CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 aprile 2017
805.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
COMUNICATO
Pag. 135

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 19 aprile 2017. — Presidenza della vicepresidente Renata POLVERINI.

  La seduta comincia alle 15.30.

Documento di economia e finanza 2017.
Doc. LVII, n. 5, e allegati.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del documento.

  Renata POLVERINI, presidente, avverte che, secondo quanto concordato nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, del 12 aprile scorso, oggi si avvierà l'esame in sede consultiva del Documento di economia e finanza 2017, ai fini dell'espressione del parere di competenza alla V Commissione, che avrà luogo nella seduta convocata per domani, giovedì 20 aprile.

  Marialuisa GNECCHI (PD), relatrice, osserva preliminarmente che il Documento di economia e finanza 2017, in coerenza con le previsioni dell'articolo 10 della legge di contabilità e finanza pubblica, individua gli obiettivi di politica economica e il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica per il triennio 2017-2019, indicando gli elementi fondamentali degli interventi adottati e da adottare nell'ambito della strategia europea di riforme per una crescita sostenibile e inclusiva.
  Sotto il profilo macroeconomico, il Documento dà conto del complessivo miglioramento del contesto, evidenziando che l'economia del nostro Paese è entrata nel terzo anno di ripresa, significativa, ancorché più graduale rispetto ai precedenti cicli economici, anche a causa della presenza di non trascurabili fattori di freno e di incertezza a livello globale ed europeo.
  Nelle premesse al Documento si rimarca il fatto che la ripresa si caratterizza anche per un elevato contenuto occupazionale, che ha portato ad una crescita degli occupati di circa 734 mila unità, a una contrazione del numero degli inattivi, alla riduzione del tasso di disoccupazione e del ricorso ai trattamenti di cassa integrazione.
  Fa presente che l'obiettivo indicato dall'Esecutivo è innalzare nel triennio il tasso di crescita del PIL verso un ritmo che consenta di recuperare il terreno perduto nel periodo 2009-2013, anni in cui si è verificata una perdita di prodotto senza precedenti nella storia recente, contribuendo Pag. 136così a sostenere l'occupazione e facilitare la discesa del debito in rapporto al prodotto interno lordo.
  Nel complesso, anche alla luce dell'andamento recente dell'economia italiana, considerato incoraggiante, il quadro di breve termine è valutato in termini più favorevoli rispetto al mese di settembre 2016, quando il Governo effettuò il più recente aggiornamento della previsione ufficiale, sia in termini di espansione prevista dei mercati di esportazione dell'Italia, sia di livello del tasso di cambio dell'euro, pur permanendo preoccupazioni su fattori geopolitici e sulle conseguenze di medio termine della Brexit, di recente acuite dalle politiche commerciali ventilate dalla nuova amministrazione americana.
  A fronte di questo contesto, che presenta tratti indubbiamente positivi e che, nelle valutazioni del Governo, potrebbe giustificare una significativa revisione al rialzo della previsione di crescita del prodotto interno lordo per il 2017 e in minor misura per il 2018, il Documento sceglie di seguire una valutazione più cauta, anche per via del fatto che nelle principali economie avanzate i dati relativi alla produzione e al prodotto intero lordo non hanno per ora eguagliato il dinamismo indicato dalle aspettative di imprese e famiglie. Sul piano tendenziale, quindi, la crescita del prodotto interno lordo, pari allo 0,9 per cento nell'esercizio appena concluso salirebbe all'1,1 per cento nell'anno in corso, per poi passare all'1 per cento nell'anno 2018 e risalire, in ciascuno degli anni 2019 e 2020, all'1,1 per cento.
  In termini nominali, il prodotto interno lordo, cresciuto dell'1,6 per cento nel 2016, aumenterebbe del 2,2 per cento nel 2017 e del 2,9 per cento in ciascuno degli anni 2018-2019, per raggiungere una crescita intorno al 2,8 per cento nell'anno 2020.
  Per quanto riguarda, invece, la previsione programmatica, il Documento tiene in considerazione le misure di politica fiscale e controllo della spesa di imminente attuazione, che – come è noto – ridurranno l'indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche in misura pari allo 0,2 per cento del prodotto interno lordo nel 2017 in termini strutturali. Considerato il profilo temporale e la composizione della manovra, e al netto di arrotondamenti, tale correzione non inciderà tuttavia sulla previsione di crescita programmatica, stimata pari all'1,1 per cento, in linea con la previsione tendenziale. Per quanto riguarda i tre anni successivi, il Documento evidenza che la previsione programmatica riflette l'intendimento del Governo di seguire un sentiero di politica di bilancio in linea con le regole europee e la normativa italiana. Sul piano macroeconomico, tali scelte di politica bilancio si traducono in una previsione programmatica della crescita pari a quella tendenziale nell'anno 2018 e nell'anno 2020, mentre nell'anno 2019 la crescita sarebbe pari all'1 per cento contro l'1,1 per cento del quadro tendenziale. Si tratta di dati sostanzialmente in linea con quelli contenuti nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2016, secondo la quale la previsione programmatica di crescita del PIL reale italiano per il 2017 sarebbe stata pari all'1 per cento, all'1,3 per cento nel 2018 e all'1,2 per cento nel 2019.
  Quanto alla politica economica e di bilancio, il Documento evidenzia che l'Esecutivo intende continuare nel solco delle politiche adottate a partire dal 2014, volte a liberare le risorse del Paese dal peso eccessivo dell'imposizione fiscale e a rilanciare al tempo stesso gli investimenti e l'occupazione, nel rispetto delle esigenze di consolidamento delle finanze pubbliche. In particolare, nelle premesse del Documento si evidenzia che il Governo intende sostituire le clausole di salvaguardia tuttora previste in termini di aumento delle aliquote IVA e delle accise con misure sul lato della spesa e delle entrate, comprensive di ulteriori interventi di contrasto all'evasione, attraverso interventi da realizzare nell'ambito della legge di bilancio per il 2018, la cui composizione verrà definita nei prossimi mesi, anche sulla scorta della riforma delle procedure di formazione del bilancio che dovrebbero facilitare la revisione della spesa. Il Governo intende anche trovare spazi per Pag. 137operare misure espansive e di riduzione della pressione fiscale in continuità con le misure introdotte negli anni precedenti.
  Per quanto riguarda i principali indicatori di finanza pubblica, nello scenario tendenziale l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, che nel 2015 e 2016 è risultato pari, rispettivamente, al 2,7 e al 2,4 per cento del prodotto interno lordo, sarebbe pari al 2,3 per cento quest'anno, per poi scendere all'1,3 per cento nel 2018, allo 0,6 per cento nel 2019 e allo 0,5 per cento nel 2020.
  Nello scenario programmatico, il Governo prevede invece l'immediata adozione di misure strutturali di riduzione dell'indebitamento strutturale, in misura pari allo 0,2 per cento del prodotto interno lordo nell'anno in corso e allo 0,3 per cento negli anni successivi. Si tratta, in particolare, di misure volte a ridurre l'evasione dell'IVA e di altri tributi, con interventi quali l'allargamento delle transazioni cui si applica il cosiddetto split payment, nonché della riduzione di alcune spese. Il pacchetto è accompagnato da maggiori investimenti nelle zone colpite dai recenti sismi, pari a un miliardo di euro annui per il periodo 2017-2020. Lo scenario programmatico prevede, poi, una decisa riduzione del rapporto tra deficit e prodotto interno lordo nei due anni successivi, che raggiungerebbe l'1,2 per cento nel 2018, lo 0,2 nel 2019, per arrivare al pareggio di bilancio nel 2020.
  Con riferimento al rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo, il dato del 2017 registra un valore di 132,6 punti percentuali, circa mezzo punto in più del dato conseguito nell'anno 2016, a testimonianza della sostanziale stabilizzazione dell'andamento dell'indicatore, che nel corso del prossimo anno, sul piano programmatico scenderebbe al 132,5 per cento, per poi avviarsi con maggior decisione lungo un sentiero decrescente, che lo porterebbe al 131 per cento nel 2018, al 128,2 per cento nel 2019 e 125,7 per cento nel 2020, con risultati migliori, in ciascun anno di quelli previsti nell'ambito del quadro tendenziale. Nel Documento si evidenzia, peraltro, che alcuni fattori tecnici rallenteranno la discesa del debito in rapporto al prodotto interno lordo e che, pertanto, il programma delineato non soddisfa la regola del debito nel 2018, precisandosi tuttavia che la piena attuazione del medesimo programma genererebbe notevoli risparmi sui pagamenti per interessi, non incorporati nelle previsioni.
  Venendo ai dati macroeconomici contenuti nella sezione del Documento relativa al Programma di stabilità dell'Italia più direttamente riferibili agli ambiti di competenza della XI Commissione, segnala in primo luogo che, sul piano tendenziale, si prevede che il tasso di disoccupazione si riduca costantemente e progressivamente nel corso del periodo di riferimento, passando dall'11,7 per cento dell'esercizio appena concluso, all'11,5 per cento nell'anno in corso, all'11,2 per cento nel 2018, al 10,8 per cento nel 2019 e al 10,2 per cento nel 2020. Sul piano programmatico, si prevede un andamento leggermente migliore a decorrere dal secondo anno del periodo di programmazione, stimandosi un tasso di disoccupazione pari all'11,1 per cento nel 2018, al 10,5 per cento nel 2019 3 al 10 per cento nel 2020. Nella I sezione del Documento si evidenza che al maggiore incremento occupazionale previsto nello scenario programmatico contribuisce una riduzione selettiva del cuneo fiscale sul lavoro.
  Anche per quanto attiene al tasso di occupazione dei soggetti tra i 15 e i 64 anni il quadro tendenziale registra un costante miglioramento: dal 57,2 per cento del 2016, il tasso dovrebbe salire al 57,9 per cento nell'anno in corso, per poi crescere fino al 58,3 per cento nel 2018, al 58,8 per cento nel 2019 e al 59,5 per cento nel 2020, con dati che registrano un progresso rispetto ai precedenti documenti programmatici.
  Particolare interesse anche per quanto attiene alle materie di competenza della XI Commissione riveste l'inserimento, nella prima sezione del Documento, di indicatori di benessere equo e sostenibile. Si tratta della prima applicazione, in via sperimentale, delle disposizioni introdotte nella legge di contabilità e finanza pubblica Pag. 138da parte della legge n. 163 del 2016, che troveranno piena attuazione a seguito della selezione dei criteri da assumere come riferimento da parte del Comitato appositamente costituito, a seguito dell'espressione dei pareri parlamentari previsti dalla riforma. Questa previsione, fortemente sostenuta in sede parlamentare nel corso dell'esame della riforma della legge di contabilità, intende rappresentare una prima risposta all'esigenza autorevolmente prospettata in sede internazionale di affiancare al prodotto interno lordo nuovi strumenti di misurazione del benessere, facendo dell'Italia il primo Paese dell'Unione europea e del G7 nel quale il Governo è tenuto espressamente a tenere conto di questi indicatori nel processo di programmazione economica e nella scelta delle politiche. In particolare, sono stati assunti come riferimento, in questa prima fase, quattro indicatori: il reddito medio disponibile, un indice di disuguaglianza, il tasso di mancata partecipazione al lavoro e le emissioni di CO2 e di altri gas alteranti. Nell'invitare i colleghi ad approfondire il paragrafo dedicato a questi temi nell'ambito della prima sezione, si sofferma brevemente sull'indicatore della partecipazione al lavoro, che – correttamente – il Documento considera non solo quale fonte di reddito, ma anche come fattore di inclusione sociale e di autostima. In questa ottica, il tasso di mancata partecipazione è misurato dal rapporto tra la somma di disoccupati e di quanti non sono disponibili a lavorare e la forza lavoro e consente di tener conto anche di quanti sono scoraggiati e non cercano ulteriori occasioni lavorative. Il Documento evidenza che si registra – a partire dal 2015 – una progressiva riduzione del tasso di mancata partecipazione, che dovrebbe calare in tutto il periodo considerato ai fini della programmazione, pur mantenendosi su valori prossimi al 20 per cento. In particolare, si evidenzia che, nell'ambito del dato complessivo, migliora l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro.
  Per quanto attiene alle tematiche concernenti il lavoro e la previdenza, assumono, in particolare, rilevanza le indicazioni relative alla strategia di riforma contenute nella III sezione del Documento, recante il Programma nazionale di riforma. Su un piano generale, il Documento rileva che a seguito delle riforme adottate nell'ambito del cosiddetto Jobs Act si rende in questa fase necessario rafforzare le politiche attive del lavoro, con un approccio che tende ad attribuire al lavoratore interessato un ruolo attivo nella propria ricollocazione o nella ricerca di una occupazione, valutando anche i primi risultati della sperimentazione relativa all'assegno di ricollocazione. Si evidenzia, altresì, l'esigenza di un'azione di stimolo delle competenze, per ridurre il mismatch con il mercato del lavoro, promuovendo in particolare la cultura del Piano industria 4.0 nella fase di formazione e stimolando la ricerca attraverso il piano Scuola digitale, i progetti di alternanza tra scuola e lavoro, specifici percorsi universitari e l'attivazione di istituti tecnici superiori. Per quanto attiene alle misure relative al mercato del lavoro, il Documento segnala l'esigenza di dare continuità alle misure già realizzate, adottando interventi mirati sui redditi familiari più bassi, sulla parte di popolazione che è ancora esclusa dal mercato del lavoro o sulla quale gravano carichi assistenziali e familiari che impediscono una serena conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. A tale riguardo, si rappresenta che il Governo proseguirà nell'attuazione di misure a sostegno del welfare familiare e assistenziale e nell'introduzione di provvedimenti che rendano vantaggioso il lavoro del secondo percettore di reddito, principalmente attraverso misure d'incentivo per i redditi familiari più bassi. Si conferma, inoltre, l'obiettivo di valorizzare la contrattazione collettiva aziendale e la previsione di un regime fiscale agevolato per un paniere sempre più ampio di servizi come primo passo verso interventi ancor più mirati in materia di welfare aziendale, rafforzando la certezza giuridica dei contratti aziendali. Sul versante della spesa pensionistica, si osserva che, ferma l'esigenza di assicurare la sostenibilità della spesa pensionistica, ci si concentrerà sull'implementazione Pag. 139delle norme previste dalla legge di bilancio 2017, precisandosi che l'introduzione dell'APE volontaria rimane un'opzione di natura privata che non altera la sostenibilità del sistema pensionistico. Si evidenzia, altresì, che si cercherà di tutelare le pensioni future dei giovani, tenendo conto della discontinuità lavorativa, e si rafforzerà il secondo pilastro previdenziale, costituito dalle forme di previdenza integrativa.
  Per altro verso, nell'ambito delle politiche di carattere fiscale, si segnala che sarà cruciale il taglio del cuneo fiscale per ridurre il costo del lavoro e aumentare parallelamente il reddito disponibile dei lavoratori. A tale riguardo, nell'ambito dell'illustrazione delle linee d'azione del Governo, il Documento indica l'obiettivo di dare continuità alla riduzione del carico fiscale su cittadini e imprese e proseguire con il taglio dei contributi sociali iniziando dalle fasce più deboli (giovani e donne).
  Il Documento esamina, quindi, l'attuazione data alle raccomandazioni specifiche per il nostro Paese formulate dal Consiglio europeo, che – nell'ambito dei temi del lavoro e del welfare – chiedevano di attuare la riforma delle politiche attive del mercato del lavoro, in particolare rafforzando l'efficienza dei servizi per l'impiego, di incentivare al lavoro le persone che costituirebbero la seconda fonte di reddito familiare, di adottare la strategia nazionale di lotta contro la povertà e di rivedere e razionalizzare la spesa sociale.
  In tale contesto, il Documento, richiamando i contenuti delle misure riconducibili al cosiddetto Jobs Act, evidenzia che le riforme attuate si basano su un equilibrio tra le politiche passive di sostegno al reddito e le politiche attive del lavoro e che queste ultime sono dirette all'effettiva ricollocazione lavorativa del singolo soggetto tramite percorsi personalizzati e utili all'acquisizione di nuove competenze. Il Documento ricostruisce, in particolare, i compiti dell'ANPAL, dando conto del percorso che ha portato alla sua effettiva operatività, a partire dal 30 novembre 2016. Tra le misure in materia di politiche attive del lavoro, il Documento dedica specifica attenzione all'assegno di ricollocazione, introdotto dal decreto legislativo n. 150 del 2015. Il Documento, richiamate le finalità e le caratteristiche dello strumento, osserva che la fase sperimentale dell'assegno di ricollocazione è stata avviata nello scorso mese di marzo, con il coinvolgimento di circa 30.000 destinatari, e che, al termine della sperimentazione, lo strumento entrerà a regime e tutti i potenziali beneficiari potranno richiederlo.
  Si evidenzia, inoltre, che il medesimo decreto legislativo n. 150 del 2015 ha istituito il patto di servizio personalizzato tra il lavoratore disoccupato e il centro per l'impiego, patto obbligatorio ai fini del mantenimento del trattamento di disoccupazione e che è teso alla finalità – ricordata nel Documento – di assicurare percorsi personalizzati e utili all'acquisizione di nuove competenze.
  Si richiamano, inoltre, le misure introdotte al fine di consentire l'accesso al lavoro dei giovani disoccupati e di favorire il reinserimento nel mondo del lavoro delle categorie più svantaggiate, che si affiancano a quelle previste in via permanente dalla cosiddetta «legge Fornero» con riferimento alle assunzioni di lavoratori che abbiano almeno 50 anni di età e che si trovino in stato di disoccupazione da almeno 12 mesi nonché alle assunzioni di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti in determinate aree, ovvero alle assunzioni di donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti.
  Sempre sul versante delle politiche attive del lavoro, il Documento rileva che la «piena operatività dell'ANPAL permetterà, nei prossimi mesi, di attuare a pieno le politiche di sostegno alla ricerca attiva di un'occupazione». In particolare, si segnalano l'istituzione di tutor «per la transizione scuola-lavoro», al fine di consentire agli studenti, a partire dal terzo anno della scuola secondaria di secondo grado, di pianificare un percorso personale di «transizione scuola-lavoro», nonché la prossima finalizzazione del Piano di rafforzamento Pag. 140dei servizi e delle misure di politica attiva del lavoro, predisposto congiuntamente dall'ANPAL e dalle Regioni, il quale prevede, tra l'altro, per il periodo 2017-2020, un rafforzamento quantitativo del personale addetto ai servizi per l'impiego e un piano straordinario di formazione del personale stesso e l'adozione di procedure e metodologie condivise a livello nazionale. Si prevede, altresì, l'elaborazione e l'aggiornamento periodico, da parte della stessa ANPAL, di una mappa «geo referenziata» delle imprese che presentino la maggiore propensione all'assunzione di nuovo personale.
  Nel Documento si evidenzia, poi, che entro giugno 2017 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali adotterà le linee di indirizzo triennali per le politiche attive del lavoro, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 150 del 2015.
  Ancora nell'ambito delle politiche per il lavoro, nella III sezione del Documento, si richiamano le misure adottate, specialmente con la legge di bilancio 2017, per favorire l'occupazione femminile, la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro e la partecipazione al mercato del lavoro di due componenti del medesimo nucleo familiare. Sul piano programmatico, si prefigura l'adozione, entro l'anno in corso, di misure di sostegno alla famiglia con forme di premialità progressive rispetto al numero dei figli, nonché di interventi mirati sui redditi familiari più bassi per rendere più vantaggioso il lavoro del secondo percettore di reddito e di opportuni sostegni al welfare familiare e assistenziale e all'autoimprenditorialità.
  Per quanto concerne il settore previdenziale, il Documento richiama gli interventi realizzati con la legge di bilancio per il 2017, volti a rendere più equo e flessibile il sistema realizzato con la riforma del 2011. Gli impegni indicati nel Programma nazionale di riforma attengono, quindi, essenzialmente all'attuazione delle misure già adottate, nonché – come anticipato – al rafforzamento dei percorsi contributivi dei lavoratori discontinui e al potenziamento del secondo pilastro previdenziale.
  Per quanto riguarda la materia pensionistica, occorre altresì ricordare che il Documento, nella I sezione, dedicata al Programma di stabilità dell'Italia, reca, come di consueto, un'analisi degli scenari di lungo periodo delle finanze pubbliche, prestando specifica attenzione all'impatto dell'invecchiamento della popolazione sulla sostenibilità di bilancio. In tale ambito assume particolare rilievo la spesa pensionistica, che rappresenta oltre il 50 per cento delle voci della spesa pubblica connesse all'invecchiamento (cosiddetta spesa age-related).
  Nella seconda sezione del Documento, nella quale è contenuta la consueta analisi sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano, si osserva che sulla base delle specifiche ipotesi relative all'andamento delle variabili demografiche e macroeconomiche illustrate nel Documento, a partire dal 2015, in presenza di un andamento di crescita più favorevole e della prosecuzione graduale del processo di innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento, il rapporto fra spesa pensionistica e PIL decresce per un periodo di circa quindici anni, attestandosi al 15,1 per cento in prossimità del 2028. In particolare, le minori spese derivanti da graduale incremento dell'età media di accesso al pensionamento e dall'introduzione del sistema di calcolo contributivo supererebbero abbondantemente gli effetti negativi indotti dalla transizione demografica. Al riguardo è opportuno osservare che ai fini delle valutazioni effettuate, come già avvenuto in occasione delle elaborazioni svolte nell'ambito della Nota tecnico-illustrativa alla legge di bilancio 2017, il cosiddetto APE di mercato sia considerato alla stregua di un prestito e non di un trasferimento monetario alle famiglie. Nei quindici anni successivi, il rafforzamento delle tendenze negative delle dinamiche demografiche e gli effetti sugli importi di pensione conseguenti al posticipo del pensionamento degli anni precedenti determinano una crescita del rapporto fra spesa pensionistica e PIL che proseguirebbe fino al 2044, dove raggiungerebbe il 15,6 per cento. Nella Pag. 141parte finale del periodo di previsione, il rapporto decrescerebbe significativamente attestandosi al 13,7 per cento nel 2060, essenzialmente a causa del completamento del passaggio dal sistema di calcolo misto a quello contributivo, nonché alla progressiva eliminazione delle coorti dei pensionati nati negli anni del baby boom.
  Anche quest'anno è presente nella I Sezione lo specifico focus di approfondimento, che analizza l'impatto finanziario complessivo dei più recenti interventi di riforma del sistema pensionistico. In proposito, si evidenzia come l'effetto del complessivo processo di riforma attuato a partire dal 2004 porterà l'età media del pensionamento a circa 64 anni nel 2020, a 67 anni nel 2040 e a 68 anni nel 2050, con una riduzione cumulata dell'incidenza della spesa previdenziale pari a circa 60 punti percentuali del prodotto interno lordo fino al 2050. Circa un terzo di questi risparmi deriverebbe dagli interventi previsti nel decreto-legge n. 201 del 2011, mentre i restanti due terzi sarebbero da attribuire a precedenti interventi legislativi. Come evidenziato nel paragrafo relativo alle simulazioni rispetto alle riforme pensionistiche, nell'ambito dell'analisi di sensitività della dinamica del debito nel lungo periodo, al netto delle misure approvate con la legge di bilancio 2017, tutti i precedenti interventi di riforma dal 2004 in poi hanno comportato effetti strutturali, determinando una progressiva riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica sul prodotto interno lordo. Quanto alle richiamate misure previste in materia previdenziale dalla legge di bilancio 2017, ferme le valutazioni relative alla configurazione del cosiddetto APE di mercato e all'inclusione dell'APE sociale nelle spese per prestazioni sociali in denaro, il Documento evidenzia che esse non modificheranno l'impianto strutturale del sistema pensionistico, determinando comunque un impatto crescente in termini di maggiore incidenza della spesa pensionistica sul PIL, che arriva a circa 0,14 punti percentuali nel 2021, per poi attestarsi a circa 0,1 punti percentuali all'anno.
  Per quanto attiene alle retribuzioni e alla contrattazione, il Documento rileva che con la legge di bilancio per il 2017 il Governo ha inteso rafforzare l'azione intesa a favorire l'evoluzione della contrattazione collettiva in direzione di un maggiore spazio alla retribuzione collegata alla produttività o redditività aziendale. In merito, si ricorda che l'articolo 1, comma 160, della legge di bilancio per il 2017 ha posto alcune modifiche alla disciplina tributaria specifica per gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa – in particolare, elevando i limiti di importo dell'imponibile ed ampliando l’àmbito soggettivo dei lavoratori ammessi al regime in esame. Lo stesso comma 160 ed i successivi commi 161 e 162 hanno modificato le norme tributarie su alcuni valori, somme o servizi, percepiti o goduti dal dipendente, rientranti nel cosiddetto welfare aziendale Si è tra l'altro chiarito, con una norma di interpretazione autentica, che l'esenzione dall'IRPEF concerne anche le opere ed i servizi riconosciuti dal datore di lavoro in conformità a disposizioni di contratti di lavoro nazionali o territoriali, oltre che di contratti o regolamenti aziendali ovvero volontariamente.
  In merito ai futuri interventi, da adottare entro il 2017, il Documento indica i seguenti obiettivi: «monitorare l'efficacia degli accordi di secondo livello e degli effettivi guadagni di produttività associati agli interventi di detassazione»; «incentivare la riforma della contrattazione collettiva in chiave di recupero competitivo»; «dare maggiore certezza ai contratti di secondo livello».
  Con riferimento al cosiddetto Jobs Act per gli autonomi e alla regolamentazione del lavoro accessorio, il Documento fa essenzialmente riferimento ai provvedimenti in corso di esame parlamentare. Quanto al lavoro autonomo, si ricorda il disegno di legge di iniziativa governativa, Pag. 142volto a ridefinire i diritti e le tutele per i rapporti di lavoro autonomo e a porre una disciplina specifica per il lavoro agile, approvato in prima lettura dal Senato della Repubblica, approvato con modifiche dalla Camera nello scorso mese di marzo e ora nuovamente all'esame dell'Assemblea dell'altro ramo del Parlamento, dopo che la Commissione lavoro del Senato ne ha concluso l'esame senza introdurre modifiche al testo trasmesso. Nel cronoprogramma per le riforme si prevede l'approvazione entro il mese di luglio dell'anno in corso. Per quanto attiene al lavoro accessorio, si richiama, invece, il decreto-legge n. 25 del 2017, già esaminato dalla Camera e ora all'esame del Senato, che ha disposto il superamento della disciplina di tali prestazioni, contenuta negli articoli da 48 a 50 del decreto legislativo n. 81 del 2015. Al riguardo, sul piano programmatico si prefigura, peraltro, l'adozione di una nuova regolazione del lavoro accessorio, che dovrebbe intervenire entro luglio del presente anno.
  Nel quadro dell'attuazione dell'obiettivo n. 8 «Contrasto alla povertà» della strategia Europa 2020, che richiede, entro il 2020, di sottrarre a livello nazionale 2.200.000 persone a condizioni di povertà o deprivazione, e della Raccomandazione specifica per il nostro Paese, relativa all'adozione e attuazione di una strategia nazionale di lotta contro la povertà e alla razionalizzazione della spesa sociale, la III sezione del Documento sottolinea che l'azione di contrasto alla povertà è stata delineata dalla legge 15 marzo 2017, n. 33, che delega il Governo ad adottare norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali. Le risorse stanziate ammontano complessivamente a circa 1,18 miliardi per il 2017 e 1,704 per il 2018 e i beneficiari della misura dovrebbero raggiungere la cifra di circa 1 milione e 770 mila, nell'ambito di circa 400 mila nuclei familiari. Il Programma nazionale di riforma e il correlato cronoprogramma fissano a maggio 2017 il termine per l'attuazione delle deleghe. Tra le misure che incidono sulla povertà si ricorda anche la rideterminazione dell'importo e dei requisiti reddituali dei beneficiari della cosiddetta «quattordicesima», introdotta dal 2007 per incrementare i trattamenti pensionistici di importo più basso.
  Per quanto riguarda, infine, la pubblica amministrazione, la raccomandazione n. 2 indirizzata all'Italia dal Consiglio europeo il 12 luglio 2016, invitava il Governo «ad attuare la riforma della pubblica amministrazione adottando e applicando tutti i decreti legislativi necessari, in particolare in materia di riforma delle imprese di proprietà pubblica, servizi pubblici locali e gestione delle risorse umane». In merito al seguito dato alla raccomandazione nel semestre successivo, nella Relazione relativa all'Italia del 22 febbraio 2017 (Country Report) la Commissione europea rileva che l'attuazione della riforma della pubblica amministrazione ha registrato progressi limitati. In proposito, viene richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2016 che ha dichiarato incostituzionale la procedura prevista per i decreti indicati nella raccomandazione del Consiglio europeo, in particolare quelli riguardanti la gestione delle risorse umane, i servizi pubblici locali e le imprese a partecipazione pubblica. In merito alla situazione generale della pubblica amministrazione italiana, la Commissione rileva inoltre, analogamente a quanto sottolineato nel Country Report del 2016, che le prestazioni dell'Italia risultano ancora inferiori a quelle dei paesi comparabili dell'Unione europea secondo la maggior parte degli indicatori mondiali della governance 2016 della Banca mondiale. Quanto alle riforme necessarie, la Commissione sottolinea in particolare come il miglioramento della performance dell'amministrazione italiana sia legato in massima parte alla gestione e alla qualità dei dipendenti pubblici. In merito, sono individuati diversi fattori di criticità, quali: l'età media dei dipendenti pubblici (47 anni, cioè 4,4, anni in più rispetto al settore privato); il disallineamento fra impiego e titolo di studio; le procedure di selezione basate principalmente su conoscenze teoriche piuttosto Pag. 143che sulla capacità di risoluzione dei problemi; la mancanza di incentivi monetari legati al merito; la scarsa attrattività della pubblica amministrazione per i lavoratori altamente qualificati. In proposito, nel DEF 2017 il Governo, alla sezione del PNR 2017 afferma, in generale, che «il completamento e l'attuazione della riforma della Pubblica Amministrazione entro l'anno è un obiettivo chiave del Governo poiché da essa dipendono un migliore ambiente imprenditoriale, maggiori investimenti e la crescita della produttività». Per quanto concerne l'impatto macroeconomico delle riforme in materia di pubblica amministrazione e semplificazioni, l'Esecutivo stima un incremento del PIL, rispetto allo scenario di base, pari allo 0,5 per cento dopo cinque anni e allo 0,8 dopo dieci anni dall'introduzione delle riforme. Nel lungo periodo l'effetto complessivo stimato sul prodotto è dell'1,2 per cento. Con riferimento alle azioni strategiche nel settore, assume, in particolare, rilievo il completamento dell'attuazione delle deleghe di cui alla legge n. 124 del 2015 (cosiddetta «legge Madia»), anche attraverso l'adozione dei decreti correttivi resisi necessari dopo la richiamata sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2016. L'azione cui il Governo si impegna è il completamento dell’iter dei decreti attuativi ancora non entrati in vigore entro i mesi di maggio e giugno 2017, nonché l'implementazione della normativa secondaria prevista ed il monitoraggio dell'efficacia delle misure introdotte entro la fine del 2017. In questo ambito assumono rilievo, in particolare, gli schemi di decreto legislativo adottati in attuazione degli articoli 16 e 17 della legge n. 124 del 2015, volti, rispettivamente, al riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e ai connessi profili di organizzazione amministrativa (Atto n. 393) e alla modifica del sistema di valutazione dei dipendenti pubblici (Atto n. 393), che la XI Commissione sta esaminando in questi giorni. Nel DEF si evidenzia che l'obiettivo è, in particolare, quello di riorganizzare le regole del lavoro pubblico in funzione dei servizi che devono essere offerti ai cittadini. Si sottolinea inoltre che i quattro pilastri su cui poggia la riforma sono così individuabili: le persone e il reclutamento; gli obiettivi dell'azione amministrativa, volti a migliorare la qualità dei servizi resi all'utenza; nuove disposizioni in materia di misurazione e valutazione della performance; la disciplina del rapporto di lavoro, attribuendo alla legge il compito di fissare regole generali e il perimetro di azione della contrattazione ed al contratto il compito di determinare la disciplina del rapporto di lavoro all'interno del perimetro fissato dalla legge.
  Sempre per quanto riguarda il pubblico impiego, nell'ambito dell'analisi dei principali settori di spesa operata nella sezione II del Documento, si osserva che nel 2016 la spesa per redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche è tornata a crescere, dell'1,3 per cento rispetto all'anno precedente, dopo le riduzioni dello 0,9 e dello 0,8 per cento registrate, rispettivamente, nel 2015 e nel 2014. Nonostante tale aumento, essenzialmente riconducibile ai provvedimenti relativi alla cosiddette «Buona scuola» e ai contributi straordinari erogati, sulla base della legge di stabilità 2016, al personale dei comparti sicurezza e difesa e dei Vigili del fuoco, l'incidenza della spesa per prestazioni di lavoro pubblico cala al 9,8 per cento del prodotto interno lordo, contro il 10,9 per cento registrato nel 2009, per l'effetto congiunto dei provvedimenti volti a contenere le retribuzioni e di quelli che hanno limitato il turn over nelle pubbliche amministrazioni. Si segnala, quindi, un ulteriore incremento della spesa per redditi da lavoro dipendente atteso nel 2017 (da 164,1 del 2016 a 166,7 miliardi di euro del 2017), dovuto principalmente agli effetti di spesa derivanti dalle misure contenute nella legge di bilancio per il 2017. In particolare, il Documento segnala «lo stanziamento di ulteriori risorse per il rinnovo contrattuale del personale del pubblico impiego per il triennio 2016-2018», la proroga al personale del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico (Corpo nazionale dei vigili del fuoco) del Pag. 144contributo straordinario previsto dall'ultima legge di bilancio e l'incremento delle risorse previste a legislazione vigente per il riordino delle carriere del personale appartenente ai predetti comparti. Al riguardo si ricorda che l'articolo 1, comma 365, della legge di bilancio per il 2017 ha disposto l'istituzione di un Fondo per finanziare rinnovi contrattuali e nuove assunzioni presso le amministrazioni pubbliche con una dotazione del Fondo di 1,48 miliardi di euro per il 2017 e 1,93 miliardi di euro a decorrere dal 2018. Merita ricordare, infine, che il 30 novembre 2016 il Governo e le parti sindacali hanno siglato un Accordo per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici, con cui il Governo si è impegnato a stanziare risorse finanziarie aggiuntive per il triennio 2016-2018 tali da consentire «incrementi contrattuali in linea con quelli riconosciuti mediamente ai lavoratori privati e comunque non inferiori a 85 euro mensili medi». A legislazione vigente, all'incremento dell'1,6 per cento previsto per il 2017 farebbe peraltro seguito un calo dello 0,5 per cento nel 2018, dovuto essenzialmente al non ancora intervenuto finanziamento delle missioni militari internazionali, e un lieve aumento, rispettivamente dello 0,3 e dello 0,2 per cento, nel 2019 e nel 2020.
  Dopo avere, quindi, osservato che la necessità di consentire l'inizio dell'esame del Documento di economia e finanza in Assemblea già dal prossimo 26 aprile non permette i necessari approfondimenti in Commissione, anticipa i punti sui quali intende articolare la proposta di parere che, come stabilito, la Commissione dovrà votare nella seduta di domani.
  Partendo dalla considerazione che alcune delle osservazioni contenute nel parere della XI Commissione sul Documento di economia e finanze 2016 hanno trovato riscontro in disposizioni recate dalla legge di bilancio per l'anno in corso, rileva l'opportunità di procedere nello stesso modo anche quest'anno, soprattutto in considerazione del fatto che la Commissione si trova ad esaminare l'ultimo DEF della legislatura. Innanzitutto, sottolinea che il Documento, in diversi passaggi, appare avere recepito l'esigenza, più volte manifestata dalla XI Commissione, di valorizzare le politiche attive del lavoro, attraverso il potenziamento dell'ANPAL e il rafforzamento dei servizi per l'impiego, allo scopo di agevolare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, permettendo il graduale riassorbimento della disoccupazione giovanile e, soprattutto, femminile.
  Su altri punti, a suo giudizio, la Commissione, attraverso l'espressione del parere, dovrebbe esigere una maggiore attenzione dal Governo, allo scopo di promuovere l'adozione di provvedimenti mirati. Fa riferimento, in primo luogo, al settore degli ammortizzatori sociali, nel quale, nel perdurare della crisi economica, si avverte l'insufficienza di un unico strumento, quale la NASpI, che, pur essendo stato potenziato, non appare in grado di coprire tutte le situazioni di criticità cui, nel passato, facevano fronte anche gli ammortizzatori sociali in deroga e l'istituto della mobilità.
  Auspica, quindi, l'intervento del Governo anche nel settore pensionistico, in primo luogo, per garantire una pensione dignitosa ai giovani e, in secondo luogo, per restituire alle donne, almeno in parte, il riconoscimento delle rinunce in materia di carriera, prima garantito dalla possibilità di accedere al pensionamento di vecchiaia ad età inferiore a quella dei lavoratori maschi, possibilità cancellata dalle riforme che si sono susseguite dal 2010. Ricordando, inoltre, che la manovra sulle pensioni operata dall'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, ha introdotto ulteriori disposizioni la cui necessità di correzione si è evidenziata nel corso di questa legislatura, evidenzia che, su tali punti, sarebbe stata auspicabile una piena collaborazione tra il Parlamento e l'INPS, che, purtroppo, non si è potuta realizzare.
  Osserva, inoltre, che il Documento reca indicazioni e approfondimenti anche su settori su cui la Commissione ha lavorato insieme ad altre Commissioni. Fa riferimento, in primo luogo, alla legge delega Pag. 145relativa alla lotta alla povertà, su cui hanno profuso il loro impegno la XI e la XII Commissione. Rileva che i decreti attuativi sono in fase di approvazione ma, come anche emerso nel corso dell'esame parlamentare, è necessario provvedere a un rafforzamento degli strumenti previsti, aumentando soprattutto le risorse finanziarie da destinare all'attuazione del provvedimento.
  In secondo luogo, con riferimento agli schemi di decreto legislativo di attuazione delle deleghe previste dalla legge n. 124 del 2015 (Atti del Governo n. 391 e 393), attualmente all'esame della Commissione, riunita con la I Commissione con riferimento all'Atto del Governo n. 391, osserva che, nonostante l'accordo raggiunto lo scorso novembre tra Governo e sindacati sui rinnovi contrattuali nel settore del pubblico impiego, il Documento di economia e finanza all'esame non reca precise indicazioni circa le risorse necessarie per finanziarli. Ciò conferma, a suo giudizio, la natura di cornice del Documento, rispetto a un contenuto normativo che deve ancora essere perfezionato, come emerge anche dalle audizioni in corso presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato.
  Alla luce di tali premesse, pertanto, invita i colleghi che lo ritengano opportuno a indicare i punti a loro giudizio meritevoli di approfondimento, ai fini della formulazione della proposta di parere che presenterà nella seduta di domani.

  Renata POLVERINI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del documento alla seduta convocata per la giornata di domani.

  La seduta termina alle 15.55.