XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Mercoledì 11 settembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Seguito dell'audizione del Viceministro dello sviluppo economico, Antonio Catricalà:
Fico Roberto , Presidente ... 2 
Margiotta Salvatore  ... 2 
Liuzzi Mirella (M5S)  ... 3 
Fornaro Federico  ... 4 
Fico Roberto , Presidente ... 4 
Rossi Maurizio  ... 4 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 6 
Fico Roberto , Presidente ... 7 
Lainati Giorgio (PdL)  ... 7 
Ciampolillo Lello  ... 9 
Catricalà Antonio , Viceministro dello sviluppo economico ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Catricalà Antonio , Viceministro dello sviluppo economico ... 14 
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Catricalà Antonio , Viceministro dello sviluppo economico ... 14 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Rossi Maurizio  ... 16 
Fico Roberto , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso.
  Sarà, inoltre, attivata la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, qualora sia terminata la seduta dell'Assemblea, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
  Comunico, altresì, che dell'audizione odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.

Seguito dell'audizione del Viceministro dello sviluppo economico, Antonio Catricalà.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del viceministro dello sviluppo economico, Antonio Catricalà, che ringrazio per aver accettato l'invito della Commissione.
  Ricordo che l'audizione ha avuto inizio nella seduta dello scorso 1 agosto, con lo svolgimento da parte del Viceministro di una relazione introduttiva sui contenuti del nuovo contratto di servizio tra la RAI e il Ministero dello sviluppo economico per il triennio 2013-2015 e sui tempi previsti per la sua adozione; sull'eventuale rinnovo della composizione della commissione paritetica di cui all'articolo 29 del contratto di servizio vigente per il triennio 2010-2012 e sulla sua riconvocazione; sugli indirizzi che il Governo intende seguire per il rinnovo della concessione per l'esercizio del servizio pubblico radiotelevisivo in scadenza nel 2016; sulle possibili misure che il Governo intende adottare per ridurre l'evasione del pagamento del canone RAI e sulle eventuali agevolazioni o esenzioni per le fasce più svantaggiate; sull'attività preparatoria che il Governo italiano sta svolgendo in relazione alla partecipazione alla prossima Conferenza mondiale del 2015, che tratterà tempi e modi di una possibile e diversa utilizzazione, anche parziale, delle risorse frequenziali.
  Ricordo, altresì, che in quella seduta, a causa dell'andamento dei lavori delle Assemblee di Camera e Senato, i commissari, per il limitato tempo a disposizione, non avevano potuto intervenire e, quindi, porre domande. Do, quindi, la parola ai colleghi affinché possano rivolgere domande e richiedere chiarimenti al Viceministro.

  SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, ho riletto questa mattina il resoconto stenografico che gli uffici, con la solita efficienza e solerzia, hanno mandato a tutti noi commissari. Ricordo, peraltro, come altri colleghi che siedono con me nella Commissione lavori pubblici e comunicazioni del Senato, che su alcuni temi avemmo già modo di confrontarci con il Viceministro, rimanendo soddisfatti per la precisione con la quale aveva risposto alle nostre domande. Ci auguriamo, quindi, che anche oggi si verifichi la stessa situazione. Porrò dunque poche domande, molto nette e secche, di pochissimi minuti.
  Nella sua introduzione il Viceministro parla testualmente di «modello organizzativo inadeguato a raccogliere nuove Pag. 3sfide», riferendosi alla RAI. Ebbene, mi piacerebbe che il Viceministro approfondisse questo tema e ci dicesse a che cosa si riferiva e come migliorerebbe tale modello, al di là della questione del rapporto RAI e web, molto bene e lungamente spiegata nella stessa relazione. Credo comunque che, come modello organizzativo, lei si riferisse anche ad altro. Mi piacerebbe ascoltarla su questo punto.
  La seconda, annosa, questione è relativa alla copertura di rete. Anche in questi giorni ci sono proteste di tantissimi cittadini – avrete probabilmente letto qualcosa a proposito del comitato di Rimini – in quanto un po’ ovunque in Italia ci sono zone in cui la RAI si vede poco e male e il digitale non arriva. In alcune zone si vedono i TGR della regione confinante e non di quella di appartenenza geografica. Naturalmente, si comprende che è difficile limitare l'etere con i confini regionali, ma certamente in questo campo qualcosa in più va fatto. La RAI sostiene che non è di propria competenza, ragion per cui è il Governo che probabilmente dovrà operare.
  Passo alla terza questione e chiudo. Lei ha fatto chiarezza, anche con rigore, sulla polemica insorta a seguito dell'interpretazione per cui il Governo non volesse rinnovare la concessione, individuando bene quale dovrebbe essere il percorso, anche giuridico-amministrativo, per arrivare al rinnovo della concessione stessa. Apprezzo, e anche su questo tema vorrei che si soffermasse un po’ di più, l'idea di allargare moltissimo la partecipazione democratica nei prossimi mesi, per sentire diversi soggetti e coinvolgere più soggetti possibile sull'idea di servizio pubblico in Italia. Al riguardo mi piacerebbe capire un po’ di più, in particolare se ha un programma già definito.
  Infine, poiché lei afferma che il rinnovo non può avvenire automaticamente, ma solo attraverso una nuova iniziativa legislativa, considerazione sulla quale concordo, e aggiunge anche che non può trattarsi di un decreto d'urgenza, in quanto uscirebbe dai requisiti che un provvedimento di questa natura ha per essere ritenuto appunto d'urgenza, mi chiedevo – questa è materia importante anche per noi parlamentari e per noi che siamo in Commissione vigilanza – se il Governo ritiene che debba esserci un disegno di legge di iniziativa del Governo o se si rimette completamente al Parlamento affinché emani invece un disegno di legge di iniziativa parlamentare. Non è assolutamente indifferente capire quale sia la posizione del Governo in materia.

  MIRELLA LIUZZI. Signor Presidente, leggendo la prima parte della relazione di cui abbiamo parlato lo scorso agosto, mi è saltato agli occhi il rapporto tra internet e le televisioni. Non vorrei che si commettesse lo sbaglio, che molto spesso si compie anche nelle Commissioni parlamentari, di applicare le regole che valgono per le televisioni a internet, perché sono due campi completamente diversi, che hanno regole diverse. Internet è attivo 24 ore su 24, la televisione ha un altro tipo di potenzialità. Vorrei far notare che si potrebbe parlare maggiormente di TV connessa. So che l'Agcom sta producendo un Libro bianco sulla TV connessa, che credo uscirà a breve. Sarà mia cura informarne anche il direttore Gubitosi, la settimana prossima, appena verrà in Commissione. Credo che la RAI ne debba fare largo uso, perché ritengo che quello sia il futuro, ovvero una televisione connessa a internet. La piattaforma web potrebbe già da ora attrezzarsi per poter operare in questa nuova modalità. Sarebbe davvero interessante, dal momento che la RAI potrebbe essere precursore di questa nuova forma di multimedialità.
  Con riferimento al canone, questione su cui peraltro si è ampiamente scritto sui giornali subito dopo l'audizione del Viceministro, credo non sia una buona idea legarlo alla bolletta elettrica. Spesso capita infatti che possiamo avere più tipi di utenze, anche io stessa o lei, ragion per cui sarebbe un tantino indelicato far pagare una nuova tassa due volte. Certo, si possono trovare altri tipi di soluzioni. A tal riguardo desidero porle un quesito: lei parla di tavolo interno per trovare una Pag. 4nuova soluzione al canone in modo che possa diventare una tassa. Vorrei sapere chi crede che possa partecipare e come gestirà la discussione.
  Per quanto riguarda la legge, cui lei giustamente ha dato rilievo, sulla esenzione dal pagamento del canone RAI: sarà mia cura ricordare anche questa al direttore Gubitosi. Probabilmente anche il MISE può fare qualcosa, per esempio inserire nel suo sito Internet questa legge, per garantire un maggior coinvolgimento da parte della popolazione, che semplicemente non sa di questa esenzione. Sicuramente la RAI potrà fare di più mediante i propri spot informativi, ma di questo parlerò direttamente con il direttore Gubitosi in questa sede.

  FEDERICO FORNARO. Credo che si debbano sottolineare due questioni. C’è molta accentuazione, nella parte iniziale del documento presentato, sui temi delle nuove tecnologie, sulla necessità di un contributo importante della RAI, sull'alfabetizzazione informatica, sull'applicazione dell'Agenda digitale. Su questo non si può che concordare. Tuttavia, chi arriva da territori più marginali, anche in regioni importanti – io vengo dal Piemonte – non può non segnalare che, in realtà, stiamo ricreando un digital divide, in quanto il processo di passaggio al digitale non è terminato, come si è detto o scritto. In molte aree della nostra regione, come credo avvenga in molte aree d'Italia, siamo tornati al punto che nei grandi centri si può vedere – parlo della RAI – tutto il bouquet del digitale terrestre, mentre in moltissimi territori non si vede. Si vedono a malapena i tre canali classici, RAI 1, RAI 2 e RAI 3, e una parte dei prodotti del digitale. È una situazione che va avanti da molti mesi e che mi sento di denunciare, tanto che ho presentato anche oggi un'interrogazione al riguardo per chiedere alla RAI che cosa intenda fare. Si avverte la sensazione di una sostanziale latitanza da parte della RAI a intervenire. Segnalo, per esempio, che un quotidiano importante come La Stampa, nelle sue edizioni locali piemontesi, sta raccogliendo segnalazioni. Ne piovono centinaia e centinaia. Questo è un allarme che credo sia in questa sede doveroso sollevare con forza, dal momento che stiamo nuovamente producendo una situazione che, invece, il digitale avrebbe dovuto cancellare.
  In secondo luogo, credo sia importante dedicare – e lo propongo alla presidenza – un approfondimento a parte sul tema del canone, partendo dal principio, che, a mio avviso, dovrebbe guidarci, di pagare meno pagando tutti, a maggior ragione in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo. La ricerca di sistemi di innovazione rispetto al tema del pagamento del canone che consentano di combattere l'evasione su un principio di equità, ovvero di poter, alla fine, pagare di meno tutti, è assolutamente una via da perseguire con forza. Nel testo sono prospettate alcune ipotesi, ma credo che potrebbe essere utile che la Commissione le approfondisca, facendo per esempio una verifica su cosa succede all'estero. Viene citato un lavoro già iniziato nel 2011 fra MISE, Agenzia delle entrate e RAI. Credo che questo sia un tema importante, atteso dai cittadini. Il canone è vissuto evidentemente come una sorta di «vessazione», ma lo è a maggior ragione da parte di chi lo paga e vede magari il suo vicino non pagarlo, senza che alla fine succeda qualcosa. La difficoltà del recupero dell'evasione del canone è un tema assolutamente noto. Da questo punto di vista, credo che ci possa essere un lavoro importante, ovviamente anche riproposto da parte del ministero, ma di cui probabilmente anche questa Commissione potrebbe farsi carico.

  PRESIDENTE. La presidenza se ne farà carico e comunicherà la questione a tutti i commissari, in modo da compiere un lavoro in tal senso. Mi sembra un'ottima idea.

  MAURIZIO ROSSI. Signor viceministro, innanzitutto vorrei far presente a tutti i commissari verso che cosa andiamo nel 2016, con il rinnovo del servizio: si tratta di una firma che vale 50 miliardi di euro. Io non so se ci pensiamo.Pag. 5
  La RAI sostiene di avere 1,7 – 1,8 miliardi di euro di canone e che ci sia un'evasione orientativamente di 500-600 milioni di euro. Siamo quindi intorno ai 2,3 – 2,5 miliardi di euro del valore del canone, se lo pagassero tutti. La RAI ritiene che dovrebbe avere un contratto per i prossimi vent'anni, ragion per cui il totale è di 50 miliardi di euro. Possiamo pensare di andare, nella situazione in cui versa lo Stato, a firmare un contratto da 50 miliardi di euro ?
  Quali sono le mie contestazioni a questo modus vivendi, che non può andare avanti, ma che deve essere completamente stravolto, che bisogna completamente cambiare ? Innanzitutto, perché erogare 2,5 miliardi di euro alla RAI ? Perché un cittadino paga 113 euro ? Paga perché la RAI guarda quali sono i suoi costi e li divide per il numero dei cittadini. Non gli fa pagare 113 euro perché eroga servizi per 113 euro, che è una questione totalmente diversa. Continuo a insistere sul fatto che, se sul mercato esistessero soggetti in grado di fornire un analogo servizio, invece che a 2,5 miliardi di euro all'anno, a 0,5 miliardi, perché non hanno gli sperperi, non potremmo andare a raccontare ai cittadini che rubiamo loro 2 miliardi o un miliardo di euro, o quanto sia.
  Il cambio del 2016 è radicale e segnerà il futuro non della RAI, ma di tutta l'informazione. Non si tratta di 15.000 dipendenti, ma di centinaia di migliaia di dipendenti in Italia, dei giornali, dei siti Internet e via elencando.
  Perché RAI, con i soldi pubblici, deve realizzare un megasito per fare concorrenza a tutti i siti regionali e nazionali d'Italia ? Perché Radio RAI deve costare 118 milioni di euro, con introiti per 38 milioni e 80 milioni di euro di perdite ? Se Radio Dimensione Suono, o qualsiasi altra radio, fosse in grado di fornire lo stesso servizio a 15 milioni di euro, perché non dovremmo dire ai cittadini che questo servizio viene fornito a 15 milioni di euro ?
  Non è così semplice sostenere che si rinnova alla RAI. Ciò che ha affermato il Viceministro è giusto, ma bisogna anche valutare se non bisogna ricorrere a un bando, perché gli sperperi sono immensi.
  Sento parlare di problemi di visibilità della RAI. Poiché nel settore ho un po’ di esperienza da 35 anni, so che la RAI ha 5 frequenze nazionali compatibilizzate e che si disturba da sola, in molte situazioni, perché ha messo troppi impianti. Non sono pochi, a volte ce ne sono troppi. Che cosa se ne fa di cinque frequenze, che con il DVB-H oggi rendono già possibili 30 canali e con il DVB-H2 40-50 canali ? Quanti canali deve avere la RAI di servizio pubblico ? Uno, due o tre ? È sufficiente una frequenza per fornire un servizio pubblico, non ne servono cinque. Visto che andiamo verso la Convenzione di Ginevra, che creerà enormi problemi all'Italia, perché farà chiudere moltissime frequenze alle televisioni, a partire dalla RAI per arrivare alle televisioni locali, che ne hanno dieci in eccesso, osservo che le televisioni locali devono avere 3-4 frequenze al massimo per ogni regione. Non ne servono di più. Che si mettano d'accordo e trasmettano su un'unica frequenza in 6 o 7, risparmiando, peraltro, un mare di soldi e di impianti. Lo spettro radiotelevisivo deve essere completamente rivisto per tutti i soggetti. Il discorso dei disturbi, ve lo garantisco, non è un problema di mancanza di impianti, a volte è, anzi, un problema di eccesso di impianti.
  Quanto al problema del numero dei canali, il digitale ha dato alla testa a tutti, dalle piccole alle grandi televisioni, compresa la RAI. Continuo a vedere con grande paura una forte innovazione artistica, perché è facile pensare quando non si devono fare i bilanci di ogni singolo canale. È facilissimo. Facciamo il canale dell'Expo, adesso Sky ha creato un bellissimo canale sull'arte e allora lo vuole fare anche la RAI. Quanto costeranno, però, e quali saranno gli introiti ?
  Ogni canale d'ora in poi deve fare un bilancio a sé, come ogni sede regionale: non va bene questa ammucchiata di numeri che non si capiscono nei bilanci della RAI e sui quali non c’è alcuna trasparenza. Voglio sapere, per esempio, regione per regione, quanto costa ogni singola sede Pag. 6della RAI. Poi andiamo a dire ai cittadini che stanno pagando un tot con il canone di un servizio che arriva loro.
  Questi sono alcuni dei temi che dobbiamo forzatamente andare ad affrontare. Il canone non deve essere definito sulla base di un bilancio che va diviso per il numero degli italiani. Secondo me, il grande casino sapete quando scoppierà ? Scoppierà quando si obbligheranno a pagare quelli che non pagano oggi. Questi si incazzeranno veramente, perché quelli che fino a oggi hanno pagato hanno accettato, succubi, un servizio che non viene loro reso, mentre, quando si obbligheranno coloro che non pagano, quelli faranno veramente scoppiare il problema.
  Questo è il mio pensiero. Vi invito veramente a una riflessione molto più approfondita da oggi al 2016, nell'interesse del cittadino, affinché il servizio pubblico in Italia non venga fornito dalla RAI. Partecipi anche la RAI ai bandi, ma il servizio venga assicurato dal soggetto in grado di fornire quello migliore al prezzo inferiore e nell'interesse del cittadino.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Ringrazio anch'io il Viceministro Catricalà. Come il senatore Margiotta, sono andato anch'io a rivedere la relazione che ci ha consegnato il viceministro, anche per rinverdire la comunicazione che avevamo ascoltato con attenzione. Pertanto, riprendo alcuni snodi che aveva proposto, seguendo la stessa scansione temporale che ci ha offerto con la sua relazione.
  La prima questione riguarda l'innovazione tecnologica come un segmento su cui RAI è intervenuta. Il servizio pubblico deve intervenire innanzitutto garantendo l'accesso a tutti. Sono parole del viceministro, che condividiamo. Rispetto a questo, però, c’è un primo ordine di problemi, che è stato sollevato da ultimo, adesso, dal senatore Fornaro, oltre che in questa Commissione, anche in altre audizioni e interrogazioni: il segnale di RAI non arriva su tutto il territorio nazionale e questo continua a essere un problema aperto su cui intervenire.
  La seconda questione, sempre in termini di accesso per tutti, è legata, e la condivido, alla riflessione che faceva il viceministro sull'alfabetizzazione digitale. Il viceministro ha proposto che anche questo sia parte del contratto di servizio. Credo che ciò attenga molto alla definizione di servizio pubblico, nonché alla capacità di fare sinergia con l'Agenda digitale proposta dal Governo. Credo, però, che sul versante dell'innovazione tecnologica, oltre a questa ci sia una riflessione più complessiva da svolgere. Credo che il digitale, la tecnologia di passaggio alla rete, con tutto il tema della TV connessa, che è stato sollevato anche nell'intervento precedente dischiuda enormi potenzialità per la RAI. Nel momento in cui, cioè, abbandoniamo l'epoca dell'analogico, dei palinsesti fissi e delle relative frequenze, con l'accesso alla rete, con la transizione alla rete, diventano fondamentali e centrali i contenuti che creano identità, riconoscibilità e moltiplicazione attraverso la convergenza delle piattaforme d'accesso. In questo la RAI, che è la più grande azienda culturale del Paese, credo abbia una marcia in più, nel momento in cui esistono alcune linee guida che vengono con precisione identificate nella discussione rispetto al contratto di servizio sulla concessione.
  La terza questione è quella del canone. Apprezzo il riferimento che ha fatto il viceministro al lavoro che sta svolgendo il tavolo interno per individuare strumenti più efficaci per combattere l'evasione. Attendiamo le proposte che verranno da questo tavolo. Condivido la sollecitazione che veniva fatta prima sulla possibilità che questa Commissione, che aveva già prodotto una serie di materiali nella legislatura precedente, possa assumere un ruolo anche di stimolo, guardando alle altre esperienze europee anche per concorrere nel confronto con il lavoro che verrà fuori dal tavolo.
  La seconda considerazione che voglio aggiungere però è che se l'obiettivo, condiviso da tutti, è quello del recupero del canone, esso deve anche dischiudere l'ipotesi che, con il recupero dell'evasione, si Pag. 7possa pagare di meno tutti, in un momento in cui si paga tutti, con attenzioni mirate alle detrazioni. Del resto, i numeri sono ricordati nella relazione del viceministro: attualmente, le detrazioni riguardano una fascia di persone oltre i 75 anni, con un reddito annuo di poco superiore ai 6.000 euro. Stiamo parlando di maglie davvero troppo strette, ragion per cui credo che questa debba essere la riflessione: ancorare il recupero dell'evasione a leve che consentano effettivamente di far sì che possa essere percepito da una platea più ampia tutto il tema della detrazione rispetto al pagamento del canone.
  Passo alla quarta questione. Sulla concessione credo sia giusto il richiamo al fatto che il rinnovo non è automatico e che siamo di fronte a un bivio: occorrono o proroghe, in ragione di una consultazione, oppure leggi di riforma del servizio pubblico. In merito credo si apra una riflessione che riguarda questa Commissione, ma solo per quota parte. Si tratta di una riflessione davvero più ampia, perché riguarda la complessità del Parlamento e anche, come ha ricordato giustamente il senatore Margiotta, le intenzioni del Governo. Il PD insiste dalla precedente legislatura per una riforma della governance RAI e del sistema radiotelevisivo. Se si dischiude questa possibilità, siamo pronti a dire la nostra fino in fondo, ma questo è il bivio che abbiamo di fronte. Al netto di questo, credo che il richiamo al Royal Charter Act sia la strada da seguire. Siamo convinti che ci sia bisogno di una stagione di discussione, di coinvolgimento e di riflessione su cosa sia il servizio pubblico, che sia propedeutica anche a scelte successive. Pensiamo che debba partire da subito e che debba coinvolgere tutti i soggetti, sapendo che, nell'esempio inglese, la centralità è anche del Governo, ma non solo del Governo, perché c’è un coinvolgimento pieno, fino in fondo, anche del Parlamento, di tutti i soggetti e della BBC, tanto che esiste anche una Commissione terza rispetto al Governo. Condividendo noi il massimo di apertura, questo può essere forse materiale di ulteriore definizione.
  Infine, sul contratto di servizio, che è scaduto il 31 dicembre dello scorso anno, siamo in attesa, in questa Commissione, di poter esprimere il parere obbligatorio previsto. Ad agosto, quando lei è venuto, ci ha riferito che era stato trasmesso alla RAI. Siamo fiduciosi che dalla RAI arrivi in tempi rapidissimi. Comprendiamo i tempi dei passaggi, l'inizio della legislatura complicato, ma è un dato di fatto che sia in ritardo e questo non può comprimere la discussione, che sarà celere, perché è nostro interesse, come Commissione, che lo sia, ma che non può condizionare il parere che la Commissione deve esprimere. Credo che il lavoro della Commissione di queste settimane e di questi mesi sia importante. È chiaro che nel contratto di servizio ci deve essere particolare attenzione al tema della trasparenza, della rendicontazione aziendale, dell'accesso dei cittadini all'informazione in maniera compiuta – tema che lei ha sollevato, viceministro – della riconoscibilità dei programmi e della distinzione sulle fonti di finanziamento degli stessi, se debbano venire in larga parte dal canone o dalla pubblicità. Credo che questi possano essere i terreni su cui ulteriori sollecitazioni da parte sua possano essere materiale utile per la discussione che terremo di qui a breve.

  PRESIDENTE. Grazie, collega Peluffo. Anche la presidenza si associa alla questione della trasparenza e all'ultimo punto che, secondo me, è molto importante, ovvero quello riferito alla contabilità separata, che deve essere chiara, netta e trasparente, tra canone e pubblicità.

  GIORGIO LAINATI. Grazie, onorevole Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi. La veemenza dell'intervento del senatore Rossi mi ha colpito, ma anche in altre occasioni il collega è intervenuto sottolineando che nel mondo della comunicazione italiana da molti decenni vi sono livelli diversi di ruoli. Se c’è l'egemonia dei network nazionali, sia pubblici, sia privati, vi sono poi anche realtà importantissime a livello territoriale, regionale e sovraregionale. Di queste realtà non si può non tener Pag. 8conto. È chiaro ed evidente che, quando il senatore Rossi richiama l'avvicinarsi impellente della scadenza dei tempi della concessione, si può immaginare una sorta di momento rivoluzionario per il sistema della comunicazione televisiva. Non so come si concluderà questo arco temporale.
  Da parte del mio Gruppo, anche a nome del Vicepresidente Gelmini, posso dire che la relazione del viceministro delle comunicazioni fotografa in modo assolutamente preciso il presente e l'immediato futuro, signor Presidente e onorevoli colleghi, perché l'immediato futuro è ricco di opportunità, ma è anche tanto difficile, come tutti coloro i quali sono intervenuti hanno evidenziato.
  La questione centrale è quella di sempre, ossia quale deve essere il ruolo del servizio pubblico e quale deve essere il ruolo dei network commerciali o regionali. In questo Paese, infatti, signor Presidente, signor ministro, ci sono anche grandi network regionali: per esempio, Telenorba è una realtà molto importante nel Paese, ha un ruolo sovraregionale, perché abbraccia più regioni del Mezzogiorno.
  Ho citato Telenorba perché, a mio avviso, svolge un ruolo, soprattutto – come anche le realtà rappresentate dal senatore Rossi – sul piano dell'innovazione, forse per una questione di capacità e di strutture meno elefantiache, che riescono ad aggiornarsi in modo molto più rapido rispetto a quelle di grande colosso della comunicazione, come può essere la RAI.
  Rimane, quindi, aperta questa questione eterna. Abbiamo svolto i famosi seminari, Presidente, con il suo predecessore, il senatore Zavoli, per cercare di capire. Sono venuti tutti a parlare di quale dovesse essere la prospettiva della televisione, ma certamente l'avvicinarsi della data del 2016 ci pone nella necessità di mettere ulteriormente a fuoco tutti questi argomenti.
  Da una parte, c’è la questione politico-editoriale di quale debba essere il ruolo del servizio pubblico e delle realtà commerciali; dall'altra, c’è la questione che il ministro ha analizzato molto diffusamente e sulla quale si sono soffermati gli interventi dei colleghi. Ho apprezzato anche l'intervento della collega del Movimento 5 Stelle sull'argomento. Si tratta della questione del canone, che è la questione delle questioni. Giustamente, il senatore Rossi faceva una valutazione di carattere economico: non si può non tener conto del fatto che alla RAI 16 milioni di famiglie, compresa la mia, pagano il canone. In più ci sono anche la raccolta pubblicitaria, che ha i suoi tetti ben noti, e l'intrattenimento, che dovrebbe essere, per quanto riguarda il servizio pubblico, finanziato dal côté pubblicitario. Infine, c’è il servizio pubblico tout-court.
  Signor ministro, signor Presidente, onorevoli colleghi, proprio in questa sede chiediamo alla RAI di battere la concorrenza. Non possiamo, però, chiedere alla RAI di battere la concorrenza senza fornirle gli strumenti, la cornice entro la quale condurre questa battaglia: sto parlando della concorrenza dei network privati.
  Ieri, quando abbiamo audito il direttore di RAI Fiction, dottoressa Andreatta, abbiamo, ancora una volta, signor ministro, evidenziato quello che accade dagli ultimi tre lustri. Sono quindici anni che la qualità delle produzioni fiction della RAI, indipendentemente da chi è posto ai vertici di RAI Fiction, incide sui dati di ascolto. Vi invito ad andare a leggerli. Ricordava ieri il direttore che più del 95 per cento delle serate con la trasmissione di una fiction televisiva sono vinte dalla RAI. Ci sarà allora qualcosa dietro. Questo significa che la RAI, come servizio pubblico, sa parlare al telespettatore, sa fare divulgazione culturale, sa fare testimonianza della storia e della realtà sociale del nostro Paese attraverso testimonianze di eventi storici, ma anche di attualità.
  La questione del canone, che è una questione apparentemente irrisolvibile, potrebbe dunque essere risolta. Signor ministro, ne abbiamo parlato in questa sede con i ministri dell'economia Tremonti, con il compianto Padoa-Schioppa e ancora con Tremonti e non si è giunti alla soluzione. Come anche la collega del Movimento 5 Stelle, anch'io ho sempre espresso grandi perplessità sull'abbinamento del pagamento Pag. 9del canone alla bolletta elettrica, che, peraltro, in regime di liberalizzazione, si è moltiplicata nei soggetti, il che può rappresentare un problema. Pur tenendo conto che negli altri paesi il canone è molto più caro, si pone comunque una questione di difficile recepimento da parte dei 16 milioni di famiglie, anche perché è vero che sono arrivati i famosi canali tematici, ma, come evidenziava il collega del Partito democratico, ci sono ancora lacune di trasmissione. Credo, quindi, signor Presidente, che quella del canone, anche se non è direttamente di competenza nostra, per ovvi motivi, sia una delle grandi questioni che attraversano il problema della politica e della comunicazione televisiva nel nostro Paese. Si tratterebbe di decidere il da farsi, ma il da farsi, signor ministro, a mio avviso, non è negare che la RAI abbia 12.600 dipendenti.
  Questi 12.600 dipendenti domani mattina non diminuiscono, ragion per cui dobbiamo partire dal presupposto che l'azienda ha questa realtà occupazionale, oltre a tutto l'indotto. Non possiamo prescindere da queste considerazioni. Se non erro, si sta provvedendo a uno svecchiamento, nella misura del possibile, ma è impossibile immaginare una prospettiva molto reale, concreta e immediata per cui nel servizio pubblico non ci siano più queste 12.600 persone. Sappiamo che non è possibile.
  Siamo nell'ordine di questa somma, ma rispetto a 7-8 anni fa non ci sono più i 40.000 collaboratori, che sono scesi a un numero molto inferiore. È anche vero però che, per fare una grande produzione, anche nel settore dell'approfondimento giornalistico, può darsi che non bastino i tanti giornalisti che ci sono e quindi è normale che una grande azienda, ma anche una non grande azienda, che opera nel settore della televisione e dell'informazione prenda collaboratori che hanno contrattualizzazioni legate al periodo di un dato programma. Non è una situazione che ci scandalizza, perché è sempre andata così. Questo riguarda i giornalisti e le produzioni. Diversamente, saremmo in una situazione ulteriormente complicata.
  Penso che le parole del senatore Rossi e l'autorevole intervento del ministro delle comunicazioni debbano aprire una sorta di dibattito permanente sul presente e sul futuro del servizio pubblico, che è veramente la questione delle questioni. Mi pare che anche il presidente Margiotta sia d'accordo. Abbiamo assolutamente il dovere come Commissione di vigilanza, di capire come comportarci, considerati i futuri appuntamenti importantissimi per quanto riguarda il contratto di servizio. Il ministro ha affermato che nel contratto di servizio ci saranno molte cose. Sarebbe interessante avere da lui ulteriori approfondimenti sull'Agenda digitale e sulle innovazioni, come anche altri colleghi chiedevano. Penso, però, che tutto questo si debba muovere in una cornice che tenga conto della necessità che abbiamo tutti noi di capire qual è il presente del servizio pubblico e quali sono realmente le sue prospettive future.

  LELLO CIAMPOLILLO. Grazie, Presidente. Ringrazio anche il signor viceministro e svolgo un breve passaggio.
  Parlavamo prima di un problema di copertura della RAI. Quando vigeva il sistema analogico, la RAI ha sempre utilizzato grossi impianti per coprire una grande porzione di territorio. Una delle problematiche tecniche che il digitale terrestre ha creato è che si sono moltiplicati gli impianti necessari, il numero dei punti di trasmissione, per coprire lo stesso spazio, ossia lo stesso territorio.
  Con la tecnica del riutilizzo dei canali però è prevista nel digitale la possibilità di utilizzare i cosiddetti gap filler. Sarebbe interessante capire, soprattutto per i comuni che hanno un problema di urgenza di copertura o per quelli che ricevono magari il segnale di RAI 3 dalla regione adiacente, quelli che si potrebbero, perlomeno da un punto di vista tecnico-teorico, coprire subito, con microimpianti, appunto i cosiddetti gap filler, per risolvere il problema sia della ricezione, sia, contemporaneamente, della corretta visualizzazione del TGR 3 locale.Pag. 10
  Uno dei vantaggi che ha portato, invece, il digitale terrestre è la possibilità di moltiplicare il numero di canali, a parità di frequenza. La normativa ha previsto la possibilità della cosiddetta cessione di banda, la quale ha consentito l'accesso a nuovi soggetti. Sarebbe interessante chiarire però, poiché ho visto che nel settore soprattutto le emittenti hanno difficoltà a interpretare correttamente la norma, la cessione di banda e, quindi, l'accesso ai nuovi soggetti.
  La normativa prevede di fatto l'obbligo di dotarsi della cosiddetta autorizzazione per fornitore di contenuti. Gli ex concessionari sono, quindi, diventati operatori di rete e possono noleggiare una parte della banda ai nuovi soggetti, i quali li devono dotare, però, di tre elementi. Il primo è l'autorizzazione di fornitore di contenuti. Poi hanno bisogno dell'LCN per avere il numero ed essere visibili sul digitale terrestre e, contestualmente, noleggiare la banda.
  La questione era capire se effettivamente fosse sufficiente chiederne una nuova o comprare e, quindi, acquisire da chi l'ha già un'autorizzazione di fornitore di contenuti e poi dall'emittente dotarsi di banda e anche di un LCN che magari in quel momento l'emittente non usa o che ha intenzione di non utilizzare.
  La domanda è, dunque: il nuovo soggetto può noleggiare l'LCN o deve dotarsi di un'autorizzazione di fornitore di contenuti e anche di un LCN ? Deve richiederne uno nuovo – pare, però, che al momento non ne vengano rilasciati – o comprarlo da chi ce l'ha, acquisendolo necessariamente ? Si può noleggiare l'LCN insieme alla banda oppure no ?

  ANTONIO CATRICALÀ, Viceministro dello sviluppo economico. Grazie Presidente per avermi dato l'opportunità di tornare in Commissione vigilanza e grazie per le suggestioni e gli spunti che sono stati forniti in questa sede, di carattere sia politico generale, sia tecnico, suggestioni che indubbiamente mi spingono a chiedervi due passaggi per le mie risposte.
  Un primo passaggio sarebbe immediato per poter fornire, per grandi linee, lo stato dell'arte e risposte che riguardano la mia prima relazione, risposte di chiarimento. Un secondo passaggio avrebbe un contenuto, per rispetto alla Commissione e alle domande che sono state poste, più tecnico e specifico. Prenderei l'integrità di tutte le domande che sono state poste e le riassumerei con le risposte relative, attribuendo la domanda a ciascun componente della Commissione, come ho fatto nelle altre Commissioni. Naturalmente, sarei poi disponibile a venire qui in qualsiasi momento a esporre verbalmente la risposta, il che potrebbe, come preferisce la Commissione, avvenire o in occasione della presentazione del contratto di servizio, o in altra occasione, considerato che alcune di queste domande non attengono al contratto di servizio.
  Le domande alle quali mi sento di poter rispondere adeguatamente oggi, senza liquidarle con un generico richiamo a buoni intendimenti e a buone intenzioni, riguardano prima di tutto lo stato del contratto di servizio, cioè lo stato dell'arte, a che punto siamo.
  Voi ricorderete che il 31 di luglio mandai una prima bozza. Questa bozza è stata lavorata ancora nel mese di agosto e ha portato a una seconda bozza di lavoro, che è stata trasmessa alla RAI il 28 di agosto, con l'accettazione di alcune osservazioni RAI e una prima scrematura molto forte del testo.
  C’è già stato un consiglio di amministrazione RAI, durante il quale si sono discusse le norme e le clausole più importanti del contratto. A seguito di questa abbiamo ricevuto una seconda proposta della RAI, che stiamo adesso trattando in vista del consiglio di amministrazione del 18. In tale data ci aspettiamo una chiusura del contratto, in modo da poterlo mandare immediatamente dopo.
  Effettivamente, c’è una ventina di giorni di ritardo rispetto ai miei tempi. Immaginavo che la bozza del 28 sarebbe stata in tutto e per tutto recepita dalla RAI, ma il consiglio di amministrazione ha Pag. 11ritenuto di dover effettuare alcuni approfondimenti e osservazioni, ai quali stiamo rispondendo.
  Riteniamo imprescindibili alcuni capisaldi per questo contratto di servizio, in difetto dei quali non avrei aspettato tutto questo tempo. Mi sarei preso la bozza che ho ereditato dal mio predecessore e l'avrei firmata subito dopo avervela passata, ovviamente recependo le osservazioni che indubbiamente avreste mosso.
  Alla fine, se ho aspettato, è per portarvi all'esame un documento che sia più aderente agli intendimenti di un Governo che vuole prima di tutto valorizzare la missione della RAI ed esaltare i valori che la RAI ha impersonato e saputo portare avanti in tanti anni di storia. Si tratta di renderli più visibili ed evidenti, di far capire la situazione al grande pubblico – in un momento in cui nessuno gode di buona stampa, di buona fama, di un'opinione pubblica che non sia quantomeno severamente critica. Questo riguarda anche la RAI, ed è giusto che la RAI se ne renda conto e capisca se c’è qualcosa da correggere e in che modo vada corretta. Il contratto di servizio è un buono strumento. Non è l'unico, ma è uno strumento che si può utilizzare per rendere più visibile la missione di servizio pubblico.
  Esiste una scuola di pensiero secondo la quale il servizio pubblico è tutta la programmazione della RAI. C’è chi dice che non è così e che bisogna distinguere L'isola dei famosi da un telegiornale o da una tribuna politica. Io non credo che sia il Governo a poter risolvere questa questione, ma il Governo può chiedere che il cittadino telespettatore sappia che, quando guarda un programma, tale programma è finanziato con il canone o con la pubblicità. Come questo debba avvenire non deve essere una scelta del Governo, ma una scelta di carattere editoriale. Lo strumento migliore deve essere scelto in RAI, quello meno invasivo, ma comunque di più semplice e immediata percezione.
  Sulla tutela dei minori dalla pubblicità e sulla programmazione, che dovrebbe riguardare un po’ tutte le reti, siamo in linea con le direttive e con le linee guida che sono state fornite dall'Autorità e condivise dal precedente Governo. Non potrei tornare indietro io su queste, perché sono vincolato da precedenti atti. Lo stesso vale per il fatto che tutti i canali generalisti e tematici devono svolgere servizio pubblico.
  È chiaro che questi sono punti sui quali non possiamo tornare indietro. Si è parlato molto di capacità della RAI di affrontare nuove sfide. Lo dico chiaramente: quando parlo di modello organizzativo, non parlo della governance, perché la governance della RAI è una questione prettamente parlamentare. È il Parlamento che l'ha creata ed è il Parlamento che, se vuole, la cambia.
  Non sono per un intervento forte e duro del Governo che con un decreto legge possa cambiare alcunché che riguardi la governance della RAI, perché la governance è una questione che vede la centralità di questa Commissione nelle scelte e vede poi un Consiglio di amministrazione fatto in modo tale da rappresentare determinati criteri di partecipazione della vita democratica del Parlamento alla gestione della RAI.
  Naturalmente, immagino un modello organizzativo. Ciò non significa, però, che il Governo debba abdicare alla possibilità di proporre al Parlamento – e c’è stato chi me l'ha chiesto – se ci sia o non ci sia una volontà da parte del Governo di presentare un disegno di legge. Senatore Margiotta, è chiaro che l'ideale sarebbe avere disegni di legge, proposte di legge parlamentari. Penso che il Governo potrebbe anche presentare la sua e fare un tutt'uno, come spesso accade nelle discussioni, con un disegno di legge unificato, perché la materia è importante. Credo che questo debba comunque avvenire in previsione di quel benedetto rinnovo o non rinnovo, di cui si parla, del 6 maggio 2016.
  La questione della copertura corretta di tutto il territorio nazionale, di una necessaria rivisitazione tecnologica e anche di un miglior uso delle frequenze è all'esame del nostro ministero e dell'Autorità delle comunicazioni, che ha ormai una forte capacità regolatoria sul tema ed è dotata anche di risorse autonome rispetto a Pag. 12quelle del ministero. La competenza è divisa tra il ministero e l'Autorità. È chiaro che storicamente gli ingegneri delle frequenze stavano tutti al ministero. Oggi esiste anche una dotazione organica in Autorità, ragion per cui si discute bene.
  C’è stato un accordo di programma, un accordo procedimentale su come devono essere gestite le frequenze con la RAI. È un buon accordo, che mi ha visto direttamente intervenire, perché volevo fosse chiaro che non si tratta di concedere nuove frequenze. Le frequenze che ci sono in giro sono sufficienti. Non se ne possono dare altre alla RAI, né per fare sperimentazione, né per fare altri programmi. La dotazione deve essere sufficiente, anche perché ci dobbiamo preparare ai possibili tagli che arriveranno dalla Conferenza di Ginevra. Non possiamo essere generosi oltre la ragionevole possibilità di adempiere alle nostre promesse.
  Anche noi registriamo che il digitale non è ricevuto come segnale da molte sedi, da molte comunità. Stiamo spronando la RAI a fare di più e meglio per riuscire a garantire la massima copertura. Da parte nostra, laddove ci sono interferenze, stiamo cercando di intervenire anche con scelte che un po’ ripugnano alla mia coscienza di cittadino nato già in una Repubblica democratica. A volte andiamo, infatti, con l'Ispettorato a spegnere alcune televisioni perché interferiscono. Naturalmente, l'abbiamo fatto nei casi in cui interferivano con nazioni straniere che protestavano e che avevano ragione. Eravamo stati intimati anche noi da autorità internazionali a intervenire.
  Quello delle regole su Internet e televisione è un problema forte, grave, sentito. Partiamo dall'idea che la libertà di Internet sia un valore in sé. Non si tratta di ingabbiare Internet, né di imporre regolazioni a Internet e di sottoporle al controllo del Governo. Soprattutto siamo per una politica di tutela della libertà anche su temi delicati come i domini, i nomi di dominio, la possibilità di commentare. Siamo a favore di lasciare su Internet qualsiasi messaggio che rappresenti la libertà di espressione, tutelata dalla nostra Costituzione, nel rispetto ovviamente degli altri valori costituzionali.
  Quando, però, Internet fa televisione, perché Internet fa anche televisione, in quel caso bisogna che ci sia una sorta di parità di trattamento con le nostre televisioni, perché in fondo parliamo di concorrenza. È una concorrenza intramodale, ossia si tratta di due modi diversi, ma che incidono sullo stesso pubblico e ottengono lo stesso risultato. Vorremmo progressivamente, con cautela, rispettando le prerogative e la storia, il DNA degli Internet provider, ossia la loro natura, riuscire a introdurre alcune regole di comportamento il più possibile uguali per tutti, nella differenza ovviamente di mezzo e di strumento. Non ho una ricetta pronta. So che è un tema che va discusso. È chiaro che è un tema che andrà discusso soprattutto in Parlamento. Stiamo parlando di valori che non sono economico-finanziari, ma costituzionali che attengono alla libertà di pensiero, alla privacy degli individui, ai diritti di cristallo, come la reputazione, ma anche al contributo alla spesa pubblica, agli investimenti, alla tutela delle nostre produzioni europee, perché ormai non si parla più di produzioni nazionali. Si tratta di valori che hanno non dico la stessa rilevanza della libertà, perché nulla è paragonabile alla libertà, ma una loro rilevanza, anche costituzionale.
  La TV connessa, la TV ibrida è il futuro. Noi siamo d'accordo su questo ed è anche per questo motivo che vorremmo che ci fosse un minimo di regolazione che garantisse una vivibilità o convivibilità degli strumenti.
  Non ho mai parlato in modo chiaro di bolletta elettrica come strumento per pagare il canone, perché anch'io nutro alcuni dubbi, soprattutto sulla fattibilità, laddove abbiamo tanti operatori ed è ormai difficile condurre a fattor comune i comportamenti di tanti soggetti. Forse ci si può anche riuscire, ma è da vedere. Ho parlato di tavolo. Non ho aperto questo tavolo, non è un tavolo aperto. Ho detto che lo aprirò dopo che sarà stato concluso un contratto di servizio che garantisca me, Pag. 13che ho questa responsabilità, e voi, che avete una responsabilità maggiore, nonché il Governo e il Parlamento del fatto che abbiamo realizzato un buon contratto di servizio, non ripetitivo di altri ottimi contratti di servizio, ma che non ci davano la sensazione che stessimo creando obblighi e diritti e che ci fosse qualcuno che avrebbe potuto verificare l'adempimento di tali obblighi e la soddisfazione di tali diritti.
  Penso che in questo momento il nostro dovere istituzionale sia quello di predisporre un atto, un documento che garantisca i cittadini. Una volta che avremo le idee chiare su che cosa è servizio pubblico potremo procedere.
  È difficile chiarirlo. Non è semplice. L'intrattenimento non è servizio pubblico, la musica non è servizio pubblico. Verremo a parlarne in questa sede, perché qui andremo a definire i generi che fanno parte del servizio pubblico. Certamente tra questi generi inseriamo l'alfabetizzazione digitale, informatica, un tema che deve essere inserito necessariamente tra quelli di cui la RAI si deve fare carico.
  La musica è o non è servizio pubblico ? È importante che se ne parli ed è importante che ci sia una condivisione anche parlamentare. Dopodiché, quando avremo messo i cittadini nelle condizioni di sapere che cosa pagano con il canone, e questo lo dovrebbero vedere direttamente in televisione, senza andare a leggere, allora aprirò un tavolo. In quel tavolo, naturalmente, non posso, da viceministro, da componente di un Governo, da tecnico di un Governo, invitare le parti parlamentari, perché compirei un gesto sbagliatissimo. Chiamerei i tecnici dell'Agenzia delle entrate, della RAI, del Ministero dell'economia, della Presidenza del Consiglio, dell'editoria, per vedere qual sia la migliore soluzione per garantire – proprio come dicevate voi – il principio di pagare meno e pagare tutti. Una volta che tutti paghiamo e paghiamo di meno, la RAI aumenterà le proprie risorse e queste potranno essere meglio destinate all'innovazione tecnologica, alle nuove sperimentazioni, a fare produzioni indubbiamente migliori. A quel punto, è chiaro che le esenzioni potranno essere vere e non quella forma – diciamola tutta – così minima da sembrare quasi inesistente di esenzione che esiste oggi. Quel tipo di esenzione non garantisce le categorie deboli, sia perché il debito è troppo limitato, sia perché è troppo alta l'età alla quale si può chiedere di accedervi.
  Ho sentito con grande considerazione l'intervento del senatore Rossi. Penso che il suo entusiasmo e la sua passione siano stati condivisi anche dall'onorevole Lainati. Effettivamente, questa è una materia piena di spunti e anche di emozioni che si provano nel parlarne. In merito vorrei veramente rispondere per iscritto, perché il tema è difficilissimo: riguarda il servizio pubblico ripartito, il servizio pubblico erogato localmente, l'importanza dell'informazione locale. È un tema di pluralismo, di giusta ripartizione delle risorse, un tema che, alla fine, lo stesso senatore Rossi collega al grande tema del rinnovo, della riforma. Non vorrei usare parole che potrebbero essere interpretate male e non vorrei liquidare questo tema. Stilerò, quindi, una relazione scritta e ve la manderò. Poi, se voi vorrete, ritornerò e lo esprimerò anche a voce, ma deve essere qualcosa di preciso, come per altri temi che riguardano le frequenze, tra cui i 30 canali DVB-H, l'idea di quale sia oggi la dimensione e di quale sia stata la storia, l'evoluzione dell'azienda RAI nel modello organizzativo che ha portato da tanti dipendenti a meno, il numero dei giornalisti.
  Occorre avere un quadro, che possiamo anche chiedere alla RAI. Penso però che anche il Governo debba avere la possibilità e la necessità di farsene carico e di portare la propria valutazione di merito su questa evoluzione e su quale dovrebbe essere la successiva.
  Certo, sapere quanto costa ogni sede regionale RAI è un bel risultato. Non so se riusciremo a saperlo. Proverò anch'io a chiedere e ottenere questo risultato, che però voi stessi potreste avere, proprio per la vostra Commissione e per i vostri poteri, autonomamente.

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  PRESIDENTE. In merito abbiamo molte difficoltà.

  ANTONIO CATRICALÀ, Viceministro dello sviluppo economico. Comunque, da parte mia, sarò assolutamente a disposizione.
  Il ruolo di alcuni network regionali, come Telenorba, per esempio, è sicuramente riconosciuto. In materia esistono alcuni contenziosi in atto, ci sono cause che si stanno svolgendo presso il Consiglio di Stato. Anche rispetto a queste entità bisogna essere estremamente rispettosi e aspettare che decidano. Ormai tutti i nodi stanno venendo al pettine: si tratta di aspettare con pazienza, ma non tantissima, perché siamo arrivati al dunque.
  È giusto quello che diceva Lainati: abbiamo necessità, con la RAI, di contenere la spesa, di fare un lavoro che sia di servizio pubblico effettivo e reale, ma anche di battere la concorrenza. Questa è la duplice natura che ha la RAI, di essere un'azienda che svolge in concessione un servizio, ma che fa parte anche di un sistema di mercato, al quale dobbiamo conformare il nostro contratto di servizio, anche se il nostro non è un contratto che definisce l'attività commerciale della RAI. È un contratto che definisce le modalità di svolgimento del servizio pubblico ed è su quello che mi devo concentrare. Altre Autorità, invece, si dovranno occupare della capacità della RAI di misurarsi sul mercato.
  È vero che il passaggio all'analogico e ai grandi impianti analogici, senatore Ciampolillo, non ha consentito alla RAI, ma credo neanche alle altre televisioni, di avere quello che avrebbe dovuto succedere, cioè un minore, pur buono, inquinamento di spettro e una migliore copertura. La fase della rivoluzione digitale, infatti, non è ancora terminata, il segnale digitale non è ancora il segnale limpido che vorremmo su tutto il territorio nazionale. Per questo stanno migliorando anche le tecniche digitali di trasmissione e di costruzione stessa dei televisori.
  Il senatore Ciampolillo si pone una domanda di grande momento, ossia se ci sono queste interferenze ma ci sono strumenti tecnologici e giuridici da utilizzare per superare il gap pratico che i difetti di copertura vengono a recare, perché non vengono tutti utilizzati ? A me piacerebbe fornire subito la risposta giuridica, ma, per rispetto a lei e alla Commissione, vorrei approfondire ulteriormente.
  È vero che sull'LCN c’è ancora un contenzioso e che quindi nessuno si vuole vendere qualcosa, anche se – devo dirla tutta – il Consiglio di Stato ha affermato chiaramente che, finché non ci saranno nuove determinazioni e tutto è sub iudice, rimane l'attuale situazione e quindi l'attuale numerazione. Questo potrebbe già consentire il ricorso a questi strumenti. Per mia tranquillità e per rispetto a voi, però, vorrei rispondere su questo punto in maniera più approfondita e tecnica con un atto scritto da consegnare.

  PRESIDENTE. Resta un'altra questione che avevamo letto in introduzione, quella sulla Commissione paritetica, nonché un'eventuale sua opinione sulla sentenza del Consiglio di Stato.

  ANTONIO CATRICALÀ, Viceministro dello sviluppo economico. La Commissione paritetica, nella bozza di contratto che abbiamo scritto noi, non esiste più. Se ci sono questioni da dirimere, le dirimeremo nelle sedi istituzionali opportune. Era difficile che una Commissione paritetica, appunto perché paritetica e senza poteri decisionali, potesse decidere questioni troppo delicate, come quelle che le venivano assegnate. Era anche un modo di liberarsi di alcune difficoltà immediate nell'accordo. Me ne rendo conto, perdiamo uno strumento, ma ci guadagniamo in chiarezza del contratto e dei successivi rapporti.
  La sentenza del Consiglio di Stato è quella su Sky e la stiamo naturalmente valutando. Anche su questa mi riservo di fornire un contributo scritto. Quello che ho potuto leggere è che c’è una sostanziale conferma della bontà della sentenza di primo grado. Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello della RAI affermando Pag. 15che la sentenza di primo grado sia da conservare. Ha aggiunto anche un'interpretazione per quanto riguarda un singolo punto, ritenendo addirittura che non ci fosse interesse dell'appellante incidentale, che era in questo caso Sky, a sostenere tale motivo. Credo che il Consiglio di Stato abbia confermato che non fosse legittimo il precedente contratto di servizio, ma quello del 2010-2012 e che, quindi, quelle norme erano corrette e vadano interpretate in un determinato modo. Naturalmente, le interpretazioni in un determinato modo della norma, anche perché si tratta di un'interpretazione commerciale tra aziende per questioni strettamente commerciali, non credo spettino al ministero. Ha già detto il Consiglio di Stato come la norma va interpretata, affermando che era già chiaro il modo in cui si era espresso il TAR.
  Alla fine, penso che introdurremo nel contratto di servizio la vecchia norma, al limite con un richiamo alle sentenze, che è la soluzione forse più semplice e anche la più lineare. Se vado ad aggiungere una frase, o a toglierne una, lo dico sinceramente, sembra che voglia agevolare qualcuno, una parte anziché un'altra, in una questione che è già stata oggetto di giudizio. Non vorrei dire io di più di quello che lo stesso giudice supremo di queste questioni, che è il Consiglio, ha detto, adducendo che il TAR aveva statuito bene e che l'interpretazione da applicare era quella.

  PRESIDENTE. Intende chiedere qualche chiarimento, collega Peluffo ?

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Interverrò sull'ordine dei lavori a fine seduta.

  PRESIDENTE. Mi sembrano emerse, in relazione a ciò che ha riferito il viceministro sul contratto di servizio, tre questioni molto importanti, cui si aggiunge anche l'abolizione della Commissione paritetica. In effetti, il contratto di servizio attuale, che andremo ad analizzare, a me sembrava presentare una contraddizione sulla contabilità separata, che ritengo sia un punto davvero fondamentale e di chiarezza per tutti i cittadini. In generale vedo una direzione, come ha sostenuto anche il collega Peluffo, di trasparenza più serrata e stretta su tutti gli atti della RAI.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Intervengo sull'ordine dei lavori. Presidente, nel ringraziarla, avendo concluso la fase auditiva, le porgo un'informazione di servizio. Come Commissione, noi non siamo avulsi da ciò che accade intorno a noi. Ho visto che sulle agenzie è stato riportato un post pubblicato sul blog di Beppe Grillo. Una parte che ci riguarda è interessante...

  PRESIDENTE. La riferisce in diretta ?

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. «Noi siamo i moralisti del... – siamo in una sede istituzionale, ragion per cui possiamo evitare gli epiteti – che hanno chiesto conto alla RAI del miliardo di euro dato a cinque società esterne delle quali non viene reso noto neppure il nome».
  Mi sembrava utile, Presidente, cogliere l'occasione per significare anche a Grillo che, in realtà, questa Commissione ieri ha svolto un'audizione in cui questa domanda è stata reiterata, perché era già stata posta, e ha ottenuto anche una risposta. Sono state citate, come ricordiamo tutti, le tre società che in maniera continuativa hanno maggiormente lavorato con l'azienda. Mi dispiace se a Grillo sfugge il fatto che questa Commissione sul tema della trasparenza è attiva. Anche il suo Presidente, che è parte dello stesso movimento, è attivo e ieri ha ottenuto una parte di risposta su questo quesito. Mi sembrava utile significarlo.

  PRESIDENTE. La ringrazio della sua precisazione. Proprio ieri – non so se l'avete letto – io ho scritto un post che rappresentava il resoconto di ciò che avevamo fatto in Commissione, comprese le dichiarazioni della dottoressa Andreatta rispetto alle società. La ringrazio.

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  MAURIZIO ROSSI. Vorrei fare un breve intervento sul discorso di Sky. Io ho presentato un'interrogazione in Commissione proprio sul tema di Sky e sulla sentenza che c’è stata. Non mi permetto di fornire suggerimenti – essendo veramente uno dei massimi esperti, il viceministro saprà come e cosa scrivere nel documento – ma ritengo che questa sia un'opportunità della RAI. C’è un problema di ricezione. Ci sono soggetti che magari hanno il decoder di Sky e che non ricevono, mentre potrebbero riceverla bene, RAI 1. La si può ricevere su Internet e su molti altri mezzi, ma Sky ogni tanto non trasmette la RAI. La RAI ha il dovere assoluto, a mio giudizio e anche secondo quanto stabilisce la sentenza, di usare tutte le piattaforme. Non può difendere e avvantaggiare la piattaforma di TV Sat nei confronti di quella di Sky. Un utente non deve essere obbligato eventualmente a comprare un altro decoder, quello di TV Sat, quando magari ha già quello di Sky e potrebbe vedere la RAI con quello. Credo che la RAI farà bene, al di là di ciò che scrive al ministro, a cambiare atteggiamento nei confronti di una piattaforma che è nell'interesse dei cittadini. Peraltro, la RAI aumenta anche il suo numero di ascoltatori, se ha un mezzo in più: aumenta il bacino.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, ci riserviamo di ascoltare di nuovo il Viceministro Catricalà, che manderà anche una relazione con le risposte scritte. La sua interrogazione, senatore Rossi, è stata inviata.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.25.