CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 6 giugno 2017
834.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 4

SEDE REFERENTE

  Martedì 6 giugno 2017. – Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 16.05.

Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano.
C. 2168-B, approvata, in un testo unificato, dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Franco VAZIO (PD), relatore, fa presente che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, la proposta di legge A.C. 2168-B, trasmessa dal Senato, che introduce nell'ordinamento italiano il delitto di tortura. Tale proposta torna all'esame della Camera in quarta lettura: dopo l'approvazione del Senato in un testo unificato il 5 marzo 2014, il provvedimento è stato approvato dalla Camera con modifiche il 9 aprile 2015. Il Senato lo ha approvato con ulteriori modifiche il 17 maggio 2017. A tale riguardo, rammenta che il dibattito presso il Senato si è sostanzialmente concentrato sull'opportunità di una formulazione del reato di tortura quanto più possibile attinente a quella della Convenzione ONU del 1984 e quindi sulla scelta o meno della tortura come reato proprio – del solo pubblico ufficiale – e a dolo specifico. Altro profilo molto dibattuto è stato quello relativo alla necessità della reiterazione delle condotte illecite ai fini della configurazione del reato. La proposta approvata dal Senato, dal punto di vista sistematico, connota il delitto in modo non del tutto coincidente con quello previsto dalla Convenzione ONU.
  Osserva che il testo approvato, infatti, prevede che il delitto di tortura: sia un reato comune (anziché un reato proprio Pag. 5del pubblico ufficiale); analoga impostazione aveva il testo trasmesso dalla Camera e (diversamente dal testo-Camera) sia caratterizzato dal dolo generico.
  Segnala che entrambi gli elementi contribuiscono a rendere più ampia l'applicazione della fattispecie, potendo la tortura essere commessa da chiunque e indipendentemente dallo scopo che il soggetto abbia eventualmente perseguito con la sua condotta. La commissione del reato da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio costituisce, anziché un elemento costitutivo, un'aggravante del delitto di tortura. Ulteriore elemento di distinzione, rispetto al testo della Convenzione ONU, concerne la situazione di inferiorità della vittima del reato, non più limitata alla privazione della libertà personale.
  Nello specifico, rammenta che la proposta si compone di 6 articoli. L'articolo 1 introduce nel titolo XII (Delitti contro la persona), sez. III (Delitti contro la libertà morale) del codice penale gli articoli 613-bis e 613-ter. Il primo articolo disciplina la fattispecie incriminatrice del delitto di tortura, costruito come reato comune, eventualmente aggravato. L'articolo 613-bis c.p. punisce, infatti, con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi ovvero agendo con crudeltà cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza ovvero che si trovi in situazione di minorata difesa, se il fatto è commesso con più condotte ovvero comporta un trattamento inumano o degradante per la dignità della persona. Pertanto, rileva che affinché si realizzi il reato di tortura: deve sussistere un nesso di causalità tra l'azione posta in essere dall'agente e le acute sofferenza fisiche ovvero il verificabile trauma psichico; la condotta deve essere stata connotata da almeno uno dei seguenti elementi: violenze, minacce gravi, crudeltà; la vittima deve trovarsi in almeno una delle seguenti condizioni: essere persona privata della libertà personale; essere affidata alla custodia (o potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza) dell'autore del reato; trovarsi in situazione di minorata difesa; il fatto deve essere stato commesso secondo almeno una delle seguenti modalità: pluralità di condotte; deve essere tale da comportare un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.
  In particolare, rispetto al testo Camera, segnala: la necessaria pluralità delle violenze o delle minacce; il requisito della gravità delle violenze e delle minacce; l'estensione della fattispecie agli atti commessi con crudeltà. In proposito, rammento che l'aver agito con crudeltà verso le persone costituisce già un'aggravante in base all'articolo 61, n. 4), del codice penale; la soppressione del richiamo alla violazione degli obblighi di protezione, cura o assistenza; la soppressione del riferimento alla intenzionalità nel provocare acute sofferenze; l'esplicito riferimento alle persone private della libertà personale e alla condizione di minorata difesa. Al riguardo, rammento che il codice penale (articolo 61, n. 5) prevede come aggravante del reato la condizione di minorata difesa ovvero «l'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all'età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa»; l'estensione dell'elenco dei casi di affidamento della vittima al potere del reo; in relazione agli effetti dell'illecito, l'introduzione del richiamo al verificabile trauma psichico provocato dalla tortura; la soppressione del riferimento alla commissione della tortura per motivi etnici, orientamento sessuale od opinioni politiche o religiose; la scomparsa del dolo specifico (nel testo trasmesso al Senato lo scopo della tortura era quello di ottenere informazioni, infliggere una punizione o vincere una resistenza); il riferimento alla tortura come trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.
  Fa presente che il reato comune appare quindi caratterizzato sia dal dolo generico e, in quanto reato di evento, dalla gravità della tortura (le sofferenze «acute» inflitte alla vittima o il verificabile trauma psichico). Rileva che, diversamente dall'articolo Pag. 61 della Convenzione, che non descrive le modalità della condotta dell'autore del reato, l'articolo 613-bis prevede esplicitamente che la tortura si realizza mediante violenze o minacce gravi o crudeltà (ovvero con trattamento inumano e degradante). La necessità della pluralità delle condotte (violenze o minacce) non sembra consentire di contestare il reato di tortura in presenza di un solo atto di violenza o minaccia. Peraltro, dalla formulazione del testo pare che, pur in assenza di una pluralità di condotte, si perfezioni il reato di tortura qualora si sia determinato un trattamento inumano o degradante per la dignità della persona. In tale ultima ipotesi, per la contestazione del reato, si dovrebbe prescindere dalla pluralità delle condotte. Evidenzia, inoltre, che, tra i reati già previsti dal codice penale vigente, l'articolo 572 c.p. (Maltrattamenti contro familiari e conviventi) punisce con la reclusione da due a sei anni – tra l'altro – chiunque maltratti una persona a lui affidata per ragioni di cura, vigilanza o custodia. Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da 4 a 9 anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da 7 a 15 anni; se ne deriva la morte, la reclusione da 12 a 24 anni (secondo comma). L'articolo 613-bis prevede poi specifiche fattispecie formulate sotto forma di fattispecie aggravate del reato di tortura.
  Rammenta che la prima fattispecie aggravata (secondo comma), conseguente all'opzione del delitto come reato comune, interessa la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio dell'autore del reato, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio; la pena prevista è in tal caso la reclusione da 5 a 12 anni (era da 5 a 15 anni nel testo Camera). Viene precisato dal terzo comma dell'articolo 613-bis che la fattispecie in questione («il comma precedente») non si applica se le sofferenze per la tortura derivano unicamente dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti. Il secondo gruppo di fattispecie aggravate (quarto comma) consiste nell'avere causato lesioni personali comuni (aumento fino a 1/3 della pena), gravi (aumento di 1/3 della pena) o gravissime (aumento della metà). Il Senato ha precisato che anche tali fattispecie aggravate derivano «dai fatti» indicati dal primo comma e non «dal fatto». Anche in questo caso il reato aggravato si perfeziona solo in presenza di una pluralità di azioni. Le altre fattispecie aggravate (quinto comma) riguardano la morte come conseguenza della tortura nelle due diverse ipotesi: di morte non voluta, ma conseguenza dell'attività di tortura (30 anni di reclusione, mentre nel testo della Camera era previsto l'aumento di due terzi delle pene); di morte come conseguenza voluta da parte dell'autore del reato (pena dell'ergastolo). Anche in questo caso, il Senato ha precisato che tali fattispecie aggravate derivano «dai fatti» indicati dal primo comma. Con riguardo alla pena per l'aggravante della morte come conseguenza non voluta della tortura (30 anni) si ricorda che per l'omicidio preterintenzionale, cui la fattispecie potrebbe ricondursi, l'articolo 584 c.p. stabilisce che chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 (percosse) e 582 (lesioni), cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione da 10 a 18 anni. La pena – in base all'articolo 585 – è aumentata fino a un terzo, se concorre – tra l'altro – la circostanza aggravante relativa all'avere agito con sevizie o crudeltà.
  Segnala che l'articolo 1 della proposta di legge aggiunge, poi, al codice penale l'articolo 613-ter con cui si punisce il reato proprio consistente nell'istigazione a commettere tortura commessa dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio, sempre nei confronti di altro pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. In base all'articolo 414 c.p. chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell'istigazione: con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti; con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a euro 206, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni (primo comma). Se si Pag. 7tratta di istigazione a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni, si applica la pena da uno a cinque anni (secondo comma). Alla medesima pena soggiace anche chi pubblicamente fa l'apologia di uno o più delitti. Le pene sono aumentate se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici (terzo comma). Fuori dei casi di cui all'articolo 302, se l'istigazione o l'apologia di cui ai commi precedenti riguarda delitti di terrorismo o crimini contro l'umanità la pena è aumentata della metà. La pena è aumentata fino a due terzi se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici (quarto comma). La nuova fattispecie introdotta dall'articolo 613-ter non è connotata dalla pubblicità della condotta.
  Rispetto al testo-Camera, evidenzia che è stato introdotto il riferimento alle modalità concretamente idonee proprie della istigazione alla tortura; è soppressa la clausola di specialità del reato di cui all'articolo 613-ter rispetto all'istigazione a delinquere di cui all'articolo 414 c.p. («fuori dei casi previsti dall'articolo 414»); è stata ridotta l'entità della sanzione (ora da sei mesi a tre anni, nel testo della Camera era da uno a sei anni). L'istigazione sarà punibile sia nel caso in cui non sia accolta sia nel caso in cui sia accolta ma ad essa non segua alcun reato. Va, inoltre, segnalato che la rilevanza penale qui conferita all'istigazione pare derivare dal fatto che non si è in presenza di istigazione alla commissione di un generico reato bensì a commettere reato di tortura, che avviene in genere in un contesto caratterizzato dalla presenza di due (o più) pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio.
  Fa presente che l'articolo 2 – identico al testo-Camera – è norma procedurale che novella l'articolo 191 del codice di procedura penale, aggiungendovi un comma 2-bis che introduce il principio dell'inutilizzabilità, nel processo penale, delle dichiarazioni eventualmente ottenute per effetto di tortura. La norma fa eccezione a tale principio solo nel caso in cui tali dichiarazioni vengano utilizzate contro l'autore del fatto e solo al fine di provarne la responsabilità penale. Segnala che il Senato ha soppresso la disposizione del testo trasmesso dalla Camera (già articolo 3) di modifica dell'articolo 157 del codice penale che inseriva anche il delitto di tortura fra i reati per i quali sono raddoppiati i termini di prescrizione.
  Rammenta che l'articolo 3 coordina con l'introduzione del resto di tortura l'articolo 19 del TU immigrazione (D.Lgs. 286/1998), cui è aggiunto un comma 1-bis che vieta le espulsioni, i respingimenti e le estradizioni ogni volta sussistano fondati motivi di ritenere che, nei Paesi nei confronti dei quali queste misure amministrative dovrebbero produrre i loro effetti, la persona rischi di essere sottoposta a tortura. La disposizione – sostanzialmente aderente al contenuto dell'articolo 3 della Convenzione – precisa che tale valutazione tiene conto se nel Paese in questione vi siano violazioni «sistematiche e gravi» dei diritti umani. Diversamente, il testo-Camera integrava col riferimento alla tortura il contenuto del comma 1 dello stesso articolo 19 TU che, attualmente, prevede il divieto di espulsione e respingimento (manca il riferimento all'estradizione) ogni qualvolta, nei Paesi di provenienza degli stranieri, essi avrebbero potuto essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali. Il comma 1 era integrato dal riferimento al pericolo di tortura della persona oggetto della misura ovvero al rischio di rinvio verso un altro Stato nel quale non sarebbe protetto dalla persecuzione o dalla tortura ovvero da violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani.
  Evidenzia che l'articolo 4 – i cui contenuti sono stati parzialmente riformulati durante l'esame al Senato – esclude il riconoscimento di ogni «forma di immunità» per gli stranieri che siano indagati o siano stati condannati per il delitto di tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale (comma 1). Il testo trasmesso al Senato riguardava, negli stessi casi, la sola immunità dalla giurisdizione e Pag. 8faceva espresso riferimento al rispetto del diritto internazionale. Il comma 2 dell'articolo 4, non modificato dal Senato, prevede l'obbligo di estradizione verso lo Stato richiedente dello straniero indagato o condannato per il reato di tortura; nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, lo straniero è estradato verso il Paese individuato in base alla normativa internazionale.
  Rammenta, infine che gli articoli 5 e 6 della proposta di legge contengono, rispettivamente, la disposizione di invarianza finanziaria e quella sull'entrata in vigore della legge il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

  Edmondo CIRIELLI (FdI-AN) osserva, preliminarmente, come, anche prescindendo dal merito del provvedimento in discussione, non vi sia attualmente nel Paese una autentica emergenza di politica criminale, che giustifichi l'introduzione nel nostro ordinamento del delitto di tortura. Rammenta, invece, come, mediamente, ogni anno, si registri un dato di circa 6 mila aggressioni subite da rappresentanti di Forze dell'ordine. Sul piano, poi, strettamente sistematico, fa notare come il codice penale già preveda specifiche fattispecie di reato, come ad esempio la violenza o la minaccia, con relative aggravanti, sino ad un terzo della pena, se commesse da pubblici ufficiali. Rileva, inoltre, che gli esponenti delle Forze dell'ordine, oltre a subire eventuali condanne in sede penale, sono soggetti a procedimenti di carattere disciplinare, il cui esito può essere anche la destituzione o il licenziamento. Quanto all'entità della sanzione prevista per la nuova fattispecie delittuosa introdotta dal provvedimento in discussione, si sofferma sulla particolare asperità della pena, che, a suo giudizio, appare del tutto sproporzionata. A tale riguardo, fa notare, invece, come il reato di violenza o di minaccia a un pubblico ufficiale di cui all'articolo 336 del codice penale sia punito, invece, con la reclusione da 6 mesi a 5 anni. Proprio in relazione a tale aspetto, rammenta di aver presentato una proposta di legge che prevede, per tale ultimo delitto, un significativo incremento della pena.

  Vittorio FERRARESI (M5S) rilevando come le osservazioni del collega Cirielli siano del tutto infondate, rammenta che il provvedimento in discussione, largamente atteso da oltre venti anni, è rimasto a lungo intrappolato in una palude di continui rinvii tra i due rami del Parlamento. Ciò premesso, nel manifestare contrarietà sull'impianto complessivo del provvedimento, ritiene che la fattispecie delittuosa ivi introdotta sia formulata in modo alquanto ambiguo e improprio, determinando, di fatto, la sostanziale impunità per chi commette il reato di tortura. Per tali ragioni, invita la maggioranza ad avviare una seria riflessione in ordine alla necessità di introdurre al testo in discussione eventuali correttivi. A suo giudizio, infatti, è necessario valutare se introdurre, finalmente, il delitto di tortura nel nostro ordinamento, pur nell'attuale ambigua formulazione, o, in alternativa, modificare nuovamente il testo all'esame della Commissione per approvare una buona legge.

  Daniele FARINA (SI-SEL), nel replicare al collega Cirielli, osserva come, ammesso che non vi sia sul tema una vera e propria emergenza di politica criminale, senza dubbio si profila una emergenza di tipo temporale, trattandosi di un provvedimento largamente atteso da circa trenta anni. Ciò premesso, manifesta perplessità sull'impianto del testo all'esame della Commissione, a suo giudizio, sensibilmente peggiorato rispetto a quello licenziato dalla Camera. Si riserva, quindi, di intervenire più in dettaglio, nel prosieguo dei lavori, pur evidenziando, rispetto al provvedimento in titolo, la sostanziale delusione del suo Gruppo parlamentare.

  Donatella FERRANTI, presidente, si appella al senso di responsabilità dei colleghi dei gruppi di opposizione favorevoli all'introduzione del reato di tortura affinché siano favorevoli ad approvare un testo che comunque rappresenta un importante passo in avanti per quanto sia astrattamente Pag. 9ancora migliorabile. Ritiene che questa assunzione di responsabilità ci dovrebbe sempre essere quando all'esame di una Camera si trovi un provvedimento atteso da anni e sul quale vi siano state diverse letture da parte dei due rami del Parlamento, in quanto ritardare l'approvazione per cercare di migliorare tale testo significa in realtà cercare di affossarlo. Ricorda a tale proposito la legge sulle unioni civili che è stata approvata definitivamente dalla Camera per quanto il testo del Senato fosse migliorabile in alcuni suoi punti. A suo parere, molto probabilmente, qualora si fosse inseguito il miglior testo possibile anziché approvare il testo del Senato, l'Italia non avrebbe avuto ancora una legge sulle unioni civili. Per quanto attiene al provvedimento in esame, evidenzia, come questo sia largamente atteso da diverse legislature e, nella legislatura in corso, sia giunto, oramai, alla quarta lettura. Auspica, quindi, che le forze politiche, con buon senso e ragionevolezza, riflettano sull'opportunità di introdurre, finalmente, nel nostro ordinamento il reato di tortura, approvando un provvedimento, che tocca un tema scottante e sul quale si registrano sensibilità diverse, oggetto di un intenso e lungo lavoro da parte dei due rami del Parlamento.
  Nel rammentare che il provvedimento è stato calendarizzato per l'esame in Assemblea a partire da lunedì 29 giugno prossimo, avverte che nella settimana corrente si concluderà l'esame preliminare e che verrà fissato alle ore 16 di lunedì 12 giugno il termine per la presentazione di emendamenti, che saranno esaminati a partire da martedì 13 giugno. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.30.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 6 giugno 2017. – Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 16.30.

Schema di decreto legislativo recante riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio.
Atto n. 415.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto, rinviato nella seduta del 1o giugno 2017.

  Giuseppe GUERINI (PD), relatore, presenta una proposta di parere favorevole con condizioni e osservazioni (vedi allegato), sulla quale invita i colleghi a far pervenire eventuali rilievi o osservazioni.

  Donatella FERRANTI, presidente, invita i gruppi parlamentari a far pervenire eventuali osservazioni sulla proposta di parere testé presentata dal relatore entro la giornata di domani. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.35.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 16.35 alle 16.40.

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