CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 20 aprile 2017
806.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 20 aprile 2017. — Presidenza del presidente Fabrizio CICCHITTO. – Interviene il sottosegretario agli affari esteri e alla cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova.

  La seduta comincia alle 8.15.

Conferimento della medaglia d'oro al valore militare per la Resistenza alla Brigata ebraica.
Nuovo testo C. 3187 Quartapelle Procopio.

(Parere alla IV Commissione).
(Esame e conclusione).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, ricorda che la Commissione è chiamata ad esprimere il proprio parere sul provvedimento in titolo, anche ai fini del trasferimento in sede legislativa dell'esame del provvedimento.

  Valentino VALENTINI, relatore, ringraziando la collega Quartapelle Procopio per aver presentato la proposta di legge in esame, ricorda che l'argomento di tale proposta è stato oggetto di alcuni articoli di stampa negli ultimi giorni.
  Sottolinea che la Commissione è chiamata ad esprimere il proprio parere alla IV Commissione in merito alla proposta di legge finalizzata al conferimento della medaglia d'oro al valor militare per la Resistenza alla Brigata ebraica, «formazione militare alleata, inquadrata nell'esercito britannico che operò durante la seconda guerra mondiale e che offrì un notevole contributo per la liberazione della patria e nella contro gli invasori nazisti», come affermato dall'articolo 1, comma 1.
  Evidenzia che l'esame in Commissione Difesa ha comportato l'inserimento della precisazione che tale formazione era composta da volontari di cittadinanza italiana o straniera, e ciò esplicita meglio il ruolo della III Commissione nell'espressione del proprio parere. Annuncia, quindi, che tale parere non potrà che essere favorevole.Pag. 37
  Ricordando che il provvedimento è stato presentato nell'anno del Settantesimo anniversario della Liberazione d'Italia e, dunque, è approdato con un certo ritardo nel calendario della Commissione competente, sottolinea che esso è finalizzato, come si legge nella relazione illustrativa, a tutelare la memoria dei giovani che, per liberare il mondo dalla potenza distruttrice delle forze dell'Asse e per porre fine alla Shoah, lasciarono la terra della sicurezza e sfidarono l'odio razziale e il pericolo del fronte, e anche affinché la storia della Brigata palestinese, ricordata come la Brigata ebraica, non venga strumentalizzata dalle note tensioni socio-politiche che segnano nel nostro Paese la – peraltro imminente – festa del 25 aprile. Segnala che il provvedimento vuole, inoltre, rappresentare «un segnale concreto per garantire alle famiglie il ricordo dei loro giovani che operarono per la pace e tutelare la memoria delle vittime che offrirono al nostro Paese la possibilità di riscatto morale dinanzi alla vergogna delle leggi razziali e del contributo allo sterminio».
  Ricorda che cosa è stata storicamente la «Brigata ebraica», costituita nel 1944, inquadrata nell'esercito britannico e che operò durante il Secondo conflitto mondiale in vari teatri sotto il comando del brigadier generale Ernest Frank Benjamin, ebreo canadese.
  Sottolinea che, come spiega la ben documentata relazione che accompagna il provvedimento, alla luce di quanto avveniva in Europa durante la seconda guerra mondiale a seguito dell'approvazione delle leggi razziali – o razziste, come ritiene più opportuno denominarle, considerato che scientificamente la razza umana è unica –, giovani ebrei residenti nelle terre sottoposte al Mandato britannico in Palestina decisero di entrare come volontari nell'esercito inglese per combattere il dilagare del nazionalsocialismo. Questi gruppi non ottennero fin dall'inizio il riconoscimento della propria specifica identità nazionale, che poteva derivare loro dalla formazione di una brigata a sé. Furono dapprima intesi come gruppi di forze di intervento locale e solo dopo l'impiego sul fronte greco, nel 1941, dopo l'allarme derivato dalle battaglie di El Alamein, gli inglesi dichiararono la creazione di un Reggimento Palestina.
  Con il diffondersi delle informazioni sulle nefandezze del regime nazista, il Reggimento fece pressioni per intervenire in Europa nell'intento di ricercare e salvare i sopravvissuti allo sterminio. Dopo l'8 settembre del 1943, alcune componenti parteciparono in Italia ad operazioni di salvataggio di ebrei liberati dal campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia o provenienti dal fronte jugoslavo.
  I primi gruppi che giunsero, nel marzo del 1944, in territorio italiano erano composti da ebrei provenienti dall'est Europa ma vi erano rappresentate anche altre nazionalità, come pure degli italiani (come Enzo Sereni, catturato e poi morto a Dachau). I ridottissimi gruppi della futura Brigata operarono in Italia fino al 25 aprile 1944, collaborando allo sbarco di Anzio nel febbraio 1944, alla battaglia di Montecassino e alla liberazione di Roma nel giugno successivo.
  Tali gruppi operarono in tale periodo senza un'insegna propria finché il 20 settembre del 1944 il British War Cabinet non comunicò la formazione della «Brigata palestinese», detta poi Brigata ebraica, dotata di una propria bandiera al cui centro campeggiava la Stella di David, divenuta da simbolo di condanna a morte a simbolo di libertà e riscatto. Dopo quella data, tre battaglioni di fanteria furono allestiti ad Alessandria d'Egitto e da lì salparono per giungere in Italia dove furono attivi nei combattimenti lungo la Linea Gotica.
  Nel marzo del 1945 gli ebrei della Brigata affrontarono con i propri vessilli e proprie uniformi il Reich, che riuscirono a respingere in una dura battaglia presso il torrente Senio, tra Toscana e Romagna. I combattimenti più duri si svolsero in Emilia Romagna e proprio a Ravenna una lapide ricorda i 45 ebrei caduti nella liberazione della città.
  Dopo la guerra i militari della Brigata si impegnarono in operazioni non già di Pag. 38vendetta e rappresaglia ma di ricerca e salvataggio di sopravvissuti, rendendosi primi attori della rinascita e della rieducazione del Paese alla libertà e alla pace.
  Anche alla luce del dibattito svoltosi presso la IV Commissione, sottolinea che negli eserciti alleati che combatterono in Italia contro la Germania erano presenti e attivi molti soldati appartenenti anche ad altre minoranze nazionali, come i maori, i sikhk o i gurkha (la Brigata Gurkha fu una unità scelta dell'esercito britannico, i cui soldati furono arruolati tra la popolazione del Nepal), come pure i polacchi o i marocchini.
  Ricorda che la specificità del riconoscimento dovuto alla Brigata ebraica è connesso al fatto che i suoi componenti combatterono su un territorio dove essi rischiavano la deportazione e lo sterminio non solo come militari ma anche e soprattutto come ebrei. Essi, inoltre, non erano coscritti (come i maori da parte della Nuova Zelanda) ma volontari ed erano in Italia per lottare contro i propri persecutori, avendo una causa e una motivazione propria.
  Sottolinea, inoltre, che la Brigata ebraica fu espressione embrionale di un nascente Stato, alla cui formazione hanno contribuito anche molti ebrei italiani emigrati durante la guerra, a differenza di altri ebrei italiani che non poterono prendere parte a questa esperienza in quanto deportati e uccisi, anche per responsabilità italiana, nelle camere a gas.
  Auspica che in futuro si proceda ad una valorizzazione dell'impegno dei tanti popoli che contribuirono alla liberazione e alla rinascita del nostro Paese dalle ceneri della dittatura, ma ricorda che nella circostanza attuale la Commissione è chiamata a riconoscere valore specifico al contributo della Brigata ebraica, in quanto fattore connotante per la liberazione e la fondazione su nuove basi dell'identità del nostro Paese e dell'Europa.
  Per le ragioni esposte, propone alla Commissione di esprimere un parere favorevole sul provvedimento in esame.

  Il sottosegretario Benedetto DELLA VEDOVA si associa alla relazione illustrata dal relatore ed esprime apprezzamento per l'iniziativa legislativa all'esame della Commissione.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione, all'unanimità, approva la proposta di parere favorevole del relatore.

  La seduta termina alle 8.20

SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 20 aprile 2017. — Presidenza del presidente Fabrizio CICCHITTO. – Interviene il sottosegretario agli affari esteri e alla cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova.

  La seduta comincia alle 9.20.

Documento di economia e finanza 2017.
Doc. LVII, n. 5 e Allegati.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Marco CAUSI (PD), relatore, ricorda che la Commissione Affari esteri è chiamata a esprimere le proprie valutazioni alla V Commissione bilancio, in merito al Documento di economia e finanza (DEF) 2017, trasmesso dal Governo alle Camere il 12 aprile scorso, segnalando che il DEF costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio, che traccia, in una prospettiva di medio termine, gli impegni, sul piano dell'evoluzione delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall'Italia. Tali impegni e indirizzi devono tenere conto del rispetto del Patto di stabilità e crescita europeo e del conseguimento degli obiettivi di sviluppo, occupazione, riduzione del Pag. 39rapporto debito-PIL nonché degli altri obiettivi programmatici prefigurati dal Governo per l'anno in corso e per il triennio successivo.
  Considera il DEF di quest'anno particolarmente coraggioso, in quanto, nonostante la scadenza elettorale, contiene prospettive di medio termine, e ricorda che il Documento si articola in tre sezioni – Programma di stabilità, Analisi e Tendenze della Finanza pubblica, Programma Nazionale di riforma – e che si inquadra al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell'UE – il Semestre europeo. Esso viene presentato al Parlamento, per le conseguenti deliberazioni, entro il 10 aprile di ciascun anno, al fine di consentire alle Camere di esprimersi sugli obiettivi programmatici di politica economica in tempo utile per l'invio al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, entro il successivo 30 aprile, del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma (PNR).
  Rammenta che si tratta di una nuova e migliore tempistica al confronto con quella precedente al 2012. In passato, le linee programmatiche di finanza pubblica venivano presentate e discusse a luglio o a settembre. Oggi, grazie alle innovazioni portate dalla progressiva «europeizzazione» dei processi di bilancio, la discussione politica e pubblica avviene ad aprile.
  A tal fine il DEF espone per il periodo 2017-2020 le modalità e la tempistica attraverso le quali l'Italia intende proseguire nel risanamento dei conti pubblici e, nel contempo, illustra le politiche mediante cui perseguire gli obiettivi di crescita e di sviluppo programmati nel Documento, tenendo anche conto delle raccomandazioni formulate dall'Unione Europea.
  Evidenzia che, con le riforme degli ultimi anni il percorso decisionale di finanza pubblica è entrato in una dimensione che potrebbe essere definita «semi-federale». Nell'ambito del «Semestre europeo» la Commissione UE pubblica, durante il mese di febbraio, Relazioni per ciascun Paese membro contenenti valutazioni sui progressi compiuti in materia di riforme strutturali e di prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici. Poiché si tratta di documenti redatti da un'entità indipendente dal Governo nazionale, e anzi ad esso in qualche modo super-ordinata, anche se nell'ambito di procedure collaborative e non di tipo gerarchico, segnala che in tali Relazioni l'analisi e le valutazioni sono più «libere» e autonome di quelle rinvenibili negli atti ufficiali dei singoli Governi.
  Ritiene che la Relazione relativa all'Italia, pubblicata il 22 febbraio 2017, contenga molti interessanti elementi analitici e interpretativi sul contesto socio-economico e macro-finanziario del nostro Paese. Essa si conclude con raccomandazioni, e con l'esame dei progressi compiuti dall'Italia sull'attuazione delle raccomandazioni fornite negli anni precedenti.
  Afferma che le raccomandazioni della Commissione non sono «diktat», ma elementi su cui i Governi nazionali possono lavorare non solo in sede di vera e propria trattativa, ma anche in una sede più ampia di «policy discussion», con dimensioni nazionali ed europee.
  Ricorda che, per la prima volta, nella Relazione di quest'anno è messa in evidenza e resa pubblica un'analisi relativa al potenziale impatto che una crisi finanziaria italiana potrebbe esercitare sugli altri Paesi dell'Euro-zona, quantificando tali effetti in una riduzione di mezzo punto di PIL per due anni e in successive riduzioni anche per gli anni successivi. Ritiene che tale scelta testimonia come, per la prima volta, i servizi della Commissione comincino a tenere conto dell'interdipendenza fra i Paesi dell'euro e degli effetti che tale interdipendenza genera nella valutazione delle raccomandazioni di «policy» indirizzate a ciascuno di essi.
  Sottolinea che la relazione si soffermerà sugli aspetti generali rappresentati nel DEF 2017, con particolare attenzione allo scenario macroeconomico internazionale, per poi analizzare le questioni più strettamente attinenti alla competenza della III Commissione.Pag. 40
  Sul versante macroeconomico internazionale, ritiene opportuno evidenziare come nel 2016 l'economia mondiale abbia registrato un incremento di circa il 3 per cento rispetto al 2015, stabilizzandosi su un sentiero di graduale ripresa, in linea con il 2015.
  Ricorda che i segnali di recupero della crescita globale, evidenti soprattutto nel secondo semestre dell'anno, non si sono però tradotti in una ripresa del commercio mondiale. La crescita del commercio mondiale ha continuato nel 2016 ad essere molto debole, a causa della bassa elasticità della domanda internazionale alla crescita del PIL, secondo una tendenza ormai costantemente riscontrata negli ultimi cinque anni.
  Ritiene che la minore elasticità del commercio internazionale al PIL va probabilmente ricondotta ad alcune modifiche strutturali in corso nel funzionamento delle catene globali del valore, e cioè dei processi di scomposizione internazionale dei processi produttivi che sono stati alla base di quella che negli ultimi 25 anni è stata definita «globalizzazione». La crescita del commercio mondiale, infatti, è stata determinata non solo dallo scambio di beni e servizi finali, ma soprattutto dalla circolazione di una crescente quantità di beni e servizi intermedi. Ricorda che da alcuni anni questa seconda componente è in fase di contrazione, soprattutto per effetto della internalizzazione della produzione di beni e servizi intermedi da parte della Cina.
  Segnala che il trend verso un miglioramento della congiuntura appare condiviso dai principali quadranti dell'economia mondiale. Il 2017 è infatti iniziato in modo favorevole per la gran parte dei Paesi avanzati e la ripresa economica si è consolidata e dovrebbe accelerare in corso d'anno anche nei mercati emergenti, sebbene con performance eterogenee nei vari Paesi.
  Fa presente che negli Stati Uniti, nel 2016 la crescita del PIL è stata pari all'1,6 per cento, in flessione rispetto all'anno precedente (2,6 per cento). La persistente debolezza del ciclo internazionale e degli investimenti interni ha spinto la Federal Reserve a lasciare per la maggior parte dell'anno il tasso di riferimento invariato tra lo 0,25 e lo 0,50. Tuttavia, l'economia americana nei mesi a cavallo tra il 2016 e il 2017 ha mostrato decisi segnali di accelerazione.
  Ritiene che diversi indicatori, come il basso livello della disoccupazione e il recupero del clima di fiducia delle famiglie, confermino che l'economia è uscita definitivamente dalla crisi. Coerentemente con le favorevoli condizioni dell'economia, la FED ha operato, a dicembre 2016 e a marzo 2017, due rialzi dei tassi di 25 punti base, prospettando una gradualità di futuri rialzi per il 2017 e il 2018.
  Segnala che in Giappone il PIL è aumentato dello 0,9 per cento, in accelerazione rispetto al 2015 (0,5 per cento), grazie al contributo positivo del settore estero e dei consumi pubblici e da una politica monetaria della Banca del Giappone estremamente accomodante.
  Anche per quel che riguarda le principali economie emergenti, sottolinea che la ripresa economica si è andata consolidando nel corso del 2016. Il quadro congiunturale suggerisce un rafforzamento della dinamica della crescita nelle principali economie emergenti, sebbene con andamenti differenziati tra i vari Paesi.
  Segnala, invece, che resta il nodo dell'economia cinese che lo scorso anno ha registrato un tasso di crescita del PIL del 6,7 per cento, in decelerazione rispetto al passato, che sconta gli effetti della transizione verso una tipologia di economia più matura e bilanciata. Evidenzia che anche i segnali di ripresa dalle profonde recessioni in cui versavano i maggiori Paesi esportatori di materie prime restano contrastanti.
  Nel complesso, ritiene che lo scenario macroeconomico internazionale, ad inizio 2017, è migliore delle attese. Si registra un miglioramento della fiducia di imprese e consumatori. Ricorda che le condizioni monetarie continuano ad essere accomodanti, favorendo maggiore accesso al credito Pag. 41e sostenendo l'espansione di consumi e investimenti. I mercati azionari sono in progressiva espansione.
  Sottolinea che, nella composizione del quadro macroeconomico tendenziale riportato nel DEF 2017, le variabili esogene internazionali indicano una crescita dell'economia internazionale nel periodo considerato ancora moderata, con un'espansione del commercio mondiale del 3,4 per cento nel 2017 e del 3,5 per cento nel 2018, che raggiunge il 3,9 per cento nel 2019.
  Per quanto riguarda i movimenti valutari, sebbene diversi segnali delineino un apprezzamento dell'euro rispetto al dollaro, segnala che si è preferito adottare – come si sottolinea nel DEF – valutazioni prudenziali, ipotizzando per il futuro un tasso di cambio prossimo agli attuali livelli, i quali scontano una significativa svalutazione dell'euro realizzatasi lungo gli ultimi due anni.
  Con riferimento, infine, al prezzo del petrolio, osserva che, per il biennio 2017-2018, è attesa una marginale risalita nel 2017 e poi una sostanziale stabilizzazione. Sottolinea che l'aumento delle quotazioni verificatosi a fine 2016 è – secondo quanto espresso nel DEF – in parte rientrato e si considerano poco probabili sostanziali rialzi, in virtù della scarsa tenuta degli accordi di contenimento dei volumi estratti e di una elasticità dell'offerta statunitense maggiore delle attese, a parte, tuttavia, l'incertezza legata, in questa fase, a rischi di natura geo-politica ben noti alla III Commissione.
  Ritiene, pertanto, che le prospettive per l'economia mondiale appaiano orientate verso una graduale ripresa, anche se il quadro internazionale continua ad essere caratterizzato da una prevalenza di rischi al ribasso di natura economica e legati a possibili tensioni geopolitiche che sono al centro dei lavori della Commissione.
  Rileva che al momento sono di difficile quantificazione i possibili danni che potrebbero derivare al commercio internazionale ed all'economia mondiale da eventuali misure protezionistiche intraprese dell'amministrazione statunitense o dagli esiti della Brexit, posto che il processo di uscita del Regno Unito è appena stato formalizzato. Le nazioni con disavanzi di partite correnti, elevata posizione debitoria in dollari e maggiore dipendenza commerciale verso gli Stati Uniti potrebbero essere soggette a maggiori rischi al ribasso nel breve termine.
  Ricorda che il DEF considera anche la possibilità di scenari più favorevoli. Tra i rischi al rialzo vanno considerati una ripresa più sostenuta del commercio mondiale e dell'economia cinese, sebbene da quest'ultima provengano anche preoccupazioni legate all'elevato indebitamento di alcuni settori dell'economia.
  In merito all'andamento dell'economia globale, ricorda che l'OCSE, nell’Interim Economic Outlook di marzo scorso, sottolinea la crescita ancora modesta del PIL mondiale, che partendo dal 3 per cento del 2016, sale al 3,3 per cento nel 2017 per raggiungere il 3,6 per cento nel 2018, ancora al di sotto della media storica di circa il 4 per cento registrata nei due decenni prima della crisi.
  Nonostante siano emersi alcuni segnali positivi nei consumi e il clima di fiducia delle imprese sia migliorato, ricorda che i consumi, gli investimenti, il commercio e la produttività restano deboli. Inoltre, ritiene che l'aumento dei tassi di interesse e dei prezzi del petrolio tenderà a compensare queste spinte, sebbene dei maggiori prezzi delle materie prime ne beneficeranno alcune economie emergenti.
  Tra i maggiori Paesi emergenti, segnala che si prospetta una crescita in accelerazione in Brasile e in Russia che cominciano ad uscire dalla profonda recessione di questi anni, aiutati dall'aumento dei prezzi delle materie prime e dall'allentamento dell'inflazione, ma nella maggior parte delle altre principali economie avanzate, la crescita dovrebbe continuare intorno al modesto percorso attuale. Ritiene che scollamento tra mercati finanziari e economia reale, il potenziale di volatilità dei mercati, vulnerabilità finanziarie Pag. 42e le incertezze politiche, tuttavia, potrebbero compromettere la modesta ripresa.
  Analoghe considerazioni sono state avanzate dalla Banca centrale europea, nel Bollettino economico di marzo, che, pur mettendo in evidenza come la crescita mondiale abbia mostrato un miglioramento nel secondo semestre del 2016 e sia rimasta sostenuta agli inizi del 2017, registri tuttavia ancora un ritmo contenuto nel confronto storico.
  In prospettiva, ritiene che il sostegno alla crescita mondiale verrà sia dalle economie avanzate sia dalle economie di mercato emergenti (EME).
  Sottolinea come l'incertezza resti, tuttavia, elevata a causa di numerosi fattori. Fra questi: le nuove politiche dell'amministrazione statunitense e gli effetti sull'economia del Paese e sull'attività globale riconducibili a tali politiche; la robustezza della ripresa nei Paesi esportatori di materie prime; possibili turbolenze associate al processo di graduale riequilibrio dell'economia cinese; e, infine, possibili turbolenze derivanti dalle incertezze politiche e geopolitiche, quali ad esempio, le future relazioni tra il Regno Unito e l'Unione europea, non a caso al centro dell'indagine conoscitiva promossa dalla III e dalla XIV Commissione.
  Anche per quel che concerne l'area dell'euro, segnala come nel 2016 la ripresa economica si sia consolidata. Ritiene che la crescita del PIL dell'area nel 2016, pari all'1,7 per cento, in marginale accelerazione rispetto all'anno precedente (1,6 per cento), è principalmente attribuibile al contributo dei consumi privati. Sottolinea, inoltre, che la ripresa economica continua a beneficiare – come riporta anche il DEF – della buona performance del mercato del lavoro, conseguente alle riforme strutturali operate in diversi Stati membri: il tasso di disoccupazione, sebbene si mantenga ancora su livelli elevati, è sceso gradualmente nel corso del 2016 (10 per cento in media d'anno) raggiungendo il 9,6 per cento a gennaio 2017 (dal 10,3 del gennaio 2016).
  Secondo quanto esposto nell'ultimo Bollettino economico della BCE (27 marzo), l'espansione economica nell'area dell'euro sta proseguendo, sostenuta dalla domanda interna. Nel quarto trimestre dell'anno il PIL in termini reali è aumentato dello 0,4 per cento sul periodo precedente, nonostante un rialzo dei corsi petroliferi. La domanda interna e le variazioni delle scorte hanno contribuito positivamente alla dinamica del PIL, mentre la domanda estera netta ha fornito un contributo negativo. La crescita del prodotto nel quarto trimestre ha comportato un incremento annuo del PIL pari all'1,7 per cento nel 2016.
  Pone l'accento sul fatto che la disoccupazione nell'area è in calo ormai da quattordici trimestri consecutivi. Il tasso di disoccupazione nell'area ha continuato a scendere nel quarto trimestre del 2016, dopo aver toccato il massimo agli inizi del 2013.
  Richiama, inoltre, un ulteriore importante fattore a sostegno della crescita dell'area: la politica di bilancio che, a partire dal 2016, ha assunto un tono meno restrittivo e si annuncia tale anche nel 2017. A ciò si aggiunge, infine, l'orientamento fortemente espansivo della Banca centrale europea (BCE) di questi ultimi anni, che ha contribuito a garantire stabilità finanziaria dell'area dell'euro, nonché a scongiurare fenomeni deflattivi e a migliorare le condizioni economiche.
  Sotto questo profilo, ricorda che, al fine di combattere con maggiore decisione le tendenze deflazionistiche e rendere più agevole la concessione di credito all'economia reale, la Banca centrale europea abbia di recente adottato un pacchetto di misure espansive molto cospicuo (ampliamento della dimensione e della composizione degli acquisti di titoli; ulteriore riduzione dei tassi ufficiali e nuove misure di rifinanziamento delle banche a condizioni eccezionalmente favorevoli), estendendo altresì la durata del programma di acquisto di titoli fino a dicembre del 2017.
  Con riferimento alle prospettive di crescita dell'area dell'euro, segnala che, nel Bollettino, la Banca centrale europea rileva che la ripresa economica dell'area in Pag. 43atto dovrebbe continuare a consolidarsi, a un ritmo anche lievemente superiore rispetto a quanto previsto a fine 2016, sostenuta principalmente dalla domanda interna e dai primi segnali di rafforzamento della ripresa e dell'interscambio a livello mondiale.
  Ritiene che, nel complesso, le indagini congiunturali segnalino una dinamica espansiva nel primo trimestre del 2017. Crede, inoltre, che l'espansione dell'attività economica nell'area dell'euro dovrebbe proseguire, sorretta dalle misure di politica monetaria, che continuano a trasmettersi all'economia reale.
  Rileva come questi sviluppi si riflettano nelle proiezioni macroeconomiche per l'area dell'Euro formulate dagli esperti della BCE nel marzo 2017, che prevedono una crescita del PIL in termini reali dell'1,8 per cento nel 2017, dell'1,7 nel 2018 e dell'1,6 nel 2019.
  Segnala che, per Francoforte, i rischi per le prospettive di crescita nell'area dell'euro, pur attenuati in ragione del lieve rafforzamento della domanda estera nel breve periodo, del minore tasso di cambio dell'euro e del clima economico più favorevole, restano orientati al ribasso e connessi prevalentemente a fattori globali. Sottolinea, inoltre, il rischio che la crescita economica nell'area euro possa essere rallentata dalla lenta attuazione delle riforme strutturali e dai restanti aggiustamenti di bilancio in diversi settori.
  Ritiene che in questi dati e in queste interpretazioni ufficiali risulta evidente che l'elemento di fragilità nell'area euro deriva dalla sua incapacità di pensarsi e di agire come una grande area economica, la più grande del mondo, capace di sostenere la sua crescita economica con motori interni e non soltanto grazie al commercio internazionale.
  Quanto all'inflazione, segnala che il recente aumento dei corsi petroliferi dovrebbe portare l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) su una media dell'1,7 per cento quest'anno.
  Secondo la stima preliminare dell'Eurostat, infatti, nell'area dell'euro l'inflazione sui dodici mesi misurata sullo IAPC è aumentata ancora a febbraio, raggiungendo il 2 per cento dall'1,8 per cento di gennaio e dall'1,1 per cento di dicembre 2016. Sottolinea che questa evoluzione riflette soprattutto il forte incremento sui dodici mesi delle componenti relative all'energia e ai beni alimentari non trasformati, mentre non vi sono ancora segnali convincenti di una tendenza al rialzo dell'inflazione di fondo. In prospettiva, ritiene probabile che l'inflazione complessiva si mantenga su livelli prossimi al 2 per cento nei prossimi mesi, riflettendo in gran parte movimenti del tasso di variazione sui dodici mesi dei prezzi dell'energia.
  Segnala che, tuttavia, le misure dell'inflazione di fondo si sono mantenute su livelli bassi e che dovrebbero mostrare un graduale incremento nel medio termine, sostenute dalle misure di politica monetaria della BCE, dall'atteso proseguire della ripresa economica e dall'associata graduale riduzione della capacità produttiva inutilizzata.
  Evidenzia che tali considerazioni sono sostanzialmente in linea con quanto riportato dall'OCSE nell’Interim Report di marzo, nel quale si prevede che nell'area dell'euro la crescita del PIL dovrebbe continuare all'attuale ritmo moderato, sostenuta dalla politica monetaria accomodante e da un modesto alleggerimento fiscale nei prossimi anni.
  Mette in luce che la crescita è destinata a rimanere solida in Germania, ma continuerà ad un ritmo più lento in Francia e in Italia. Sebbene il tasso di disoccupazione diminuisca costantemente, esso rimane superiore al 9 per cento, e in alcuni Paesi la disoccupazione giovanile costituisce un freno importante alla domanda attuale e alla futura crescita potenziale.
  In relazione al quadro nazionale, ricorda che il Documento espone in primo luogo i risultati economici dell'anno 2016, evidenziando come questo, dopo la crescita dello 0,1 per cento di PIL registrata nel 2014 e dello 0,7 per cento del 2015, abbia costituito il terzo anno di ripresa, con una crescita risultata pari a 0,9 punti percentuali di PIL, che si è realizzata pur Pag. 44in presenza dei numerosi fattori di freno e di incertezza a livello globale ed europeo.
  Segnala che si tratta di una crescita lievemente superiore a quanto previsto a settembre scorso nella Nota di aggiornamento del DEF 2016 (+0,8 per cento), grazie al recupero, nella seconda metà del 2016, dovuto al balzo della produzione industriale e, dal lato della domanda, a un'accelerazione di investimenti ed esportazioni. In particolare, si è avuta una crescita dell'1,2 per cento dei consumi, una crescita del 2,9 per cento degli investimenti e del 2,4 delle esportazioni, queste ultime parzialmente controbilanciate da una più consistente dinamica delle importazioni, cresciute del 2,9 per cento.
  Ricorda come sia risultato positivo anche l'andamento del mercato del lavoro, con una crescita, rispetto al 2015, di 1,3 punti percentuali del numero degli occupati ed un incremento dello 0,9 per cento del tasso di occupazione; il tasso di disoccupazione è diminuito in misura più limitata (0,2 per cento), anche a causa di una maggior partecipazione al mercato del lavoro (sono diminuiti gli inattivi).
  Mette in luce che numerose evidenze testimoniano anche il recupero di capacità competitiva dell'economia italiana, a lungo fiaccata dal ristagno della produttività che aveva caratterizzato in particolare il decennio ante-crisi: nello scorso biennio l'avanzo commerciale ha raggiunto livelli elevati nel confronto storico, ed è tra i più significativi dell'Unione europea. Ricorda, inoltre, come le prospettive dei settori rivolti alla domanda internazionale restino favorevoli anche nel 2017.
  Ritiene che l'irrobustimento della crescita e della competitività ha beneficiato degli interventi di carattere espansivo adottati dal Governo, armonizzati con l'esigenza di proseguire nel consolidamento dei conti pubblici. Il disavanzo è sceso dal 3,0 per cento del PIL nel 2014 al 2,7 nel 2015 fino al 2,4 nel 2016; l'avanzo primario (cioè la differenza tra le entrate e le spese al netto degli interessi sul debito pubblico) è risultato pari all'1,5 per cento del PIL nel 2016.
  Ricorda che il DEF espone, poi, le previsioni per l'anno 2017 e per il triennio successivo, prevedendo una continuazione della crescita per tutto il quadriennio, con un incremento annuo del PIL di 1,1 punti percentuali nel 2017, 1 punto nel 2018 e, poi, 1,1 punti nel 2019 e nel 2020.
  Come già verificatosi negli anni precedenti, segnala che, in base alle regole europee, le previsioni del DEF sono state sottoposte, con esito positivo, alla validazione dell'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB). Ricorda che si mantiene altresì positivo, nel periodo previsivo 2017-2020, l'andamento del mercato del lavoro, che rispetto al 2016 dovrebbe registrare nell'anno terminale una riduzione di 1,5 punti percentuali del tasso di disoccupazione ed un aumento del 2,3 per cento di quello di occupazione.
  Nello scenario macroeconomico programmatico, quello cioè che si determinerebbe a seguito degli effetti delle politiche perseguite dal Governo, come esposte nel Documento nella parte sul Programma nazionale di riforma (PNR), segnala che nel 2017 la crescita del PIL rimane in linea (1,1 per cento) con quella prevista nel quadro previsionale, pur in presenza dell'intervento correttivo sui conti pubblici previsto per tale anno (0,2 per cento di PIL).
  Sottolinea che la previsione macroeconomica programmatica per i tre anni seguenti, che riflette l'intendimento del Governo di seguire un sentiero di politica di bilancio in linea con le regole europee, è pari a quella tendenziale nel 2018 (+1 per cento) e nel 2020 (1,1 per cento), ed invece lievemente inferiore nel 2019 (1 contro 1,1 per cento).
  Segnala che lo scenario programmatico si differenzia da quello tendenziale principalmente per la disattivazione nel 2018 delle cosiddette clausole di salvaguardia al momento ancora previste, in termini di aumenti delle aliquote IVA e delle accise. Aumenti che Governo intende sostituire con misure sul lato della spesa e delle entrate, comprensive di ulteriori interventi di contrasto all'evasione. Ricorda che Pag. 45un'altra differenza tra i due scenari dovrebbe derivare da una riduzione selettiva del cuneo fiscale sul lavoro.
  Come già negli andamenti macroeconomici, segnala che anche il quadro di finanza pubblica per il 2016 espone risultati che si pongono in continuità con il percorso di consolidamento dei conti pubblici avviato negli ultimi anni, con un disavanzo che dopo essere sceso dal 3 per cento di PIL del 2014 al 2,7 nel 2015 è diminuito ulteriormente nel 2016, posizionandosi a 2,4 punti percentuali di PIL, confermando l'obiettivo iscritto nel Documento Programmatico di Bilancio (DPB) dello scorso ottobre.
  Rileva che l'avanzo primario – vale a dire la differenza tra entrate e spese al netto degli interessi – si posiziona sullo stesso livello dell'1,5 per cento di PIL dell'anno precedente, mentre continua il profilo discendente della spesa per interessi, che diminuisce di 0,1 punti percentuali di PIL rispetto al 2015, passando dal 4,1 al 4 per cento.
  Evidenzia che nel quadro previsionale 2017-2020 il deficit di bilancio è previsto evolvere in progressivo miglioramento, dal 2,3 per cento stimato per quest'anno all'1,3 del 2018, allo 0,6 del 2019, ed infine allo 0,5 dell'anno terminale: secondo quanto illustra il DEF, il principale elemento che influisce su tale miglioramento è costituito dall'inasprimento fiscale determinato dagli aumenti IVA ed accise previsto per il 2018 e 2019 dalle cosiddetta clausole di salvaguardia.
  Rispetto a tale quadro previsivo tendenziale, ricorda che il quadro programmatico di finanza pubblica espone un più rapido percorso di miglioramento dei conti pubblici, a seguito dell'impegno assunto dal Governo con le istituzioni europee di ricondurre l'evoluzione dei saldi a quanto raccomandato dalla Commissione nella recente Relazione per l'Italia dello scorso 22 febbraio, prodotta nel quadro delle procedure europee sui disavanzi eccessivi.
  Rammenta che l'obiettivo d'indebitamento netto per il 2017 è pertanto ridotto di 0,2 punti percentuali di PIL, portandolo dal 2,3 per cento previsto dall'ultimo DPB al 2,1 per cento. Segnala che il DEF precisa che, al fine di assicurare l'immediata operatività dell'intervento di riduzione del deficit, questo sarà operato con decreto-legge, del quale vengono sinteticamente tratteggiati i principali contenuti. Dal lato delle entrate la correzione si baserà sul recupero della base imponibile e sull'accrescimento della fedeltà fiscale.
  A tal fine, segnala che si fa riferimento all'estensione delle transazioni cui si applica il meccanismo dello split payment per l'IVA, e al contrasto alle compensazioni IVA indebite, oltre ad interventi su accise, giochi ed una rimodulazione delle aliquote dell'ACE (Aiuto alla Crescita Economica). Dal lato della spesa, verranno rivisti gli stanziamenti di alcuni fondi già previsti per legge.
  Segnala che nel 2018 e nel 2019 gli obiettivi per l'indebitamento netto restano fissati all'1,2 ed allo 0,2 per cento del PIL, già previsti nel Documento Programmatico di Bilancio, confermandosi nel contempo l'intendimento del Governo e della futura legge di bilancio di disattivare nella prossima legge di bilancio le clausole di salvaguardia poste a garanzia dei saldi di finanza pubblica da precedenti provvedimenti normativi.
  Si tratta di una soluzione certamente condivisibile perché le clausole non sono un'eredità dei governi di questa legislatura, ma furono introdotte in uno degli ultimi decreti Berlusconi-Tremonti (n. 138 dell'agosto 2011). Ricorda che il Governo Monti le ha mantenute, pur ridisegnandole, mentre i Governi Letta e Renzi le hanno limate, evitando, anno dopo anno, che scattassero in via automatica. Ritiene plausibile che anche nella seconda metà del 2017 – una volta modificato l'obiettivo di deficit e registrato (e rafforzato) l'aumento delle entrate tributarie derivante dalla riduzione dell'evasione IVA – una nuova soluzione parziale sia raggiungibile, rimandando alla prossima legislatura la soluzione definitiva.
  Tuttavia, segnala che il Programma nazionale di riforma (PNR) contenuto nel DEF 2017 delinea una strada interessante ed efficace per corrispondere all'obiettivo Pag. 46della rimozione in via definitiva delle clausole di salvaguardia, una strada che potrà essere già intrapresa nella legge di bilancio per il 2018 o rimandata al futuro in relazione all'evoluzione dei dati macro-finanziari dei prossimi mesi. Sottolinea che si tratta di un intervento selettivo sui regimi di agevolazione tributaria esistenti, compresi quelli relativi all'IVA, ossia di una riforma delle spese fiscali («tax expenditures»), per la quale già da alcuni anni sono pronte le basi conoscitive e che era già stata approvata a larga maggioranza dal Parlamento in occasione dell'approvazione della legge delega di riforma del sistema fiscale (legge n. 23 del 2014). Ritiene che interventi selettivi, che incidano su sistemi agevolativi ormai obsoleti o non più efficaci, sono preferibili a interventi automatici di incremento indiscriminato delle aliquote dell'IVA o delle accise.
  Segnala che, come affermato dal DEF, l'obiettivo dell'1,2 per cento del PIL nel 2018 sarà comunque garantito con misure da definirsi nei prossimi mesi, anche sulla scorta della riforma delle procedure di formazione del bilancio, che faciliterà la revisione della spesa.
  Ricorda che il quadro programmatico di finanza pubblica del DEF conferma altresì il percorso di raggiungimento dell'obiettivo del raggiungimento del pareggio strutturale di bilancio per il 2019 (già prefigurato nel DEF 2016 e nella relativa Nota di aggiornamento), esponendo un'evoluzione dell'indebitamento netto strutturale che dall'1,5 per cento nel 2017 (in peggioramento di 0,3 punti percentuali rispetto al 2016) migliora poi rapidamente negli anni successivi, posizionandosi allo 0,7 per cento nel 2018 ed allo 0,1 per cento (vale a dire in sostanziale pareggio) nel 2019, pervenendo poi a zero nel 2020.
  Quanto al rapporto debito-PIL, segnala che, dopo l'ulteriore, benché lieve, crescita del 2016 rispetto all'anno precedente (dal 132,1 al 132,6 del PIL), nel 2017 nel quadro programmatico dovrebbe registrarsi la prima inversione di tendenza (a 132,5 punti di PIL), che poi proseguirà a ritmo più sostenuto nei restanti anni del periodo di previsione, posizionandosi nel 2020 al 125,7, con un calo complessivo nel quadriennio, quindi, di quasi sette punti percentuali in quota PIL.
  Nel rammentare che la terza Sezione del DEF 2017 reca il Programma nazionale di riforma (PNR), segnala che essa, in stretta relazione con quanto previsto nel Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delle finanze pubbliche, in coerenza con le raccomandazioni formulate dalle istituzioni europee nell'ambito del semestre Europeo.
  In proposito ricorda che il PNR 2017 fa riferimento, oltre che alle Raccomandazioni del luglio 2016 del Consiglio, anche alla Relazione per paese relativa all'Italia, documento di lavoro dei servizi della Commissione nell'ambito della procedura sugli squilibri macroeconomici.
  Evidenzia che la strategia d'intervento contenuta nel PNR, come precisa il DEF, si raccorda agli interventi finora previsti nei precedenti Documenti di economia e finanza volti – come anche riconosciuto dalla Relazione dei servizi della Commissione sopradetta per le azioni finora realizzate – ad operare un cambiamento strutturale del tessuto economico e sociale del Paese.
  La struttura del PNR 2017 si articola su due scenari di intervento, rispettivamente di breve e di medio periodo. Nel breve periodo, vale a dire fino a prima della Nota di Aggiornamento, si espongono quelle misure che necessitano di una rapida approvazione, mentre nel medio periodo, inteso come il periodo annuale che arriva fino al prossimo Documento di Economia e Finanza, si indicano gli interventi da attuare in sei ambiti strategici di medio termine, che puntano ad affrontare gli squilibri macroeconomici del Paese.
  Quanto alle azioni di breve periodo, segnala che il PNR fa riferimento alla continuazione del percorso di liberalizzazioni, mediante l'approvazione in tempi rapidi del disegno di legge per la concorrenza, all'esame delle Camere. Inoltre, ricorda Pag. 47che continuerà il processo di privatizzazione di società controllate dallo Stato e del patrimonio immobiliare pubblico, cui è affidato nell'ambito degli obiettivi di finanza pubblica il conseguimento di entrate pari ad almeno lo 0,3 per cento del PIL.
  Segnala che un altro importante filone d'intervento immediato viene individuato nell'approvazione della riforma del processo penale e della disciplina della prescrizione, cui si accompagneranno una serie di interventi organizzativi tesi ad accrescere l'efficienza del sistema giudiziario.
  Sul versante fiscale e della competitività, sottolinea che, oltre a proseguirsi il percorso di spostamento del carico fiscale per favorire la crescita (tax shift), si darà ampio spazio alle misure per la produttività, ad esempio rafforzando l'efficacia degli accordi di secondo livello ed incentivando la riforma della contrattazione collettiva in chiave di recupero competitivo.
  Ricorda che, nella strategia di breve periodo, nel PNR viene data evidenza all'attuazione delle azioni di contrasto alla povertà delineate nella legge delega n. 33 del 2017: reddito di inclusione, riordino delle prestazioni assistenziali e rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali.
  Ritiene vi sia una stretta continuità tra le scelte di politica economica delineate nel DEF 2017 e le opzioni poste in essere dall'esecutivo precedente. Afferma, infatti, che la scelta d'impiegare l'incremento di gettito prodotto dal contrasto all'evasione fiscale per la riduzione di imposte ha consentito, insieme al rafforzamento della crescita, di ridurre significativamente la pressione fiscale.
  Ricorda che la somma delle diverse riduzioni d'imposta o misure equivalenti, a partire dalla riduzione dell'IRPEF di 80 euro mensili per i lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, ha già portato la pressione fiscale al 42,3 per cento nel 2016 (al netto della riduzione IRPEF di 80 euro), dal 43,6 nel 2013. In aggiunta agli sgravi a favore delle famiglie, segnala che si è decisamente abbassata l'aliquota fiscale totale per le imprese tramite gli interventi su IRAP (2015), IMU (2016) e IRES (2017).
  Precisa che anche l'evoluzione del rapporto debito-PIL ha riflettuto una strategia orientata al sostegno della crescita e alla sostenibilità delle finanze pubbliche: dopo essere aumentato di oltre 32 punti percentuali tra il 2007 e il 2014, l'indicatore negli ultimi due anni si è sostanzialmente stabilizzato, un risultato tanto più importante alla luce della limitata dinamica dei prezzi nel periodo.
  Con riguardo alla strategia di medio termine, segnala che il PNR delinea sei principali ambiti di intervento, anche sulla base delle raccomandazioni del Consiglio (aggiustamenti di bilancio e fiscalità, pubblica amministrazione, contrasto alla corruzione e giustizia civile, crediti deteriorati e settore bancario, mercato del lavoro e spesa sociale, concorrenza).
  In particolare, quanto al tema del debito e della finanza pubblica, evidenzia che viene confermata, come già negli anni precedenti, la necessità di coniugare la strategia di crescita con una riduzione del rapporto debito-PIL e, a tal fine, nel PNR viene confermato l'obiettivo di raggiungere un sostanziale pareggio strutturale di bilancio nel 2019: ciò onde porre il debito pubblico – sulla base di una articolata strategia di interventi basata su privatizzazioni, dismissioni immobiliari, razionalizzazione delle partecipate ed entrate da concessioni pubbliche, ma soprattutto sulla base di un livello più elevato di avanzo primario da mantenere nel tempo – su un percorso stabilmente discendente.
  Fa presente che, in ambito fiscale, verrà mantenuto l'obiettivo di ridurre ulteriormente la pressione fiscale sui fattori produttivi e, in tale contesto, sottolinea l'importanza della razionalizzazione delle spese fiscali e dell'aggiornamento del patrimonio informativo catastale. Segnala che la revisione delle tax expenditures avrà come linee guida quelle contenute nel Rapporto annuale sulle spese fiscali presentato con la legge di bilancio 2017. Pone Pag. 48l'accento sul fatto che l'aggiornamento del catasto dovrà avvenire a parità di gettito, ma comporterà un riavvicinamento fra valori di mercato e valori catastali degli immobili che – dato il vincolo di parità di gettito – produrrà in molti casi la riduzione del valore catastale (periferie) e in altri il loro aumento (centri consolidati), con un effetto finale di aumento di efficienza sui mercati immobiliari e di riduzione delle sperequazioni attualmente esistenti.
  Considera, inoltre, centrale il rafforzamento dell'azione di contrasto dell'evasione fiscale, sia per l'equità del prelievo sia per consentire il recupero di risorse necessario a ridurre la pressione fiscale sui fattori produttivi: a tale fine il Governo fa riferimento anche alla significatività di un approccio basato sulla fiducia reciproca tra amministrazione e cittadini.
  Sul piano dei conti pubblici, segnala che alle azioni in materia fiscale si affianca il processo di revisione della spesa, che dovrà definire le priorità nella spesa pubblica dando preferenza alle misure che stimolano la crescita e tagliando ulteriormente la spesa improduttiva. In tal senso, evidenzia che il PNR fa riferimento ad una terza fase della spending review, più selettiva e allo stesso tempo coerente con i nuovi principi e procedure stabiliti dalla riforma del bilancio, precisando inoltre come si procederà contestualmente ad un più esteso utilizzo degli strumenti per la razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi da parte della P.A. e ad un maggior coinvolgimento degli enti locali.
  Sul piano del lavoro, del welfare e della produttività, segnala che dopo il Jobs Act andranno rafforzate le politiche attive del lavoro, anche con l'inclusione, nei prossimi mesi, dell'assegno di ricollocazione. Ritiene centrale l'intervento formativo nell'ambito del Piano Industria 4.0, attraverso il piano scuola digitale e l'alternanza scuola-lavoro.
  Ricorda che in tali settori il Governo – secondo quanto riportato nel PNR – proseguirà nell'attuazione di misure a sostegno del welfare familiare e assistenziale e nell'introduzione di provvedimenti che rendano vantaggioso il lavoro del secondo percettore di reddito, principalmente attraverso misure d'incentivo per i redditi familiari più bassi.
  Sottolinea che questi interventi in materia di lavoro sono anche alla base delle politiche di stimolo alla crescita e alla produttività, in cui viene fatto riferimento alla valorizzazione della contrattazione collettiva aziendale ed alla previsione di un regime fiscale agevolato per un paniere sempre più ampio di servizi. In tema di welfare ritiene cruciale la sostenibilità della spesa pensionistica, al cui riguardo il Governo precisa che si concentrerà sull'implementazione di norme già introdotte e che riguardano alcune tipologie di lavoro usurante o situazioni di disoccupazione strutturale, cercando altresì di tutelare le pensioni future dei giovani caratterizzate da discontinuità lavorativa e rafforzando il secondo pilastro integrativo.
  Per quanto concerne il credito, osserva che, secondo quanto affermato nel PNR, va attentamente perseguita l'efficacia degli strumenti recentemente messi a disposizione del sistema bancario, anche attraverso azioni di stimolo al loro utilizzo. A tal fine, sottolinea che si opererà sul mercato dei crediti deteriorati e si continuerà ad incoraggiare il sistema bancario nell'adozione delle best practices europee nella gestione delle sofferenze: nel contempo dovrà venir completata la riforma della governance bancaria avviata a partire dal 2015. Da ultimo, ricorda che si opererà ulteriormente sul quadro legislativo in materia di insolvenza, al fine di rendere più efficace la gestione delle procedure concorsuali e dare maggiore certezza alle imprese in crisi.
  Quanto alla questione della competitività, ricorda che questa coinvolge necessariamente il sistema giudiziario ed il settore pubblico. In proposito, rileva che nel DEF si sottolinea come la riduzione dei tempi della giustizia – nella quale alcuni progressi sono stati comunque registrati mediante la semplificazione delle procedure e l'introduzione del processo telematico – costituisca uno degli obiettivi più urgenti per stimolare la competitività Pag. 49del Paese: andranno pertanto implementate le misure di riforma già avviate (processo penale, efficienza del processo civile e prescrizione) e verrà ulteriormente promossa l'adozione di best practices che consentano di armonizzare le performance dei tribunali in termini qualitativi e quantitativi verso i livelli dei migliori fra essi.
  Per ciò che concerne la Pubblica amministrazione, rileva come questa stia progressivamente recuperando efficienza e come tale processo vada continuato con il completamento e l'attuazione della riforma della PA entro l'anno. Segnala che il recupero d'efficienza necessiterà anche dell'entrata a regime della riforma delle società a partecipazione pubblica, con la tempestiva adozione delle norme volte a razionalizzare tali società al fine di limitare il numero solo a quelle che effettivamente gestiscono servizi di pubblica utilità.
  Il quadro degli interventi delineati dal PNR per la competitività si completa poi con l'obiettivo di procedere all'approvazione della legge annuale per la concorrenza e con l'attenzione che verrà dedicata al Piano Industria 4.0, che viene ritenuto uno strumento essenziale del rilancio competitivo del Paese per i prossimi anni ed al quale sono stati affiancati strumenti fiscali di supporto, quali super-ammortamento e iper-ammortamento, credito di imposta per R&S ed altri.
  In ordine, infine, al tema degli investimenti e del riequilibrio territoriale, segnala che nel PNR il Governo afferma di voler accelerare la ripartenza degli investimenti pubblici e migliorare il loro allineamento con l'obiettivo di lungo termine di riequilibrio territoriale del Paese. Sottolinea che, a sostegno degli investimenti, agirà anche il piano di messa in sicurezza del territorio, con le consistenti risorse dedicate alla prevenzione, alla manutenzione e alla ristrutturazione delle infrastrutture che hanno subito i danni dei terremoti o che comunque sono a rischio sismico o idrogeologico.
  Ritiene che anche la revisione del quadro regolatorio in materia di appalti pubblici sarà funzionale al sostegno agli investimenti, con l'obiettivo di stabilizzare la normativa di riferimento incentivando la semplificazione, la trasparenza delle procedure e rafforzando la lotta alla corruzione.
  In ordine al riequilibrio territoriale, rileva come il recupero della capacità di spesa dei fondi strutturali e del Fondo Sviluppo e Coesione nel periodo 2014-2016 abbia determinato dal 2015 una inversione di tendenza sui principali indicatori economici. Ritiene che si tratti di una svolta positiva, che verrà mantenuta ed incentivata nel quadro programmatorio in corso, al cui riguardo sottolinea che, terminata al 31 marzo di quest'anno la realizzazione della programmazione 2007-2013 con il pieno utilizzo delle risorse comunitarie programmate nei fondi strutturali, è ora entrata in piena fase attuativa la programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali e di investimento europei, nonché, per il medesimo periodo, quella delle politiche di coesione nazionali, mediante il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FNC).
  Pone in rilievo che in questi anni la crisi e, prima ancora, la globalizzazione hanno reso evidenti i limiti di politiche economiche volte esclusivamente alla crescita del PIL. Ritiene che l'aumento delle diseguaglianze negli ultimi decenni in Italia ed in gran parte dei Paesi avanzati, la perdurante insufficiente attenzione alla sostenibilità ambientale richiedano un arricchimento del dibattito pubblico e delle strategie di politica economica.
  Ricorda che in questa prospettiva nell'agosto del 2016 il Parlamento con voto a larga maggioranza ha inserito nella riforma della legge di contabilità e finanza pubblica il benessere equo e sostenibile (BES) tra gli obiettivi della politica economica del Governo.
  Segnala che il BES rimanda a un set di indicatori, sviluppato dall'ISTAT e dal CNEL, per valutare il progresso di una società non solo dal punto di vista economico, come ad esempio fa il PIL, ma anche sociale e ambientale e corredato da misure di disuguaglianza e sostenibilità.Pag. 50
  Rammenta che, per la prima volta, con la riforma della legge di contabilità n. 196 del 2009, operata dalla legge n. 163 del 2016, entrata in vigore nel settembre scorso, gli indicatori di benessere equo e sostenibile entrano nell'ordinamento, venendo inclusi come allegato al DEF 2017, accogliendo le indicazioni recentemente espresse, proprio nel corso di un'audizione presso la III Commissione, dal professor Enrico Giovannini, nella sua veste di portavoce dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile.
  Per quanto attiene ai profili più strettamente attinenti alle competenze della Commissione Affari esteri, rileva le priorità e gli indirizzi contenuti nel Programma di stabilità in relazione alle policy di riassetto del sistema fiscale: la Commissione europea nella sua Relazione sull'Italia ha infatti sottolineato come la crescita economica e l'efficienza siano ostacolate dal sistema fiscale.
  In particolare, segnala che sono individuati alcuni ambiti nei quali intervenire: lo spostamento del carico fiscale dal lavoro e dall'impresa ai consumi e ai patrimoni, con la riduzione del cuneo fiscale, la riduzione delle spese fiscali, la riforma del catasto e la lotta all'evasione fiscale. In tale prospettiva, ricorda che gli indirizzi e le linee strategiche per il contrasto all'evasione terranno, inoltre, conto delle principali raccomandazioni contenute nei recenti rapporti del FMI e dell'OCSE sullo stato dell'Amministrazione fiscale in Italia.
  Evidenzia che l'attività di contrasto di fenomeni evasivi ed elusivi degli obblighi fiscali sarà potenziata anche mediante una sempre più efficace cooperazione amministrativa sul piano internazionale, che si basa sulla conclusione di nuovi accordi internazionali bilaterali in questo settore, proseguendo in una tendenza che si è notevolmente incrementata in questa Legislatura, come testimoniano i lavori della III Commissione, sovente chiamata ad esaminare progetti di legge in questa materia.
  Sottolinea che particolare attenzione sarà dedicata, inoltre, alle sinergie operative e allo scambio di informazioni con altre Autorità competenti, europee e internazionali, anche monitorando gli obiettivi dello scambio automatico di informazioni a fini fiscali (Common Reporting Standard) e del progetto BEPS (Base Erosion Profit Shifting).
  Ricorda che, sempre nella prima sezione del DEF (Programma di stabilità dell'Italia), particolare attenzione è riservata al percorso di riallineamento dell'Aiuto pubblico allo sviluppo italiano agli standard internazionali della media dei Paesi aderenti all'OCSE.
  Segnala che, in base alle rilevazioni preliminari, l'APS italiano nel 2016 si dovrebbe attestare sullo 0,26 per cento del Reddito Nazionale Lordo (RNL), dato che farebbe registrare un aumento di 0,04 punti percentuali rispetto al dato definitivo 2015 certificato dal Comitato per l'Aiuto allo Sviluppo dell'OCSE. Ritiene che, ove validato, un simile incremento confermerebbe la tendenza positiva in termini di APS registrata nel corso degli ultimi anni (0,17 per cento nel 2013, 0,19 per cento nel 2014 e 0,22 per cento nel 2015).
  Ritiene che tale andamento costituisce una conferma della volontà del nostro Paese di tenere fede agli impegni assunti a livello europeo e internazionale in materia di cooperazione allo sviluppo. Ricorda che, nel dare seguito a tale orientamento, l'Italia ha intrapreso un percorso di graduale riallineamento degli stanziamenti annuali alla media dei Paesi OCSE, in linea con quanto previsto dall'articolo 30 della legge n. 125 del 2014 (Legge di riforma della cooperazione italiana).
  Per quanto concerne il triennio 2018-2020, ricorda che, nella prospettiva del conseguimento, da parte dell'Unione europea nel suo complesso, dell'obiettivo dello 0,7 per cento entro il 2030, così come previsto nel quadro dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, si indicano i seguenti obiettivi di spesa intermedi: 0,27 per cento del RNL nel 2018, 0,28 per cento nel 2019 e 0,30 per cento nel 2020. Pag. 51
  Nell'ambito di tale impegno politico, segnala che nel DEF viene confermato l'attuale incremento delle risorse del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per attività di cooperazione allo sviluppo e per rendere immediatamente disponibili le risorse per una pronta partecipazione dell'Italia alla ricostituzione di Fondi multilaterali di sviluppo.
  Evidenzia che il PNR si sofferma con ampiezza sui temi dell'internazionalizzazione del tessuto produttivo nazionale, sottolineandone la centralità nello sforzo di consolidare e rilanciare la competitività del Paese. La legge di bilancio per il 2017 ha rifinanziato il Piano straordinario per la promozione del Made in Italy.
  Sottolinea che è proseguita, inoltre, la riorganizzazione degli strumenti finanziari di supporto alle strategie di internazionalizzazione: a settembre 2016, il 76 per cento delle quote di SIMEST è stato trasferito da CDP a SACE, realizzando così un sistema integrato di strumenti assicurativo-finanziari rivolto alle imprese che operano sui mercati esteri.
  Ricorda che sono stati riformati gli strumenti finanziari a sostegno dell'internazionalizzazione delle imprese, in particolare per quanto riguarda l'erogazione di finanziamenti per l'inserimento commerciale e gli investimenti nei mercati extra-UE, la realizzazione di iniziative promozionali, il sostegno alla solidità patrimoniale delle PMI e i programmi di assistenza tecnica volti alla formazione del personale che opera nei mercati esteri. Infine, segnala che è stato lanciato il Portale dei Finanziamenti, che permette alle imprese di gestire online i finanziamenti già aperti con SIMEST o di richiederne dei nuovi.
  Sottolinea che nel mese di gennaio 2017 SIMEST ha erogato finanziamenti per circa 11 milioni a favore di 30 imprese italiane per operazioni commerciali in 16 diversi Paesi extra UE. Inoltre, ricorda che nel 2016 SACE ha mobilitato risorse per 22,4 miliardi a sostegno alle attività di export e internazionalizzazione delle imprese italiane, con un incremento del 30 per cento rispetto al 2015 che ha interessato tutte le linee di business. Rammenta che, in questo modo, sono stati superati gli obiettivi fissati dal Piano Industriale del Polo dell’export e dell'internazionalizzazione del Gruppo CDP.
  Tali misure affiancano quelle più ampie che l'Esecutivo ha indirizzato in questi anni al miglioramento della competitività delle imprese. Segnala che la legge di bilancio per il 2017 ha confermato questa strategia con l'introduzione di alcune importanti misure di «Finanza per la crescita». Infine, sottolinea che, sulla base di best practices internazionali, anche al fine di agevolare il trasferimento in Italia di investitori esteri, il Governo ha approvato un pacchetto di incentivi teso ad attirare capitale umano in Italia.
  Segnala che le misure d'impulso alla crescita, agli investimenti e all'occupazione si accompagnano agli sforzi promossi in questi anni per rimuovere gli impedimenti strutturali alla crescita su molti fronti, quali ad esempio il mercato del lavoro, il settore bancario, il mercato dei capitali, le regole fiscali, la scuola, la pubblica amministrazione, la giustizia civile.
  Ritiene che il DEF 2017, presentato a pochi mesi dalla scadenza elettorale, sottende un difficile esercizio di «etica della responsabilità», tracciando alcune importanti scelte di medio periodo in continuità con l'ambiziosa azione riformatrice avviata nel 2014 per il cambiamento strutturale del tessuto economico e sociale del Paese. Crede che si debba essere consapevoli che opzioni alternative, ad esempio rimandando scelte politiche sul versante degli obiettivi di bilancio, produrrebbero una veloce ventata di sfiducia, con l'aumento dei tassi di interesse sul debito pubblico italiano.
  Sulla scorta delle osservazioni svolte, annuncia la presentazione di una proposta di parere favorevole (vedi allegato), motivato dall'esigenza di proseguire nell'azione di risanamento delle finanze pubbliche, pur all'interno di una necessaria e indispensabile gradualità, la cui efficacia continua a rappresentare un parametro essenziale della credibilità internazionale del Pag. 52nostro Paese, tanto più cruciale a fronte delle ipotesi di conclusione del programma di acquisti di titoli sovrani da parte della BCE entro la fine del 2018 rispetto alle quali il nostro Paese non può permettersi di farsi trovare impreparato.

  Il sottosegretario Benedetto DELLA VEDOVA si associa alla relazione illustrata dal relatore e auspica l'approvazione della proposta di parere favorevole.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.

  La seduta termina alle 9.30.

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