XVII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Giovedì 6 giugno 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Abrignani Ignazio , Presidente ... 2 

Audizione del Garante per le micro, piccole e medie imprese, Giuseppe Tripoli, in merito all'esame della Relazione concernente la liberalizzazione delle attività economiche e la riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese (Doc. XXVII, n.1) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Abrignani Ignazio , Presidente ... 2 
Tripoli Giuseppe , Garante per le micro, piccole e medie imprese ... 2 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 7 
Vignali Raffaello (PdL)  ... 7 
Taranto Luigi (PD)  ... 8 
Fantinati Mattia (M5S)  ... 10 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 10 
Tripoli Giuseppe , Garante per le micro, piccole e medie imprese ... 10 
Abrignani Ignazio , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE IGNAZIO ABRIGNANI

  La seduta comincia alle 12.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Garante per le micro, piccole e medie imprese, Giuseppe Tripoli, in merito all'esame della Relazione concernente la liberalizzazione delle attività economiche e la riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese (Doc. XXVII, n. 1).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Garante per le micro, piccole e medie imprese, Giuseppe Tripoli, in merito all'esame della Relazione concernente la liberalizzazione delle attività economiche e la riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese (Doc. XXVII, n. 1).
  Il dottor Giuseppe Tripoli è accompagnato dal dottor Romeo.
  Cedo dunque la parola al dottor Tripoli per la relazione introduttiva.

  GIUSEPPE TRIPOLI, Garante per le micro, piccole e medie imprese. Buongiorno. Grazie, presidente, anche per aver disposto che si potesse fare questa audizione, a cui tengo molto. Come Garante per le micro, piccole e medie imprese, è la mia prima audizione ufficiale con il Parlamento, essendo intervenuto nelle volte scorse sotto altri profili, pur sempre in relazione al tema delle imprese, e delle piccole e medie imprese in particolare.
  Come premessa di questo intervento, che sarà sicuramente breve, intendo sottolineare un fatto. Voi sapete che la figura del Garante delle micro, piccole e medie imprese è stata istituita dalla legge n. 180 del 2011, a tutti nota con il nome di «Statuto delle imprese», che peraltro ha avuto la sua genesi in questa Commissione parlamentare – quindi immagino sia anche una legge nella quale vi riconoscete – e che esprime le preoccupazioni e le esigenze che il Parlamento aveva formulato in quel momento (ma vi assicuro che non sono cambiate).
  Ciò che vorrei sottolineare è che le osservazioni che sto per fare, e che saranno estremamente sintetiche, nascono da un metodo di lavoro che quella legge prevedeva il Garante adottasse. Si tratta di un metodo di lavoro basato sulla partecipazione delle imprese e delle associazioni nell'analisi, valutazione ed elaborazione di proposte, iniziative e osservazioni sulle misure, sulle iniziative legislative e sui progetti che possono avere un impatto sul mondo delle micro, piccole e medie imprese. Intendo dire che non sono osservazioni che nascono nel chiuso di un ufficio studi costituito presso l'ufficio del Garante; sono osservazioni che hanno la vivezza delle considerazioni che le categorie e le imprese, soprattutto quelle piccole, hanno formulato, nei diversi ambiti del territorio nazionale.
  La prima osservazione che vorrei fare, per inquadrare il tema, è che la dimensione delle micro, piccole e medie imprese Pag. 3non è, come voi ben sapete, residuale, ma è una dimensione fondamentale e portante della nostra economia. Quando parlo della nostra economia, faccio riferimento anche all'economia europea. Infatti, il ruolo del Garante si inquadra all'interno di una rete di figure simili. In Italia questo ruolo è stato rafforzato dal punto di vista legislativo, ma vi sono figure simili nei diversi Paesi europei. La Rete mira a costituire dei punti di monitoraggio dell'avanzamento delle politiche per le micro, piccole e medie imprese nei diversi Paesi europei.
  Dico questo per sottolineare che la dimensione piccola di impresa ha un impatto economico estremamente rilevante in Europa. Gli addetti che operano nelle micro, piccole e medie imprese europee sono 87 milioni, pari al 67,4 per cento. Nei diversi Paesi dell'Unione europea, le imprese sono circa 21 milioni, di cui ben il 99,8 per cento sono micro, piccole e medie imprese. Di queste ultime, il 92,2 sono micro imprese.
  Devo dire che la differenza sostanziale che c’è tra l'Italia, di cui riferirò tra poco i dati, e gli altri Paesi dell'Unione europea, specialmente quelli che hanno una dimensione produttiva forte e consistente come la nostra, è ovviamente lo spostamento più in basso nella scala del sistema delle micro, piccole e medie imprese. In Germania e in Francia ci sono altrettante unità di impresa di piccole dimensioni, ma in Italia prevalgono le dimensioni più piccole.
  In Italia, come sapete, le imprese micro, piccole e medie sono il 99,9 per cento, di cui ben il 95,1 per cento sono micro imprese. La dimensione degli occupati è equiparabile a quella europea (67 per cento circa), con oltre il 70 per cento di valore aggiunto prodotto da questa parte consistente del sistema delle micro, piccole e medie imprese.
  Ho voluto citare questi dati, che sono sicuro voi conosciate, per sottolineare che il sistema delle micro, piccole e medie imprese non è uno dei temi, bensì il tema principale della nostra economia. Voglio ribadirlo perché molto spesso si dice che questo è un punto di debolezza per il sistema economico italiano. A mio avviso, niente è più falso. Certamente hanno dei punti di debolezza, e ne vedremo qualcuno anche oggi, se ci sarà la possibilità. Tuttavia, esse sono un punto di forza e non un costo per il sistema economico italiano. Sicuramente, se fossero aiutate ad evolvere e a raggiungere una dimensione organizzativa più forte, avrebbero meno costi e sarebbero più efficienti. Ciò non di meno, esse rappresentano un punto di forza del sistema economico italiano.
  Talvolta il clima culturale si percepisce anche da alcune valutazioni che vengono espresse, non solo sui media. Periodicamente riemerge che il problema dell'economia italiana è la frammentazione del suo sistema produttivo, quasi che questa fosse una colpa e non, invece, un indice di vitalità che deve essere aiutato a svilupparsi e che costituisce una caratteristica forte, che peraltro ha consentito all'Italia di essere il settimo Paese manifatturiero nel mondo e il secondo in Europa.
  Questa è la dimensione del fenomeno. Il dilemma di fronte a cui periodicamente ci si ritrova, all'interno delle più diverse scelte che, soprattutto nella dimensione politica, vengono compiute, oggi si ripresenta nuovamente con la sua drammaticità. Voi sapete che la crisi ha colpito duro soprattutto la dimensione delle microimprese, in particolare in alcuni settori quali l'edilizia, il manifatturiero e i servizi.
  I dati sono drammatici. Costantemente alcuni quotidiani pubblicano il dato aggiornato dei fallimenti e delle chiusure dall'inizio dell'anno. Nel 2012 ci sono state 365 mila chiusure di attività di impresa. È un dato che non ha precedenti, se non in un lontano passato. Sempre nel 2012 sono stati registrati 104 mila fallimenti, con una crescita del 2,2 per cento rispetto al 2011. È un dato che, come avrete visto, e come ricordavo poc'anzi, si sta incrementando nei primi mesi di quest'anno.
  La questione che ci si trova oggi ad affrontare è quella che richiamavo poc'anzi: come aiutare questo patrimonio Pag. 4di imprenditorialità, di lavoro, di occupazione e di valore aggiunto a superare questa fase. Girando il territorio e incontrando le diverse organizzazioni e le diverse imprese, anche le più piccole, sono emersi due tipi di esigenze, che io ho provato a raccogliere e a descrivere nella relazione che, ai sensi dello Statuto delle imprese che citavo poc'anzi, ho presentato nel mese di febbraio al Presidente del Consiglio, perché la presentasse poi al Parlamento, come previsto dalla legge stessa. Credo che sia già arrivata, ma mi permetterò di consegnarne una copia al presidente.
  Una prima esigenza fondamentale è quella di far crescere le capabilities delle imprese, cioè le loro capacità di fare. Uso questa espressione, anche se non è esattamente propria di un'analisi economica, per indicare quello che le imprese chiedono. Queste capacità di fare si esprimono anzitutto nella possibilità di avere risorse umane più qualificate, processi che le includano maggiormente nei temi dell'innovazione e modalità di sostegno, di supporto e di integrazione sui mercati internazionali più attente e più adeguate alle micro e piccole imprese.
  Se ci sarà tempo, e il presidente me lo consentirà, alla fine tornerò su questi temi. Adesso mi concentrerò invece sugli aspetti oggetto dell'audizione. L'oggetto dell'audizione riguarda il secondo filone di richieste e di esigenze formulate dalle micro, piccole e medie imprese, che è quello di aiutarle a ridurre i costi di gestione dell'azienda. Non faccio riferimento ai costi di organizzazione aziendale interna, ma piuttosto a quei costi che vengono dal contesto esterno e che si abbattono sulle imprese riducendo la loro capacità di competere.
  Per essere più espliciti, le imprese hanno sottolineato più volte i costi che derivano loro da un pricing eccessivo della risorsa dell'energia, da una fiscalità che si presenta sotto diversi aspetti in modo non amichevole nei confronti delle piccole imprese, e infine da una burocrazia che presenta costi e modalità che talvolta sono, non solo economicamente, ma anche giuridicamente e civilmente, disdicevoli.
  Vengo al tema che credo sia oggetto dell'audizione di oggi, che è quello relativo alla semplificazione. Anche su questo tema, vorrei fare una premessa. Spesso si affrontano insieme i temi della semplificazione e delle liberalizzazioni. La convinzione che mi sono fatto discutendo con gli imprenditori e girando sul territorio è che oggi il focus vero sia il tema della semplificazione. Sicuramente, ci sono ancora tanti mercati in cui la liberalizzazione aiuterebbe e aiuta la libertà di impresa ad esprimersi. Anche la relazione del Ministro Giarda, seppure implicitamente, vi fa riferimento, pur essendo molto sintetica nella sua formulazione. Tuttavia, il tema fondamentale è costituito proprio da quegli ambiti in cui la presenza di autorizzazioni è inevitabile, cioè quelli che tutelano certi beni costituzionali. In quei casi in cui l'esigenza di autorizzazioni è inevitabile, è necessario che queste autorizzazioni siano concesse nel modo più rapido e più semplice possibile per le imprese, e che non rispecchino invece meccanismi che tutelano gli interessi che non sono quelli esplicitamente richiamati dalle norme costituzionali, che teoricamente dovrebbero presiedere alla loro previsione.
  Il tema della semplificazione è quello che oggi comporta il costo maggiore per l'attività delle imprese. Vorrei fare una seconda breve premessa a questo tema, richiamando un'esperienza straniera che mi ha molto colpito, soprattutto per il metodo che ci insegna. Mi riferisco all'esperienza della Germania che, peraltro emulando anch'essa i modelli della Danimarca e dell'Olanda, ha realizzato alcuni anni fa un'autorità indipendente presso la cancelleria, che è un consiglio autonomo per la semplificazione (Nationaler Normenkontrollrat). Lo cito perché i tedeschi si sono prefissi sei anni fa di raggiungere in cinque anni un obiettivo di riduzione del 25 per cento degli oneri per le imprese derivanti da procedure burocratiche centrali. Non hanno raggiunto l'obiettivo per Pag. 52,5 punti, ossia hanno ridotto i costi del 22,5 per cento, che per loro ha significato una riduzione di 11 miliardi di costi aggiuntivi sulle imprese. Quest'anno raggiungeranno l'obiettivo e lo supereranno. Hanno avviato adesso un'azione mirata perché questa identica iniziativa venga realizzata dai Länder.
  L'indicazione di metodo molto importante che, secondo me, viene da questa esperienza è che la semplificazione è un obiettivo che ha una sua dimensione temporale di stabilità. Non si può pensare di fare tutte le semplificazioni di colpo; non basta una norma che dica che tutto è semplificato e non ci sono più autorizzazioni. È un lavoro costante e continuo che, a mio avviso, al di là dei Governi che si susseguono e delle maggioranze, è esigenza del Paese che sia garantito alle imprese. È un'esigenza del Paese che questo lavoro vada avanti, qualunque sia il Governo e qualunque sia l'orientamento, essendo questo un obiettivo su cui tutti convergono.
  Una metodologia per raggiungere certi risultati, come i tedeschi ci insegnano, passa attraverso una dimensione strutturale dell'amministrazione pubblica, e un lavoro continuo, non momentaneo o congiunturale. Il tema fondamentale è quindi quello della continuità e della stabilità.
  In Italia qualcosa è già stato fatto, come riporta anche la relazione di Giarda. Esprimendo le esigenze e le osservazioni che vengono dal mondo delle micro, piccole e medie imprese e delle loro organizzazioni, devo dire che la cosiddetta Relazione di Giarda, prevista dal decreto-legge n. 1 del 2012 e dal decreto-legge n. 5 del 2012, è deficitaria in alcuni aspetti, e molto leggera, per esempio, nell'indicare i settori in cui si sarebbe dovuto procedere alle liberalizzazioni. L'aspetto più critico che tutti rilevano, e che non possiamo non rilevare, è che la tempistica è totalmente stata disattesa.
  Un lavoro come quello che richiamavo essere stato fatto in particolare dalla Germania, ma anche dalla Danimarca e dall'Olanda, per avere la sua stabilità nel tempo ha bisogno di quello che in azienda si chiama un «cronoprogramma», cioè tempi certi e modalità prevedibili con cui le cose vengono realizzate. Indicare che entro un anno si debbono attuare tutte le iniziative che servono a liberalizzare e a semplificare tutte le attività delle imprese è bellissimo wishful thinking, ma nella concretezza delle sue realizzazioni rischia di cadere, come in gran parte è caduta l'indicazione che viene dai decreti-legge dello scorso anno e dalla relazione di Giarda.
  Aggiungo un secondo elemento, che è un tema su cui nella parte finale della scorsa legislatura ho evidenziato, con la forza che veniva dall'esigenza reclamata a viva voce dal mondo delle imprese. Ci sono varie semplificazioni fattibili, che erano state individuate e raccolte in una serie di tavoli, con dei lavori e delle elaborazioni molto accurate. Queste valutazioni e queste proposte erano state raccolte all'interno di un disegno di legge che il Governo precedente aveva approvato in sede di Consiglio dei ministri, ma che il Parlamento non aveva potuto discutere.
  Le esigenze forti che emergevano in quella chiave erano due. Innanzitutto si chiedeva che, mentre andava avanti questo lavoro che vi citavo, e che richiede il suo tempo, la sua costanza, ma anche il rispetto ferreo delle scadenze, nel frattempo si sbloccassero alcuni dei vincoli più gravi che le imprese avvertivano come colli di bottiglia alla loro attività. Quel disegno di legge aveva fatto questo lavoro, individuando dei colli di bottiglia in una serie di attività, e proponendole come richiedenti un intervento legislativo diretto.
  Credo che abbiate presenti i capitoli, ma li ricordo, anche se rapidamente, per completezza di esposizione: il tema dell'edilizia, sul permesso di costruire, sul silenzio-rifiuto, sui tempi di rilascio; il tema dei contratti pubblici, per garantire lo svincolo delle opere man mano che vengono realizzate, anche prima del collaudo; il tema della previdenza, per semplificare le comunicazioni; il tema dell'ambiente e così via.
  Era un'esigenza diffusa che quelle norme divenissero un decreto-legge, che Pag. 6avessero cioè un'entrata in vigore immediata, essendo tra l'altro pensate per non avere applicazioni che sarebbero passate da decreti applicativi o da regolamenti. Infatti, molto spesso il regolamento è la morte della legge e della norma di semplificazione. A livello del regolamento molto spesso i tempi e le modalità di realizzazione non rispettano l'esigenza che talvolta il Parlamento, votando una legge, esprime.
  Presidente, che ci siano degli sblocchi immediati di alcuni colli di bottiglia, avvertiti come tali da tutte le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni, è un'esigenza che io mi sento di riproporre anche in questa audizione, all'attenzione della Commissione. Da questo punto di vista, credo che a quanto è stato fatto, soprattutto nel corso degli ultimi anni, resti ancora molto da fare affinché si possa dire che si è raggiunto un risultato minimale a vantaggio delle imprese, e in particolare delle imprese di piccole dimensioni.
  Vorrei chiudere con un'ultima osservazione, rispettando così i tempi di lavoro che ci siamo dati, salvo poi eventuali esigenze di approfondimento. L'Unione europea, innanzitutto con lo Small Business Act, che è quel programma di attenzione verso le piccole imprese a cui risale anche l'istituzione del Garante in Italia, ha riattivato un interesse agli effetti che la normazione, anche europea, ha sui costi aziendali. Credo che la Commissione abbia lanciato una call a livello europeo, coinvolgendo tutti i 27 Paesi europei, perché le imprese e le loro organizzazioni esprimessero distintamente le loro opinioni sulle normative peggiori in termini di costi e oneri amministrativi che gravano su di esse, e che hanno una matrice europea.
  Questa call è stata realizzata ed è venuta fuori una classifica interessante. Al primo posto vengono le normative nel settore chimico. Ci sono molte norme di sicurezza, che talvolta sono piuttosto disposizioni di tipo burocratico, all'interno dell'azienda, che riguardano per esempio le comunicazioni che si devono agli enti pubblici con cui le imprese dialogano, sia in termini di informazioni statistiche sia in termini di informazioni amministrative. È un elenco interessante, che mi permetto di consegnare alla Commissione. Credo che sia importante che questo lavoro a livello europeo sia supportato dal Governo italiano.
  La seconda osservazione, sempre con riferimento ai temi europei, riguarda il fatto che in Italia, rispetto all'Europa, dobbiamo fare uno sforzo in più, in due direzioni. C’è una direzione per cui la prima responsabilità è quella del Governo, ma anche del Parlamento, in cui passano molti provvedimenti di questo genere, ed è quella di evitare che ci sia un appesantimento degli oneri (il cosiddetto gold plating) nel recepimento delle normative europee. Questo è molto importante, perché purtroppo in tanti casi abbiamo il primato di essere più realisti del re, essendo in questo modo causa di un differenziale di competitività che si scarica sulle imprese.
  Il secondo aspetto è una critica che faccio a un principio europeo, che viene spesso richiamato anche in Italia come uno slogan. Mi riferisco al principio del one in, one out, in base al quale per ogni onere in più che si aggiunge alle imprese ne deve essere eliminato un altro. In Italia non siamo in condizioni di poterlo fare. Noi non dobbiamo fare solo one out, e anzi many out. Dobbiamo tirare fuori di più; non dobbiamo bilanciare gli oneri che entrano con quelli che escono. Dobbiamo invece ridurre drasticamente i costi, gli oneri e gli appesantimenti burocratici.
  Chiudo con un ultimo richiamo. C’è un passaggio previsto dalla legge dello Statuto delle imprese – è presente l'allora relatore del provvedimento, l'onorevole Vignali – che era stato inserito come richiamo forte a un'attenzione sul mondo delle micro, piccole e medie imprese. Mi riferisco alla legge annuale delle piccole e medie imprese. Nello scorso anno, che era il primo anno di applicazione della normativa, questo disegno di legge non fu presentato, anche se le norme furono in qualche modo Pag. 7raccolte nei diversi provvedimenti che sono stati poi presentati dal Governo come decreti-legge.
  Io ritengo – e in quanto garante lo farò presente al Governo e al ministro di riferimento – che sia importante che venga presentato il disegno di legge sulle piccole e medie imprese, perché sarebbe un momento di riflessione su quei punti che oggi ho tentato di esprimere, magari un po’ maldestramente e sicuramente in maniera sintetica. Potrebbe essere un'occasione per riflettere su alcune delle decine di proposte che mi sono permesso di raccogliere dalla viva voce delle imprese e delle loro organizzazioni, e di sintetizzare nella relazione che, come vi dicevo, lascerò agli atti della Commissione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Tripoli, per la sua relazione, che è stata molto utile. Mi sembra infatti che, partendo dai contenuti della relazione, lei sia andato ben oltre, fornendo stimoli e suggerimenti per la discussione, andando al di là delle competenze proprie del Garante.
  La drammaticità in cui versano le nostre imprese è innegabile. Ci sono stati 700 mila fallimenti e se aggiungiamo tutte le altre procedure concorsuali, come i concordati, andiamo ben oltre questa cifra.
  Do la parola ai deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RAFFAELLO VIGNALI. Anch'io mi associo al ringraziamento al dottor Tripoli per questo suo intervento, ma anche per l'attività che ha svolto in questi mesi, che credo le piccole imprese abbiano apprezzato, anche nel metodo. Il coinvolgimento stabile del sistema delle micro, piccole e medie imprese al tavolo del garante è un metodo che lo Statuto impone. Tuttavia, in questi giorni in cui abbiamo discusso sulla proposta della relazione, abbiamo scoperto che, nell'attività di sperimentazione fatta in giro per l'Italia dal Ministero, le associazioni non sono state coinvolte.
  Con tutto il rispetto, credo che sia difficile semplificare se i burocrati parlano con i burocrati. È una questione di punti di vista: con tutto il rispetto, ritengo però che il burocrate guarda il problema della semplificazione dal punto di vista della norma, spesso presa come fine, e dal punto di vista del suo lavoro. Forse, invece, se vogliamo semplificare, dobbiamo iniziare a guardare questi temi a partire da chi deve operare. Altrimenti non semplifichiamo mai.
  Nel corso delle audizioni è emerso – e ieri l'abbiamo detto anche al Ministro Zanonato che è venuto in audizione, non su questa relazione, ma su temi generali – che abbiamo bisogno di attuare le norme esistenti e di governare i processi, anche una volta fatte le norme. Ad esempio, ieri è stato citato il caso delle agenzie per le imprese, che è stato ricordato da più parti anche nelle scorse audizioni. L'istituzione delle agenzie per le imprese risale a una norma del 2008, ma non è ancora operativa. Forse su queste cose bisogna lavorare di più come Governo.
  Le vorrei chiedere alcuni suggerimenti rispetto al nostro lavoro in questa sede. L’output finale di questo lavoro in Commissione sulla relazione sarà una risoluzione, che conterrà indirizzi di azione al Governo. Da questo punto di vista le chiedo quali possono essere, secondo lei, i punti qualificanti e se ha dei suggerimenti.
  In particolare, uno dei temi affrontato dai soggetti intervenuti in audizione, e che è stato da più parti sollevato, è quello dell'introduzione di meccanismi rispetto alla responsabilità burocratica, in relazione ai tempi di risposta. Noi spesso parliamo di efficienza e di economicità della pubblica amministrazione, ma dell'efficacia non parliamo mai. Quello che interessa all'impresa è innanzitutto l'efficacia. Certamente alle imprese interessa anche che i costi siano più contenuti possibile, ma innanzitutto è importante sapere quando si hanno le risposte. È evidente che una macchina enorme, farraginosa e che non fa il suo dovere, anche se costasse solo un euro, costerebbe troppo.
  In secondo luogo, vorrei sapere se, oltre al caso della Germania che lei ha citato, e che è sicuramente interessante, ci sono Pag. 8magari altre best practice che ha conosciuto al tavolo europeo, che è stato una delle innovazioni fatte a seguito dello Small Business Act, quello dei cosiddetti «mister PMI».
  Riguardo alla legge annuale, il mio auspicio, come ho detto anche ieri al ministro Ministro Zanonato, è che quest'anno si faccia veramente.
  Peraltro, io credo che ci sia un grande tema che dobbiamo mettere a fuoco, che è l'attuazione del principio di proporzionalità. Lei citava la call sulle procedure fatta dall'Europa. Proprio riguardo alla chimica, il commissario Tajani e il commissario all'ambiente Potocnik, in relazione al regolamento REACH, hanno fatto un accordo che prevede la riduzione del 90 per cento degli oneri per le microimprese, del 60 per le piccole e del 40 per le medie.
  Ormai anche l'Europa – grazie a Dio – si è accorta che non si possono più fare le norme a taglia unica, pensate sullo 0,1 per cento delle imprese italiane, cioè sulle grandi, ma che forse bisogna iniziare a pensarle sul 99,9 per cento, o comunque secondo un criterio di proporzionalità.
  L'ultima questione è invece una richiesta che faccio a lei, nella sua funzione di Garante. Le chiedo di monitorare l'attuazione delle norme previste nello Statuto delle imprese. Faccio in proposito alcuni di esempi. Lei ha già citato la questione degli oneri (one in, one out). Ce lo diceva anche il presidente dell'Antitrust in audizione. In questo Paese, l'AIR e la VIR, cioè l'analisi e la valutazione dell'impatto della regolamentazione ex ante, sono previste nelle leggi, ma non sono mai applicate. Finalmente, dopo tempo immemore, è uscito il decreto che attua la previsione dello Statuto sull'obbligo delle amministrazioni di misurare gli oneri amministrativi per le imprese prima di introdurre una nuova norma. Sarebbe interessante sapere, magari tra un anno, quali amministrazioni l'hanno fatto e quali no. Iniziamo a fare un po’ di black list delle pubbliche amministrazioni.
  Chiedo scusa se mi dilungo. Nello Statuto c’è un altro tema che, a mio avviso, è importante, sul quale si deve lavorare molto in Commissione: l'obbligo per le Camere di commercio di pubblicare gli oneri e gli standard minimi per lo svolgimento di ogni tipologia di impresa. Questo è fondamentale. Fra l'altro, lo Statuto dice che i controlli si possono fare solo su quello che è pubblicato. Questo semplifica molto la vita delle imprese ed evita che ci siano enti che chiedono cose diverse o funzionari dello stesso ente che fanno richieste diverse; peraltro, come tutti i meccanismi di trasparenza, frena la corruzione.
  Le chiedo un impegno su questo fronte, affinché tali previsioni vengano effettivamente attuate. Sono principi importanti e ne siamo tutti contenti; tuttavia, non li abbiamo stabiliti perché restino sulla carta, ma perché diventino realtà. Grazie.

  LUIGI TARANTO. Ringrazio anch'io il dottor Tripoli per il suo intervento, in particolare per il concetto che ha voluto proporci nell'introduzione, che mi pare possa essere così sintetizzato: nella realtà del nostro Paese, la struttura del sistema delle piccole e medie imprese è un dato di realtà con cui dobbiamo fare i conti. Di conseguenza, vanno certamente affidate alle pratiche d'archivio tutte le politiche che con questa realtà si sono invece misurate in termini di eccezione e di marginalità.
  Proprio alla luce dell'impianto concettuale dello Statuto delle imprese, occorre che nei confronti delle micro, piccole e medie imprese ci siano attenzione e politiche dedicate. Da questo punto di vista, come ricordava già l'onorevole Vignali, è particolarmente preziosa l'opera d'impulso del Garante, anche per l'attuazione di parti ancora largamente inattuate dello stesso Statuto.
  Venendo all'oggetto specifico dell'audizione, quindi ai contenuti della relazione in materia di avanzamento del processo di liberalizzazione e di semplificazione, vorrei porre alcune questioni.
  Come ricordava l'onorevole Vignali, nel corso delle audizioni ci è stato segnalato che non sempre il metodo del preliminare Pag. 9confronto con le associazioni imprenditoriali è stato adottato. Vorrei chiedere dunque al dottor Tripoli se sia possibile promuovere un'azione di ricognizione e di sollecitazione in questa direzione.
  Passo al secondo punto, riguardante le liberalizzazioni. Ne abbiamo già ampiamente discusso in Commissione, ma credo che sia utile rappresentarlo direttamente al dottor Tripoli. La relazione che ci è stata proposta, purtroppo, almeno a mio avviso, non sembra coerente rispetto agli obiettivi affidati alla stessa Relazione dalla legge, cioè la definizione di un cronoprogramma delle liberalizzazioni e l'individuazione dei settori di attività a cui il processo dovrebbe ora applicarsi.
  La stessa relazione dà conto invece di un'attività di ricognizione svolta tanto presso il Ministero della funzione pubblica quanto presso il Ministero dello sviluppo economico, ma i risultati di questa attività di ricognizione non sono stati allegati alla relazione medesima. Si tratta di una lacuna informativa rilevante, poiché è proprio questo il dato con cui oggi la Commissione sarebbe chiamata a confrontarsi per poter esprimere un parere, a valle del quale scatterebbe il processo di definizione dei regolamenti di delegificazione.
  Quanto al prototipo di intervento sulle liberalizzazioni, vi è poi un'altra questione che credo meriti di essere discussa e affrontata con il Garante. Credo che uno dei punti più rilevanti del processo di liberalizzazioni, lette dal punto di vista delle piccole e medie imprese, sia la loro capacità di confermare l'assetto del nostro Paese in termini di pluralismo imprenditoriale, posto che si riconosca un valore proconcorrenziale a questa tipologia d'assetto. Da questo punto di vista, mi piacerebbe conoscere il parere del Garante circa la differenza che intercorre tra processi di semplice deregolazione e processi di ri-regolazione di ampia parte dell'attività imprenditoriale, e particolarmente di ampia parte del sistema dei servizi.
  Infine, il dottor Tripoli ha ricordato la centralità delle politiche di innovazione dedicate alle piccole imprese. Ricordo che, nel contesto dell'Agenda digitale, questo processo di innovazione è stato affrontato anche guardando all'evoluzione del sistema dei pagamenti e puntando alla diffusione degli strumenti di moneta elettronica. Parte rilevante di questo processo è però anche affidata alla capacità di confrontarsi con il sistema degli intermediari e di introdurre principi di proporzionalità tra la spinta alla diffusione di questi strumenti e una ragionevole riduzione del sistema degli oneri e delle commissioni sui medesimi.
  Sappiamo che, a norma vigente, dal 1 gennaio del 2014 scatterebbe un obbligo di accettazione dei pagamenti a mezzo elettronico, e più esattamente dei pagamenti a mezzo Pagobancomat, da parte dell'universo dei prestatori finali di beni e servizi, comprendendo quindi tutte le imprese, ma anche tutti i sistemi delle professioni. Vorrei sapere qual è lo stato dell'arte circa la definizione del decreto che avrebbe dovuto fornire un quadro di regole nuove in materia di riduzione della struttura di queste commissioni.
  Viviamo certamente in un Paese complesso, dal punto di vista amministrativo, in cui la complessità burocratica costituisce larga parte delle difficoltà con cui le imprese sono chiamate a confrontarsi, ma è anche vero che ci sono procedimenti burocratici e amministrativi che rispondono davvero alla tutela di interessi generali. In quest'ambito, sarebbe ancor più importante la tempestività procedimentale.
  Ne approfitto per segnalare al Garante una questione che a me è stata sottoposta da poco, ma che credo sia una questione rilevante. A seguito dell'entrata in vigore del nuovo Codice antimafia, le procedure di rilascio dei certificati antimafia prevedono che gli stessi non siano più rilasciati dalle Camere di commercio, ma dalla Prefettura. Vengono segnalati ritardi rilevanti, che hanno a che fare con la necessaria interruzione del collegamento informatico tra Unioncamere e il Viminale, e con una fase di transizione.
  Che il certificato antimafia sia un presidio rilevante per la tutela della sicurezza Pag. 10e della legalità è indubbio, ma è altrettanto certo che il ritardo nel rilascio di questi certificati, in una fase di recessione così profonda, comporta danni molto rilevanti. Molto spesso, infatti, le piccole imprese non si trovano nella condizione di partecipare a bandi di gare e appalti per la mancanza di questo certificato.
  Colgo l'occasione per invitare il Garante, se possibile, a un'azione di verifica e di sollecito, perché penso che anche questo faccia parte della costruzione di quel Paese normale che sostanzialmente è l'obiettivo al quale dobbiamo mirare.

  MATTIA FANTINATI. Anch'io ringrazio il Garante per l'audizione, che è stata molto interessante, soprattutto per un veneto come me, che è nato con la piccola e media impresa e che l'ha vista crescere e – lo dico in senso un po’ campanilistico – portare il nostro made in Italy all'estero.
  Intendo porre alcune domande concrete. Vorrei sapere se, secondo lei, le zone a burocrazia zero abbiano portato dei benefici nelle zone in cui sono state sperimentate, se possano essere estese a tutta la nazione e se siano state, insomma, esperimenti felici.
  Vorrei chiederle soprattutto se nota che le aziende, quando vanno all'estero, hanno bisogno di procedure, magari anche semplificate. Le piccole e medie imprese difficilmente hanno la forza per andare da sole all'estero; magari devono fare rete con altre imprese del loro settore. Vorrei sapere se, secondo lei, quello che è stato fatto per facilitare le esportazioni va bene, oppure si può migliorare.
  L'ultima domanda riguarda il cosiddetto «made in Italy». Vorrei conoscere la sua opinione su un'eventuale normativa specifica sul made in Italy, che magari potrebbe ingessare le aziende, ma avrebbe come contropartita quel famoso valore aggiunto che farebbe restare le nostre piccole imprese, i nostri talenti e soprattutto i nostri soldi e la nostra crescita in Italia.

  PRESIDENTE. Cedo la parola al dottor Tripoli per la replica.

  GIUSEPPE TRIPOLI, Garante per le micro, piccole e medie imprese. Signor presidente, ripercorro velocemente le questioni che sono state poste nel corso degli interventi.
  L'onorevole Vignali faceva notare – e quanto egli rilevava criticamente è corretto – che nelle sperimentazioni citate dalla relazione è stata rilevata l'assenza di un coinvolgimento delle associazioni. Credo che, soprattutto a livello territoriale, quando si sperimentano nuove iniziative o nuove forme per realizzare vecchie iniziative o vecchi servizi, il coinvolgimento del mondo imprenditoriale sia fondamentale, se non altro per osservare dal vivo reazioni, sensazioni e percezioni che le imprese hanno. Il fatto che le sperimentazioni si stiano svolgendo non toglie nulla al risultato, che magari sarà positivo in termini di valutazione di effetti delle sperimentazioni. Tuttavia, metodologicamente, il non aver coinvolto il mondo delle associazioni costituisce una carenza del percorso.
  Mi permetto di fare un'altra sottolineatura, anche questa leggermente critica, sul passaggio delle sperimentazioni. Quasi tutti insistono sulla realizzazione di modelli di sportello unico più efficienti. La mia esperienza è che uno dei gravi difetti dello sportello unico – che come ricordate ha una sua origine antica, essendo nato dal punto di vista normativo, se non erro, nel 1998 – è il fatto che si siano succedute più normative, e soprattutto che alle normative non si sia data poi attuazione amministrativa, come peraltro rilevava su un altro fronte l'onorevole Vignali.
  Credo però che la correzione di rotta che si è data nella scorsa legislatura, implicando più direttamente la telematica, con la previsione che gli sportelli siano solo ed esclusivamente telematici, e con il ruolo di sussidiarietà offerto dal sistema delle Camere di commercio a quei comuni che non sono in condizione di realizzare uno sportello telematico, stia dando qualche risultato.
  Questo tema rientra, secondo me, in quel grande orientamento di cui parlavo poc'anzi: se si intraprendono delle iniziative Pag. 11di semplificazione, in questo caso usando la telematica, occorre avere la costanza nel tempo, e non cambiare continuamente orientamenti applicativi e attuativi. Diversamente si farebbe sbandare – scusatemi il termine – il percorso di semplificazione. Se si individua una rotta e si vede che comincia a produrre risultati, bisogna continuare su quella.
  Passo ora alle agenzie delle imprese. Circa un mese fa, è stato autorizzato l'avvio dell'operatività della prima agenzia delle imprese. È stata sostanzialmente raggiunta l'intesa con le amministrazioni centrali e le regioni per una seconda agenzia delle imprese, che prenderà il via formalmente la prossima settimana. Una terza agenzia per le imprese è in attesa di avere un via libera definitivo da parte delle regioni, che arriverà nei prossimi giorni.
  Si tratta di tre agenzie delle imprese (una promossa dalla Confcommercio, l'altra dalla Confartigianato, la terza dalla CNA) che non opereranno su tutto il territorio nazionale, ma applicheranno la sperimentazione in modo opportuno; esse opereranno per aprire la pista e verificare i problemi, onde poter poi percorrere la strada e raggiungere risultati anche nelle altre regioni.
  Sul versante delle agenzie delle imprese, quindi, si sta procedendo, seppur lentamente. Mi permetto di sottolineare un aspetto, che credo sia importante. Si sta procedendo lentamente perché non esisteva nella legge un'elencazione di tutte le procedure che dovevano essere esaurite prima che si potesse dare l'autorizzazione alle agenzie delle imprese di operare. Allora si è scelto un'altra via, che è stata quella che potremmo definire la via dell'ascolto e della condivisione del percorso con i mondi associativi.
  Poiché l'agenzia delle imprese sostanzialmente sostituisce dei pezzi di pubblica amministrazione, si è deciso, congiuntamente con le associazioni, che le agenzie operassero su basi solide. Queste basi solide vengono offerte da una serie di norme a garanzia dell'utente che si rivolge all'agenzia delle imprese, e certificate col sistema di certificazione che fa capo ad Accredia.
  Potrebbe capitare, ad esempio, che un'impresa che si rivolge all'agenzia delle imprese abbia il via libera per la realizzazione del suo impianto e l'avvii, e che la pubblica amministrazione rilevi in un controllo successivo che mancavano dei requisiti essenziali per poter concedere il via libera. In questi casi, il costo relativo al blocco dell'attività è a carico dell'agenzia delle imprese, che ha dato il suo nulla osta all'avvio dell'operatività.
  Perché questo possa accadere, cioè perché l'agenzia delle imprese possa sostituirsi in questo alla pubblica amministrazione, è stato necessario costruire un modello, e con queste tre organizzazioni è stato possibile farlo, mentre altre agenzie sono ancora in pista di lancio. È stato necessario per dare una certezza al piccolo, e soprattutto al piccolissimo, imprenditore che si rivolge all'agenzia delle imprese. L'imprenditore può stare tranquillo nel rivolgersi all'agenzia delle imprese, che non è un soggetto pubblico, ma offre garanzie «di tipo pubblico», nel senso che garantisce anche se dovesse essere commesso un errore.
  Sulla responsabilità burocratica nei tempi di risposta, condivido quanto è stato detto. Secondo me, la responsabilizzazione dell'amministrazione, dei suoi dirigenti e dei suoi funzionari nel rispetto dei tempi è fondamentale. Credo che alcuni passi siano stati fatti con il provvedimento sui pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione. Ritengo che sia un principio di civiltà che se un soggetto colpevolmente ritarda una pratica amministrativa se ne assuma tutte le responsabilità.
  Mi chiedevate di riportare altre best practice oltre a quella tedesca che citavo. A volte si richiama la Germania per aspetti invitanti e interessanti, e altre volte per aspetti meno invitanti e meno interessanti dell'atteggiamento e delle posizioni che si assumono in questo Paese. A me è sembrata molto interessante l'esperienza che viene dalla Gran Bretagna, dove Pag. 12ci sono una serie di iniziative. Io ne cito una, che peraltro mi sono permesso di richiamare tra le iniziative che sarebbe utile venissero proposte alle imprese. In Gran Bretagna hanno unificato le scadenze, soprattutto quelle fiscali; lo hanno fatto, se non ricordo male, non in una sola data, bensì in due date, per consentire alle imprese di avere tutte le scadenze concentrate in due giorni dell'anno. Magari non saranno due, ma anche fossero dieci, dodici, o una al mese, sarebbe già un passo avanti enorme per il nostro Paese. Questa è una proposta che vi sottolineo. Loro hanno molte iniziative interessanti, soprattutto sul fronte di quella che si chiama mentorship, ossia l'affiancamento dei piccoli nella loro crescita.
  Vorrei qui richiamare una seconda esperienza, non europea in questo caso, ma che in qualche modo costituisce l'ispirazione dell'esperienza europea. Mi riferisco alla SBA americana (non lo Small Business Act, ma la Small Business Administration degli Stati Uniti) che fu fondata nel 1953 da Eisenhower nel periodo post-bellico, caratterizzato dalla caduta della domanda interna per effetto della caduta delle commesse belliche, per aiutare le piccole imprese americane a non perdere il passo con le grandi.
  La Small Business Administration opera da allora costantemente come agenzia federale, ovviamente con maggiore o minore rilevanza, a seconda dei momenti storici e della congiuntura economica. Di questa esperienza vorrei sottolineare i due temi che a me sembrano fondamentali perché in Italia si faccia un passo avanti. Un primo tema è quello dell’advocacy, che ritorna sotto un'altra forma nel fatto che per le proposte di legge o misure regolamentari è prevista una valutazione preventiva dell'impatto (vantaggio o svantaggio) che ne deriva per le imprese, soprattutto per le piccole. Gli Stati Uniti hanno previsto in particolare che che nessuna proposta di misura normativa possa essere avanzata senza che sia stata fatta questa valutazione da parte dell'amministrazione che la propone.
  Annualmente tutte queste valutazioni sono riportate in un rapporto redatto dalla Small Business Administration e firmato dal Presidente degli Stati Uniti. Credo che questo sia un modo di intendere il ruolo operativo e attivo delle imprese e delle loro organizzazioni nella fase ascendente della costruzione delle norme. Il secondo aspetto della Small Business Administration che mi sembra importante è il fatto che loro operano in un sistema che ha qualche somiglianza con quello italiano, non per la dimensione, ma per la complessità dei livelli, essendo un sistema federale. La Small Business Administration svolge una funzione secondo me utilissima, che in Italia io ritengo sia fondamentale, di raccordo operativo tra i diversi livelli che intervengono sui singoli temi.
  Per fare un esempio molto pratico tra i tanti che potrei fare, cito il tema dei confidi, che è una fondamentale funzione di assistenza e di supporto che le imprese si sono date sul tema del credito. Quello che accade in Italia, a cui secondo me è opportuno porre rimedio – e io ho cercato di farlo operativamente – è che sui confidi si confrontano gli stessi confidi, le associazioni imprenditoriali, le regioni, le Camere di commercio, il Ministero dell'economia e delle finanze, la Banca d'Italia, il nostro ministero e il Fondo centrale di garanzia. Credo di aver sicuramente dimenticato qualche altra entità.
  Quello che manca e su cui è importante insistere sono i luoghi di raccordo operativo. Non parlo di coordinamento istituzionale, che cozzerebbe con le norme del Titolo V, bensì di un raccordo operativo sui singoli temi (confidi, credito, internazionalizzazione, finanza per l'internazionalizzazione, formazione) che metta insieme tutti i soggetti che operano su un tema per trovare sinergie operative. Credo che questa sia un'esperienza che gli Stati Uniti hanno sviluppato abbondantemente e che potrebbe essere richiamata.
  Ovviamente ritengo che il tema del disegno di legge annuale per le PMI sia importante. Ho detto che avrei lasciato l'elenco delle normative «più odiate» dagli Pag. 13imprenditori europei. La prima è proprio quella che richiamava l'onorevole Vignali, che fa riferimento al Regolamento REACH, e quindi al settore chimico.
  Sul tema della misurazione oneri amministrativi (MOA) ex ante è stato approvato il decreto che ha indicato il costo degli oneri amministrativi a carico delle imprese. Sicuramente non viene applicato stabilmente, ma posso dire che durante lo scorso anno, attorno al tavolo del Garante delle PMI, la gran parte delle proposte che sono state formulate, molto spesso poi cambiate, cancellate o sostituite in sede di Governo o di Parlamento, sono state sempre valutate. In particolare, esiste un elenco di 72 norme o normative che lo scorso anno sono state oggetto di valutazione, a volte critica, da parte del mondo imprenditoriale.
  A volte le esigenze sono state raccolte, anche formalmente, ma con modalità informali, non essendoci ancora questo decreto che stabiliva le modalità di individuazione dei costi degli oneri amministrativi. Questo lavoro è stato fatto; deve essere fatto sicuramente più a tappeto, secondo me con quell'idea che richiamavo poc'anzi, e che gli Stati Uniti hanno introdotto all'interno della Small Business Administration, di attribuire alle amministrazioni che presentano una proposta, la responsabilità di fare questa valutazione.
  Riguardo agli standard minimi, raccolgo la richiesta di verificare più attentamente le parti dello Statuto delle imprese che non sono state attuate, in particolare quella che veniva richiamata sulla sollecitazione alle Camere di commercio, affinché redigano un elenco degli adempimenti che le imprese devono compiere per l'esercizio della loro attività.
  Onorevole Taranto, il tema del dato di realtà credo sia incontestabile da qualunque analisi oggettiva della situazione economica italiana. Anche in questo caso, ci si collega al tema dell'attuazione dello Statuto delle imprese, soprattutto in termini di ricognizione delle semplificazioni che si prevedeva venissero fatte e del principio di proporzionalità che veniva richiamato.
  Il principio di proporzionalità è complicato da mettere in pratica, quindi va sempre tarato sulla situazione concreta. Ad esempio, ci sono settori in cui prevale una dimensione media degli operatori, e altri in cui prevale la piccola dimensione. Ci sono poi settori in cui le diverse categorie sono ugualmente presenti. Soprattutto su questi ultimi settori di attività, è importante che ci sia una proporzionalità.
  Secondo me, il richiamo al REACH che veniva fatto poc'anzi in Italia andrebbe sviluppato, ma non è così su tanti settori.
  Quanto agli allegati della Relazione del Ministro Giarda, vi confermo che anche noi abbiamo il medesimo testo che voi avete a disposizione. Non abbiamo gli allegati, quindi non possiamo venirvi incontro su questo aspetto. Abbiamo solo le elaborazioni fatte all'interno del Ministero che vengono richiamate, e che riguardano la ricostruzione dei provvedimenti che sono di competenza del Ministero dello sviluppo economico, che abbiamo classificato secondo i criteri indicati nella relazione, individuando quelli soggetti a SCIA, quelli soggetti a SCIA asseverata e quelli soggetti ad autorizzazione. Tuttavia, è un lavoro puramente interno, e non abbiamo conoscenza del resto del lavoro svolto da parte degli altri Ministeri.
  Sulla differenza tra deregolazione e ri-regolazione, vorrei fare tre esempi, di cui due positivi, e uno che potrebbe essere avviato. Un esempio positivo riguarda la ri-regolazione dell'ambito delle attività di servizio, che è stata operata con il recepimento della direttiva servizi e con la revisione di alcune norme ulteriori al recepimento della direttiva stessa. È stato individuato un percorso di liberalizzazione condiviso con il mondo imprenditoriale in cui, per esempio, alla scomparsa degli albi e dei ruoli che prima esistevano, non ha fatto riscontro il venir meno di alcuni riferimenti essenziali a tutela del consumatore o a tutela del cliente, per esempio Pag. 14in termini di conoscenza professionale delle materie oggetto dell'attività professionale medesima.
  Il secondo riferimento positivo che vorrei fare è quello alla normativa, che il Parlamento ha peraltro proposto ed approvato, sulle cosiddette «professioni non regolamentate». Secondo me è stato fatto un passo molto opportuno, fissando criteri di norma in cui il principio fondamentale fosse quello della tutela del consumatore e non la costruzione di argini corporativi per le nuove professioni o per quelle già esistenti. Questo è un esempio positivo in cui la regolazione è attenta alle esigenze del mercato e alla tutela del cliente o consumatore e della buona fede di chi si rivolge a chi svolge un'attività.
  Da questo punto di vista, mi permetto di sollecitare l'opportunità che sia valutata nuovamente la possibilità di discutere nuovamente la delega che era stata data qualche anno fa per la redazione di testi unici su singole materie. Lo dico perché, per esempio, all'interno del Ministero dello sviluppo economico ci sono una serie di raccolte già fatte. Cito un esempio per tutti: la normativa metrica, che raccoglie tutti gli standard e le modalità con cui una singola impresa deve confrontarsi nell'esercitare la sua attività. Questi testi unici, che sono già pronti, semplificherebbero la vita dell'impresa, raccogliendo in modo organico tutte le norme su quel settore. Sarebbe opportuno che questa norma, di cui adesso non ho il riferimento esatto, venisse riaperta, come possibilità di delega, perché almeno i testi unici che già ci sono vengano emanati.
  Sulla moneta elettronica ci sono due percorsi già avviati. Uno riguarda il decreto relativo ai costi, la cui bozza ha ricevuto il parere del Consiglio di Stato nei giorni scorsi. Il decreto era stato previsto da una legge del 2011, in cui si stabiliva che se le associazioni imprenditoriali e gli operatori bancari avessero raggiunto un accordo entro giugno dello scorso anno, per fissare un'intesa sui costi dell'uso della moneta elettronica (carte di credito e carte di debito), quello sarebbe diventato valevole; diversamente sarebbe stato necessario un decreto.
  Non è stato raggiunto un accordo ed è intervenuto un decreto che fissa due principi fondamentali. Il primo è quello del divieto di blending, ossia la necessità che all'operatore (commerciante, artigiano o imprenditore), nella convenzione offerta dalla banca per l'utilizzo dello strumento di pagamento elettronico, sia chiaramente indicata la composizione delle voci di costo che contribuiscono quel costo complessivo che invece oggi viene presentato unitariamente. In questo modo egli può fare un confronto per le singole voci di costo, e quindi in base alle sue necessità, con altre offerte che potrebbe ricevere.
  Il secondo principio – lo richiamo sinteticamente – un po’ più articolato contenuto nel decreto è la necessità di una revisione annuale dei costi praticati a carico degli operatori, tenendo conto del volume e della quantità delle transazioni effettuate. Ci sono una serie di costi che sono variabili, in quanto dipendono dal numero di transazioni effettuate con la carta di credito. Se cresce il numero o il valore delle transazioni effettuate con la carta di credito, è logico, necessario ed opportuno che si riduca il costo variabile e quindi il costo ribaltato sul merchant.
  Il decreto prevede che quest'operazione di trasparenza venga fatta annualmente, imponendo all'operatore di indicare la dimensione raggiunta dal mercato, la composizione delle voci di costo e le voci di costo che sono direttamente influenzate dall'ampliamento dell'utilizzo della carta di credito.
  Il secondo filone della moneta elettronica è quello della carta di debito, che dal 1 gennaio 2014 diventerà un'offerta obbligatoria da parte di chi realizza servizi o mette in vendita beni o servizi diretti al pubblico. Il procedimento di attuazione avverrà tramite decreti ministeriali che dovranno essere emanati e che non potevano esserlo finché non ci fosse stato il via libera al decreto sulla definizione dei corrispettivi che, come vi ho detto, il Consiglio di Stato ha sostanzialmente dato, con alcune Pag. 15importanti correzioni. Si tratta infatti di un decreto di riferimento, anche per stabilire in che modo a partire dal 1 gennaio 2014 diventerà operativo l'obbligo da parte degli operatori di prevedere necessariamente la possibilità che l'utente paghi con carta di debito.
  Sui certificati antimafia, conosciamo il problema e ci siamo fatti carico anche di sottoporlo a chi di dovere. Lo abbiamo fatto presente anche al Ministero dell'interno, il quale si sta attrezzando per risolverlo. Non escludo che la soluzione possa essere quella di tornare alla procedura precedente, che prevedeva che i certificati antimafia fossero richiesti alle Camere di commercio, quindi rilasciati in tempi molto più rapidi rispetto a quello che oggi accade.
  Onorevole Fantinati, sulle zone a burocrazia zero, mi permetto di esprimere un'incertezza di valutazione. Secondo me, è importante osservare se e come funzioneranno prima di poter esprimere una valutazione di replicabilità dell'iniziativa in altre zone del Paese. Credo che l'intenzione sia ottima, ma che la realizzazione sia più complicata. Zona a burocrazia zero vuol dire che si può far tutto senza aver bisogno di nessun passaggio burocratico o amministrativo ? Un'esperienza del genere è stata fatta dai francesi per le periferie delle città, ma con un doppio processo: un processo di alleggerimento, e non di azzeramento, burocratico e un processo di alleggerimento, e non di azzeramento, fiscale. Secondo me, la combinazione dei due ha prodotto una risposta possibile ai problemi che c'erano in Francia nelle varie banlieux e che rischiavano di creare situazioni molto critiche. Immaginare che possa esserci un azzeramento mi sembra complicato, comunque aspettiamo di vedere quello che succede. Sul tema delle aggregazioni, condivido totalmente quello che lei ha detto. Credo che le aggregazioni di imprese, con i vari strumenti (consorzi, reti informali, contratti di reti formali) siano una via importante da percorrere perché le piccole imprese possano reggere la competizione, soprattutto sui mercati esteri. Oggi, come lei sa, una gran parte delle piccole aziende, in particolare nelle aree del Nord-Est, cui faceva riferimento lei, con il deprimersi del mercato interno, o hanno il mercato esterno o non ce la fanno. Il sistema della rete è il sistema migliore perché possano competere. Noi siamo intervenuti più volte sulla rete, correggendo quest'esperienza man mano che emergevano i problemi, che erano diversi.
  Il numero delle reti sta crescendo. Abbiamo ipotizzato un ulteriore intervento, concordato con l'autorità dei lavori pubblici, per facilitare la possibilità che le reti partecipino più semplicemente anche agli appalti pubblici, in quanto reti e non in quanto ATI. È dunque un percorso di correzione continuo.
  Faccio ancora un esempio di correzione su cui stiamo intervenendo, per rispondere alla preoccupazione, che si era levata dal mondo imprenditoriale, sul fatto che le reti che non avessero né soggettività giuridica né fondo patrimoniale dovessero presentare ugualmente un bilancio, come è rimasto scritto nei vari passaggi normativi. È una cosa che obiettivamente non sta né in cielo né in terra. Stiamo provando a intervenire sul piano interpretativo, quindi con le circolari, perché ovviamente non è possibile attenersi o fare riferimento a richieste assurde.
  Il terzo e ultimo tema è il made in Italy. Io credo che ci siano due percorsi. Uno è di livello europeo, ossia la ripresa del tema del regolamento sul made in, che quindi non riguarda il made in Italy, ma tutti i prodotti che circolano in Europa. Il commissario Tajani, recentemente, ha riproposto un regolamento che i Paesi del nord avevano costantemente bloccato, sotto un'altra versione, che non collide con i principi del WTO. Facendo riferimento alla tutela dei consumatori europei, è stato presentato un regolamento che renda noto a qualunque consumatore europeo se il prodotto che prende viene da un Paese europeo o da un Paese extraeuropeo. È una norma che consente indirettamente, ma in modo efficace, di tutelare anche il made in Italy.Pag. 16
  Sul made in Italy, in particolare, noi abbiamo una serie di iniziative più operative, per esempio in termini di priorità nei programmi di internazionalizzazione, che devono essere sottolineate come importanti da tutte le diverse istituzioni che si occupano della promozione all'estero. Mi sento di condividere il richiamo che lei fa, affinché ICE, Camera di commercio, Simest e Sace, per quanto riguarda l'internazionalizzazione, diano priorità ai settori tradizionali del made in Italy, nella leva più importante che in questo momento abbiamo, cioè quella dei mercati esteri.
  Credo di aver ripreso, forse non compiutamente, ma rapidamente, tutti i temi che sono stati sollevati. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Tripoli, l'esposizione è stata più che esauriente. Qualora abbia degli altri contributi, siamo sempre in tempo per recepirli successivamente anche per iscritto.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.20.