, a quel punto sarà il Parlamento a decidere con una legge.

  GIORGIO LAINATI. Segretario, colleghi giornalisti, benvenuti. Sono in questa Commissione da dodici anni (forse un po’ troppi) e quindi ne ho viste tante. I temi affrontati dai colleghi che mi hanno preceduto sono tutti significativi. Mi piace sottolineare una sostanziale identità di vedute con i colleghi, in particolare con quelli dell'area di governo che mi hanno Pag. 12preceduto. Mi sento di condividere ampiamente le cose che hanno detto.
  Certamente, come il segretario sa, uno dei problemi fondamentali per noi giornalisti, al di là del ruolo, è la questione occupazionale. Caro Presidente Fico, ricordo benissimo che Comanducci, quando era capo del personale, venne qui (se non erro era il 2003) e ci disse che aveva fatto un accordo con l'USIGRAI, il cui segretario all'epoca era Roberto Natale. Si diede vita a un'operazione di lento assorbimento dei giornalisti precari, e nacque il fenomeno dei bacini (non di San Marco, ma di viale Mazzini). Si crearono queste aree, che in fin dei conti sono state utili, al di là delle mie battute inutili.
  Anche il ruolo della scuola di Perugia, secondo me, è importante. È chiaro che ci sono anche altre scuole di giornalismo in Italia, e quindi bisognerebbe cercare di trovare spazio per tutti.
  Comunque, guardate l'importanza di quello che è stato fatto in questi ultimi mesi, con questa sorta di concorso o selezione (chiamatelo come volete). Erano tantissimi anni che non si faceva una cosa del genere. Bisogna darne atto ai vertici, che si sono resi conto che l'età anagrafica dei dipendenti aveva raggiunto dei limiti non più tollerabili e hanno avviato un'operazione di svecchiamento che è encomiabile, Presidente. È inutile che ci giriamo intorno. Da questo punto di vista, mi pare che ci sia un'identità di vedute, anche con il segretario dell'USIGRAI.
  Vengo ora alla questione dei 6 euro. Ho letto la dichiarazione del presidente Fico, che ovviamente era sconvolto da questo. Nemmeno io sono entusiasta, e ritengo che per aiutare le televisioni locali si potrebbe cercare un altro modo, anche perché, essendo stato lunghi anni in questa Commissione, vorrei ricordare a tutti noi che la questione dell'evasione del canone si trascina da più di un decennio. Vorrei ricordare che con gli allora Ministri dell'economia Tremonti e Padoa-Schioppa si parlò dell'ipotesi formulata dall'allora consigliere di amministrazione, rappresentante del ministero dell'economia, Angelo Maria Petroni, che affermò che l'unica soluzione era abbinare il pagamento del canone a quello dell'elettricità, che fosse ACEA, ENEL o qualsiasi altro gestore. Chiaramente è un'operazione che comporterebbe una serie di problemi non indifferenti, come è noto a tutti noi. In particolare in alcune regioni italiane, probabilmente rappresenterebbe un piccolo terremoto sociale non tollerabile, soprattutto in questi anni di drammatica crisi. Comunque, il problema dell'evasione e del recupero c’è. Non so quali forme si potranno individuare. Certo non mi pare questo il modo di recuperare, anche perché questi soldi non andrebbero all'azienda ma ad altre realtà, che pure vanno tutelate. Il problema è trovare un equilibrio tra competitor di diverso livello, che hanno tutti diritto di stare sul mercato, sia i grandi sia i piccoli. Questo è un problema oggettivamente serio.
  Non invidio il mio collega, il vicepresidente Margiotta, che è anche relatore del provvedimento e dovrà fare un'operazione gigantesca di diplomazia per poter apprezzare le ragioni di tutti e inserirle nel Contratto di servizio, ma sono sicuro che sarà bravo, come lo è stato il collega Rao nella precedente legislatura.
  Mi pare molto interessante il concetto, di cui ha parlato il segretario, dell'accordo tra televisioni pubbliche europee, anche per quanto riguarda lo sport. Visto quanto rimane alla RAI di quel mondo, seguitissimo dai telespettatori, a causa dell'avvento delle altre competitor, è chiaro che un'unione da questo punto di vista potrebbe essere estremamente interessante. Sono sicuro che il relatore riuscirà in qualche modo a recepire questa vostra istanza.
  Devo dire che il senatore Airola ha toccato un argomento caro alla mia parte politica, e in particolare al mio capogruppo alla Camera, che lo ha sollecitato più volte, anche quando era Ministro della funzione pubblica: la questione relativa ai compensi. Mi ricollego alla domanda garbatissima del senatore Airola. Mi sembra di capire che abbia detto che conoscere questi dati può aiutare la trasparenza. Vorrei sapere da voi cosa ne pensate. Vi Pag. 13sono altre opinioni su questo tema. Per esempio, si afferma che ci potrebbe essere una difficoltà a stare nel mercato della competizione globale dei media. Non è tutto così chiaro e netto, per cui mi ricollego volentieri alla domanda centrale che vi ha rivolto il senatore Airola e che è stata ricordata anche dal collega Peluffo. Il decreto sulla pubblica amministrazione contiene quella norma e si sa come mai. Vorrei veramente capire dal dottor Di Trapani e dai colleghi quale sia la vostra visione su questo che è uno dei temi centrali, proprio perché collegato oggettivamente alla questione del canone. Chiudo, Presidente Fico, perché mi rendo conto di aver rubato troppo tempo e me ne scuso. Più volte si era ipotizzato che nel caso di un recupero (dobbiamo ancora capire come) di una parte consistente dell'evasione, il canone sarebbe potuto scendere fino a costare 90 euro. Così disse l'allora Ministro delle comunicazioni Romani. Vorrei capire qual è la vostra opinione su questi temi così importanti e delicati.

  ANTONIO FABIO MARIA SCAVONE. Intervengo fondamentalmente per manifestare il mio personale apprezzamento per la relazione, estremamente concreta e bene esposta, che tradisce l'amore per l'azienda per cui lavora. Devo dire che questo ruolo di protagonismo dei giornalisti della RAI, che rappresentano la componente fondamentale della comunicazione, fa loro onore.
  Nei primi giorni di novembre ho chiesto al Presidente l'audizione della dottoressa Delterne, perché, a parte la caduta di stile nella distinzione dei programmi rispetto alla programmazione di servizio a cui è tenuto il servizio pubblico, e quindi la RAI, che spero possa essere definitivamente superata, credo che sentire il direttore generale di un organismo internazionale (composto, se non erro, da 56 emittenti televisive pubbliche), sia anche l'occasione per sentire il punto di vista dei regolamentatori del sistema su altre questioni. Faccio riferimento, ad esempio, alla gestione dei diritti dei grandi eventi sportivi, che vengono acquistati dall'organismo internazionale e poi distribuiti. Questi, per la caratteristica specifica che hanno, sono eventi sociali che il servizio pubblico deve garantirsi nella prospettiva.
  Aggiungo solo una considerazione. Molte altre sono state fatte puntualmente dai colleghi. Non c’è dubbio che la RAI fino a oggi è stata lo Stato. Mi esprimo in termini molto semplici per dire che il volto della RAI è quello dell'emittente pubblica. La norma ci ha portato verso scenari diversi, tanto che stiamo parlando di un contratto che sarà propedeutico a un'apertura verso la concorrenza, e tra tre anni i gestori del servizio pubblico potrebbero anche essere diversi dalla RAI. Avere la consapevolezza di essere gestori di un servizio pubblico vuol dire pretendere, anche dalla componente giornalistica, che si applichino le norme per il personale di servizio pubblico, non solo sul piano dell'arruolamento, come è stato detto, ma anche nella gestione.
  Molti di voi sono giornalisti. Io l'ho fatto da ragazzino, con una prima pagina importante, ma poi ho fatto il medico e il direttore generale di aziende sanitarie, che vanno verso l'impostazione che ha la RAI, che è un'azienda di natura privatistica di diritto pubblico, tenuta per legge al rispetto di canoni finanziari ed economici e delle norme relative alle aziende pubbliche. Questo, a mio giudizio, garantisce questa componente fondamentale, che tra l'altro si integra anche con l'intrattenimento, come è ben fatto (forse troppo) dalla RAI, ed è garanzia di libertà e di pulizia nel mondo dei giornalisti che lavorano nella RAI. Credo che sia opportuno far sentire alta questa voce. Modalità di arruolamento come quelle che sono state adottate, e che sono state salutate anche positivamente (mi riferisco alla scuola di formazione) non danno diritto a un accesso verso il sistema pubblico che scavalchi altre condizioni, anzi sono la prova provata che forse finora c’è stata troppa ingerenza di enti esterni.
  Vorrei spendere qualche parola sul canone. Credo che il sistema radiotelevisivo inglese abbia un canone inversamente proporzionale Pag. 14alla presenza della pubblicità. Il canone è quasi tre volte quello italiano, mentre la pubblicità è praticamente ridotta a zero, perché è un servizio pubblico impostato in questa maniera. Abbiamo un canone che è un terzo di quello inglese, che però viene evaso in maniera incredibile. Ho apprezzato molto la definizione di «RAI esattore». Quello che forse dobbiamo raggiungere insieme è che sia cancellato questo volto di esattore della RAI, perché in Italia si possa sostenere l'emittenza pubblica, e anche quella privata.
  Sono componente della Commissione bilancio, dove si sta esaminando la legge di stabilità, e sono tra coloro che provocatoriamente hanno sottoscritto alcuni emendamenti di cui si è parlato in questo pomeriggio di audizione con voi. Credo infatti che sia un problema complessivo di tenuta di un sistema nel quale ognuno deve fare al meglio la propria parte.
  Vengo ora ai compensi. La legge dello Stato prevede che nelle aziende pubbliche i compensi dei dirigenti e i compensi al di sopra di una determinata soglia siano pubblicati nell'intranet aziendale. Credo che questo, piuttosto che la volgarità di mettere i compensi nei titoli di coda, possa essere un elemento di trasparenza e di serenità per tutti.
  Ho ascoltato il direttore generale della RAI, che ha ricordato giustamente che comprare Ibrahimovic può voler dire anche tutelare l'entità dell'affare nei confronti della concorrenza. Tuttavia, fatte le dovute eccezioni, che insieme possiamo provare a regolamentare, credo che un'azienda pubblica (ma lo fanno anche quelle private) abbia il dovere, previsto per legge, di offrire nell'intranet aziendale, con trasparenza e immediatezza, la fisionomia, anche economica, dei propri collaboratori, in maniera particolare di quelli di vertice.
  Completo con un altro aspetto che ho personalmente contestato al dottor Gubitosi. Mi ha colpito che dopo le affermazioni e l'incedere della gestione in cui la RAI si è alleggerita di alcune centinaia di dipendenti, non si sia proceduto di conseguenza nel promuovere l'ingresso dei giovani. Penso, ad esempio, ai capistruttura di RAI Uno, RAI Due e RAI Tre, che sono stati scelti non giovani, come dagli impegni di strategia assunti dal direttore generale, e nemmeno dell'azienda. Immagino che tra 13.500 dipendenti ci fossero persone che avevano maturato esperienza e che avevano acquisito competenze e maturità, ancorché al di sotto di quell'età, e che avrebbero potuto essere concorrenziali. Se mi posso permettere, credo che il sindacato possa tuonare in questo senso. Faccio parte di una realtà piccola, che certamente non ha il peso dei grandi partiti, però credo che, se questa è la linea che voi assumete, insieme possiamo dare un buon servizio pubblico al Paese.

  PRESIDENTE. Dobbiamo rimandare l'audizione del prossimo sindacato, perché dobbiamo andare in Aula alle 16.00 per votare. Prima di dare la parola ai nostri ospiti per le risposte, mi riservo anch'io di fare delle valutazioni veloci. Innanzitutto, spero che tutti gli emendamenti presentati in Commissione bilancio al Senato siano ritirati, perché, secondo me, è assurdo finanziare la televisione privata aumentando il canone.
  Secondo voi, tre telegiornali nazionali (TG1, TG2 e TG3) più un canale all news (Rai News) non sono troppi per un'azienda pubblica ? Vi chiedo una valutazione.
  Inoltre, vorrei sapere quali sono le problematiche che avete incontrato nel precedente (e attuale, in prorogatio) contratto di servizio. Vorrei anche sapere se, secondo voi, questo Contratto di servizio sia stato applicato per intero e, se non lo è stato, perché non ha trovato merito nella sua applicazione.
  La terza domanda riguarda la trasparenza, che reputo molto importante, non da meno nelle assunzioni. Mi sono fatto un'opinione sulla questione delle assunzioni dei 35 giornalisti provenienti dalla scuola di Perugia, dopo averla analizzata e aver chiesto più volte spiegazioni al direttore generale. L'accordo sindacale con la dirigenza parlava di «scuole» al plurale e di prassi aziendale. Non ho dubbio che in queste assunzioni siano stati discriminati tutti gli altri studenti delle scuole di formazione. Pag. 15C’è una discriminazione, anche perché non si comprende il criterio con cui queste persone sono state scelte, e perché proprio loro, a fronte di un accordo sindacale che parlava di «scuole»: tutti gli altri ragazzi si sono sentiti molto discriminati. Non dico questo solo per sottolineare questa singola questione, ma anche per far comprendere che nel Contratto di servizio potremmo inserire norme sulla trasparenza per avere delle procedure di assunzione migliori, che tutelino tutti, assicurando la parità di accesso.

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario USIGRAI. Presidente, le domande che sono state rivolte ovviamente richiedono qualche minuto, anche perché tengo a dare corretta risposta a tutte le sollecitazioni.
  Innanzitutto, a nome dell'USIGRAI, vi ringrazio per le vostre considerazioni. Provo ad andare in ordine, cercando di non dimenticare nulla. Senatore Margiotta, in tutto ciò che è a favore di una discussione aperta, concreta e operativa sul futuro del servizio pubblico, l'USIGRAI ci sarà sempre. Ecco perché abbiamo aderito a quell'iniziativa, così come aderiremo a tutte le iniziative che pongono al centro il tema del futuro del servizio pubblico, di come riformare la RAI e di come riformare il servizio pubblico.
  In questo senso, la consultazione dei cittadini, dei movimenti e delle associazioni è per noi un elemento centrale. A chi chiedere cosa deve essere il servizio pubblico, se non a coloro che sono i reali proprietari del servizio pubblico, quindi ai cittadini ? Ecco perché l'USIGRAI ha detto in passato e continuerà a dire che è a favore di un'ampia consultazione pubblica, esattamente come fa la BBC. Non è soltanto un atto amministrativo, ma è anche un percorso. È questo che a noi interessa: il percorso da seguire. Abbiamo meno di tre anni. Forse siamo giusto in tempo. Bisogna partire con un'ampia consultazione. L'USIGRAI è disponibile.
  Sulla razionalizzazione delle testate, se lei me lo permette, risponderò in seguito insieme alle altre sollecitazioni sul tema.
  Voglio dire una cosa per quel che riguarda il territorio, rispetto anche alle cose dette dall'onorevole Marazziti. Certamente serve riorganizzare il territorio. Siamo disponibili e chiediamo da tempo di riorganizzarlo in maniera più agile e più rispondente alle esigenze degli utenti, innanzitutto coprendo l'intero territorio regionale. L'idea per cui l'organizzazione vuole asserragliarsi nei capoluoghi di regione è sbagliata. Sono sedi regionali. Pertanto, la copertura non può essere solo del capoluogo di regione, ma deve essere di tutto il territorio regionale. Per farlo meglio e a costi sostenibili, bisogna discutere di figure professionali, mezzi e innovazione tecnologica. L'USIGRAI lo chiede ed è disponibile a farlo. Su questo tema, anche da domani mattina, siamo disponibili a un tavolo, purché sia chiaro l'obiettivo: una migliore e più profonda copertura di tutti i territori regionali, e quindi dell'intero territorio nazionale.
  In merito a quello che diceva l'onorevole Marazziti, anche sul canone il tema della trasparenza è importante, però dobbiamo chiarire alcune cose: la separazione contabile tra quello che è finanziato dal canone e quello che non lo è esiste da tempo, è trasparente e visibile sul sito internet della RAI. È una cosa nota e accessibile a chiunque volesse vederla.
  Sottolineo che, secondo un conteggio non di USIGRAI ma di un ente terzo che certifica questa separazione contabile, che è una persona la cui indipendenza è certificata dall'Agcom, rispetto a quel totale derivante dagli oneri di servizio pubblico, alla RAI vengono a mancare circa 300 milioni di euro. Ciò significa che abbiamo oneri derivanti dal servizio pubblico che offriamo, che rientrano nella separazione contabile, ma di questi mancano 300 milioni di euro, tant’è vero che il precedente consiglio di amministrazione ha richiesto al Ministero dello sviluppo economico il recupero di quattro o cinque anni (se non erro) di mancati introiti derivanti da quel tipo di contabilità.
  Su questo tema provo a esser chiaro: per noi il canone non è un totem. Discutiamo Pag. 16qualunque sistema, a patto che abbia l'obiettivo di garantire certezza di risorse alla RAI e alla concessionaria di servizio pubblico. In un secondo momento discutiamo dello strumento, che per noi non è importante. Ciò che deve essere chiaro è l'obiettivo: il recupero e la certezza delle risorse.
  Aggiungo anche, onorevole, che, con un eventuale recupero dell'evasione, non solo si potrebbe abbassare il canone, ma si potrebbe anche introdurre uno strumento progressivo sul reddito, per cui i ceti meno abbienti non paghino o paghino poco. Credo che sarebbe un atto di correttezza, di giustizia e di solidarietà che, in particolare per quel che riguarda un ricavo di servizio pubblico, sarebbe giusto fare. Devo sottolineare un elemento anche in questo caso: non confondiamo i ricavi e ciò che deve essere rivolto al servizio pubblico con ciò che deve essere rivolto ad altro. Non ci può essere uno strumento unico che serva a sostenere da una parte il servizio pubblico e dall'altra l'emittenza privata, perché sono due cose diverse.
  Se siamo tutti convinti che uno strumento determinante per la democrazia in Europa è il servizio pubblico radiotelevisivo, o meglio, come dice l'Europa, i media di servizio pubblico, evidentemente ci deve essere uno strumento che garantisca certezza di risorse al servizio pubblico. In seguito troveremo altri strumenti per l'emittenza privata. Ribadisco che condividiamo l'esigenza di sostenere l'emittenza radiotelevisiva privata locale, ma con strumenti idonei, diversi da quelli del servizio pubblico.
  Senatore Airola, lei dice che è un operatore di ripresa. Non l'ho detto nella mia relazione, ma dato che il suo precedente impegno me lo permette, le dico che il tema delle immagini per l'USIGRAI è uno dei temi fondamentali. Recuperare all'interno dell'azienda gli operatori delle immagini, i professionisti delle immagini e i giornalisti delle immagini è per noi un elemento determinante per il futuro di quest'azienda. Troppe volte ci siamo rivolti agli appalti. È un errore: bisogna tornare ad avere all'interno della nostra azienda professionisti e giornalisti delle immagini, perché se siamo un'azienda radiotelevisiva non si può rinunciare a quel patrimonio storico della nostra azienda. Sulla trasparenza siamo chiarissimi e ci troverete sempre dalla stessa parte. Qualunque provvedimento in favore della trasparenza troverà l'USIGRAI favorevole. Ovviamente ci adegueremmo a qualunque norma che dovesse prevedere elementi di trasparenza. Su questo tema, voglio aggiungere un elemento. Onorevole, mi permetta una battuta. Giacché il suo capogruppo ci tiene tanto, consegno al Presidente la mia busta paga. L'USIGRAI non ha problemi di trasparenza, perché la trasparenza è un elemento determinante per il nostro lavoro di giornalisti. Tuttavia, questo è un mio atto individuale, che posso fare io come segretario dell'USIGRAI, dato che non ho nulla da nascondere. Innanzitutto, per quel che riguarda le giornaliste e i giornalisti, abbiamo un contratto nazionale di lavoro e un contratto integrativo, che è noto a tutti ed è pubblicato sui siti internet. Ovviamente questo è un mio atto individuale, che non posso imporre ad altri. Tenevo a farlo, per mostrare che sul tema della trasparenza, come sindacato, non abbiamo nessun timore. Dobbiamo però aggiungere che ci dobbiamo intendere sul senso dei provvedimenti. Siamo d'accordo sulla massima trasparenza sul bilancio (il servizio pubblico deve essere una casa di vetro), ma è indiscutibile che esistono degli elementi in qualunque azienda che hanno bisogno di un'adeguata riservatezza, per permettere all'azienda di essere presente sul mercato. Si tratta semplicemente di stabilire qual è la vera trasparenza e quali sono invece gli elementi di riservatezza nella gestione di un'azienda, per poter fronteggiare l'intero mercato. A questo proposito, dobbiamo stabilire se introdurre provvedimenti di trasparenza serve a fare scandalismo, oppure a quello a cui tutti noi teniamo: conti in ordine, efficienza operativa e competitività dell'azienda. Soprattutto, oltre a interrogarci su questo, vogliamo iniziare a interrogarci su cosa mandiamo in onda e sulla qualità del servizio pubblico ? Crediamo che la Pag. 17massima trasparenza sia fare un servizio pubblico di qualità, con conti in ordine. Ed è questo quello che noi per primi pretendiamo dall'azienda. Da questo punto di vista, c’è la più totale disponibilità da parte del sindacato dei giornalisti.
  Senatore Cuomo, faccio solo una precisazione: l'apprendistato nel contratto giornalistico non è previsto. Ciò che è previsto è il praticantato giornalistico. Il direttore generale è il manager. Noi siamo i rappresentanti delle lavoratrici e dei lavoratori. Per quel che riguarda il praticantato, è in atto da anni una discussione sulla riforma dell'accesso alla professione, e quindi dell'Ordine. Rispettosamente aspetteremo le decisioni dell'Ordine, per quel che riguarda la sua proposta, e del Parlamento, che è l'unico titolato a legiferare su un progetto di riforma. Per parte mia (questa è una valutazione personale), spero che quanto prima si arrivi ad una legge di riforma dell'Ordine, perché è una legge evidentemente troppo vecchia.
  Onorevole Peluffo, la ringrazio per la richiesta di convocazione della EBU, e ringrazio l'intera Commissione per averla accolta. Credo che sia un fatto importante.
  Per quel che riguarda il canale istituzionale, la ringrazio per aver accolto la nostra richiesta e colgo l'occasione per una precisazione. Lei citava GR Parlamento e RAI Parlamento. Su questo da parte del sindacato c’è un atteggiamento molto laico. Possiamo discutere di un eventuale accorpamento per tema o per mezzo; non c’è nessun problema. Ciò che non si può perdere è la missione. Il servizio pubblico evidentemente non può rinunciare a quella missione, anzi deve rafforzarla. Contestualmente, visto che si parla di GR Parlamento, colgo l'occasione per sottolineare l'importanza del mezzo radiofonico, che è parte fondante e centrale del servizio pubblico. Sulla radio è quanto mai necessario un fortissimo rilancio, per recuperare anche su quel fronte il primato del servizio pubblico.
  Faccio solo un accenno sul tema del canone, sollevato dal senatore Scavone. Quasi tutti i servizi pubblici europei hanno un sistema misto di finanziamento. Siamo disponibilissimi a discutere, ma ricordiamo che per la RAI vigono dei tetti di raccolta pubblicitaria. Nel caso si dovesse ridiscutere del canone, discuteremmo anche di quei tetti, e non sono convinto che sia un fatto positivo per l'intero sistema editoriale. Affrontiamo quel tema con serietà, tenendo presente che si sta in un sistema editoriale molto complesso.
  Rispondo ora circa la situazione occupazionale, e arrivo al tema della scuola aziendale e della scuola di Perugia, che evidentemente non ho nessuna intenzione di eludere. L'onorevole Lainati ricordava che il 23 febbraio 2005 fu siglato un accordo sul precariato tra la RAI e l'USIGRAI, con l'allora segretario Roberto Natale. Tra l'altro, non so se lei ricorda che alcuni di coloro che sono a questo banco furono qui anni fa insieme all'USIGRAI per raccontare il tema del precariato, quando non c'era alcun tipo di certezza. Visto che la Commissione parlamentare di vigilanza giustamente chiede massima trasparenza, ci fa piacere ricordare cosa vuol dire fare relazioni sindacali utili e proficue. Quando firmammo quell'accordo e quando venimmo qui, in RAI c'erano 560 giornalisti con contratto giornalistico a tempo determinato. Oggi abbiamo 120 giornalisti, di cui dieci saranno assunti entro la fine dell'anno. Grazie agli accordi sindacali, sostanzialmente abbiamo trasformato il precariato da un fenomeno patologico a un fenomeno assolutamente fisiologico, nettamente al di sotto dei limiti imposti dal nostro contratto di lavoro. Riteniamo quindi che quella sia la strada da perseguire. Aggiungo anche che allora il precariato in RAI durava almeno dieci anni, se non dodici; oggi dura al massimo 36 mesi di lavoro, più altri sei, meno di quanto previsto dalle attuali norme sul mercato del lavoro, sempre grazie agli accordi sul precariato tra RAI e USIGRAI. Colgo anche l'occasione per citare un dato INPGI: nei primi nove mesi di quest'anno sono stati assunti in tutto il sistema editoriale 212 giornalisti, la gran parte grazie agli accordi RAI-USIGRAI. Per essere chiari, non dico questo per rivendicare un risultato dell'USIGRAI, ma semplicemente Pag. 18per indicare che quegli accordi tengono anche il sistema degli enti, ossia il sistema sindacale, ordinistico, previdenziale e sanitario, per quel che riguarda la nostra cassa sanitaria (la CASAGIT). Infatti, l'accordo di cui si è parlato fu siglato al termine di una trattativa alla quale erano presenti al tavolo, oltre ai soggetti trattanti (l'USIGRAI e la Federazione della stampa), anche l'INPGI e la CASAGIT, proprio perché volevamo che tutto ciò che facevamo fosse sostenibile per l'intero sistema degli enti dei giornalisti.
  A proposito di quell'accordo, visto che si parla della scuola di Perugia, Presidente, io rubo dieci secondi. Lo devo alla mia storia. Visto che siamo contro i conflitti d'interesse, denuncio il mio conflitto d'interesse: provengo dalla scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia. Se non avessi avuto quell'opportunità, probabilmente oggi non lavorerei in RAI. Lo dico, così almeno è chiaro: parla uno che viene da quell'esperienza. Devo anche ricordare che purtroppo un paio di settimane fa è venuta a mancare una persona che per la scuola è stata molto importante: Nunzio Bassi, che è stato coordinatore didattico di quella scuola per vent'anni. A volte ci sono delle persone che non sono note, ma reggono delle istituzioni, per le quali sono determinanti. Nunzio Bassi ha permesso di formare per vent'anni giornaliste e giornalisti, e ha dato il suo lavoro a quella scuola, e quindi in qualche modo anche alla RAI che la finanzia.
  Entro nel merito. Il senatore chiedeva cosa sia una scuola aziendale. Avete forse notato che come USIGRAI abbiamo evitato di parlare di questo tema, che ormai ci esercita dall'estate, perché, rispettosamente, volevamo dare risposte agli unici soggetti che riteniamo potessero legittimamente chiederci conto di accordi sindacali: gli iscritti e la Commissione parlamentare di vigilanza. Con lo stesso rispetto, rispondo che non posso dire io che cos’è una scuola aziendale. Me lo deve dire il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, che ha approvato il Quadro di indirizzi, che all'articolo 2 afferma che è vietato il riconoscimento di una scuola aziendale. Cosa denota una scuola aziendale lo deve dire il Consiglio nazionale. Evidentemente la RAI si adeguerà a quel tipo di decisione: aspettiamo da parte loro una decisione. So anche che il Consiglio Tecnico Scientifico, lo strumento dell'Ordine che si occupa di questa materia, ha avviato un'indagine per verificare se nell'attuale sistema delle scuole di giornalismo riconosciute dall'Ordine qualcuna violi l'articolo 2. Rispettosamente attenderemo il risultato di quest'indagine. Tengo a sottolineare che dal 1992 l'Ordine dei giornalisti riconosce il praticantato alla scuola di giornalismo di Perugia, che quindi è una scuola riconosciuta dall'Ordine dei giornalisti. Da allora nulla è cambiato, né per quel che riguarda le forme di finanziamento della scuola né per quel che riguarda il placement degli ex allievi della scuola stessa. Nulla è cambiato, al punto tale che l'ultima verifica effettuata dal CTS...

  VINCENZO CUOMO. Lo spieghi al direttore generale.

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario USIGRAI. Arrivo alla sua domanda, però mi deve permettere di inquadrarla.

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario USIGRAI. Da allora nulla è cambiato, al punto tale che nel maggio scorso il CTS, lo strumento all'Ordine dei giornalisti che ha fatto un'ulteriore verifica sulla scuola di Perugia, ha dato a questa scuola una votazione di 85/100, «più che sufficiente rispetto al Quadro di indirizzi». Se è cambiato qualcosa rispetto alla scuola aziendale, ci può essere comunicato.
  Per quel che riguarda la trasparenza, dal 2008 a oggi (forse è un periodo adeguato per fare delle statistiche) in RAI hanno avuto il contratto giornalistico per la prima volta 270 persone. Di queste, provengono dalla scuola di giornalismo di Perugia 75 persone, ovvero circa il 25 per cento. Questo dato dimostra che la scuola di Perugia non è l'unica via di accesso alla RAI. Tutti gli altri (per la precisione 140) provengono da meccanismi di selezione interna o esterna.Pag. 19
  Per essere chiari, quando parlo di selezione interna, mi riferisco alla selezione di giornalisti professionisti che hanno con la RAI un rapporto di lavoro dipendente o autonomo, però non con contratto giornalistico. L'ultima esperienza l'abbiamo conclusa il 30 ottobre. Sono persone che hanno rapporti di lavoro con la RAI di tipo dipendente, autonomo o di collaborazione. Sono state fatte selezioni per contratti giornalistici. In altre parole, con meccanismi selettivi, interni o esterni, sono entrate in RAI 140 persone (più del 50 per cento). Una cinquantina di persone (quasi il 20 per cento) provengono invece da meccanismi – passatemi il termine – orientativamente di contenzioso, cioè di chiusura di contenzioso oppure per evitare il contenzioso. Il resto del personale ha a che fare con le minoranze linguistiche o un altro tipo di provvedimento.
  Tengo a sottolineare che non è vero che la scuola di Perugia sia l'unica via di accesso e non è neanche quella maggioritaria, ma è nettamente minoritaria. Tengo a sottolineare anche che comunque tra questi giornalisti che sono entrati, oltre a quelli della scuola di Perugia, c’è un numero considerevole di colleghi che provengono da altre scuole di giornalismo riconosciute dall'Ordine.
  L'accordo parla di «scuole di giornalismo, secondo prassi aziendale». Bisognava rispondere a un'emergenza creata da un piano di esodi, in particolare nelle sedi regionali, mandando del personale per permettere a quelle redazioni di funzionare. La prassi aziendale è esattamente quella per cui in alcuni occasioni ci si è rivolti alla scuola che la RAI ha fondato e finanzia.
  A questo punto mi permetto anch'io una considerazione: credo che se la RAI, che finanzia la scuola di giornalismo per circa 650.000 euro all'anno, non traesse nessun tipo di ritorno da quel tipo di investimento, voi, come Commissione parlamentare di vigilanza, avreste tutto il diritto di chiedere conto di quei soldi spesi.
  Ciò che non è permesso è la discriminazione. Parto da una dichiarazione di principio: per quel che riguarda l'USIGRAI, in RAI si entra per selezione pubblica nazionale. Questo è il nostro baluardo, da cui non ci muoviamo. Altre iniziative di selezione sono state bloccate, seppure dopo accordo sindacale, per iniziative esterne, per motivi di ricorsi e non per volontà dell'USIGRAI. Avremmo fatto almeno altri due concorsi, se non ci fossero stati dei ricorsi. Per noi in RAI si entra per selezione pubblica nazionale, al punto tale che in questi giorni stiamo facendo una trattativa sindacale con l'azienda per arrivare ai criteri che dovranno normare la selezione pubblica prevista da quell'accordo.
  Il secondo punto è quello della selezione interna di cui parlavamo prima. Visto che si accennava al tema dei lavoratori autonomi, tengo a dire che su quaranta giornalisti più della metà sono esattamente dei lavoratori autonomi. A questo proposito dobbiamo ricordare la sentenza della Cassazione del dicembre 2011, che afferma che i rapporti di lavoro in RAI sono di tipo privatistico. Detto questo, evidentemente ci dobbiamo ispirare a criteri di pubblicità e di trasparenza. Ribadisco che l'USIGRAI ritiene che la via di accesso sia la selezione pubblica, e quindi vogliamo arrivarci immediatamente. Sapevamo che nel fissare quella selezione pubblica avremmo avuto bisogno di tempi lunghi, perché una selezione pubblica come quella, il più possibile aperta, per avere i migliori sul mercato, richiedeva tempo. Dovevamo rispondere ad un'emergenza, e si è risposto secondo quelle prassi che sono state utilizzate per vent'anni dalla RAI. Sulla chiamata diretta devo fare un chiarimento, Presidente.

  PRESIDENTE. Anch'io ricevo molte sollecitazioni rispetto a questo punto. Anche lo stesso presidente dell'Ordine è contrario alle 35 assunzioni dalla scuola di giornalismo. Riassumendo, l'emergenza che in quel momento si andava prospettando si è superata usando la prassi aziendale, chiamando 35 risorse solo dalla Pag. 20scuola di Perugia. Nell'accordo era previsto di ricorrere a «scuole», ma il plurale è stato superato dall'emergenza.

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario USIGRAI. L'accordo parla di «scuole di giornalismo, secondo prassi aziendale», il che vuol dire, esattamente come ho provato a spiegare, che il ricorso a quel tipo di risorse è una cosa ripetuta nel tempo. Aggiungo che una prova che non è quella l'unica via di accesso è che in RAI si è fatto un esperimento simile con la nascita della redazione internet del TG1, quando ci si rivolse esclusivamente a due scuole di giornalismo: LUISS e LUMSA. Non è importante a quali scuole ci si rivolse; per quel che mi riguarda, è importante che si trattava di due scuole di giornalismo riconosciute dall'Ordine, diverse dalla scuola di Perugia. Eppure in quell'occasione non si levò nessuna voce a chiedere parità di trattamento. Questo dimostra che in situazioni di emergenza evidentemente si trovano delle soluzioni per ricorrervi. Tengo a sottolineare che, oltre a quel provvedimento d'emergenza legato a quei 35, c’è anche un provvedimento immediatamente successivo riguardante altri 40 giornalisti, che speriamo arrivino il prima possibile in servizio presso le sedi regionali, che sono in carenza di organico.
  Presidente, devo fare un chiarimento sulla chiamata diretta, perché le definizioni e le parole hanno un peso. L'espressione «chiamata diretta» nell'accezione comune vuol dire che io scelgo una persona esclusivamente per una mia decisione arbitraria o in base a un rapporto fiduciario. Se invece prendo persone all'interno di un bacino, e ciò che le contraddistingue è il metodo di accesso e non la persona singola, non si tratta di chiamata diretta. Dico questo perché altrimenti creiamo l'equivoco (e lo trovo poco rispettoso nei confronti di 35 professionisti) che siano stati scelti per rapporti personali. Sono stati scelti perché hanno vinto una selezione pubblica di accesso a una scuola di giornalismo e perché hanno superato un esame di Stato. Legittimamente qualcuno contesta l'attingere a quel bacino: è un tema di discussione. Abbiamo spiegato la motivazione della nostra scelta. Per esser chiari, grazie all'impegno dell'USIGRAI (non del segretario Di Trapani, ma di altri segretari) le chiamate dirette in RAI ormai da anni non si fanno più. Vorrei che si tenesse presente questo, perché è un cambiamento storico per quel che riguarda la RAI il fatto che finalmente quelle chiamate dirette nell'accezione antica non si fanno più. I numeri che vi ho dato vi dimostrano che negli ultimi cinque anni d'ingressi per chiamata diretta non ce ne sono.

  PRESIDENTE. Questo è ottimo, ma mi è oscuro il modo in cui si attinge al bacino. Lo dico chiaramente, perché sicuramente queste domande arriveranno anche da tutti i ragazzi. Si è deciso di attingere al bacino della scuola di Perugia, perché la prassi aziendale è stata sempre quella e c'era un'emergenza. Mi servirebbe un chiarimento anche sulla questione d'emergenza, visto che comunque la RAI ha un numero di giornalisti veramente cospicuo (se non sbaglio, sono circa 1.700). Vorrei capire il modo in cui si scelgono quei 35 da quel bacino. È questo il percorso di trasparenza che sto cercando di comprendere per comunicarlo. Dopodiché possiamo chiudere questa questione.

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario USIGRAI. Presidente, l'emergenza è presto detta: con il ricorso a quelle 35 unità, abbiamo portato tutte le sedi regionali a una situazione di organico che era comunque in numero inferiore alla pianta organica prevista. L'emergenza è dettata dall'assenza di persone adeguate alla pianta organica, il che rappresentava un serio rischio di non poter mandare in onda i telegiornali e i giornali radio regionali.
  Il problema è che quelle uscite in numero massiccio erano dovute a esodi volontari, derivanti da un piano d'incentivazione all'esodo volontario, il cui esito evidentemente era nello scorrere del tempo e non si poteva prevedere in anticipo che numeri avrebbe portato. Aggiungo anche che quest'accordo è stato Pag. 21fatto contestualmente a un accordo che prevedeva il completamento di quel piano di esodi, che avrebbe inevitabilmente comportato ulteriori uscite. Bisognava quindi fronteggiare quel tipo di elemento. Perché si è attinto a quel bacino ? Ho provato a spiegarlo.

  PRESIDENTE. Come si è attinto.

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario USIGRAI. Presidente, la prego di chiarire la domanda, perché vorrei rispondere in maniera precisa.

  PRESIDENTE. C’è un bacino a cui si è deciso di attingere, composto dagli ex allievi della scuola di Perugia. Erano 35 in tutto o magari erano 60, dei quali si è deciso di assumere 35 ? Sto chiedendo questo, con tranquillità e chiarezza.

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario USIGRAI. È esattamente come lei ha detto. Non c'era un bacino di 50 persone dal quale ne sono stati attinti 35, ma erano 35. Mi perdoni, Presidente, se posso aggiungerei una cosa, visto che in qualche modo abbiamo toccato la questione della natura giuridica della RAI (giustamente). Purtroppo la RAI vive un ibrido. Per quel che riguarda i rapporti di lavoro è di tipo privatistico (lo dice la Cassazione), ma, ad esempio, per quel che riguarda il tema degli appalti dobbiamo ricorrere al Codice degli appalti, e quindi a gare di appalto pubbliche europee.
  Se vogliamo affrontare in maniera seria una questione che riguarda la RAI, dobbiamo discutere il tema della natura giuridica, perché è inevitabile che una natura giuridica come quella che abbiamo attualmente rende straordinariamente difficile essere presenti sul mercato.
  Cito soltanto un esempio: se devo digitalizzare la produzione dei telegiornali, ho dei tempi lunghissimi per queste procedure. Sono tempi che evidentemente non mi permettono di essere al passo con le innovazioni tecnologiche. Detto questo, evidentemente la soluzione deve avere un elemento cardine. Visto che si utilizzano soldi derivanti da ricavi pubblici, ci deve essere sempre e comunque il più stretto e più rigido controllo da parte della Corte dei conti, proprio per garantire la trasparenza cui faceva riferimento il senatore.
  Devo chiudere sul numero delle testate, su cui mi sollecitava anche il senatore Margiotta, oltre al Presidente. L'ho detto nella relazione e lo ribadisco: l'USIGRAI è assolutamente disponibile a discutere piani di riorganizzazione. C’è la più totale disponibilità. Ciò che sicuramente non è tema di discussione è la riduzione dell'informazione RAI. Se per rendere più efficace e più efficiente la RAI abbiamo bisogno di riorganizzare, siamo d'accordo.
  Vi cito anche un esempio: siamo stati quelli che hanno detto che GR Parlamento era inutilmente una testata autonoma, anzi ci opponemmo alla nascita di una testata autonoma GR Parlamento. In altri tempi, rispetto a quella nostra richiesta, la risposta dell'allora management fu addirittura quella di nominare non solo un direttore, ma anche un co-direttore per GR Parlamento. L'USIGRAI aveva un'altra opinione.
  Noi siamo quelli che da anni ritengono che il percorso di fusioni, ad esempio tra RAI News 24 e televideo, sia possibile. Solo dopo anni siamo arrivati a discutere di questo. Da parte nostra c’è la più totale disponibilità a discutere dell'attuale assetto organizzativo. Non siamo disponibili a discutere una riduzione dell'informazione RAI, che anzi deve essere potenziata. Per quel che ci riguarda, bisogna aprire il tema della titolarità dell'informazione sulle reti, perché è giusto che l'approfondimento giornalistico venga fatto anche dalle testate giornalistiche. La RAI e i cittadini hanno bisogno di più informazione.
  In un'altra occasione, se volete, parleremo dei dati di ascolto. Vi cito un esempio: le curve di ascolto di RAI 2 ci dicono che i telegiornali registrano i picchi di ascolto. C’è bisogno di più informazione e non meno. Per farla meglio, dobbiamo riorganizzarci. Siamo disponibili a farlo, ma con la condizione che vi abbiamo posto: il tavolo deve essere trilaterale. Pag. 22Siamo disponibili a riorganizzarci, assumendo anche decisioni difficili, con coraggio, ma bisogna dare alla RAI e al servizio pubblico una prospettiva, che evidentemente non può essere da qui a tre anni. Deve essere una prospettiva che ci permetta di guardare al futuro, e il futuro non sono i prossimi tre anni. Rispetto a questo, saremo disponibili, se voi ci aiuterete, a creare questo tavolo trilaterale. Noi ci saremo e faremo la nostra parte.
  Concludo con una battuta. Non c’è più il senatore Scavone, che ha detto di aver notato l'amore per l'azienda. Personalmente ho fatto tutto il percorso di precariato giornalistico in azienda, e ho avuto la fortuna di essere assunto giovane, così come tutti i miei colleghi. Non è un caso che all'interno dell'esecutivo dell'USIGRAI sono rappresentate tutte le realtà e tutte le testate, proprio perché abbiamo e vogliamo avere uno sguardo unitario. Presidente, innamoriamoci tutti di nuovo dell'azienda. Innamoriamoci tutti di nuovo della RAI. Innamoriamoci tutti di nuovo del servizio pubblico. Questo Paese ne ha straordinariamente bisogno. Questo Paese, come tutte le democrazie europee, ha uno straordinario bisogno di un servizio pubblico efficace ed efficiente, che sia realmente al servizio dei cittadini.

  PRESIDENTE. Sul fatto che il patrimonio della RAI vada difeso, valorizzato e gestito in modo trasparente, perché, come lei ha detto, è finanziato dai cittadini, penso che siamo tutti completamente d'accordo. Si tratta sempre di un processo di chiarezza e trasparenza.
  L'onorevole Cuomo vorrebbe porre un'ulteriore domanda. Le cito solamente un dato rispetto a una lettera che ho ricevuto in Commissione da parte di Iacopino, presidente dell'Ordine dei giornalisti. Dobbiamo metterci d'accordo su questa serie di dati, perché mi avete comunicato dei dati diversi. Iacopino, oltre a ribadire l'estraneità dell'Ordine dei giornalisti a tale selezione, mi comunica che, in base alle informazioni da lui assunte (che vanno in contrasto con quelle appena citate), il numero degli ex allievi senza un rapporto di lavoro stabile era decisamente superiore alle 35 unità prescelte in base a criteri allo stato non noti. Su questa questione magari risentiremo anche Iacopino, per comprendere i suoi dati rispetto a quello che ha detto lei. La lettera è patrimonio della Commissione, quindi la cito come atto.

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario USIGRAI. Il presidente dell'Ordine fa il presidente dell'Ordine; io mi occupo del sindacato delle giornaliste e dei giornalisti della RAI. Evidentemente ho dati diversi. Soprattutto, per quel che mi riguarda, ritengo che i criteri di assunzione all'interno di un'azienda vengano decisi dal sindacato e dall'azienda, che sono gli unici soggetti competenti a stabilire i criteri di assunzione. Dato che siamo un'azienda di servizio pubblico, con la massima trasparenza di fronte alla Commissione parlamentare di vigilanza ho dato i dati in mio possesso. Se dovessero essere necessari approfondimenti, torneremo quando voi vorrete.

  PRESIDENTE. Perfetto. È il modo che usiamo per lavorare.

  VINCENZO CUOMO. Parto dall'ultima affermazione del dottor Di Trapani. Siccome il tema è molto interessante e l'utilità dell'audizione è proprio quella di avere uno scambio di opinioni, non c’è né una contrapposizione e neanche una vena polemica in quello che si dice. Io esercito il mio ruolo di commissario, dal momento in cui in questa legislatura sto all'interno di questa Commissione. Se nel 2008 si è sbagliato, facendo un accordo contro legge, e non si è levata alcuna voce, non è un motivo valido perché si continui a perseguire un obiettivo che sul piano della legittimità è sbagliato. Non credo che l'azienda pubblica possa dare legittimità alle assunzioni attraverso l'accordo col sindacato, che è un'altra cosa. Il sindacato giustamente stabilisce, per esempio, il criterio col quale si fa il piano degli esodi volontari.Pag. 23
  Questo è giustissimo. Non sono molto convinto che l'emergenza possa essere dettata dal fatto che all'improvviso si sono resi conto che l'esodo volontario nell'arco di tre mesi aveva colpito un certo numero di giornalisti. Se fosse stato così non sarebbe stato un piano. Il piano ha una curva demografica in cui si stabilisce una data certa e un tempo certo. Ma non è quello il problema. Il problema non è neanche rispetto alla scuola di giornalismo della RAI. Non sapevo neanche che lei fosse proveniente da quella scuola. Immagino che ci siano, altrettanto validamente, tanti giornalisti che si formano in altre scuole. Il problema è che la RAI non riconosce come scuola aziendale la scuola di Perugia. Il fatto che la finanzia non significa che sia una scuola aziendale.
  Immagino che lei non sia fortemente informato sull'audizione del direttore generale. Il suo rappresentante, in quanto dipendente della RAI, è il direttore generale, il quale è il legale rappresentante dell'azienda. Il direttore generale è venuto qua e ci ha raccontato delle cose. È per questo che siamo un po’ in difficoltà da questo punto di vista. Le cito le sue parole: «il tema della scuola di Perugia è relativamente semplice. Si tratta della scuola fondata con l'ausilio della RAI». Il fatto che parli di «ausilio» significa che c’è anche qualcun altro. Il direttore continua: «la mia risposta è: datemi la definizione di scuola aziendale e io vi risponderò; io non la conosco». Scusate, ma se il direttore generale della RAI non conosce la scuola aziendale, come si può immaginare che un commissario non ponga una domanda su come funziona questa cosa ?
  Dottor Di Trapani, Presidente Fico, sto leggendo quello che ha dichiarato il direttore generale in Commissione di vigilanza RAI. Non l'ho preso da un'intervista (sulla quale ci sarebbe comunque da fare qualche considerazione, visto che parliamo di servizio pubblico).
  Stabiliamo le regole del gioco. È vero che c’è un contratto di diritto privatistico, ma le assicuro che il Codice degli appalti (il decreto legislativo 163) riguarda le prestazioni di servizio. Le assunzioni, e quindi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato in un'azienda pubblica, il cui capitale è pubblico, vanno fatti secondo l'accesso con concorso pubblico. Poi ci sono tante altre forme. Non mi dilungo su questo tema. Mi fa piacere che l'USIGRAI ritiene che il tema del concorso pubblico sia la regola rispetto alla quale non si deroga.
  La prassi aziendale non significa niente. La prassi aziendale non può andare oltre la legge o al di fuori della legge.

  PRESIDENTE. Onorevole Cuomo, concluda. Lo dico per l'orario, non per altro. Dobbiamo arrivare alla conclusione.

  VINCENZO CUOMO. Allora riserviamoci un'altra occasione. Cerco di fare meno interrogazioni possibili, per non svilire il ruolo delle audizioni, ma ritengo che con l'USIGRAI moltissime cose siano state chiarite, ma su questa storia dei concorsi pubblici e delle assunzioni ci siano questioni che vanno meglio argomentate tra l'azienda, il sindacato e l'organi di vigilanza.

  PRESIDENTE. La natura della sua domanda è chiara.

  VINCENZO CUOMO. Mi ritengo parzialmente soddisfatto. C’è una questione che non mi convince. Non voglio svilire il ruolo dei 35 giornalisti, che non è in discussione. Non è un concorso che stabilisce chi sia abilitato all'esercizio di una professione. È l'accesso all'azienda che è stabilito da un concorso, non la capacità professionale di una persona. Sono due cose completamente diverse.

  VITTORIO DI TRAPANI, segretario USIGRAI. Mi è stato chiesto di mantenermi al Contratto di servizio. Ci siamo dilungati di più su quest'altro tema, ma è corretto. Faccio un chiarimento: la RAI ha fondato e finanzia la scuola, ma ci sono anche altri soggetti. La scuola fu creata con il contributo dell'università, della Cassa di risparmio (se non erro) e di una fondazione locale. Tuttavia, la RAI è il principale soggetto finanziatore di quella Pag. 24scuola da sempre. Questo è il senso della mia dichiarazione. Per essere chiari, ribadisco che il direttore generale fa il direttore generale, mentre io faccio il segretario del sindacato. Sarò pure un suo dipendente, ma sono due mestieri diversi. Io rispondo ai miei scritti; lui risponde come manager. Sono due compiti diversi. Io rispondo per quel che mi consta.
  C’è un'affermazione che non posso ammettere, senatore. Lo devo dire con chiarezza. L'USIGRAI non ha mai siglato e mai siglerà accordi contro legge. Non riteniamo di aver mai siglato alcun tipo di accordo contro la legge. L'assetto normativo a cui lei fa riferimento probabilmente non tiene sufficientemente conto della sentenza della Corte di Cassazione di cui le dicevo, che prevede che il rapporto di lavoro è privatistico, pur sottolineando i requisiti di pubblicità e imparzialità. Noi andiamo oltre: non ci basta che il rapporto sia di tipo privatistico; vogliamo e da sempre chiediamo la selezione pubblica nazionale. Quello è il metodo per accedere alla RAI. Ribadisco che l'USIGRAI non ha mai siglato accordi contro la legge.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di USIGRAI e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.20.