XVII Legislatura

Commissioni Riunite (V Camera e 5a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Lunedì 7 novembre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boccia Francesco , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti dell'ISTAT (Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017- 2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera) :
Boccia Francesco , Presidente ... 3 ,
Alleva Giorgio , presidente dell'ISTAT ... 3 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 8 ,
Guerra Mauro (PD)  ... 9 ,
Guerrieri Paleotti Paolo  ... 9 ,
Dell'Aringa Carlo (PD)  ... 9 ,
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 10 ,
Cariello Francesco (M5S)  ... 10 ,
Tabacci Bruno (DeS-CD)  ... 10 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 11 ,
Alleva Giorgio , presidente dell'Istat ... 11 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 13 ,
Monducci Roberto , direttore del Dipartimento per la produzione statistica dell'Istat ... 13 ,
Oneto Gian Paolo , direttore della Direzione centrale della contabilità nazionale dell'Istat ... 13 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 14 

Audizione di rappresentanti della Banca d'Italia (Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera) :
Boccia Francesco , Presidente ... 14 ,
Signorini Luigi Federico , vicedirettore generale della Banca d'Italia ... 14 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 22 ,
Galli Giampaolo (PD)  ... 22 ,
Cariello Francesco (M5S)  ... 22 ,
Dell'Aringa Carlo (PD)  ... 23 ,
Alberti Ferdinando (M5S)  ... 23 ,
Guerrieri Paleotti Paolo  ... 24 ,
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 25 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 26 ,
Signorini Luigi Federico , vicedirettore generale della Banca d'Italia ... 26 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 28 

Audizione di rappresentanti della Corte dei conti (Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera) :
Tonini Giorgio , Presidente ... 28 ,
Martucci Di Scarfizzi Arturo , presidente della Corte dei conti ... 28 ,
Tonini Giorgio , Presidente ... 41 ,
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 41 ,
Tonini Giorgio , Presidente ... 43 ,
Martucci Di Scarfizzi Arturo , presidente della Corte dei Conti ... 43 ,
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 43 ,
Martucci Di Scarfizzi Arturo , presidente della Corte dei Conti ... 43 ,
Tonini Giorgio , Presidente ... 43 

Audizione di rappresentanti del CNEL (Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera) :
Boccia Francesco , Presidente ... 44 ,
Napoleone Delio , presidente facente funzione del CNEL ... 44 ,
Gualaccini Gian Paolo , vicepresidente del CNEL ... 44 ,
Napoleone Delio , presidente facente funzione del CNEL ... 45 ,
Salvemini Maria Teresa , esperta del CNEL ... 45 ,
Napoleone Delio , presidente facente funzione del CNEL ... 46 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 47 

Audizione di rappresentanti dell'Agenzia delle entrate (Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera) :
Boccia Francesco , Presidente ... 47 ,
Orlandi Rossella , direttore dell'Agenzia delle entrate ... 48 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 58 ,
Pesco Daniele (M5S)  ... 58 ,
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 59 ,
Alberti Ferdinando (M5S)  ... 59 ,
Tabacci Bruno (DeS-CD)  ... 59 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 60 ,
Orlandi Rossella , direttore dell'Agenzia delle entrate ... 60 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 62 

Audizione del Presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro (Attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera) :
Tonini Giorgio , Presidente ... 62 ,
Pisauro Giuseppe , presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 63 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 70 ,
Marchi Maino (PD)  ... 70 ,
Guerrieri Paleotti Paolo  ... 72 ,
Dell'Aringa Carlo (PD)  ... 73 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 73 ,
Pisauro Giuseppe , presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 73 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 75

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Scelta Civica verso Cittadini per l'Italia-MAIE: (SCCI-MAIE);
Civici e Innovatori: (CI);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FRANCESCO BOCCIA

  La seduta comincia alle 10.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'ISTAT.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti dell'ISTAT.
  Do ora la parola al presidente dell'ISTAT, Giorgio Alleva.

  GIORGIO ALLEVA, presidente dell'ISTAT. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Nell'audizione sulla Nota di aggiornamento del DEF 2016, resa a queste Commissioni il 3 ottobre scorso, ho già illustrato l'evoluzione recente dell'economia internazionale e italiana. In questa occasione mi limiterò, quindi, a fornire un aggiornamento del quadro congiunturale, passando poi ad analizzare alcuni tra i provvedimenti più significativi previsti nel disegno di legge all'esame del Parlamento.
  Nella seconda parte dell'anno, l'economia statunitense cresce a ritmi sostenuti (più 0,7 per cento è la variazione congiunturale del PIL per il terzo trimestre del 2016), sebbene permangano alcuni segnali di debolezza dal lato degli investimenti.
  Nell'area dell'euro la stima preliminare del PIL per il terzo trimestre 2016 indica una crescita dello 0,3 per cento su base congiunturale, in linea con l'aumento del secondo trimestre.
  L'attività manifatturiera ha mostrato segnali di recupero. La produzione industriale è aumentata in agosto, dopo la contrazione registrata nel mese di luglio.
  I principali indicatori anticipatori per l'area euro suggeriscono un rafforzamento della ripresa nei prossimi mesi.
  In ottobre il tasso di cambio dell'euro nei confronti del dollaro ha segnato un lieve deprezzamento e la quotazione del Brent ha continuato ad aumentare, delineando, in prospettiva, una risalita del prezzo del greggio.
  I dati del Central Plan Bureau hanno rilevato, per agosto, un'accelerazione del commercio mondiale (più 1,5 per cento), dopo il rallentamento dei mesi precedenti.
  Dopo l'andamento negativo dell'industria nel secondo trimestre del 2016, a luglio e ad agosto l'indice della produzione industriale del nostro Paese ha segnato due incrementi congiunturali consecutivi (rispettivamente più 0,7 per cento e più 1,7 per cento).
  Indicazioni positive giungono anche dal fatturato dell'industria e dagli ordinativi. Segnali di crescita provengono, inoltre, dal settore delle costruzioni. Ad agosto l'indice ha mostrato un aumento del 3,4 per cento rispetto al mese precedente.
  Analogamente, l'esportazione e l'importazione in valore hanno registrato ad agosto Pag. 4 un netto incremento congiunturale (rispettivamente più 2,6 per cento e 4,4 per cento). A settembre il valore delle esportazioni extra-Ue è aumentato per il quarto mese consecutivo, seppure in maniera contenuta (più 0,5 per cento).
  Segnali meno positivi arrivano, invece, della spesa per consumi. Ad agosto, le vendite al dettaglio in volume hanno subito una riduzione, confermando il tono negativo osservato nel mese precedente.
  Dopo l'aumento registrato a settembre, l'indicatore composito della fiducia delle imprese è ulteriormente salito in ottobre, grazie al contributo della manifattura, dei servizi e delle costruzioni. Nel commercio al dettaglio si è, invece, registrato un lieve peggioramento dopo i segnali molto positivi del mese precedente.
  Nella manifattura, in particolare, i giudizi sul livello degli ordini e della domanda, in leggera discesa per gran parte dell'anno, hanno mostrato un recupero nei mesi di settembre e ottobre.
  L'insufficienza della domanda è ancora considerata dalle imprese manifatturiere l'ostacolo più significativo alla produzione, mentre hanno scarso rilievo i vincoli finanziari e la carenza di impianti o materiali.
  Complessivamente, a settembre si osserva un aumento della partecipazione al mercato del lavoro, con un calo consistente degli inattivi (meno 0,9 per cento) e un aumento dell'occupazione (più 0,2 per cento) e delle persone in cerca di occupazione (più 2 per cento).
  Dopo il significativo incremento occupazionale osservato nei primi sei mesi dell'anno – 223.000 occupati in più da gennaio a giugno – nel periodo luglio-settembre l'occupazione sembra essersi, quindi, stabilizzata sui livelli del secondo trimestre, come sintesi di un ulteriore aumento dei dipendenti, soprattutto permanenti, e un calo degli indipendenti.
  L'assenza di tensioni sui prezzi è proseguita anche in ottobre. L'indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività ha segnato una variazione annua pari a meno 0,1 per cento e l'inflazione di fondo è scesa a più 0,2 per cento, dopo il più 0,5 registrato a settembre.
  In sintesi, il quadro congiunturale del terzo trimestre dell'anno è caratterizzato dal prevalere di segnali di espansione, dopo le difficoltà registrate nei tre mesi precedenti. In particolare, la ripresa del settore industriale appare consistente e tale da sostenere una crescita economica nel terzo trimestre dell'anno, in linea con quella dell'area euro.
  Per l'ultima parte del 2016, l'indicatore anticipatore dell'economia italiana non segnala prospettive di ulteriore accelerazione delle attività economiche.
  Passo ai provvedimenti previsti dal disegno di legge di bilancio. Come annunciato nella Nota di aggiornamento del DEF discussa in ottobre, il disegno di legge di bilancio prevede un rallentamento del processo di aggiustamento dei conti pubblici nel 2017, con un indebitamento netto al 2,3 per cento del PIL e un consolidamento dei conti pubblici nei due anni successivi.
  La scelta operata dal Governo è legata all'obiettivo di sostenere la ripresa dell'economia. In continuità con quanto proposto dalla legge di stabilità per il 2016, la manovra prevede un forte sostegno agli investimenti privati e pubblici, con l'obiettivo di innalzare il potenziale di crescita dell'economia.
  Per le imprese, accanto alla necessità di incrementare lo stock di capitale, forte attenzione è posta alla qualità degli investimenti, con incentivi legati all'acquisto di tecnologie digitali e un potenziamento del credito d'imposta per le spese in ricerca e sviluppo.
  Su questi temi, oltre alle analisi che vi illustrerò a breve, abbiamo predisposto due dossier di approfondimento.
  Per le famiglie la manovra prevede, tra le misure più significative, l'innalzamento delle pensioni minime e l'aumento delle detrazioni IRPEF per i pensionati, per le quali fornirò una valutazione dell'effetto distributivo.
  Oltre al rafforzamento degli incentivi per la ristrutturazione edilizia e la riqualificazione energetica e un piano mirato di investimenti pubblici ancora in via di definizione, la manovra prevede interventi in Pag. 5chiave antisismica nelle aree colpite dai terremoti e in quelle a maggiore rischio.
  Su questo tema vi mostrerò sinteticamente come l'integrazione dei dati del censimento delle abitazioni residenziali con la classificazione sismica del territorio italiano possa fornire un'indicazione utile a calibrare l'intervento normativo a sostegno della riqualificazione antisismica.
  Vorrei, infine, sottolineare che l'ISTAT dedica uno dei dossier di approfondimento ai giovani, qui intesi come fascia di popolazione di età compresa tra i 15 e 34 anni, sui quali l'Istituto produce un'ampia gamma di informazioni.
  I giovani sono oggi una delle categorie più svantaggiate. Si tratta di generazioni che spesso, dopo anni di istruzione e formazione, faticano a inserirsi nel mercato del lavoro, con ricadute che interessano i comportamenti, le condizioni economiche, le scelte riproduttive e di vita.
  Passo ora alle misure a favore degli investimenti. Gli investimenti italiani risultano in lieve risalita nel 2015 e nel primo semestre dell'anno corrente. Tuttavia, la contrazione registrata nel periodo della crisi è stata superiore a quella degli altri Paesi e non è stata omogenea fra le diverse componenti. Inoltre, il contributo del capitale alla crescita del valore aggiunto è stato persistentemente negativo, anche nella precedente fase di ripresa 2014-2015.
  Nel disegno di legge di bilancio sono diversi i provvedimenti che intervengono sulla tassazione delle imprese e sulla dinamica degli investimenti.
  Attraverso un modello di microsimulazione fiscale dell'ISTAT sulle società di capitali, sono stati analizzati gli effetti distributivi dei tre principali interventi in materia di tassazione sulle imprese: la riduzione dell'IRES per il 2017, prevista nella legge di stabilità dello scorso anno; la proroga al 2017 della maggiorazione del 40 per cento del costo di acquisizione fiscalmente riconosciuto per i beni strumentali nuovi (cosiddetto «superammortamento»); la riduzione al 2,3 per cento dell'aliquota da applicare alla variazione in aumento del capitale proprio, per il calcolo del rendimento nozionale deducibile ai fini dell'aiuto alla crescita economica.
  I risultati mostrano che l'effetto combinato del superammortamento e dell'ACE implica una leggera redistribuzione del carico fiscale a vantaggio delle grandi imprese, delle imprese strutturate, delle imprese esportatrici e di quelle ad alta intensità tecnologica e di conoscenza.
  Considerando anche la riduzione dell'aliquota IRES, il risparmio d'imposta per le società di capitali sotto analisi è pari a circa 2,4 miliardi di euro (11 per cento).
  Complessivamente, il 57 per cento delle imprese risulta avvantaggiato dalla combinazione dei provvedimenti. Rispetto a un beneficio medio dell'11 per cento, esso varia tra il circa 9,3 per cento delle imprese fra 1 e 9 addetti e il 13,2 per cento delle imprese con 500 e più addetti. Con riferimento alla struttura proprietaria delle imprese, il range è compreso tra il 9,7 per cento delle imprese singole e il 12,9 per cento delle imprese controllate estere.
  Con riferimento all'orientamento di mercato, il beneficio è del 10,3 per cento per le imprese non esportatrici e dell'11,6 per cento per quelle esportatrici. Il beneficio è più elevato per le imprese manifatturiere e dei servizi ad alta intensità tecnologica (rispettivamente 11,8 e 16,2 per cento).
  Il dettaglio dei risultati delle simulazioni è descritto in un dossier dedicato.
  A livello macroeconomico, l'impatto del superammortamento sulla crescita del PIL può essere valutato utilizzando il modello dell'ISTAT MEMo-It.
  L'esercizio di simulazione realizzato si basa sull'ipotesi che il beneficio derivante dalla possibilità di aumentare la quota di ammortamento influenzi il costo d'uso dei macchinari. In base ai calcoli sviluppati con il modello micro sul costo del capitale, il costo d'uso del capitale registrerebbe una diminuzione pari al 4,5 per cento.
  In tale scenario, nel 2017 il totale degli investimenti fissi lordi registrerebbe una dinamica più sostenuta (0,3 punti percentuali in più rispetto allo scenario base).
  L'aumento del tasso di crescita degli investimenti avrebbe un impatto positivo anche sulla dinamica delle importazioni e Pag. 6delle unità di lavoro. Nel complesso, la riduzione del costo d'uso indotta dal superammortamento si tradurrebbe in un miglioramento della dinamica del PIL pari a 0,1 punti percentuali nel 2017. L'effetto espansivo proseguirebbe anche nel 2018.
  Il disegno di legge di bilancio prevede anche un apposito fondo da ripartire per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese. Il disegno di legge indica gli ambiti di applicazione, demandando a successivi decreti il dettaglio operativo.
  Allo scopo di valutare l'impatto di questi investimenti sulla crescita del PIL, la simulazione ipotizza che il 35 per cento delle risorse venga indirizzato alla ricerca pubblica, mentre il restante 65 per cento a opere infrastrutturali.
  Le analisi effettuate con il modello MEMo-It mostrano che l'aumento della spesa in ricerca pubblica attiverebbe un aumento della ricerca privata e delle altre componenti di investimento intangibile, in particolare il software.
  Nel complesso, gli investimenti fissi lordi aumenterebbero rispetto allo scenario base (0,8 punti percentuali in più), generando un aumento delle importazioni e una lieve crescita dell'occupazione. In questo scenario, il PIL aumenterebbe di ulteriori 0,1 punti percentuali.
  Gli interventi sugli investimenti previsti nel disegno di legge di bilancio costituiscono, quindi, misure importanti, tanto più se si considera il ritardo del nostro sistema produttivo rispetto alle altre maggiori economie europee negli investimenti fisici, in attrezzature ICT, in quelli immateriali software e basi dati, nell'intensità dell'attività di ricerca e sviluppo delle imprese.
  Oltre a fornire un approfondimento su questi temi in uno dei dossier allegati, l'ISTAT pubblicherà il prossimo 9 novembre i risultati della rilevazione sull'innovazione delle imprese italiane per gli anni 2012-2014.
  La contrazione del livello e della qualità degli investimenti ha contribuito alla scarsa crescita della produttività del lavoro, che, negli ultimi vent'anni, è aumentata ad un tasso medio annuo pari ad appena lo 0,3 per cento.
  Negli ultimi anni si segnala, tuttavia, un recupero dell'efficienza dei processi produttivi testimoniata dall'andamento positivo della produttività totale dei fattori, sia nella fase recessiva (più 0,8 per cento medio annuo nel periodo 2009-2013), sia negli anni di ripresa (più 0,7 per cento nel 2014, più 0,4 nel 2015), una dinamica che, sperabilmente, gli interventi del Governo contribuiranno a rafforzare.
  In merito all'aumento della quattordicesima e delle detrazioni IRPEF per i pensionati, il disegno di legge di bilancio prevede, infatti, due misure specifiche per i percettori di redditi da pensione, l'incremento della quattordicesima e delle detrazioni IRPEF.
  Le stime degli effetti distributivi aggregati dei due provvedimenti sono state ottenute con il modello di microsimulazione delle famiglie dell'ISTAT: FaMiMod.
  Il costo totale dell'aumento della quattordicesima è stimato dal modello in circa 780 milioni di euro, che si aggiungono ai circa 850 milioni erogati in base alla legislazione vigente. L'aumento delle detrazioni IRPEF per i redditi da pensione determina un costo globale in termini di minore gettito stimato dal modello in circa 220 milioni. Nell'insieme, i due provvedimenti innalzano di 1 miliardo di euro il reddito delle famiglie.
  Per quanto riguarda l'aspetto distributivo, l'aumento della quattordicesima risulta concentrato nella parte meno ricca della popolazione. Più dell'80 per cento della maggiore spesa è destinata a individui che appartengono a famiglie nei primi tre quinti di reddito equivalente e soltanto 4,5 per cento all'ultimo quinto.
  La maggior parte dei beneficiari, circa 1 milione e 100 mila, vive in famiglie del secondo quinto della distribuzione, mentre più di 700 mila percettori dell'aumento della quattordicesima appartengono al primo quinto e quasi 800 mila al terzo quinto. La misura interessa complessivamente il 5,2 per cento della popolazione totale, pari a 3,1 milioni di persone, con un beneficio medio di 250 euro. Pag. 7
  L'aumento delle detrazioni IRPEF per i percettori di reddito da pensione, invece, interessa poco meno del 10 per cento della popolazione (circa 5,8 milioni di individui), con un beneficio medio di 38 euro.
  Per il fenomeno dell'incapienza, le detrazioni IRPEF effettive possono essere minori di quelle spettanti, se queste ultime risultano maggiori dell'imposta lorda. Le stime mostrano che le detrazioni IRPEF, sia per effetto dell'incapienza che tocca soprattutto i redditi individuali più bassi, sia a causa della compresenza di più percettori di reddito nelle famiglie dei quinti più ricchi, sono uno strumento imperfetto dal punto di vista dell'equità.
  L'aumento delle detrazioni IRPEF per i pensionati risulta avere effetti meno importanti nei due quinti più poveri, sia in termini di quota di spesa totale, sia di beneficiari. Il beneficio è di importo molto contenuto, fra i 3 e 4 euro mensili percepiti da 5,8 milioni circa di contribuenti.
  L'effetto redistributivo complessivo dei due provvedimenti riflette il maggior peso relativo della spesa destinata all'aumento della quattordicesima. Il beneficio medio per famiglia decresce all'aumentare del reddito familiare, dai 210 euro del quinto più povero ai 62 del più ricco. Più della metà della spesa totale è destinata a famiglie dei due quinti meno ricchi della popolazione.
  Gli individui beneficiari di almeno uno dei due provvedimenti sono circa 8 milioni 180 mila, circa 6,8 milioni di famiglie. Il beneficio medio per famiglia è di 147 euro.
  Passo agli interventi per la riqualificazione antisismica. L'integrazione dei dati del censimento delle abitazioni residenziali relativa al 2011 con la classificazione sismica del territorio italiano consente di fornire indicazioni utili a calibrare l'intervento normativo a sostegno della riqualificazione antisismica.
  Circa il 9 per cento del territorio italiano appartiene alla zona sismica 1, la più pericolosa. Tale quota risulta assai più elevata in alcune regioni (circa il 50 per cento in Calabria, il 33 per cento in Abruzzo, tra il 20 e il 30 per cento in Basilicata, Campania, Molise e Umbria).
  Le regioni che hanno porzioni di territorio nella zona 1 sono 11. Complessivamente, il numero di abitazioni residenziali della zona 1 ammonta al 5,6 per cento del totale delle abitazioni italiane. Si tratta di poco meno di 1,9 milioni di abitazioni, oltre la metà delle quali costruite prima dell'entrata in vigore della normativa antisismica, ovvero prima del 1971.
  Oltre il 42 per cento di queste abitazioni è situato in Calabria, circa il 13 per cento in Campania. La larga maggioranza (il 77,1 per cento) degli edifici costruiti in questa zona prima del 1971 ha una struttura portante in muratura e solo il 13,5 per cento in cemento armato. Inoltre, più di un quarto degli edifici della zona, eretti dopo il 1970, continua ad avere una struttura portante in muratura.
  La porzione di territorio occupata da comuni in zona sismica 2, la più ampia per estensione, è pari al 35,2 per cento e include altre quattro regioni (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana).
  La zona 3 rappresenta il 32,7 per cento del territorio italiano ed è presente in tutte le regioni, ad eccezione della Calabria, il cui territorio appartiene interamente alle prime due zone, e della Sardegna, interamente situata in zona 4.
  Questo breve quadro mi permette di ricordare che, a seguito del primo evento sismico di agosto, l'ISTAT ha messo immediatamente a disposizione il suo patrimonio informativo alle istituzioni coinvolte, ovvero al Dipartimento della protezione civile e ai Vigili del fuoco.
  È essenziale, infatti, che per la definizione di un piano di recupero del territorio così necessario ci si basi sulla conoscenza il più possibile dettagliata delle zone a maggiore rischio, in modo da poter valutare le priorità e pianificare gli interventi, così come espressamente stabilito nell'ambito del progetto «Casa Italia», cui l'ISTAT partecipa attivamente.
  A proposito delle misure a sostegno del Servizio sanitario nazionale, il disegno di legge di bilancio prevede un aumento di 2 miliardi del Fondo sanitario per il 2017, con 1 miliardo a destinazione vincolata per Pag. 8i farmaci oncologici e i farmaci innovativi e 100 milioni per i vaccini.
  Tale provvedimento si inquadra in una dinamica che ha visto la spesa sanitaria pubblica aumentare, tra il 2000 e il 2008, del 6 per cento medio annuo, con un tasso superiore a quello fatto registrare dal PIL a prezzi correnti, che era al 3,5 per cento.
  Per contro, dal 2009 al 2015 la variazione della spesa è stata pressoché nulla. In quest'ultimo periodo, alla stazionarietà della componente pubblica ha fatto riscontro la crescita della spesa privata, aumentata in media annua del 2,2 per cento.
  Il finanziamento destinato all'attività di prevenzione vaccinale risponde al calo delle coperture osservate negli ultimi anni. Secondo le stime elaborate sui dati dell'indagine europea sulla salute, condotta per la prima volta dall'ISTAT a fine 2015, prosegue la diminuzione della copertura vaccinale antinfluenzale nella popolazione anziana, che si riduce di circa 9 punti percentuali rispetto al 52,9 per cento registrato nel 2013 in occasione dell'ultima edizione dell'indagine nazionale sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari.
  La riduzione della copertura vaccinale appare più marcata nelle zone meridionali, dove risulta essere trasversale per il livello socioeconomico, mentre nelle macroaree del centro-nord la mancata adesione alla vaccinazione influenzale sembra interessare in misura maggiore le persone meno abbienti.
  Vengo alle misure di efficientamento della spesa per acquisti. Nel disegno di legge di bilancio è prevista la prosecuzione del processo di revisione della spesa pubblica attraverso il rafforzamento del sistema di centralizzazione delle procedure di acquisto di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche.
  Come osservato nell'audizione sul disegno di legge di stabilità per il 2016, dall'elaborazione effettuata sui dati rilevati e diffusi attraverso il sito del MEF emerge che in generale la modalità di acquisto mediante adesione a convenzione CONSIP permette di acquistare prodotti a prezzi inferiori rispetto a quelli che sono determinati in procedure d'acquisto fuori convenzione.
  Nell'allegato statistico di questa audizione vengono aggiornati al 2014 i dati sui prezzi di alcuni beni acquistati dalle amministrazioni pubbliche distinti per tipologia istituzionale.
  In conclusione di questa audizione, ricordo che l'approvazione del decreto-legge n. 193 del 2016, Disposizioni urgenti in materia fiscale per il finanziamento di esigenze indifferibili, che è parte integrante della manovra di finanza pubblica, ha introdotto alcune norme dirette al recupero dell'evasione fiscale.
  Le misure previste stimano un recupero di evasione pari a 2,26 miliardi nel 2017, 4,43 per il 2018 e circa 3 miliardi per il 2019. In questa occasione, vorrei sottolineare che il rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, presentato nel contesto della Nota di aggiornamento del DEF, si avvale della «Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva» predisposta da una commissione istituita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
  I risultati delle stime contenute nella Relazione, coerenti con i dati di contabilità nazionale, mostrano come all'ampiezza dell'economia non osservata nel nostro Paese si associ un'incidenza elevata di evasione fiscale e contributiva, che continua a rappresentare un aspetto critico per il rafforzamento della capacità competitiva e per l'efficacia e l'equità delle politiche pubbliche.
  L'ISTAT ha contribuito a questo sforzo attraverso la predisposizione di elaborazioni ad hoc e proponendo nuove stime e analisi originali, in particolare sull'evasione contributiva.
  Si tratta di dati che segnalano una situazione di grave distorsione delle condizioni produttive e distributive e, al di là dell'incidenza elevata, una profonda, estesa e crescente diffusione del fenomeno.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente Alleva. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

Pag. 9

  MAURO GUERRA. Grazie, presidente Alleva. Vorrei porle una domanda che mi è sorta avendo dato una rapida scorsa alle tabelle statistiche allegate. Mi riferisco al dato relativo all'andamento del costo degli acquisti delle amministrazioni centrali e locali e all'influenza della convenzione Consip, che, da quello che vedo, oltre a segnalare una rilevante differenza di prezzo rispetto al passato, avrebbe comportato anche un progressivo abbassamento dei prezzi per gli acquisti fuori convenzione.
  C'è un dato, però, sul quale vorrei soffermare l'attenzione. Per quello che riguarda alcune tipologie di acquisti (in particolare, vedo combustibili, carta e altre cose), diversamente da tutti gli altri, sembra risultare, come leggo dal grafico, che per le pubbliche amministrazioni locali si sarebbe verificata progressivamente, e segnatamente nel 2014, una maggiore convenienza degli acquisti fuori MEPA rispetto a quelli attraverso MEPA.
  Vorrei capire quali possono essere le cause di questo e se sia una tendenza sulla quale occorre fare una riflessione. Insomma, fuori MEPA (Mercato elettronico della pubblica amministrazione) si spende meno.

  PAOLO GUERRIERI PALEOTTI. Vorrei farle una domanda su quanto scrivete. Lei adesso ha esposto, nella presentazione, la dinamica della ripresa in corso. Vorrei capire meglio se questo ci dà qualche ragguaglio maggiore. Da quanto voi ci dite, in Italia la ripresa nel terzo trimestre dovrebbe raggiungere un ritmo pari a quello dell'area dell'euro. Ora, l'area dell'euro è cresciuta dello 0,3 per cento, il che significa che una vostra previsione si colloca sullo stesso 0,3 per cento.
  Dopodiché, aggiungete che non si prevede un'ulteriore accelerazione nell'ultima parte del 2016, il che significa che non dovrebbe manifestarsi un'ulteriore accelerazione rispetto allo 0,3 per cento. Questo porterebbe a un risultato finale che, nelle previsioni, potrebbe essere anche leggermente superiore, quindi, a uno 0,8 per cento?
  Se questo è vero, però, segnerebbe una modifica dell'andamento riportato nell'allegato statistico, dove alla figura 1 riportate, appunto, l'andamento del PIL dell'area euro e dell'Italia insieme ad altri Paesi. Qui si nota che negli ultimi due anni c'è stato un ulteriore aumento della distanza tra la crescita dell'Italia e la media della crescita dell'area dell'euro.
  In sostanza, l'Italia è cresciuta meno della media dell'area dell'euro, quindi si è accentuato un gap. Ora, si può dare una spiegazione di questa ulteriore perdita che l'Italia ha accusato?
  Dal grafico si capisce che ha riguardato soprattutto gli ultimi due anni. Ecco, questa difficoltà a tenere il passo con la media dell'euro deriva da mali antichi, da mali rinnovati o da problemi che non riusciamo ad affrontare?

  CARLO DELL'ARINGA. Ringrazio il presidente dell'ISTAT per la relazione molto interessante, a largo raggio e corredata di spunti settoriali interessanti. Vorrei accennare a uno di questi che forse non è stato toccato. La mia curiosità, infatti, è sapere se l'ISTAT nel frattempo dedica qualche attenzione anche a questo argomento.
  La manovra di quest'anno è indirizzata a spostare parecchio il focus – detto in termini molto sintetici e al limite della banalità – dall'occupazione alla produttività. Questo riguarda certamente gli incentivi.
  C'è una notevole dose di risorse dedicate agli accordi di produttività aziendali e per quanto riguarda la decontribuzione, per quanto rimanga per alcune fattispecie particolari e per alcuni casi molto interessanti come quello dell'alternanza scuola-lavoro, di fatto il volume delle risorse è ridotto, in attesa di una riduzione strutturale del cuneo fiscale.
  Non c'è dubbio che la decontribuzione ai flussi doveva essere considerata di natura eccezionale, ma non c'è dubbio nemmeno che il 2017 è un anno di transizione. Allora, mi domando se state facendo qualcosa su questo aspetto, ovvero sulle eventuali ripercussioni che ci sono sulla quantità e anche alla qualità dell'occupazione dell'anno prossimo. Per qualità intendo se è con posizione permanenti o temporanee, Pag. 10visto che la decontribuzione era soprattutto per i permanenti.
  Inoltre, so che è molto complicato e difficile, ma vi chiedo se state avviando riflessioni anche su come misurare gli effetti di questa decontribuzione degli accordi di produttività (questa è la scommessa forte, tra l'altro), se questi potranno portare in futuro a qualche miglioramento sul versante della produttività.
  Infine, visti tutti gli interventi che sono stati fatti in questi anni sul mercato del lavoro, che, come voi stessi riconoscete, sono molto migliorati in quantità e qualità, sorprende il dato sul sommerso. D'altra parte, questi finiscono al 2014, però c'è la forte curiosità di conoscere i dati del 2015, quando è stata avviata una riduzione del lavoro cosiddetto «precario e indipendente», con l'aumento del lavoro stabile, l'aumento dell'occupazione formale, quindi quando avrete dati per il 2015 sul sommerso? Grazie.

  ROCCO PALESE. Ringrazio il presidente dell'ISTAT per la relazione puntuale e ricca di spunti, che chiarisce alcuni aspetti, ad esempio per quanto concerne le misure a favore degli investimenti.
  Dai dati che lei fornisce, presidente, emerge infatti in maniera inequivocabile che segnali di attenzione e incentivi nella manovra sono per le grandi imprese, perché mi sembra – vorrei una sua conferma per verificare di aver capito bene – che sulla situazione della piccola impresa siano molti modesti e comunque c'è una disparità enorme rispetto alla rilevante attenzione alla grande impresa, quindi vorrei chiederle un supplemento di analisi rispetto a questo.
  Vorrei chiederle un'altra conferma sulla situazione degli incapienti, che troviamo a pag. 12, perché anche qui «le detrazioni IRPEF effettive possono essere minori di quelle spettanti, se queste ultime risultano maggiori dell'imposta lorda», quindi questo meccanismo sostanzialmente li penalizza.
  Volevo anche in questo avere la sua autorevole conferma. Grazie, presidente.

  FRANCESCO CARIELLO. Ringrazio anch'io il presidente Alleva. Torno sull'argomento degli investimenti, aggiungendo una caratterizzazione, presente nel rapporto, relativa al beneficio fiscale, cioè al risparmio d'imposta che sembrerebbe essere molto sbilanciato tra le imprese singole italiane e le imprese controllate estere.
  Potrei sintetizzare in questa maniera, e chiedo conferma al presidente di aver ben compreso: guardando la tavola n. 1 della vostra sintesi relativa all'IRES, si evince che le imprese singole in totale contribuiscono nell'IRES per circa 7 miliardi, mentre le controllate estere per 2,3 miliardi, quindi con questa manovra si va a creare un risparmio di imposta, meno alle imprese singole che contribuiscono di più, e più alle controllate estere che contribuiscono meno, quindi praticamente in valore assoluto stiamo dando un beneficio a chi contribuisce meno.
  Volevo una conferma sulla correttezza di questa interpretazione, grazie.

  BRUNO TABACCI. Rivolgo un grazie al presidente dell'ISTAT e un invito ad andare ancora più in profondità sui temi dell'evasione fiscale e contributiva. Qui il riferimento è ancora all'osservazione contenuta nella Nota di aggiornamento del DEF, su cui avevo già avuto modo di soffermarmi, evidenziando come i caratteri dell'evasione fiscale si trovino sia nell'economia irregolare che in quella informale che in quella malavitosa.
  La domanda che le volevo fare è la seguente: secondo le vostre osservazioni, i meccanismi di contrasto di interessi (mi riferisco all'evasione fiscale), che hanno dato una buona prova laddove sono stati introdotti ad esempio nelle opere sugli immobili, possono essere allargati, come già nel disegno di legge di bilancio con il tema delle ricevute fiscali si incomincia a fare, e quali dinamiche e quali risultati può portare una politica di questa natura?
  Penso in primis ad un cambio di mentalità, che è la condizione essenziale, se vogliamo stare al passo con i nostri competitori in Europa e nel mondo.

Pag. 11

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, pongo solo un paio di domande al presidente Alleva.
  Ho trovato molto interessante la ripartizione fatta dall'ISTAT sui possibili interventi per la riqualificazione antisismica e la ripartizione in Zona sismica 1, 2 e 3, che dà il senso di quali siano le aree prioritarie (teoricamente sono tutte prioritarie, ma è evidente che alcune sono più a rischio di altre) e anche il senso della radiografia del nostro Paese da questo punto di vista. Riferisce espressamente che l'ISTAT ha trasmesso queste valutazioni nell'ambito del progetto «Casa Italia».
  È possibile riscontrare un collegamento tra le risorse stanziate e la ripartizione che l'ISTAT fa tra le Zone sismiche 1, 2 e 3, che evidentemente toccano diverse parti del nostro Paese, oppure questo è un passaggio successivo?
  Riprendo un tema già evidenziato dal collega Palese sull'impatto delle misure a favore degli investimenti relativamente al 57 per cento, che a pag. 9 indica nella sua relazione come numero delle imprese che risulterebbe toccato dagli interventi stanziati in manovra. È evidente che nella fase emendativa sul disegno di legge di bilancio potrebbero esserci misure per allargare questa base.

  GIORGIO ALLEVA, presidente dell'Istat. Grazie. Mi sembra che abbiate toccato i tanti argomenti che vi abbiamo portato anche da un punto di vista tecnico, quindi chiederò anche ai miei colleghi di fornirvi qualche risposta puntuale. Faccio un primo passaggio io e poi darò la parola ai colleghi dell'ISTAT.
  Sugli investimenti abbiamo tenuto non solo a fornirvi un'informazione sugli effetti complessivi dei diversi provvedimenti su variabili macroeconomiche, ma anche ad analizzare le platee, quindi i beneficiari. Diamo un quadro composito, con letture differenti, quindi confermo le osservazioni che sono state fatte in merito a una diversa dimensione dei potenziali interessati fra le imprese di diversa dimensione, con assetti proprietari differenti e caratteristiche di innovazione, quindi capacità di export e così via.
  Nel dossier trovate dei dettagli che quindi possono supportare la valutazione del Parlamento con riferimento ad aver centrato effettivamente i destinatari di questi provvedimenti, quindi ad esempio il fatto che questi provvedimenti interessano quel 57 per cento e ne lasciano fuori un 43 per cento. È coerente con una logica di scelte, il problema poi è ritrovarsi in queste letture come scelte effettivamente riflettute.
  Vi abbiamo messi quindi nelle condizioni di valutare in maniera analitica i destinatari, oltre che le valutazioni di carattere macro, che peraltro sono importanti perché, come ho sottolineato, l'obiettivo generale è quello di supportare la crescita.
  Da questo punto di vista, quindi, è vero che c'è un vantaggio unitario maggiore per le controllate estere piuttosto che per le altre, ma il ragionamento va fatto anche rispetto al contributo di quelle imprese, laddove è vero che quelle imprese controllate complessivamente contribuiscono in misura inferiore, ma poi il contributo unitario che danno in termini di tassazione è maggiore, quindi la lettura va fatta a livello sia di comparto che di singola impresa.
  Naturalmente sul fronte dei provvedimenti per le famiglie vale lo stesso ragionamento: abbiamo dato un quadro dei beneficiari molto composito proprio per mettere in luce gli effetti, ad esempio con riferimento ai redditi disponibili, di questi provvedimenti relativi alla quattordicesima e alle detrazioni fiscali.
  Tipicamente le detrazioni fiscali, come abbiamo esplicitato con chiarezza, non sono il massimo dell'equità, perché gli incapienti non hanno benefici e sono una parte importante del primo quintile della distribuzione dei redditi equivalenti e, come tante altre volte, interventi che riguardano la prima casa vanno su platee larghe, ma inevitabilmente tengono fuori qualche coda della distribuzione anche di grande interesse.
  Anche su questo abbiamo messo il Parlamento in condizione di valutare con diversi punti di vista questa azione nei confronti delle imprese e delle famiglie. Nel dossier trovate elementi specifici. Pag. 12
  Con riferimento alla questione dell'occupazione, non abbiamo costruito scenari con riferimento ai prossimi mesi, tuttavia il quadro che forniamo delinea una situazione di stabilizzazione del mercato del lavoro a fronte della rimodulazione di una serie di interventi, come sottolineato, ben più vigorosi nell'anno precedente, che tuttavia confermano che la crescita di partecipazione al mercato del lavoro, che è stata consistente, non si è comunque invertita.
  In particolare, la componente dei lavoratori dipendenti, soprattutto quelli permanenti, ha continuato a crescere, anche recuperando livelli ante crisi che naturalmente non sono raggiunti con l'occupazione complessiva, ma lo sono per questa componente del lavoro dipendente, e in generale questo quadro ci sembra supportato ormai da dati piuttosto consolidati.
  Naturalmente è interessante tale questione dell'aumento della partecipazione al mercato del lavoro, questa riduzione importante degli inattivi che abbiamo registrato nel corso dell'ultimo anno e soprattutto dell'ultimo mese è incoraggiante, ma naturalmente bisognerà dare risposta a queste persone che si pongono alla ricerca del lavoro e che prima non lo facevano.
  È quindi con soddisfazione che valutiamo positivamente la diminuzione dello scoraggiamento, ma poi si tratta di non tradire queste aspettative.
  Valuteremo anche gli effetti della riduzione della decontribuzione e di provvedimenti nuovi nel mercato del lavoro, lo facciamo anche con indagini campionarie in cui chiediamo alle imprese le motivazioni a fronte di un maggiore reclutamento di personale, per capire quali elementi abbiano mosso queste scelte.
  Saremo quindi in grado di rispondere, come abbiamo fatto quest'anno, nel capire qual è stato il contributo distinto del Jobs Act rispetto la decontribuzione, quindi faremo questo lavoro. Non abbiamo costruito invece scenari di medio periodo con riferimento al mercato del lavoro.
  Vorrei aggiungere in merito alla questione della congiuntura – il senatore Guerrieri ha letto immediatamente in maniera molto efficace le informazioni che abbiamo fornito – che nel periodo recente le vicende macroeconomiche del nostro Paese non sono dissimili da quelle che si osservano a livello europeo (il dottor Monducci entrerà maggiormente nel merito). Certamente, se parliamo della profondità e lunghezza della nostra crisi e del gap che c'era all'inizio e alla fine di questo periodo, scontiamo ritardi e problemi antichi, laddove una maggiore competitività del nostro sistema produttivo e il rafforzamento del capitale umano, del capitale intangibile sono elementi storicamente importanti. Sicuramente in questa fase i travagli e le speranze non sono diversi da quelli che abbiamo in Europa.
  Per quanto riguarda il sommerso e l'evasione, chiederò al dottor Oneto di fornirvi informazioni. Come sapete, rileviamo il sommerso nell'indagine sugli occupati, abbiamo stimato in questo rapporto sull'evasione come il lavoro irregolare sia aumentato – questo è un tema di grande criticità – quindi il livello non solo è elevato, ma è anche in aumento e diffuso. Su questo il dottor Oneto ci potrà dire qualcosa, come anche rinvio al dottor Monducci una risposta specifica con riferimento alla questione del MEPA e quindi dei relativi effetti.
  Abbiamo visto che per certi beni c'è una convergenza dei prezzi dentro e fuori la convenzione e questo va visto anche come un elemento di impatto di questo strumento sui prezzi di mercato. D'altra parte, c'è una grande variabilità e quindi potremmo rispondere anche con riferimento a esperienze di amministrazioni locali.
  Il presidente Boccia ha apprezzato il contributo che possiamo dare per la programmazione di interventi antisismici e questo mi fa molto piacere. La classificazione non è nostra, tuttavia la cosa interessante è che noi la possiamo raccordare con riferimento alle caratteristiche non più fisiche dei territori, sismiche, ma con le caratteristiche socio-economiche in particolare del patrimonio edilizio, per trovare questa giustamente segnalata coerenza che poi ci deve essere negli interventi con riferimento alle caratteristiche specifiche nel territorio.
  Chiederei prima al dottor Monducci...

Pag. 13

  PRESIDENTE. Devo chiedervi, poiché abbiamo già la delegazione successiva fuori, di attenervi a tre minuti a testa...

  ROBERTO MONDUCCI, direttore del Dipartimento per la produzione statistica dell'Istat. Proprio un flash. Rispetto a questo scenario di breve termine, le osservazioni del senatore Guerrieri Paleotti sono corrette, vediamo una ripresa nel terzo trimestre dopo questa battuta d'arresto che già nella scorsa audizione avevamo interpretato come un fenomeno transitorio, legato soprattutto al settore industriale.
  Adesso abbiamo visto che i dati di produzione industriale, in Italia come negli altri Paesi, sono in forte recupero, quindi lo scenario del terzo trimestre sembra essere assolutamente in linea con lo scenario di stima preliminare di Eurostat, che è stato definito pochi giorni fa.
  Per quanto riguarda la fine dell'anno, i nostri indicatori anticipatori (cambiamo apparato di misurazione), seppur in un contesto meno quantitativo rispetto ad altri tipi di previsione, danno una segnalazione di stabilizzazione, quindi un profilo più che altro qualitativo.
  Non si vede dunque un rallentamento, ma nemmeno un'accelerazione, quindi sostanzialmente immaginiamo uno scenario di fine anno un po’ inerziale, però – ripeto – in questo caso siamo in un campo diverso e quindi questo potrebbe essere smentito tranquillamente appena i dati si consolideranno.
  Per quanto riguarda invece la parte CONSIP e monitoraggio dei prezzi, questo apparato di misurazione è interessante perché c'è un surplus metodologico, portato dall'ISTAT nell'impianto, che prevede una normalizzazione dei prezzi per le caratteristiche qualitative. Questo non è banale: è un supporto metodologico alle policies.
  Per quanto riguarda i fenomeni di divergenza o di sorpasso di risparmi dovuti al ricorso al mercato, è evidente che c'è una tendenza deflazionistica in atto ormai da anni in Italia, la crisi economica sicuramente ha colpito, quindi probabilmente questi segnali vanno interpretati come indicazione di correzione, indicazione di presenza nella determinazione del prezzo. Se il prezzo di mercato tende a crollare, probabilmente a livello CONSIP c'è un'inerzia che va gestita, questa è la segnalazione, e d'altra parte questo sistema serve proprio a questo, ossia a intercettare i momenti di discontinuità e intervenire rapidamente. Grazie.

  GIAN PAOLO ONETO, direttore della Direzione centrale della contabilità nazionale dell'Istat. Cercherò di essere molto rapido. Sulla questione del sommerso abbiamo pubblicato il 14 ottobre i dati relativi a quella che noi chiamiamo «economia non osservata», all'interno della quale il sommerso è una componente molto ampia. Li abbiamo riferiti al 2014.
  Perché abbiamo questa sorta di ritardo, che non consideriamo un ritardo, ma anzi un aumento di tempestività rispetto a quello che si riusciva a fare negli anni precedenti? Perché oggi stimiamo il sommerso guardando a due componenti, quella della sotto-dichiarazione, cioè il fatto che le imprese dichiarino meno del valore aggiunto che effettivamente realizzano, fenomeno molto vicino a quello dell'evasione, e il fenomeno del lavoro irregolare, su cui verteva la domanda dell'onorevole Dell'Aringa.
  In entrambi i casi facciamo ormai queste analisi a livello micro, nel caso delle imprese su oltre 4 milioni di imprese con la nuova base dati che abbiamo messo in opera da due anni, nel caso del lavoro irregolare mettendo insieme i segnali che vengono dalle indagini delle forze di lavoro con i segnali amministrativi.
  Per avere tutti i segnali amministrativi, riuscire ad agganciare tutte le basi dati amministrative, che sono milioni di posizioni e che riguardano tutte le tipologie di lavoro (è quello che ci permette di capire se un individuo abbia una forma regolare o irregolare di occupazione), ci vuole decisamente del tempo. Oggi siamo intorno ai 15 mesi dalla fine dell'anno, abbiamo tutte queste basi dati amministrative in linea, agganciabili, e a quel punto di lì cominciamo a stimare il sommerso, quindi nel caso specifico sul 2015 non abbiamo ancora informazioni, dentro ai conti nazionali il 2015 è fatto con una sorta di estrapolazione, che poi verrà corretta nel momento Pag. 14 in cui ci saranno tutte le basi dati micro.
  Voglio aggiungere solo una cosa: questi dati sono stati utilizzati a fondo nel rapporto sull'evasione pubblicato da poco dalla Commissione, nella prima versione non è stato possibile utilizzare quelli relativi al 2014, adesso c'è una sorta di aggiornamento, che naturalmente non dipende da noi, ma da questioni istituzionali se verrà più o meno presto pubblicato, per l'anno prossimo cercheremo di allineare queste stime in maniera che la Commissione evasione, nel momento in cui pubblica la propria relazione, possa disporre perlomeno dell'ultima versione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Oneto. Grazie alla delegazione dell'ISTAT e al presidente Giorgio Alleva per la relazione e le risposte.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della Banca d'Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti della Banca d'Italia.
  Do ora la parola al vicedirettore generale della Banca d'Italia, Luigi Federico Signorini.

  LUIGI FEDERICO SIGNORINI, vicedirettore generale della Banca d'Italia. Grazie, presidente. Ringrazio le Commissioni per il consueto invito. Ricorderete che, all'inizio di ottobre, ho già avuto occasione di fornire delle considerazioni sulla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza; in gran parte, i commenti forniti allora si applicano anche alla manovra di bilancio.
  Vorrei iniziare da un brevissimo flash sulla situazione congiunturale, sulla quale so peraltro che, nell'audizione dell'ISTAT, ci si è intrattenuti con maggiori dettagli. L'economia, come anche dall'audizione dell'ISTAT è risultato, credo si stia espandendo, seppure a un tasso moderato. In particolare, le informazioni congiunturali relative ai periodi più recenti hanno per lo più o quasi tutte un segno positivo. Nei mesi estivi, è tornata ad aumentare la produzione del settore manifatturiero e delle costruzioni ed è proseguita l'espansione delle esportazioni. È rimasta sostanzialmente stabile l'occupazione, dopo la crescita sostenuta dei periodi precedenti.
  Noi stimiamo che l'attività industriale sia aumentata di oltre mezzo punto percentuale nella media del terzo trimestre. Inoltre, a ottobre la fiducia delle imprese è risultata in tutti i settori superiore alla media dei tre mesi precedenti. La fiducia delle famiglie, invece, è ancora scesa, pur rimanendo su valori coerenti con un'espansione dei consumi.
  Vorrei aggiungere, confermando quello che ho detto un mese fa circa, che le informazioni di cui disponiamo sull'andamento nel corso dell'anno del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche e delle entrate di cassa si mantengono in linea con la previsione del Governo di una riduzione dell'indebitamento netto nel 2016. In particolare, stime preliminari indicano che il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche, al netto delle dismissioni, nei primi nove mesi del 2016 è stato inferiore a quello del corrispondente periodo del 2015, per un valore di 3,8 miliardi, e che il miglioramento risulta superiore, tenendo conto di alcune disomogeneità temporali.
  Nello scenario programmatico, basato su un obiettivo di indebitamento netto per il prossimo anno più elevato di quanto indicato a settembre, il Governo prevede per il 2017 una crescita del PIL pari all'1 per cento. Questo valore è superiore alle stime dei principali previsori oggi disponibili, che variano tra lo 0,5 e lo 0,9, ma non è irraggiungibile, tenendo anche conto delle ripercussioni sull'attività economica per l'orientamento nettamente espansivo della politica di bilancio.
  Come ogni previsione, anche questa è soggetta a un'incertezza, relativa non solo agli andamenti interni, ma anche e soprattutto agli sviluppi internazionali. Anche di Pag. 15questo credo si sia parlato nella precedente audizione. La possibilità di nuovi episodi di volatilità sui mercati finanziari non può essere esclusa, anche in relazione all'instabilità politica e strategica in varie aree del mondo e, in Europa, in relazione all'evoluzione delle trattative sull'uscita del Regno Unito dall'Unione europea. Le prospettive delle maggiori economie emergenti sono contrastanti.
  Il Governo, al fine di sostenere la ripresa economica in un contesto congiunturale ancora incerto, accresce con questa manovra l'indebitamento netto, rispetto al suo valore a legislazione vigente, in ciascuno dei prossimi tre anni. Per il 2017, il Governo programma di attuare interventi espansivi per oltre 25 miliardi, coperti per circa 13 miliardi da altre misure di finanza pubblica; il disavanzo, pertanto, aumenterebbe di circa 12 miliardi.
  La principale misura espansiva è la cancellazione, per il solo 2017, dell'inasprimento delle aliquote dell'IVA, che, a legislazione vigente, determinerebbe un maggior gettito di oltre 15 miliardi. Il resto, per complessivi 10 miliardi, è costituito quasi interamente da aumenti di spesa, finalizzati principalmente al rilancio degli investimenti e al sostegno del reddito di alcune fasce della popolazione. Sono previsti, inoltre, interventi pluriennali per la gestione dell'emergenza sismica. In realtà, oltre all'emergenza, tali interventi sono previsti anche per la messa in sicurezza del territorio e delle costruzioni, come dirò fra poco.
  Le coperture finanziarie per il 2017 derivano, per la metà, dai proventi attesi dall'azione di contrasto all'evasione e di recupero di gettito, che includono gli effetti, limitati per larga parte all'anno in esame, di provvedimenti, quali la riapertura dei termini della voluntary disclosure e la definizione agevolata dei carichi pregressi della riscossione. Sono previsti anche altri incassi una tantum e alcuni inasprimenti della tassazione delle imprese, connessi con la revisione dell’«Aiuto alla crescita economica», sui quali pure fra un momento tornerò.
  Il disavanzo si collocherebbe al 2,3 per cento del PIL nel 2017, con un aumento di 7 decimi di punto rispetto al quadro tendenziale. L'indebitamento netto strutturale peggiorerebbe di circa 4 decimi di punto percentuale del PIL, all'1,6 per cento. Questi obiettivi sono stati indicati dal Governo nel Documento programmatico di bilancio presentato alla Commissione europea a metà ottobre; la Commissione renderà nota la sua valutazione nelle prossime settimane.
  Nei programmi del Governo, il disavanzo diminuisce sia nel 2018 sia nel 2019, in larga parte per l'inasprimento delle imposte indirette previsto dalle clausole di salvaguardia (che determinano un maggior gettito pari a 1,1 punti percentuali del PIL nel 2018 e a 1,3 nel 2019), per una significativa crescita dei proventi permanenti derivanti dal contrasto dell'evasione, e per il rinvio al 2020 di alcune spese in conto capitale previste per il 2019. Nel biennio l'indebitamento netto strutturale migliorerebbe di circa 1,5 punti percentuali del PIL, collocandosi in prossimità del pareggio.
  Con riferimento all'impiego delle risorse, la manovra comprende un ampio ventaglio di provvedimenti espansivi. Complessivamente essa riduce le entrate di 16,4 miliardi nel 2017 e di circa 6 miliardi l'anno in media nel biennio successivo e aumenta la spesa di 8,8 miliardi per il prossimo anno e di circa 14 miliardi l'anno in media nel biennio successivo. Alcuni interventi riguardano la spesa per il personale delle pubbliche amministrazioni, comprendendo sia nuove assunzioni sia aumenti di retribuzione, anche per misure che interessano le Forze armate e le Forze di polizia. Alla luce della sentenza della Corte costituzionale del 2015, è necessario riavviare la contrattazione nel pubblico impiego.
  In quanto segue, però, mi concentrerò sulle più significative misure espansive volte al sostegno dell'economia, sugli interventi riguardanti le politiche sociali e sui provvedimenti per gestire gli effetti dei terremoti; prenderò, poi, in considerazione le principali misure di copertura.
  Cominciando dalle misure di sostegno all'economia, un rafforzamento dello sviluppo Pag. 16 in Italia richiede l'accelerazione degli investimenti, la cui riduzione è stata, negli ultimi anni, il principale freno alla crescita dal lato della domanda. Del resto, gli investimenti non sono solo una componente, che è ciclicamente più sensibile alla domanda, ma essi agiscono, al tempo stesso, anche dal lato dell'offerta, rafforzando e rendendo più competitive le imprese. Ancora oggi, il tasso di accumulazione è nettamente al di sotto dei livelli precedenti alla crisi.
  Mi soffermo, quindi, sulle misure di sostegno all'economia, soprattutto sugli incentivi agli investimenti privati e sull'aumento delle risorse destinate agli investimenti pubblici.
  Accanto a questi interventi, va ricordata l'introduzione di un regime impositivo opzionale per le imprese individuali e le società di persone soggette a contabilità ordinaria, basato sulla separazione fra il reddito percepito nell'attività d'impresa, soggetta alla stessa aliquota dell'IRES, e gli altri redditi dell'imprenditore, che rimangono assoggettati all'IRPEF. Nella valutazione ufficiale, questa disposizione determina un minore gettito, pari a circa 2 miliardi nel 2018 e 1,2 miliardi nel 2019.
  Gli interventi previsti nella manovra per favorire gli investimenti e l'innovazione determinerebbero minori entrate fiscali, per oltre un miliardo nel 2018, circa 2 miliardi nel 2019 e importi minori negli anni successivi, nonché maggiori spese, per quasi un miliardo all'anno nel triennio 2018-2020 e qualcosa di più nel 2021.
  Il Governo intende in primo luogo rinnovare il sostegno agli investimenti delle piccole e medie imprese e prorogare l'incentivo temporaneo per l'acquisto di beni strumentali, basato sulla maggiorazione dell'ammortamento riconosciuto ai fini fiscali. I nostri sondaggi e le nostre indagini presso le imprese indicano che, a giudizio di queste, nel 2016 tali incentivi hanno avuto un effetto positivo sugli investimenti. Se l'agevolazione sarà prorogata, data la sua natura temporanea, è presumibile che le imprese cercheranno di anticipare i propri piani di investimento all'anno prossimo per sfruttarla, ma, anche se riflettesse soltanto l'anticipazione delle spese già previste, una spinta all'investimento può contribuire in questo momento a rafforzare il miglioramento ciclico.
  A settembre il Governo ha presentato il cosiddetto «Piano Industria 4.0», un programma di interventi per accrescere la capacità innovativa, l'efficienza e la competitività del sistema produttivo. La manovra ne avvia l'attuazione, prolungando e rafforzando il credito d'imposta per le spese in ricerca e sviluppo e introducendo un nuovo incentivo per gli investimenti in tecnologie digitali avanzate, basato sulla maggiorazione del 150 per cento del costo di acquisizione o del canone di locazione, ai fini fiscali.
  La crescita della produttività è fortemente legata all'innovazione, quindi l'obiettivo delle agevolazioni è condivisibile e la loro efficacia andrà seguita con attenzione.
  Il disegno di legge prevede altresì un aumento delle risorse destinate agli investimenti, sia delle amministrazioni centrali sia degli enti decentrati, complessivamente per 1,4 miliardi nel 2017, 3 miliardi nel 2018 e 4,5 miliardi nel 2019. Il provvedimento stanzia inoltre risorse per la ricostruzione di strutture pubbliche e private nelle zone colpite dal terremoto dello scorso agosto, su cui mi soffermerò tra poco.
  Per quanto riguarda in particolare le amministrazioni centrali, viene istituito un fondo pluriennale destinato a investimenti anche nei settori dei trasporti, dell'edilizia pubblica, della difesa del suolo e della prevenzione del rischio sismico. Per gli enti decentrati, la manovra, a fronte dell'introduzione di maggiori flessibilità nelle regole di bilancio, prevede un incremento della spesa per investimenti di 0,7 miliardi nel 2017 e circa un miliardo per ciascun anno del biennio successivo.
  Vi dicevo che avrei speso qualche parola in più sugli interventi a fronte di eventi sismici. Gli eventi delle ultime settimane e degli ultimi mesi hanno riportato drammaticamente all'attenzione la condizione di rischio perenne e ineliminabile, cui il nostro Paese è esposto. La perdita di vite umane è ineliminabile naturalmente dal punto di vista fisico, per cui altri sono i Pag. 17provvedimenti che possiamo cercare di prendere. La perdita di vite umane ne è l'aspetto più doloroso, insieme allo sconvolgimento delle condizioni di famiglie che, pure illese, perdono la casa e devono adattarsi ad alloggi precari, ma anche il costo economico dei terremoti è rilevante. Pur con tutti i margini di incertezza che caratterizzano questo tipo di stime, si valuta che i danni materiali diretti causati dai terremoti dell'Aquila nel 2009 e dell'Emilia-Romagna nel 2012 abbiano superato i 10 miliardi in ciascuno dei due casi, senza considerare i danni indiretti relativi all'interruzione o al rallentamento delle attività produttive nei mesi successivi.
  Mitigare gli effetti umani ed economici dei terremoti è, dunque, fondamentale. La normativa antisismica, progressivamente inasprita nel corso del tempo, protegge gli edifici recenti o recentemente ristrutturati. Tuttavia, in un Paese come il nostro, dove pietre e muratura hanno una così lunga tradizione, essi sono una minoranza, infatti circa il 70 per cento degli edifici residenziali dei comuni colpiti dal sisma lo scorso agosto, sulla base dei dati dell'ISTAT, era stato costruito prima del 1971, anno in cui entrarono in vigore le prime norme antisismiche. Mettere subito in sicurezza lo stock ingentissimo e maggioritario degli edifici di più antica costruzione, con provvedimenti d'imperio, sarebbe irrealistico, per cui rafforzare gli incentivi all'adozione di presidi antisismici per gli edifici esistenti sembra la via obbligata.
  Il Governo ha deciso di stanziare nel disegno di legge circa un miliardo l'anno in media, nel triennio 2017-2019, sia per affrontare l'emergenza legata al terremoto della scorsa estate, in particolare per la ricostruzione di strutture pubbliche e private nelle zone colpite, sia – questo è il punto che vorrei sottolineare – per rafforzare gli incentivi previsti per l'adeguamento antisismico degli immobili privati a uso residenziale e produttivo su tutto il territorio nazionale. Inoltre, secondo recenti dichiarazioni del Governo, una quota rilevante della spesa addizionale per investimenti, prevista nel disegno di legge di bilancio, verrà destinata a potenziare i presidi antisismici di infrastrutture, scuole e uffici pubblici. Questi sono interventi necessari da tempo e da attuare con la massima rapidità.
  Aggiungo che, anche sulla base delle esperienze di altri Paesi, si potrebbe valutare la possibilità di affiancare meccanismi assicurativi agli incentivi fiscali previsti per i privati. Come ha ricordato recentemente in un'intervista il Presidente dell'ISTAT, solo una percentuale marginale delle polizze per incendio sottoscritte in Italia, oggi, include anche il rischio sismico. Io credo sia importante aumentare questa quota, facendo anche in modo che il premio assicurativo sia, con i principi tipici dell'industria assicurativa, legato alla classe di rischio sismico, così da incentivare ulteriormente la realizzazione di interventi per la messa in sicurezza degli edifici.
  La materia, a mio giudizio, merita riflessione e il disegno di simili schemi assicurativi e ri-assicurativi su larga scala non è facile, soprattutto per la natura del rischio sottostante, relativo a eventi rari, ma potenzialmente catastrofici, e per i forti elementi di mutualità che presumibilmente essi comprenderebbero. Tuttavia, l'esperienza di altri Paesi, soggetti a simili problemi di esposizione al rischio sismico, può aiutare a formulare proposte efficaci, pur tenendo conto naturalmente delle specificità nazionali relative alla distribuzione del rischio sul territorio, alle caratteristiche delle costruzioni, al quadro legale e a qualche altro di rilevante.
  In materia di politiche sociali, il disegno di legge di bilancio include, tra l'altro, misure volte a rendere più flessibile l'uscita dal mercato del lavoro e a sostenere il reddito dei pensionati e delle famiglie con figli. Nel complesso, queste misure determinano un aumento della spesa di circa 2,4 miliardi nel 2017 e di 3,4 miliardi, in media, nel biennio successivo.
  Per quanto riguarda la flessibilità in uscita e il sostegno al reddito dei pensionati io credo che, nel valutare questi interventi, sia opportuno tenere conto del contesto di lungo periodo in cui si inseriscono. Con la riforma del 2011 si è conclusa la transizione del sistema pensionistico italiano verso Pag. 18la piena applicazione del sistema contributivo. Si è trattato di un processo, come loro ricorderanno, durato vent'anni, che è stato perseguito con sostanziale coerenza nelle linee di fondo, attraverso il succedersi di Governi e di legislature. Tale processo ha trasformato profondamente e risanato finanziariamente un sistema che, nelle condizioni in cui originariamente si trovava, era insostenibile, oltre che frammentato e sperequato. Oggi, la sua sostenibilità finanziaria è assicurata, anche a fronte di shock macroeconomici e demografici, e la sostanziale equità attuariale, che lo caratterizza, sia tra generazioni sia all'interno di ciascuna di esse, rappresenta un elemento di certezza per i lavoratori, che oggi versano i contributi, ma anche un elemento di credibilità nei confronti degli investitori e dei nostri partner europei.
  Un altro aspetto positivo del sistema contributivo, che oggi possediamo, è costituito dal fatto che esso rende possibile distinguere chiaramente le prestazioni previdenziali in senso puro, cioè basate sulla logica contributiva, quindi su una stretta corrispondenza tra quanto versato e quanto goduto, dalle prestazioni assistenziali. Questo aumenta la trasparenza del sistema, quindi meglio consente ai cittadini, ma anche ai loro rappresentanti, che devono prendere le decisioni normative in merito, di decidere consapevolmente a chi assicurare una tutela di carattere assistenziale e quante risorse a carico della fiscalità generale destinare a questo fine; anche quest'aspetto, a mio avviso, è opportuno preservare.
  Grazie a tali caratteristiche di carattere generale, è oggi possibile – io credo – consentire all'interno del sistema, entro certi limiti, una maggiore libertà personale nella scelta del momento del pensionamento. In questa direzione si era mossa la stessa riforma del 2011, garantendo, a chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995, la possibilità, a determinate condizioni, di uscire dal mercato del lavoro con tre anni di anticipo rispetto ai requisiti vigenti. Le modalità tecniche con cui estendere tale possibilità anche ad altri lavoratori possono essere diverse, quello che conta è che ci si muova nell'ambito della logica del sistema, cioè senza snaturarne i presupposti fondamentali di equità attuariale e di sostenibilità finanziaria.
  Il disegno di legge alla vostra attenzione propone una modalità compatibile con questi ultimi, infatti stabilisce, per chi ha almeno 63 anni di età e vent'anni di contributi, l'introduzione in via sperimentale di un prestito garantito dalla ricchezza pensionistica e subordinato all'uscita dal mercato del lavoro, il cosiddetto «anticipo pensionistico» o «Ape». L'effetto, in pratica, è quello di consentire al lavoratore che desidera anticipare la pensione di farlo, accettando una riduzione delle prestazioni che realizza una sostanziale equivalenza attuariale con il trattamento ordinario. Ne trascuro i dettagli e aggiungo che la manovra di bilancio rende, inoltre, meno stringenti i requisiti per il pensionamento di anzianità, per i lavoratori che svolgono mansioni usuranti e per alcuni di quelli che hanno iniziato a lavorare molto precocemente.
  Altre misure contenute nella manovra hanno una natura ibrida, in parte assistenziale e in parte previdenziale. Per quanto ne siano apprezzabili le finalità, ne andrebbe forse meglio chiarita in prospettiva la relazione con altre forme di sostegno a situazioni di disagio o di bisogno e chiarito il modo in cui si inquadrano nel sistema definito dalle riforme pensionistiche.
  Faccio notare che l'Italia è l'unico Paese dell'area dell'euro, oltre alla Grecia, a non prevedere uno strumento assistenziale universale di contrasto alla povertà, ma solo interventi destinati ad alcune categorie o limitati ad alcune regioni. Un disegno di legge delega, già approvato dalla Camera e in discussione al Senato, mira a colmare questo vuoto. Tale sede sarebbe forse la più adatta a coordinare, in prospettiva, la pluralità degli strumenti già esistenti.
  Il disegno di legge, in particolare, riconosce un'indennità economica, fino al momento del conseguimento dei requisiti anagrafici minimi per il pensionamento di vecchiaia, a soggetti che hanno almeno 63 anni d'età e 30 anni di anzianità contributiva e che versano in specifiche condizioni di bisogno. Pag. 19 Il disegno di legge prevede che questa misura abbia natura sperimentale, quindi, per il momento, vale solo fino alla fine del 2018. Ora, se si intenderà estenderla nel tempo, andranno predisposte verifiche tempestive e accurate del suo funzionamento, degli effetti sull'offerta del lavoro e del coordinamento con la restante normativa assistenziale.
  Un altro intervento di tipo ibrido, cui si applicano simili considerazioni, è costituito dal potenziamento dell'istituto della quattordicesima mensilità, il cui ammontare non è connesso in modo stringente al montante dei contributi versati durante gli anni di lavoro né al momento del pensionamento, quindi anch'esso ha una natura in parte assistenziale.
  Infine, è previsto un insieme di misure volte a sostenere il reddito delle famiglie con figli. Nel confronto internazionale, in Italia le risorse destinate a sostenere le famiglie nella cura dei figli e nella conciliazione tra vita familiare e vita lavorativa sono relativamente esigue. Questo forse contribuisce a spiegare il basso tasso di natalità e la ridotta partecipazione delle madri al mercato del lavoro nonché l'elevata incidenza della povertà tra i minori.
  Va apprezzato, nel suo complesso, lo stanziamento di risorse, che amplia gli strumenti disponibili. Come dicevo, l'Italia è un Paese che, rispetto ad altri Paesi europei, destina meno risorse a meno strumenti per affrontare questo tipo di problemi. Anche in questo caso, comunque, sarebbe importante riflettere sul coordinamento tra le nuove misure e quelle già esistenti, anche sotto forma di tax expenditure. In questo ambito, l'efficacia delle politiche dipende ovviamente in modo importante dai fondi a disposizione, ma non solo da quelli, perché dipende anche dall'organicità del disegno complessivo.
  Per il prossimo biennio, la manovra individua risorse a copertura per circa 12 miliardi in media all'anno, cioè 7 decimi di punto percentuale del PIL, e larga parte delle coperture deriva da provvedimenti, da cui ci si attendono maggiori entrate, senza un inasprimento delle aliquote fiscali.
  Oltre alle misure di contrasto all'evasione fiscale e di recupero di gettito, delle quali parlerò in seguito, si introducono modifiche alla tassazione del reddito d'impresa e del lavoro autonomo, nell'ordine di 2 miliardi in media all'anno. In particolare, con riferimento all’«Aiuto alla crescita economica» o ACE, la manovra riduce il rendimento nozionale sulla base del quale è calcolato il beneficio fiscale spettante alle imprese che si finanziano con capitale proprio. Data la deducibilità degli interessi passivi, l'ACE, a nostro avviso, è un valido strumento per rendere più neutrale il sistema fiscale rispetto alle scelte di finanziamento delle imprese. Il tasso nozionale di riferimento dovrebbe approssimare il costo del finanziamento mediante il capitale proprio delle imprese, che è legato ai tassi di interesse prevalenti, perciò a noi pare non irragionevole che esso venga ridotto in un contesto in cui si sono ridotti i tassi di interesse di mercato.
  Per il 2017, è previsto inoltre un introito una tantum di circa 2 miliardi, proveniente dalla revisione dei diritti d'uso delle frequenze di telecomunicazione. Le riduzioni di spesa rappresentano, invece, solo una piccola parte delle coperture previste per il prossimo biennio. Per il 2019, l'ammontare delle coperture sale a circa 17 miliardi e il peso delle maggiori entrate in riduzione di spesa è più equilibrato, rispettivamente al 57 e al 43 per cento. Larga parte dell'aumento delle coperture è riconducibile al rinvio, dal 2019 al 2020, di spese in conto capitale, programmate con legge di bilancio del passato, e a un ulteriore incremento delle aliquote dell'IVA, rispetto al profilo di aumenti disposto con la legge di stabilità dell'anno scorso, nell'ambito della cosiddetta «clausola di salvaguardia».
  L'evasione in Italia sottrae all'erario una quantità elevata di gettito, di cui ci sono recenti stime diffuse dall'ISTAT, aumenta il carico fiscale gravante sui contribuenti onesti, distorce la scelta di agenti economici e penalizza, nella competizione sul mercato, le imprese che adempiono agli obblighi tributari.
  Negli ultimi tempi, io credo siano stati fatti passi avanti per prevenire e contrastare Pag. 20 l'evasione ed elusione fiscale, grazie anche alle disposizioni attuative della legge delega per la riforma del sistema fiscale 2014. Sono state definite sia misure per il rafforzamento dei controlli e per il recupero della base imponibile, da un lato, sia azioni tese a migliorare il rapporto tra fisco e contribuente in modo, sperabilmente, da favorire l'adempimento spontaneo.
  Comunque, nonostante i numerosi interventi realizzati nel tempo, il fenomeno resta rilevante, quindi è apprezzabile che l'azione di contrasto all'evasione continui a costituire una delle priorità dell'azione di Governo.
  Le misure con effetti temporanei rappresentano circa i due terzi del maggior gettito atteso nel 2017 e circa un terzo nel 2018, quindi, in altre parole, le misure con effetti permanenti crescono nel tempo da un terzo nel 2017 a circa due terzi nel 2018. Fanno parte delle misure temporanee alcuni provvedimenti che sanano posizioni irregolari del passato, quali l'estinzione di debiti riguardanti carichi affidati agli agenti della riscossione, in anni anche remoti, dal 2000 al 2015, nonché la riapertura dei termini della cosiddetta «voluntary disclosure», introdotta con la legge di stabilità per il 2016.
  Anche dal passaggio alle dichiarazioni dell'IVA su base trimestrale si attendono, tra l'altro, introiti temporaneamente più elevati nel biennio 2017-2018 e ho detto «tra l'altro» perché si attendono anche miglioramenti di carattere strutturale.
  Secondo le valutazioni ufficiali, il complesso delle misure in tema di evasione e di recupero del gettito produrrà maggiori entrate per 6,4 miliardi nel 2017, per 5,9 miliardi nel 2018 e per 4,3 miliardi nel 2019. Queste somme rappresentano più della metà delle maggiori entrate previste per il biennio 2017-2018 e oltre il 40 per cento nel 2019. Rispetto alle stime di interventi di altra natura, la valutazione del gettito derivante dal contrasto all'evasione naturalmente ha un grado di incertezza superiore.
  Escludendo i risparmi connessi con i minori esborsi effettivi rispetto a quanto inizialmente stanziato per le precedenti salvaguardie pensionistiche, un decimo delle coperture previste dal disegno di legge di bilancio per il prossimo biennio deriverebbe da misure di riduzione della spesa, quasi un miliardo nel 2017 e oltre un miliardo e mezzo nel 2018. Sono previsti tagli alle dotazioni finanziarie dei Ministeri per circa 0,7 miliardi l'anno, per cui i singoli Ministeri dovranno individuare gli interventi di realizzazione necessari, e minori stanziamenti per il Servizio sanitario nazionale per circa un miliardo nel 2018. I risparmi di spesa crescono significativamente nel 2019, con oltre 7 miliardi, e derivano essenzialmente dai minori stanziamenti che si intende assegnare al Servizio sanitario nazionale e, come ho già detto, dal rinvio al 2020 di alcune spese in conto capitale. Questi sono stanziamenti considerati minori rispetto – ci tengo a precisarlo – a quanto previsto dal quadro tendenziale e non perché in diminuzione rispetto a oggi.
  In merito alla dinamica della spesa pubblica, credo sia opportuno inquadrare le questioni di cui parliamo in un discorso di carattere più generale e più di lungo periodo. Negli ultimi anni la dinamica della spesa pubblica si è significativamente ridotta: tra il 1998 e il 2008, la spesa primaria in Italia era cresciuta in media al di sopra del 4 per cento in termini nominali e dell'1,8 in termini reali; tra il 2008 e il 2015, correggendo i dati per tenere conto dell'effetto di alcune disomogeneità contabili, la crescita media annua è stata inferiore all'1 per cento e, in termini reali, addirittura si è leggermente contratta.
  Questa marcata decelerazione è dovuta in buona parte alla contrazione di spese in conto capitale, con un 3 per cento l'anno in termini nominali e oltre il 4 per cento in termini reali, e dei redditi da lavoro dipendente. A seguito del blocco della contrattazione in vigore ormai da cinque anni e delle misure che limitano il turnover dei dipendenti pubblici, quest'ultima componente si è ridotta di quasi l'1 per cento l'anno in termini nominali e di quasi il 2 in termini reali.
  È fisiologico che sia la spesa per investimenti sia le retribuzioni medie dei dipendenti pubblici tornino a crescere in Pag. 21termini nominali nei prossimi anni, quindi, per poter tenere sotto controllo la crescita della spesa primaria, sarà necessario rafforzare le azioni di contenimento sulle componenti della spesa corrente, quali, per esempio, i consumi intermedi e i contributi alla produzione, che sono meno soggetti a vincoli legislativi e più facilmente riprogrammabili su base annuale.
  Anche su queste ultime, però, è doveroso dire che sono stati conseguiti risultati apprezzabili nel passato, perché la crescita annua media della spesa primaria corrente, al netto dei redditi da lavoro e delle prestazioni sociali in denaro, è passata da quasi il 5 per cento nel periodo 1998-2008, per il 2,3 per cento in termini reali, a poco più dell'1 per cento negli anni dal 2009 al 2015, rimanendo sostanzialmente nulla in termini reali. Occorre, quindi, proseguire con decisione su un percorso che è già avviato.
  Pare in ogni caso necessario continuare a mettere in atto riforme della struttura e del funzionamento della pubblica amministrazione volte a rendere il contesto, nel quale operano le imprese, il più favorevole possibile alla crescita dell'economia e dell'occupazione.
  Per concludere, vorrei dire che la ripresa è moderata, c'è ma stenta a rafforzarsi, e che l'incertezza delle prospettive economiche, anche a livello internazionale, ha contribuito finora frenare gli investimenti. I dati sul saldo e sulle entrate di cassa finora disponibili sono coerenti con la stima del Governo di una riduzione dell'indebitamento netto nel 2016 rispetto all'anno precedente. La manovra di bilancio per il 2017, riducendo l'avanzo primario, corretto per gli effetti del ciclo economico di oltre mezzo punto percentuale del PIL rispetto al 2016, ha un'intonazione espansiva in termini nominali.
  Essa accresce l'indebitamento netto del 2017 di 7 decimi di punto percentuale del prodotto interno lordo rispetto al tendenziale. La copertura degli interventi è affidata per 3 decimi di punto a misure una tantum. Il disavanzo migliora rispetto al risultato atteso per il 2016, seppure meno del calo della spesa per interessi.
  Diversi interventi previsti dalla manovra sono apprezzabili, in quanto rivolti ad affrontare quelli che a noi sembrano temi chiave per il Paese, come la ripresa dell'accumulazione di capitale produttivo, il contrasto all'evasione fiscale e la prevenzione del rischio sismico.
  Benché in crescita dall'inizio del 2015, gli investimenti in termini reali restano ancora inferiori di circa il 30 per cento rispetto ai livelli del 2007. Alla proroga degli incentivi già in vigore nell'anno in corso, che possono portare le imprese ad anticipare l'esecuzione dei propri progetti, fornendo un impulso all'attività economica importante nell'attuale fase ciclica, si aggiungono interventi mirati a sostenere l'innovazione.
  Positiva è anche la previsione di un aumento degli investimenti pubblici. Concentrare le risorse su specifiche priorità infrastrutturali già individuate potrà rafforzarne l'impatto.
  Gli interventi di contrasto all'evasione inclusi nella manovra proseguono l'indirizzo delineato nel recente passato, che prevede misure sia per il rafforzamento dei controlli e recupero della base imponibile sia azioni tese a migliorare il rapporto fra fisco e contribuente, in modo da favorire l'adempimento spontaneo.
  Il recupero di risorse atteso è ingente. Il conseguimento degli obiettivi richiederà un'attività amministrativa attenta e costante.
  L'elevato rischio sismico del nostro Paese si è tradotto ripetutamente negli anni in perdite gravi, umane in primo luogo, ma anche patrimoniali ed economiche.
  La manovra rafforza gli incentivi all'adeguamento sismico dell'edilizia residenziale e produttiva. L'esperienza internazionale suggerisce che meccanismi assicurativi opportunamente disegnati potrebbero potenziare l'efficacia degli incentivi fiscali.
  Anche per il biennio 2018-19 la manovra accresce l'indebitamento netto rispetto al tendenziale. Parte delle coperture ha natura temporanea. La diminuzione del disavanzo rispetto al 2017 avviene grazie all'attivazione delle clausole di salvaguardia, abolite per il 2017 ma confermate per Pag. 22il 2018 e ulteriormente inasprite per il 2019. Se si vorrà evitare in futuro, come in passato, l'attivazione delle clausole di salvaguardia sarà necessario il reperimento di risorse alternative.
  Indipendentemente dalla discussione in corso in sede europea, la riduzione del peso del debito resta un obiettivo strategico per il Paese. Ne va garantita la credibilità con politiche di riforme strutturali che accrescano il potenziale di sviluppo dell'economia e, al tempo stesso, con una coerente azione di bilancio che continui ad assicurare un calo progressivo del disavanzo.
  Saranno cruciali sia un attento monitoraggio dell'efficacia delle misure di contrasto all'evasione, sia l'attuazione nei tempi previsti dei piani di privatizzazione.
  Il controllo della spesa primaria resta, a mio avviso, una assoluta priorità.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che desiderino intervenire.

  GIAMPAOLO GALLI. Ringrazio il dottor Signorini per questa relazione molto ampia, che ci consente di avere una visione d'assieme del disegno di legge di bilancio, su cui mi pare ci siano molti apprezzamenti, anche se siamo ben attenti anche ai punti in cui si invita a fare attenzione affinché le cose effettivamente si realizzino. Dico questo in particolare per quello che riguarda la riduzione del disavanzo, del debito e il contrasto all'evasione.
  Ho una domanda specifica che riguarda l'insieme delle misure di stimolo agli investimenti, su cui vi è un giudizio positivo a pagina 6, combinato con la misura sull’«Aiuto alla crescita economica» (ACE), a pagina 13, a proposito della quale si dice che non è irragionevole che venga ridotto il tasso nozionale perché si sono ridotti i tassi di interesse di mercato.
  Ecco, vorrei fare una considerazione in relazione anche a quello che abbiamo sentito poco fa dall'ISTAT. Infatti, pur dando un apprezzamento sostanzialmente positivo alle misure, l'ISTAT mette in evidenza che i risultati di un loro modello di simulazione mostrano come l'effetto combinato del superammortamento e dell'ACE implichi una leggera redistribuzione a favore delle grandi imprese, delle imprese strutturate, delle imprese esportatrici e di quelle ad alta intensità tecnologica e di conoscenza.
  A me va benissimo che ci sia una redistribuzione a favore delle imprese ad alta intensità tecnologica e di conoscenza, tuttavia mi chiedo se c'è una qualche possibile spiegazione degli altri risultati che l'ISTAT dà. Forse l'ACE aveva favorito di più le imprese di minore dimensione?
  Peraltro, in un certo senso, questa misura di riduzione del tasso nozionale non fa altro che allineare il vantaggio alle condizioni di mercato. Forse è possibile che le imprese di minore dimensione mostrino nei propri bilanci un valore degli ammortamenti inferiore, tale per cui quando si introduce il superammortamento l'agevolazione diventa inferiore, in parte perché magari fanno meno investimenti e in parte perché c'è una parte di ammortamento, quindi di imponibile fiscale, che sfugge alle imprese di dimensioni molto piccole.
  Mi chiedo se avete fatto una riflessione o avete qualcosa da dirci a proposito di queste misure rispetto alla dimensione d'impresa o all'impresa più o meno strutturata.

  FRANCESCO CARIELLO. Vorrei tornare sul tema posto dal collega Galli nel suo intervento riguardo agli investimenti. L'ISTAT stamattina ha posto una questione centrale, quindi vorrei proporre la stessa riflessione anche a Banca d'Italia, ovvero se la visione che ha appena descritto il collega Galli, che ci viene anche da una valutazione di un modello statistico da parte dell'ISTAT, possa derivare dal fatto che le piccole imprese hanno difficoltà di accesso al credito.
  Mi chiedo se Banca d'Italia può confermare questo o può darci una visione più dettagliata della motivazione per cui il grande ha più facilità di accesso al credito. Secondo noi questo è il tema fondamentale. Le piccole imprese non investono, quindi non hanno usufruito di quell'ammortamento. Allora, forse il motivo è che non avevano liquidità per poter investire o non è stata aperta loro la strada del credito.
  Inoltre vorrei accennare al tema, trattato anche nella sua relazione, relativo al Pag. 23sostegno alla povertà. Credo si stia facendo riferimento al fatto che il Governo ha fatto quel decreto, ma non ha tenuto in conto tutta la platea di poveri effettivi che ci sono nel nostro Paese. È andato semplicemente a toccare alcune parti della società, senza introdurre una misura universale e globale, come anche da noi auspicato nella ormai famosissima nostra proposta sul reddito di cittadinanza, che però nessuno vuole prendere in considerazione. Ecco, vorremmo capire cosa pensa Banca d'Italia in tal senso.
  Inoltre, lo scorso venerdì ho posto un'interpellanza al Governo sulla questione delle banche popolari e su quanta sfiducia ha determinato il decreto del Governo. Chiedo se, secondo Banca d'Italia, è pensabile, eventualmente, procrastinare il termine perentorio che il decreto del Governo ha posto nella trasformazione delle banche popolari, dal momento che questo sta incidendo tantissimo sui risparmiatori e sta determinando una riduzione sostanziale del risparmio depositato presso quelle banche.
  Ricordiamo, peraltro, che quei soci che hanno comprato delle quote nelle banche popolari non sono dei veri e propri finanziatori, bensì dei risparmiatori che hanno semplicemente tenuto i loro risparmi all'interno di una banca popolare che dovrebbe avere come finalità quella mutualistica. Pertanto, non si aspettavano che queste banche rivelassero queste situazioni così difficili da un punto di vista del bilancio, determinando un deprezzamento consistente. In questo momento il loro «tesoretto» si vede quasi dimezzato in alcuni casi o, non essendoci compratori di quelle quote, si apre una prospettiva molto incerta che li porta a una completa sfiducia nel sistema.
  Di conseguenza, avendo la possibilità di dialogare per porre la questione nella sessione di bilancio, vorremmo comprendere l'opinione di Banca d'Italia. Grazie.

  CARLO DELL'ARINGA. Grazie, presidente. Ringrazio anch'io il dottor Signorini per la relazione della Banca d'Italia, come al solito molto puntuale e propositiva. Come diceva il collega Galli, non mancano i caveat, come su questo punto appena citato del contrasto alla povertà. Certamente, la sollecitazione da condividere è di inserire progressivamente queste misure e questi interventi in un disegno organico per il quale, peraltro, si stanno già facendo iniziative in prospettiva.
  Sul punto della previdenza vorrei chiedere, nel caso siano state fatte o si intendano fare delle riflessioni nell'ambito della Banca d'Italia, se ci può dire qualcosa su alcuni aspetti su cui verte la discussione in queste settimane e su alcuni dubbi che sono nati.
  Un primo punto è sulla sostenibilità e l'equilibrio finanziario del sistema pensionistico, avviato dalla decisione di introdurre il sistema contributivo e dal suo progressivo ampliamento. Il dubbio riguarda, appunto, l'Ape sociale. Come è stato rilevato da qualcuno, in prospettiva questo istituto potrebbe collidere con quella elevata sostenibilità, senza tuttavia metterla in crisi.
  Nel caso ci sia qualche riflessione a proposito, abbiamo un altro dubbio, ovvero se questa flessibilità sia in grado di garantire un elevato ricambio intergenerazionale, perché si sollevano dubbi che le competenze acquisite che vanno in pensione siano sostituibili da quelle dei giovani e su come fare nel caso ci fossero problemi.
  Infine, un altro elemento di discussione è sul carattere ibrido di questi interventi. Come ha accennato giustamente, c'è una componente assistenziale, anche perché leggo quello che è scritto nella relazione, ovvero che l'ammontare della quattordicesima non è connesso in modo stringente al montante dei contributi versati durante gli anni di lavoro.
  Visto che in altre audizioni abbiamo sentito esattamente il contrario, cioè che questo nesso è fortissimo, non è chiaro quello che è stato detto. Qui abbiamo un parere diverso, quindi mi chiedo se questo alla fine implichi che, se si ha questa componente assistenziale, la condizionalità sia più forte alla prova dei mezzi di quanto non sia contenuto nel disegno.

  FERDINANDO ALBERTI. La mia domanda riguarda le detrazioni fiscali per quanto concerne le ristrutturazioni edilizie Pag. 24e la riqualificazione antisismica. Come avrete notato, c'è una piccola incongruenza per quanto riguarda le detrazioni perché per quelle che chiamiamo «ecobonus», in merito alla cessione del credito, non c'è l'esclusione degli istituti di credito, mentre per la detrazione per il «sisma bonus» si esclude in modo chiaro la cessione presso istituti di credito e intermediari finanziari.
  Ora, sicuramente sarà una svista, ma vorrei un vostro parere in merito perché siamo convinti che il Governo non abbia la volontà di cedere questo credito alle banche, anche se non ne abbiamo ancora capito del tutto il motivo. È stato detto in diverse occasioni che questo costituisce nuovo debito. Approfitto, quindi, di avere qui Banca d'Italia per chiedervi se riuscite a spiegarci in che modo questo costituisce nuovo debito. Perché la cessione di una detrazione fiscale a un istituto di credito costituisce nuovo debito, quando la detrazione stessa è già stata coperta?
  Inoltre, approfitto ancora della presenza di Banca d'Italia per fare un'ulteriore domanda. Sappiamo che nel momento in cui c'è una detrazione fiscale può capitare che il contribuente possa diventare a un certo punto incapiente. La detrazione è sull'IRPEF, quindi nel momento in cui si perde il lavoro o si hanno altre detrazioni, per cui non si ha abbastanza IRPEF, quella detrazione non potrà essere più goduta perché si diventa incapiente.
  Ho presentato un question-time in Commissione in cui chiedevo al Governo quanti fossero gli incapienti in merito alle detrazioni fiscali al 50 per cento e al 65 per cento. Il Governo ci ha risposto che non lo sa. Questa è una risposta abbastanza ridicola, per cui vorrei un vostro commento in merito.
  Infatti, basta semplicemente vedere i bonifici che vengono fatti per le detrazioni fiscali da chi fa ristrutturazioni, che sono tutti tracciati e devono portare una dicitura specifica, per vedere l'ammontare, fare il totale e applicare la detrazione del 50 e del 65 per cento. A quel punto, bisogna vedere quanto è stato erogato e quanto avrebbero dovuto erogare. Facendo la differenza, sappiamo effettivamente quanto è il peso dell'incapienza.
  Abbiamo chiesto quanti erano gli incapienti per calcolare quanto incide effettivamente, cioè quanto ci guadagna lo Stato, sul fatto che un contribuente diventi incapiente. Se quella percentuale è bassissima, a quel punto possiamo fare tranquillamente la cessione alla banca, quindi istituire appunto lo strumento della cedibilità alle banche, e andare eventualmente a coprire con un piccolo importo.
  Se, invece, l'importo è considerevole, vuol dire che lo Stato lucra sulla detrazione fiscale perché si aspetta che una gran parte di queste persone non potrà godere della detrazione, per cui metterà a bilancio sempre meno soldi di quelli che aveva previsto.
  Ora, questa è una conclusione a cui arriviamo noi perché non c'è stata data una risposta. Le chiedo, allora, di darci delle informazioni, visto che il Governo non ce le ha date, sul peso effettivo di questi incapienti. Immagino che sarà una percentuale piccolissima, quindi non vedo perché non si possa fare la cessione alle banche con una piccola copertura, a meno che non ci sia un altro problema di copertura.
  Torno così alla prima domanda che abbiamo fatto, ovvero se potete spiegarci in cosa consiste questo maggior debito quando viene fatta una cessione di una detrazione fiscale a un istituto di credito. Grazie.

  PAOLO GUERRIERI PALEOTTI. Ringrazio anch'io il vicedirettore Signorini. Vorrei fare due domande. La prima è sul tema dell'inflazione. Vorrei avere una vostra valutazione perché più di recente c'è stata, come sappiamo, una lieve ripresa, tanto che ci sono stati dei rialzi dei rendimenti obbligazionari che sono stati collegati, appunto, a questa ripresa dell'inflazione. C'è addirittura chi sta già prospettando una chiusura anticipata della fase del QE, in nome del fatto che ormai la missione sarebbe stata compiuta.
  Vorrei, quindi, sapere quali sono le vostre valutazioni sull'andamento dell'inflazione, soprattutto su quella che si chiama l'inflazione «di fondo», che è quella sulla quale si concentra l'attenzione. Questo, in prospettiva, è molto importante per l'economia Pag. 25 italiana, anche per quanto riguarda lo scenario 2017.
  La seconda domanda riguarda questa prospettiva triennale. Noi abbiamo approvato una modifica radicale dell'assetto della contabilità di bilancio. Nel chiedere la possibilità al Parlamento di spostare a un anno successivo l'aggiustamento del saldo di bilancio, quindi del pareggio, una motivazione forte è stata che questo inasprimento nel 2017 è temporaneo perché nel 2018 e nel 2019, da 40 miliardi di disavanzo, si passa a 20 e poi addirittura a 4, quindi a un sostanziale pareggio.
  Ebbene, da quello che scrivete la gran parte di questo riassorbimento di 20 miliardi nel 2018 e di 16 nel 2019 si deve alle clausole di salvaguardia. Ancora una volta, siamo, dunque, in un contesto dove si ipotizza un aggiustamento, ma non si precisano quali siano le misure che verranno varate perché voi scrivete che se si vorrà evitare l'attivazione bisognerà reperire risorse alternative.
  Ecco, questa valutazione fa pensare che non è cambiato molto nello scenario di cui stiamo discutendo dallo scorso anno a questo. Ancora una volta ci troviamo di fronte a un aggiustamento in larga parte tutto da scrivere in quanto a misure da varare e approvare.

  ROCCO PALESE. Grazie, presidente. Ringrazio il vicedirettore generale della Banca d'Italia, che è già venuto da noi di recente, per averci illustrato puntualmente le analisi e le considerazioni di Banca d'Italia in riferimento alla manovra, anno per anno.
  La manovra è condizionata da fattori endogeni, ma per la stragrande maggioranza esogeni. Sta di fatto che i vari tentativi che sono stati fatti negli anni, in diverse direzioni, portano al risultato che non si cresce o comunque quel poco che si cresce è meno rispetto alla media dell'area euro.
  Detto questo, penso che sia opportuno chiedere al dottor Signorini una valutazione rispetto a una decisione che, come Commissione, siamo stati costretti formalmente a prendere, anche se con grande difficoltà.
  Noi ci teniamo, come Paese, ad avere un sistema del credito stabile, credibile e in buone condizioni. Purtroppo, però, non è così perché sappiamo bene come stanno le cose. Tuttavia, ancora di più, in via prioritaria ed esclusiva, ci preme fare il possibile, come Parlamento, per le nostre competenze e possibilità, per la tutela dei risparmiatori.
  Ci ha creato preoccupazione e grande difficoltà, anche davanti a una serie enorme di provvedimenti che il Governo ha fatto rispetto alla situazione delle banche (non li cito, ma ce ne sono stati tanti negli ultimi due anni), il fatto che siamo stati costretti formalmente a tirar fuori dalla stabilità una norma che riguardava il fondo di risoluzione.
  Al di là del fatto che sarebbe stato auspicabile, nonostante le difficoltà che ciò comporta e che a noi non sfuggono, tirar fuori un provvedimento di sistema rispetto alla situazione delle banche e del credito, siamo preoccupati anche rispetto allo stralcio che c'è stato. Per la forma non vogliamo aggravare la situazione dei risparmiatori e di ciò che è rimasto di queste banche, per cui vorremmo conoscere le sue considerazioni in merito.
  L'altro elemento – ne faceva cenno in maniera molto opportuna e con eguale preoccupazione il collega Cariello – riguarda la situazione delle banche popolari.
  Anche su questo si è fatta una riforma che è stata sbandierata in tutti i modi. Non escludo neanche la buona fede negli obiettivi da parte del Governo, ma a due anni di distanza vediamo che tutto quello che si era detto in merito a quegli obiettivi non esiste. Dovevano attrarre investimenti esteri, ma non ce ne sono. Da quello che risulta a noi, sono inesistenti in riferimento alle banche popolari. Si è detto «meno banche, più credito», ma ciò dove sta?
  Noi abbiamo problemi seri, giacché si fanno spesso riforme che non funzionano, dopodiché le vittime, guarda caso, risultano essere sempre i risparmiatori, come nel caso delle popolari. Vogliamo individuare tutti i percorsi e i processi, ma a noi in questa sede interessa che questa riforma non funziona. Pag. 26
  Nelle relazioni tecniche, di presentazione e così via si dice che dovrebbe comportare a, b e c, ma non ha comportato nulla. Sarà stato pure per situazioni esterne, internazionali e così via, ma di fatto non ha comportato nulla, quindi bisogna correre ai ripari. Non possiamo cedere all'inerzia solo perché è stato detto questo per poi, alla fine, dare mazzate in testa a non finire ai poveri risparmiatori.
  Ora, mi sorge un dubbio. Forse noi inesperti abbiamo più cognizione di questi pericoli e di queste situazioni rispetto a chi dovrebbe averne? Se la norma non funziona, dobbiamo cercare di correre ai ripari per tutelare i risparmiatori. C'è il fallimento e lo sfascio delle banche. Penso a MPS, su cui ci sarebbe da scrivere ben più dei 50 libri di Sindona; ne uscirebbe anche peggio, ma lasciamo alla storia quello che sarà.
  Il problema vero è che, pur di non dire che qualcosa era sbagliato, ci troviamo di fronte all'orizzonte della penalizzazione di azionisti, degli obbligazionisti, dei risparmiatori e quant'altro, che sono dei poveretti che nulla hanno a che vedere con queste situazioni.
  Anche in questo senso, vorremmo avere la sua valutazione. Non sarebbe il caso prudentemente, anche se non in maniera definitiva, di cercare di intervenire e di salvare il salvabile?

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, lascio la parola al dottor Signorini per la replica.

  LUIGI FEDERICO SIGNORINI, vicedirettore generale della Banca d'Italia. Grazie, presidente. Sono stati sollevati tanti argomenti, alcuni dei quali esulano dall'argomento specifico di questa audizione e non avrò il tempo che di rispondere in pochissime battute.
  Comincio dalla domanda dell'onorevole Galli e dell'onorevole Cariello, una domanda difficile perché fa riferimento a uno studio dell'ISTAT che esamina determinati effetti. Sono in difficoltà a rispondere sui presupposti analitici di una cosa che non ho visto, che non conosco e dovrei studiare, ma sicuramente mi farà piacere tornarci in un'altra occasione.
  Innanzitutto questa misura in cui l'ACE si riduce probabilmente va a incidere di più sulle imprese che dell'ACE si erano servite di più, e questo tende ad essere la quota di capitale proprio, quindi la capacità fiscale delle imprese di servirsi dell'ACE tende a crescere piuttosto che a decrescere con le dimensioni.
  Certo, c'è anche un problema di investimenti e da questo punto di vista bisogna vedere dove vanno a incidere i provvedimenti a favore degli investimenti, però fatemi dire due cose su questo. La prima è che nel guardare i provvedimenti sugli investimenti, in particolare quelli innovativi che sono stati presentati in questo disegno di legge di bilancio, non è facile fare delle stime basate sui comportamenti passati, perché questi provvedimenti sono tesi a modificare i comportamenti in futuro.
  Sono comunque preferibili i provvedimenti che hanno natura il più possibile generale, automatica, che non comportano complesse procedure autorizzative, dispendio di risorse da parte sia dell'amministrazione, sia dei privati che se ne avvalgono, eccesso di discrezionalità. In realtà, la tendenza negli ultimi anni (credo una tendenza da salutare positivamente) è stata quella in direzione di provvedimenti più simili a queste caratteristiche ideali che di solito dipingiamo, cioè provvedimenti di carattere automatico.
  Vorrei aggiungere a questo che, se la cosa è a nostro avviso giusta in generale, sicuramente è più giusta per le imprese più piccole, perché le imprese più grandi nei confronti di complessi provvedimenti di incentivazione che richiedono piani, dettagli, interazioni anche costose con l'amministrazione pubblica, sono più attrezzate: quanto più la detrazione è semplice, si leva dall'imponibile fiscale o comunque ha un meccanismo automatico di erogazione, tanto meglio è, in particolare per le imprese più piccole.
  Sul sostegno alla povertà quello che credevo di dover dire l'ho detto nel testo che ho letto e che vi è stato distribuito. Noi vediamo con favore la presa in considerazione Pag. 27 (del resto queste sono scelte discrezionali di carattere politico) di destinare risorse a situazioni di bisogno, quello che noi suggeriamo nel lungo periodo, e ci sono anche iniziative parlamentari in corso che credo possano essere sfruttate a questo fine, è di rendere l'intervento nel campo della protezione sociale il più organico e sistematico possibile.
  Per fare un esempio molto semplice, se noi abbiamo per le famiglie con figli due tipi di provvedimenti diversi, quello di cui oggi discutiamo e il Bonus bebé che rimane, è bene che siano coordinati, per evitare sovrapposizioni e aree scoperte, quindi quanto più la riflessione può essere organica, tanto meglio è.
  Sulla questione delle banche popolari non mi posso soffermare in questa sede, ma credo che la Banca d'Italia abbia espresso la sua posizione in moltissime occasioni e rinvio a quello che ha detto il Governatore e abbiamo detto in altre occasioni. Le banche popolari, in particolare quelle di maggiore dimensione, in cui era meno netto il legame diretto con un territorio limitato, quindi la radice locale delle forme di mutualità, erano quelle per cui si sentiva di più il bisogno di una riforma, che sta incominciando a essere attuata e che ci auguriamo darà nel tempo i suoi effetti.
  L'onorevole Dell'Aringa fa riferimento a discussioni su vari aspetti, e anche qui rimanderei al testo per quanto riguarda in particolare i provvedimenti di carattere pensionistico e/o assistenziale o di natura ibrida. Sulla sostenibilità noi riteniamo che l'Ape cosiddetto «di mercato» sia perfettamente inserito nello schema delle riforme pensionistiche e su questo quindi non c'è altro da dire.
  Sugli altri aspetti, che sono più ibridi, di nuovo l'importante è che, anche al fine di consentire all'opinione pubblica di discutere e al Parlamento di decidere sulle risorse da destinare a questo o a quel fine sociale meritevole di protezione secondo le decisioni che si prendono, specie nella prospettiva di avere strumenti universalistici di protezione sociale, è opportuno avere una discussione il più possibile organica.
  La questione della cessione di credito è una questione molto tecnica, che riguarda le regole contabili europee, le regole contabili Eurostat, in cui il debito delle amministrazioni pubbliche è considerato in modo diverso a seconda della forma che esso assume. Si tratta però di una questione molto tecnica, in particolare per quella potenziale svista a cui l'onorevole Alberti faceva riferimento non sarei in grado di dare una risposta puntuale, precisa, e semmai lo possiamo fare per iscritto.
  L'onorevole Alberti poneva anche un problema molto importante che è quello dell'incapienza, purtroppo non credo sia così semplice stimare l'incapienza sulla base della somma dei bonifici fiscali come l'onorevole Alberti suggeriva, perché è presumibile che chi fa il bonifico fiscale lo faccia nella prospettiva di non essere incapiente, quindi tendo a pensare che facendo un simile calcolo avremmo una stima molto piccola del risultato.
  Credo che la questione dell'incapienza debba essere considerata in modo specifico e con studi specifici e analitici, eventualmente settore per settore. In particolare, per quanto riguarda i provvedimenti relativi alla messa in sicurezza sismica, penso che sia utile che questi aspetti vengano considerati, anche se i provvedimenti fanno comunque una lunga strada in direzione dell'incentivazione di provvedimenti di messa in sicurezza, ma, come dicevo, vi si possono affiancare altri provvedimenti e anche i provvedimenti fiscali possono essere in futuro ulteriormente affinati.
  Sull'inflazione siamo di nuovo su argomenti lontani dallo specifico argomento di oggi, però, siccome il senatore Guerrieri evidenziava l'ipotesi di un'anticipata chiusura del QE, francamente no, credo che questo sia stato espresso in maniera estremamente chiara dal Presidente della Banca centrale europea, quindi questa prospettiva non c'è. Il problema semmai in questo momento è in che misura, in che forma, quanto, per quanto tempo andare oltre i termini inizialmente dati, però questo è un argomento sul quale si potrebbe fare una discussione assai più lunga, che oggi non c'è la possibilità di fare. Pag. 28
  Su alcuni altri argomenti di carattere generale non potrei che rimandare a eventuali discussioni specifiche.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Signorini.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA 5a COMMISSIONE
DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
GIORGIO TONINI

Audizione di rappresentanti della Corte dei conti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti della Corte dei conti.
  Do ora la parola al presidente della Corte dei conti, Arturo Martucci di Scarfizzi.

  ARTURO MARTUCCI DI SCARFIZZI, presidente della Corte dei conti. Grazie, presidente. Naturalmente questa è una relazione che è stata preceduta dalle Sezioni riunite della Corte presiedute dal presidente Buscema nella seduta del 4 novembre. Mi accingo quindi alla lettura di quanto è stato deliberato con l'avvertenza, se può essere utile, che posso saltare le parti in nota o eccessivamente tecniche (percentuali e altre), salvo poi riprenderle nel momento delle domande, ove fosse necessario.
  Con il disegno di legge di bilancio per il 2017 trovano una prima applicazione le tre riforme dell'ordinamento contabile, intervenuto nel 2016 in attuazione sia dell'articolo 15 della legge n. 243 del 2012, la legge rinforzata, sia delle deleghe previste dalla legge di contabilità n. 196 del 2009.
  La conseguenza è una rivisitazione profonda della struttura sui cui cala la decisione di bilancio, in particolar modo per la Sezione II e relativo disegno di legge, nonché del connesso apparato documentativo.
  Lo sforzo prodotto dal Governo è notevole, anche considerando sia il breve lasso di tempo per l'implementazione delle citate novelle normative, sia lo stesso carattere sperimentale di alcuni istituti come l'unità elementare del bilancio, costituita dall'azione, all'interno di una ristrutturazione complessiva contrassegnata da rilevanti novità, tra cui per esempio la corrispondenza tra centro di responsabilità e programma.
  Si tratta di temi su cui la Corte ha già peraltro avuto modo di esprimersi in varie audizioni. Nel nuovo quadro normativo ha trovato accoglimento la richiesta, avanzata anche dalla Corte, di rendere più dettagliate e analitiche le informazioni contenute nella Relazione tecnica che accompagna il disegno di legge di bilancio, ma sul punto i documenti oggi all'esame presentano ancora qualche limite.
  Superata la fase di avvio, è da auspicare che si possa contare su un quadro informativo più approfondito, anche per consentire una costante opera di monitoraggio e un efficace controllo successivo, quale l'ordinamento affida alla Corte dei conti.
  In occasione della Nota di aggiornamento del DEF, la Corte ha avuto modo di sottolineare come il nuovo quadro programmatico presentato dal Governo, pur confermando la volontà di proseguire il riequilibrio strutturale dei conti pubblici, procrastinasse il percorso delle adesioni alle prescrizioni comunitarie.
  Il documento approvato dalle Camere lo scorso 12 ottobre non presentava ancora infatti i miglioramenti dei saldi strutturali richiesti dalla Commissione al momento dell'esame del DEF, e inoltre alla previsione di interventi straordinari a sostegno della messa in sicurezza del territorio veniva associato un effetto neutrale sui saldi, in ragione del carattere temporale degli interventi stessi. La Corte osservava come in ogni caso l'estensione del disavanzo avrebbe inciso sulla dinamica del debito, allungando i tempi per il rientro, anche sotto questo profilo nei limiti richiesti dalle regole europee. Pag. 29
  Il disegno di legge di bilancio, che dà attuazione alla programmazione economico-finanziaria esposta nella Nota di aggiornamento del DEF, conferma l'orizzonte pluriennale per le spese di messa in sicurezza degli edifici e al contempo il ruolo delle misure di entrate a carattere temporaneo, che hanno portato a prefigurare nel Documento programmatico di bilancio (DPB) un peggioramento nel 2017 di circa 7 miliardi del saldo strutturale, dall'1,2 all'1,6 per cento, un dato su cui si è concentrata la dialettica con la Commissione europea.
  In un contesto macroeconomico che continua a essere connotato da elementi di incertezza, interni e internazionali, lo scorso 15 ottobre il Governo ha trasmesso alla Commissione europea il DPB, con il quale ha delineato, sulla scorta della Nota di aggiornamento del DEF, il quadro macrocontabile entro cui si iscrive il disegno di legge di bilancio oggetto della presente audizione. Il DPB conferma in larga misura l'impianto macroeconomico della Nota.
  Prospetta infatti una crescita del PIL che, grazie anche agli stimoli delle politiche di bilancio, è quantificata all'1 per cento nel 2017 e intorno all'1,2 per cento nella media del successivo biennio; conferma un graduale miglioramento del mercato del lavoro soprattutto in termini di riduzione del tasso di occupazione; delinea una ripresa del ritmo di crescita dell'inflazione grazie al recupero della domanda interna e nonostante la disattivazione per il prossimo anno delle clausole di salvaguardia relative all'aumento dell'IVA; rivede leggermente al rialzo il valore nominale del prodotto interno lordo nel 2017-2018 in conseguenza di un più dinamico prezzo implicito, indotto da più favorevoli ragioni di scambio.
  Per quanto riguarda i principali saldi della finanza pubblica, il Documento di programmazione sconta la scelta del Governo di esercitare nella misura di tre decimi l'opzione per la quale aveva richiesto e ottenuto dal Parlamento, il 12 ottobre scorso, l'autorizzazione a innalzare fino a un massimo di quattro decimi di PIL il rapporto indebitamento/PIL. Ciò al fine di poter gestire al meglio le emergenze legate agli eventi sismici e ai migranti.
  Di conseguenza, l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche viene ora riprogrammato per il 2017 al 2,3 per cento del PIL (nel preconsuntivo era di 2,4), per poi sostanzialmente azzerarsi nel 2019. L'avanzo primario passa da un preconsuntivo 2016 dell'1,5 per cento all'1,4 per cento, invece che all'1,7 indicato nella Nota, e si rafforza negli anni a venire.
  Il rapporto debito/PIL, stimato precedentemente al 132,5 per cento nel 2017, sale ora al 132,6 in conseguenza del maggior deficit, ma scende fino al 126,7 per cento nel 2019.
  L'elemento di maggiore novità offerto dal Documento di programmazione non sembra stare tanto nella revisione dei saldi nominali quanto di quelli strutturali, aggiustati per gli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum o non permanenti.
  Mentre infatti nella Nota di inizio ottobre si prefigurava la possibilità di avere per il 2017 una sensibile riduzione su base annua del deficit nominale e la stabilizzazione di quello strutturale su un livello di 1,2 per cento, ora, alla luce della effettiva composizione della manovra, si prevede una sostanziale stabilizzazione del deficit nominale e al contempo un peggioramento del saldo strutturale per quattro decimi di prodotto.
  Il fatto che, rispetto a quanto prefigurato dalla Nota, le variazioni del deficit strutturale siano più pronunciate di quelle del deficit nominale, è da ricondurre alla composizione complessiva della manovra nei termini che di seguito sono meglio esposti.
  Con riguardo al debito la Corte, in sede di esame della Nota, aveva potuto osservare come non vi fosse in quel documento alcun riferimento alle implicazioni del deficit aggiuntivo né alla sua dinamica rispetto alla regola europea. Il Documento di programmazione affronta il punto e prospetta per il 2017 una revisione al rialzo del rapporto debito/PIL di un solo decimo di punto rispetto alla Nota, scontando da un lato il rialzo del valore del PIL nominale pari a 1,7 miliardi, dall'altro una riduzione dei fattori che fanno variare il debito, al là Pag. 30dell'impulso esercitato su di esso dal nuovo deficit.
  Quanto all'aderenza alla regola del debito, la Corte in sede di audizione della Nota, nel sottolineare la scelta del Governo di posticiparne il rispetto fino al 2017-2018, e con riferimento all'approccio forward looking, cioè riguardo al 2020, aveva osservato come, una volta considerato il deficit aggiuntivo, i margini per un suo rispetto anche ritardato, cioè nel 2018, fossero relativamente stretti. Questa valutazione richiama, in linea con quel percorso di aggiustamento programmatico strutturale, l'esigenza di un'attenta vigilanza. Questo del monitoraggio lo ritroveremo spesso in seguito, perché è un po’ il filo rosso che lega tutta la manovra, che è complessa e avrebbe bisogno sempre di un continuo monitoraggio.
  La manovra proposta dal Governo con il disegno di legge di bilancio e con il decreto-legge n. 193 del 2016 raggiunge i 29 miliardi nel prossimo anno, i 22 miliardi nel 2018 e i 24,6 miliardi nel 2019. Nel 2017 la riduzione delle entrate rappresenta oltre il 57 per cento della manovra, soprattutto per il peso delle risorse necessarie per l'abolizione della clausola IVA.
  A maggiori spese correnti (poco meno di 10 miliardi) va il 34 per cento delle risorse complessive. Al netto degli importi relativi alla clausola, la dimensione degli interventi flette a circa 14 miliardi e la composizione muta significativamente. Il peso delle minori entrate è del 9,4 per cento, mentre le maggiori spese correnti assorbono oltre il 72 per cento dell'intervento complessivo.
  Nel 2018 e nel 2019 la dimensione degli interventi passa da 22,4 a 24,5 miliardi e la composizione si presenta più equilibrata: le minori entrate costituiscono poco più del 30 per cento, a fronte di una spesa corrente che si mantiene in valore assoluto sui livelli iniziali, mentre quella in conto capitale cresce oltre i 7 miliardi nel 2019.
  Nel 2017 la copertura della manovra è assicurata, per pressoché un pari importo, da maggiori entrate e dalla variazione in aumento dell'indebitamento e la riduzione di precedenti voci di spesa contribuisce per poco meno del 18 per cento. Nel 2018, l'aumento delle entrate consente una flessione dell'indebitamento e, nel 2019, la riduzione delle spese assicura oltre il 35 per cento della manovra complessiva.
  Le misure sulle entrate comportano, dunque, una riduzione netta di gettito per poco più di 4,7 miliardi nel 2017, mentre nel biennio successivo la variazione netta è in aumento rispettivamente di 3,7 e 4,9 miliardi. Le spese presentano un incremento netto di circa 7 miliardi nel 2017 e nel biennio successivo l'aumento è maggiore, con poco meno di 11 miliardi nel 2018 e 8 miliardi nel 2019, soprattutto per l'aumento più contenuto della spesa in conto capitale.
  Prima di passare a un esame delle principali aree di intervento e delle relative coperture può essere utile un sia pur rapido accenno alla composizione degli impieghi per macro obiettivi. Nel 2017, le risorse destinate all'eliminazione degli aumenti previsti di IVA e accise rappresentano quasi il 53 per cento delle risorse mobilitate. Al netto della clausola su IVA, pensioni, enti territoriali, pubblico impiego, istruzione e sanità, queste assorbono nel 2017 oltre il 50 per cento delle risorse. In tale anno, agli interventi per le pensioni è riservata la quota maggiore. Di particolare rilievo sono, nel 2017, le risorse destinate agli enti territoriali, cui si aggiungono quelle dirette al settore della sanità e dell'assistenza. Al pubblico impiego sono riservati i fondi per 1,6 miliardi nel 2017, che salgono a 1,9 miliardi nel biennio successivo. A un variegato insieme di interventi a favore dell'istruzione, soprattutto universitaria, nonché al personale, vanno 1,1 miliardi nel 2017, che crescono a 1,4 miliardi nel 2019. Nel biennio successivo, assumono infine maggiore rilievo le misure soprattutto di carattere fiscale dirette al sostegno della crescita e alla promozione di investimenti nell'amministrazione pubblica.
  La copertura della manovra è assicurata, per quanto riguarda le spese, dalla riduzione degli importi destinati alla sanità e dalla razionalizzazione delle spese previste per le amministrazioni centrali. A tali principali interventi si aggiungono le misure di riduzione disposte su numerosi Pag. 31fondi, tra cui quello per le esigenze indifferibili. La rilevanza di tali somme in termini di copertura dipende naturalmente dall'effettiva spendibilità ad esse attribuite in termini di contabilità economica nazionale. Di particolare rilievo, nel 2019, è l'apporto delle riprogrammazioni di spese in conto capitale, che è riconducibile essenzialmente a due voci: i trasferimenti alle Ferrovie dello Stato e le somme destinate al Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie.
  Dal lato delle entrate, alla copertura del disegno di legge di bilancio contribuiscono le risorse derivanti dalle misure di contrasto all'evasione fiscale, disposte con il decreto-legge n. 193 del 2016. Si tratta di oltre 4,2 miliardi nel 2017 e nel 2018 nonché di 3,3 miliardi nel 2019. Di rilievo sono poi gli importi attesi dalla revisione del regime agevolativo.
  Un apporto particolare, per oltre il 30 per cento delle maggiori entrate, è quello derivante dalle misure una tantum, quali la voluntary disclosure e l'asta per i diritti d'uso delle frequenze a banda larga, rispettivamente di 1,6 e 2,1 miliardi nel 2017. Concorre, infine, alla copertura il gettito conseguente alla maggiore crescita economica, attesa nel quadro programmatico, di 350 milioni nel primo anno, che salgono a 2,2 miliardi a fine triennio.
  Possiamo passare, quindi, ai singoli settori. In merito agli interventi sulle entrate, la manovra si caratterizza per le elevate dimensioni e per un'ampia articolazione. La compongono quasi 60 tipologie di misure, distribuite tra il disegno di legge di bilancio e il decreto-legge collegato, in cui gli interventi a sostegno della crescita si accompagnano a disposizioni destinate al contenimento del livello di indebitamento netto. Per il 2017, le risorse movimentate si commisurano a 11,4 miliardi di maggiori entrate, per oltre due quinti riconducibili al decreto, e a 16,5 miliardi di minori entrate, interamente ascrivibili all'articolato del disegno di legge di bilancio. L'effetto netto è quello di un aumento dell'indebitamento di poco superiore a 5 miliardi.
  Nell'insieme del triennio 2017-2019, l'impatto sull'indebitamento sarebbe, invece, migliorativo per poco meno di 2 miliardi. Da un lato, infatti, nel più ampio arco temporale, risulterebbero sostanzialmente dimezzati gli effetti di minor gettito riconducibili al disegno di legge di bilancio e, dall'altro, continuerebbero a manifestarsi, in misura pressoché immutata, i positivi effetti delle entrate, generati sia dal decreto-legge n. 193 del 2016 sia dall'articolato del disegno di legge.
  Come si desume dal dettaglio degli interventi, la platea dei contribuenti interessata è molto ampia. Misure incentivanti coinvolgono sia sul versante dell'offerta, attraverso sgravi contributivi, riduzione di aliquota, abbattimenti d'imponibile e varo di nuovi regimi agevolativi, sia su quello della domanda, sorretta da nuove e più estese forme di detassazione, esoneri contributivi e sterilizzazioni di onerosi prelievi in materia di IVA e accise.
  Le attività imprenditoriali sono destinatarie di numerosi benefici. Misure ad ampio spettro sono dirette ad accelerare nuove iniziative di investimento: super e iper tassi di ammortamento; nuovo regime di tassazione IRI a favore delle imprese individuali; specifiche agevolazioni per start-up, fondi e casse previdenziali. Tali misure si combinano con norme attente alle esigenze di specifiche categorie di operatori: i lavoratori autonomi, gli imprenditori agricoli, gli agenti di commercio, le società che gestiscono fondi di investimento, i coltivatori diretti, il settore della pesca, il settore dei trasporti marittimi e fluviali e il settore del trasporto aereo.
  Sul reddito disponibile delle famiglie, d'altra parte, impattano una serie di altre misure: l'innalzamento della no tax area per i pensionati, che completa il processo di avvicinamento alle detrazioni di imposta fruite dai lavoratori dipendenti; la previsione di agevolazioni sulle tasse universitarie a favore degli studenti indigenti; l'ampliamento della detassazione dei premi di produttività, anche in chiave di rilancio della contrattazione aziendale. Non ultima, poi, è la cancellazione di circa 15 miliardi di aumenti automatici IVA e di 0,2 miliardi di accise, recati dalle due clausole di salvaguardia Pag. 32 introdotte con le leggi di stabilità del 2015 e del 2014.
  Infine, pur conservando natura temporanea, risultano dilatate nella durata e nella dimensione le agevolazioni relative a una serie di spese, quali le ristrutturazioni edilizie e il connesso acquisto di mobili, la riqualificazione energetica e il rafforzamento di misure antisismiche. Queste sono tutte misure tradizionalmente idonee a sostenere la spesa delle famiglie e l'industria delle costruzioni, ma sono anche misure che, nell'architettura della manovra 2017, rispondono anche ad altri due obiettivi: contrastare l'evasione fiscale e contributiva, facendo leva sul cosiddetto «conflitto di interessi», e sollecitare la misura di difesa del suolo in chiave antisismica.
  Gli interventi di copertura adottati sul versante delle entrate si concentrano in larga parte su misure finalizzate al contrasto dell'evasione fiscale e su misure una tantum, di cui troverete le tavole a margine nel documento. È nel decreto-legge che risultano allocati i principali interventi finalizzati al recupero di evasione, sia quelli di portata strutturale, come la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate di fatture e corrispettivi, il potenziamento della riscossione e i nuovi controlli sui depositi fiscali ai fini dell'IVA, che dovrebbero assicurare quasi 1,6 miliardi nel 2017 e ben 8,5 nel triennio 2017-2019, sia quelli con effetti di gettito temporalmente limitati, come la comunicazione trimestrale dei dati contabili riepilogativi delle liquidazioni periodiche dell'IVA e la definizione agevolata dei carichi della riscossione iscritti al ruolo, che sono accreditati di un maggior gettito di 2,7 miliardi nel 2017, che diventano 4,8 nell'arco del triennio 2017-2019. Tuttavia, interventi destinati ad avere significative ricadute sul fronte del recupero di evasione e di crescita della tax compliance si rinvengono anche nell'articolato del disegno di legge di bilancio.
  Alla ricordata detraibilità delle spese di ristrutturazione e riqualificazione degli immobili e alle norme antielusive in materia di depositi doganali sono associate maggiori entrate nell'ordine 1,7 miliardi nel periodo 2017-2019. A essa si aggiungerebbe il maggior gettito atteso dalle entrate una tantum nel 2017, cioè dalla riapertura dei termini della voluntary disclosure, per una cifra di 1,6 miliardi, dal pagamento in via anticipata in unica soluzione dei contributi dovuti dai titolari delle frequenze radio, con oltre 2 miliardi, e dai proventi per la concessione del Superenalotto, con 100 milioni nel biennio 2017-2018.
  Una manovra tanto ampia e articolata richiede alcune considerazioni. Sul piano generale la Corte dei conti ha, in diverse occasioni, richiamato i limiti dei mezzi di copertura affidati al contrasto dell'evasione, che, per loro natura, scontano margini di incertezza e mal si rapportano a maggiori spese o a sgravi fiscali certi, come la Corte dei conti ha avuto modo di sottolineare nel rapporto del 2015 sul coordinamento della finanza pubblica.
  Le nuove modalità di comunicazione dei dati IVA, di trasmissione trimestrale telematica dei dati di tutte le fatture emesse nonché di quelle ricevute e registrate e di comunicazione dei dati contabili riepilogativi delle operazioni di liquidazione dell'imposta e il loro uso da parte dell'Agenzia delle entrate per stimolare il rispetto degli obblighi fiscali potrebbero incidere in modo strutturale sull'azione di contrasto all'evasione. A tale intervento è attribuito un maggior gettito di oltre 9 miliardi, nel triennio 2017-2019. Tuttavia, l'esclusione da tale novità del settore delle vendite al dettaglio non consente di intercettare l'evasione che avviene a valle del processo di produzione e distribuzione di beni e servizi.
  Il contrasto dell'evasione da riscossione assume un ruolo fondamentale ai fini della copertura della manovra. La cosiddetta «rottamazione» delle cartelle esattoriali del quindicennio 2000-2015 dovrebbe assicurare 2,7 miliardi tra il 2017 e il 2019. Si tratta di un risultato che troverebbe il suo volano nelle favorevoli condizioni offerte ai contribuenti morosi, per l'azzeramento delle sanzioni e di interessi moratori, invece sono fatti derivare dall'internalizzazione della funzione di riscossione nell'Agenzia delle entrate e dall'accoglimento delle raccomandazioni dell'OCSE e del Fondo monetario internazionale in ordine all'accesso e all'utilizzo Pag. 33 degli stessi dati disponibili per l'attività di controllo e di accertamento.
  Al riguardo, occorre chiedersi quali saranno le modalità di copertura delle spese di funzionamento della nuova riscossione, fin qui coperta dal sistema di aggi e rimborsi, che tanto peso ha avuto nello scioglimento di Equitalia, così come occorre verificare in quale misura la nuova funzione di riscossione potrà contare sugli adeguati poteri, in linea con le migliori pratiche internazionali, come auspicato dall'OCSE e dal Fondo monetario internazionale, considerato che gli ultimi anni hanno portato a un progressivo ridimensionamento dei poteri assicurati a Equitalia.
  Le clausole di salvaguardia che fanno leva sulle entrate continueranno a esercitare i propri effetti, riproponendo la questione di future sterilizzazioni. Quella che riguarda l'IVA presenta dimensioni crescenti nel 2018 e nel 2019, a seguito della sterilizzazione prefigurata per il 2017 dal disegno di legge di bilancio. A essa si aggiunge l'eventualità di una manovra nel caso in cui la riapertura dei termini per avvalersi della procedura della collaborazione volontaria non consenta la realizzazione integrale del maggior gettito da esso attesa. Le prenotazioni e le anticipazioni di gettito, implicite in diverse misure del disegno di legge di bilancio, come la maggiorazione su ammortamenti, la rendita integrativa, la proroga della rideterminazione del valore di acquisto dei terreni e delle partecipazioni, la rivalutazione dei beni d'impresa e la riapertura dei termini per l'assegnazione di beni ai soci, potrebbero inoltre riflettersi su entrate di pertinenza degli esercizi futuri.
  L'estensione del meccanismo di contrasto all'evasione, basato sul versamento dell'IVA all'erario da parte del cliente (pubblica amministrazione) in luogo del fornitore consente di ridurre i rischi di evasione, ma potrebbe alterare il meccanismo che governa la liquidazione dell'IVA, accelerando i flussi di gettito che affluiscono all'erario e costringendo i contribuenti in credito a ricorrere a compensazioni e rimborsi per recuperare l'eccedenza di imposta vantata.
  In merito agli interventi sulla spesa, come ricordato in precedenza, nella copertura della manovra il ruolo assegnato alla riduzione della spesa è limitato, soprattutto se si guarda al 2017, anno nel quale l'insieme dei tagli previsti è al di sotto del 20 per cento. Va, tuttavia, osservato che il disegno di legge di bilancio affronta tematiche e avanza proposte con riguardo a interventi che, pure in assenza di effetti quantitativi a brevissimo termine, vanno nella direzione della necessaria razionalizzazione della spesa pubblica. Ciò vale soprattutto per le disposizioni in materia di efficientamento della spesa per acquisti che, nel solco già tracciato negli anni precedenti, ripropongono, soprattutto per le amministrazioni centrali dello Stato, l'obbligo di fare ricorso al sistema degli acquisti centralizzati attraverso Consip e, parallelamente, riducono gli spazi di autonomia, ormai circoscritta ai beni e ai servizi che, per le loro caratteristiche intrinseche, non trovano corrispondenza nelle convenzioni Consip.
  Inoltre, la norma fa riferimento alla messa a punto di nuovi strumenti di acquisto centralizzato di beni e correlati servizi, anche mediante modelli organizzativi che prevedono l'acquisizione di beni durevoli e la concessione dell'utilizzo degli stessi da parte delle amministrazioni o dei soggetti pubblici interessati. La disposizione in questione, al momento, ha un carattere meramente esplorativo, dunque è comprensibile la scelta di non proporre, nel disegno di legge di bilancio, alcuna quantificazione dei possibili benefici economici che ne deriveranno, almeno per il 2017. Si tratta, tuttavia, di una via di sperimentazione di nuovi modelli organizzativi nelle procedure di acquisto che appare, in prospettiva, suscettibile di risultati interessanti.
  L'impostazione di fondo delle disposizioni è che un sistema accentrato che miri a rendere più omogenei i prezzi e le procedure di acquisto di beni e servizi corrisponda meglio alla finalità strategica di riacquisire un più stretto controllo della spesa pubblica da parte dello Stato. In termini generali, va, tuttavia, ricordato che il modello fortemente accentrato, incarnato Pag. 34 dal provveditorato generale dello Stato, a causa delle asserite inefficienze, era stato abbandonato tra la fine degli anni Novanta e l'inizio del 2000, in favore di una più diretta gestione degli acquisti da parte delle singole amministrazioni. Va anche tenuto presente che la tendenza a privilegiare le grandi aggregazioni a livello di sistema, sia sotto il profilo della domanda che dell'offerta, potrebbe restringere il ruolo delle piccole e medie imprese fornitrici, per le quali le prospettive di mercato permarrebbero solo in settori di nicchia, individuabili per tipologia merceologica.
  In positivo vi è, tuttavia, da sottolineare che dal nuovo contesto potrebbero derivare effetti di stimolo verso forme di aggregazione e di conseguente crescita dimensionale delle imprese. Infine, il sistema delle convenzioni non sempre si adatta a tutte le amministrazioni, specie se di piccole dimensioni, e non consente di soddisfare le diversificate esigenze. La qualità dei beni e dei servizi è stata spesso criticata e alcune aree merceologiche sembrano quasi monopolizzate da un numero ristretto di fornitori. Sarebbe, quindi, soprattutto necessaria una stima oggettiva dei risparmi effettivi che, con riferimento alle disposizioni già da anni operanti, si sono realizzate sulla spesa delle amministrazioni.
  Passiamo a lavoro e pensioni. Di rilievo sono gli interventi in materia di lavoro e pensioni. Nel triennio 2017-2019 si impegnano risorse per oltre 11 miliardi, che si sostanziano soprattutto in maggiori spese e tendono a consolidarsi nel 2018-2019. In un quadro che contempla misure che vanno dalla detassazione dei premi di produttività ad aiuti, attraverso il contributo a fondi di solidarietà e a processi di riconversione e riqualificazione settoriale, si evidenziano come particolarmente importanti i provvedimenti di carattere più propriamente previdenziale, i quali coinvolgono risorse finanziarie che, sempre nel triennio, assommano ad oltre 10 miliardi.
  Riguardo alla manovra previdenziale, occorre preliminarmente ricordare che, tra il 2011 e il 2015, le rendite da pensione sono aumentate del 6 per cento, quindi molto più dei redditi da lavoro dipendente del settore privato e in chiara controtendenza rispetto ai redditi dei lavoratori pubblici, ridottisi del 4,8 per cento. Più in generale, con riferimento al conto del reddito disponibile delle famiglie italiane, la quota delle prestazioni sociali è salita dal 30 al 33 per cento, a fronte di un non soddisfacente andamento della massa reddituale, che ha risentito non solo della stagnazione delle retribuzioni unitarie dei lavoratori attivi, ma anche del calo dell'occupazione.
  Rispetto a tali andamenti, il disegno di legge di bilancio interviene in modo articolato sulla normativa previdenziale, rispondendo a vari e diversi obiettivi. Vengono apportati ulteriori correttivi alla riforma Fornero e si adeguano livelli di trattamento considerati troppo bassi. Inoltre, vengono rivisti alcuni meccanismi che regolano le gestioni separate, sia modificando le aliquote contributive per i lavori autonomi, sia eliminando gli ostacoli al cumulo dei contributi versati ad enti previdenziali diversi. Si tratta di misure che riconoscono il permanere in campo previdenziale di complessità, che non si esauriscono nelle pur prioritarie esigenze di sostenibilità di lungo periodo, ma che si ricollegano ad almeno altri due principi, cui deve corrispondere un buon sistema pensionistico: quello dell'adeguatezza delle prestazioni erogate e quello della neutralità rispetto al funzionamento del mercato del lavoro.
  Del fatto che si sia voluto rispondere a queste complessità si ha immediata contezza osservando la composizione della manovra, che pone al primo posto, per risorse impegnate, l'aumento della quattordicesima mensilità, riconosciuta ai trattamenti più bassi. La misura, che è essenzialmente destinata a percettori di pensione calcolati col metodo retributivo, comporta 800 milioni annui di maggiore spesa e costituisce oltre un quarto dell'intera manovra previdenziale, anche a seguito della decisione di estendere l'accesso alla quattordicesima per i trattamenti fino a due volte il minimo, comportando il coinvolgimento di 1.250.000 nuovi soggetti. Nella stessa direzione va la decisione di ampliare la detrazione spettante per i redditi da pensione, la cui Pag. 35dimensione viene inoltre unificata, laddove in precedenza era riconosciuta in misura maggiore ai soggetti con più di 75 anni di età. Il costo a carico del bilancio dello Stato per questa misura è pari, a regime, a poco meno di 250 milioni di euro.
  Questi interventi sono evidentemente motivati dalla volontà di assicurare un trattamento economico dignitoso a un numero quanto più ampio possibile di persone. In tal modo, si affida alla politica previdenziale una funzione più ispirata a equità sociale che a criteri di equivalenza attuariale che improntano il sistema pensionistico propriamente detto.
  Rientrano ugualmente in un principio di tutela sociale i provvedimenti miranti a facilitare l'accesso alla pensione per i lavoratori precoci e per chi svolge mansioni usuranti. Le due misure comportano un aumento di spesa che sale da 440 milioni nel 2017 a 700 milioni nel 2019. Di significato diverso è il provvedimento sull'anticipo pensionistico, il cosiddetto «APE», che si propone di ridurre il grado di rigidità della normativa introdotta con la riforma Fornero. In realtà, nella sua costruzione generale, l'APE pone limitati oneri a carico della finanza pubblica. Quello che viene proposto è, infatti, un meccanismo che consente di fruire di un anticipo pensionistico temporaneo sotto forma di prestito bancario, che verrà restituito allo stesso percettore, una volta maturati i requisiti ordinari per l'uscita dal mercato del lavoro.
  Il contributo pubblico è contemplato, da un lato, sotto forma di credito d'imposta, riconosciuto per le spese per interessi dell'assicurazione affrontata dal soggetto che decide di anticipare il proprio pensionamento, fino a un massimo di 3 e 7 mesi e comunque non prima di aver compiuto 63 anni, e, dall'altro, come esborso per la costituzione di un apposito fondo di garanzia, con una dotazione iniziale di 70 milioni. La misura non altera i meccanismi sottostanti la determinazione delle prestazioni, nel senso che non accresce le entrate pensionistiche fruite dai soggetti nell'arco della propria vita, limitandosi a consentirne una spalmatura su un numero maggiore di anni. Il coinvolgimento del sistema bancario permette di realizzare il finanziamento di tale anticipo tramite il mercato piuttosto che il bilancio pubblico.
  A differenza di quanto rilevato per le precedenti misure, l'APE non costituisce, quindi, un miglioramento dei trattamenti pensionistici, quanto uno strumento volto ad accompagnare scelte di vita non dettate dal calcolo economico e che non trovano riconoscimento nella normativa Fornero.
  Torna, invece, nell'alveo degli interventi di tutela sociale, quella che possiamo chiamare la «seconda gamba» dell'APE, denominata appunto «sociale» e i cui oneri sono a carico della finanza pubblica. Con essa il diritto di anticipo pensionistico viene riconosciuto nuovamente a categorie considerate svantaggiate: disoccupati non più coperti da altre forme di indennità, invalidi diretti o con un parente in stato di invalidità e lavoratori che svolgono mansioni usuranti. L'accesso all'APE sociale è condizionato da un limite massimo di spesa fissato in 300 milioni per il 2017, in 609 milioni per il 2018 e in 650 milioni per il 2019.
  Tendono a crescere nel tempo gli impegni finanziari relativi alle altre misure, quali la salvaguardia per gli esodati, la riduzione delle aliquote per gli aderenti alla gestione separata e l'abrogazione delle penalizzazioni sulla ricongiunzione dei versamenti effettuati a gestioni diverse. A tal riguardo, se la salvaguardia completa un disegno già attivo da tempo, per meglio gestire le fasi di transizione lasciate aperte dalla riforma Fornero, le altre due misure, per quanto limitate nelle risorse che mobilitano, appaiono significative dal punto di vista dell'equità di trattamento tra tipologie di lavoratori. In particolare, viene eliminato l'aumento di contribuzione previsto a legislazione vigente: un innalzamento delle aliquote per la gestione separata al 29 per cento nel 2017 e al 33 per cento a partire dal 2018.L'aliquota contributiva per i lavoratori autonomi aderenti a tale gestione è ora fissata permanentemente al 25 per cento.
  Il venir meno del percorso di equiparazione dei livelli di contribuzione dei lavoratori dipendenti, riconoscendo la diversa natura dei due versamenti contributivi, riapre Pag. 36 tuttavia il tema della promessa pensionistica per questa tipologia di lavoratori e, in prospettiva, il problema dell'adeguatezza dei futuri trattamenti pensionistici di natura interamente contributiva. Con la rimozione degli ostacoli al cumulo dei versamenti assicurativi effettuati presso diversi istituti di previdenza da un lato si sana una situazione di svantaggio per i soggetti che non hanno una carriera lavorativa stabile, il che corrisponde a una situazione sempre più comune nell'economia italiana, e, dall'altro, si rimuove un disincentivo alla mobilità dei lavoratori tra settori diversi, caratteristica che nei prossimi anni impronterà inevitabilmente il funzionamento del mercato del lavoro nelle nostre economie. La misura si caratterizza per un sostanziale riconoscimento di diritti acquisiti, nel senso che il cumulo è ora ammesso anche se il lavoratore ha maturato il diritto autonomo al trattamento pensionistico in una delle forme assicurative coinvolte e anche ai fini del pensionamento anticipato. Si tratta di due condizioni che prima non lo consentivano.
  In conclusione, le misure previdenziali adottate con il disegno di legge di bilancio paiono prevalentemente improntate a ragioni di equità sociale che hanno fatto propendere per un parziale ridimensionamento della normativa vigente, introdotta con la legge Fornero e concentrata sulla esigenza di sostenibilità finanziaria e di equivalenza attuariale.
  Come sempre, nel caso di interventi che hanno natura di correzione al margine dell'impianto normativo, sono compresi costi e benefici. I primi riguardano principalmente il riconoscimento di una serie di eccezioni alla regola generale, che aprono la strada per potenziali future ulteriori frammentazioni della platea dei pensionati, mentre i secondi attengono al contributo dato al miglioramento del tenore di vita di soggetti che fruiscono di redditi oggettivamente bassi. Per la restante parte, la manovra è composta da provvedimenti che si propongono di sanare alcuni elementi di rigidità o di non equità del sistema e che paiono prendere atto dell'opportunità di rivedere alcuni dei trade off connessi alla materia previdenziale.
  Nell'insieme, si rappresenta l'esigenza di garantire la compatibilità di interventi legati all'equità sociale, con la complessiva sostenibilità dei conti pubblici, obiettivo che ha peraltro caratterizzato, con diverse accentuazioni, la lunga stagione delle riforme previdenziali.
  Passo rapidamente alle misure in materia di istruzione, che sono in linea con le indicazioni della recente Nota di aggiornamento. Il disegno di legge di bilancio prevede interventi importanti, anche da un punto di vista finanziario, intestati al capitale umano. L'insieme variegato di misure, in parte contenute nell'articolato del disegno di legge e in parte derivanti dalla riprogrammazione e dai rifinanziamenti della seconda sezione del disegno di legge di bilancio, risulta dell'ordine di 1,1 miliardi nel 2017, per poi assestarsi intorno a 1,3 miliardi nel biennio successivo. Nel 2017, gli importi maggiori riguardano la proroga del cosiddetto «bonus cultura», destinato, nelle intenzioni, a favorire la spesa per attività culturali attraverso la corresponsione di un bonus pari a 500 euro ai giovani italiani e stranieri presenti in Italia e che nel 2017 compiranno diciotto anni. Si tratta di un intervento introdotto dalla legge di stabilità per il 2016, ma non ancora avviato, nell'attesa del regolamento recante criteri e modalità di fruizione del beneficio, pubblicato solo nel mese di ottobre 2016.
  Oltre alle incertezze sulle modalità di applicazione, che sono alla base del ritardo nell'avvio dell'iniziativa, non appare agevole valutare in quale misura l'accesso alle attività culturali possa realmente isolare gli effetti aggiuntivi attribuibili all'incentivo. Seguono, poi, le misure di rifinanziamento delle deleghe per la cosiddetta «Buona scuola» e quelle per il rafforzamento dell'autonomia scolastica. In particolare, nell'ambito di tale ultima categoria di interventi, le risorse sono destinate a finanziare l'incremento della dotazione organica complessiva del personale docente dell'istituzione scolastica, così come rideterminato in attuazione della legge n. 107 del 2015. Pag. 37
  Superiore ai 100 milioni è la dimensione stimata per la proroga del finanziamento del Piano di ripristino del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti a edifici scolastici, per i quali sono stanziati 128 milioni limitatamente al 2017. Si tratta di uno stanziamento che dovrebbe consentire il mantenimento dei livelli occupazionali esistenti e quantificati in sede di adozione dal decreto-legge n. 42 del 2016.
  Tra le altre misure intestate al capitale umano, si rinviene la norma che introduce una no tax area per gli studenti universitari meritevoli e con un indicatore ISEE al di sotto dei 13.000 euro. In una situazione che prevede ancora che le borse di studio e i prestiti d'onore siano finanziati principalmente dallo Stato, il disegno di legge di bilancio per il 2017 ha, da un lato, previsto un incremento del Fondo integrativo statale per il finanziamento del diritto allo studio, al fine di consolidare, a decorrere dal 2017, il livello di finanziamento raggiunto nel 2016 e ha, dall'altro, rinviato a un nuovo decreto la determinazione dei fabbisogni finanziari regionali, allo scopo di consentire la ripartizione del FIS nelle more dell'emanazione del decreto di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, cosiddetti LEP.
  La verifica dei risultati fino a oggi conseguiti con il Fondo segnala un numero ancora elevato di studenti risultati idonei che, per indisponibilità di risorse, non hanno ottenuto i benefìci. Sul punto, inoltre, si è constatato, anche in mancanza della definizione dei costi e dei fabbisogni standard, una forte sperequazione tra le regioni. La percentuale delle domande non soddisfatte, infatti, indica che sono solo cinque le regioni ove nell'anno accademico 2014/2015 tutte le istanze sono state accolte.
  Passando alle spese per il pubblico impiego, il disegno di legge di bilancio per il 2017 segna una ripresa di politica moderatamente espansiva in materia di pubblico impiego dopo il protrarsi, per oltre otto anni, a partire dal decreto-legge, di severe misure di contenimento.
  L'articolo 52 del disegno di legge integra le risorse già stanziate nella legge di stabilità per il 2016 per i rinnovi contrattuali, con ulteriori disponibilità, pari complessivamente a circa 1,5 miliardi per il 2017, 1,9 miliardi per il 2018, e a regime da destinare complessivamente a tre distinte finalità: aumentare le disponibilità per la contrattazione collettiva per il triennio 2017-2018; finanziare assunzioni in deroga alla normativa sui vincoli in relazione a specifiche esigenze rappresentate dalle diverse amministrazioni per garantire il funzionamento di attività particolarmente rilevanti sulla base dei criteri selettivi; approntare le risorse necessarie al riordino delle carriere del personale del comparto sicurezza e difesa.
  In termini di impatto sull'indebitamento netto, occorre tener conto degli oneri riflessi in termini di maggiori entrate fiscali e contributive, quantificate in 482 milioni per il 2017, in circa 700 milioni a regime.
  L'articolo non specifica i criteri di riparto delle risorse complessivamente stanziate, demandando tale operazione ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
  Al riguardo, la Corte osserva, con riferimento alla prima delle finalità indicate, che l'accordo quadro del 30 aprile 2009 sull'assetto delle relazioni sindacali nel pubblico impiego, sinora peraltro mai sperimentato, ipotizzava incrementi retributivi pari all'andamento stimato dell'inflazione del periodo di riferimento, misurata attraverso l'indice IPCA, depurato del prezzo dei prodotti energetici importati, limitati alle sole componenti stipendiali della retribuzione. Applicando le predette regole, l'onere a regime dei rinnovi contrattuali risulterebbe di circa 1,7 miliardi.
  Più volte, inoltre, si è richiamata l'attenzione sulla necessità che con la nuova contrattazione venga avviato il processo di riequilibrio delle componenti accessorie della retribuzione in favore di istituti volti a incentivare il merito individuale e il recupero di produttività delle diverse amministrazioni.
  Sarà, pertanto, opportuno che il citato decreto di riparto contenga specifiche indicazioni e destini specifiche risorse in tal senso e che il successivo atto di indirizzo per la contrattazione dia all'ARAN vincolanti Pag. 38 princìpi per le trattative. Modesti sembrano i margini per l'effettuazione delle assunzioni in deroga, tenuto conto della retribuzione media dei dipendenti del settore statale.
  Gli oneri previsti per il riordino delle carriere del personale militare non sono espressamente quantificati. La relazione tecnica, attesa anche l'ampiezza dei criteri per l'esercizio della delega, rinvia tale quantificazione all'esito dell'emanazione dei previsti decreti legislativi. Risulta, peraltro, quantificato in 510 milioni annui l'onere per il bonus previsto all'articolo 1, comma 972, della legge di stabilità per il 2016.
  Con il disegno di legge di bilancio sono, infine, stanziate ulteriori risorse, 140 milioni, finalizzate all'incremento dell'organico dell'autonomia scolastica. Le misure a sostegno degli investimenti muovono su tre linee principali: preservare l'operatività di strumenti che hanno dimostrato la loro utilità per le piccole e medie imprese, ma introducendo, per quanto riguarda le misure sia di carattere finanziario sia di stimolo fiscale, una maggiore attenzione agli investimenti nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC); rafforzare la promozione di nuove iniziative imprenditoriali; garantire la funzionalità degli strumenti di accesso al credito. Si tratta, considerando anche le somme stanziate per il Fondo di garanzia dal decreto-legge n. 193 del 2016, di circa 4,4 miliardi, di cui 1,2 miliardi nel 2007, 1,3 nel 2018 e circa 2 nel 2019.
  Ulteriori risorse a sostegno degli investimenti deriveranno dagli interventi a valere sul Fondo per il rilancio degli investimenti e dello sviluppo del Paese previsto all'articolo 21 e destinate alle attività industriali ad alta tecnologia e a sostegno delle esportazioni, per le quali sono previste nel triennio 2017-2019 risorse per complessivi 6,1 miliardi.
  Si tratta di sviluppi coerenti con le analisi che attribuiscono i ritardi nell'accesso alle cosiddette TIC, tecnologie dell'informazione e della comunicazione, rispetto alle principali economie europee, alle caratteristiche dimensionali del sistema produttivo italiano e a un più diffuso svantaggio competitivo nell'ancora limitato utilizzo di tali tecnologie per la penetrazione commerciale. Le limitate disponibilità finanziarie richiederanno un'attenta valutazione dell'effettiva utilità dei sistemi agevolativi che, pur arricchendosi di nuove e più mirate finalizzazioni, continuano a interessare un'ampia platea di beneficiari.
  Una più mirata focalizzazione degli interventi potrebbe attribuire maggiore efficacia alle misure assunte. Resta poi necessaria una più attenta verifica dei risultati ottenuti attraverso strumenti come gli iper-ammortamenti, che non sembrano aver conseguito nel recente passato gli esiti sperati in termini di accelerazione degli investimenti.
  Quanto alle misure per il Servizio sanitario nazionale, il disegno di legge di bilancio introduce misure di rilievo per il settore sanitario, intervenendo sui livelli di finanziamento del fabbisogno cui concorre lo Stato, sull'acquisto di farmaci innovativi e oncologici, sulle regole relative ai tetti di spesa farmaceutica e sui conseguenti regimi di payback nonché sul processo di adeguamento delle strutture informative. Nel complesso, le misure previste mirano a consentire una gestione migliore del servizio, ma anche a ottenere una maggiore appropriatezza prescrittiva e responsabilizzazione dei soggetti che operano nel settore.
  Nel 2017 il finanziamento non muta, quindi, in misura significativa gli importi previsti in base all'intesa del febbraio scorso. Essi sono ridotti di soli 63 milioni. La correzione netta cresce a circa un 1 miliardo per il 2018 e a poco meno di 3 miliardi a partire dal 2019.
  Appare congrua la scelta del Governo di non operare, nel 2017, una correzione del finanziamento a ragione degli andamenti inferiori registrati in termini di crescita nominale del PIL, ma di vincolare tale somma a una delle principali cause di crescita della spesa: i farmaci innovativi.
  Il ricorso a fondi potrebbe, tuttavia, come avvenuto in passato, esporre al rischio di un immobilizzo delle risorse. Per evitare tale possibilità, dovrebbe essere valutata l'opportunità di prevedere meccanismi Pag. 39 compensativi tra i fondi a fronte di un diverso assorbimento delle risorse.
  Il vincolo di destinazione di parte delle risorse e la revisione del sistema dei tetti per la spesa farmaceutica richiederà, tuttavia, un maggiore impegno nel controllo dell'appropriatezza dell'attività prescrittiva. Tale necessità è rafforzata dalla prevedibile riduzione dell'onere che era trasferito sulla filiera produttiva attraverso i meccanismi del payback e della sottoposizione di un'ulteriore quota del finanziamento al meccanismo premiale in base agli obiettivi attribuiti al nuovo comitato LEA.
  Coerenti con il percorso di efficientamento del comparto sono, infine, le disposizioni che mirano ad accelerare la messa a punto di strumenti in grado di gestire al meglio l'assistenza al cittadino, il fascicolo sanitario elettronico, e quelli diretti a rafforzare i meccanismi che portano alla definizione dei piani di rientro nei confronti di aziende con rilevanti squilibri finanziari strutturali.
  Vengo alle misure per gli enti territoriali. Numerose sono le disposizioni, non solo di contenuto esclusivamente finanziario, previste con il disegno di legge di bilancio, che riguardano le amministrazioni territoriali. Esse intervengono su più aspetti e sono volte a semplificare e a superare le difficoltà gestionali che si sono tradotte finora in frequenti frizioni tra livelli di governo.
  A questo fine sono destinate, ad esempio, le misure che accelerano gli iter di definizione dei criteri di determinazione e del riparto del Fondo di solidarietà comunale, che semplificano le modalità di raccolta dei dati necessari alla definizione dei fabbisogni standard e, soprattutto, quelle che recepiscono gli accordi conclusivi con le regioni a statuto speciale a chiusura di contenziosi.
  Di particolare rilievo sono, invece, le misure che, da un lato, prevedono la creazione di due fondi, le cui finalità e i cui beneficiari sono demandati a un successivo provvedimento del Governo, dall'altro lato, nel dare attuazione alla recente modifica della legge n. 243 del 2012, che puntano a imprimere un nuovo impulso alle spese di investimento delle amministrazioni locali.
  Superato definitivamente il Patto di stabilità interno, le nuove regole per il concorso delle autonomie territoriali agli obiettivi di finanza pubblica sono già contenute nella legge di attuazione del principio costituzionale dell'equilibrio del bilancio. L'articolo 65 del disegno di legge non rileva, quindi, tanto sotto il profilo della definizione del saldo obiettivo, quanto piuttosto sotto altri due aspetti: l'esplicita finalizzazione di tali regole al rilancio degli investimenti e l'introduzione del sistema sanzionatorio e premiante che la legge rinforzata aveva demandato a successiva legge dello Stato. In questa sede, l'attenzione viene focalizzata sul primo aspetto.
  Quattro sono, quindi, le misure a questo fine previste: l'inclusione del fondo pluriennale vincolato (FPV) di entrata, al netto della quota rinveniente dal ricorso all'indebitamento nel saldo tra entrate e spese finali di competenza; il mantenimento nel fondo pluriennale vincolato di spesa 2016 delle risorse accantonate nel fondo 2015 per finanziare le spese per lavori pubblici contenute nei quadri economici e quelli per procedure di affidamento diretto già attivate, ma non utilizzate nel 2016; la non inclusione, ai fini del saldo di finanza pubblica, degli stanziamenti al fondo di crediti di dubbia esigibilità; la possibilità di utilizzare avanzi di amministrazione e risorse da indebitamento oltre il limite dell'equilibrio di finanza pubblica attraverso il meccanismo del patto nazionale di solidarietà.
  Con riguardo alle prime tre misure, in diverse occasioni la Corte ha sottolineato l'effetto espansivo della spesa legato al funzionamento dei fondi nell'ambito del saldo obiettivo. L'inclusione nel FPV e l'esclusione, invece, del FCDE, non finanziato da avanzo di amministrazione, creano delle cosiddette zone cuscinetto, che permettono agli enti di conseguire più facilmente il saldo obiettivo e, compatibilmente con gli equilibri di bilancio, effettuare spesa con l'avanzo di amministrazione o con debito.
  Le prime evidenze, sulla base delle informazioni contenute nella banca dati del Patto/equilibrio con riferimento ai bilanci Pag. 40di previsione 2017-2018, mostrano per i comuni un accantonamento al FCDE effettivamente consistente e pressoché costante nel triennio, in grado di assicurare uno spazio finanziario utilizzabile ai fini di investimento.
  Per quanto riguarda il FPV, questo risulta molto elevato nel 2016, sia in entrata sia in spesa, tanto che il saldo risulterebbe più che capiente rispetto all'avanzo di amministrazione destinato a spese di investimento realizzato nel 2015 e quindi utilizzabile nel 2016.
  Tuttavia, negli esercizi successivi la forbice tende a restringersi in misura considerevole, determinando addirittura un saldo negativo. Qualora le previsioni dei comuni dovessero essere confermate, l'assottigliamento del FPV di entrata potrebbe mettere a rischio la realizzabilità degli effetti positivi sulla spesa per gli investimenti.
  La capacità del meccanismo di imprimere un'accelerazione agli investimenti non trova sin qui conferma nei pagamenti effettuati nell'amministrazione nei primi nove mesi del 2016. Nonostante, infatti, i dati previsionali mostrassero le condizioni più favorevoli a che il nuovo saldo di finanza pubblica consentisse al sistema di esprimere tutto il proprio potenziale di spesa, la traduzione in termini di maggiori pagamenti per spese in conto capitale non risulta al momento centrata, anzi i dati SIOPE al terzo trimestre dell'anno evidenziano un calo rispetto al 2015 del 5 per cento.
  Quanto alla quarta misura, tesa a rilanciare gli investimenti locali, l'introduzione di uno strumento di concessione di spazi finanziari senza compensazione ha sicuramente un valore incentivante, che accresce il grado di realizzabilità degli effetti in termini di indebitamento netto.
  A differenza, infatti, dei patti di solidarietà nazionale e regionale, che regolano lo scambio dei margini di spesa in eccesso senza indurre un aumento della spesa complessiva del comparto, ma solo una redistribuzione più aderente alle effettive esigenze di ciascun ente, con questo nuovo strumento gli spazi sono concessi a livello centrale e, non essendo condizionati da compensazione, hanno un effetto espansivo sulla spesa.
  Le informazioni provvisorie sugli obiettivi di saldo per il 2013 del comparto Comuni inducono a rafforzare la valutazione positiva di tale misura. Nel primo anno di applicazione del nuovo regime, in assenza del patto verticale incentivato, strumento che aveva rappresentato un sostegno fondamentale per contrastare l'arretramento negli investimenti negli anni del patto, le nuove intese regionali previste dalla legge n. 243 del 2012 stentano ad avere un ruolo significativo nel nuovo sistema degli equilibri.
  Nel 2016, gli spazi messi a disposizione dei comuni nell'ambito regionale superano di poco i 100 milioni, mentre sul piano nazionale si fermano a circa 600 milioni. La compensazione regionale verticale non arriva a 32 milioni a fronte dei quasi 800 milioni ceduti nel 2015 ai comuni tra patto verticale incentivato e ordinario.
  Passo, quindi, alle considerazioni conclusive. La preoccupazione di non incidere in senso negativo sulle prospettive del Paese ha spinto il Governo a muovere in direzione di un'ulteriore revisione della strategia di fiscal policy e degli obiettivi di convergenza verso l'equilibrio strutturale di bilancio, una revisione funzionale a consolidare la ripresa, ma anche ad accelerare un processo di adeguamento delle infrastrutture pubbliche e del patrimonio abitativo privato, la cui urgenza è stata resa più evidente dai recenti fenomeni sismici che hanno colpito il Paese.
  Non possono, infatti, sottacersi la perdurante drammaticità e le peculiari modalità osservate nei recenti eventi sismici, che appaiono sì eventi eccezionali, ma i cui effetti devono considerarsi proiettati in anni a venire. Conseguentemente, il Paese ha di fronte a sé l'esigenza di riordinare le priorità complessive dell'azione pubblica.
  È in questo contesto e in relazione alle incertezze del quadro macroeconomico e alle consistenti eredità negative dei conti pubblici che la manovra oggi all'esame richiede una particolare attenzione.
  Nonostante le modifiche previste con la Nota abbiano dato al quadro macroeconomico Pag. 41 tendenziale un profilo di maggiore prudenza, almeno per quello che riguarda l'anno in corso e il prossimo, si era osservato in quella sede che permanevano potenziali elementi di fragilità che si riflettevano sul percorso programmatico di finanza pubblica.
  In particolare, una domanda internazionale che risultasse, specie nel medio periodo, meno favorevole di quanto prefigurato, incidendo sulle prospettive delle nostre esportazioni, e quindi sulla crescita del prodotto, si ripercuoterebbe anche sui conti pubblici.
  Con il disegno di legge di bilancio il Governo conferma sia la scelta di disattivare per il 2017 gli inasprimenti di pressione fiscale derivanti dagli incrementi di IVA già in legislazione, sia la volontà di ottenere ulteriori margini di flessibilità spingendo nella direzione del sostegno della domanda interna.
  Oltre al mancato aumento dell'IVA, si prevede di intervenire sia sul sostegno della crescita sia con misure di carattere sociale e previdenziale, in linea con quanto prefigurato dalla Nota di aggiornamento del DEF. Ciò avviene, sostanzialmente, attraverso nuove spese e, in misura ridotta, con minori entrate.
  Sul fronte delle coperture emergono taluni elementi di problematicità che inducono a qualche approfondimento.
  Le maggiori spese sono compensate per meno della metà da tagli di precedenti autorizzazioni e nel 2018, a fronte di aumenti di spesa superiori ai 15 miliardi, solo 4,5 provengono alla corrispondente riduzione. Nel 2019, il contributo della revisione della spesa si fa più consistente, ma garantisce poco più del 50 per cento delle maggiori uscite.
  Alla luce di un quadro così complesso, la Corte esprime quindi l'avviso che il permanere di vincoli stringenti per la finanza pubblica consigli di guardare alla programmazione per il prossimo triennio con particolare attenzione e cautela, accompagnando le misure proposte con scelte volte a ridurre le conseguenze che ne possono derivare per i conti, specie in un contesto che vedrà un probabile ri-orientamento dell'intonazione della politica monetaria, e quindi il venir meno dei suoi positivi riflessi sul servizio del debito.
  A tal fine sarebbe opportuno, innanzitutto, un attento monitoraggio dell'efficacia delle misure volte al recupero di gettito fiscale. Le scelte operate con il disegno di legge di bilancio si muovono su un terreno oggettivamente difficoltoso, poiché nel passato non sempre i risultati sono stati all'altezza delle attese.
  Prevedere, prudentemente, un esame in corso d'anno può consentire di dare consapevolezza del progredire di un processo di revisione del rapporto tra amministrazione e cittadini attraverso adeguati momenti di messa a punto e verifica.
  Potrebbe poi valutarsi la possibilità di un collegamento più stretto tra maturazione delle coperture e attivazione di impegni di spesa, agendo sui tempi di avvio di determinati interventi e, in alcuni casi, condizionando le realizzazioni al concretizzarsi dei gettiti attesi.
  I limitati margini finanziari per gli interventi a sostegno delle famiglie e delle situazioni di disagio consiglierebbero poi un più esteso riferimento, nella definizione delle misure, alle condizioni economiche complessive ISEE, uno strumento importante per consentire di orientare al meglio le risorse disponibili.
  Infine, i tempi sembrano maturi per un impegno particolare in direzione di investimenti privati nel processo di adeguamento infrastrutturale del Paese, aprendo sì spazi al mercato, ma garantendo necessariamente gli accessi con una puntuale e rigorosa regolazione e un adeguato ricorso a strumenti di selezione degli stessi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Martucci per questa maratona anche oratoria molto interessante, molto completa.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROCCO PALESE. Ringrazio il presidente della Corte per un'approfondita e tutto sommato giusta preoccupazione manifestata all'interno della relazione che è Pag. 42stata illustrata. Io condivido molto quanto è emerso dalla relazione in merito, soprattutto, al fronte delle coperture.
  Noi abbiamo avuto già una stima di previsione di crescita, fortemente criticata dall'Ufficio parlamentare di bilancio, e ritenuta ottimistica da tutti. Ed è già quello un problema. Speriamo, l'augurio è che si vada oltre, ma, ahimè, sarà difficile rispettare l'1 per cento di crescita nel prossimo anno.
  Ancora peggiore, però, sul problema della copertura, in riferimento alle compensazioni, per meno della metà da tagli, ma sono tagli tutti da verificare. Mi riferisco, per esempio, ai 4,5 miliardi di riduzione di spesa: quando sarà veramente effettuata, ove dovesse essere fatta? Sono preoccupazioni che non possiamo tralasciare. Da questo punto di vista, è una manovra totalmente imprudente.
  Sulla situazione delle nuove spese torniamo qui a proiettare sempre una serie di film. Le coperture negli anni si sono trovate con debito pubblico, con l'aumento delle accise, con le privatizzazioni, con condoni, e noi qui ritroviamo i condoni. Relativamente al recupero dell'evasione, ad esempio, lo troviamo qui, con le giuste preoccupazioni che il presidente poco fa ha evidenziato. Bisogna vedere, infatti, se effettivamente i fatti corrisponderanno alle intenzioni...
  Avevamo poi inventato negli ultimi anni – quest'anno non è comparsa –, attraverso una serie di maggiori spese, con tagli fittizi inseriti per fare nuova spesa, una copertura attraverso le norme di salvaguardia.
  Dal punto di vista della spending, sicuramente va fatta una verifica, e andrebbe fatta a 360 gradi. Parliamo di spending e sarebbe sufficiente prendere in considerazione dal Governo Monti fino ad ora per vedere che l'unica spending che veramente si è concretizzata è stata quella dell'attuazione della riforma Fornero, perché il resto secondo me è rimasto sulla carta, tra previsioni e stime di previsioni ottimistiche mai realizzate del PIL in crescita e riduzioni di spesa mai fatte. Poi la gente si chiede come mai aumenti sempre il debito pubblico nonostante riduzioni di spesa, spending review e così via. Alla fine, si concretizzano queste situazioni.
  Allo stesso modo, presidente, lei ha ragione su questa tragedia del terremoto. Purtroppo, piaccia o non piaccia, tutti i programmi di investimento andranno rivisti, perché risorse non ce ne sono, al di là della flessibilità, per nuovo indebitamento da parte dell'Europa.
  Vengo a una questione specifica e secca. Si interviene sul problema previdenziale. A mio avviso, è stato un errore da parte del Governo intervenire in maniera che sembra abbastanza completa per alcune situazioni. Lei, per alcuni casi, sottolinea una maggiore equità sociale all'interno delle misure varate da parte del Governo. Se, però, si doveva intervenire in questa maniera, bisognava intervenire in maniera completa, più profonda, tenendo presente che la situazione della previdenza è legata molto alla forza lavoro, alla situazione demografica, all'età, a tutte le situazioni che lei conosce bene.
  Io sono rimasto particolarmente colpito, per quanto fortemente lo condivido, dal problema per esempio affrontato con la soluzione per i precoci. Ahimè, adesso siamo e tra qualche anno saremo in situazioni opposte. Nel passato, c'era la possibilità di esprimersi e di avere un lavoro anche prima dei diciott'anni, così come una contribuzione. Oggi, purtroppo, non è così, e forse tra qualche anno bisognerà pensare a qualche norma per i maturi dal punto di vista previdenziale. Si arriva al 40-45 anni senza lavoro e senza avere nessuna possibilità di previdenza.
  Detto questo, in più luoghi e anche ufficialmente il presidente dell'INPS chiede un'attenzione sulle misure del Governo, e vado alla domanda e alla conclusione, per cui quanto varato dal Governo in termini di pensioni sarebbe anche più equo dal punto di vista sociale, ma dovrebbe comportare un maggiore indebitamento da parte dell'INPS, l'ente erogatore delle pensioni, uno squilibrio di diversi miliardi.
  Vorrei conoscere la sua opinione su questo paventato squilibrio all'interno delle dichiarazioni del presidente dell'INPS. Oltre a tutti i problemi che lei già ha evidenziato Pag. 43 rispetto alle coperture, alla realizzazione degli obiettivi, alla stima di crescita da parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio, in riferimento alla situazione delle pensioni non solo non ci sarebbero le coperture adeguate, ma addirittura ci sarebbe la previsione nel tempo di uno squilibrio di diversi miliardi dell'INPS. Penso, allora, che più di una preoccupazione ci sia.
  Vorrei sapere, proprio in riferimento alla situazione di squilibrio dei conti pubblici dal punto di vista finanziario, se il paventato maggior costo di 20 miliardi di euro è confermato o se è stato valutato come aspetto da parte della Corte dei conti.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Martucci per la replica.

  ARTURO MARTUCCI DI SCARFIZZI, presidente della Corte dei Conti. Sono domande un po’ articolate quelle che lei pone prima di arrivare a quella finale.
  Partirei proprio da questo, e cioè se possa esserci questo squilibrio nei conti futuri dell'INPS. Oggi, stiamo valutando la manovra di quest'anno e dei prossimi, del 2018 e del 2019. È difficile prevedere che cosa potrà verificarsi nel futuro. Dobbiamo riferirci soltanto alla manovra attuale.
  Per quanto riguarda in particolare – penso che lei si riferisca a questo – il sistema di uscita anticipata, in effetti è molto rimesso all'iniziativa dei privati e la famosa seconda gamba, cioè la gamba pubblica, è alquanto ridotta. Non credo che questo allo stato debba incidere al di fuori di quanto non emerga dalla manovra.
  Le coperture sono tutte affidate alla lotta all'evasione, alle riduzioni di spese e altro, ma anche a delle entrate e un po’ alla spending review, che è quella della Consip, su cui ci è stato largamente riferito nella relazione.
  Proprio per questo, però, nella parte finale della relazione viene significato che è necessario, per verificare che la lotta all'evasione sia effettiva, fare continuamente un monitoraggio in corso d'opera. Questo si può prevedere anche con delle norme, proprio per verificare che questa particolare modalità di copertura della spesa sia effettiva. Fragilità non vuol dire che siano carenti, ma proprio, siccome queste misure sono proiettate tutte verso la crescita, verificare che la parte in compensazione effettivamente avvenga. Per fare questo, c'è bisogno di una verifica, di una vigilanza e di un monitoraggio continuo, anche normativo.
  Per quanto riguarda l'1 per cento al quale lei faceva riferimento, questi sono dati macroeconomici, ma le ultime risultanze fanno ritenere che potrebbe essere centrato quest'obiettivo dell'1 per cento. Vedremo poi quali saranno le risultanze dell'ISTAT, ma si notano nelle prime evidenze dei miglioramenti.
  Poi ho sentito parlare di condono, evidentemente con riferimento alla cosiddetta rottamazione. In realtà, condono non è. Mi sembrerebbe un po’ improprio parlare di condono, che significa che si condonano delle somme dovute, e qui invece si tolgono da queste cartelle, proprio per accelerare i pagamenti, le sanzioni e una parte degli interessi, non tutti, secondo la natura degli interessi. Proprio condono non lo chiamerei, perché risponde ad altri...

  ROCCO PALESE. Un semi-condono.

  ARTURO MARTUCCI DI SCARFIZZI, presidente della Corte dei Conti. Neanche, perché ripeto che di condono si tratta quando si condona una parte del dovuto. Qui il dovuto si dovrà pagare da quanto emerge dalla manovra. I condoni sono stati altri. Sembra che la stagione dei condoni si sia un po’ conclusa, per quanto mi riguarda.
  Credo di avere grosso modo toccato tutti i punti delle sue domande.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente Martucci. Pag. 44
  Dichiaro conclusa l'audizione.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FRANCESCO BOCCIA

Audizione di rappresentanti del CNEL.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti del CNEL.
  Do ora la parola al presidente del CNEL Delio Napoleone.

  DELIO NAPOLEONE, presidente facente funzione del CNEL. Sarò breve. Leggerò una relazione abbastanza sintetica.
  Al primo punto ci sono la credibilità degli effetti della manovra sulla crescita del PIL e il dialogo con l'Unione europea sulle grandi questioni politiche.
  La manovra di politica economica proposta dal Governo ammonta a 27 miliardi per il 2017 e prevede, sempre per il 2017, che il PIL reale del nostro Paese aumenterà dell'1 per cento, di cui lo 0,4, ossia quasi la metà dell'incremento, è dovuto alle misure contenute nella manovra.
  Tale stima si basa su una crescita dell'economia mondiale, Europa esclusa, al 3,3 per cento, e su un tasso di crescita dei mercati esteri rilevanti per l'Italia pari al 2,6 per cento. Nel caso in cui la crescita effettiva risultasse inferiore a quella stimata dal Governo, ad esempio a causa di un rallentamento della crescita mondiale e, in particolare, dei mercati esteri rilevanti per l'Italia, le entrate effettive sarebbero inferiori a quelle preventivate e si porrebbe il problema della copertura delle spese.
  Al fine di rafforzare la credibilità della crescita prevista all'1 per cento, e quindi dell'intera manovra di politica economica, il CNEL suggerisce che il Governo si impegni a verificare periodicamente gli andamenti dei mercati esteri rilevanti per l'Italia, in modo da poter reagire prontamente in caso di cambiamento di scenario, e che mantenga aperti i canali di comunicazione con la Commissione europea – che troppo spesso si limita a un monitoraggio dei parametri tecnici – per ragionare sulle grandi questioni politiche con cui l'Europa unita deve misurarsi: occupazione, migranti, frontiere esterne, sicurezza, ricostruzione in seguito a disastri naturali e così via.
  Le regole europee sulla politica fiscale vanno aggiornate alla luce dei cambiamenti strutturali che si sono verificati negli anni nel sistema economico europeo, quali la deflazione. Le regole quindi concordate, con l'obiettivo primario di limitare il rischio che gli squilibri finanziari di un Paese dell'eurozona siano pagati anche dai contribuenti degli altri Paesi, vanno aggiornate in modo che a tale obiettivo sia affiancato anche quello dell'aumento della produttività, ormai divenuto un importante problema strutturale comune a tutti i Paesi dell'Eurozona.
  Per evitare atteggiamenti opportunistici, l'efficacia dei programmi di spesa, finanziati anche in disavanzo, finalizzati all'incremento della produttività e dell'occupazione, andrebbe valutata in sede politica dal Consiglio europeo con il supporto tecnico della Commissione europea e della Banca centrale europea.
  L'anno prossimo sono previste elezioni politiche in Francia e in Germania, subito dopo si potrebbe porre l'opportunità di aprire un confronto sulle competenti sedi istituzionali.
  Presidente, con il suo permesso, vorrei dare a tal proposito la parola al vicepresidente Gualaccini.

  GIAN PAOLO GUALACCINI, vicepresidente del CNEL. Intervengo soltanto per approfondire il punto di cui qui parliamo, quando si dice che il CNEL suggerisce che il Governo mantenga aperti i canali di comunicazione con la Commissione europea per ragionare sulle grandi questioni politiche con cui l'Unione europea deve misurarsi. Pag. 45
  Noi condividiamo le preoccupazioni fatte proprie dal Presidente emerito Giorgio Napolitano che, in un'intervista il 22 settembre sul Corriere della Sera, giudicava comprensibili le critiche del Governo all'Unione, ricordando tuttavia che nessuno può fare da solo. Non si può fare da soli. Allo stesso modo, il Presidente Mattarella, in un'intervista, sempre al Corriere della Sera, del 27 ottobre, all'indomani del 70° anniversario del ritorno di Trieste all'Italia, ricordava che troppe volte l'Unione europea è criticata, mentre ha anche tanti aspetti positivi significativi.
  A parere del CNEL, un clima, anche a ragione, di scontro continuo con l'Unione europea crea uno stallo, che ha ripercussioni negative sul rilancio dell'economia. Nessuno ricorda più, ad esempio, che fine abbia fatto il piano da 300 miliardi di investimenti di Juncker. È chiaro che in un clima di tutti contro tutti, l'Unione si ferma.

  DELIO NAPOLEONE, presidente facente funzione del CNEL. Fine della revisione della spesa pubblica.
  I 27 miliardi della manovra sono finanziati per il 44 per cento in deficit e per il 56 per cento con riduzione di spesa, in particolare: 1,8 miliardi dall'asta sulle frequenze radiotelevisive; 2 miliardi dal cosiddetto condono, o collaborazione volontaria, in merito all'emersione dei capitali detenuti all'estero; 2,8 miliardi dalla revisione della spesa pubblica; 1,7 dalla riorganizzazione dell'ACE; 3,1 da altre risorse, tra cui la rottamazione delle cartelle esattoriali di Equitalia; 2,5 miliardi dal recupero dell'evasione IVA.
  In breve, più della metà delle spese è finanziata in deficit o con misure una tantum e solo il 10 per cento è finanziato con la revisione della spesa pubblica. Il CNEL valuta che il finanziamento della spesa in deficit sposti gli oneri sulle generazioni future. Inoltre, il finanziamento in deficit della riduzione delle tasse senza una contestuale riduzione della spesa fa sì che l'incremento del reddito disponibile sia percepito come temporaneo e non strutturale.
  Incrementi temporanei del reddito disponibile non danno stimolo ai consumi nel lungo periodo e nel breve periodo producono uno stimolo più contenuto rispetto a incrementi di reddito disponibile percepiti come strutturali.
  La revisione della spesa pubblica va realizzata con l'obiettivo di finanziare la fornitura di servizi alle famiglie per favorire la natalità e di servizi per favorire la produttività delle imprese. I suddetti strumenti vanno inseriti nell'ambito di politiche che, oltre a dare attuazione a diritti previsti dalla nostra Costituzione, aumentino la fiducia nel futuro di famiglie e imprese, liberando risorse tesaurizzate a causa dell'incertezza e dell'ansia per il domani.
  Disponiamo oggi di una nuova base informativa rispetto al passato, gli indicatori del benessere equo e sostenibile. Le recenti modifiche alla legge che regola il contenuto del disegno di legge di bilancio hanno stabilito che dal prossimo anno tali indicatori vanno allegati al Documento di economia e finanza. Ad avviso del CNEL, questa nuova disposizione di legge apre l'opportunità di un confronto tra istituzioni e corpi intermedi rappresentativi di parte della comunità nazionale, per concordare obiettivi e strategie di revisione della spesa pubblica e, più in generale, politiche economiche e sociali.
  In merito al coinvolgimento dei corpi intermedi sulle decisioni istituzionali, giova ricordare che il CNEL e l'ISTAT avviarono il progetto di benessere equo e sostenibile nel 2011 con lo scopo di individuare indicatori statistici che mettessero in luce gli andamenti di lungo periodo degli aspetti ritenuti più rilevanti per la qualità della vita dei singoli e della collettività.
  Tale attività di selezione politica e tecnico-statistica fu concordata con le parti sociali rappresentate al CNEL e con altre organizzazioni rappresentative di interessi, e vide il coinvolgimento, tramite Internet, di oltre 50.000 persone, un numero molto significativo.
  Vorrei cedere la parola alla consigliera Salvemini, che del progetto BES è stata co-relatrice.

  MARIA TERESA SALVEMINI, esperta del CNEL. In realtà, è stato veramente un nuovo modo di dare contenuti alle politiche Pag. 46la raccolta di questi 120 indicatori di benessere. A questo punto, ogni politica può rivedersi, controllarsi e verificarsi attraverso l'andamento di questi indicatori. È importante, quindi, che siano stesi dei rapporti annuali, in particolare dall'ISTAT, sui dati emersi, perché questi costituiscono anche uno strumento di verifica delle politiche portate avanti nei singoli settori.
  Naturalmente, oggi i problemi principali che abbiamo davanti sono la clausola di salvaguardia e il debito pubblico: 15 miliardi su 27 sono, infatti, destinati a evitare l'aumento delle aliquote.
  Passo direttamente al fatto che il principale problema della finanza pubblica, e quindi dell'economia italiana, è quello dell'elevata dimensione del debito. Anche se Einaudi scrisse che nessun Paese è morto di debito pubblico, questo debito rappresenta però un serio vincolo alla libertà dei Governi, e quindi non può essere considerato affatto una questione che ci portiamo addosso come un peso per il quale non possiamo fare niente.
  Tra l'altro, ogni volta nella manovra vi sono delle clausole di salvaguardia per queste ragioni. L'eventuale minor gettito della collaborazione volontaria sul rientro dei capitali dall'estero sarà finanziato, ad esempio, con maggiori tagli alla spesa. È necessario tenere presente questo problema per tutte le politiche che si vanno a fare.
  Il debito di uno Stato è, naturalmente, sostenibile quando i creditori ne accettano i titoli, ma gli investitori utilizzano indicatori che guardano in avanti, che si basano sulle previsioni relative all'andamento dei tassi di interesse sui mercati finanziari, ed effettuano valutazioni tecniche in merito alla sostenibilità finanziaria di lungo periodo della crescita della spesa pubblica. Tengono conto di valutazioni di tipo demografico, politico o sociale, che possano causare un calo di fiducia, che a sua volta incide sull'appetibilità dei titoli di debito pubblico.
  Un alto livello di debito è come una tenaglia sull'economia. Da un lato, causa la dipendenza dai creditori, che almeno per un terzo sono stranieri, ma credo che adesso siano un po’ di meno. Purtroppo, date le dimensioni del nostro debito, anche in presenza di un saldo primario pari al 5 per cento del PIL, occorrerebbero almeno vent'anni per raggiungere gli obiettivi di Maastricht e del Fiscal Compact, comprimendo in modo rilevante per lungo tempo gli spazi di intervento per investimenti pubblici.
  Quali sono le soluzioni? Il problema è stato molto studiato, tra l'altro anche presso il CNEL, dove abbiamo una volta discusso tutte le proposte sul tappeto concordate, in parte anche con le parti sociali, per poi inviarle al Governo. Negli ultimi anni, peraltro, il debito sovrano è cresciuto nel mondo e in Europa, quindi non è tanto solo un problema italiano.
  Si tratta di porre nelle opportune sedi istituzionali la necessità di aprire una riflessione sul debito pubblico nell'ambito dell'Eurozona al fine di concordare modalità tecniche che consentano di liberare risorse per la crescita. Tra l'altro, i vincoli posti ai deficit e i debiti, lo sono stati in un momento in cui era completamente diversa la situazione economica dell'Europa, e quindi andrebbero tutti rimeditati. Non sembrano appropriati a garantire i vari obiettivi che i Governi si pongono.

  DELIO NAPOLEONE, presidente facente funzione del CNEL. Vengo al contrasto all'evasione fiscale come fonte di finanziamento per le misure della manovra.
  Il Governo inserisce tra le coperture della manovra 2 miliardi del cosiddetto condono o collaborazione volontaria in merito all'emersione dei capitali dall'estero. Occorre ricordare che la recente relazione sull'economia e sull'evasione fiscale e contributiva, curata da una commissione ad hoc insediata presso il Ministero dell'economia e delle finanze, stima che l'evasione fiscale ammonta a circa 109 miliardi e che lo scarto tra imposte dovute e imposte pagate ammonta a circa 40 miliardi nel caso dell'IVA e a 31 miliardi nel caso dell'IRPEF. Gli errori formali e le imposte dichiarate ma non versate ammontano a 12 miliardi in merito a IRPEF, IRAP, IVA e IRES.
  L'OCSE e il Fondo monetario internazionale hanno di recente presentato al Governo Pag. 47 e al Parlamento due rapporti commissionati dal Governo sullo stato dell'amministrazione fiscale del nostro Paese. Questi rapporti contengono alcune proposte per migliorare l'efficienza e l'efficacia dell'amministrazione finanziaria, che possono ridurre lo scarto tra imposte dovute e imposte versate e avvicinarlo ai livelli medi europei. Infine, il CNEL ritiene che il Governo dovrebbe contabilizzare ex post i proventi del contrasto all'evasione fiscale.
  Vengo all'abbandono della lotta alle disuguaglianze. Nella manovra, il Fondo per la lotta alla povertà è incrementato di 500 milioni e alle politiche per la famiglia vanno finanziamenti per 600 milioni. Si tratta del 4 per cento delle spese previste in manovra.
  Tra i numerosi indicatori economici sociali e demografici che dimostrano una crescita delle difficoltà economiche e delle disuguaglianze, ci limitiamo a ricordare che l'ISTAT rileva 4,6 milioni di persone in condizioni di povertà assoluta e che nel 2015 la popolazione italiana è diminuita, per la prima volta negli ultimi novant'anni, di 130.000 unità, a causa principalmente della diminuzione delle nascite, che prosegue dal 2008, con 17.000 nascite in meno nel 2015 rispetto al 2014. Purtroppo, i dati del 2016 sono ancora più negativi, perché l'ultimo dato fa risalire a 15.000 il dato di nascite in meno in quest'anno. Si pensa di arrivare a 20.000 alla fine dell'anno. In un Paese senza nascita non c'è nemmeno possibilità di aumento del PIL, che è solo dovuto ai consumi, che con la crisi si sono notevolmente ridotti.
  In un Paese che mostra tali indicatori il CNEL ritiene che la lotta alla povertà e alle disuguaglianze debba essere una delle strategie centrali di una manovra di politica economica e che sia giunto il momento di ripensare il sistema di protezione sociale.
  ISTAT e Caritas indicano con chiarezza quali sono le fasce di popolazione in condizioni di maggiore sofferenza, quali regioni e le motivazioni alla base di tali condizioni. Sulla base di tali informazioni, ad avviso del CNEL, occorre verificare l'efficacia degli strumenti esistenti e prevedere nel disegno di legge di bilancio la revisione e integrazione di tali strumenti con una dotazione finanziaria adeguata.
  L'ultimo problema è il Mezzogiorno. Ci sono tanti problemi, ma il Mezzogiorno ci sta particolarmente a cuore.
  Per il Mezzogiorno, servono politiche ad hoc e politiche nazionali applicate con più vigore? La necessità è di riaprire il dibattito. Il Mezzogiorno è un'area strutturalmente diversa dal resto del Paese o le regioni del Sud soffrono degli stessi problemi delle regioni del Nord, ma in modo più grave? O, ancora, è un mix delle due situazioni? Nel primo caso, il Mezzogiorno avrebbe bisogno di politiche ad hoc; nel secondo caso, le medesime politiche nazionali andrebbero attuate nel Mezzogiorno con più energia.
  Ha senso parlare di Mezzogiorno e Centro-nord come di due macroaree distinte tra loro e omogenee al loro interno o ha più senso individuare alcune macroregioni? Il dibattito a livello accademico e scientifico su questi temi non è mai venuto meno e, rispetto al passato, disponiamo di indicatori più numerosi, tempestivi e qualitativamente migliori, realizzati anche per le esigenze di programmazione, monitoraggio e spesa dei fondi dell'Unione europea.
  Il CNEL condivide l'idea che senza la crescita del Mezzogiorno non ci sia crescita dell'Italia e propone la riapertura del dibattito sui suddetti temi a livello politico e istituzionale, con il coinvolgimento dei corpi intermedi che rappresentano a vario titolo le comunità nazionali e locali. Il dibattito deve avere l'obiettivo di costruire il consenso su strategie concordate e ritenute efficaci.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente Napoleone e la delegazione del CNEL.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'Agenzia delle entrate.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per Pag. 48il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti dell'Agenzia delle entrate.
  Ringrazio la dottoressa Rossella Orlandi, direttore dell'Agenzia delle entrate, che torna tra noi dopo alcune ore. Oggi passiamo alla manovra. I colleghi, già al termine dell'audizione sul decreto fiscale, avevano posto alcuni quesiti, che ovviamente, oggi, possono essere affrontati con maggior consapevolezza da tutti.
  Do la parola alla dottoressa Rossella Orlandi, direttore dell'Agenzia delle entrate.

  ROSSELLA ORLANDI, direttore dell'Agenzia delle entrate. Grazie, Presidente. Vi ringrazio preliminarmente per avermi offerto l'opportunità di esprimere alcune personali riflessioni, frutto delle osservazioni maturate in questi anni alla guida dell'amministrazione finanziaria. Il contesto è certamente uno dei più stimolanti, perché è in discussione il disegno di legge di bilancio, al quale spetta il delicato compito di fungere da punto di equilibrio fra le contrapposte esigenze di entrata e di spesa, così avvertite anche dalla comunità sociale in un momento storico delicato, come quello attuale.
  Il punto di osservazione da cui mi pongo è poi ancora più interessante, in quanto il fisco, cui siamo abituati a pensare secondo il tradizionale insegnamento delle scienze delle finanze come principale capitolo delle entrate dello Stato, è sempre più spesso chiamato a fungere da importante leva per la crescita e lo sviluppo del Paese, ricoprendo pertanto un ruolo attivo anche sotto il profilo della spesa. Si tratta della nota funzione extra-fiscale del tributo, la cui struttura, sempre più spesso, si modifica alla luce dell'obiettivo meta-tributario, che si intende raggiungere, disincentivante in alcuni casi e incentivante in altri più numerosi, come vedremo nell'analisi di alcune misure.
  La recente esperienza della delega fiscale, in particolare, ha consolidato l'uso del tributo come strumento di incentivazione, rafforzando l'idea secondo cui lo sviluppo e la competitività di un Paese passano anche attraverso la forza attrattiva che una politica fiscale agevolativa, purché seria e rigorosa nonché attenta al rispetto nei limiti interni e internazionali, può offrire ai potenziali investitori.
  Mi pare che anche il disegno di legge di bilancio si ponga, in parte, sulla stessa linea d'onda, innanzitutto destinando le maggiori risorse derivanti dalle misure di contrasto all'evasione fiscale e di efficientamento delle attività di riscossione, contenute essenzialmente nel decreto-legge n. 193 del 22 ottobre 2016, al finanziamento di una serie di provvedimenti, che si pongono, da un lato, a sostegno della competitività delle imprese e della crescita economica e, dall'altro, come strumenti di incentivazione per l'individuo.
  Mi preme, infatti, sottolineare come il disegno di legge di bilancio, quale provvedimento a vocazione generale, operi in entrambe le direzioni sopraindicate. Nella direzione del potenziamento della competitività economica del sistema Paese, tralasciando gli interventi che hanno portata estremamente settoriale e ambiti di applicazione più limitati, è indiscutibile che il provvedimento metta in campo una serie di modifiche essenzialmente volte a ridurre il prelievo tributario sul reddito d'impresa, attraverso le riduzioni di aliquote, gli incentivi alla capitalizzazione, l'introduzione di regimi nuovi, la proroga di misure agevolative già introdotte nel sistema, sempre nell'ottica di garantire neutralità nelle scelte delle forme organizzative della propria attività e nel rispetto di immanenti esigenze di semplificazione. Le misure introdotte riguardano sia le imprese più strutturate che quelle di ridotte dimensioni.
  Anche su alcune di queste misure mi soffermerò più avanti, ma, a titolo di esempio in questa direzione, basti pensare: alla proroga e al rafforzamento della disciplina di maggiorazione della deduzione degli ammortamenti, incentrata in particolare sull'investimento in nuovi beni strumentali ad alto contenuto tecnologico, che realizza anche l'importante funzione di strumento di potenziamento di questi ultimi, nella prospettiva nota come «Industria 4.0»; alla proroga dei termini di rivalutazione dei Pag. 49terreni di partecipazione e ancora di più alla riapertura, ampiamente richiesta dagli operatori del settore, dei termini per l'assegnazione o la cessione agevolata e per l'estromissione dei beni dal patrimonio dell'impresa da parte dell'imprenditore individuale; all'introduzione di una nuova disciplina dell'imposta sul reddito imprenditoriale, finalizzata a favorire la capitalizzazione delle imprese e a eliminare alcune penalizzazioni del previgente sistema di tassazione degli imprenditori individuali e delle società di persone; al rafforzamento del credito d'imposta per le attività di ricerca e sviluppo; alle misure di sgravio per gli imprenditori agricoli professionali; all'estensione e al rafforzamento delle agevolazioni per gli investimenti nelle start-up e nelle piccole e medie imprese innovative; al regime di cassa introdotto per le imprese in contabilità semplificata.
  Sotto il versante della tutela dell'individuo, anche al di fuori della sfera economica imprenditoriale, nel contesto più generale degli interventi nel settore previdenziale e assistenziale e delle altre politiche di sostegno, che costituiscono una fetta significativa degli impegni di spesa (circa il 24 per cento del totale), si apprezzano molteplici misure fiscali rivolte all'individuo come persona. Mi riferisco, per esempio, alla disposizione che prevede la riduzione del canone Rai e alla norma, che nell'ottica del contenimento della pressione fiscale complessiva, proroga anche nel 2017 per gli enti locali il blocco degli aumenti delle aliquote dei tributi e delle relative addizionali regionali, nonché alla disposizione che modifica l'articolo 13 del testo unico o ancora a quella che, nella prospettiva di attrarre in Italia persone che hanno un'alta capacità di spesa, quindi di incrementare la domanda interna, introduce una nuova imposta sostitutiva opzionale sui redditi prodotti all'estero, realizzati da persone fisiche, che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia.
  Per le misure rivolte all'individuo come lavoratore, vorrei citare, per esempio, la disposizione, che rende permanente l'agevolazione per il cosiddetto «rientro dei cervelli» e le misure destinate a potenziare la disciplina dei premi di produttività e il welfare aziendale, mentre tra quelle rivolte all'individuo nella dimensione familiare, c'è, per esempio, il buono per l'asilo nido.
  Nel disegno di legge di bilancio un importante capitolo è quello che concerne le detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e riqualificazione antisismica ed energetica, su cui mi soffermerò anche oltre, trattandosi di misure che, come è noto, sono apprezzabili tanto nella prospettiva del consumatore finale dell'intervento, cui viene riconosciuta una detrazione, quanto in quella delle imprese operanti nei settori interessati dalle disposizioni, implicitamente incentivati, senza trascurare, peraltro, che tali misure determinano un contrasto di interessi utile a far emergere basi imponibili e agevolano interventi fondamentali per la sicurezza e la qualità della vita dei cittadini che la effettuano.
  Mi soffermerei su alcune delle misure più importanti e partirei dal credito d'imposta per la ricerca e lo sviluppo. Il disegno di legge interviene sull'attuale disciplina del credito d'imposta su ricerca e sviluppo, misura già ampiamente conosciuta nell'ordinamento come figura emblematica dell'uso dell'incentivo fiscale quale leva per la promozione dell'innovazione.
  La disciplina del credito, introdotta nel noto decreto «Destinazione Italia» nel dicembre 2013, senza tuttavia trovare concreta attuazione per mancanza di copertura finanziaria, era già stata modificata dalla legge di stabilità 2015, nella prospettiva di agevolare, da un lato, gli investimenti e, dall'altro, l'occupazione del personale con profilo altamente qualificato. La disciplina torna nuovamente al centro dell'attenzione, perché ne vengono potenziati ulteriormente gli effetti, in ordine alla misura e ai tempi di fruizione, e riguardo ai soggetti ammessi, con l'intento di renderla più appetibile ed accessibile.
  Sotto il primo profilo, la norma contenuta nel disegno di legge da un lato riconosce il credito d'imposta nella misura unica del 50 per cento per le spese sostenute in eccedenza, rispetto alla media degli investimenti in ricerca e sviluppo realizzati nei Pag. 50tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015, le cosiddette «spese incrementali», e, dall'altro, ne dispone la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2020.
  Sotto il secondo versante, quello dei soggetti ammessi, il disegno di legge interviene in particolare sull'ambito di applicazione del credito d'imposta, al fine di favorire le attività di ricerca e sviluppo svolte da imprese che operano sul territorio nazionale in base a contratti di committenza con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell'Unione europea, negli Stati aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo ovvero in Stati inclusi nella lista, di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 4 settembre 1996.
  Inoltre, la nuova disposizione conferma l'ammissione al credito di imposta delle spese relative a tutto il personale impiegato nell'attività di ricerca e sviluppo, sia altamente qualificato sia tecnico. È atteso che tutte le spese incrementali, ammissibili al credito d'imposta, alla luce dell'intervento in esame, siano agevolabili nella misura del 50 per cento e che, per esigenze di coordinamento, venga abrogata la previgente disposizione, nella parte in cui, al fine di incentivare ulteriormente le spese relative al personale altamente qualificato e la ricerca extra muros, prevedeva per queste ultime l'innalzamento al 50 per cento.
  È stato, infine, significativamente aumentato il limite entro il quale può spettare il beneficio fiscale, portandolo da 5 a 20 milioni di euro, in modo da agevolare concretamente i soggetti innovativi di più grandi dimensioni che effettuano consistenti spese in ricerca, con ruolo trainante per l'economia del Paese.
  Una delle misure più interessanti è sicuramente l'introduzione dell'imposta sul reddito d'impresa (IRI). Infatti il comma 1 dell'articolo 68 del disegno di legge in discussione, con l'introduzione dell'imposta sul reddito di impresa, innova sotto il profilo strutturale il sistema di imposizione sui redditi di impresa prodotti dalle persone fisiche, in forma individuale o associata.
  In via preliminare, si ricorda che l'introduzione di una tale modalità di imposizione era stata auspicata già nell'ambito dei lavori della Commissione Biasco, istituita nel 2007 addirittura, laddove era stato evidenziato che, con l'introduzione di questo tipo di regime basato sull'applicazione dell'aliquota proporzionale anche a soggetti IRPEF che producono reddito d'impresa, si realizzavano grandi passi all'interno della riforma verso un avvicinamento della tassazione delle imprese personali e individuali a quella delle imprese societarie. Tale auspicio era poi stato accolto nella legge delega fiscale 11 marzo 2014, n. 23, ove all'articolo 11 era demandata al Governo l'emanazione dei decreti legislativi recanti, fra l'altro, l'introduzione dell'imposta sul reddito d'impresa.
  L'introduzione della nuova imposta era attesa da molto tempo da parte degli operatori economici come segno di cambiamento importante e strutturale della tassazione, teso a dare alle imprese individuali un'imposta propria, in omaggio all'esigenza di equità del prelievo. Gli obiettivi fondamentali dell'IRI sono: ridurre il prelievo per la parte di utile che rimane in azienda; incentivare le medie imprese ad aumentare il proprio patrimonio; consentire alle imprese di essere assoggettate ad un'imposta proporzionale, con un'aliquota corrispondente a quella dell'IRES, senza essere obbligati a modificare la forma in cui svolgono l'attività.
  Ora, entrando nel merito del funzionamento tecnico della nuova disposizione, la lettera b) del comma 1 del citato articolo 68 prevede l'inserimento nel Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di una nuova disposizione, recante la disciplina dell'imposta sul reddito d'impresa. Si tratta di un regime opzionale per le imprese individuali e le società di persone commerciali in contabilità ordinaria. La disposizione è finalizzata a favorire la capitalizzazione delle imprese, separando ai fini impositivi il reddito derivante dall'impresa, che sconta la tassazione in misura proporzionale, dagli altri redditi percepiti dall'imprenditore, in cui confluirà anche il reddito che lo stesso imprenditore ritrae dall'azienda come compenso Pag. 51 per il suo contributo lavorativo, assoggettato all'ordinaria IRPEF in misura progressiva. In altri termini, gli imprenditori individuali, per la parte di reddito reinvestito nell'azienda, non sono assoggettati a tassazione progressiva; questa viene, invece, operata all'atto del prelievo dal reddito d'impresa.
  Con l'opzionalità il legislatore ha inteso salvaguardare l'esigenza di lasciare l'imprenditore individuale o le società di persone, interessate dalle novità, liberi di scegliere la forma di tassazione cui essere assoggettati. Il reddito di impresa assoggettato a tassazione separata, con l'applicazione dell'aliquota prevista ai fini IRES nella misura del 24 per cento a partire dal 2017, non concorre alla formazione del reddito complessivo dell'imprenditore o del socio, ai fini IRPEF. In tal modo, si realizza l'equiparazione dell'imposizione dei redditi di impresa, a prescindere dalla forma organizzativa adottata, secondo un approccio di sostanziale neutralità della scelta della forma organizzativa dell'impresa.
  Ricordo che, nel 2017, con la riduzione dell'IRES dal 27,5 al 24, la nostra aliquota si avvicinerà a quella mediamente praticata nell'Unione europea. A questa riduzione della tassazione, che riguarda le imprese medio-grandi, si affianca, grazie all'IRI, anche la riduzione della tassazione delle piccole imprese.
  Come evidenziato dalla relazione illustrativa, scindendo il reddito dell'impresa, tassato sempre per l'aliquota dell'imposta sulle società, che è generalmente inferiore all'aliquota marginale massima dell'imposta personale dell'imprenditore o dei soci, da quello dell'imprenditore, diviene possibile sgravare in modo sostanziale e percepibile il reddito reinvestito nell'impresa e mantenere una tassazione analoga a quella degli altri redditi del lavoro, sulla parte del reddito che l'imprenditore ritrae dell'azienda per soddisfare i propri bisogni. In sostanza, mentre si mantiene un'equità orizzontale, ai fini IRPEF, sui redditi personali dei diversi tipi di lavoro (dipendente, autonomo e imprenditoriale) si riconosce, concedendo un carico fiscale ridotto, l'utilità sociale della patrimonializzazione dell'investimento nell'azienda.
  I soggetti beneficiari del regime IRI sono individuati negli imprenditori individuali e nelle società di persone commerciali in contabilità ordinaria. Il regime è fruibile, quindi, da tutti i soggetti IRPEF che svolgono attività di impresa, a prescindere da qualsivoglia parametro dimensionale, quindi anche da soggetti che, per loro natura, sono ammessi a regime di contabilità semplificata o a regime per i contribuenti minori. In questi ultimi casi, tuttavia, il regime è applicabile solo se i soggetti sono in contabilità ordinaria per opzione. La base imponibile è calcolata applicando le ordinarie regole di determinazione del reddito d'impresa, previste al capo sesto del Testo unico, portando in deduzione le somme prelevate a carico dell'utile dell'esercizio e delle riserve di utili dall'imprenditore e dai collaboratori familiari o dei soci.
  A tal riguardo, bisogna evidenziare che l'ammontare dell'utile di esercizio e delle riserve di utili costituisce il limite massimo dei prelevamenti possibili. Al fine del regime IRI, i prelievi di utili assumono rilevanza fiscale, ai fini della deducibilità, in capo alla società o all'impresa individuale ovvero di tassazione ai fini IRPEF per i soci titolari e collaboratori, nei limiti del reddito di esercizio o dei redditi di esercizi precedenti che hanno già scontato la tassazione con aliquota proporzionale. I redditi delle imprese eccedenti la misura dell'utile d'esercizio in modo definitivo restano assoggettati esclusivamente all'IRI, dal momento che non potranno essere oggetto di prelevamento. Ai fini della determinazione del limite di deducibilità delle somme prelevate, il reddito di esercizio o di esercizi precedenti va considerato al netto delle perdite IRI riportabili.
  Il comma 2 dell'articolo 55-bis del TUIR regola il riporto delle perdite generate in costanza del regime IRI, prevedendo la possibilità di riportare in avanti le perdite al fine di utilizzarle in compensazione dei redditi nei periodi di imposta successivi per l'intero importo che trova capienza in ciascuno di essi, senza il vincolo temporale del quinquennio, quindi in deroga a quanto Pag. 52previsto dall'articolo 8, comma 3, del TUIR per il riporto delle perdite delle imprese individuali e società di persone in contabilità ordinaria.
  Trattandosi di un regime opzionale, con durata temporalmente limitata, è stato regolamentato il regime transitorio delle perdite maturate nel regime IRI e non utilizzate prima dell'uscita dallo stesso. In particolare, si è previsto che, in caso di fuoriuscita dal regime IRI, l'ultimo anno di permanenza in questo regime costituisca l'anno di maturazione delle perdite residue, dal quale far decorrere il quinquennio entro cui tali perdite potranno essere utilizzate.
  Per quanto concerne la modalità di imposizione delle somme prelevate a carico dell'utile dell'esercizio e delle riserve di utili dell'imprenditore e dei collaboratori familiari o dei soci, il comma 3 dell'articolo 55-bis del TUIR stabilisce che le stesse concorrano a formare il reddito imponibile in capo al percettore come reddito di impresa. In tal modo, le somme che l'imprenditore o il socio preleva dall'impresa non mutano la natura di reddito di impresa e concorrono in tale veste alla formazione del reddito complessivo dell'imprenditore o socio.
  Il comma 4 dell'articolo 55-bis del TUIR disciplina le modalità di opzione per il regime IRI, prevedendo che l'opzione abbia durata pari a cinque periodi d'imposta e sia rinnovabile. Tale scelta è effettuata dall'imprenditore e dalla società di persone nella dichiarazione dei redditi e ha effetto dal periodo d'imposta in cui è riferita la dichiarazione.
  Il comma 5 dell'articolo 55-bis del TUIR prevede che nel regime IRI non trova applicazione l'imputazione per trasparenza dei redditi in capo ai soci previsti dall'articolo 5 del TUIR, in quanto gli utili non distribuiti ai soci, quindi non prelevati, essendo reinvestiti nell'attività di impresa, non sono più attribuibili o imputabili ai soci in base al principio di trasparenza fiscale.
  L'imposta sui redditi di impresa è, infatti, a carico della società di persone e resta ferma l'applicazione della presunzione di proporzionalità ai conferimenti eseguiti, previsti dall'articolo 5 del TUIR, per la concorrenza del reddito di impresa prodotto dalla società in capo ai soci. Pertanto, i redditi di impresa dei soggetti di cui all'articolo 5 del TUIR verranno sottoposti a due diverse forme di prelievo, ai fini delle imposte dirette. In capo alla società, sono imponibili, ai fini IRI, i redditi di impresa non percepiti dai soci, quindi reinvestiti, mentre solo le somme distribuite ai soci concorrono alla formazione del reddito complessivo imponibile, ai fini dell'IRPEF, in capo agli stessi.
  Il comma 6 del citato articolo 55-bis regola, infine, la distribuzione delle riserve pregresse di utili successivamente all'ingresso nel regime IRI, al fine di evitare fenomeni di doppia tassazione. All'uopo si è garantita l'irrilevanza reddituale delle somme prelevate dall'imprenditore o socio, a carico di riserve costituite da utili già tassati per trasparenza fuori dal regime IRI, che quindi da un lato non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini IRPEF dell'imprenditore individuale o dei soci delle società di persone, dall'altro non possono essere portate in deduzione dal reddito assoggettabile a IRI. Contestualmente si è stabilita una presunzione, per cui si considerano distribuite prima le riserve formate antecedentemente all'ingresso nel regime.
  Con finalità di coordinamento, la lettera a) del comma 1 dell'articolo 68 del disegno di legge di bilancio modifica l'articolo 23 del TUIR con l'inclusione, fra le fattispecie reddituali imponibili per i soggetti non residenti, delle somme erogate ai soci di società di persone, ai sensi dell'articolo 55-bis. La lettera c) del comma 1 dell'articolo 68 dello schema normativo, in coerenza con l'introduzione del sistema tributario della disciplina IRI, integra l'articolo 116 del TUIR, che consente l'opzione per la trasparenza fiscale per le società a ristretta base societaria, prevedendo la possibilità per le società a responsabilità limitata il cui volume di ricavi non superi le soglie previste per l'applicazione degli studi di settore (fino a 5 milioni e qualcosa) e con una compagine sociale composta esclusivamente Pag. 53da persone fisiche in numero non superiore a 10 o a 20 nel caso di società cooperative, di optare per il regime IRI.
  La scelta è volta a evitare la disparità di trattamento che si sarebbe verificata fra le società di persone commerciali in contabilità ordinaria, che possono optare per l'IRI a norma del nuovo articolo 55-bis del TUIR, e quelle società di capitali che, proprio in virtù della composizione della base societaria e dei limiti dimensionali dell'attività esercitata, si trovano in una situazione fattuale analoga.
  In particolare, nel nuovo comma 2-bis dell'articolo 116, nel consentire l'opzione per il regime IRI alle società di capitale a ristretta base societaria, si prevede l'applicazione per queste ultime delle regole di determinazione del reddito ai fini IRPEF, chiarendo contestualmente che gli utili derivanti dalla partecipazione sono trattati alla stregua dei compensi previsti dal comma 2 dell'articolo 55-bis e quindi perdono la natura di reddito di capitale, ma concorrono alla formazione del reddito del percettore quale reddito d'impresa. A ciò consegue la non applicazione delle ritenute d'acconto previste agli articoli 26 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 600.
  Un altro pezzo importante che stava già nella delega, ma che poi è slittato nel provvedimento successivo, è il regime di tassazione per cassa per le imprese minori. L'articolo 5 del disegno di legge di bilancio 2017 introduce per le imprese individuali e le società di persone in regime di contabilità semplificata un regime di determinazione del reddito e del valore della produzione netta fondato sul criterio di cassa, in sostituzione del criterio di competenza.
  La disposizione interessa 439.000 imprese in forma associata e 1.766.000 imprese individuali. Le modifiche introdotte determinano una revisione delle regole di tassazione applicabili ai fini delle imposte sui redditi e ai fini IRAP, nell'ottica di agevolare e semplificare i criteri di determinazione del reddito delle piccole imprese.
  In particolare, la nuova formulazione del comma 1 dell'articolo 66 del TUIR deroga al criterio della competenza, attribuendo rilevanza fiscale ai ricavi percepiti e alle spese sostenute. Ciò consente di correlare tassazione e liquidità delle imprese.
  Restano ferme invece le regole di determinazione e imputazione temporale di plusvalenze, minusvalenze, sopravvenienze, ammortamenti e accantonamenti. Per motivi di coordinamento la norma provvede a modificare il precedente comma 3 dell'articolo 66 del TUIR, al fine di rendere coerente la nuova formulazione normativa con il principio di cassa.
  Più precisamente, è stato modificato il riferimento ai commi dell'articolo 109 del TUIR, riguardanti l'applicazione del criterio di competenza, e sono stati soppressi gli ultimi due periodi del predetto articolo 66, che consentono ai soggetti in regime di contabilità semplificata di dedurre i costi concernenti i contratti da cui derivano corrispettivi periodici, relativi a spese di competenza dei due periodi di imposta e di importo non superiore a 1.000 euro, nell'esercizio in cui ricevono il documento probatorio, anziché alla data di maturazione dei corrispettivi.
  Per evitare fenomeni di doppia imposizione, la norma prevede che il reddito per il periodo d'imposta in cui si applica il principio di cassa sia ridotto dell'importo delle rimanenze finali, che hanno concorso a formare il reddito dell'esercizio precedente, soggetto al regime ordinario.
  Le nuove disposizioni introducono il criterio di cassa per le imprese non solo per le imposte sui redditi, ma anche ai fini IRAP. In particolare, la norma stabilisce che la base imponibile delle imprese individuali e delle società di persone in regime di contabilità semplificata è determinata con i medesimi criteri previsti dall'articolo 66 del TUIR.
  La nuova norma provvede peraltro ad allineare gli obblighi contabili delle imprese minori in regime di contabilità semplificata alle modifiche introdotte nell'articolo 66 del TUIR. In tale ottica è stato modificato l'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, prevedendo in luogo dell'annotazione dell'ammontare globale delle entrate e delle Pag. 54uscite relative a tutte le operazioni effettuate nella prima e nella seconda metà di ogni mese, l'annotazione analitica, in un apposito registro, dei ricavi percepiti e dei costi sostenuti da coloro che non eseguono operazioni soggette a registrazione ai fini IVA.
  Ovviamente, poiché si tratta di un regime ordinario, ma che richiede un maggiore onere contabile, che è la registrazione, è data la possibilità all'imprenditore, soprattutto ai piccoli imprenditori, di optare per rimanere nel regime ordinario, che è quello precedente all'introduzione del principio di cassa.
  Gli ammortamenti, altro tema molto importante. Il disegno di legge di bilancio prevede la proroga e il rafforzamento della disciplina relativa alla maggiorazione della deduzione di ammortamenti. È il caso di ricordare che la legge di stabilità per il 2016 aveva introdotto per gli acquisti di beni materiali e strumentali nuovi, effettuati entro il 31 dicembre 2016, il cosiddetto «super ammortamento», ossia la possibilità per l'imprenditore e il lavoratore autonomo di dedurre ai fini delle imposte sui redditi ammortamenti pari al costo di acquisizione del bene, aumentati del 40 per cento.
  Con riferimento alla proroga è ora possibile fruire del super-ammortamento dei beni in esame acquistati dai contribuenti interessati entro il 31 dicembre 2017 o fino al 30 giugno 2018, a condizione che entro il 31 dicembre 2017 l'ordine risulti accettato dal venditore e siano stati pagati acconti per almeno il 20 per cento. La proroga non vale per i veicoli e i mezzi di trasporto, tranne che per quelli utilizzati esclusivamente come beni strumentali dell'impresa.
  Il disegno di legge di bilancio introduce, accanto al super ammortamento, una disciplina nuova e specifica, il cosiddetto «iper-ammortamento», che riguarda i beni materiali e strumentali nuovi acquistati nel medesimo arco temporale, che sono funzionali alla trasformazione tecnologica o digitale in chiave «Industria 4.0». Si tratta di beni ad elevatissima tecnologia, interconnessi e collegati ad internet, per i quali la maggiorazione è riconosciuta nella misura rafforzata del 150 per cento del costo di acquisizione.
  Per la fruizione dei benefici connessi all'iper ammortamento, l'impresa è tenuta a produrre una dichiarazione resa dal legale rappresentante, ovvero, per i beni che hanno un costo di acquisizione superiore a 500.000 euro, una perizia tecnica giurata attestante che il bene possiede le particolari caratteristiche. I beni che possono fruire di questa agevolazione sono indicati in un apposito allegato.
  Un altro tema che ci era stato chiesto di specificare era quello dei crediti di imposta. Il disegno di legge di bilancio per il 2017 dedica particolare attenzione alle agevolazioni fiscali previste per i lavori condominiali, sia di riqualificazione energetica che edilizi, con particolare riferimento a quelli antisismici. Le agevolazioni vigenti vengono infatti non solo prorogate, ma in alcuni casi potenziate, facilitandone peraltro la fruizione attraverso la possibilità di cederle sotto forma di credito d'imposta a determinate condizioni.
  Analogamente a quanto previsto dalle norme vigenti fino al 2016, ai fini delle agevolazioni fiscali sono assimilati ai lavori condominiali quelli che riguardano l'edificio nella sua interezza, anche se realizzate sulla parte di proprietà dei singoli condomini.
  Diversamente da quanto previsto dalle precedenti leggi di stabilità, che disponevano proroghe annuali, il disegno di legge di bilancio proroga le agevolazioni per i lavori condominiali di risparmio energetico e antisismici di cinque anni, fino al 31 dicembre 2021. Il più ampio periodo di proroga è previsto anche per i lavori assimilati a quelli condominiali, ma non anche per i lavori che interessano le singole unità abitative, che vengono prorogati di un solo anno.
  Per quanto riguarda gli interventi finalizzati al risparmio energetico, la misura della detrazione resta confermata al 65 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica di singole unità abitative e di parti condominiali, mentre per gli interventi effettuati sulle parti comuni, che comportano Pag. 55 un risparmio energetico più significativo, la percentuale di spesa detraibile è elevata al 70 per cento nel caso di interventi che interessino l'involucro dell'edificio, il famoso «cappotto», al 75 per cento nei casi di interventi finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale ed estiva, che conseguano determinati standard individuati in base al decreto del Ministro dello sviluppo economico del 26 giugno 2015 e asseverati da professionisti abilitati mediante il cosiddetto APE (attestato di prestazione energetica degli edifici).
  A differenza di quanto previsto dalla normativa vigente, che detta limiti di detrazione massima a seconda della tipologia di intervento finalizzata al risparmio energetico, il disegno di legge di bilancio stabilisce un unico limite, che tiene conto della dimensione dello stabile, fissato in misura non superiore a 40.000 euro di spesa, moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l'edificio.
  Sul punto la norma non apparire inequivocabile, per cui, al fine di fugare ogni possibile dubbio in sede interpretativa, sarebbe utile che la norma, così come predispone per gli interventi di adeguamento antisismico, limiti espressamente il nuovo parametro di commisurazione dell'agevolazione ai soli interventi di riqualificazione che danno diritto ad una maggiore percentuale di detrazione.
  Il disegno di legge di bilancio potenzia inoltre le agevolazioni fiscali per i contribuenti che adottano misure antisismiche per le parti comuni di edifici condominiali. Si viene così incontro anche alle pressanti esigenze dei cittadini che risiedono nei territori interessati dai recenti eventi sismici. Con riferimento a tali interventi il disegno di legge non solo conferma la maggiore misura della detrazione spettante per la generalità degli interventi antisismici, già prevista fino al 31 dicembre 2016 nella percentuale del 65 per cento in luogo del 36 per cento ordinario, ma prevede la proroga triennale di tale maggior misura fino al 31 dicembre 2021 e fino a tale data ne consente la ripartizione in cinque quote annuali anziché in dieci.
  A differenza della precedente normativa, tale beneficio si applica non solo agli edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2), ma in un'ottica di prevenzione e conservazione del patrimonio edilizio anche agli edifici situati nelle zone 3, a minor rischio sismico. Per le medesime finalità di prevenzione e conservazione, la detrazione già prevista per gli interventi realizzati sugli immobili adibiti ad abitazione principale e ad attività produttive riguarda ora, oltre agli immobili produttivi, tutti gli immobili abitativi.
  Analogamente a quanto previsto per gli interventi di riqualificazione energetica, anche per gli interventi antisismici la misura della detrazione è aumentata per quelli più significativi ed è pari al 70 per cento della spesa sostenuta se dalla realizzazione degli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche deriva una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio ad una classe inferiore di rischio, e all'80 per cento se dall'intervento deriva il passaggio a due classi di rischio inferiore.
  Se inoltre i predetti interventi relativi all'adozione di misure antisismiche sono realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali, le detrazioni spettano rispettivamente nella misura del 75 e dell'85 per cento. Per questi interventi la misura della detrazione è fissata, così come per i precedenti interventi di riqualificazione energetica, tenendo conto dell'entità dello stabile, in quanto spetta su un ammontare delle spese non superiore a 96.000 euro, moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio.
  In questo caso la formulazione della norma è chiara nel riferire tale parametro alla detrazione dei soli interventi più significativi.
  La norma peraltro individua con particolare rigore le caratteristiche degli interventi e conseguentemente l'ambito di applicazione delle agevolazioni fiscali, in quanto demanda a un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottarsi entro il 28 febbraio 2017, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, l'emanazione di apposite linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni, Pag. 56 nonché per le modalità di attestazione da parte di professionisti abilitati dell'efficacia degli interventi effettuati.
  Per ampliare la platea di cittadini incentivati ad effettuare gli interventi premiati o le maggiori detrazioni previste per gli interventi di cui ho parlato, è prevista una facilitazione nella fruizione del beneficio fiscale, attivabile mediante la cessione sotto forma di credito d'imposta della detrazione spettante.
  Tale cessione si affianca a quella disciplinata dalla legge di stabilità per il 2016 e prorogata per l'anno 2017 dal disegno di legge, accordata con riferimento alle spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici ai contribuenti che ricadono nella cosiddetta no tax area. I contribuenti interessati sono quelli che possiedono redditi esclusi dall'imposizione ai fini dell'IRPEF o per espressa previsione o perché l'imposta lorda è assorbita dalle detrazioni di cui all'articolo 13 del TUIR.
  Questi ultimi non avrebbero potuto in concreto fruire della corrispondente detrazione, atteso che la stessa spetta fino a concorrenza dell'imposta lorda. Le modalità attuative sono contenute nel provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate del 22 marzo 2016.
  Il credito può essere utilizzato dal soggetto cessionario, vale a dire dall'impresa o dai fornitori che sono intervenuti nei lavori, in dieci rate annuali, esclusivamente a compensazione dei debiti fiscali.
  Il disegno di legge di bilancio estende e rende più agevole la possibilità di avvalersi di tale meccanismo di cessione del credito sia per quanto riguarda il cedente, sia per quanto riguarda il cessionario. Il cedente, infatti, a differenza di quanto previsto dalla normativa precedente, può anche non trovarsi nella no tax area e può cedere il credito ad un soggetto privato diverso dai fornitori; il cessionario, a differenza di quanto previsto dalla normativa precedente, oltre a utilizzare il credito in compensazione per il pagamento di imposte e contributi, può a sua volta cederlo ad altri soggetti privati.
  Per il cessionario l'acquisizione del credito risulta meno onerosa in ragione della maggior misura della detrazione cui corrisponde il credito. Il disegno di legge demanda a un provvedimento dell'Agenzia delle entrate il compito di emanare entro 60 giorni le modalità attuative della misura.
  Tenuto conto che il provvedimento potrà tuttavia dettare solo le modalità attuative per consentire la fruizione del credito da parte dei cessionari, utilizzando peraltro, per quanto possibile, l'applicazione informatica già proposta, non appare possibile demandare al provvedimento stesso altri aspetti della regolamentazione. In particolare, sarebbe opportuno che la legge stabilisse chiaramente se il cessionario può utilizzare il credito d'imposta in cinque o dieci rate, così come previsto per le detrazioni d'imposta, o se può utilizzarlo in un'unica soluzione.
  La precedente norma, che prevedeva la cessione della detrazione sotto forma di credito d'imposta, chiariva tale aspetto nella relazione tecnica, nel senso di prevedere la fruibilità del credito in dieci anni, e a tale criterio l'Agenzia si è adeguata in sede di redazione del proprio provvedimento. Trattandosi di un aspetto di indubbio impatto non solo in termini finanziari, ma anche in termini di appetibilità della misura, potrebbe essere opportuna una specificazione normativa.
  Per quanto riguarda le limitazioni di natura soggettiva alla cessione del credito, la relazione illustrativa prevede esplicitamente che rimane esclusa la cessione a istituti di credito e ad intermediari finanziari. Tale scelta non nasce da motivi di natura fiscale e non può evidentemente essere modificata in via amministrativa con il provvedimento del direttore. Non è quindi possibile fugare le perplessità manifestate dagli operatori economici, i quali ritengono che tale esclusione potrebbe riproporre le medesime criticità rilevate per la cessione del credito introdotta lo scorso anno in ordine alla scarsa appetibilità della misura per gli operatori del settore.
  Questi ultimi infatti vedrebbero crescere in misura significativa la propria posizione Pag. 57 creditoria verso l'Erario, con la conseguenza di non consentire ai titolari della detrazione di avvalersi della facoltà di cedere il corrispondente credito.
  Un'altra parte interessante è riferita ai premi di risultato e al welfare aziendale. Il disegno di legge modifica inoltre alcuni aspetti del regime agevolato previsto per i premi di risultato, introdotto a sistema dalla legge di stabilità per il 2016, la quale ha superato il carattere temporaneo della misura prevista nel 2008 e successivamente prorogata con alcuni distinguo di anno in anno, fino al 2014.
  Detto regime prevede che le imprese che incrementano la propria produttività possano erogare premi di risultato assoggettati all'imposta sostitutiva del 10 per cento, in luogo dell'ordinaria tassazione progressiva. L'intervento, previsto a partire dal 2017, è rivolto da un lato ad ampliare la platea dei lavoratori che possono fruire del regime di favore e ad elevare l'entità dei premi agevolabili, dall'altro a valorizzare il ricorso al welfare aziendale.
  Dal 2017, infatti, possono fruire dell'agevolazione i lavoratori del settore privato che hanno un reddito di lavoro dipendente non superiore a 80.000 euro, e non più i soli lavoratori con reddito di lavoro dipendente non superiore a 50.000. Inoltre l'importo del premio di produttività agevolabile è elevato da 2.000 a 3.000 euro, ovvero, in caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell'organizzazione aziendale, da 2.500 a 4.000 euro.
  Già la legge di stabilità per il 2016 ha riconosciuto al lavoratore la facoltà, sempre prevista dalla contrattazione di secondo livello, di convertire il premio di risultato agevolabile con benefit esclusi dalla formazione del reddito di lavoro dipendente. Attualmente la sostituibilità fra premio di risultato e benefit è limitata ad alcune tipologie e soggetta a due ordini di limiti, quello previsto per il premio agevolabile e quello previsto nella normativa tributaria ai fini della detassazione dei benefit erogati al dipendente dal datore di lavoro.
  Il disegno di legge, per favorire la diffusione dei piani di welfare aziendale, prevede la possibilità di includere nella gamma dei benefit che il lavoratore può richiedere in sostituzione del premio anche l'utilizzo di autovetture aziendali, la locazione di fabbricati o la concessione di prestiti a tassi agevolati, nel rispetto dei limiti ordinariamente previsti per l'esclusione di talune utilità dal reddito di lavoro dipendente.
  Inoltre, dal 2017 la conversione del premio di risultato in benefit per le prestazioni di welfare di particolare rilevanza sociale, quali l'assistenza sanitaria, la previdenza complementare e l'azionariato diffuso, è ammessa anche senza tener conto dei limiti ordinariamente previsti per l'esclusione dal reddito di questa tipologia di benefit.
  Detti limiti, pari a 5.164 euro per i contributi di previdenza complementare, 3.615 per i contributi alle casse di assistenza sanitaria, 2.065 per le assegnazioni di azioni, continuano a operare solo nell'ipotesi ordinaria, vale a dire al di fuori della disciplina dei premi agevolabili. Le deroghe previste consentono ai lavoratori di conseguire maggiori prestazioni assistenziali e previdenziali in esenzione d'imposta e inoltre promuovono una loro maggior partecipazione al rischio aziendale, in diretta correlazione con gli incrementi di produttività, redditività, efficienza e innovazione dell'impresa, che la legge mira a incentivare.
  In sostanza il disegno di legge di bilancio prevede che, allorché il lavoratore scelga di destinare, in tutto o in parte, i premi di risultato alle forme pensionistiche complementari, tale contribuzione, anche se eccedente il limite di deducibilità di 5.164 euro, non concorre a formare il reddito da lavoro dipendente. Ne consegue che, se alcuni contributi versati al fondo hanno già raggiunto il plafond massimo di esclusione dal reddito, possano comunque essere versati in esenzione ulteriori 3.000 euro in caso di conversione del premio.
  Tale contribuzione è detassata e inoltre non sarà assoggettata a tassazione neanche nella successiva fase di erogazione della prestazione previdenziale.
  Analoga disposizione è dettata con riferimento ai contributi di assistenza sanitaria, i quali, ove versati per scelta del lavoratore in sostituzione del premio di risultato, Pag. 58 non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, anche se eccedente il limite di esclusione, e così anche per le azioni.
  Nell'ottica di assicurare a tutti i dipendenti, a prescindere dalla percezione dei premi di risultato agevolati, una maggiore assistenza socio-sanitaria, il disegno di legge di bilancio introduce nel Testo unico in materia di imposte sui redditi una nuova ipotesi di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente. È prevista infatti l'esclusione dalla tassazione del reddito di lavoro dipendente dei contributi e dei premi versati dal datore di lavoro per prestazioni anche in forma assicurativa, aventi ad oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana o di gravi patologie.
  Attesa l'esclusione dal reddito di alcuni benefit previsti sia nei casi di erogazione volontaria, sia nei casi di erogazione contrattualizzata, il disegno di legge, tenendo conto del variegato sistema delle relazioni sindacali, si preoccupa di chiarire che tali benefit non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente anche se erogati in esecuzione di contratto collettivo nazionale di lavoro, accordo interconfederale e contratto collettivo territoriale.
  L'ultimo punto è un'illustrazione del nuovo regime opzionale per le persone fisiche che si trasferiscono in Italia. Un'ultima previsione riguarda l'opzione per l'imposta sostitutiva sui redditi prodotti all'estero, realizzati da persone fisiche che trasferiscono la loro residenza in Italia.
  Tale opzione, che può essere esercitata dalle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia e che non siano state ivi residenti per un periodo almeno pari a 9 periodi di imposta nel corso dei 10 precedenti, consente di non applicare il regime della tassazione sul reddito mondiale e quindi di non assoggettare a tassazione ordinaria i redditi prodotti all'estero, ma solo i redditi prodotti nel nostro Paese.
  Per i redditi prodotti all'estero si applica un'imposta sostitutiva dell'IRPEF pari a 100.000 euro, ridotta a 25.000 per ogni familiare che trasferisce la residenza in Italia ed esercita la medesima opzione. L'opzione è irrevocabile e comunque cessa di produrre effetti decorsi 15 anni dal primo periodo d'imposta di validità; gli effetti dell'opzione cessano in caso di omesso o parziale versamento dell'imposta sostitutiva. La revoca o la decadenza del regime precludono l'esercizio di una nuova azione.
  La norma introduce anche un'agevolazione importante ai fini delle imposte indirette. Per le successioni aperte e per le donazioni effettuate nei periodi di imposta di validità dell'opzione esercitata dal dante causa, l'imposta sulle successioni e donazioni è dovuta limitatamente ai beni e diritti esistenti nello Stato al momento della successione o della donazione.
  Nella relazione tecnica si legge: «pur ritenendo che dalla disposizione potrebbero derivare effetti positivi per il bilancio dello Stato, alla stessa prudenzialmente non si ascrivono effetti». Ciò verosimilmente in considerazione del ridotto numero dei potenziali beneficiari e della combinazione tra il nuovo gettito, riconducibile a soggetti che rientreranno a seguito dell'introduzione dell'incentivo, e l'implicita rinuncia a un'imposizione piena, che si sarebbe applicata a coloro che sarebbero rientrati in Italia in assenza della norma in esame.
  Sotto il profilo più generale si possono valutare favorevolmente i benefici in termini di consumi collegati indirettamente al trasferimento in Italia di persone abbienti e con stile di vita elevato. Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottoressa Orlandi, per l'esaustiva relazione. Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DANIELE PESCO. Ringrazio la direttrice Orlandi per questa descrizione. Mi soffermerei sull'articolo 6 del disegno di legge di bilancio, a cui mi sembra che non abbia fatto cenno, in quanto la questione del gruppo IVA sinceramente ci lascia non dico perplessi, però ci fa porre un certo grado di attenzione, in quanto pensiamo che forse, visto che esisteva già un regime che poteva avvantaggiare dal punto di vista amministrativo e contabile le società dello Pag. 59stesso gruppo, il fatto che ora si faccia diretto riferimento a una stessa partita IVA forse ci fa nascere qualche dubbio su eventuali, possibili abusi di questo strumento.
  Ci riferiamo anche a società che operano all'interno di un gruppo e attraverso l'utilizzo della stessa partita IVA possono, per così dire, nascondere qualcosa o svolgere attività poco lecite dal punto di vista fiscale e contabile, quindi temiamo che vi sia questo rischio. Spero di sbagliarmi e la ringrazierei se potesse darci delle delucidazioni in proposito.

  ROCCO PALESE. Ringrazio anch'io la direttrice dell'Agenzia delle entrate per essere tornata presso queste Commissioni, su invito del presidente Boccia, affinché potesse esserci un approfondimento.
  Inizio dall'ultima parte della illustrazione, relativa al regime opzionale per le persone fisiche che si trasferiscono in Italia. Si tratta – parliamo in maniera molto chiara – dei «Paperoni» che vogliono rientrare in Italia, limitandosi a pagare 100.000 euro, quindi vorrei comprendere due cose.
  Abbiamo una stima, un numero, qualcosa di più preciso? Inoltre, cosa si prevede in termini di rientro, c'è una stima di massima? Se si fa una norma del genere, vuol dire che si ha consapevolezza, se non proprio di un numero ben preciso, perlomeno di un numero approssimativo dei soggetti che ne potrebbero usufruire.
  L'altro problema concerne la destinazione di queste risorse, che dovrebbe essere improntata a finalità di carattere sociale, la cui individuazione naturalmente compete al Governo e al Parlamento. Abbiamo ora davanti a noi la recente tragedia del terremoto, che potrebbe pertanto rappresentare una valida destinazione, quindi il mio invito è a non utilizzare queste risorse per interventi indistinti e non meglio precisati.
  L'altro elemento riguarda il problema del canone Rai. Condividiamo che la diminuzione del peso fiscale sui cittadini sia assolutamente positiva, ma ciò determina una perdita di entrata, di gettito. Si sa grosso modo a quanto ammonta? Rispetto anche alla riforma che si è fatta, la Rai perde queste risorse? E quali sono i possibili riflessi sulle tv locali, in base alla nuova norma? Anche a tale proposito, vorremmo comprendere se si abbia contezza rispetto ai numeri in riferimento alla disposizione che il Governo propone.

  FERDINANDO ALBERTI. Per quanto riguarda il nuovo regime di cassa per i contribuenti in contabilità semplificata, volevo sapere se abbiate pensato ad estendere questo regime anche alle imprese minori, cioè alle società di capitali sempre in regime di contabilità semplificata, eventualmente estendendo la definizione delle cosiddette «imprese minori», aumentando ad esempio il limite di fatturato in modo da ampliare la platea dei beneficiari.
  Per quanto riguarda invece la cessione del credito d'imposta per le ristrutturazioni edilizie, sinceramente speravo di riuscire a capire il motivo per cui è vietata la cessione della detrazione agli istituti di credito, però sinceramente, se c'è una risposta, io non l'ho capita.
  Volevo inoltre far presente – non so se l'abbia già detto a voce – un'incongruenza tra la cessione della detrazione per il cosiddetto ecobonus per i condomini e il «sisma bonus» sempre riferito ai condomini, tenuto conto che mentre in relazione al sisma bonus è vietata la cessione agli istituti di credito, per l’ecobonus tale divieto non è esplicitato. Le chiederei quindi di chiarirci i motivi di questa differenza. Grazie.

  BRUNO TABACCI. Lei giustamente, a proposito delle detrazioni fiscali per gli interventi di ristrutturazione edilizia, ha posto in luce il meccanismo del contrasto di interessi tra contribuenti, che è una cosa abbastanza intuitiva, sulla quale in questi anni ho lavorato molto, in maniera sfortunata, perché l'obiettivo di far emergere le basi imponibili è fondamentale, se si vuole aumentare le entrate.
  A mio avviso, ci sono comparti e settori per i quali questo meccanismo si può allargare e ci sono molte tecniche che possono consentire di farlo. Il dato di fondo è che siamo di fronte ad un mercato in cui, per molti prodotti e servizi, esiste un doppio prezzo, con o senza fattura? Pag. 60
  Questo è il punto. Allora, se noi consentiamo ai due contribuenti potenziali di mettersi d'accordo, quello danneggiato è lo Stato; noi dobbiamo piuttosto creare una rottura dell'intesa possibile e quindi immaginare che l'IVA che si versa possa essere restituita, in modo tale che chi l'ha pagata ne abbia l'interesse.
  Penso che dovrebbe essere un'iniziativa importante da inserire già in questa manovra di bilancio allargare questo meccanismo, proprio perché molte delle attività che sono contenute in questo provvedimento hanno come copertura azioni di natura fiscale, che vengono messe in capo per la lotta all'evasione. Anche in passato spesso si sono coperte delle spese con coperture che poi si sono rivelate improprie e sarebbe bene che noi rafforzassimo questo capitolo, di modo che queste previsioni di copertura siano assolutamente realistiche e il tema del contrasto di interessi è, a mio avviso, decisivo.

  PRESIDENTE. Prima di ridarle la parola vorrei chiederle due cose, una su cui già si è soffermata lei, a pagina 17, relativamente alla cessione del credito corrispondente alle detrazioni per lavori condominiali. Nella relazione lei ci sottopone l'aspetto dei limiti della norma, per cui «al fine di fugare ogni possibile dubbio in sede interpretativa sarebbe utile che la norma, così come dispone per gli interventi di adeguamento antisismico, limiti espressamente il nuovo parametro di commisurazione delle agevolazioni ai soli interventi di riqualificazione che hanno diritto ad una maggior percentuale di detrazione».
  Se può specificarci meglio questo passaggio, perché attualmente c'è il limite della misura non superiore a 40 mila euro di spesa moltiplicato per il numero di unità immobiliari, così, prima di mettere mani con gli emendamenti più disparati, avere già il suo parere preventivo può aiutare i gruppi a fare una valutazione che sia più attinente possibile all'esperienza avuta dall'Agenzia in questi anni.
  Per quanto riguarda il regime opzionale per le persone fisiche che si trasferiscono in Italia, vorrei farle una domanda secca, ossia se non ritiene che sarebbe più coerente fissare questo regime opzionale in termini percentuali anziché con una quota fissa, perché 100 mila euro possono essere davvero pochi per chi fa rientrare decine di milioni di euro pertanto sarebbe forse più equo e più opportuno per le casse dello Stato fissare una percentuale rispetto ai redditi prodotti all'estero, percentuale evidentemente modesta, ma che consenta di commisurare le entrate alla quantità di risorse che entrano, percentuali che normalmente in altri sistemi sono a due cifre e vanno dal 10 al 20-25 per cento. Avete fatto valutazioni in merito? Grazie.

  ROSSELLA ORLANDI, direttore dell'Agenzia delle entrate. Grazie, presidente. Onorevole Pesco, la disciplina del gruppo IVA è molto complessa, non ho pensato di relazionarla perché avrebbe richiesto un tempo abbastanza ampio. In realtà non preoccupa dal punto di vista del possibile abuso, perché è molto strutturata, cioè è una disciplina che prevede in maniera molto forte le caratteristiche e i limiti di utilizzo. Era già prevista nella delega, è frutto di un principio di delega del 2014 e fu accantonata per una questione di tempi tecnici, ma risolve alcuni problemi di consolidamento all'interno di un gruppo IVA complesso (si cerca anche di risolvere, ma solo in parte, il problema transfrontaliero, cioè dell'esistenza di soggetti che appartengono al regime UE), che consenta una migliore ed efficace operatività da parte del gruppo.
  Non ci vedo un particolare problema perché il problema dell'abuso può essere in qualsiasi tipo di norma, l'importante naturalmente è un controllo puntuale sulle fattispecie, considerato che sono numeri anche piuttosto limitati, i gruppi IVA fanno riferimento soprattutto a gruppi di grandi dimensioni che sono già ordinariamente nel controllo biennale dell'Agenzia, ma che comunque saranno oggetto della nostra attenzione. È una normativa piuttosto complessa, che risponde a una serie di regole anche europee e fa riferimento a regimi molto simili in altri Paesi.
  Rispondo congiuntamente alle domande dell'onorevole Palese e del presidente Boccia sul regime opzionale: noi non abbiamo fatto elementi di stima, d'altra parte la Pag. 61stima viene fatta normalmente da altro organo. L'idea che noi abbiamo compreso dalla relazione è che si possa introdurre in Italia lo stesso principio che alcuni Paesi europei, anche in una forma concorrenziale, diciamocelo chiaramente, stanno adottando in questo periodo – mi riferisco segnatamente alla Spagna, al Portogallo, alla Svizzera, anche se non propriamente europea – con l'idea ovviamente di derogare al principio generale del sistema tributario italiano della tassazione mondiale, per cui il soggetto residente in Italia, a prescindere dalla cittadinanza, tassa in Italia, quindi dichiara in Italia e sottopone a tassazione tutti i redditi prodotti nel mondo.
  Come molti Paesi, quindi, abbiamo adottato un principio molto ampio. In questo ragionamento non è possibile fare una stima se non guardando soltanto a quello che sta in altri Paesi, tant'è vero che la norma non è cifrata e, non essendo cifrata, non può prevedere neanche una destinazione delle risorse che si ritiene di poter avere in più.
  La scelta di quale forma di agevolazione adottare, perché di questo si tratta, nei confronti di soggetti che non hanno in questo momento un legame specifico con l'Italia ma che dovrebbero essere attratti – infatti va nel pacchetto attrattività – è una scelta fondamentalmente di tipo politico, è chiaro che una norma che faccia riferimento a un'imposta fissa ha un vantaggio di semplicità e certezza per coloro che ritengono di venire o tornare in Italia.
  Qui c'è anche l'aspetto di chi è iscritto all'AIRE da almeno dieci anni, non l'ho detto ma, proprio al fine di evitare un rischio di abuso, la norma prevede specificamente la presentazione prima dell'opzione di una sorta di interpello, che non è un interpello interpretativo, cioè la presentazione di una propria documentazione da parte del cittadino iscritto all'AIRE che rientra oppure cittadino straniero che viene in Italia, al fine di evitare abusi.
  Questa è una valutazione tecnica che abbiamo fatto nel momento in cui ci è stata presentata la stesura delle norme, perché l'Italia è un Paese che sul piano internazionale è molto compliant, è considerato un Paese trasparente, un Paese che non ha mai creato problemi, quindi, anche al fine di evitare qualsiasi frizione con i Paesi da cui possono uscire, la norma prevede espressamente un'informazione nei confronti dell'ultimo Paese di residenza sull'esistenza in Italia e quindi sul flusso di informazioni. Questo per dare una maggiore trasparenza.
  È evidente che un sistema di tassazione percentuale sui redditi prodotti all'estero potrebbe essere più complesso, da mettere in atto, soprattutto sul livello dell'informazione, a seconda dei Paesi da cui proviene, e forse creerebbe maggiori problemi di coordinamento convenzionale, perché con la maggior parte dei Paesi abbiamo delle convenzioni in base alle quali, a seconda della residenza, in forme diverse si applica la tassazione di un soggetto e dell'altro, una percentuale quindi una parte concorrente forse potrebbe creare qualche problema in più solo da questo punto di vista.
  Per quanto riguarda il canone Rai la stima c'è: sono 258 milioni di euro e sono grosso modo ciò che è stato recuperato o si presume di recuperare alla fine di questa operazione, in buona parte di ciò che viene recuperato dall'attività implicita di antievasione della nuova applicazione. Credetemi, è stata un'operazione di grande complessità gestire questo passaggio, ma ha portato questa cifra nelle casse dell'Erario. È quindi una destinazione che voi potete decidere di portare a diminuzione del canone, quindi del costo per il cittadino, senza che poi venga meno lo stanziamento a favore della Rai o degli altri enti, perché è comunque coperto.
  Il nuovo regime di cassa, onorevole Alberti, non può essere esteso al momento, se non modificando sostanzialmente la normativa, alle società di capitali che per principio redigono il bilancio, quindi sono sempre in contabilità ordinaria e, dovendo redigere il bilancio, sono tenute a rispettare i principi contabili, anche quando siano di livello basso.
  Ci sono società di capitali con agevolazioni di importo molto ampio, però le società di capitali redigono tutte il bilancio, quindi sono tutte tenute ad un sistema di competenza che non si sposa con i principi contabili applicabili con il principio di cassa, Pag. 62che è un principio che sposta dai principi contabili ordinari di redazione del bilancio ad un sistema di confronto fra incassi e pagamenti diretti, propriamente rivolto soprattutto ad aziende molto piccole, anche perché altrimenti, una volta entrato il concetto di contabilità ordinaria, si passa al concetto di redazione del bilancio.
  Per quanto riguarda la cessione del credito di imposta ho illustrato i limiti e le regole della norma, che non prevede la cessione, anzi, in un caso specificamente lo limita in modo ancora più chiaro, ancorché la relazione illustrativa l'anno scorso ne parlasse anche per la cessione degli ecobonus, soprattutto per un motivo di bilancio generale dello Stato, cioè non è, come ho detto chiaramente, un motivo di natura fiscale, ma legato ai principi di redazione del bilancio e di indebitamento che più propriamente può essere chiesto nel dettaglio alla Ragioneria generale dello Stato come principio.
  Per quanto riguarda il contrasto di interessi, è ovvio che tante norme italiane si ispirano a tale principio, mettendo insieme due leve. Una leva è quella classica del contrasto di interesse, l'altra è quella dell'apprezzamento sociale o di incentivazione di alcune attività, nel caso in cui si ritenga che alcuni settori e alcuni mondi comportino anche una necessità di incentivarla da parte del fruitore del credito, che è il soggetto contribuente italiano, normalmente persona fisica, che ottiene un beneficio insieme al contrasto di interessi che di solito tende a cercare di finanziare.
  Dico «cercare» perché, come lei sa, non sempre è così, perché, nonostante il tracciamento quindi la necessità continua di avere l'informazione diretta, non sempre ciò che viene detratto è integralmente dichiarato dall'altra parte, tanto che è stato necessario introdurre nel passato una ritenuta alla fonte, operata dall'istituto di credito sul pagamento, proprio perché abbiamo assistito a fenomeni massicci di evasione, e il controllo e il recupero dell'evasione non è che assicuri assolutamente poi il recupero completo del gettito, una parte fisiologicamente scompare, come voi sapete.
  È chiaro quindi che tutti i Paesi fanno varie scelte in materia di contrasto di interesse, che sta alla base della logica di moltissime attività, con il limite ovviamente delle risorse disponibili, perché non sempre e non completamente ciò che è totalmente detraibile dall'altra parte è integralmente tassabile o c'è una corrispondenza effettiva. Di sicuro è un tema molto usato anche dal legislatore italiano, che può essere più specificamente rivolto ad alcuni settori, con il rischio che dicevo.
  Facevamo riferimento a una differenza, a pagina 17, nella formulazione del limite fra la parte delle agevolazioni energetiche e la parte relativa alle agevolazioni sismiche, che non fa comprendere esattamente se solo gli interventi con un limite di determinazione del rischio più alto siano totalmente agevolabili in questa misura o anche altri.
  Probabilmente ci arriveremmo in via interpretativa, ma sarebbe meglio dare alla Commissione una piccola formulazione, perché noi riteniamo che la volontà del legislatore sia quella di avere questo limite complessivo, però la formulazione letterale può lasciare adito a qualche dubbio, per cui volentieri vi lasciamo un piccolo appunto con la formulazione di tale parte. Con questo credo di avere risposto a tutto.

  PRESIDENTE. Ringrazio la direttrice dell'Agenzia delle entrate, dottoressa Orlandi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA 5a COMMISSIONE
DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
GIORGIO TONINI

Audizione del presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, l'audizione, ai sensi Pag. 63dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, del presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro.
  Do ora la parola al presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro.

  GIUSEPPE PISAURO, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Grazie, presidente, buongiorno, onorevoli deputati e senatori. Il testo è in corso di distribuzione e, per ragioni di tempo, l'esposizione del documento predisposto per questa audizione si concentrerà solo su alcuni aspetti. In particolare, visto il ruolo che svolgiamo sulle previsioni macro, fornirà un aggiornamento sul quadro macro e sulla procedura di validazione che, come immagino saprete, si è poi conclusa positivamente con riferimento al quadro macroeconomico programmatico presentato nel Documento programmatico di bilancio, che è peraltro il quadro macroeconomico sottostante al provvedimento oggetto dell'odierna audizione.
  Ricorderete che, rispetto alla versione presentata della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, il nostro giudizio era rimasto sospeso, in quanto avevamo detto che non eravamo in grado di procedere alla validazione. Cosa è cambiato rispetto a quel quadro? Molto rapidamente, a pagina 52 del testo distribuito abbiamo proceduto a confrontare la previsione ufficiale con una previsione di consenso, costruita in modo da renderla il più possibile confrontabile con la previsione ufficiale, quindi usando una serie di ipotesi tecniche omogenee, e inoltre non confrontandola con la previsione di consenso quale normalmente si usa fare, la media delle previsioni, ma con l'intero range di previsioni diverse. In questo modo utilizziamo un approccio conservativo rispetto alla previsione ufficiale.
  In questo caso, alla luce del quadro presentato nel Documento programmatico di bilancio, come vedete a pagina 52, nella stima della crescita reale per noi il range ammissibile va dallo 0,8 all'1 per cento per il 2017, quindi è all'interno di quel range, per quanto si collochi all'estremo superiore. Questo è determinato in buona parte dalla domanda interna, la stima della domanda interna per quanto riguarda il nostro panel di previsioni si trova di nuovo verso il limite superiore, però ricordo che nella precedente versione la stima era abbastanza al di fuori, soprattutto riguardo alla componente investimenti.
  Nel grafico trovate tutte le varie componenti della domanda, però non vi vorrei annoiare troppo e vorrei tenere i tempi stretti, comunque vedete che siamo ampiamente all'interno, per alcune voci al limite superiore, per altre su limiti interni più bassi.
  L'altro aspetto interessante – contenuto nel grafico della pagina successiva, che è una sintesi delle nostre previsioni per il 2018-2019 – è che, mentre nella versione precedente per il 2018 e 2019, che non sono oggetto della procedura di endorsement, di validazione, perché è richiesta dalla normativa europea non per gli ultimi anni del periodo in questa sessione, ma solo per la sessione primaverile, anche in questo caso siamo all'interno dell'intervallo di accettabilità, quindi il giudizio complessivo è all'interno dell'intervallo di accettabilità per tutto il periodo, con dei rischi che derivano dal fatto che siamo però verso l'estremo superiore dell'intervallo.
  Ci sono poi i rischi comuni a tutte queste previsioni, ivi incluse quelle costruite dal nostro panel, che hanno a che fare con le ipotesi sulle variabili esogene, quindi nel caso specifico con le ipotesi sulle variabili che riguardano il quadro internazionale, non tanto per quanto riguarda il prezzo del petrolio e il tasso di cambio dell'euro, bensì soprattutto riguardo all'andamento dei volumi del commercio internazionale.
  Le ipotesi tecniche che il MEF, ma anche noi e gli altri previsori abbiamo assunto, erano ipotesi tecniche di un andamento dei volumi del commercio internazionale abbastanza favorevoli (2,6 per cento del 2017, 3,5 del 2018, 4,1 del 2019), mentre il quadro che abbiamo sui primi otto mesi del 2016 è invece relativamente preoccupante: il volume del commercio internazionale è sostanzialmente stazionario nei primi otto mesi del 2016 e questo fa pensare che Pag. 64ci sia un rischio anche importante da quel lato.
  Va sottolineato un aspetto che mettiamo in evidenza nel documento che abbiamo prodotto per questa audizione ma anche nella nota congiunturale che abbiamo pubblicato la scorsa settimana: c'è un fatto strutturale che comincia ad evidenziarsi con forza ed è un abbassamento notevole dell'elasticità in termini tecnici delle importazioni al volume della produzione industriale globale. In altre parole, a parità di volume della produzione mondiale industriale, il commercio estero tende a diminuire. Rispetto al 1990-2000 oggi quell'elasticità si è più che dimezzata, perché era a un valore intorno a 2 nell'ultimo decennio del secolo scorso, oggi siamo su valori molto più bassi, addirittura inferiori all'1 per cento.
  Qui c'è una serie di spiegazioni di tipo sia congiunturale che strutturale, innanzitutto un arretramento della frammentazione internazionale della produzione, quindi alcuni passi indietro rispetto ai processi di delocalizzazione che abbiamo osservato in passato, l'attenuazione degli effetti del progresso tecnologico nei trasporti negli ultimi decenni, quindi il prezzo relativo dei trasporti rispetto agli altri settori tende a salire, quindi diventa meno conveniente commerciare, e poi naturalmente il venir meno della spinta alle liberalizzazioni commerciali, l'emergere in alcune economie di tendenze protezionistiche più o meno esplicite.
  Tutto questo induce a porre dei caveat sulle previsioni che facciamo sull'andamento del commercio internazionale. Ricordo che nella scorsa audizione avevamo presentato un esercizio – giusto per dare l'idea del tipo di conseguenze che avrebbero sulla nostra previsione di crescita – in cui si mostrava che per ogni punto in meno di crescita del commercio internazionale rispetto alle ipotesi ufficiali adottate da noi e dal MEF si avrebbe una crescita inferiore di un decimo di punto nel 2017 e di circa tre decimi nel 2018 e 2019, effetti comunque importanti nel medio termine.
  Questo conclude la parte sul quadro macro, spero di essere stato sufficientemente conciso. Riguardo alla finanza pubblica il documento è piuttosto dettagliato, però qui vorrei dare un punto di vista generale, provando a riassumere. Forse, visto che abbiamo parlato di economia, conviene cominciare dal segno della politica fiscale 2017-2019 implicito nel documento di bilancio.
  Rispetto alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza c'è un cambiamento, perché la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza ipotizzava un disavanzo al 2 per cento nel 2017, mentre adesso il disavanzo è programmato al 2,3 per cento, quindi questo mostra un rafforzamento dell'intonazione espansiva e anticiclica della politica del bilancio per il 2017. Se qualcuno fosse interessato, a pagina 54 trovate un grafico, usato in modo standard, composto da quattro quadranti in cui vengono evidenziate espansioni e restrizioni fiscali procicliche e anticicliche.
  Per il 2017 – la linea continua è quella che riguarda questo documento – l'espansione fiscale è anticiclica in modo più intenso di quanto non fosse previsto nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza e ancor più nel Documento di economia e finanza, mentre invece qual è l'effetto di aver mantenuto una correzione ancora più importante nel 2018? Rendere il segno della politica fiscale ancora più prociclico, perché nel 2018 avremo una restrizione più intensa in senso prociclico.
  Questo è in estrema sintesi il segno della politica fiscale, ma torniamo al contenuto della manovra di finanza pubblica. Rispetto all'andamento tendenziale le misure del disegno di legge di bilancio per il 2017 – a pagina 8) – producono un maggior indebitamento di 0,7 di PIL nel 2017, 0,4 nel 2018 e 0,2 nel 2019.
  Per il 2017 l'intervento più rilevante è di gran lunga l'annullamento dell'aumento delle aliquote IVA e delle accise, che vale lo 0,9 per cento del prodotto, quindi circa 15,5 miliardi. Le altre misure nel loro insieme implicano una riduzione del disavanzo di due decimi di punto di prodotto e questo viene ottenuto nell'insieme con poco più di Pag. 657 miliardi di maggiori spese nette e circa 10,5 miliardi di maggiori entrate nette, mentre interventi dell'altro segno, cioè riduzioni di entrate e riduzioni di spesa, sono davvero poco rilevanti nella manovra per il 2017, ci sono naturalmente misure di quel segno, ma dal punto di vista quantitativo le misure più importanti sono incrementi di spesa o di entrate.
  Dal lato della spesa gli incrementi più importanti riguardano il pubblico impiego, gli enti territoriali, le pensioni, i sussidi alle famiglie, l'emergenza sismica e gli investimenti pubblici. In particolare, va sottolineato come vi sia nel 2017 una correzione in aumento delle spese in conto capitale pubbliche, che è all'incirca di 2 miliardi nell'insieme. Trovate tutti i dettagli nelle varie tabelle allegate al documento.
  A fronte di questi aumenti di spesa vi sono misure compensative dal lato delle entrate. Di queste la più importante, con effetti permanenti, è la misura che riguarda l'ACE, nell'ambito dell'imposta sul reddito delle società, che dà un gettito di 1,7 miliardi. Altre misure dovrebbero avere effetti permanenti e la seconda misura importante è la comunicazione trimestrale dei dati IVA, cioè il supposto effetto positivo sulla compliance e sulla riduzione dell'evasione.
  Le altre misure importanti invece hanno tutte caratteristiche temporanee, le ricordo: l'estinzione agevolata dei debiti fiscali 2000-2015, l'accelerazione delle liquidazioni IVA, la riapertura dei termini della voluntary disclosure, l'asta per i diritti delle frequenze. Nell'insieme circa metà delle fonti di copertura ha questa natura temporanea e questo va tenuto presente.
  Prima dicevo che non vi sono misure importanti di sgravio fiscale, va tuttavia ricordato che nel 2017 entrerà in vigore la riduzione dell'aliquota dell'imposta sulle società, che era stata decisa con la legge di stabilità dello scorso anno.
  Qual è il quadro che troviamo per il 2018 e 2019, partendo dal nuovo quadro 2017? Innanzitutto l'elemento più importante del quadro 2018-2019 è il mantenimento della disposizione di aumento dell'aliquota IVA nel 2018 e un ulteriore aumento nel 2019. Nell'insieme il gettito associato a questa misura, che continuiamo a chiamare convenzionalmente «clausola di salvaguardia», è di circa 20 miliardi nel 2018 e 23 nel 2019 (stiamo parlando dell'1,1 e dell'1,3 per cento del PIL).
  È chiaro che questo mette un'ipoteca notevole sul quadro di finanza pubblica di medio periodo e fa sì che riguardo al 2018 e 2019 le principali voci di incremento delle spese siano gli effetti delle misure introdotte nel 2017, le più importanti delle quali sono quelle che citavo prima, pensioni e pubblico impiego, il cui effetto è anzi crescente nel 2018 e 2019.
  Riguardo invece alle riduzioni nette di spesa, la più importante, che però ha un valore abbastanza convenzionale, è nel 2019 la riduzione della sanità, che al netto è di circa 3 miliardi, convenzionale perché il finanziamento della sanità per il 2019 appare per la prima volta nel nostro quadro.
  Ci sono ancora nel 2018 alcuni effetti delle misure con effetti temporanei che nel 2019 vengono meno, quindi si aumenta ancora di più l'IVA nel 2019, c'è questo ulteriore 0,9 per cento di aumento dell'aliquota ordinaria dell'IVA rispetto a quello che era già preventivato.
  Questa analisi ci induce a ritenere che l'effetto di questo insieme di misure sull'equilibrio dei conti non sia privo di rischi, non tanto perché c'è un incremento delle spese in conto capitale (prima dicevamo di 2 miliardi nel 2017, ma è ancora maggiore nel 2018 e 2019, siamo a 5 e 3 miliardi, incremento importante) per quanto possano essere in disavanzo, dato il carattere per loro natura non permanente di queste spese e gli effetti che esse potranno avere sulla crescita economica, quanto per l'assunzione di impegni permanenti dal lato delle spese correnti, in particolare pensioni e pubblico impiego, compensati solo in parte da entrate permanenti e certe.
  Il recupero dell'evasione, infatti, se funziona il meccanismo immaginato sulla trasmissione delle fatture ai fini dell'IVA, sarebbe permanente, ma la sua dimensione chiaramente non è certa.
  In particolare, il mantenimento della clausola di aumento dell'IVA e anzi il suo Pag. 66rafforzamento nel 2019 con la finalità di garantire la tenuta dei conti rende difficile individuare gli obiettivi della programmazione di bilancio di medio termine. Quest'anno, per il secondo anno consecutivo, abbiamo una correzione di bilancio in cui la singola voce più importante è l'annullamento dell'aumento dell'IVA e non è del tutto non plausibile immaginare che questa situazione sia destinata a riproporsi anche negli anni futuri.
  Come dicevo prima, trovate molti più dettagli, ma su questa parte mi fermerei qui. Consentitemi solo una battuta, visto che riguarda anche la nostra attività, ossia l'attività di chi deve leggere il bilancio, sul nuovo formato. È il primo anno di sperimentazione – diciamo così – di applicazione del nuovo formato. Che impressione abbiamo tratto, almeno noi, da questa prima lettura in questi pochi giorni in cui abbiamo avuto davanti il nuovo formato?
  La prima applicazione del nuovo formato consente indubbiamente un quadro più compatto e leggibile delle decisioni di entrata e di spesa adottate con il complesso della manovra di bilancio, questo direi che è indubbio. Infatti, mentre prima si trattava di aspettare la Nota di variazione per avere un quadro dell'effetto complessivo sui singoli programmi e sulle singole missioni del bilancio, adesso abbiamo un quadro ordinato, che ci consente di avere una visione immediata. Tuttavia, sempre per limitarmi a flash, ci sono aspetti che potrebbero essere migliorati.
  Un altro aspetto interessante – questa è una novità assoluta, che forse per gli economisti è particolarmente attraente – è che, per la prima volta, vengono esposti separatamente e in modo esplicito gli effetti di retroazione macroeconomica derivanti dalla manovra. In parole povere, la manovra produce un effetto espansivo sull'economia. Questo effetto espansivo ritorna indietro sul bilancio perché, se le basi imponibili crescono, cresceranno anche le entrate. Per la prima volta queste vengono evidenziate nei quadri contabili e usate a compensazione degli interventi di segno opposto. Questo è sicuramente interessante.
  Vanno, però, sottolineati due aspetti, da questo punto di vista. Il primo è che la pratica di far emergere le retroazioni ha senso solo in questo contesto, ossia in un contesto di un pacchetto di misure importanti. Sarebbe pericoloso immaginare di far emergere retroazioni anche considerando singoli provvedimenti di portata poco rilevante. Avremmo poi racconti di misure che si autofinanziano, il che andrebbe evitato.
  C'è un altro aspetto importante. Ben venga la novità, ricordiamo, però, di mantenere questa novità anche nel caso in cui ci trovassimo a discutere manovre di segno posto. Manovre di segno opposto, cioè manovre con effetto restrittivo sull'economia, comportano di per sé una retroazione negativa sulle entrate, che andranno considerate a loro volta, naturalmente.
  Il miglioramento del quadro informativo riguarda soprattutto quello che c'è nella Sezione seconda, ossia quello che prima si chiamava bilancio a legislazione vigente. Bisogna forse migliorare un po’ il modo di presentare quelle cifre.
  Faccio solo un esempio. Nell'articolo 82 della Sezione prima del disegno di legge viene esteso il cosiddetto «bonus cultura» ai giovani che compiono diciott'anni nel 2017. Noi ci saremmo aspettati di trovare questa disposizione tra le cifre comprese nella Sezione seconda. Invece è stata considerata come un rifinanziamento e non come una nuova disposizione di spesa. Questo, naturalmente, può creare delle difficoltà di lettura. Quella a tutti gli effetti è una nuova decisione, che, quindi, forse andrebbe evidenziata.
  Aggiungo qualche battuta ancora su alcune singole misure, ma davvero in modo molto rapido. Poi devo dire qualcosa sulle regole, naturalmente, e su come si pone tutto questo pacchetto nei confronti del sistema di regole fiscali europeo.
  Come dicevo prima, nella manovra è apprezzabile lo sforzo a favore degli investimenti pubblici e di incentivazione di investimenti privati. Probabilmente è il problema maggiore di cui soffre l'economia italiana in questa fase. Accanto a queste vi sono molte altre misure, alcune importanti, Pag. 67alcune di rilievo, ma, nell'insieme, al di là di queste, c'è una certa frammentarietà degli interventi indicati.
  Fermandomi su due o tre cose che a noi sembrano più rilevanti e rinviando per il resto al documento distribuito e anche al rapporto che pubblicheremo – credo – la prossima settimana, in cui ci sarà un'analisi più dettagliata, spendo due parole sulle misure a favore delle imprese, che ci sembra un pacchetto particolarmente importante. Da un lato, ci sono misure di incentivo degli investimenti, quindi sugli ammortamenti, dall'altro, la revisione della struttura della tassazione dei redditi di impresa, ossia la modifica dell'ACE, nonché l'introduzione e l'istituzione dell'IRI, che vanno nella direzione di una maggiore neutralità di trattamento rispetto alla natura giuridica dei contribuenti.
  In merito, esprimiamo qualche dubbio sulla quantificazione delle perdite di gettito collegate sia all'introduzione dell'IRI, sia all'ammontare degli sgravi collegati ai maggiori ammortamenti. Rinvio in proposito al testo.
  Abbiamo fatto anche, per darvi un'idea di qual è la portata delle cifre in gioco, un esercizio di simulazione dell'effetto di due misure – per così dire – di segno opposto, da un lato i maggiori ammortamenti e, dall'altro, la revisione dell'ACE, che invece comporta un incremento di gettito. Vi dico solo il risultato finale della simulazione.
  L'effetto complessivo di questi provvedimenti determina un risparmio d'imposta complessivo pari a circa l'11 per cento (10,7-10,8 per cento), quindi un risparmio importante, con valori naturalmente inferiori nelle imprese in cui l'apporto di capitale è stato superiore alla media, perché l'apporto di capitale è penalizzato dalla modifica dell'ACE. Nell'insieme, le cifre che ritroviamo sono rilevanti.
  Passo al contrasto all'evasione fiscale, ossia al pacchetto sul contrasto all'evasione fiscale, sulla questione Equitalia e via elencando. L'introduzione delle comunicazioni trimestrali da parte dei soggetti IVA dei dati analitici di tutte le fatture emesse e ricevute e dei dati riepilogativi delle liquidazioni periodiche dell'imposta va chiaramente nella giusta direzione di mirare a ridurre l'evasione senza consenso tra i due contraenti nell'ambito delle transazioni cosiddette business to business, cioè tra imprenditori, tra imprese.
  Tuttavia, c'è qualche elemento di incertezza sull'efficacia di questa misura: sostanzialmente nessuno può con certezza prevedere quali saranno i comportamenti a fronte dell'introduzione di queste misure. Comportamenti possibili che annullerebbero l'effetto di queste misure vi sono: maggiore evasione con consenso ed evasione a valle nella fase business to consumer, dall'impresa al consumatore.
  Una possibile misura che attenuerebbe questi dubbi sarebbe l'estensione dell'obbligo di fatturazione elettronica e quello di comunicazione dei corrispettivi per i soggetti oggi non tenuti all'emissione di fattura (commercianti, ristoratori e via elencando), anche se va tenuto presente che questo comporterebbe nuovi oneri di adempimento per soggetti di dimensione ridotta.
  Riguardo, invece, all'altro grande capitolo, quello dello scioglimento di Equitalia e della creazione dell'ente pubblico economico Agenzia delle entrate e riscossione, il modello di avere riscossione all'interno dell'Agenzia che si occupa della gestione del fisco è un modello ampiamente diffuso a livello internazionale (Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna). Seguire quel modello risponde anche alle osservazioni dei principali organismi internazionali.
  Quello che va detto, però, è che evidentemente resterebbero comunque da affrontare i problemi che attualmente affliggono la fase della riscossione dell'imposta, che non sono specificamente legati a Equitalia di per sé, ma piuttosto alle norme che regolano oggi l'azione di Equitalia. La cosiddetta rottamazione dei ruoli accumulati negli anni 2002-2015, riconoscendo l'estinzione di sanzioni e interessi di mora, nel medio periodo potrebbe contribuire a indebolire il senso dell'obbedienza fiscale della platea dei contribuenti.
  Poi abbiamo un'ampia parte sulle pensioni, ma credo che stiamo andando oltre come tempi. Molto rapidamente, anche lì ci sono tanti interventi, alcuni frammentari. Pag. 68Faccio qualche battuta su ogni pezzo di questo pacchetto.
  Per quanto concerne l'APE, non quella social, ma quella di mercato, il dubbio principale riguarda l'onerosità e il grado di adesione che oggi sono immaginabili per quel tipo di strumento. Guardando le ipotesi dei documenti di lavoro governativi, ossia tasso d'interesse bancario del 2,5 per cento e premio assicurativo upfront, che entra a far parte del debito, del 29 per cento del capitale preso a prestito, questo lascia immaginare che l'adesione sarà a livelli modesti.
  Per quanto riguarda, invece, l'APE sociale, c'è un elemento di perplessità, al di là di tutte le analisi che si possono fare sugli effetti della misura in sé. L'elemento di perplessità è che, leggendo la relazione tecnica, viene specificato che «dal provvedimento non nascerebbe un diritto soggettivo, ma piuttosto un beneficio condizionato a un limite di spesa massima programmato, garantito da un meccanismo di salvaguardia».
  Questo è lo stesso schema che è stato usato nelle sette salvaguardie. Il vincolo lì non ha mai morso, perché le risorse stanziate sono state più che sufficienti a garantire che tutti coloro che avevano interesse ad aderire potessero farlo. Se invece il vincolo diventasse un vincolo rilevante, naturalmente si aprirebbe una serie di problemi. Questo va ricordato.
  Faccio un'ultima battuta. Naturalmente, ottava salvaguardia e APE social – perciò prima parlavo di frammentarietà – sono strumenti parzialmente sovrapponibili. Su questo tema un intervento più complessivo e più organico forse sarebbe stato preferibile.
  Per quanto riguarda la quattordicesima, c'è una certa discussione, mi pare, sugli effetti distributivi e su chi sono i beneficiari. Anche qui abbiamo provato una simulazione con i modelli di cui disponiamo. Circa il 50 per cento del complesso delle risorse è distribuito sul terzo più povero della popolazione. Questa è un'indicazione positiva. Tuttavia, il 10 per cento delle famiglie più povere riceve solo il 5 per cento del beneficio. Quindi, sono i poverissimi a non ricevere una quota sufficiente del beneficio, mentre, se prendiamo nell'insieme il terzo dei più poveri, i primi tre decili, la quota è soddisfacente.
  Naturalmente, ma questo è insito nella natura dello strumento, se scelgo di usare uno strumento il cui riferimento sono i redditi previdenziali individuali, corro il rischio di sussidiare situazioni che, se avessi preso come riferimento, invece, i redditi familiari, avrei ritenuto non meritevoli di sostegno. Questo è abbastanza chiaro.
  Quanto alle regole di bilancio, la coerenza del quadro di finanza pubblica alle regole europee risulta condizionata da due elementi critici: il primo è il riconoscimento degli eventi eccezionali e delle spese connesse al flusso dei rifugiati e alla messa in sicurezza sismica e la loro conseguente esclusione dal saldo strutturale; il secondo è la misura della correzione richiesta al Paese in relazione alla congiuntura economica, ossia l’output gap e la collocazione nella famosa matrice elaborata dalla Commissione.
  Dal secondo punto dipende se la correzione dovrà essere di 0,5 o 0,6 per cento del saldo strutturale. Si tratta di un aspetto di rilevanza quantitativa modesta (0,5 o 0,6), che ha a che fare, naturalmente, con la definizione di output gap e con il calcolo che si fa dell’output gap.
  Più interessante e rilevante è, invece, il primo punto, cioè il riconoscimento delle spese associate a eventi eccezionali. Allo stato delle informazioni attuali non è possibile prevedere quale sarà l'esito della decisione della Commissione. Per quanto riguarda il flusso dei rifugiati, già lo scorso anno la Commissione ha riconosciuto che si tratta di un evento eccezionale. Quindi, sulla natura dell'evento non ci sono dubbi. Il dubbio è sulla spesa associata a quell'evento.
  La Commissione prevedeva l'esclusione delle spese per la parte corrispondente alla variazione rispetto all'anno precedente. Nel documento italiano si chiede, invece, di riconoscere come eccezionale e, quindi, escludibile dal calcolo del saldo strutturale non l'incremento di spesa rispetto all'anno precedente, ma quello rispetto alla media Pag. 69del periodo 2011-2013, che era considerato un periodo in cui, invece, non vi era un'eccezionalità di flusso migratorio.
  Questo, naturalmente, fa un'enorme differenza perché, se prendiamo la spesa del 2017 rispetto al 2016, vediamo che la differenza è molto modesta. Se invece la si prende in confronto al periodo 2011-2013, diventa molto più rilevante.
  Riguardo ai problemi legati al sisma, giusto per darvi un'idea di che cosa è in discussione, una parte delle spese collegate al sisma è già considerata tra le una tantum e, quindi, esclusa dal calcolo del saldo strutturale. Nella tabella 3.2, a pagina 49, abbiamo ricostruito la situazione sulla base delle informazioni che ci sono. Vedete che, limitandoci al 2017, ci sono due sezioni. Le risorse per la ricostruzione (a pagina 49), che assommano a 2,8 miliardi, sono fuori discussione, vengono già considerate – su questo sono tutti d'accordo – come una tantum e, quindi, escluse dal calcolo del saldo strutturale.
  Ciò che è in discussione è la seconda parte, ossia le risorse per la prevenzione. La prima parte riguarda risorse destinate a far fronte all'emergenza di questi mesi. Come risorse per la prevenzione cosa abbiamo? Abbiamo una quota di investimenti nel disegno di legge di bilancio destinata alla prevenzione antisismica, valutata in 600 milioni. Si tratta di una parte di quell'aumento di investimenti di cui abbiamo parlato prima, aumento di investimenti che ha a che fare sia con una parte del nuovo fondo per il rilancio degli investimenti, sia con gli incrementi di risorse destinati alla spesa in conto capitale degli enti territoriali. L'ipotesi è che una parte di quei fondi verrà usata per queste finalità di prevenzione.
  Poi vi sono – è la voce più importante e quella su cui forse c'è qualche dubbio in più – gli incentivi fiscali per la ristrutturazione da parte dei soggetti privati. Sono circa 2 miliardi, di cui nel disegno di legge di bilancio 2017 c'è una piccola quota, poco più di 100 milioni. Quei 2 miliardi, però, riguardano, in generale, le ristrutturazioni (i cosiddetti ecobonus, efficienza energetica e via elencando). Quindi, c'è un punto interrogativo su questo tema.
  Poi ci sono interventi pubblici contro il dissesto idrogeologico e per la messa in sicurezza di edifici pubblici, circa 800 milioni. La parte in discussione nell'interazione con le autorità europee è questa. Possono esserci dei dubbi che questa parte venga accettata, perché – ripeto – l'atteggiamento finora utilizzato dalle autorità europee è che la spesa eccezionale è quella collegata al singolo evento. Una spesa di tipo preventivo, invece, finora non è stata considerata. Questo è il quadro.
  Detto ciò, chiaramente l'effettivo rispetto delle regole dipende dalla possibilità o meno di considerare inclusa o di escludere dal saldo strutturale la parte preventiva del terremoto e la parte delle spese collegate ai fenomeni migratori degli ultimi anni e non soltanto l'incremento di quest'anno.
  In caso di conclusione positiva su entrambi questi aspetti (sono sempre a pagina 26), ossia se venisse riconosciuto l'impatto di eventi eccezionali e se venisse riconosciuto che il Paese è in una congiuntura economica sfavorevole (penso a quello 0,1 per cento di differenza di correzione collegata all’output gap), gli obiettivi del documento di bilancio sarebbero comunque a rischio di deviazione al limite della significatività.
  Sarebbero esattamente al limite, perché sarebbe necessaria una riduzione di disavanzo di 0,5. Alla fine si avrebbe, invece, un disavanzo strutturale fermo e, quindi, si sarebbe al limite della significatività. Una deviazione è ritenuta significativa se è superiore allo 0,5. Sarebbe a rischio di deviazione, ma non significativa per la regola sulla spesa.
  Invece, in caso di una conclusione negativa sul riconoscimento degli eventi eccezionali, gli obiettivi del documento di bilancio sarebbero a rischio di deviazione per entrambi i parametri della finanza pubblica. Un ulteriore elemento che potrebbe aggravare la valutazione è il rischio di riclassificazione dei proventi di alcune misure che nel documento di bilancio vengono considerate strutturali (mi riferisco, Pag. 70in particolare, alla cosiddetta rottamazione delle cartelle esattoriali di cui parlavamo prima), ma che potrebbero essere considerate, invece, dalla Commissione come entrate una tantum.
  Chiudo con due parole sulla regola del debito. Di regola sulla spesa e di regola di avvicinamento all'obiettivo di medio termine abbiamo parlato. Sulla regola del debito la situazione è che la regola del debito non è rispettata, come non era rispettata nel DEF. Rispetto al DEF il gap tra il livello programmatico del rapporto debito/PIL e il rispetto della regola numerica è aumentato notevolmente. Nel 2019, se avessimo seguito il programma del DEF, la differenza sarebbe solo di 0,2 punti percentuali. Sulla base, invece, della proiezione dei dati di questo documento di bilancio, la distanza dal rispetto della regola diventa di 1,8 punti percentuali del rapporto debito/PIL.
  Viene da chiedersi, quindi – e questa è davvero l'ultima cosa che dico – al di là del rispetto della regola, che prospettive abbiamo per l'andamento del rapporto debito/PIL nel medio termine. Proponiamo un paio di esercizi, a pagina 56. Lasciando stare l'istogramma e guardando le linee, nel primo grafico la linea continua rappresenta l'andamento del rapporto debito/PIL secondo il documento di bilancio; la linea tratteggiata, invece, rappresenta lo stesso dato utilizzando le stime macroeconomiche dell'Ufficio parlamentare di bilancio, che sono meno favorevoli di quelle incorporate nel documento di bilancio. Come vedete, c'è una differenza che, alla fine del periodo 2025, è di 4 punti, ma il profilo di discesa è analogo.
  L'altro esercizio è a saldo primario invariato, che cosa succede se lasciamo il saldo primario a livello del 2016, ossia se lasciamo il saldo primario a livello del 2016, non facendo più alcuna correzione? Come vedete, anche qui i profili sono abbastanza simili, ma il saldo primario 2016 non consente il rispetto del pareggio di bilancio, mentre nella linea continua dal 2019 in poi avremmo il pareggio di bilancio. Il saldo primario invariato produce, quindi, un andamento migliore del rapporto debito/PIL nei primi anni, ma poi produce un andamento peggiore.
  L'ultimissima cosa è l'esercizio stocastico, alla figura successiva. In sintesi, probabilisticamente lo scenario programmatico del documento di bilancio ha una probabilità di verificarsi del 40 per cento. La linea tratteggiata, come vedete, sta un po’ sotto la metà del ventaglio delle probabilità.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FRANCESCO BOCCIA

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MAINO MARCHI. Ringrazio per l'insieme di valutazioni e informazioni che ci sono state fornite sul disegno di legge di bilancio. Mi voglio soffermare su due aspetti.
  Il primo è che emergono valutazioni che ci mettono di fronte a rischi per quanto riguarda il 2017, ma anche il 2018 e il 2019, sia sul versante del rispetto delle regole europee, sia per quanto riguarda la situazione che ci troveremo soprattutto in merito alle clausole di salvaguardia e, quindi, alle manovre successive.
  Credo che ci siano da questo punto di vista due aspetti da valutare. Uno è che indubbiamente il Governo ha avviato un'azione per far valere in Europa una serie di questioni che riguardano l'Italia e che hanno una valenza nazionale (per fortuna, terremoti di questa dimensione non ci sono in tutta Europa). L'altro ricade sull'Italia – ma l'Europa non può essere indifferente – ed è quello dei migranti.
  Questo da una parte, ma dall'altra c'è anche – l'ha detto il Premier – la messa in discussione dello stesso Fiscal Compact. Non è, ovviamente, cosa immediata, ma è chiaro che anche questo disegno di legge di bilancio si inserisce dentro un discorso di messa in discussione di determinate regole.
  D'altra parte, l'alternativa a questa manovra mi pare, se consideriamo l'assetto Pag. 71delle forze politiche in Italia, quella di andare fino al 3 per cento di deficit. Questa è l'alternativa. Nel Parlamento italiano l'alternativa al 2,3 per cento di deficit è di arrivare fino al 3 per cento. Credo che le regole sarebbero ancora meno rispettate a livello europeo, se andassimo fino al 3 di deficit. Mi pare che, se valutiamo i rapporti di forza politici, siano questi.
  Da una parte c'è questo aspetto, dall'altra credo che ci siano anche da valutare gli effetti sul PIL delle misure concrete che ha proposto il Governo, che adesso sono conosciute ma non lo erano nel momento in cui abbiamo affrontato la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanze.
  La risoluzione parlamentare a cui il Governo si è attenuto fino in fondo ha invitato il Governo a valutare l'opportunità di andare anche fino al 2,4 di debito rispetto al PIL– e il Governo è andato dal 2 al 2,3 – cercando di tenere, però, una cautela dal punto di vista delle previsioni sulla crescita del PIL, e il Governo ha mantenuto l'1 che aveva inserito nella Nota di aggiornamento, pur portando il deficit dal 2 al 2,3.
  Credo, però, che ci sia da fare una valutazione. Chiedo un'ulteriore valutazione, in sostanza, rispetto ad alcune misure concrete di cui gli effetti si possono – penso – valutare. La questione della quattordicesima, quindi, è reddito netto che va comunque a una parte del Paese che è tra quelle più povere. Inoltre, è previdenza e non assistenza. Non è lotta alla povertà, ma previdenza. Anche i sindacati ce l'hanno detto con chiarezza: questo è recupero di reddito perso negli scorsi anni dalla parte più debole dei pensionati. Quindi, non c'è ISEE, non c'è la valutazione sul reddito familiare. È singolo e in base anche ai contributi versati.
  È indubbio, però, che siamo dentro una parte che dovrebbe avere una propensione marginale al consumo abbastanza elevata e, quindi, un'incidenza sui consumi, così come altre misure che ci sono all'interno del disegno di legge di bilancio, per esempio, sugli investimenti. Parlo soprattutto di quelli diretti, in aumento, cioè degli investimenti pubblici, perché l'effetto di talune misure sugli investimenti privati possiamo vederlo fino in fondo solo dopo.
  Per esempio, ci sono, invece, effetti anche su interventi privati che ormai si possono stimare, perché c'è un'esperienza di quasi vent'anni. Anche il fatto che si ampli tutta la parte relativa alle detrazioni fiscali sugli interventi di recupero, aggiungendo i condomini, l'antisismica e via elencando, dovrebbe avere un effetto sulla domanda.
  La valutazione che chiedo – non tanto da fare oggi, ma che credo debba essere un campo di valutazione – è che effetto possono avere sulla domanda e, quindi, sul PIL queste misure concrete che adesso conosciamo e che prima erano meno delineate, che possono avere – ripeto – dal punto di vista degli investimenti e dei consumi e, quindi, sulla domanda interna un effetto abbastanza preciso.
  L'altra questione è sulla previdenza. Non credo che siamo di fronte a un intervento frammentato o frammentario. Credo che siamo di fronte alla risposta quasi totale all'insieme dei problemi che c'erano sul tappeto. Ne restano probabilmente fuori alcuni: Opzione donna per un trimestre, c'è una parte di esodati che dice che non è comunque salvaguardata, qualcuno propone la questione delle casse previdenziali dei professionisti che sono rimaste escluse per quanto riguarda alcuni aspetti, altri possono proporre il tema del riscatto delle lauree.
  Il grosso delle questioni che avevamo di fronte, però, è stato affrontato. Laddove può avere degli effetti dal punto di vista economico – ho sentito parlare qui di 20 miliardi da parte di interventi in audizioni precedenti – l'APE social ha un limite, non è un diritto soggettivo ed ha un limite. Dopodiché, dalle relazioni tecniche risulta che risponderebbe a 34.000 persone nel 2017. Dalle valutazioni dei sindacati mi pare che siamo sull'esigenza per 16.000.
  Non dovremmo essere dentro una situazione per cui la domanda è tale che debbano essere rivisti tutti i conti perché sarebbe ingiusto fornire una risposta solo parziale, oppure si debba chiudere l'esperienza. Questo lo verificheremo successivamente, Pag. 72 ma mi pare che non ci sia una frammentarietà dell'intervento sulla previdenza. C'è, io credo, in modo – lo dico – inaspettato (mi aspettavo molto meno qualche mese fa), un intervento quasi totale sui problemi aperti sul versante della previdenza.

  PAOLO GUERRIERI PALEOTTI. Volevo ringraziare l'Ufficio parlamentare di bilancio per questa relazione, che naturalmente poi leggeremo con molta attenzione. Volevo farle alcune domande proprio su questo tema. Voi dedicate molto spazio alle regole europee. Credo che sia proprio necessario – poi si può decidere qualunque cosa – capire di che cosa stiamo parlando.
  Il primo tema riguarda proprio il discorso del rispetto di queste regole. In particolare, voi dite che naturalmente nessuno sa quale sarà la valutazione della Commissione europea, lo sapremo molto probabilmente tra qualche giorno, se non poi tra un mese, all'Ecofin del 5 dicembre, ma dalle cose che scrivete ci sono due possibilità molto concrete.
  La prima riguarda il fatto di non aver rispettato la regola del deficit per la possibilità che, in realtà, non ci venga consentito di scorporare. A questo punto, portiamo due contestazioni a regole in essere: una è come si calcolano sulle politiche per l'immigrazione gli eccessi rispetto al dato dell'anno precedente, mentre invochiamo una media pregressa; l'altra è la distinzione fra ricostruzione e prevenzione, che è un altro dato.
  Quello che voi dite essere scontato è il fatto che non rispettiamo la regola sul debito. Questa sarebbe una seconda infrazione, se ho capito bene, da distinguere rispetto a quella del deficit strutturale. Anche ammesso che ci venga riconosciuto, non rispettiamo la regola sul debito.
  Direi che dobbiamo, però, fare anche un po’ di chiarezza. Adesso sento invocare questa rimessa in discussione del Fiscal Compact e vi chiedo un chiarimento. Che io sappia, il Fiscal Compact è un accordo internazionale che abbiamo liberamente sottoscritto insieme ad altri Paesi e che non può essere rimesso in discussione unilateralmente, a meno che non usciamo dal consesso delle relazioni civili.
  Il discorso, quindi, della rimessa in discussione non riguarda il Fiscal Compact in essere, perché quello è un accordo; riguarderebbe come e in che modo il Fiscal Compact può essere, a questo punto, assorbito nella legislazione comunitaria ma, anche se non venisse assorbito, il Fiscal Compact rimane in essere.
  Chiedo se ci chiarite questo, altrimenti c'è l'ipotesi che, a questo punto, si possa annullare un accordo internazionale perché a noi non sta bene. A me non risulta che le cose stiano così. Anche ammesso che uscissimo unilateralmente da un accordo internazionale, la regola sul debito esiste anche nella governance europea del Six-Pack e del Two-Pack. Quindi, non è che l'assorbimento o meno del Fiscal Compact di per sé esima dal rispetto della regola sul debito. La regola sul debito, in realtà, c'è. Vorrei sapere che cosa si può dire su questo tema.
  Come secondo dato, vorrei capire bene una cosa. È vero che è stato invocato da alcuni: ma perché non ci spingiamo fino al 3 per cento? Bisognerebbe chiarire che, se decidessimo di portare il deficit al 3 per cento, quello sarebbe tutto deficit strutturale nella situazione di oggi e che ci ritroveremmo con uno stock di debito sul PIL superiore, ad occhio, al 135 per cento.
  Nel 2017, nell'ipotesi, per esempio, che non venisse più autorizzata una politica monetaria del QE, chi racconterà ai mercati che il 135 per cento è uno stock di debito pienamente sostenibile? Vorrei capire meglio, quando si fanno affermazioni relative al portarci fino al 3 per cento, se abbia un senso economico fare un'affermazione di questo genere. No. Che cos'è? Una boutade per cui gonfiamo il petto e diciamo che, a questo punto, siamo pronti a sfidare?
  Possiamo dire quello che ci pare, perché naturalmente c'è libertà di espressione e di parola, ma bisognerebbe anche avere una cognizione di causa di ciò che si afferma. Portare lo stock di debito al 135 per cento nel 2017, con la situazione di politiche monetarie che avremo, ha un senso di Pag. 73sostenibilità? Vorrei che ci illuminaste, perché voi vi soffermate a lungo su questi aspetti delle regole europee.
  Soprattutto bisognerebbe chiarire che queste rimesse in discussione devono svolgersi all'interno di un alveo che non è il fatto semplicemente di alzare la voce. Ad alzare la voce non ci si mette niente, ma poi bisogna vedere se si sostiene l'effetto di alzare la voce.

  CARLO DELL'ARINGA. Cercherò di fare una domanda meno difficile di quella che ha fatto Guerrieri Paleotti poco fa, perché la sua non è una domanda facile cui rispondere. Io non saprei rispondere.
  Al di là delle regole, che certamente hanno una loro importanza, al di là della sostenibilità del nostro debito non solo nei confronti dell'Eurogruppo, ma anche del mondo intero – è giusto che, naturalmente, si parli del mondo intero e non solo delle regole e, quindi, di quanto il nostro debito sia compatibile con gli equilibri dei rapporti con l'estero e dei mercati finanziari – volevo fare una domanda molto macro e molto poco strutturale.
  Al di là del rispetto delle regole – ripeto – possiamo anche credere che l'equilibrio di bilancio strutturale venga raggiunto entro la data prevista, senza ritardi. Il punto in discussione è il percorso, o perlomeno la scelta strategica riguarda il percorso per arrivare, a parte, fra parentesi, che siamo sempre in attesa di capire se il calcolo dell’output gap sia disponibile. Fra l'altro, quando è venuto il vicepresidente dell'Eurogruppo, mi ricordo che ho domandato se avrebbero fatto in tempo quest'anno a rivederlo e lui ha detto che certamente quest'anno lo avrebbero fatto, ma non si è visto molto.
  A parte questo aspetto, che forse non è nemmeno poi importantissimo, immaginiamo di raggiungere questo equilibrio di bilancio strutturale. È giusto, però, concentrare lo sforzo in termini di deficit nel primo anno, cioè il 2017, e lasciare che poi la manovra per raggiungere l'equilibrio debba avere qualche effetto negativo successivo? Nella relazione tecnica – anche lì non ho capito, forse dovrei leggere meglio – voi parlate di un boomerang nel 2018 per l'effetto di dover rientrare poi velocemente nell'equilibrio strutturale. Dalla relazione tecnica la manovra sembra avere un impatto sul PIL neutrale nel 2018, ma forse questo dipende dalle diverse previsioni di PIL. In termini di PIL sembra essere neutrale. Naturalmente, in termini di avanzo rapportato all’output gap, in quel rapporto non facile, non intuitivo – diciamo così – sembra avere un effetto recessivo, ma in termini di PIL sembra neutrale. Nel 2019, invece, un effetto un po’ negativo ce l'ha, naturalmente, perché bisogna stringere i bulloni per poter rientrare.
  Arrivo alla domanda. Queste sono solo le premesse. Ha senso, al di là di considerazioni politiche o elettoralistiche, naturalmente, concentrare lo sforzo nel 2017, cioè fare un grosso deficit nel 2017 e lasciare i cordoni aperti nel 2017 e rinviare lo sforzo negli anni successivi? Potrebbe aver senso, perché forse il 2017 dal punto di vista della congiuntura, guardando i tendenziali, aveva i valori più bassi in termini di crescita rispetto agli anni successivi. Forse in termini macroeconomici può avere un senso rinviare lo sforzo ad anni in cui si prevede che le cose vadano leggermente meglio e richiedano una politica espansiva meno forte.
  Il 2017 forse richiede uno sforzo maggiore in termini di politiche espansive. Avrebbe un senso lasciare agli anni successivi lo sforzo in termini di restrizione. Non ha un senso una strategia di questo genere, secondo voi, dal vostro punto di vista, al di là delle regole, al di là del ciclo politico, al di là di tutto, proprio in termini semplicemente macroeconomici?

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Pisauro per la replica.

  GIUSEPPE PISAURO, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Riguardo alla domanda dell'onorevole Marchi che riguardava gli effetti macro e chiedeva una valutazione, questa è una cosa che stiamo facendo. Non mi aspetto grandissime differenze rispetto a quello che abbiamo fatto per la valutazione non tanto della Nota di aggiornamento del DEF, quanto del Documento Pag. 74 programmatico di bilancio. Quel tipo di misure, quali l'aumento degli investimenti pubblici, l'effetto incentivante sugli investimenti privati e via elencando, era stato incluso nel calcolo. Non mi aspetterei, quindi, grandissime differenze rispetto a quell'1 per cento reale. Onestamente – questo l'abbiamo già detto anche l'altra volta – se la differenza diventa dell'ordine di un decimo di punto, è davvero difficile dire qualcosa di significativo.
  Rispetto al discorso che è stato sollevato – mi pare – sia dall'onorevole Marchi, sia dal senatore Guerrieri Paleotti della messa in discussione del Fiscal Compact, dal punto di vista giuridico mi dicono che entro il 2017 l'articolo 16 del Fiscal Compact prevede che siano adottate le misure per incorporarlo nell'ordinamento europeo sulla base dell'esperienza maturata. Quindi, nel 2017 c'è dal punto di vista giuridico una scadenza.
  Quanto alla messa in discussione, sono simpatetico con quello che diceva il senatore Guerrieri Paleotti, nel senso che si può mettere in discussione qualsiasi cosa, ma poi, al di là delle regole, c'è la realtà del funzionamento dell'economia. C'è da aspettarsi che una messa in discussione che comportasse un incremento ulteriore del rapporto debito/PIL, al di là dell'essere o meno in linea con le regole, provocherebbe conseguenze sostanziali.
  Sono stato forse troppo rapido nel raccontare che noi rispettiamo la regola del debito, perché la regola di riduzione del debito è qualcosa di molto complesso. Se mi consentite, mi fermo un momento su questo. Quello che sto per dire non intacca quello che dicevo un attimo fa e che diceva anche il senatore Guerrieri Paleotti. Al di là del rispetto delle regole, poi c'è la realtà, la realtà economica.
  Nella primavera scorsa la Commissione, prendendo atto della violazione della regola nel 2015, aveva predisposto un rapporto per valutare se aprire una procedura per disavanzo eccessivo, considerando anche i fattori rilevanti che possono aver influito su questo risultato. Ricordo che la regola del debito ha quel meccanismo numerico, ossia un ventesimo di riduzione, che poi va valutato alla luce dei fattori rilevanti, in cui ci sono tutta una serie di elementi, tra cui il debito privato e altri.
  In quell'occasione la Commissione ha deciso di predisporre un nuovo rapporto dell'autunno di quest'anno, una volta specificati da parte del Governo i dettagli della manovra di bilancio per il 2017. Nell'eventualità in cui il profilo del saldo strutturale programmatico fosse giudicato non coerente con l'ordinamento europeo, potrebbe essere rivisto il giudizio sulla posizione dell'Italia.
  Per quanto riguarda, invece, il periodo 2017-2019, il documento di bilancio 2017-2019 conferma che gli obiettivi del rapporto non sono coerenti con il rispetto della regola numerica del debito, utilizzando i vari criteri previsti. Rispetto al Documento di economia e finanza il gap è ancora maggiore, ma – per concludere – com'è noto, la violazione della regola numerica non comporta automaticamente l'apertura di una procedura per disavanzo eccessivo da parte della Commissione. Prima che ciò possa verificarsi devono essere presi in considerazione i fattori rilevanti.
  La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza di settembre ricordava i fattori valutati favorevolmente dalla Commissione nel suo rapporto della primavera scorsa, quello cui accennavo prima, predisposto a seguito della violazione della regola numerica nel 2015. Tra questi ci sono le condizioni macroeconomiche particolarmente sfavorevoli, in particolare la bassa inflazione.
  La domanda dell'onorevole Dell'Aringa, che è anche un po’ dell'onorevole Marchi, è se in questa situazione l'idea di andare a una correzione immediata più forte di quella prevista in questo documento sia consigliabile. Mi pare che sia un po’ questo il dubbio. Chiaramente, questo va un po’ oltre i nostri compiti. Noi non abbiamo il compito di fare raccomandazioni, ma un ragionamento si può provare a fare, anche facendo riferimento a ciò che si legge anche nei documenti di organizzazioni internazionali, come il Fondo monetario internazionale. Pag. 75
  Mi pare che rispetto a un paio d'anni fa, o forse più, tre-quattro anni fa il consenso sia che non si debba soffocare il bambino nella culla e, quindi, che correzioni troppo intense e concentrate nel tempo non siano consigliabili. Naturalmente, questa è una valutazione qualitativa. Poi quantitativamente qual è il punto a cui fermarsi è abbastanza opinabile.
  Tuttavia, credo che lo sforzo si possa seguire senza compromettere l'effetto macro, ma tenendo insieme in un sentiero molto stretto le tendenze del debito, le risposte dei mercati e via elencando, qual è il punto esatto è molto difficile da dire. Quello che sarebbe, però, forse auspicabile è un percorso non dico delineato nei dettagli, ma credibile di medio termine. Facciamo meno sforzo oggi, ma abbiamo in cantiere una serie di interventi che ci riportano credibilmente su un sentiero di maggiore sicurezza. Non so se questo sia il caso che stiamo esaminando.

  PRESIDENTE. Grazie, Presidente Pisauro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.40.

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