XVII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Mercoledì 23 ottobre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Porta Fabio , Presidente ... 3 

Audizione del sottosegretario agli affari esteri, Mario Giro, sulla promozione della cultura e della lingua italiana all'estero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Porta Fabio , Presidente ... 3 
Giro Mario , Sottosegretario agli affari esteri ... 3 
Porta Fabio , Presidente ... 10 
Garavini Laura (PD)  ... 10 
Cassano Franco (PD)  ... 12 
Farina Gianni (PD)  ... 12 
Porta Fabio , Presidente ... 13 
Giro Mario , Sottosegretario agli affari esteri ... 13 
Porta Fabio , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FABIO PORTA

  La seduta comincia alle 9.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del sottosegretario agli affari esteri, Mario Giro, sulla promozione della cultura e della lingua italiana all'estero.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del sottosegretario agli affari esteri, Mario Giro, sul tema della promozione dalla cultura e della lingua italiana all'estero, tematica per la quale il sottosegretario ha la delega del ministro.
  Desidero ricordare che le Commissioni esteri e cultura nella scorsa legislatura avevano avviato su questi temi un'indagine conoscitiva che non si è potuta concludere a causa della fine anticipata della legislatura e quindi non escludo che, se il Comitato vorrà esprimersi in proposito, quei lavori possano essere ripresi e completati nel corso di questa legislatura.
  Nel dare la parola al sottosegretario, desidero solo sottolineare come questo Comitato, che si è voluto chiamare Italiani nel mondo e promozione del sistema Paese, abbia l'assoluta consapevolezza di come la promozione della lingua e della cultura sia un fattore sostanziale di promozione non soltanto culturale, ma anche sociale, economico e commerciale del Paese all'estero.
  A noi sta molto a cuore la situazione degli Istituti di cultura e in generale la promozione della lingua e della cultura italiana all'estero, e assistiamo con crescente preoccupazione alla ripercussione negativa dei ripetuti tagli susseguitisi negli ultimi anni su questo capitolo di bilancio.
  Mi scuso per il ritardo dovuto al protrarsi della seduta precedente e spero che l'intervento del sottosegretario e le domande dei colleghi possano svolgersi in tempi concisi, perché alle 10.30 cominceranno i lavori in Aula.
  Do la parola al sottosegretario Giro.

  MARIO GIRO, Sottosegretario agli affari esteri. Grazie, presidente, vi ringrazio per questo invito a parlare della promozione della lingua e della cultura italiana all'estero.
  Come ho avuto spesso modo di dire, l'Italia è una grande potenza culturale troppo spesso inconsapevole. La nostra lingua e la nostra cultura costituiscono un potente strumento di attrazione, di dialogo e di diplomazia culturale.
  Ogni anno la lingua italiana è al quarto o quinto posto tra le lingue più studiate al mondo, sebbene sia la diciannovesima per numero di persone che la parlano. Si è appena conclusa la Settimana della lingua italiana nel mondo, arrivata alla sua tredicesima edizione, che mira ad aggregare intorno alla rete diplomatica e agli Istituti italiani di cultura tutte le iniziative orientate verso un progetto comune, che quest'anno è dedicato a L'Italia dei saperi. Secondo i dati parziali, quest'anno sono state realizzate circa 1.200 iniziative in 94 Paesi.Pag. 4
  Grazie all'azione della rete diplomatica, degli Istituti italiani di cultura, degli enti gestori, delle istituzioni scolastiche italiane all'estero (le scuole pubbliche e le scuole parificate), delle sezioni italiane presso le scuole straniere e le scuole europee, dei comitati della Dante Alighieri, delle Università per stranieri, dei lettorati di lingua, delle iniziative autonome delle comunità di italo discendenti e dei consorzi universitari, la nostra lingua è un patrimonio e un valore di cui occorre essere pienamente consapevoli.
  Ogni anno questo complesso sistema si rivolge a circa 600.000 studenti stranieri. A tale dato andrebbe peraltro aggiunto quello degli studenti raggiunti attraverso accordi di cooperazione culturale, che garantiscono l'offerta dell'italiano all'interno dei sistemi scolastici locali, il che lo farebbe crescere di molto. Ad esempio, in Tunisia l'italiano è insegnato come lingua opzionale in circa 400 scuole e in Cina in 36 Atenei universitari. L'accordo con l'Albania prevede che per il 2019 il 10 per cento degli studenti in lingue straniere studino l'italiano, e la nostra lingua è insegnata anche in 60 istituti in Russia.
  Ogni anno in realtà studia l'italiano un numero molto maggiore di persone, perché prosperano scuole di lingua private non censite e perché si impara l'italiano attraverso programmi online, programmi televisivi o il cinema. È il caso ad esempio dell'Africa sub-sahariana, dove accanto ai circa mille studenti censiti dagli istituti, si stima che altri diecimila studino in vario modo la nostra lingua.
  La domanda di italiano resta costante anche in fase di crisi ed è in espansione in particolare nelle aree emergenti. Per esempio, in Europa nel 2012 si è potuta valutare una leggerissima contrazione presso gli Istituti italiani di cultura dello 0,6 per cento di studenti, ma un aumento del 6 per cento nel continente americano, nord e sud, e in Asia. Negli Stati Uniti, in particolare, l'iscrizione ai corsi di italiano offerti dai privati (per la legge statunitense non si possono dare all'interno degli istituti di cultura) è aumentato del 15-20 per cento l'anno.
  Considero necessario guardare alla domanda dell'italiano per delineare una politica di promozione linguistica. Le motivazioni che spingono così tanti studenti verso la nostra lingua variano in base alle aree geografiche. Complessivamente si studia l'italiano sempre di più per amore della cultura italiana, per avvicinarsi a quella che Thomas Mann chiama «la lingua degli angeli». Questi studenti di lingua italiana aumentano i nostri flussi turistici.
  Al secondo posto, l'italiano è appreso per cogliere le occasioni di studio, mettendo in evidenza come il nostro Paese sia ancora considerato una destinazione per giovani talenti, soprattutto per gli studenti delle aree mediorientali. Ho chiesto che per la primavera prossima sia disponibile un rapporto che analizzi nel dettaglio gli aspetti dell'insegnamento della lingua italiana all'estero e interpreti le tendenze in atto, sia positive che negative, cercando anche di avere dei dati dai privati.
  Traggo per adesso due considerazioni in prospettiva. La nostra lingua è un patrimonio che ha un capitale poco intaccato dalla crisi economica, dalla riduzione dei bilanci e dalla particolare fase che il nostro Paese sta vivendo. L'italiano all'estero seduce anche in presenza di scarse risorse, continua a sedurre anche in mancanza di una seria azione di sinergia unitaria della rete che lo distribuisce.
  Esiste anche un potenziale legato alla lingua italiana che potrebbe generare ritorni di influenza, di reputazione, di «ital-simpatia», di turismo e di investimenti, se solo avessimo una strategia e una didattica più mirate e unitarie.
  Come ho accennato, in questa fase è importante esplorare tutte le potenzialità legate alla lingua e alla sua diffusione. Dobbiamo fare emergere il gruppo degli italo-discenti, coloro che studiano l'italiano, e degli italofoni, ambasciatori amici dell'Italia che spesso ormai occupano posizioni importanti in differenti settori del mondo, dalla moda agli affari alla politica. Personalmente, nel mondo politico latino-americano incontro sempre più spesso dirigenti, ministri e alte personalità di vari Pag. 5Stati che, pur senza essere necessariamente di origine italiana, hanno comunque studiato la nostra lingua.
  Da anni si parla dell'opportunità di costituire la comunità dell'italofonia, ma direi che esiste già: è sufficiente riconoscerla, richiamarla e radunarla andando a cercare nei registri didattici degli attori della rete che promuove la lingua italiana all'estero. Perciò il Ministero degli affari esteri organizzerà entro fine anno un incontro in cui si forniranno i numeri complessivi del sistema di promozione della lingua e si racconteranno agli italiani d'Italia le testimonianze degli italofoni importanti, questi ambasciatori dell'italiano all'estero.
  In quell'occasione lanceremo l'Associazione degli ex studenti con l'idea di convocare il prossimo anno gli stati generali della lingua italiana all'estero, rivolti a tutti quelli che parlano e hanno studiato l'italiano.
  Non si tratta solo di creare una rete di influenti italofoni per farne una lobby che difenda l'Italia: ci sono ritorni economici evidenti per il nostro Paese a fronte di costi contenuti. Il documento strategico del governo Destinazione Italia considera la reputazione del Paese una variabile cruciale per attrarre investimenti, e io credo che lo studio della lingua e della cultura italiana sia una parte importante di tale reputazione.
  La promozione culturale e la lingua italiana attirano turisti, studenti, stranieri nel nostro Paese, e la richiesta di visti turistici in Italia è passata da 1 milione nel 2010 a 1,3 milioni nel 2012. Particolarmente significativo è il caso della Russia che, dopo l'Anno della cultura italiana in Russia svoltosi nel 2011, ha fatto registrare un aumento dei flussi turistici e di affari verso l'Italia di oltre il 40 per cento.
  Gli studenti stranieri extracomunitari attualmente in Italia sono circa 60.000, in maggioranza provenienti dagli Stati Uniti. Questi ultimi soggiornano in Italia almeno per cento giorni, con una spesa complessiva di circa 645 milioni di euro, escludendo l'indotto delle visite di parenti e amici che può essere stimato attorno a tre volte quello che spendono gli studenti.
  I risultati conseguiti dal sistema della promozione linguistica dell'italiano sono ancora più interessanti se si pensa agli investimenti degli altri Paesi europei. Se vogliamo fare una valutazione qualità/prezzo, a fronte di quanto investono gli altri e di quel poco che investiamo noi, abbiamo un ritorno rilevante. L’Institut français, che comprende un'ampia gamma di enti fra cui l’Alliance française, con la sua rete di 160 sedi e 11.000 dipendenti, ha a disposizione 760 milioni di euro, di cui 135 milioni per spese di gestione e personale, e circa 625 milioni per azioni di promozione. Il tasso di autofinanziamento della rete francese è del 50 per cento circa.
  Il British Council dispone di 826 milioni annui di finanziamento pubblico e nel caso inglese il finanziamento pubblico copre solo il 28 per cento del fabbisogno delle rete. Il Goethe Institut tedesco ha 156 sedi in 93 Paesi, gli istituti tedeschi ricevono complessivamente 218 milioni di contributi statali.
  Guardiamo poi all’Instituto Cervantes, forse quello meglio paragonabile alla situazione italiana: gli Istituti di cultura spagnoli sono attivi in 150 Paesi con 1.100 dipendenti ed hanno un bilancio di 97 milioni di euro; l'Italia, dal canto suo, dà agli Istituti di cultura circa 11 milioni di euro.
  La rete della promozione della cultura italiana all'estero comprende i 90 Istituti italiani di cultura (anzi 89, per essere esatti), le oltre 140 istituzioni scolastiche italiane all'estero, i 146 enti gestori, i 176 lettori di ruolo, i 146 lettori a contratto locale, e copre attualmente 250 città nel mondo, con un costo medio per città di appena 42.000 euro. A queste si aggiungono le 399 sedi della Dante Alighieri sparse in altrettante città del mondo. È questa la rete che raggiunge i 600.000 studenti di italiano prima citati.
  Quello dei corsi di lingua italiana a favore della nostra collettività all'estero è il primo aspetto che vorrei affrontare nel dettaglio. Avviati inizialmente per mantenere Pag. 6vivo il legame con la lingua di origine, sono diventati anno dopo anno uno strumento fondamentale della strategia generale di diffusione dell'italiano grazie alla loro capillare presenza nelle scuole locali.
  La presenza diffusa di questi corsi ha reso possibile la formazione di un ampio bacino di utenza, grazie al quale si sono potuti raggiungere stadi avanzati di competenza linguistica, con un incremento del numero degli studenti a livello liceale e universitario, che nel totale dei 600.000 riguarda il 50 per cento.
  È continuata l'azione volta a sostenere in modo particolare i corsi di lingua e cultura, integrati a vario titolo nel sistema scolastico locale. A tale tipologia è stata infatti data priorità, ritenendo che tra le iniziative previste dal decreto legislativo n. 297 del 1994, sui corsi di lingua e cultura per studenti della fascia scolastica, per adulti e di sostegno, fosse quella meglio rispondente alla complessiva azione all'estero del nostro Paese.
  In coincidenza con la sensibile contrazione dello stanziamento intervenuta negli ultimi anni su questo capitolo – si è passato, nel volgere di pochi anni, da oltre 26 milioni di euro a circa 10 del 2013 – è stata promossa un'intensa opera di razionalizzazione delle iniziative e il numero degli enti gestori è stato così ridotto da 279 nel 2008 a 146 nel 2013, in genere per accorpamento. Ricordo che gli enti gestori sono organizzati e gestiti dalle comunità italiane all'estero.
  Gli Istituti di cultura sono 89, due dei quali in questo momento quiescenti, Baghdad e Damasco; sono presenti in circa 60 Paesi, (alcuni Paesi ne hanno più d'uno), ricevono 12 milioni di euro dal bilancio dello Stato e ne riceveranno 11 nel 2014 a causa della spending review, ma generano autonomamente 17 milioni, essenzialmente grazie ai corsi di lingua. Il tasso di autofinanziamento medio degli Istituti italiani di cultura è quindi circa del 51 per cento, come quelli francesi.
  Ogni euro pubblico investito negli Istituti italiani di cultura genera 1,8 euro in Asia e 2,3 in America latina, le aree geografiche dove si registra maggior profitto. Nell'Istituto di cultura di Lima, ad esempio, per ogni euro attribuito all'istituto questo ne genera 10, a Rio 5, a Istanbul 3,3, a Beirut 2, ed essenzialmente grazie ai corsi di lingua.
  Organizzare corsi di lingua italiana permette agli istituti di generare buone risorse e di autofinanziarsi. Non in tutti i Paesi questo è possibile, come per esempio negli Stati Uniti, per la presenza di una normativa che pone dei limiti. In Europa la rete ha una minore capacità di finanziamento autonomo, perché vi sono molti più soggetti privati che insegnano l'italiano, quindi c’è più competitività e gli studenti hanno a disposizione più veicoli, più scelte per apprendere l'italiano.
  Gli Istituti italiani di cultura attualmente sono dislocati per il 40 per cento in Unione europea, per il 9 per cento in Nord America, per il 12 per cento in America latina, per l'11 per cento nell'Europa extra UE, per il 2 per cento in Oceania, per l'11 per cento in Asia, mentre in Africa ce ne sono solo due.
  Il 40 per cento degli stanziamenti per gli Istituti italiani di cultura è destinato all'area europea e solo l'11 e il 13 per cento, rispettivamente, per l'America Latina e per l'Asia e Oceania. C’è quindi un certo disallineamento tra le aree di crescita, soprattutto tra l'offerta, cioè la presenza di istituti, e la domanda di lingua, che è più spostata in Asia e in America Latina.
  Questa concentrazione eurocentrica riflette innanzitutto la storia, perché la rete è stata costituita nel 1925 e più o meno è rimasta quella, pensate che solo in Germania ci sono 7 Istituti di cultura. Il personale degli Istituti di cultura attualmente ha 498 unità, che sono distribuite in 196 unità nell'Unione europea, 48 in Paesi europei extra-UE, 72 in Nord America, 27 in America Latina, 40 in Medio Oriente, 10 in Africa, 11 in Oceania e 34 in Asia.
  I 146 enti gestori che come vocazione insegnano l'italiano agli italo-discendenti si trovano anch'essi per la maggior parte in Europa (il 49 per cento), ma buona parte anche in America Latina (il 39 per cento) e organizzano corsi di lingua per Pag. 7circa 300.000 studenti. I lettorati nel mondo erano 247 nel 2011-2012, ma ne abbiamo tagliati 30 con l'ultima fase della spending review: il 43 per cento in Europa – anche qui c’è molto eurocentrismo – l'11 per cento nei Paesi europei non UE, il 17 per cento in America, l'11 per cento nel Mediterraneo e Medio Oriente, il 3 per cento in Africa e il 15 per cento in Asia.
  Il bilancio complessivo del sistema della promozione della lingua e cultura italiana all'estero è passato complessivamente dai 195 milioni di euro nel 2008 ai 152 milioni di oggi. Qui c’è dentro tutto, anche gli stipendi degli addetti alla promozione culturale e quelli degli insegnanti delle scuole italiane. La riduzione si registra anche sugli organici, perché gli addetti per la promozione culturale sono 140 funzionari su una pianta organica di 184, più 11 dirigenti, mentre nel 2008 erano 194, sempre con 11 dirigenti.
  Nel 2014, a meno di rimodulazioni nella legge di stabilità, la promozione della lingua e cultura italiana all'estero subirà un'ulteriore riduzione di circa 6 milioni di euro, con le assegnazioni di bilancio per gli Istituti di cultura che registreranno una contrazione di circa 1,2 milioni di euro, perché, come vi ho detto, passiamo da 12 e qualcosa a 11. Si tratta di un ammontare equivalente al bilancio utile per far operare 10 Istituti italiani di cultura, in quanto l'operatività di 10 Istituti italiani di cultura vale circa 1-1,5 milioni.
  La rete degli Istituti italiani di cultura è tra i maggiori punti di forza della Farnesina, una rete ampia che è tuttavia diventata troppo estesa per le risorse umane e finanziarie oggi disponibili. La sua distribuzione geografica risente poi di una visione superata, concentrata com’è soprattutto in Europa, e richiede un aggiornamento. Di qui l'esigenza di avviare un processo di parziale rimodulazione della rete degli istituti, parallelamente a quello condotto sulla rete diplomatico-consolare, che tenga conto delle altre presenze italiane (istituzionali e non) che all'estero operano, a vario titolo, nel settore della promozione culturale.
  Tale processo è dettato da fattori obiettivi, quali la scarsità di risorse finanziarie, la contrazione degli organici e i tagli della spending review, ma può essere colto come un'opportunità per avviare un necessario spostamento e una rimodulazione dalla nostra presenza culturale all'estero verso le aree in cui la domanda è maggiore, ovvero le aree emergenti con forte crescita economica e forte domanda di cultura e lingua italiana all'estero.
  È quindi in corso nei miei uffici una riflessione per ridurre la presenza di Istituti italiani di cultura in Europa attraverso mirate e ponderate chiusure, e per aprire nuove presenze in aree prioritarie come l'Asia e i Paesi del Golfo, sia per rispettare la spending review che per rimodulare. Questa azione dovrà essere affiancata da iniziative per rendere maggiormente flessibile il sistema attuale. In questo senso vanno le proposte normative attualmente all'esame della Camera, che consentiranno a un Istituto di cultura di essere accreditato (e quindi di operare) in più Paesi, così come di inviare personale dell'area della promozione culturale anche presso le Ambasciate e i Consolati.
  Queste due richieste di emendamento che abbiamo avanzato sono molto importanti, perché attualmente possiamo operare con Istituti di cultura solo in un Paese, ma dando l'accreditamento multiplo in più Paesi come avviene già con gli Ambasciatori potremmo coprire un'area più vasta e operare con addetti all'area della promozione culturale (APC) presso Ambasciate e Consolati anche in assenza di un luogo fisico «Istituto di cultura», accorpandoli all'interno dell'Ambasciata.
  La promozione della lingua e cultura italiana all'estero passa anche attraverso le scuole italiane all'estero. Mi piace ricordare che quest'anno alcuni riconoscimenti sono stati ricevuti dal sistema scolastico: lo scorso 23 settembre alcune nostre scuole statali all'estero hanno partecipato per la prima volta all'inaugurazione dell'anno scolastico che si è tenuta – come da prassi – al Quirinale, alla presenza del Capo dello Stato.Pag. 8
  Come ben sapete, per quanto riguarda il sistema scolastico la revisione della spesa ha stabilito un nuovo limite massimo di 624 unità per il contingente del personale scolastico all'estero, rispetto alle 1.024 unità esistenti al momento dell'approvazione del decreto-legge, inserendo un meccanismo di riduzione automatica e l'impossibilità di sostituire il personale che termini il proprio mandato all'estero con uno di nuova nomina inviato dall'Italia fino a che non venga realizzata la prevista riduzione generale di 400 unità. Per l'anno scolastico 2012-2013 tale riduzione è stata pari a 134 unità, per l'anno scolastico 2013-2014 è stata invece di 57 unità (siamo quindi ancora lontani dall'arrivare a 400).
  Questo automatismo dei tagli ha fatto registrare delle criticità. La prima: la mancanza di alcuni profili professionali di docenza che potrebbe pregiudicare l'avvio degli anni scolastici; la seconda: la drastica riduzione dei dirigenti scolastici, cui sono demandati il monitoraggio delle iniziative scolastiche all'estero e il controllo; la terza: l'inosservanza di impegni internazionali in relazione a scuole straniere e internazionali, anche di fronte a una contestuale diminuzione dei finanziamenti a disposizione per poter erogare contributi e sopperire al mancato invio dei docenti; la quarta: il drastico calo del numero dei lettori all'estero, attualmente 176 rispetto ai 247 dell'anno scolastico 2011-2012.
  A questo va aggiunto che, sulla base della normativa vigente, su 833 unità di personale 221 sono destinate alle scuole statali che sono otto. Tutto il sistema è costituito da otto scuole statali e quasi cento licei parificati, quindi licei che possono anche assumere personale in loco ma che, per essere parificati, hanno bisogno di avere una parte del personale inviato dall'Italia e, in particolare, del controllo da parte del direttore didattico.
  Questo è il perimetro normativo e finanziario entro cui dobbiamo operare. Nell'immediato, per attenuare gli effetti più gravi di queste quattro criticità, sarà di fondamentale importanza l'applicazione dell'articolo 9 del decreto-legge n. 101 del 31 agosto 2013 ancora all'esame della Camera, recante Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, che mira a superare le rigidità più evidenti e prevede in casi eccezionali l'invio di docenti e dirigenti all'estero.
  Siccome i tagli sono automatici e ciechi e tagliano in maniera orizzontale, non abbiamo la possibilità di intervenire laddove, come è già successo, venissero a mancare figure importanti come per esempio il Preside della scuola italiana di Asmara.
  Un breve cenno adesso agli altri strumenti a nostra disposizione per promuovere la lingua e la cultura. Nel campo dell'editoria continua la collaborazione con l'Associazione Italiana Editori (AIE) per ampliare la diffusione del libro sul mercato internazionale (fiere del libro e altre manifestazioni).
  Per quanto attiene alla cooperazione interuniversitaria, il programma di offerte di borse di studio coinvolge studenti provenienti da un centinaio di Paesi. Per l'anno accademico 2012-2013 ne hanno beneficiato quasi novecento candidati per un totale di spesa di 3 milioni. In confronto all'anno precedente si è registrato un considerevole aumento del numero dei borsisti – circa il 20 per cento in più – grazie a una diversa ripartizione delle mensilità e a una selezione dei candidati più mirata e rivolta a programmi di studio di più breve durata. Riusciamo quindi ad aumentare il numero dei borsisti ma riduciamo di molto il periodo di studio concedendo borse di studio a mensilità più ridotte.
  Anche in questo settore stiamo attuando un riorientamento geografico per ridurre al minimo le borse di studio per studenti europei in Italia che possano disporre di altre fonti di finanziamento, e aumentare invece il numero per gli extraeuropei.
  L'idea di favorire una rete di italofoni si ritrova in molte altre iniziative, come quelle avviate nel settore scientifico e tecnologico dal Polo di Trieste. Il Ministero degli affari esteri si pone quale facilitatore Pag. 9nel processo di internazionalizzazione del sistema della ricerca e dell'innovazione italiana attraverso un'azione coordinata con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministero dello sviluppo economico, con le nostre rappresentanze all'estero e in particolare attraverso la rete degli addetti scientifici e degli addetti per le questioni spaziali.
  C’è stata una riunione degli addetti scientifici a luglio scorso alla Farnesina, a cui hanno partecipato i principali centri di ricerca, distretti tecnologici, start up e spin off universitari, che ha consentito di delineare una strategia condivisa in questa direzione.
  Voglio infine ricordare la funzione delle missioni archeologiche. In questo momento diamo contributi a 154 missioni, e diamo naturalmente anche molta attenzione all'UNESCO, principale foro della Nazione Unite dedicato alla cultura e alla scienza. All'UNESCO l'Italia è tra i membri più attivi e all'inizio di novembre ci sarà la Conferenza generale.
  In conclusione, la rete di promozione della lingua e cultura italiana all'estero potrà realizzare meglio il suo potenziale grazie a un miglior raccordo tra i vari attori (istituti, insegnanti all'estero, enti gestori). L'indagine conoscitiva avviata in Senato e il vostro Comitato potranno portare a una revisione in senso unitario della disciplina della promozione della lingua italiana all'estero, una sorta di Testo Unico.
  Nel frattempo, è possibile garantire al sistema la flessibilità necessaria con limitati aggiustamenti normativi e un maggiore coordinamento, con l'elaborazione di una strategia unitaria pluriennale della promozione della lingua e della cultura italiana all'estero. Si tratta di elaborare una politica di presenza linguistica per aree geografiche da articolarsi su più anni, e di individuare messaggi e momenti unificanti tematici e geografici.
  Fra le intese concluse dal MAE per promuovere la nostra lingua all'estero con i vari attori vi è oggi anche una Convenzione con Italian culture on the Net per la diffusione di lauree e corsi a distanza, settore a cui prestiamo maggiore attenzione. Con la Società Dante Alighieri la sottoscrizione della Convenzione ha propiziato un'accresciuta collaborazione in tutti i settori, da quello linguistico a quello culturale, di concerto con la nostra rete all'estero, soprattutto in quelle aree dove non siamo presenti con un Istituto di cultura.
  La molteplicità di attori coinvolti nella diffusione della lingua italiana all'estero è una ricchezza, se si evitano competizioni troppo forti e si favorisce la sinergia. Purtroppo la spending review ha fatto venir meno la Commissione per la promozione della lingua che, se riformata nella composizione, poteva essere il luogo per sviluppare una programmazione pluriennale ed era una Commissione a costo zero. È importante che anche con l'azione del Parlamento si possa ritrovare questo luogo più aperto di condivisione strategica.
  Per la strategia di promozione linguistica e culturale del futuro immagino un documento complessivo, che unisca i vari aspetti della promozione, un documento per obiettivi che abbia indicatori trasparenti che possano essere valutati. In passato, le Conferenze annuali dei direttori degli Istituti di cultura potevano offrire l'occasione di una riflessione unitaria, ma oggi non se ne fanno più per mancanza di fondi, per cui l'incontro unitario è stato sostituito da incontri regionali o subregionali di area. Non vi nascondo che sarei invece molto felice di poter ripetere l'esperienza della riunione unitaria dei direttori degli Istituti.
  Come negli anni precedenti, nel 2013 è stata individuata un'area su cui concentrare uno speciale impegno organizzativo, costituita quest'anno dagli Stati Uniti: l'Anno della cultura italiana negli Stati Uniti, Paese a cui è stato dedicato un programma di eventi particolarmente articolato che ha rappresentato una formidabile vetrina.
  L'Anno della cultura italiana in Russia nel 2011 ha dato ottimi risultati e ora vedremo quali ricadute positive avrà questo Anno della cultura italiana negli Stati Pag. 10Uniti, tra l'altro finanziato quasi in toto da sponsorizzazioni private. Ci sono stati anche l'Anno della cultura in Ungheria e in Giappone.
  Nel 2014 prepareremo la realizzazione dell'Anno della cultura italiana in America Latina per il 2015, sfruttando anche le Olimpiadi; l'iniziativa avrà un'anteprima già durante il Mondiale di calcio del prossimo anno in Brasile, ma inizierà ufficialmente in Messico all'inizio del 2015. Sarà un Anno della cultura incrociato con eventi in singoli Paesi latino-americani e in Italia, e stiamo cercando di collaborare d'intesa con il Ministero dei beni e delle attività culturali per mettere in evidenza personaggi che ci legano al continente sudamericano come Garibaldi, Calvino e Ungaretti.
  Il mio intervento presso il vostro Comitato non pretende di esaurire una materia così ampia e complessa ma, prendendo spunto dal filo rosso rappresentato dalla Settimana della lingua italiana nel mondo appena conclusasi, spero di essere riuscito a evidenziare a grandi linee la nostra situazione, quello che intendiamo fare e il modo in cui intendiamo procedere, come anche di trasmettere alcune priorità che ho in animo di perseguire.
  La crescita di un Paese dipende secondo me da risorse umane, intellettuali, patrimonio culturale, creatività, innovazione e ricerca, che rappresentano un capitale insostituibile per rilanciare la crescita e lo sviluppo del nostro Paese. Se è vero che la cultura ha bisogno dell'economia per svilupparsi e diffondersi, è ancora più vero che l'economia ha bisogno della cultura per dare solidità e continuità a qualunque iniziativa di internazionalizzazione economica e commerciale.
  La cultura è patrimonio di tutti e punto di forza del nostro Paese nel mondo, ed è anche grazie all'impegno del Parlamento, che ringrazio nuovamente di questo dibattito, che potremo riflettere meglio su come promuoverla fuori dai nostri confini. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LAURA GARAVINI. Grazie, presidente, e grazie sottosegretario, per la dettagliata e chiara relazione che lei ci ha voluto esporre.
  Proprio per l'ampiezza, la profondità e soprattutto la delicatezza della questione considero necessario che il nostro dialogo e il nostro approfondimento si protragga anche oltre la seduta attuale. Tra l'altro, mi consenta di esprimere apprezzamento per il fatto che lei non si è limitato a trattare gli aspetti di sua diretta competenza, ma ha cercato di darci una relazione ampia, che esula anche dalle deleghe che le sono state attribuite.
  Nell'esprimere apprezzamento nei suoi confronti, mi preme però rilevare il fatto che questo spacchettamento delle deleghe in materia di insegnamento di lingua e cultura italiana all'estero che, se non erro, vede attribuite alla sua persona le competenze relative all'insegnamento della lingua e cultura presso gli Istituti italiani di cultura e presso le scuole italiane all'estero, e alla competenza del viceministro Archi l'insegnamento della lingua e cultura italiana da parte degli enti gestori, a livello amministrativo può creare qualche difficoltà e rappresentare un elemento di potenziale problematicità.
  Purtroppo il quadro che lei ci ha illustrato lascia emergere tutte quelle difficoltà che noi riscontriamo dalle segnalazioni che riceviamo e dalle problematicità incontrate sul campo dalle varie realtà istituzionali (scuole, scuole locali, Istituti italiani o enti gestori). Il problema è che i tagli apportati fino ad oggi, di cui lei ci ha dato in parte contezza, continuano a restare nel vago soprattutto per quanto riguarda tutta la parte dell'insegnamento. Purtroppo il quadro da lei riferito non fa che fotografare le grosse difficoltà con le quali ci confrontiamo considerando qualsiasi tipo di istituzione coinvolta.
  Tutto questo ci induce a evidenziare l'esigenza di approfondire meglio lo stato dell'arte, per cui non posso che fare mia la necessità di riprendere l'indagine conoscitiva Pag. 11iniziata nella precedente legislatura dalle Commissioni affari esteri e cultura, perché considero importante pervenire alla conclusione dei lavori egregiamente portati avanti nella precedente legislatura, in modo tale da disporre di un quadro complessivo, aggiornato e dettagliato dello stato dell'arte, anche alla luce di tutte le problematicità emerse.
  Queste si sono venute a creare a seguito dei tagli di risorse agli enti gestori, che nel giro di pochissimi anni, dal 2007 al 2012, sono stati pari a oltre il 70 per cento. Abbiamo avuto inoltre il dimezzamento del contingente di insegnanti di ruolo inviati dall'Italia, con tutte le difficoltà cui lei accennava, e le preannunciate chiusure di Istituti italiani di cultura.
  Ci troviamo di fronte a un sistema dell'insegnamento della lingua e cultura italiana che, indipendentemente dall'aspetto che noi andiamo a considerare, è un sistema al collasso. Considero quindi fondamentale fotografare questo stato dell'arte molto preoccupante che sta generando le criticità da lei evidenziate. Oltre a lasciare sfornite le istituzioni italiane, ci mettono anche in grande imbarazzo nei confronti di istituzioni straniere, che spesso hanno previsto risorse per la promozione e l'insegnamento della lingua e cultura italiana.
  Credo anche che sia necessario temporeggiare, fermarsi rispetto alla valutazione di ulteriori chiusure, tagli o misure restrittive, perché non condivido l'approccio, che solo teoricamente può sembrare costruttivo, di chiudere sedi in Europa per delocalizzarle altrove. Temo infatti che non si ottengano i vantaggi sperati.
  Dico questo non per preservare a tutti i costi lo status quo, ma perché gli Istituti italiani di cultura e gli istituti scolastici rappresentano davvero una grande risorsa e non a caso ce ne sono diversi in Europa, sette in Germania. Questa non deve essere vista come negatività o problematicità, in quanto è espressione di un grande interesse diffuso non soltanto tra i nostri connazionali, ma anche tra i cittadini stranieri che, sia minori che adulti, trovano nell'insegnamento della lingua e cultura italiana una grande potenzialità non soltanto di approccio culturale, ma anche di un approccio che può diventare professionale, turistico e costituire un grande indotto per il nostro Paese.
  Credo che l'approccio teorico che prevede di chiudere Istituti italiani di cultura e centri di promozione della lingua e cultura italiana in Europa per spostarli in Paesi di nuovo sviluppo non sia la risposta giusta. Ritengo invece che, nonostante i periodi di crisi e la mancanza di risorse, si debba capire la potenzialità di un necessario investimento ulteriore su questi centri di promozione culturale.
  Cerchiamo quindi di creare sia a livello parlamentare sia nel colloquio con il Governo un tavolo di lavoro attraverso cui abbozzare sinergicamente con tutto il quadro parlamentare e partitico una riforma complessiva dell'insegnamento della lingua e cultura italiana all'estero, che ci consenta di valorizzare straordinariamente questa potenzialità che, come lei evidenziava, continua ad essere seducente, perché la nostra continua ad essere una delle prime lingue richieste nel mondo, tant’è che la domanda di insegnamento di lingua e cultura italiana continua a crescere.
  Non possiamo però lasciarlo all'improvvisazione e alla capacità di seduzione, ma dobbiamo iniziare a mettere in campo anche vere strategie di promozione dell'insegnamento della lingua e cultura italiana all'estero, ben consapevoli del fatto che non è soltanto un approccio ideologico, ma è un approccio che può dare al nostro Paese un contributo maggiore di quanto avvenuto finora anche in termini di indotto economico.
  Considero importante proseguire l'indagine conoscitiva svolta nella precedente legislatura e prevedere come Comitato una serie di audizioni che ci consentano di pervenire a un aggiornamento degli elementi rispetto alla situazione data, formulando al Governo la richiesta forte di non procedere con le preannunciate chiusure di Istituti italiani di cultura avanzate da lei e dalla viceministro Dassù.
  A questo proposito, le comunico che con una serie di forze partitiche abbiamo Pag. 12presentato una risoluzione che va esattamente in questa direzione e riprende i dati da lei enunciati sul valore apportato dagli Istituti italiani di cultura, anche rispetto alle scarsissime risorse investite in confronto a quelle di altri Paesi.
  Abbiamo già avuto modo di esprimere apprezzamento nei confronti del Governo rispetto al tentativo, attraverso il decreto-legge n. 101 del 2013 sulla pubblica amministrazione, di prevedere elementi che consentano di contrastare i danni prodotti dalla riduzione del contingente di insegnanti di ruolo. Anche lì raccomandiamo la massima attenzione per tamponare tutte le situazioni di difficoltà che si sono venute a creare nelle scuole italiane o locali a causa del mancato invio di insegnanti di ruolo.
  Si deve infine cercare di pervenire a una riforma organica, che non riguardi solo l'una o l'altra realtà, ma riconsideri nel suo complesso l'insegnamento della lingua e cultura italiana all'estero.

  FRANCO CASSANO. Vorrei sapere cosa sia l'Italia nella domanda di italiano all'estero, se sia solo la sua tradizione antica oppure ci sia qualche elemento di modernità che attrae, perché in certi momenti si ha l'impressione che noi siamo stati, ma non siamo più, e possiamo solo essere custodi di un passato, mentre invece non credo che sia così.
  Per quanto riguarda il problema sollevato dall'onorevole Garavini, da quando sono in Parlamento ho capito di essere in una situazione in cui la botte piena e la moglie ubriaca non si possono mai avere e le scelte spesso sono tragiche. Nella relazione lei faceva riferimento all'eurocentrismo dell'insediamento, nel 1925, e alla volontà di guardare, al di là delle compatibilità, all'America Latina, ma vorrei sapere se ci siano altre aree interessanti dove esiste una domanda di cultura italiana nelle quali varrebbe la pena intervenire.

  GIANNI FARINA. Indubbiamente lei ha fatto un quadro completo dello stato dell'arte oggi sul piano della difesa della cultura e della lingua italiana nel mondo. Mi limito a fare solo alcune riflessioni di fondo.
  Abbiamo sempre pensato che la cultura italiana si diffondesse attraverso la lingua italiana ma è un errore colossale. L'onorevole Cassano ha posto un problema molto interessante, anche in base a esperienze recenti in Europa sono convinto che noi vendiamo male il passato, ma il problema è cosa diciamo del presente del nostro Paese nel mondo.
  Desidero citarle due esempi a cui lei ha anche accennato. Nel 2011 ero in Russia quando si celebrava la cultura italiana in quel Paese e si celebravano i nostri straordinari artisti del passato, e l'ambasciatore mi illustrava la straordinaria presenza di cittadini russi che nulla conoscevano della lingua italiana. Ecco quindi una straordinaria possibilità di utilizzare la cultura italiana in tutte le sue espressioni del passato e del presente per diffondere l'immagine del nostro Paese, che può portare anche alla diffusione della lingua.
  Un altro esempio riguarda l'Istituto italiano di cultura di Zurigo e quanto noi proponemmo venti anni fa all'allora direttore dell'Istituto italiano di cultura. Poiché si tratta di una città straordinaria che vedeva nella cultura italiana un'opportunità di crescita, proponemmo alle autorità cantonali di creare una Scuola dell'arte a Zurigo, una scuola mista italo-svizzera, pur facendolo con poche speranze che la proposta venisse recepita.
  Le autorità cantonali la considerarono invece un'opportunità e istituimmo la Scuola dell'arte italiana a Zurigo, per cui fornimmo professori di straordinaria capacità. Quella scuola dell'arte è oggi un esempio di cooperazione tra le due culture, quella svizzero-tedesca e quella italiana.
  Sono convinto che non possiamo guardare al passato, ma dobbiamo pensare che cultura e lingua sono parte dello stesso problema, e credo che occorrerebbe andare oltre. Capisco lo spacchettamento, lei ha deleghe importantissime e altri sottosegretari hanno altre deleghe, ma credo che non si possa più operare in questo Pag. 13modo: occorrerebbe istituire un Dipartimento speciale che si occupi del rapporto tra l'Italia e i Paesi nel mondo, per difendere cultura e lingua in modo nuovo e diverso, senza dimenticare che i Paesi non sono identici e avere un Istituto di cultura italiana a Pechino, a New York, a Mosca è diverso che averlo altrove.
  Sono quindi d'accordo che l'insieme della presenza degli Istituti italiani di cultura nel mondo vada rivisto, ma va rivisto bene, per verificare le potenzialità che esistono in un mondo oggi globale, quindi senza interessi corporativi, senza interessi particolari di zone, di mondi, di continenti, ma nell'insieme degli interessi della nazione italiana e della sua cultura nel mondo.
  La creazione di un dipartimento che segua autonomamente i processi che avvengono nel mondo mi sembra una cosa estremamente interessante.
  Lei ha citato alcuni esempi come l’Alliance française o l’Instituto Cervantes di fronte ai quali noi crolliamo; è chiaro che il Cervantes si muove in un'area aperta per cui il suo intervento è facilitato da una richiesta, da un rapporto, da una cultura, da un impero, e su questo non vogliamo assolutamente discutere. Ci sono però altri mondi in cui possiamo competere, e lei ha citato la Russia dove io, che ero in Russia in quel momento, ho potuto constatare le potenzialità.
  Facciamo quindi questa ricognizione, vediamo come l'investimento – poco, anche se avremmo bisogno del tanto – possa permetterci di spostare le caselle e giocare la partita in modo nuovo e diverso, perché in questo Paese, come evidenziava l'onorevole Cassano, sul passato abbiamo molto da far vedere – anche se lo facciamo vedere male – ma io credo che abbiamo molto anche nel presente, altrimenti i nostri giovani laureati nei settori più importanti andando all'estero non sarebbero apprezzati, rappresentando un patrimonio forte della ricchezza italiana. Questo significa che forse abbiamo qualcosa da portare anche nella modernità. La ringrazio e spero che in futuro avremo occasione di confrontarci e di trovare soluzioni.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al sottosegretario per la replica, vorrei esprimere alcune considerazioni. Ricollegandomi all'intervento dell'onorevole Garavini, considero opportuno riprendere, attraverso il nostro Comitato e la Commissione affari esteri, quell'indagine conoscitiva, alla quale vorrei dare un carattere meno di indagine e più di gruppo di lavoro in grado di orientare il Governo rispetto alla spending review, affinché sia ragionata per quanto riguarda la cultura, e di dare supporto alla urgente legge di riforma di tutto il comparto della lingua e della cultura italiana all'estero.
  Dovremmo chiederci se oggi abbia senso la presenza di professori di chiara fama come direttori degli Istituti di cultura e se sia utile avere sedi fatiscenti mentre sarebbe meglio investire più sulle professionalità e meno sulle strutture, che a volte ancora ci costano molto. Nelle risorse umane metto anche le professionalità locali che vanno valorizzate.
  Nella spending review per la cultura inserisco anche l'azione di incoming che mi sta molto a cuore, perché dobbiamo valutare non solo come ridurre o razionalizzare la spesa, ma anche come dalla cultura possano derivare risorse importanti.
  In America Latina abbiamo più di 70 milioni di persone di origine italiana, molte delle quali chiedono il riconoscimento della cittadinanza. Mi chiedo quindi perché non utilizzare anche questa risorsa per creare un legame proficuo tra cittadinanza e lingua italiana.
  Sull'America Latina mi permetta di chiederle che questo Anno dalla cultura previsto per il 2015, come avvenuto in altri casi ad esempio per Italia e Brasile, possa iniziare con un'appendice nel 2014, anno della Coppa del mondo di calcio, e concludersi con una seconda appendice nel 2016, anno delle Olimpiadi, per dare maggiore visibilità a questo evento.
  Do la parola al sottosegretario agli affari esteri, Mario Giro, per la replica.

  MARIO GIRO, Sottosegretario agli affari esteri. Grazie, presidente, per le vostre Pag. 14domande. Desidero rassicurarla, onorevole Garavini: non c’è uno spacchettamento delle deleghe, è tutta mia la delega cultura e insegnamento della lingua. Il problema è piuttosto quello evidenziato dall'onorevole Farina, cioè uno spezzettamento delle competenze a livello delle direzioni. Già c’è al MAE, perché istituti di cultura, scuole statali, scuole parificate, lettorati fanno parte della Direzione generale Sistema Paese, mentre gli enti gestori, quindi l'insegnamento della lingua che dipende dalle comunità all'estero, fanno parte di un'altra direzione generale.
  Parte delle competenze è poi del MIUR, perché le nostre scuole hanno bisogno di insegnanti e questi sono statali, e altra parte riguarda l'interazione con il MIBAC. Manca una cabina di regia, che senza creare strutture pesanti poteva essere la commissione della promozione della cultura italiana all'estero, che è stata abolita, non è stata più ripristinata ed era a costo zero. Credo che il Parlamento dovrebbe farsi carico di questo.
  Tale commissione era composta da una lunga lista di personalità che posso farvi avere senza problemi; adesso bisognerebbe riformarla e renderla una cabina di regia efficace per l'intero sistema.
  L'onorevole Garavini ritiene che non si ottengano risultati dalla chiusura di istituti di cultura in Europa. È mia opinione personale che, se noi avessimo 194 istituti di cultura, cioè uno per Paese nel mondo, la rete si autososterrebbe come operatività, ma ci sarebbe il problema del personale, che noi non possiamo permetterci di pagare perché la spending review e in generale la crisi finanziaria dello Stato non ce lo consentono.
  L'eventuale riduzione degli istituti di cultura dipende anche dal fatto che non abbiamo personale da mandarci: in alcuni casi la riduzione ci impone la chiusura perché manca personale da mandarci e non se ne può assumere. Per questo si propone quindi la rimodulazione. Sono convinto che dobbiamo provare a proteggere e a non chiudere niente, ma anche che, siccome non si possono fare le nozze con i fichi secchi, ottemperando alla legge della spending review si debba tenere in piedi il sistema che funziona nelle sue parti migliori.
  L'idea di rimodulare, se siamo obbligati a farlo e non c’è altra strada, chiudendo in Europa e aprendo altrove dipende solo dal fatto che vorrei non chiudere in alcun Paese e posso diminuire il numero solo nei Paesi europei perché soltanto in Europa ci sono più di 2, 3, 4, 5, 6 o 7 istituti di cultura. Questo ovviamente avverrà solo se non riusciremo a fare altrimenti, perché sono convinto che questo sia un buon sistema.
  È vero che, come sosteneva l'onorevole Farina, abbiamo istituti di cultura più fatiscenti e altri meno, però in questi primi mesi ne ho visitati diversi in America Latina e in Europa e ho trovato che funzionano bene.
  Sicuramente, onorevole Cassano, c’è qualche elemento di modernità che attrae, alcune personalità italiane sono diventate star nel mondo, come per esempio Carlo Petrini di Slow Food, che quando arriva in un Paese viene ricevuto come un Capo di Stato. Io non farei distinzioni tra antico e moderno, è un mix unico che si può osservare come un prisma da vari punti di vista e che va da Caravaggio a Slow Food, che passa naturalmente per il calcio italiano, per la Ferrari, per l'opera (gli studenti di lingua italiana in Corea sono tutti fanatici dell'opera).
  Non è però solo nicchia: c’è veramente un'attrazione seducente dell'Italia e dell'italiano, c’è un'idea nel mondo a tutte le latitudini, molto forte in alcuni Paesi, per cui l'Italia è percepita come il massimo dello chic culturale, che per stare al mondo devi conoscere.
  Quando abbiamo portato la scultura “Il pugilatore seduto” da Roma a New York, ci sono stati 92.000 visitatori in due settimane, non come qui a Roma, dove è esposto. Forse ci vendiamo male e probabilmente, come giustamente sottolinea il Ministro Bray che lo ha inserito nel suo decreto-legge «valore cultura», dobbiamo mandare in giro per il mondo le opere che giacciono impacchettate dentro le cantine dei nostri musei – ricordo che esponiamo Pag. 15solo la metà di quello che possediamo – e accanto mettere una didascalia che illustri anche cosa si potrebbe trovare in altre dieci regioni italiane. È però difficile staccare il moderno dall'antico, il design dalla cultura tradizionale.
  Per quanto riguarda le altre aree che lei chiede, onorevole, c’è grossa richiesta nel Golfo, in Azerbaijan e Kazakistan dove non abbiamo istituti di cultura, e nel sud-est asiatico dove ne abbiamo pochissimi. Se avessimo i mezzi, potremmo aprirne altri dieci per i quali ci darebbero in regalo anche il terreno.
  L'interazione fra lingua e cultura, onorevole Farina, è fortissima: noi italiani siamo abituati a vederla dal punto di vista della cultura, i francesi nostri cugini dal punto di vista della lingua. Credo che dobbiamo rimodularci in base alla loro ottica, perché è interessante sottolineare l'aspetto lingua come vettore verso la cultura.
  I direttori di chiara fama sono utili, presidente, ma bisogna sceglierli bene. Penso che siano utili, sono un numero chiuso perché non possiamo avere più di dieci direttori di istituti di cultura italiana di chiara fama. In alcuni casi sono stati una manna, perché sono personaggi già famosi che conoscono bene il Paese e danno grande lustro, ma bisogna sempre affiancarli con qualcuno che sa far funzionare l'amministrazione dello Stato, perché il genio non basta.
  Le sedi sono da rivedere. Nell'idea della rimodulazione si guarda anche a quanto sia autonoma una sede, quanto si autofinanzi, se la struttura sia demaniale e in che condizioni versi, se si possano fare accorpamenti senza chiudere, perché a volte le ambasciate sono grandi e parzialmente vuote e gli istituti di cultura possono esservi ospitati o viceversa. Si possono fare tante cose ed è quello che stiamo studiando.
  Su cittadinanza e lingua sono sicuramente d'accordo, nel senso che dare la cittadinanza e chiedere la conoscenza della lingua mi sembra giusto, anche se poi bisogna vedere quali siano le modalità.
  Devo dirvi che non mi ero mai interessato di questo settore se non come libero cittadino, ma da quando ci lavoro scopro delle eccellenze, delle cose bellissime, perché c’è molta voglia di cultura italiana nel mondo e molta passione di chi ci lavora. Probabilmente dobbiamo metterli in condizione di lavorare meglio. Grazie.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il sottosegretario agli affari esteri, Mario Giro, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.40.