XVII Legislatura

Commissioni Riunite (V Camera e 5a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 1 di Lunedì 3 novembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti dell'ANIA (Attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2015-2017, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 
Minucci Aldo , presidente di ANIA ... 3 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 9 
Galli Giampaolo (PD)  ... 9 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 10 
Focarelli Dario , direttore generale di ANIA ... 10 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 10 

Audizione di rappresentanti di ADEPP (Attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2015-2017, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Saltamartini Barbara , Presidente ... 10 
Camporese Andrea , presidente di ADEPP ... 10 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 12 
Santini Giorgio  ... 12 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 12 
Camporese Andrea , presidente di ADEPP ... 12 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 13 

Audizione di rappresentanti dell'Alleanza delle cooperative (Attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2015-2017, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Saltamartini Barbara , Presidente ... 13 
Venturelli Marco , vicesegretario generale di Confcooperative ... 13 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 14 
Iengo Mauro , responsabile dell'ufficio legislativo Legacoop ... 14 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 15 
Galli Giampaolo (PD)  ... 15 
Iengo Mauro , responsabile dell'ufficio legislativo Legacoop ... 15 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 15 

Audizione di rappresentanti di Lunaria – coordinatori della campagna «Sbilanciamoci» (Attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2015-2017, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Saltamartini Barbara , Presidente ... 15 
Marano Angelo , rappresentante di Lunaria – coordinatore della campagna «Sbilanciamoci» ... 15 
Naletto Grazia , portavoce di Lunaria – coordinatore della campagna «Sbilanciamoci» ... 17 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 19 
Lenzi Stefano , rappresentante di Lunaria – coordinatore della campagna «Sbilanciamoci» ... 19 
Nobile Mario , rappresentante di Lunaria – coordinatore della campagna «Sbilanciamoci» ... 21 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 22 
Currò Tommaso (M5S)  ... 22 
Marcon Giulio (SEL)  ... 22 
Guerrieri Paleotti Paolo  ... 22 
Tancredi Paolo (NCD)  ... 22 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 22 
Marano Angelo , rappresentante di Lunaria – coordinatore della campagna «Sbilanciamoci» ... 22 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 23 
Naletto Grazia , portavoce di Lunaria – coordinatore della campagna «Sbilanciamoci» ... 23 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 23 

Audizione di rappresentanti di Assopetroli-Assoenergia (Attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2015-2017, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Saltamartini Barbara , Presidente ... 23 
Ferrari Aggradi Franco , presidente di Assopetroli ... 23 
Boccia Francesco , Presidente ... 30 
Galli Giampaolo (PD)  ... 30 
Squeri Luca (FI-PdL)  ... 30 
Boccia Francesco , Presidente ... 31 
Ferrari Aggradi Franco , presidente di Assopetroli ... 31 
D'Incà Federico (M5S)  ... 32 
Boccia Francesco , Presidente ... 33 

ALLEGATO: Documentazione depositata dai rappresentanti di Assopetroli-Assoenergia ... 34

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia: (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI BARBARA SALTAMARTINI

  La seduta comincia alle 11.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'ANIA.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2015-2017, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti dell'ANIA.
  È presente il dottor Aldo Minucci, presidente di ANIA, accompagnato dal dottor Dario Focarelli, direttore generale, dalla dottoressa Antonella Azzaroni, direttore delle relazioni istituzionali, dalla dottoressa Gabriella Carmagnola, direttore delle relazioni esterne, dal dottor Gianfilippo Scifoni, dirigente responsabile del fisco, e dalla dottoressa Luciana Lombardi, responsabile dell'ufficio stampa.
  Do la parola al dottor Minucci.

  ALDO MINUCCI, presidente di ANIA. Signori presidenti, onorevoli deputati e senatori, innanzitutto desidero ringraziarvi per aver voluto invitare l'ANIA, l'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici, ad esprimere le proprie valutazioni nell'ambito dei lavori sull'esame del disegno di legge di stabilità per il 2015.
  Vorrei premettere che l'ANIA condivide e supporta la decisione del Governo di rallentare questo percorso di avvicinamento agli obiettivi europei di medio termine, confermando, però, ovviamente, l'impegno a mantenere il disavanzo entro il 3 per cento. Siamo tutti convinti che la priorità assoluta del nostro Paese, e quindi della politica economica che deve essere svolta in questo periodo, sia quella di uscire dalla recessione che ormai dura ininterrottamente da tre anni e che preoccupa tutti i settori produttivi, oltre che i lavoratori.
  La nostra convinzione è che per tornare a far crescere l'economia e l'occupazione sia fondamentale ridurre strutturalmente il carico fiscale su lavoratori e imprese. È per questo che sulla prima parte della manovra contenuta nel disegno di legge di stabilità la nostra posizione è di forte supporto, in particolare sulle due principali misure della manovra, ossia la conferma del bonus degli 80 euro e la deducibilità del costo del lavoro, con riferimento ai rapporti a tempo indeterminato, dall'imponibile IRAP.
  Non dimentichiamo, peraltro, le decontribuzioni per le assunzioni a tempo indeterminato, che vanno tutte nella direzione corretta e giusta degli interventi diretti a favorire, da un lato, la ripresa dell'occupazione e, dall'altro, una possibile ripresa della domanda e, conseguentemente, anche dei consumi.
  A nostro avviso, entrambe le disposizioni – ossia il bonus di 80 euro e le decontribuzioni – dovrebbero essere rese Pag. 4strutturali, in maniera tale che la capacità di favorire e di incidere sia sui consumi, sia sull'occupazione, diventi ancora più significativa.
  Condividiamo anche il fatto che questa manovra si basi contemporaneamente su misure espansive, coperte anche con un coerente piano di riduzione delle spese. In merito a questo aspetto raccomandiamo che il disegno complessivo della riduzione delle spese sia condiviso dai cittadini e che punti soprattutto sul contrasto all'evasione fiscale, sull'eliminazione degli sprechi e sulla restituzione di efficienza della pubblica amministrazione, ossia su una riforma soprattutto dell'intervento dello Stato nell'economia, su cui mi soffermerò un po’ più avanti.
  Noi condividiamo, come dicevo, l'impianto generale della manovra, che abbina misure espansive a tagli di spesa. A mio avviso, forse, andrebbe ancora più accentuata l'enfasi sulle privatizzazioni. Per dare maggiore credibilità agli interventi della spending review, sarebbe opportuno che la riduzione delle spese venisse valutata ed attuata anche attraverso un piano organico di ridisegno del ruolo dello Stato, con particolare riguardo al meccanismo del welfare.
  Noi siamo infatti convinti, e l'abbiamo fatto presente in tutti i rapporti che abbiamo avuto con le istituzioni politiche, che, grazie a una redistribuzione del ruolo dello Stato e, quindi, a una compartecipazione del settore pubblico e del settore privato alle tematiche del welfare, possano crearsi significativi elementi di riduzione di costo a carico del sistema pubblico, con ricadute particolarmente positive anche sul piano dell'efficienza.
  Riteniamo, infine, che, per conferire maggior significato e valore alla manovra, gli interventi sulle spese dovrebbero essere accompagnati dalla previsione di incentivi agli investimenti che i privati potrebbero fare nell'economia italiana, con particolare riferimento a quelli diretti alla realizzazione di opere infrastrutturali e a interventi di investimento a favore delle piccole e medie imprese.
  Parlando degli elementi meno favorevoli previsti da questa manovra, che toccano, guarda caso, specificamente proprio il settore assicurativo, non posso non esprimere le forti perplessità e negatività del settore su due disposizioni: l'aumento della tassazione a carico dei fondi pensione, ossia dei rendimenti finanziari che maturano annualmente sulle quote che vanno a finire nei fondi pensione; l'introduzione di una norma che assoggetta a imponibilità, agli effetti dell'IRPEF, la quota parte insita nei capitali corrisposti nell'ambito delle polizze sulla vita che non si collega al rischio demografico, ossia la parte finanziaria.
  Perché noi siamo profondamente contrari a queste norme ? Perché sono misure che penalizzano fortemente le scelte che sono state compiute sia dai lavoratori, sia dagli assicurati. Sono tutte scelte collegate da una visione di lungo termine, non dettate da alcun elemento speculativo né da alcun elemento di rendita finanziaria, ma finalizzate a garantire un tenore di vita dignitoso quando qualcuno va in pensione, ossia à la retraite, come dicono i francesi.
  Ci troviamo di fronte a un meccanismo particolare. A fronte della riduzione del peso che sotto il profilo del mantenimento del reddito finale disponibile dei lavoratori ha la pensione pubblica, nel corso degli ultimi vent'anni si è intavolato un meccanismo di incentivazione diretto a favorire la costruzione di un adeguato sistema di previdenza integrativa. È evidente che tutto quello che incide, riducendo la possibilità di accumulare risorse positive, rappresenta un problema.
  La previdenza integrativa non risolve tale problema ma, se noi riduciamo questi aspetti in maniera significativa, quasi raddoppiando la tassazione sistematica su questi tipi di rendimenti che maturano nel tempo, è chiaro che stiamo adottando una scelta di campo molto delicata e, a mio avviso, anche preoccupante, soprattutto se poi la colleghiamo a un altro intervento che è stato previsto. Mi riferisco alla facoltà concessa ai lavoratori di monetizzare le quote mensili di TFR. Questo è un altro elemento che può essere interpretato Pag. 5come un forte giudizio di negatività sulla preoccupazione del futuro per privilegiare gli aspetti della spesa corrente.
  Perché dico che questa tassazione è fuori anche dai meccanismi ordinari ? Perché, se noi guardiamo dove sta andando l'Europa sotto il profilo della previdenza complementare, notiamo che quasi tutti i sistemi europei sono caratterizzati da un sistema di tassazione che si esprime, in termini di lettere, col sistema dell'EET: esenzione sui contributi, esenzione sui rendimenti maturati durante la fase dell'accumulazione, tassazione soltanto delle prestazioni.
  Noi, invece, ci siamo orientati su un sistema diverso. Con «noi» intendo il Paese Italia, un Paese che è ETT, ossia che prevede l'esenzione sui contributi, una tassazione sulle rendite maturate e una tassazione delle prestazioni.
  Orbene, questo fenomeno della tassazione sulle componenti del rendimento finanziario che maturano già ci portava lontano dall'Europa. Se, addirittura, questa componente passa dall'11 al 20 per cento, è chiaro che il processo di allontanamento e la capacità di realizzare significativi elementi per la previdenza integrativa costituiscono degli elementi molto delicati, che incidono molto significativamente.
  Qual è allora la considerazione che può scaturire nella mente dei cittadini ? Per tanti anni ci hanno detto che dobbiamo costruirci questa previdenza complementare e ci hanno creato dei sistemi di incentivi per favorirla. Nonostante questo, il sistema della previdenza complementare in questo Paese non ha ancora raggiunto un livello significativo per una serie di considerazioni: è tutto fuori il sistema pubblico, è molto fuori tutta la parte che riguarda i cosiddetti lavoratori autonomi – ce ne sono pochi – e non tocca fondamentalmente le donne e i giovani lavoratori, che sono lontani da questo meccanismo. Qualcuno tra le persone che mi stanno ascoltando conosce profondamente questo tipo di problematiche, perché le abbiamo vissute insieme.
  In più, c’è un fenomeno che in questi anni di crisi si sta sempre più accentuando. Circa 1,5 milioni di soggetti che appartengono alla previdenza complementare ha smesso di versare la parte dei propri contributi. Tali soggetti hanno, quindi, smesso di contribuire all'effettuazione di una significativa componente per quando andranno in pensione.
  Che cosa ne discende, ed è questo l'aspetto culturale che a me non piace significativamente ? In fondo, si comincia a maturare nell'opinione pubblica la convinzione che occorra guardare sempre e soltanto, sia pure in queste particolari condizioni, alle necessità del presente senza tener conto di quelle che saranno le problematiche del futuro. Questa è un'accusa che ha toccato i Governi dei venti anni precedenti, i quali hanno destinato risorse in maniera accentuata sulle componenti del presente a danno delle generazioni future.
  Se, quindi, c’è un problema in questa fase della vita economica del Paese, che è bloccata anche al di là della crisi, per via del fenomeno dell'incertezza del futuro, il che inibisce alle persone una capacità di spesa e di investimento, essendo tutte preoccupate da che cosa può succedere nel futuro, è evidente che questa parte di provvedimenti non solo non attenua questa situazione, ma anzi la rafforza. Questo è un motivo psicologico-culturale che a me preme sottolineare, onorevoli deputati e senatori.
  Passando alla seconda componente, non sono neanche convinto circa la valorizzazione del profilo economico. Noi sappiamo bene che la motivazione alla base del provvedimento della monetizzazione del TFR è quella per cui si ritiene che, aumentando la capacità di spesa delle famiglie meno abbienti, ciò possa avere una significativa ricaduta in termini di crescita dei consumi e, quindi, di ripartenza del ciclo economico.
  Noi riconosciamo che questa motivazione abbia degli elementi di positività e sia di per sé sostenibile; tuttavia, riteniamo che gli aspetti psicologici che derivano dal mettere insieme l'aggravamento della fiscalità Pag. 6con questa possibilità abbiano un risvolto non solo culturale, ma anche economico. Non è detto, infatti, che tutto quello che viene impiegato attraverso gli intermediari istituzionali resti fermo nel cassetto e non porti alcun contributo all'economia di questo Paese.
  Voi sapete tutti che queste risorse affluiscono innanzitutto allo Stato sotto forma di titoli pubblici. Non è banale garantire una sistematica capacità di rinnovo del debito pubblico, in queste fasi tanto delicate della vita economica del Paese. C’è, però, una parte significativa di queste risorse che serve a finanziare progetti di crescita produttiva, che possono tradursi in prestiti alle imprese e in un ammodernamento significativo delle reti infrastrutturali del Paese.
  Voi tutti sapete quanto possa incidere un cambiamento di investimento nelle componenti infrastrutturali del Paese. Esso determina effettivamente una capacità di ricaduta sulla domanda, perché crea occupazione, lavoro e distribuzione del reddito e, se crea distribuzione del reddito, genera anche le condizioni per incrementare i consumi. È evidente, quindi, come sia necessaria una riflessione su queste componenti specifiche.
  Per fornire un dettaglio maggiore su tali componenti specifiche, con riferimento alla previsione contenuta all'articolo 44, comma 1, osservo che essa eleva, a partire dal periodo d'imposta 2015, dall'11 al 20 per cento l'aliquota di tassazione sul rendimento netto maturato su base annuale dalle gestioni dei fondi pensione. Questa è una norma particolarmente pesante e non accettabile da parte del settore assicurativo.
  Vi ho spiegato quali sono le componenti fondamentali che riguardano la necessità di costruire un sistema integrativo significativo anche nel nostro Paese. Noi riteniamo che, se non vogliamo sconfessare e, quindi, creare un ulteriore elemento di sfiducia nelle componenti istituzionali del Paese, le quali penalizzano una scelta previdenziale dopo che per anni abbiamo ragionato sulla necessità di integrare e abbiamo detto alle imprese che, nell'ambito dei rinnovi collettivi, dovevano dedicare risorse specifiche all'implementazione di un sistema significativo di crescita della previdenza integrativa, occorre che questo fenomeno sia significativamente ridotto, se non eliminato.
  Da ciò deriva la nostra proposta, che auspichiamo il legislatore possa accettare, di modificare radicalmente la previsione recata dal disegno di legge di stabilità portando la tassazione dei rendimenti dei fondi pensione non certo al 20 per cento, che è misura insostenibile, ma al più sopportabile, e peraltro coerente col sistema agevolato, valore del 12,50 per cento, corrispondente all'aliquota di favore che viene applicata ai titoli di Stato.
  Noi riteniamo, infatti, che tutto ciò che è previdenza complementare integrativa abbia in sé le caratteristiche per meritare una forma di incentivazione fiscale. Perché questo deve essere sempre, in qualche misura, il settore cui ricorrere ? Io ricordo agli onorevoli senatori e deputati che noi siamo sempre stati tra coloro che hanno dato una grossa mano d'aiuto sotto il profilo del gettito. L'abbiamo fatto con l'eliminazione della prima IMU e della seconda IMU. Si è intervenuti sempre su questo settore, che rappresenta una parte fondamentale a cui ricorrere. Occorre che questo approccio venga abbandonato.
  Guardiamo un'altra disposizione, che sottopone alla tassazione, ai fini IRPEF, la componente finanziaria dei capitali corrisposti agli eredi, a fronte di polizze cosiddette miste, che non sono specificamente stipulate sempre e soltanto a coprire il cosiddetto rischio morte.
  Voi sapete che su questo tema l'amministrazione si era precedentemente pronunciata nel senso che per questi capitali l'evento morte fosse un evento che giustificava l'affrancamento dalla tassazione. È evidente, infatti, che queste cifre, a questo punto, non hanno alcuna componente di natura legata alla rendita finanziaria, perché sono le cifre che servono a precostituire l'eliminazione degli elementi di debolezza e di indigenza che possono colpire le famiglie quando perdono la fonte principale del loro reddito sistematico.Pag. 7
  Era questo il motivo che aveva determinato, in questa ipotesi, l'espressione da parte legislativa di questa agevolazione, condivisa in pieno dall'amministrazione finanziaria. A noi sembra che le finalità continuino a essere persistenti e che, pertanto, meriti di essere mantenuto in piedi l'esonero dalla tassazione di qualunque componente di capitale percepita dagli eredi, in quanto diretta a supportare e sopportare le conseguenze negative di un fenomeno grave come la morte del soggetto di riferimento, di solito il capofamiglia. Chiediamo, quindi, che in questo caso la norma sia espunta dal disegno di legge di stabilità.
  Per tornare rapidamente alle misure in tema di lavoro, vi ricordo che noi siamo particolarmente favorevoli alla deducibilità ai fini IRAP della componente riferita al costo del personale dipendente con contratto a tempo indeterminato e che siamo altrettanto favorevoli alle decontribuzioni per le assunzioni a tempo indeterminato.
  Abbiamo invece sollevato una perplessità con riferimento all'erogazione anticipata del TFR. Senza voler incidere significativamente su questa disposizione, crediamo, però, che possa essere previsto un cambiamento nel senso di permettere al lavoratore che abbia espresso la volontà di usufruire della monetizzazione di poter rivedere questa sua decisione alla fine di ogni anno.
  Come sapete, la norma ha validità fino alla metà del 2018. A noi sembra opportuno concedere questa facoltà di cambiamento. Se cambiano le condizioni delle situazioni economiche, in termini di flussi di cassa per il lavoratore, riteniamo opportuno che sia consentito al lavoratore di poter cambiare questa ipotesi e, quindi, di tornare a un sistema precedente. In questo modo, si manderebbe un segnale per cui ci sarebbe ancora una considerazione significativa dell'importanza della destinazione del TFR alla previdenza complementare, come si sta attuando in molte imprese, in questo periodo, in Italia.
  Aggiungo un'ultima considerazione. Noi siamo particolarmente favorevoli alla norma che determina la possibilità dell'esonero totale dai contributi previdenziali riconosciuti ai datori di lavoro, per un massimo di tre anni, quando essi assumono nuovi soggetti con contratti di lavoro a tempo indeterminato. Auspichiamo che questa norma, la cui validità è prevista soltanto per il periodo dal 1o gennaio al 31 dicembre 2015, possa non dico essere resa strutturale, ma essere confermata per almeno tre anni, il tempo utile per incidere significativamente in questo periodo di crisi economica e finanziaria particolarmente rilevante.
  C’è poi una norma che preoccupa non solo noi, ma tutti coloro i quali hanno messo in piedi un sistema di creazione di fondi paritetici professionali nazionali per la formazione continua dei lavoratori. Questi fondi, che, ricordo, sono interamente finanziati dalle imprese – si tratta, quindi, di quattrini delle imprese – sono stati già ridotti significativamente. Oltre a quello che ha interessato le risorse affluite a questi fondi negli esercizi precedenti, c’è ora un ulteriore elemento di riduzione, sia pure dopo le misure che sono intervenute per finanziare i cosiddetti ammortizzatori sociali in deroga.
  A noi sembra che assumere questo tipo di impostazione, che cerca di sottrarre le risorse a questi fondi, il cui compito fondamentale è ridurre gli elementi delle crisi che accompagnano i processi di razionalizzazione e di ristrutturazione aziendale aumentando la capacità di formazione attraverso quelle che si chiamano le politiche attive a sostegno del lavoro, significhi non far svolgere la vera funzione che è stata assegnata a questi fondi, i quali, lo ricordo sempre, sono finanziati interamente dalle imprese e dai lavoratori.
  In questo contesto, noi solleviamo dubbi sulla legittimità di una misura. Ricordo in proposito che il Consiglio di Stato ha finalmente, dopo una serie di incertezze, accertato la natura privatistica delle risorse gestite dai fondi. Intervenire sistematicamente con interventi forzosi che destinano queste risorse a finalità diverse ci sembra contrastare con quei meccanismi di legittimità. Non si può legittimamente Pag. 8disporre di queste cifre, altrimenti questi prelievi costituiscono delle forme di ulteriori, surrettizi prelievi fiscali.
  Mi permetto di concludere, poiché penso di aver portato via già troppo tempo, con due o tre proposte che il settore avanza, sempre nell'ottica di migliorare o di portare un contributo alla riduzione dei costi dello Stato.
  Noi riteniamo che tutto questo possa essere innanzitutto attuato in un'ottica di rilettura del ruolo del settore pubblico, in particolare in determinati componenti del welfare. Specificamente, in questa fase mi preme sottolineare le proposte che noi cerchiamo di formulare a favore di questa ipotesi, con riferimento ai risparmi sui costi della sanità pubblica e sui costi derivanti dagli interventi che lo Stato compie a difesa del territorio e per la protezione delle abitazioni.
  Voi tutti sapete che il tema delicato del costo della sanità pubblica, come ci ha detto il Ministro Lorenzin, si aggancia anche alla tematica della cosiddetta medicina difensiva, che il Ministro ha valutato intorno a 13 miliardi di euro, ma le cifre non sono particolarmente puntuali e precise. Si tratta dell'atteggiamento che i medici e le strutture sanitarie assumono con riferimento alle spese per la diagnostica e per le medicine, dovuto al fatto che i medici, per allontanare da sé il livello di responsabilità cui sono chiamati in causa dai cittadini non contenti della prestazione o del risultato che hanno ottenuto dalle cure sanitarie, ricorrono alla medicina difensiva.
  Per allontanare da sé questa sorta di responsabilità che incombe, oltre che sulle strutture, anche direttamente sui medici, essi fanno ricorso in maniera particolarmente accentuata e spropositata a queste logiche, che vi ho testé riferito, della medicina difensiva. Se noi riuscissimo a creare un sistema normativo in grado di ridurre il livello della responsabilità a carico dei medici, attueremmo una ricaduta positiva sulla logica della medicina difensiva. Basterebbe ridurre questo fenomeno del 10 per cento e noi potremmo individuare e creare condizioni di risparmio sistematico e strutturale sui costi della sanità nella misura di oltre un miliardo di euro.
  Questo elemento inciderebbe anche su un'altra componente fondamentale che noi, come settore assicurativo, siamo chiamati ad affrontare, ossia il costo che le strutture sanitarie e i medici devono corrispondere per avere la cosiddetta copertura assicurativa.
  Noi abbiamo un problema, perché questa parte dell'attività assicurativa è fortemente, da anni, deficitaria. Abbiamo dovuto adeguare le richieste dei premi. Ciò crea problemi, ovviamente, a una parte della classe medica di questo Paese, soprattutto ai medici dipendenti dalle strutture pubbliche o a quelli appena laureati, che non hanno una capacità di reddito particolarmente elevata. Occorre in questo senso, per ridurre il costo delle polizze, ridurre i casi per i quali scattano le innumerevoli denunce fatte dai cittadini.
  Questi casi sono legati al fatto che noi non abbiamo ridotto il livello della responsabilità a cui i medici possono essere chiamati. C’è una recente sentenza che finalmente apre la possibilità di eliminare la cosiddetta responsabilità contrattuale medica. Ciò significa che chi va dal medico che lavora presso una struttura sanitaria, non è come se quest'ultimo avesse un obbligo contrattuale. Questo cambiamento determinerebbe un'inversione dell'onere della prova e, conseguentemente, una significativa riduzione del numero delle denunce e dei risarcimenti. Anche sotto questo profilo si avrebbe un impatto positivo in termini di riduzione dei costi o di copertura assicurativa e, per quelle regioni che hanno deciso di fare un'autoassicurazione su queste tematiche, le conseguenze dei risarcimenti sarebbero più basse.
  Vi riferisco, come ultima cosa, che l'approvazione delle benedette tabelle di valutazione delle lesioni incide anche su questa componente, perché le tabelle che valgono per la valutazione delle lesioni gravi derivanti da incidenti stradali sono le stesse che valgono ai fini della determinazione dei risarcimenti a carico del settore sanitario, strutture e medici compresi.Pag. 9
  Aggiungo velocemente due ultime parole sul tema degli interventi per la difesa del territorio e per la protezione delle abitazioni private. Voi tutti sapete che questo è un tema particolarmente delicato. I recenti casi di Genova hanno aperto di nuovo questa tematica. Abbiamo avuto anche il caso dell'Emilia-Romagna e affrontiamo sistematicamente questo tipo di problematiche.
  Noi abbiamo comunicato in tutti i rapporti relazionali che abbiamo avuto con le istituzioni politiche che mediamente lo Stato italiano, nel corso degli ultimi dieci anni, sia pure con interventi normativi a posteriori, ossia senza alcun elemento preventivo di tipo normativo, sostiene un costo intorno ai 3,5 miliardi di euro l'anno. Siamo convinti che sia arrivato il momento di avviare seriamente una riflessione su una ripartizione dei compiti di responsabilità su questo tema tra soggetto pubblico e soggetti privati. Siamo convinti che occorra restituire ai cittadini un'assunzione di responsabilità delle protezioni da queste tematiche.
  Questa fattispecie deve essere introdotta con sufficienti doti di equilibrio. Bisogna respingere alla radice le accuse che vengono mosse secondo cui, attraverso questo meccanismo, noi introduciamo un'ulteriore tassa sul settore immobiliare. Noi creiamo invece le condizioni affinché il Paese abbia una migliore protezione, con un costo di gran lunga ridotto nei confronti della parte pubblica e con un miglioramento significativo dell'efficienza, della tempestività e della velocità degli interventi, i quali verrebbero coperti dal settore assicurativo. Questo in una logica di contenimento dei costi che si potrebbe ottenere facilmente attraverso l'intervento assicurativo, accentuando le logiche della mutualità, il che comporta la capacità di coprire il maggior numero di persone possibile, sempre nell'ottica della protezione delle abitazioni.
  Infine, ci sarebbe un ulteriore elemento positivo. Poiché il costo delle polizze è in qualche misura legato anche alla qualità degli interventi costruttivi e manutentivi, è evidente che il meccanismo di un progetto così globale di cambiamento comporterebbe anche una ricaduta positiva, perché spingerebbe i soggetti assicurati a compiere interventi significativi sul patrimonio immobiliare. Ciò porterebbe, quindi, un aspetto positivo alla ripresa di un settore particolarmente importante in fase di profonda crisi, quale è il settore edilizio.
  Credo che sia arrivato il momento di affrontare seriamente questo problema. Da parte del settore assicurativo noi abbiamo predisposto, e abbiamo comunicato la nostra piena disponibilità a costituirlo, un meccanismo che divide i sacrifici tra Stato e cittadini nel settore assicurativo. Occorre che da parte del Ministero dell'economia e delle finanze ci sia una posizione di apertura sulla creazione di incentivi fiscali anche su questo tipo di coperture, per permettere una riduzione del costo effettivo a carico dei possibili assicurati.
  La ringrazio, presidente, e mi scuso se mi sono dilungato.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Minucci.
  Abbiamo ancora pochi minuti prima di passare alla successiva audizione. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIAMPAOLO GALLI. Signor presidente, svolgo una breve considerazione. Lei ha fatto bene a mettere sul tavolo tantissime questioni quali la responsabilità dei medici, le calamità naturali e l'incentivazione del risparmio a lungo termine.
  Io penso – per essere molto franchi – che sia piuttosto difficile riuscire, nei pochi giorni che abbiamo a disposizione, a risolvere tutti i problemi posti. Ricordo, per esempio, che le calamità naturali sono state inserite dai Governi in tante leggi finanziarie o di stabilità con poco successo nel passato. Questo non vuol dire che non si possa riprovare, ma vedo difficile che lo si possa fare adesso.
  Vorrei annotarmi, invece, almeno tre questioni sulle quali penso che dobbiamo tutti riflettere. La prima è il tema della Pag. 10previdenza complementare. È vero, negli altri Paesi europei, sulla base dei suggerimenti delle organizzazioni internazionali, la tassazione vigente, e giusta, è quella EET. Noi, invece, stiamo in un sistema diverso. Questo provvedimento costa parecchio ed è quantificato in 340 milioni di euro.
  Quello sulle polizze vita, che hanno la finalità, evidentemente, di tutelare la famiglia nel caso di decesso del principale percettore di reddito, è, a sua volta, quantificato in 150 milioni di euro. È dunque un intervento non facile.
  Infine, i fondi paritetici per le politiche di formazione sicuramente, per quello che io ne so, svolgono una funzione positiva. Ci sono tanti soldi che vengono male utilizzati in questo Paese per la formazione permanente. In questo caso, mi pare che vengano utilizzati bene e che siano stati utilizzati recentemente anche per i disoccupati o per alcune forme di disoccupazione.
  Credo di poter dire che tenteremo di ragionare su questi temi, nell'ambito ovviamente delle compatibilità, che sono molto strette.

  PRESIDENTE. Do la parola al direttore generale dottor Focarelli.

  DARIO FOCARELLI, direttore generale di ANIA. In maniera sintetica, in termini di copertura, l'emendamento sulla responsabilità dei medici vale, secondo la quantificazione del Ministro Lorenzin, in via indiretta, circa 800 milioni di euro l'anno. In tal modo, si riuscirebbero a coprire tutte le tematiche che avete ricordato. Si tratta di andare esattamente nella direzione che il tribunale di Milano ha indicato a luglio, ribaltando un orientamento precedente.
  Vi spiego il meccanismo della stima. La stima è composta – sarà nostra cura inviarla a tutti – da una riduzione che lo stesso Ministro ha valutato ufficialmente in circa il 10 per cento di alcune delle componenti della medicina difensiva, in particolare di quelle che hanno a che fare con la diagnostica e con le medicine e che valgono un totale stimabile tra i 600 e gli 800 milioni. La sola approvazione delle tabelle comporterebbe una riduzione di 200 milioni l'anno. Quelle le certifichiamo noi, perché hanno un effetto diretto sui risarcimenti, che sono pagati dalle strutture, se sono autoassicurate, o indirettamente, tramite le polizze. Questo intervento vale 800 milioni di euro.

  PRESIDENTE. Saluto e ringrazio il presidente e tutti i rappresentanti della delegazione di ANIA presenti e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di ADEPP.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2015-2017, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti di ADEPP.
  È presente il dottor Andrea Camporese, presidente di ADEPP, accompagnato dal dottor Giampiero Malagnino, vicepresidente vicario di ADEPP, e dal professor Francesco Verbaro, consulente di ADEPP.
  Do la parola al dottor Andrea Camporese.

  ANDREA CAMPORESE, presidente di ADEPP. Grazie, presidente e onorevoli, per l'opportunità che ci viene concessa. In un tempo molto ragionevole e sintetico, rimandando alla relazione che ho consegnato e che credo verrà distribuita, vorrei focalizzare il mio intervento sul tema della tassazione a carico del sistema previdenziale di primo pilastro privatizzato, che comprende 19 casse privatizzate riunite nell'ADEPP, l'Associazione degli enti previdenziali privatizzati, che io presiedo.
  L'ADEPP rappresenta circa 2 milioni di professionisti italiani, sostanzialmente tutte le categorie professionali cosiddette ordinistiche, e ha un patrimonio investito di circa 61 miliardi di euro. Nella relazione troverete tutti gli elementi.
  Noi siamo di fronte a una tassazione di questi patrimoni e delle plusvalenze generate Pag. 11da questi patrimoni che non ha eguali in Europa e che si configura come doppia tassazione. Noi subiremo, infatti, la tassazione sulle plusvalenze economiche, fino ad oggi al 20 per cento, dal 1o gennaio prossimo, se non ci saranno ulteriori interventi, al 26 per cento, per poi subire un'ulteriore tassazione all'atto dell'erogazione delle prestazioni e, quindi, delle pensioni, secondo gli scaglioni IRPEF.
  Questo sistema esiste solo in tre Paesi europei. Uno dei tre è l'Italia. Di questi tre Paesi l'Italia è quello che ha elevato maggiormente la tassazione. Non si tratta semplicemente di difendere una fiscalità di vantaggio, perché una fiscalità di vantaggio tout court avrebbe poco senso in un'Italia che ha i problemi che ha. Si tratta di difendere la capacità di accumulazione previdenziale e, quindi, anche di adeguatezza delle prestazioni attese.
  Una tassazione di questo livello per quarant'anni di vita media lavorativa, per un lavoratore che si trova in difficoltà, è pesante. Vi segnalo che i professionisti italiani hanno perso mediamente il 30 per cento di reddito negli ultimi cinque anni e che hanno delle difficoltà oggettive, simili a quelle che accusa il resto del Paese. Una tassazione di questo vigore, proiettata in quarant'anni, provoca un detrimento dei patrimoni e delle prestazioni attese, nonché della capacità di generare welfare e protezione sociale assai importante.
  In tema di welfare vi segnalo che al sistema che io rappresento è vietato, per norma di legge, qualsiasi finanziamento da parte dello Stato. Noi siamo totalmente autonomi nella gestione dei patrimoni e per legge non possiamo ricevere aiuti. Contestualmente, generiamo una spesa di circa 500 milioni di euro l'anno in termini di protezione sociale specifica nell'ambito delle professioni. Una parte di questa protezione è stabilita dalle leggi generali dello Stato, concernenti, ad esempio, la maternità e altre questioni. L'altra parte della protezione, che riguarda le coperture di tipo sanitario, la generiamo in autonomia grazie alle norme di legge che ce lo permettono.
  Questa protezione sociale che noi mettiamo in campo – vi segnalo che il mondo delle professioni non usufruisce degli ammortizzatori sociali del sistema generale dello Stato – non è solo un enorme valore per i nostri iscritti, ma rappresenta anche una riduzione di costi presenti e prospettici a carico dello Stato.
  Prendiamo il tema della sanità, data la sua particolare rilevanza. Più noi copriamo i costi sanitari dei nostri iscritti, meno impattiamo sul costo sociale della sanità a carico dello Stato. Pertanto, l'effetto della nostra produzione di welfare, in assenza di contributi dello Stato, è un effetto doppiamente positivo.
  La nostra preoccupazione enorme, come sapete molto meglio di me, onorevoli, è che il disegno di legge di stabilità non ci cita. Non cita il mondo delle casse privatizzate, ma il mondo dei fondi di secondo pilastro, elevando la tassazione per loro, ossia per i fondi integrativi, dall'attuale 11,5 al 20 per cento. Per quanto ci riguarda, non veniamo citati.
  Perché non veniamo citati ? Perché noi abbiamo una norma – passatemi il termine – di transizione che ci impone di non passare dal 20 al 26 per cento, come gli altri soggetti finanziari, ma di rimanere al 20 per cento per il 2014 con un credito di imposta. Questa norma, in quanto transitoria, cesserà di produrre effetti dopo il 31 dicembre 2014. Essa dispone che noi non veniamo elevati al 26 per cento per il 2014. Se non c’è intervento, dal 1o gennaio 2015 noi andiamo al 26 per cento, come qualsiasi fondo speculativo, non speculativo o comunque di natura finanziaria del Paese. Noi veniamo, quindi, associati nella funzione sociale a un fondo genericamente inteso di natura finanziaria.
  Qui credo stia il punto maggiore sul piano politico-istituzionale: il risparmio previdenziale deve essere tutelato nel suo effetto sociale anche in termini di tassazione oppure va equiparato a qualsiasi altro patrimonio investito sul mercato ? Io posso dire senza tema di smentita, essendo anche il vicepresidente dell'Associazione europea degli enti privatizzati e, quindi, conoscendo molto bene il sistema francese Pag. 12e tedesco e quello di tutti i Paesi europei, che nessun Paese europeo, tanto meno la Francia e la Germania, tassa in questo modo il risparmio previdenziale.
  In Francia e in Germania la tassazione sulle plusvalenze generate dai patrimoni previdenziali di primo pilastro è zero. C’è una sola tassazione, quella all'atto dell'erogazione delle prestazioni. Questo perché essa crea un movimento positivo nell'investimento, nella struttura economica del Paese e, quindi, provoca un beneficio al tessuto economico del Paese e, nel lungo periodo, a livello dell'adeguatezza delle prestazioni. Addirittura in Francia si dice: «Non ti tasso proprio perché tu reinvesti i tuoi utili».
  Noi in questi mesi e in questi anni addirittura – qualche onorevole che vedo seduto in questa sala conosce molto bene il tema, anche perché ha avuto responsabilità di governo, penso all'onorevole Fassina – siamo stati in linea con le dichiarazioni OCSE e con i paper dellUnione europea che vedono negli investitori di lungo periodo, e gli investitori previdenziali sono di lungo periodo per forza, il motore di sviluppo delle economie, perché mettere denaro sul lungo periodo, come sapete molto meglio di me, provoca effetti significativi sulla crescita del tessuto economico reale.
  Noi abbiamo detto mille volte che siamo disponibili a incentivare questo tipo di investimento a favore dell'economia reale del Paese, in modo volontario, efficiente e trasparente, secondo le regole di mercato, secondo la vigilanza della Banca d'Italia, in questo caso. Questo investimento è molto più virtuoso di una tassazione che porta gettito nel breve periodo, ed è un investimento di cui, a mio parere, l'Italia ha assolutamente bisogno.
  Vi segnalo, e poi davvero concludo, sperando di non avere fatto un discorso troppo lungo, che in questi giorni, mentre noi parliamo, a Londra nasce la PIP (Pension Infrastructure Platform), con 30 fondi pensione che hanno già versato 2 miliardi di sterline e che vanno a creare un fondo sulle infrastrutture inglesi. Questo è un altro pensiero, un'altra linea di ragionamento che non può sposarsi con una tassazione di tale livello. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Camporese.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIORGIO SANTINI. Intervengo proprio sull'ultimo spunto dell'intervento, perché esattamente su questo tema c'era stato anche un lungo lavoro della Commissione bicamerale sugli enti gestori che aveva individuato questa soluzione, cioè la possibilità di intervenire sia con i fondi complementari, sia con le casse private.
  Vorrei sapere se, al di là della giusta richiesta di restare al 20 per cento su questo versante, ci sia stato qualche progresso nei confronti del Governo in questi ultimi tempi, se ci sia qualche discorso avviato, se ci sia qualche possibile approdo. Anche a me questa sembra una strada diversa per sostenere allo stesso modo l'economia.

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

  ANDREA CAMPORESE, presidente di ADEPP. Senatore Santini noi consideriamo restare al 20 per cento il minimo della pena, nel senso che, se dovessimo guardare all'Europa, dovremmo tendere a zero.
  Detto questo, 20 è meglio di 26, anche se noterete nel documento che vi ho fornito che per rimanere al 20 per cento avremmo bisogno di coperture intorno ai 25-28 milioni di euro l'anno. Mi permetto di osservare che non si tratta di una copertura mostruosa. Detto questo, se si volesse andare sotto, parleremmo di qualche decina di milioni di euro e non di miliardi.
  L'interlocuzione con il Governo c’è stata, è stata di lungo periodo, ha attraversato gli anni ed è stata intensificata in particolare col Ministro Padoan negli ultimi mesi. Vedo in sala anche il sottosegretario Pag. 13Baretta, che ringrazio anche per un certo tipo di interlocuzione pubblica che ha avviato.
  Questa interlocuzione è andata avanti ed è andata a fondo, fino a configurare non una norma, ma un'intesa reale del mondo del primo e secondo pilastro in questa direzione. Io ho convocato l'Assemblea dei presidenti e ho raccolto unanimemente la disponibilità ad avviare un fondo di investimento chiuso di natura istituzionale di una massa rilevante, che vada a investire nei settori di economia reale del Paese, da concordare nelle macrolinee della politica industriale col Governo e da mettere in atto secondo gli strumenti del mercato esistenti.
  Io confermo, dunque, questa disponibilità. La confermo perché noi ci crediamo, e ci crediamo al punto tale che l'abbiamo messa in campo in termini di interlocuzione ben prima che il tema della tassazione emergesse. Il tema della tassazione incrocia questa discussione, ma la discussione viene da più lontano.
  Questa disponibilità c’è. Devo anche dire che il Ministro dell'economia e delle finanze su questo tema ha riconosciuto la validità dei ragionamenti che stiamo facendo e le stesse linee guida dell'OCSE, dove il Ministro Padoan ha esercitato il ruolo di capo economista fino a qualche mese fa.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, ringrazio i rappresentanti di ADEPP per il loro contributo. Credo che ormai anche tutti i colleghi abbiano avuto la relazione che ci hanno fornito.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'Alleanza delle cooperative.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2015-2017, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti dell'Alleanza delle cooperative.
  È presente il dottor Vincenzo Mannino, coordinatore dell'Alleanza delle cooperative e segretario generale di Confcooperative, accompagnato dal dottor Marco Venturelli, vicesegretario generale di Confcooperative, dal dottor Giuseppe Gizzi, responsabile delle relazioni industriali AGCI, e dal dottor Mauro Iengo, responsabile dell'ufficio legislativo Legacoop.
  Do la parola al dottor Marco Venturelli.

  MARCO VENTURELLI, vicesegretario generale di Confcooperative. Grazie e buongiorno a tutti. Ringrazio i presidenti delle Commissioni e tutti voi a nome dell'Alleanza delle cooperative italiane. Ormai, come centrali cooperative, Confcooperative, Lega delle cooperative e AGCI, noi rappresentiamo le principali istanze e partecipiamo all'interlocuzione istituzionale unitariamente. Pertanto, anche in questa sede proponiamo le nostre osservazioni e il nostro pensiero in modo assolutamente unitario, al di là di chi singolarmente riporta le valutazioni oggi.
  Per esprimere un parere su questo disegno di legge di stabilità 2015 partiamo col ricordare alcune priorità che noi riteniamo assolutamente fondamentali per il nostro Paese, che sono lavoro, sviluppo, welfare, semplificazione, giustizia e scuola. Se arriviamo a riformare in modo profondo ed efficace per il nostro Paese questi pilastri, ovviamente abbiamo trasformato il Paese. Dentro questo tipo di riforma strutturale noi auspichiamo finalmente una legge di stabilità rivolta allo sviluppo, sapendo che le precedenti leggi di stabilità hanno dovuto affrontare l'emergenza e che si faceva fatica anche a reperire risorse adeguate per rivolgerle allo sviluppo.
  Quello che è mancato nelle precedenti ultime leggi di stabilità è riuscire a trasmettere un segnale di fiducia e di sostegno alle imprese, elemento che, invece, ritroviamo in questa legge di stabilità, favorita anche – leggiamo le condizioni diverse in cui si è ritrovato questo Governo – dalla capacità di spesa sul deficit derivante dal ricalcolo dei criteri del PIL nazionale.Pag. 14
  Comunque, questa maggiore capacità di spesa non era scontato che fosse orientata allo sviluppo. Noi salutiamo il fatto che sia orientata allo sviluppo e, in particolare, a un alleggerimento del carico fiscale sul lavoro, poiché esso è reso deducibile rispetto ai criteri di calcolo dell'IRAP, e a un alleggerimento dei costi dei contratti a tempo indeterminato.
  Noi riteniamo queste due misure assolutamente centrali per unire, tra l'altro, un'attenzione contemporanea alle imprese e all'occupazione e, quindi, alla competitività delle imprese e al lavoro. Questo binomio di misure, che incidono sullo sviluppo sia verso le imprese, sia verso l'occupazione, aiuta a guardare a ciò di cui l'Italia ha bisogno per riprendere lo sviluppo, con riferimento a uno sviluppo che veda una ripresa anche dell'occupazione per poter andare verso una maggiore distribuzione di ricchezza e avere un impatto sul tessuto territoriale della nostra Italia.
  Questo impatto, quindi, è rivolto principalmente, noi riteniamo, e per questo l'apprezziamo, all'economia reale, a quell'economia italiana che sviluppa occupazione in Italia e sui territori. Non vorremmo ritrovarci, né prevediamo che ciò possa accadere, nella prima fase della ripresa, in una situazione in cui torniamo a registrare crescita, ma magari con una fatica a riprendere l'incremento occupazionale, che invece, fortunatamente, riscontriamo nei dati di questi ultimi giorni.
  Insieme a questa positività delle politiche per lo sviluppo, la spending review e la lotta all'evasione sono gli altri due pilastri di questo disegno di legge di stabilità, che assolutamente apprezziamo, così come la conferma degli 80 euro. Sappiamo che gli 80 euro sono orientati alla ripresa dei consumi, ma a noi piace evidenziare che sono, in realtà, uno strumento per andare incontro a una fascia di popolazione che è più povera e che, peraltro, in questi anni di crisi si è allargata. Pertanto, ci piace considerare questi 80 euro in primis come un aiuto verso le fasce più deboli della popolazione, ancor prima che pensarli per l'impatto positivo che potrebbero avere sui consumi.
  Infine, precisiamo che sul disegno di legge di stabilità non condividiamo tutti gli aspetti che stanno dentro un provvedimento che pure ci vede assolutamente esprimere un parere positivo. Ci sono alcuni elementi sui quali esprimiamo preoccupazione.
  Facciamo tre esempi per tutti. Il collega entrerà poi nello specifico e potrà esplicitarli con maggiore puntualità. Ci riferiamo, in primo luogo, all'aumento della tassazione sulla previdenza complementare e, in secondo luogo, alla preoccupazione che la spending review, se non tracciata su binari che arginino eventuali conseguenze negative, possa tradursi in una riduzione del sistema dei servizi sanitari delle regioni nel nostro Paese, che alla fine colpirebbe innanzitutto la fascia di popolazione con minore potere d'acquisto.
  Il terzo elemento negativo che pensiamo debba essere migliorato in questo iter parlamentare è quello del prelievo sui fondi interprofessionali della formazione. Ciò impatta negativamente sulle politiche attive del lavoro, quando di politiche attive del lavoro questo Paese, al fianco degli ammortizzatori, ha assolutamente bisogno.
  Con alcune riserve e auspici di miglioramento il nostro giudizio globale sul disegno di legge di stabilità è comunque positivo.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Iengo.

  MAURO IENGO, responsabile dell'ufficio legislativo Legacoop. Svolgo una breve puntualizzazione su una questione che ci sta davvero preoccupando e che riguarda l'articolo 44 del disegno di legge di stabilità. Parlo della norma che prevede complessivamente il reverse charge, ossia l'inversione contabile, ma soprattutto quello che viene definito lo split payment, secondo il quale il fornitore non entra mai in possesso dell'IVA che, invece, verrà versata dall'ente pubblico direttamente all'erario.Pag. 15
  Questo metodo, secondo le considerazioni e i ragionamenti che abbiamo fatto con le nostre cooperative, soprattutto con quelle di lavoro e i consorzi tra le cooperative di lavoro, può determinare sul fornitore un aumento del credito IVA per il quale il legislatore oggi prevede l'istituto del rimborso. Questo meccanismo può produrre effetti molto negativi per le imprese di grosse dimensioni che lavorano prevalentemente con gli enti pubblici e soprattutto per i consorzi. Si creeranno problemi di liquidità dovuti allo sfasamento tra il momento del pagamento dell'IVA addebitata all'impresa dai propri fornitori e quello in cui si potrà ottenere il rimborso dell'IVA a credito, senza trascurare l'aumento dei costi relativi alle fideiussioni che devono essere prodotte per l'ottenimento del rimborso.
  Si tratta di un meccanismo del quale noi comprendiamo l'efficacia e l'utilità in senso generale contro l'evasione fiscale, ma che può oggettivamente provocare delle difficoltà enormi, soprattutto nei confronti delle cooperative tra lavoratori, o in generale delle imprese che hanno prevalentemente rapporti con le pubbliche amministrazioni.
  L'auspicio che formuliamo è che si individuino meccanismi più efficaci rispetto al rimborso dell'IVA. Sotto questo profilo cercheremo anche di formulare con maggiore dettaglio nei prossimi giorni proposte che rendano meno negativo l'impatto di questo strumento.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIAMPAOLO GALLI. Avete, quindi, delle perplessità sulla quantificazione del maggior gettito che deriverebbe dallo split payment ? Lo Stato fa fronte ai propri crediti di imposta e, quindi, dobbiamo ragionare al netto dei crediti d'imposta che devono essere rimborsati. In merito, nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di stabilità c’è una quantificazione dovuta esclusivamente al fatto che verrebbero meno possibilità di elusione e di evasione di IVA, che sparisce dopo che lo Stato l'ha pagata. Vorrei sapere se avete delle perplessità sulla quantificazione che viene fatta nella relazione tecnica.

  MAURO IENGO, responsabile dell'ufficio legislativo Legacoop. Effettivamente l'importo indicato è molto importante e significativo, ragion per cui si rimane sempre un po’ prudenti rispetto alle cifre che si propongono. È chiaro che questo rende più difficile e complicato incidere su quella norma. Il problema vero è che, se quella norma produce danni sulla liquidità delle imprese, che è poi il vero problema che le imprese italiane, in particolare le cooperative di lavoro, hanno, è certo che in prospettiva il danno può essere ancora peggiore.
  È per questo motivo che noi non vogliamo compromettere il meccanismo. Vogliamo soltanto che i meccanismi compensativi siano più efficienti e più rapidi rispetto a quelli che oggi sono previsti.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, ringraziando tutti i rappresentanti delle cooperative italiane, dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Lunaria – Coordinatori della campagna «Sbilanciamoci».

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2015-2017, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti di Lunaria – coordinatori della campagna «Sbilanciamoci». Sono presenti il dottor Angelo Marano, rappresentante di Lunaria – coordinatore della campagna «Sbilanciamoci», accompagnato dalla dottoressa Grazia Naletto, dal dottore Stefano Lenzi e dal signor Mario Nobile.
  Do la parola al dottor Angelo Marano.

  ANGELO MARANO, rappresentante di Lunaria – coordinatore della campagna Pag. 16«Sbilanciamoci». Io ringrazio per l'opportunità che viene offerta alla campagna «Sbilanciamoci» e vorrei andare subito al punto delle nostre preoccupazioni e delle nostre proposte di modifica di questo disegno di legge.
  Mi occuperò della parte destruens, ossia di esplicitare le perplessità che sono emerse dalla lettura del testo sia della Nota di aggiornamento del DEF, sia del disegno di legge di stabilità per il 2015, e successivamente passeremo alla parte più propositiva.
  Andando subito alle questioni che ci permettiamo di sollevare, un primo punto riguarda sicuramente il tipo di manovra. Questa è stata presentata come una manovra di tipo espansivo, che sarebbe stata solamente in parte «stoppata» dalla Commissione europea.
  Se però andiamo a vedere i segni del deficit, in quanto essendo un economista so che tecnicamente quando gli economisti devono andare a vedere il segno di una manovra di bilancio valutano il saldo di bilancio, nelle proposte all'origine passavamo dal 3 per cento sul 2014 al 2,9 sul 2015, quindi una manovra neutrale, leggerissimamente restrittiva, ma al momento, dopo le ultime dichiarazioni del Governo, passiamo dal 3 al 2,6 per cento di deficit.
  Tecnicamente questa manovra di bilancio può definirsi non troppo restrittiva, ma comunque di segno restrittivo. Non siamo quindi in un contesto di manovra fiscale espansiva. In secondo luogo – abbiamo anche dato delle slide che saranno a disposizione – la manovra è di dimensioni inferiori rispetto a quanto è stato dichiarato.
  Siamo partiti con 36 miliardi di euro di manovra di bilancio, quindi una manovra forte, però fino dall'inizio si è capito che nella manovra è considerata anche tutta una serie di poste in parte già previste nel decreto-legge n. 66 del 2014, sia dal lato della spesa che dal lato delle coperture. Sto parlando ad esempio di una parte dell'IRAP, le cui risorse derivano dalla revoca della riduzione IRAP sugli anni 2014 e successivi, e di una parte del bonus 80 euro per circa 3 miliardi, che era già stata finanziata.
  La manovra si va quindi assottigliando nel momento in cui andiamo a vedere quanto era già stato finanziato e andiamo a ragionare a politiche invariate e non semplicemente a legislazione vigente. Faccio un esempio: le politiche invariate comprendono fondi per il 5 per mille, fondi sociali, il cui finanziamento non potrebbe essere semplicemente azzerato.
  Se iniziamo a togliere tutta una serie di poste sulle quali il Governo non avrebbe potuto intervenire, la manovra si riduce fortemente come dimensione, e noi abbiamo provato a quantificarla, pur con le difficoltà dovute ai ritardi con cui sono arrivati i testi definitivi, attorno ai 20 miliardi di euro; 20 miliardi di euro che poi sono impiegati in parte per ridurre il deficit rispetto a un tendenziale che è più alto a politiche invariate rispetto a quanto detto, in parte per riduzione IRAP, cioè esenzione del costo del lavoro a tempo indeterminato, e conferma del bonus di 80 euro.
  Si tratta quindi di una manovra che contine poche misure e di dimensioni inferiori rispetto a quanto annunciato. Andando a studiare poi le coperture e quanto successo per il 2014 bisogna dire che qualche preoccupazione sorge. Nel 2014 abbiamo già portato l'obiettivo del deficit al 3 per cento, il che vuol dire che il Paese non è riuscito a realizzare gli obiettivi che si era posto ancora nello scorso aprile con il DEF.
  Dentro le coperture presenti in questo disegno di legge di stabilità ci sono ad esempio 3 miliardi di euro di mancati risparmi, senza contare che nel 2014 avremmo potuto beneficiare di un bonus molto significativo, perché il calo dei tassi di interesse ha comportato 8 miliardi di risparmi, dei quali almeno 2-3 dovuti alla modifica dei criteri di calcolo, ma altri che sono risparmi effettivi.
  Nonostante questo, il Paese ha dovuto portarsi con l'obiettivo del deficit al 3 per cento nel 2014. Questo non lascia ben sperare per il 2015, anche perché le coperture Pag. 17di questa manovra sono prevalentemente basate sul recupero di evasione fiscale, quindi a questo punto speriamo che il reverse charge sull'IVA dia quello che dichiara, e su ulteriori tagli per 12,3 miliardi alla spesa della pubblica amministrazione, concernenti in parte i ministeri, in parte gli enti locali, che però è inserita in bilancio proprio nel momento in cui si dice: «non ce l'abbiamo fatta con 3 miliardi l'anno precedente, quindi rilanciamo su 12,3 miliardi».
  Ciò suggerisce che ci possa essere un problema di tenuta dei conti pubblici nel 2015, e vi ricordo inoltre che le clausole di salvaguardia che sono state inserite nel penultimo articolo del disegno di legge di stabilità sono molto forti, perché per il 2016 valgono 12,3 miliardi in aggiunta ai 4 già previsti dalla legge di stabilità dell'anno scorso come ridefinita quest'anno. Il risultato è che dobbiamo stare attenti, perché i margini che abbiamo quest'anno sono molto ristretti, perché con un obiettivo al 2,6 per cento non ci vuole molto a sforare.
  Il terzo punto è rappresentato dalle politiche. Non ci sarebbe in realtà nulla di male ad andare oltre il 3 per cento e a investire nel sistema economico, rilanciando in questo modo il Paese. Infatti, ormai è abbastanza diffusa l'idea che le regole europee mostrino una qualche ottusità e forse nel Paese e anche in Europa non ci si scandalizzerebbe più di tanto se si andasse oltre gli obiettivi fissati, però con una serie di politiche strutturate e convincenti.
  Di fatto, se andiamo a vedere i contenuti della manovra, si constata che la manovra dal punto di vista delle politiche di offerta punta tutto sul costo del lavoro, quindi l'idea è che l'Italia debba tornare a competere sul basso costo del lavoro, che non è a nostro parere quanto può servire a fare uscire l'Italia dalle secche in cui si trova, anche perché è una politica che è stata perseguita in tutti gli anni passati.
  Dal punto di vista delle politiche di domanda, il bonus di 80 euro va benissimo, se non fosse che gli effetti sono parecchio dubbi, in primo luogo perché bisogna vedere se a questo bonus non si contrapporrà una riduzione delle prestazioni pubbliche, e a quel punto le famiglie farebbero bene a non spendere quelle risorse, se devono compensare una riduzione dei servizi pubblici, così come le clausole di salvaguardia – pari a 12,4 miliardi più 4 miliardi – rischiano di innescare già alla fine del 2015 o all'inizio del 2016 un aumento delle aliquote IVA che vanno a colpire soprattutto i ceti più deboli.
  Ormai anche il Fondo monetario internazionale ha fatto ottimi studi al riguardo e i moltiplicatori di politica fiscale sono emersi come molto più forti di quanto si pensasse in passato, il che vuol dire che, laddove prima si pensava che una riduzione del deficit avesse un effetto tutto sommato contenuto sul PIL e viceversa un'espansione fiscale, la crisi ha fatto emergere che almeno nell'attuale periodo i moltiplicatori di politica fiscale sono molto più elevati. Una riduzione della spesa ha quindi effetti molto forti sulla riduzione del PIL e altrettanto in senso opposto ha un'espansione della spesa.
  Da questo punto di vista, puntare solo sulla riduzione fiscale rischia di non essere la strada migliore, perché, laddove questa riduzione fiscale venisse compensata con tagli alla spesa pubblica, l'effetto netto sulle famiglie sarebbe negativo.
  A questo punto noi pensiamo che serva effettivamente un cambio di rotta, una diversa impostazione di politiche economiche, e saremmo anche disposti ad andare oltre i vincoli europei, se ci fosse effettivamente una credibile politica alternativa.
  Stiamo provando a definire alcune proposte alternative, che vi illustrerà la mia collega.

  GRAZIA NALETTO, portavoce di Lunaria – coordinatore della campagna «Sbilanciamoci». Buongiorno. Innanzitutto ringrazio anch'io per l'opportunità di essere ascoltati dalle presenti Commissioni.
  A partire da una valutazione non esattamente positiva del disegno di legge di stabilità in discussione in Parlamento, noi abbiamo evidenziato che tale provvedimento Pag. 18innanzitutto è manchevole di scelte strategiche che siano in grado di proporre un modello industriale alternativo, capace di far uscire il nostro Paese dalla crisi.
  In secondo luogo, l'altra scelta al di là degli annunci sembra ancora quella di mantenere il rispetto dei parametri fissati dai trattati europei e quindi di non fare una scelta coraggiosa decidendo di abbandonare le politiche di austerità.
  Queste due impronte fanno sì che rimangano irrisolti alcuni dei grandi problemi che il nostro Paese si trova ad affrontare e che gli indicatori economici testimoniano in modo molto puntuale con riferimento sia al PIL, sia alla crescita del debito – che le stime immaginano superi il 136 per cento nel 2014 – sia ai dati relativi alla disoccupazione, alla povertà e alla crescita delle diseguaglianze.
  A partire da queste valutazioni noi pensiamo invece che in una fase di crisi così difficile come quella in cui ci troviamo sarebbe assolutamente fondamentale porsi alcune priorità, facendo anche scelte molto coraggiose. La prima è quella di fermare definitivamente le politiche di austerità, la seconda è quella di investire realmente in un rilancio dell'economia, non tanto puntando sulla riduzione del costo del lavoro, ma realizzando investimenti pubblici mirati, capaci di avviare una nuova politica industriale, generare nuova occupazione e per questa via rilanciare anche la crescita.
  In terzo luogo, occorrono politiche mirate a ridurre le diseguaglianze che nel nostro Paese sono cresciute moltissimo. Occorrono cioè politiche che lottino contro le diseguaglianze in modo serio intervenendo sulla redistribuzione del reddito e sul lavoro, l'avvio di una riforma fiscale coraggiosa, improntata all'equità e alla progressività, nonché l'adozione di provvedimenti finalizzati ad arginare i poteri della finanza, che – non va dimenticato – è all'origine dell'attuale crisi, mentre non lo è la spesa pubblica.
  In quarto luogo, occorre riorientare e riqualificare la spesa pubblica. Devono essere adottati provvedimenti che siano finalizzati da un lato a rilanciare l'economia e l'occupazione, dall'altro a contrastare la povertà e le diseguaglianze nonché alla salvaguardia dei diritti sociali e dell'ambiente.
  Nello stesso tempo è sicuramente utile eliminare gli sprechi, ma gli sprechi veri a nostro parere sono quelli relativi alla spesa militare, alla spesa per le grandi opere, che nel disegno di legge di stabilità continuano a essere finanziate in modo consistente, i sussidi all'istruzione e alla sanità privata, in modo da migliorare quelle pubbliche.
  L'ultimo punto riguarda la scelta di optare per un nuovo modello economico-sociale sostenibile, che prenda atto dell'incapacità del mercato di garantire uno sviluppo più equilibrato dell'economia, il benessere delle persone e la salvaguardia dell'ambiente.
  Rispetto a questi princìpi per il 2015 abbiamo individuato alcuni settori di intervento sui quali orientare le nostre proposte in dettaglio. La prima proposta è quella relativa all'eliminazione dell'obbligo del pareggio di bilancio, perché in una fase di crisi economica come questa ciò implica inevitabilmente durissimi tagli alla spesa pubblica, ostacola le forme di intervento pubblico a sostegno dell'economia e dell'occupazione, ma soprattutto priva i cittadini di prestazioni e servizi essenziali.
  Seconda priorità è quella di stanziare consistenti investimenti pubblici a sostegno dell'economia e dell'occupazione in settori chiave, che sono i settori del futuro, privilegiando gli investimenti in settori in grado di creare nuova occupazione qualificata, stabile, che preveda la garanzia dei diritti del lavoro.
  Questi settori sono quelli che hanno a che vedere con la riconversione ecologica del nostro sistema economico, con la mobilità sostenibile, con l'efficienza energetica, con la ricerca e la formazione e con il benessere sociale. In particolare, immaginiamo politiche mirate e quindi investimenti finalizzati a finanziarle in settori relativi al recupero degli edifici pubblici inutilizzati, agli interventi di riassetto idrogeologico, alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale e all'investimento Pag. 19pubblico nei servizi di cura alla persona, primi fra tutti i servizi per l'infanzia, gli anziani e le persone non autosufficienti, che sarebbero in grado di creare nuova occupazione di qualità, di rilanciare la domanda interna e innescare un circolo virtuoso a sostegno della ripresa dell'economia.
  Il terzo settore che riteniamo fondamentale è quello della regolamentazione della finanza. Anche in questo caso avanziamo proposte dettagliate nel documento lasciato agli atti, relative alla necessità di separare le banche commerciali e le banche di investimento, al miglioramento della tassa sulle transazioni finanziarie, che deve essere estesa alle azioni, alle obbligazioni e ai derivati, e al rafforzamento della lotta all'evasione fiscale, volta a contrastare la fuga dei capitali all'estero.
  Un punto ulteriore concerne la riforma fiscale in senso progressivo. Il problema che noi individuiamo non è tanto quello di un fisco troppo pesante, quanto piuttosto di un fisco che attualmente è squilibrato e colpisce particolarmente le fasce più deboli della popolazione, per cui proponiamo di riformare l'attuale sistema e restituire progressività alla struttura delle aliquote e delle imposte sul reddito, affiancare alle imposte sul reddito imposte non proporzionali ma progressive sulla ricchezza e contrastare efficacemente non solo l'evasione, ma anche l'elusione fiscale e la speculazione finanziaria.
  Non entro nel dettaglio, ma nel documento sono contenute proposte dettagliate in merito per quanto riguarda sia la tassazione sui redditi che la tassazione sui patrimoni.
  C’è infine un ambito che in questa fase riteniamo assolutamente centrale: quello che riguarda le politiche di welfare. Nel disegno di legge di stabilità sono previsti diversi provvedimenti a nostro parere assolutamente inadeguati.
  Contestiamo innanzitutto la scelta di fondo strategica, in quanto sembra che la tendenza sia ancora quella di privilegiare le erogazioni monetarie rispetto al finanziamento e al rafforzamento dei servizi sociali sul territorio. Le risorse messe a disposizione per i fondi sociali sono assolutamente insufficienti e a nostro parere sarebbe assolutamente urgente che finalmente il nostro Paese si dotasse di forme di sostegno al reddito stabili e dall'impronta universalistica.
  Un settore assolutamente strategico è quello che riguarda l'istruzione pubblica, la cultura e la conoscenza, sulla quale interverrà uno dei colleghi presenti in sala. Ci soffermiamo in modo molto dettagliato sulla scelta di guardare al futuro e di investire in un modello di sviluppo sostenibile e quindi di modificare le politiche in materia ambientale.
  Prevediamo infine diverse misure finalizzate a sostenere forme di economia solidale da tempo esistenti nel nostro Paese, che però faticano a essere riconosciute a livello istituzionale. Grazie.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al dottor Lenzi, volevo ricordarvi che, laddove riusciste a contenere gli interventi, i nostri commissari avrebbero la possibilità di porvi delle domande, anche in considerazione della necessità di rispettare i tempi relativi allo svolgimento della successiva audizione.

  STEFANO LENZI, rappresentante di Lunaria – coordinatore della campagna «Sbilanciamoci». Cercherò di essere estremamente sintetico e darvi degli elementi di lettura. In questa sede rappresento il WWF, siamo parte della campagna «Sbilanciamoci» e avremo modo di integrare le proposte dettagliate nei giorni seguenti.
  Rispetto alle politiche sia in campo energetico sia in campo infrastrutturale, come è stato anticipato, non c’è veramente alcuna novità, né alcuna scelta innovativa che riguardi la gestione del pacchetto infrastrutturale, quindi le infrastrutture strategiche fino adesso identificate con questo tipo di intervento.
  Un 10 per cento dell'ammontare complessivo del fabbisogno della manovra, equivalente a più di 3 miliardi di euro, viene destinato ancora oggi alle infrastrutture strategiche, e sottolineo «ancora oggi» in riferimento ai recenti stanziamenti Pag. 20del decreto-legge «sblocca Italia», che ammontano a circa 3,8 miliardi di euro.
  Il problema delle infrastrutture strategiche e delle scelte rispetto anche a misure anticongiunturali per realizzare un cambiamento nelle politiche di investimento che riguardano non soltanto la mobilità, ma anche il territorio, è chiaro ed è dimostrato dal fatto che il primo programma delle infrastrutture strategiche, con tutte le integrazioni e modifiche fatte nel tempo, in realtà è completamente fuori controllo, e non si tratta di un programma di priorità, ma di un programma che riguarda le clientele locali e gli interessi delle grandi imprese di costruzioni.
  Qualcuno dovrebbe infatti spiegare come si possa far lievitare un programma dalle 115 opere del 2001 alle 404 attuali come ricordato dal Servizio studi della Camera, dai 125 miliardi di euro del 2001 ai 375 miliardi attuali. Se ci mettiamo anche il ponte, visto che qualcuno lo vorrebbe riesumare, si arriva a ben altre cifre, visto che da solo costa 8,5 miliardi di euro.
  Il 10 per cento è ancora dedicato alle infrastrutture strategiche, invece alle piccole e medie opere, che sono reclamate addirittura dal 2009 dall'ANCE, arriviamo a un ammontare dello 0,06 per cento del complesso della manovra, perché ci sono soltanto 20 milioni di euro per le piccole e medie opere nel Mezzogiorno.
  Riguardo alle scelte infrastrutturali ho detto, mentre riguardo alle scelte energetiche l'unica misura esistente concerne le ristrutturazioni per l'efficientamento energetico sia degli appartamenti che delle parti comuni. Se potevamo essere soddisfatti di quello che il decreto-legge «sblocca Italia» aveva anticipato, voi immaginerete che questo non è, perché l'unica misura su cui ancora si punta – è stato l'unico volano per un settore edilizio in disgrazia – sono gli obiettivi della strategia energetica nazionale, quindi hub del gas, coltivazione e ricerca di idrocarburi, idee non chiare rispetto alle rinnovabili e all'abbandono del termoelettrico alimentato a fonti fossili. Capirete quindi che di innovativo non c’è praticamente nulla in campo sia energetico che infrastrutturale.
  Per quanto riguarda l'ambiente, siamo qui a ricordarvi che l'ambiente significherebbe difesa del suolo, difesa del mare, aree protette, specie a rischio, controlli ambientali e bonifiche, e abbiamo ben 253 milioni di euro di nuove risorse, cioè siamo allo 0,8 per cento del fabbisogno complessivo della manovra.
  Fra l'altro, questa quota dell'ammontare complessivo rimane costante nel tempo, quindi, almeno stando alla lettura delle cifre, la riconversione ecologica del Paese proprio non la vogliamo.
  Sulla difesa del suolo, sebbene dal 2012 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia detto che sulla manutenzione del territorio e sull'adattamento ai cambiamenti climatici ci sarebbe bisogno di 2 miliardi di euro l'anno per vent'anni, qui siamo a 190 milioni di euro previsti complessivamente nella manovra, quindi esiste un problema sostanziale di capacità di azione del predetto Ministero.
  Per fortuna siamo corsi ai ripari, ma il fatto che non abbiamo ancora a disposizione la lettura della tabella 9 del disegno di legge di bilancio relativa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ci preoccupa, e fra l'altro mi risulta che sia la prima volta che le tabelle del bilancio previsionale ancora latitano.
  Faccio due considerazioni flash rispetto alle proposte. In primo luogo, riteniamo che il più grande cantiere da aprire sia quello della manutenzione del territorio e dell'adattamento ai cambiamenti climatici, che le risorse vanno trovate sia per attivare una strategia di lungo periodo da questo punto di vista che per fare in modo che il bilancio del Ministero dell'ambiente e della tuteta del territorio e del mare, che teoricamente è attorno ai 600 milioni, arrivi almeno a 700 milioni di euro. È il Ministero con portafoglio con meno risorse in assoluto.
  L'altro discorso è che i 1,5 miliardi di euro che possono essere evinti dal complessivo investimento sulle infrastrutture vadano destinati alle piccole e medie opere Pag. 21e all'ammodernamento e potenziamento delle infrastrutture per la mobilità esistenti. Grazie.

  MARIO NOBILE, rappresentante di Lunaria – coordinatore della campagna «Sbilanciamoci». Buongiorno, procedo velocemente, visto che il tempo è tiranno. Mi occupo di scuola e università e faccio parte della Rete della conoscenza che unisce le organizzazioni studentesche di studenti medi e studenti universitari.
  Faccio una premessa che gli onorevoli conosceranno perfettamente: il Fondo per il finanziamento ordinario delle università italiane è stato tagliato di 807 milioni di euro dal 2008 ad oggi e questo sidegno di legge di stabilità purtroppo non inverte la rotta, checché ne scriva il Governo nella propria pagina ufficiale di presentazione del testo della legge di stabilità.
  I tagli previsti riguardano il Fondo per il finanziamento ordinario (FFO) delle università, che viene decurtato di 34 milioni di euro nel 2015 e di 32 milioni di euro fino al 2022, anche se questa specifica è contenuta soltanto nelle relazioni tecniche allegate e non nell'articolato.
  Oltre a questa decurtazione, abbiamo 42 milioni di euro tagliati al Fondo ordinario per gli enti di ricerca a decorrere dal 2015, quindi, non intervenendo altra norma, si deduce che questi 42 milioni di euro andranno avanti sine die.
  Il Fondo speciale della ricerca applicata è azzerato, con una riduzione di 140 milioni di euro e, almeno a quanto previsto nelle bozze che circolano, dovrebbero essere tagliati anche 5 milioni di euro per 5 anni sul polo Erzelli di Genova, oltre che 10 milioni di euro per la scuola di formazione Jean Monnet della Seconda Università di Napoli.
  Dovremmo aggirarci attorno ai 400-500 milioni di euro soltanto nei prossimi anni, senza contare i tagli che vanno avanti fino al 2022. A nulla serve l'integrazione di 150 milioni di euro, peraltro sulla quota premiale del FFO, contenuta nello stesso disegno di legge di stabilità. Questo per ciò che attiene all'università.
  Per quanto attiene alla scuola vado in maniera più didascalica. Pensare di strutturare una nuova riforma della scuola senza agire sull'ordinario è una manovra inadeguata e il disegno di legge di stabilità attuale non prevede il rifinanziamento del Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa (MOF), anzi azzera completamente la legge n. 440 del 1997.
  Ci troviamo di fronte a un fatto abbastanza inusuale: abbiamo una riforma priva di un articolato, perché «La Buona Scuola» non ha un articolato di legge, ma ci sono soltanto delle linee guida che ormai circolano da tempo. Il piano «La Buona Scuola» è del Governo Renzi, quindi non è soltanto la Ministra Boschi a dover essere coinvolta dalle nostre rivendicazioni.
  Ci troviamo quindi dinanzi a un articolato che non esiste, a un fondo che c’è già, che prevede 1 miliardo di euro, però non ci sono destinazioni, quindi a una situazione complicata nella lettura dell'utilità di questa manovra per la scuola. Appare evidente comunque un giudizio pressoché negativo rispetto al disegno di legge di stabilità.
  In termini propositivi è evidente che i tagli a qualsiasi comparto relativo all'istruzione e alla conoscenza devono essere stralciati immediatamente, il Fondo per il finanziamento ordinario dell'università necessita di recuperare quegli 807 milioni di «tremontiana» memoria, di cui forse qualcuno ha contezza, nella legge n. 133 del 2008 e poi ancora con altri Governi.
  Auspichiamo che all'interno della legge di stabilità si ponga rimedio a quanto il decreto «sblocca Italia» sta ponendo in essere, reintroducendo i 150 milioni di euro del Fondo integrativo statale per le borse del diritto allo studio universitario, che vengono ricompresi nel Patto di stabilità interno.
  Chiediamo che questa norma venga rivisitata per giungere all'eliminazione di una vergogna tutta italiana, che è quella dell'esistenza dell'idoneo non beneficiario, cioè di uno studente che ha diritto a una Pag. 22borsa di studio anche in base a norme costituzionalmente previste, ma che non la riceve per assenza di fondi.
  Per evitare che questa figura si perpetui necessitiamo di circa 700 milioni di euro. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  TOMMASO CURRÒ. Grazie, presidente, anche se il tempo rimasto non permette di rispondere a questioni di politica economica da ora ai prossimi cinquant'anni.
  Vorrei ringraziare il dottor Marano a cui pongo una domanda molto circostanziata e brevissima. Cosa pensa del fatto che attualmente la norma vigente prevede che i proventi delle dismissioni delle partecipazioni statali vadano a riduzione del debito pubblico ? Non ritiene che questi proventi possano essere utilizzati più fruttuosamente per investimenti, come poc'anzi citava una collega ?
  Le pongo un'altra domanda, anch'essa molto concisa. Nel vostro documento si dice che «è necessaria una forte regolamentazione della finanza per limitare le operazioni speculative» e poi si propone la separazione tra banche commerciali e banche di investimento.
  Rispetto alla premessa, a mio avviso, visto che da dieci anni ormai ha preso avvio nel comparto finanziario una fase di deregolamentazione piuttosto che di regolamentazione, che ha dato margini di libertà agli impieghi e agli utilizzi che il sistema bancario fa delle risorse a disposizione, reputo che proporre la separazione tra banche commerciali e banche di investimento, pur condividendo la ratio, sia attualmente impercorribile, visto il quadro normativo e comunitario.
  Visto che questo tema rientra nel problema dell'incomunicabilità tra il comparto finanziario e quello dell'economia reale, lei ha qualche idea, qualche suggerimento, qualche principio per mettere maggiormente in comunicazione questi due comparti ? Grazie.

  GIULIO MARCON. Ringrazio anch'io i coordinatori della campagna «Sbilanciamoci» per la presentazione e le proposte che ci ha consegnato. Vorrei fare una domanda sulla disoccupazione.
  Il DEF prevede una riduzione del tasso di disoccupazione dal 12,6 per cento del 2015 al 12,1 del 2017, mentre nel disegno di legge di stabilità attraverso la decontribuzione c’è l'ipotesi di un milione di nuovi contratti; se questo fosse vero, bisognerebbe quindi rivedere le stime del DEF, ovviamente migliorandole.
  Qual è la valutazione che date voi su questa difformità tra quanto previsto nel DEF e quanto si dovrebbe prevedere, se la misura prevista nel disegno di legge di stabilità fosse effettivamente applicata ?

  PAOLO GUERRIERI PALEOTTI. Vorrei sapere se sia stato calcolato – ma evidentemente sì – a quale livello di deficit arriveremmo applicando questo tipo di impostazione.
  La premessa è stata che in realtà il 3 per cento non è un limite che dobbiamo per forza rispettare, quindi presumo che si immagini di poterlo superare. Vorrei sapere se sia stato calcolato sulla base di questa impostazione a quale livello di deficit arriveremo nel 2015 e quindi soprattutto il profilo di rientro di sostenibilità dello stock di debito come voi lo configurate. Questa naturalmente è una sintesi, ma immagino che ci siano simulazioni di questo genere.

  PAOLO TANCREDI. In realtà il senatore Guerrieri mi ha preceduto. Vorrei sapere se all'interno di tutto questo ragionamento, anche se da me non condiviso ma assolutamente legittimo e interessante, ci sia anche una parte che riguarda la sostenibilità del debito, cioè se secondo voi la sostenibilità del debito pubblico italiano sia un fattore di preoccupazione.

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  ANGELO MARANO, rappresentante di Lunaria – coordinatore della campagna Pag. 23«Sbilanciamoci». Provo a rispondere partendo da quest'ultimo punto. Forse è emerso dalla mia relazione che siamo molto preoccupati sia per la tenuta dei conti, sia per la dinamica del debito.
  Fin dal suo inizio nel 1999 la campagna «Sbilanciamoci» si è posta un vincolo, che è quello di operare sui saldi del Governo; in tutte le manovre alternative proposte da «Sbilanciamoci» negli ultimi quindici anni non è mai stato ipotizzato di andare oltre il deficit previsto dal Governo, ma si dice che c’è la possibilità di fare altro. Da quel punto di vista i saldi di tutte le manovre di «Sbilanciamoci» sono gli stessi del Governo.
  Sul fisco, ad esempio, quello che si può fare è una grossa redistribuzione del prelievo fiscale all'interno dei saldi, perché sappiamo bene che c’è chi paga troppo e ci sono comparti esenti o quasi. Sul patrimonio bisogna intervenire, perché è là che si possono trovare risorse e bisogna trovarle in modo conforme e coerente con la Costituzione, cioè secondo aliquote progressive e non proporzionali.
  Sulla disoccupazione c’è da interrogarsi, perché, come ha detto l'onorevole Marcon, se i numeri presenti nella relazione al disegno di legge di stabilità fossero quelli, dovremmo mettere fra gli occupati forse non tutto il milione, ma un buon numero di occupati in più, e a quel punto la dinamica sia del PIL, sia dell'occupazione sarebbe molto più favorevole.
  La sensazione è che i tecnici che hanno redatto la relazione tecnica non abbiano convinto fino in fondo i tecnici che fanno girare i modelli econometrici e valutano la crescita del PIL.
  Banche commerciali e banche d'investimento è un tema che richiederebbe ore e ore. Lei mi ha chiesto una linea di condotta: bisogna arrivare a ragionare sulla divisione fra attività speculative e attività legittime, perché banche e finanziamento sono qualcosa che permette all'economia di operare, quindi hanno una funzione positiva, mentre la speculazione è semplicemente un gioco fatto attraverso la moneta.
  Forse bisognerebbe tornare a ragionare su una cosa alla quale in Italia abbiamo rinunciato da anni: distinguere fra finanza che serve e finanza speculativa. Questo è un programma ambizioso ma che ci si potrebbe porre.
  Venendo alle privatizzazioni, dipende da cosa vogliamo fare con le risorse.

  PRESIDENTE. Posso darle solo un minuto in più.

  GRAZIA NALETTO, portavoce di Lunaria – coordinatore della campagna «Sbilanciamoci». Solo un invito a tutti i parlamentari presenti: il 27 novembre presenteremo il rapporto dettagliato con tutte le nostre proposte, quindi sarete invitati alla presentazione. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Assopetroli-Assoenergia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2015-2017, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti di Assopetroli – Assoenergia.
  Sono presenti il dottor Franco Ferrari Aggradi, presidente di Assopetroli, accompagnato dalla dottoressa Maria Delfina Gandolfo, segretario generale di Assopetroli, e dal signor Francesco Comellini, responsabile delle relazioni istituzionali di Assopetroli.
  Do la parola al dottor Franco Ferrari Aggradi.

  FRANCO FERRARI AGGRADI, presidente di Assopetroli. Buongiorno e grazie per l'opportunità.
  Il disegno di legge di stabilità 2015, così come oggi presentato in Commissione bilancio, presenta alcune misure che potrebbero essere giudicate positivamente e i cui Pag. 24effetti potrebbero contribuire ad avviare il Paese verso quel risanamento economico che tutti auspichiamo.
  Tra le misure che giudichiamo positive rileviamo: quelle volte alla diminuzione del costo del lavoro e all'incentivazione dell'occupazione, che a nostro avviso però andrebbero contestualmente accompagnate da una dinamica legislazione in materia e dall'eliminazione di anacronistiche tasse come la Robin tax, che peraltro colpisce il settore energetico; quelle per le agevolazioni fiscali per l'adeguamento e il ripristino del patrimonio edilizio e per l'efficienza energetica, il cosiddetto «65 per cento» e tutte le norme a caduta, sulle quali sussistono però ancora delle problematiche legate alla stabilizzazione di questa misura che oggi è prevista fino al 2015 e all'effettiva mancanza di norme volte a fare chiarezza sulla tassazione IVA applicata ai contratti di servizio energia, che è una delle best practices nella gestione qualificata degli impianti termici, quindi finalizzata al risparmio energetico; infine, quelle per l'incentivazione delle attività di ricerca e sviluppo e quelle volte a riformare, in termini che auspichiamo positivi e di semplificazione reale, il rapporto tra il contribuente e il fisco. Proprio su questo rapporto tra fisco e cittadini noi come imprese ci auguriamo che l'attesa riforma fiscale contribuisca alla nascita di un nuovo fisco amico, contrariamente a come questo viene oggi percepito.
  Le misure, comprese quelle recentemente più discusse come il bonus degli 80 euro piuttosto che il bonus bebè, i cui effetti potrebbero non essere quelli attesi, stante l'attuale congiuntura economica e la conseguente propensione al contenimento della spesa delle famiglie, potrebbero risultare fortemente compromesse dall'adozione di misure di salvaguardia volte a reperire le coperture necessarie.
  A ciò si deve aggiungere che spesso le clausole di salvaguardia adottate non sembrano adeguatamente garantite da una concreta volontà politica, che sino ad oggi purtroppo non ci è parso di intravedere, che ne impedisca l'attivazione attraverso la realizzazione di una vera revisione della spesa pubblica.
  Il rischio attuale purtroppo è quello di vedere attivare le clausole di salvaguardia, generando così un notevole aumento della pressione fiscale, aumento che almeno sino ad oggi si è concretizzato principalmente attraverso l'inasprimento della tassazione indiretta e in particolare delle accise sui carburanti, sulle quali – è bene ricordarlo – grava l'IVA del 22 per cento, così come recentemente modificata.
  Il giudizio di questa associazione, pur vedendo degli spiragli, rimane peraltro fortemente critico per l'abuso di queste clausole. L'applicazione di queste clausole e quindi gli effetti che ne sono derivati ci ha condotto ad essere il Paese europeo dove il cittadino paga il carburante oltre 26 centesimi di euro al litro in più che nel resto d'Europa, senza considerare che questo sforzo immane, che è stato richiesto ai consumatori e al Paese, non ha prodotto risultati apprezzabili in termini di risanamento dell'economia e di rapporto deficit/PIL.
  Questi sono i motivi per cui riteniamo indispensabile una fiscalità energetica in forte discontinuità con quanto accaduto in passato. Nello specifico – lo vedremo rapidamente, perché abbiamo preparato una serie di slide con tutti i dati che depositeremo, in modo che possiate verificarli anche successivamente – queste misure rischiano di incidere sui consumi e sulla spesa per la mobilità e anche per il riscaldamento domestico.
  Tutto questo ovviamente imporrà per le imprese un aumento dei costi energetici che rischia di vanificare le misure di contenimento dei costi del lavoro, per lo Stato non vi sarà alcun vantaggio sulle entrate, quantomeno diretto, perché sono attesi degli svantaggi in modo indiretto, e per il solo settore della commercializzazione e distribuzione, cioè il settore nel quale noi operiamo, quello dei carburanti, le misure contenute nel disegno di legge di stabilità rappresenterebbero una forte perdita di volume, che si aggiungerebbe a Pag. 25quella già avvenuta negli ultimi anni e che si tradurrebbe inevitabilmente in una perdita di posti di lavoro.
  Iniziamo con l'illustrazione delle slide. Come si può vedere, il tema accise e tassazione sui prodotti energetici ha radici profonde; qui abbiamo riassunto gli ultimi anni, che hanno provocato un contraccolpo estremamente importante sul nostro mercato.
  Il nostro settore è sempre stato utilizzato come un elemento attraverso il quale drenare risorse economiche, perché si riteneva che i volumi fossero assolutamente incomprimibili. Vedremo che così non è, e cosa è accaduto dal 2011 ad oggi. Come vedete, sono state introdotte delle accise dal Governo Berlusconi e dal Governo Monti, stiamo parlando di 16 centesimi di euro al netto dell'IVA sulla benzina e di 19,44 centesimi di euro sul gasolio.
  In quel momento nel Paese c'era una criticità, per cui si è pensato di intervenire con delle cifre così significative, ma in misura minore ciò è continuato con i Governi Letta e Renzi. In questo momento la proiezione al 2021 evidenzia nuove accise sui carburanti per 2,26 miliardi di euro, sempre al netto dell'IVA, per cui stiamo parlando di cifre che sfiorano i 3 miliardi di euro.
  Quello che vedete nella slide numero 3 è lo stacco Italia accise, che probabilmente molti di voi conoscono ed è sostanzialmente lo strumento che con un'elaborazione fatta da Assopetroli e Figisc Anisa, che in Confcommercio è l'organizzazione che raggruppa i gestori delle pompe di benzina, mostra l'analisi del prezzo italiano e di tutte le sue componenti per materia prima e per accise e lo compara con la media europea a 28 Paesi.
  Il punto è che oggi la fiscalità incide su un litro di carburante – prendiamolo medio fra benzina e gasolio – per il 61,5 per cento. Questa è l'incidenza fiscale su un litro di prodotto.
  Il differenziale che nasce per comparazione con la media europea ci vede con uno stacco come Paese di 26,5 centesimi di euro per la benzina, e di questi il 24,8, cioè circa il 93 per cento, è tutta fiscalità. Lo stesso vale per il gasolio, anzi forse la situazione è anche peggiorativa, perché di quei 24,8 centesimi di euro di stacco che oggi paghiamo al resto d'Europa ben 24 – il 98 per cento – sono accise e tasse.
  Fatta questa fotografia dell'attuale situazione, entrerei nel dettaglio della manovra, quindi nell'analisi delle misure contenute nel disegno di legge di stabilità 2015 che ovviamente interessano le aziende che fanno parte del nostro comparto.
  L'articolo 19, comma 11, prevede di fatto, in due tempi, una riduzione nel 2015 e un azzeramento nel 2016 dell'agevolazione oggi concessa su questi prodotti che sono utilizzati nelle aree montane, quindi nelle zone particolarmente svantaggiate oppure nelle aree del Paese che non sono metanizzate.
  Oggi c’è una riduzione dell'accisa ordinaria di 0,129 centesimi di euro, che si prevede di ridurre nel 2015 e di azzerare nel 2016.
  Vorrei far notare una cosa che ritengo fondamentale prima di fare un'analisi di quanto avviene nel resto d'Europa: stiamo parlando di generi di prima necessità, cioè il diritto delle persone a riscaldarsi, quindi stiamo toccando realtà in cui si producono pesanti effetti sulle famiglie.
  Nel box all'interno di questa slide vedete la situazione per comparazione con il resto d'Europa. Attualmente sul gasolio da riscaldamento in Italia – stiamo parlando di voce non agevolata – paghiamo 0,403 euro metro cubo, quindi 40 centesimi di accisa a cui poi si deve aggiungere l'IVA. Nel resto d'Europa siamo circa a 20 centesimi, quindi stiamo pagando praticamente il doppio rispetto alla media europea. Questo sul GPL utilizzato per riscaldamento, pur essendo cifre più contenute, per effetto del moltiplicatore è anche più alto. La nostra valutazione su questa ipotesi di previsione è quindi assolutamente negativa.
  Parliamo del gasolio per uso agricolo. In particolare, l'articolo 32, comma 4, del disegno di legge di stabilità dispone per il gasolio utilizzato per le serre e per tutta Pag. 26l'attività legata al settore dell'agricoltura un innalzamento dell'accisa dal 22 al 26,5 per cento di quella ordinaria.
  In altri termini quell'accisa che oggi è fissata in 0,136 euro o 13 centesimi di euro andrebbe a circa 16 centesimi. Stiamo parlando di cifre che su un volume di circa 2 miliardi di litri utilizzati in questo settore possono sembrare irrilevanti, ma nella realtà questo nostro settore oggi è particolarmente in crisi. Credo di non dire nulla di nuovo rispetto a molti settori del Paese, ma questo in particolare si trova a dover fare i conti anche con questo tipo di problematica.
  Abbiamo aziende agricole che vedrebbero rotto il precario equilibrio in cui versano, e questo potrebbe compromettere importanti settori del mondo agricolo, con inevitabili conseguenze sui consumatori.
  Anche qui un parallelo con quello che accade con i nostri vicini europei: noi andremmo a 16 centesimi di euro di accisa, in questo momento la media europea è 4,1 centesimi di euro, quindi oltre un quarto di quello che stiamo pagando. Anche su questa previsione la nostra valutazione non può che essere assolutamente negativa.
  Un'altra previsione è legata all'articolo 44, comma 27, che prevede l'innalzamento dell'acconto IRPEF dal 4 all'8 per cento. Per quanto riguarda l'impatto che questa manovra potrebbe avere, queste non sono tasse però in pratica l'azienda anticipa, attraverso la ritenuta d'acconto, ciò che andrà a pagare successivamente, quindi di fatto questa è una norma che drena liquidità e finanza alle imprese, e sono tutte le imprese che attualmente operano nel risparmio energetico, quindi in un settore sensibile per il Paese.
  Ovviamente la liquidità è un altro elemento fortemente critico e fortemente delicato in questo momento da reperire e come Confcommercio abbiamo il dato che riguarda la nostra organizzazione, che parla di un 4 per cento che pesa per 180.000 euro.
  Mancano poi tutti i dati delle altre organizzazioni di settore, che ovviamente hanno aziende che operano in quel comparto, per cui solo in ambito Confcommercio stiamo parlando di una norma complessiva che drena 360 milioni di euro di finanza in capo all'anno. Anche per questo ovviamente la nostra valutazione non può essere positiva.
  Con le slide che seguono arriviamo al tema legato all'aumento delle accise e all'aumento dell'IVA previsto o comunque prevedibile rispetto a quelle che sono state le clausole di salvaguardia che sono state inserite.
  La slide numero 7, che sintetizzo perché altrimenti rischio di sforare con i tempi e non vorrei perdere assolutamente la vostra attenzione su alcuni temi fondamentali, prevede che dal 2015 al 2021 vengano recuperati 16 miliardi di euro da nuove accise, ciò con le clausole di salvaguardia già inserite e con quelle che si andranno a manifestare.
  Questo aumento di 16 miliardi solo di accise – ancora non abbiamo aggiunto la componente IVA – si va a tradurre in un aumento medio delle accise di 6,48 centesimi di euro per il 2015 e un valore di picco al 2018 – qui la tabella va al 2021 – di 7,1 centesimi di euro sempre al netto dell'IVA.
  La nostra valutazione su questo tipo di operazione tiene soprattutto in considerazione il fatto che le clausole di salvaguardia non sono state introdotte per la prima volta con il disegno di legge di stabilità – hanno radici più profonde, anche se non così profonde – e sono state applicate in questo Paese 8 volte su 9.
  L'unico aumento che non è ancora stato dato è quello che vedete indicato nella slide numero 7, laddove si parla di 650 milioni di euro. Delle nove volte in cui la clausola di salvaguardia poteva essere attivata, questa è l'unica volta in cui non è stata applicata, fino ad ora. Dicevo quindi dell'aumento sui prodotti per accise nei termini che ricordavo, circa 7 centesimi di euro per litro di carburante.
  Nella slide numero 9 ci sono alcuni elementi di criticità che si innestano su questo tema, che sono dei tecnicismi per come poi devono essere applicate o disattivate Pag. 27queste clausole, al di là del fatto che si possano trovare delle risorse per evitare che vengano applicate.
  In particolare, la prima criticità che abbiamo rilevato è all'articolo 44, comma 9: il Consiglio europeo prevede la concessione di una deroga, che è fissata al comma 4 e dice che l’iter della domanda richiede otto mesi. Stando così le cose, appare chiaro che, entrando in vigore la legge di stabilità nel mese di gennaio 2015, non ci saranno neanche i tempi per poter disattivare questo tipo di clausola, perché mancano i tempi previsti dal Consiglio europeo.
  Veniamo alla slide numero 10 e alla criticità numero due. Anche qua non mi voglio dilungare, ma è sicuramente molto più noto a voi di quanto non lo sia a me come questi meccanismi si sviluppino, però rispetto all'articolo 45, comma 3, lettera c), il vero problema è che in questo momento stiamo ipotizzando delle clausole di salvaguardia a copertura di clausole di salvaguardia.
  Queste nuove clausole di salvaguardia devono avere ulteriori provvedimenti normativi che assicurino il gettito, e per poter essere disinnescati richiedono un intervento del legislatore.
  Oggi stiamo quindi individuando delle misure spostando il problema in là, senza assumerci la responsabilità di quello che andiamo a fare.
  Abbiamo cercato di dare il nostro contributo. Comprendo che magari nel fare determinate affermazioni si possono anche ledere o colpire delle sensibilità, ma noi stiamo cercando di fare il nostro mestiere. Capiamo la situazione in cui il Paese si trova e siamo assolutamente allineati rispetto al fatto di trovare delle soluzioni e quindi di essere disponibili a metterci in campo, cosa che abbiamo fatto a più riprese, però non possiamo esimerci dal rilevare delle criticità rispetto a determinati temi.
  Siamo arrivati quindi all'aumento dell'IVA, e proprio per questo tipo di previsione, per quanto riguarda l'IVA al 10 per cento è previsto attraverso degli step l'arrivo al 13 e per quella al 22 l'innalzamento al 25,5 per cento. Ovviamente è noto a tutti che l'IVA incide sui consumi e ciò provoca a caduta tutta una serie di problemi sul potere di acquisto delle famiglie e quindi sui livelli occupazionali.
  Alla slide numero 12 il combinato disposto dell'aumento delle accise e dell'aumento dell'IVA produce degli effetti che aumentano le indicazioni che siamo andati a verificare prima sugli aumenti di accisa. Per cercare di sterilizzare l'efficacia del rischio dell'aumento di IVA e accise, occorrerà poi attendere l'emanazione di nuovi provvedimenti che portino a una reale riduzione della spesa pubblica, quindi non vediamo un'altra strada, non c’è un'altra iniziativa per poter pensare di evitare di attivare queste clausole di salvaguardia così come è stato fatto in passato.
  Il punto di arrivo di tutto questo, qualora non si dovessero trovare delle coperture attraverso la revisione della spesa, l'effetto cumulato si estrinseca in 8 centesimi al litro, quindi accise più IVA al 2015, con un arrivo a 13,40 centesimi di euro al 2021.
  Questo dato vuol dire che rispetto all'addizionale di accise che oggi stiamo pagando rispetto all'Europa – quei 24,5 centesimi di euro in più del nostro prezzo rispetto alla media europea – ci porterebbe a 40 centesimi di differenziale. Stiamo parlando di numeri pazzeschi !
  Per cogliere la criticità di questo numero, devo portarvi il vissuto delle aziende di questo settore. È ovvio che con una fiscalità così elevata e con delle differenze così marcate rispetto ai Paesi confinanti, noi veramente ci consegniamo a una possibilità di illegalità in questo settore che è estremamente marcata.
  Oggi noi la stiamo misurando, non abbiamo dei dati precisi, ma pensiamo che una parte di questo prodotto che oggi non è assoggettato ad imposte e ad aliquote pesi circa un 10 per cento dei volumi. È ovvio che facendo crescere questa forbice il valore tendenzialmente è destinato ad aumentare, con grande nocumento per le aziende che lavorano secondo le regole e Pag. 28per lo Stato, che su questa parte di sommerso non riesce ad incassare le accise.
  Su questo credo che debba essere fatto uno sforzo, noi ovviamente ci stiamo muovendo affinché vengano fatti dei controlli, perché questa è una fonte di recupero anche di tassazione che oggi viene assolutamente a mancare all'erario.
  La slide numero 14 mi serve per farvi cogliere cosa è accaduto dal 2010 ad oggi, cioè dal momento in cui le accise e poi con l'effetto moltiplicatore dell'IVA sono aumentate. Dal 2011 al 2014 si sono persi 6 miliardi di litri, e questo è un settore che oggi commercializza circa 37 miliardi, quindi stiamo parlando di una fetta importantissima, pari al 20 per cento.
  Si pensava che questo fosse un settore dai volumi incomprimibili e quindi lo strumento adeguato per fare ricorso a finanza di tipo straordinario attraverso le accise, ma così non è più. Se allargassimo questo dato al 2006, vedremmo che questi 6 miliardi sono addirittura 10.
  Le due slide successive, numeri 15 e 16, non fanno altro che darvi una visione grafica della consequenzialità tra l'aumento del prezzo e l'aumento dell'accisa e la riduzione dei volumi, che legge l'andamento che c’è stato negli ultimi quattro anni.
  Passo quindi alla slide numero 17 per vedere l'impatto sul settore dei carburanti e quindi anche sulla fiscalità attesa. Dal 2010 ad oggi abbiamo perso un 10 per cento dei volumi, ma, applicando un algoritmo che tiene conto degli andamenti del prezzo rispetto alla caduta dei volumi, siamo in condizione di fare una previsione, che come tale è soggetta a margini anche significativi di errore, ma è quanto possiamo ipotizzare guardando al futuro.
  Qualora le cose dovessero andare così come sono andate in passato, questa analisi che abbiamo fatto, stimandola con una visione più ottimistica che pessimistica, ci porterebbe ad avere da qui al 2019 un'ulteriore perdita di volumi di circa il 12 per cento.
  Che cosa significa questo, come indicato nella slide numero 18 ? Se lo leggessimo come una perdita di volume e valutassimo il corrispettivo di accise e IVA, vedremmo che al 2019 avremmo una perdita che non è una perdita nella realtà, ma un mancato incasso perché mancano i volumi pari a 4,8 miliardi di euro.
  Con la slide numero 19 abbiamo tentato di fare un esercizio per valutare l'effetto della perdita dei volumi a causa dell'aumento del prezzo, abbiamo valutato quelle che sarebbero le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della clausola di salvaguardia e contestualmente abbiamo tolto la parte di entrate che di fatto vengono meno per effetto della riduzione dei volumi.
  Come potete notare, nel 2015 abbiamo un aumento atteso di circa 3 miliardi di euro, ma una riduzione per perdita di volumi di 2,3 miliardi, quindi il saldo è attivo per 700 milioni di euro. La sommatoria di questi valori al 2021 porta a un saldo attivo di 1,7 miliardi di euro.
  Nella realtà, però, noi abbiamo prodotto un effetto di aumento che pesa per 31,3 miliardi, come vedete nella colonna di previsione di gettito da nuove accise, e abbiamo una riduzione contestuale di 29,6 miliardi.
  Ciò vuol dire che noi produciamo tutto questo effetto, che si tradurrà e si scaricherà sul consumo con tutto quello che ciò comporterà, per avere un vantaggio di 1,7 miliardi di euro.
  Abbiamo già pagato la riduzione dei volumi sulla nostra pelle. Questo è un settore fortemente in crisi, quello cioè della distribuzione e della commercializzazione, ma sono in crisi anche a monte gli altri sistemi: i sistemi produttivi, la raffinazione, tutte strutture e infrastrutture che erano il fiore all'occhiello di questo Paese, ma che oggi nelle logiche globali non riescono più a trovare copertura.
  In questo momento siamo sotto attacco, ma abbiamo anche dei problemi che dobbiamo cercare di gestire e non crediamo che questo possa essere fatto attraverso tale tipo di approccio.
  Questo tipo di approccio non può che portare ad avere un impatto sull'occupazione. Noi abbiamo stimato quindi una Pag. 29perdita di 10 miliardi di litri dal 2012 al 2021, che solo sulla distribuzione dei carburanti, quindi sui punti vendita stradali, porterà alla «scomparsa» – nella realtà magari ci saranno ancora, ma non ci saranno più i clienti – di 10.000 punti-vendita.
  L'analisi è presto fatta, perché sappiamo quante sono le risorse che insistono su un punto vendita stradale, sappiamo anche quante sono le risorse che girano come indotto dietro questo tipo di attività, e siamo arrivati a quel numero che voi vedete nella slide numero 21, che parla di un rischio per 60.000 posti di lavoro.
  Arrivo alle conclusioni. È chiaro che lo scenario per come ve lo abbiamo esposto richiede necessariamente un intervento di responsabilità da parte del Parlamento, che oggi è chiamato a valutare il disegno di legge di stabilità per il 2015, e riteniamo che debba essere proposta una diversa formulazione delle norme, atte a garantire il gettito di copertura delle misure per individuare il rilancio dell'economia.
  Gli effetti negativi derivanti dal possibile e peraltro verosimile aumento delle aliquote IVA e delle accise sui carburanti farebbero lievitare il peso fiscale, superando la soglia del 61 per cento, quindi andremmo a quel famoso 67 per cento del prezzo al consumo, ossia con quelle previsioni dal 61 passeremmo al 67 per cento.
  Consentitemi la battuta amara, ma come rivenditori e commercianti oggi forse sarebbe più produttivo per noi ricevere una royalty sull'incasso delle accise piuttosto che avere un guadagno e un delta sull'attività che stiamo svolgendo, perché di fatto ci siamo ridotti con un rischio finanziario tutto a nostro carico ad essere esattori per conto dello Stato.
  Le abusate – lasciatemi dire – clausole di salvaguardia stanno surrogando un'assunzione di responsabilità da parte della politica rispetto a quello che noi riteniamo debba essere il vero motivo, il vero focus dell'attività, che è la revisione della spesa pubblica improduttiva.
  Ciò perché altrimenti si andrebbe a incidere sulle tasche dei cittadini, generando effetti recessivi, così come abbiamo visto su tanti aspetti del Paese.
  Va comunque ricordato che l'incertezza fiscale, come determinata da clausole di salvaguardia che scatteranno o che, se anche non dovessero scattare, sarebbero comunque presenti all'interno della manovra, crea un'incertezza anche sotto il profilo della tassazione indiretta.
  Questo è un reale impedimento alla programmazione delle imprese e ovviamente è uno degli elementi che contribuisce a rendere poco attrattivo questo nostro Paese rispetto agli investimenti.
  Noi riteniamo che per recuperare competitività sia necessario invertire la tendenza all'inasprimento fiscale, in particolare nella fiscalità energetica sul gasolio e sulle benzine utilizzate per trazione, che rilevano in diversi comparti dell'economia. Non occorre peraltro guardare troppo lontano per vedere chi in Europa ha applicato misure nettamente in discontinuità con quello di cui oggi stiamo ragionando.
  Mi riferisco a quanto fatto dal Governo inglese, in particolare dal premier Cameron, che non solo aveva stabilito che eventuali aumenti di accisa dovessero essere adottati solo come extrema ratio, ma ha fatto di più: ha commissionato uno studio al NIESR (National Institute of Economic and Social Research) per valutare gli effetti sul PIL della fiscalità energetica, quindi dell'aumento delle accise.
  È stato realizzato uno studio che ha evidenziato come alla diminuzione delle accise sull'energia, quindi in particolare sull'autotrazione, si rilevi un effetto positivo a livello di PIL. Questo studio è a vostra disposizione, noi ne disponiamo e lo abbiamo anche inviato al Governo.
  Voglio ricordare che in questo momento la percezione della crisi per molti di noi, forse per quelli più informati, è legata allo spread, quindi al differenziale dello spread, ma i carburanti in Italia sono uno degli elementi cardine sui quali la gente basa la fiducia nei confronti del Paese, uno degli indicatori attraverso il Pag. 30quale si riesce ad avere più o meno ottimismo rispetto alla capacità di riuscire ad evolvere in modo positivo.
  Può sembrare paradossale alla fine di questa relazione, però noi crediamo di doverlo fare o quantomeno di doverci provare. Crediamo che quell'inversione di tendenza debba essere fatta, e che quindi si debba cominciare a pensare in termini di riduzione delle accise esistenti e non all'ipotesi di aumentarle attraverso delle clausole di salvaguardia.
  Riteniamo che ciò potrà produrre effetti positivi e che un primo passaggio potrebbe essere quello di allinearci come Paese alla media superiore dei Paesi dell'Europa a 28. Questo significa che nel nostro caso ci dovrebbe essere una riduzione delle accise di 10 centesimi. Questo si potrebbe prevedere dando una gradualità, anche per valutare gli effetti e il ritorno sul PIL e sul sistema. Grazie per l'attenzione.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FRANCESCO BOCCIA

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  GIAMPAOLO GALLI. Al termine di questa esposizione uno vede un quadro piuttosto negativo, perché in tutte le slide è scritto «negativo», mentre la prima slide dice che le misure di fondo sono positive per l'intera economia e anche per il vostro settore, ma potrebbero risultare fortemente compromesse dall'abuso delle clausole di salvaguardia.
  Auspichiamo tutti che queste clausole di salvaguardia non vengano attivate, ma mi permetto di dire che mi sembra un po’ eccessivo dire che le clausole di salvaguardia si stanno sostituendo ad un'assunzione di responsabilità politica, come è stato detto. A me sembra che qui la responsabilità politica in ordine alla revisione della spesa ci sia e ci sia in maniera molto forte, poiché sono previsti tagli estremamente incisivi, quantitativamente molto rilevanti su tutta la pubblica amministrazione.
  Posso anche capire che come voi dite «spesso le clausole di salvaguardia adottate non sono state adeguatamente garantite da una concreta volontà politica di ridurre la spesa», ma mi sembra che dobbiate riconoscere che si sta cercando di cambiare; vedremo se ci riusciremo, ma mi pare che questo sia il tentativo.
  È noto a tutti che la fiscalità sui carburanti è estremamente pesante in Italia, ma mi sentirei di fare un'osservazione tecnica, perché quella caduta che voi misurate nel consumo di carburanti può darsi che in parte sia dovuta all'aumento del fisco, ma in gran parte è dovuta alla caduta dei consumi, alla crisi generale del Paese. Se proiettiamo le due cose al 2018, per di più con un polinomio di secondo grado che interpola quattro osservazioni, come far passare una retta per un punto, che comporta per costruzione una caduta, perché è molto rilevante questa cosa, voi dite che alla fine ci si perde perché c’è un'elasticità dei carburanti e comunque il guadagno è molto inferiore alla perdita di PIL in termini di consumi che si possono avere, mi sembra comunque un po’ eccessivo, mi sembra che la crisi abbia impattato molto.
  La domanda è questa: avete evidenziato la perdita di occupazione nel settore, ma c’è anche un tema di efficientamento della rete di distribuzione dei carburanti sul quale non avete detto nulla. Mi chiedo se abbiate delle considerazioni su questo.

  LUCA SQUERI. Non faccio parte di queste Commissioni ma, avendo presieduto fino all'anno scorso il sindacato che rappresenta i gestori Confcommercio, mi sento molto partecipe a queste tematiche anche per l'importanza che rivestono per il Paese.
  Devo dire che l'analisi fatta è davvero puntuale e dettagliata e apre un panorama che definire preoccupante è poco, perché qui non è che si rischi di oltrepassare il limite: qui il limite l'abbiamo oltrepassato Pag. 31in termini di appesantimento di un settore, con il record mondiale della tassa sulla benzina, e purtroppo si continua in questa direzione. Il grido di allarme che Assopetroli porta qui oggi è quindi non solo importante, ma doveroso.
  Si sta facendo quello che si è fatto sotto il Governo Monti con il settore nautico, ovvero ucciderlo, laddove però, se la nautica interessa pochi italiani, la benzina interessa tutti gli italiani. Verrebbe da chiedersi che evoluzione abbia avuto nell'arco della storia del nostro Paese l'aumento di accise: sarebbe folklore ma neanche tanto parlare degli aumenti dall'Abissinia in poi, ma forse una Commissione d'inchiesta su come è stato utilizzato l'aumento delle accise in Italia potrebbe chiarire le idee.
  I numeri sono lì, a dimostrare quanto sia inopportuno perseguire questa strada di utilizzo delle accise come clausola di salvaguardia, puntando su interventi alternativi. Ho sentito citare numeri che so essere oggettivi, anzi forse utilizzati con estrema cautela, cioè quel 10 per cento di carburante venduto per contrabbando quando leggevo ieri su un giornale del sequestro in Friuli di un'autobotte con 42.000 litri, che sulle bolle di accompagnamento riportava come oggetto «liquidi anticorrosivi», ma in realtà era gasolio pronto per essere distribuito nella rete italiana.
  Se fosse comunque il 10 per cento, si tratterebbe di 4 miliardi di euro all'anno, che vanno ben oltre quanto raccolto in 7 anni con questa eventuale e purtroppo probabile applicazione delle clausole.
  Visto che abbiamo di fronte chi rappresenta i proprietari degli impianti che, se non hanno raggiunto il 50 per cento della rete, poco ci manca, vorrei chiedere cosa si può fare per contrastare questo fenomeno, che è devastante non solo per le casse dello Stato, ma anche per il settore stesso, perché siamo in piena guerra dei prezzi e, se qualcuno riesce a utilizzare un prodotto pagandolo il 60 per cento in meno dei concorrenti, mette in atto una devastante scorrettezza competitiva.
  Vorrei chiedervi quindi di proporre al Paese, e in questo caso alla Guardia di finanza, come lottare contro questo fenomeno devastante.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente di Assopetroli, Franco Ferrari Aggradi, per la replica.

  FRANCO FERRARI AGGRADI, presidente di Assopetroli. Rispondo all'onorevole Galli. Non era mia intenzione connotare questa nostra relazione in termini negativi, abbiamo cercato di fare un quadro che consentisse di compiere una valutazione di cosa si sta mettendo in campo.
  Abbiamo cercato di prendere degli elementi oggettivi, li abbiamo analizzati e abbiamo ovviamente proiettato quello che potrebbe esserne la ricaduta. Credo che questo sia il nostro dovere istituzionale nei vostri confronti, per mettervi nella condizione di meglio decidere e di meglio scegliere rispetto a determinati temi.
  Devo dire, onorevole Galli, che io come lei auspicherei che le clausole di salvaguardia non fossero applicate, ma, se devo voltarmi indietro, purtroppo devo constatare che 8 volte su 9 le clausole di salvaguardia sono state applicate. Questo ha comportato dei problemi, delle ricadute, che si sono tradotti in danni, in particolare anche per il settore che rappresento. Vi consegniamo quindi questo lavoro per una vostra opportuna valutazione.
  Rispetto al tema della razionalizzazione della rete carburanti, altro elemento che lei ha toccato, devo dire che non l'ho volutamente inserito nella mia relazione perché non volevo togliere spazio all'esposizione di tematiche più centrate sul disegno di legge di stabilità. Devo però dire che su questo tema abbiamo aperto un tavolo che a breve verrà convocato, a cui partecipano tutti gli attori della filiera, perché è ormai noto che questo nostro settore non ce la fa più.
  Già oggi abbiamo perso volumi che corrispondono a circa 5-6.000 impianti, ma il vero problema della razionalizzazione della rete è che ci sono grosse Pag. 32difficoltà nel poterla portare a termine in un modo che non sia selvaggio, quindi fatto dal mercato, con tutti i problemi che questo dovrebbe comportare.
  I problemi sono di due generi. In questo nostro settore avevamo già fatto una razionalizzazione: gli impianti in Italia erano oltre 40.000 ed eravamo riusciti a portarli intorno ai 22.000, ma sono stati tolti determinati presìdi, che hanno consentito di fare ciò.
  Questa razionalizzazione era stata prevista stabilendo che per ogni 3 impianti chiusi sarebbe stato consentito di aprirne uno, e questo tipo di opportunità ha consentito di razionalizzare.
  Oggi la vedo veramente complicata, perché oggi siamo all'interno di un contesto europeo. Per poter fare una razionalizzazione ragionata e guidata nel settore abbiamo sostanzialmente due problemi. Il primo è la necessità di avere delle barriere all'ingresso, quindi di non consentire l'ingresso di nuovi entranti nel settore, e questo è già un problema robusto che abbiamo nei confronti dell'Europa.
  Sull'altro problema dovremo lavorare domani mattina e come Assopetroli faremo a breve una proposta ai Ministeri conpetenti, segnatamente sulle bonifiche ambientali. Oggi abbiamo delle problematiche a livello di bonifica e un impatto che non è solo oneroso, ma è addirittura sconosciuto, in quanto è qualcosa di cui non si ha coscienza fintanto che non lo si va a fare, e con le normative che oggi insistono in questo Paese ci sono operatori che chiudono per non affrontare la bonifica.
  Non mi voglio dilungare oltre, ma questi sono i due elementi che considero essenziali, sui quali bisognerà fare dei ragionamenti.
  Rispondo all'onorevole Squeri, che ringrazio per la vicinanza perché so che conosce il settore più e meglio di me, quindi sono tutti dati che gli sono noti, e lo ringrazio anche per avermi dato atto che abbiamo fatto una simulazione prudente rispetto a quella che è stata l'esposizione dei dati.
  Rispetto alla domanda che ritengo estremamente importante in merito a come intervenire sulla legalità all'interno del settore, che è uno dei temi della nostra relazione, ricordo che le accise sono un antagonista rispetto alla possibilità di avere un mercato legale, perché, come dicevo prima, più le accise si alzano e più i fenomeni di contrabbando sono tendenzialmente in aumento.
  Come ricordava l'onorevole Squeri, dalla Slovenia in Friuli hanno preso automezzi carichi di questo prodotto, che entrava illegalmente. Questo è un danno incalcolabile per gli operatori onesti di questo settore, che sono la stragrande maggioranza.
  Il primo antagonista quindi è l'accisa, in questo momento, è l'accisa e l'IVA, è la tassazione su questi prodotti, ed è per questi motivi che vi invito a ragionare nei termini esposti rispetto alla relazione che abbiamo sviluppato insieme a voi.
  Cosa fare ? Noi riteniamo che una mossa che può fungere da deterrente sia intensificare i controlli su strada. Oggi questi controlli vengono fatti poco e male, non perché non ci sia la volontà ma perché le risorse vengono destinate ad altro, invece oggi bisogna tornare sulla strada, perché è l'unico deterrente reale che si può mettere in campo.
  Devo dirvi, peraltro, che insieme ad Unione petrolifera ci stiamo mettendo intorno a un tavolo per trovare delle modalità da mettere in campo per cercare di ridurre e di contenere questo fenomeno. Grazie.

  FEDERICO D'INCÀ. Vorrei fare una domanda solo per porre una riflessione per noi tutti. In merito alle considerazioni espresse nella slide numero 4, dove è indicato il gasolio e il GPL per le zone montane, che poi fa riferimento all'articolo 19, comma 11, del disegno di legge di stabilità, vorrei proporre una riflessione a lei, presidente Boccia, come anche al presidente Azzolini della Commissione bilancio del Senato, entrambi pugliesi.
  Nel bellunese dove vivo, queste piccole agevolazioni salvano la vita dei residenti Pag. 33nelle zone montane, che sono persone svantaggiate, quindi la ringrazio di aver portato alla luce anche questa corretta visione e mi auguro che queste Commissioni possano rendersi conto dell'importanza delle accise, che nel 2016 corrispondono a 38 milioni di euro e nel 2015 a 16 milioni di euro, e il presidente Boccia possa farsi portavoce nei confronti del Governo di come questa manovra, con riferimento a tale aspetto, sia assolutamente sbagliata. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente di Assopetroli, dottor Ferrari Aggradi, per la relazione svolta e per la documentazione depositata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato), e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.

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