CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 7 marzo 2017
779.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 24

SEDE REFERENTE

  Martedì 7 marzo 2017. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 13.35.

Disposizioni concernenti la determinazione e il risarcimento del danno non patrimoniale.
C. 1063 Bonafede.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 20 dicembre 2016.

  Donatella FERRANTI, presidente, informa che sono in corso approfondimenti istruttori, da parte del relatore e del Governo, sulle proposte emendative presentate, sulle quali saranno espressi i pareri nel corso della seduta programmata per la giornata di domani. Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.40.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 7 marzo 2017. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 13.40.

Pag. 25

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Costa Rica sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Allegato, fatto a Roma il 27 maggio 2016.
C. 4254 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Nulla osta).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Giuseppe GUERINI (PD), relatore, fa presente che l'Accordo tra Italia e Costa Rica sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Allegato, fatto a Roma il 27 maggio 2016, è stato redatto sulla base del modello TIEA (Tax Information Exchange agreement) predisposto dall'OCSE nell'aprile 2002, che consiste in un accordo finalizzato allo scambio di informazioni tra gli Stati che, in ragione del ridotto interscambio commerciale, non ritengono necessario stipulare una Convenzione contro le doppie imposizioni. Peraltro la relazione introduttiva al disegno di legge ricorda come l'Accordo in esame costituisca uno strumento aggiuntivo alla Convenzione dell'OCSE e del Consiglio d'Europa del 25 gennaio 1988 sulla reciproca assistenza in materia fiscale, successivamente modificata da un Protocollo del 2010, alla quale sia l'Italia che il Costa Rica hanno aderito.
  Nel soffermarsi sui soli profili di stretta competenza della Commissione giustizia, segnala quindi che l'Accordo in questione si compone di 13 articoli.
  In particolare, l'articolo 1 individua l'oggetto e l'ambito di applicazione dell'Accordo: le informazioni oggetto dello scambio sono quelle rilevanti per la determinazione, l'accertamento, l'applicazione e la riscossione delle imposte oggetto dell'Accordo, ovvero per le indagini su questioni fiscali e procedimenti per reati tributari. Restano impregiudicati i diritti delle persone secondo la legislazione della Parte interpellata, a condizione che tale salvaguardia non ostacoli o ritardi l'effettivo scambio delle informazioni.
  L'articolo 2 precisa che l'obbligo di fornire informazioni non sussiste qualora esse non siano detenute dalle autorità domestiche o non siano in possesso o sotto il controllo di persone ricadenti nella giurisdizione territoriale della Parte interpellata.
  L'articolo 3 specifica che, per l'Italia, le imposte oggetto dell'Accordo sono: l'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), l'imposta sul reddito delle società (IRES), l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), l'imposta sul valore aggiunto (IVA), l'imposta sulle successioni, l'imposta sulle donazioni e le imposte sostitutive. Per la Repubblica costaricana si fa, invece, riferimento a qualsiasi imposta ivi istituita, inclusi i dazi doganali. È altresì prevista l'applicazione dell'Accordo ad ogni imposta di natura identica o analoga istituita dopo la data della firma di esso. Allo scopo le autorità competenti delle due Parti si notificheranno le modifiche apportate alle disposizioni fiscali e alle procedure per la raccolta delle informazioni previste dall'Accordo in esame.
  L'articolo 5 disciplina le modalità con cui dette informazioni sono richieste da una delle due Parti e fornite dall'altra: in particolare, le informazioni sono scambiate anche se il comportamento cui si riferiscono non costituisce reato ai sensi della legislazione della Parte interpellata, nel cui territorio pure il comportamento è stato posto in essere.
  Con l'articolo 6 viene regolamentata la possibilità di una Parte contraente di consentire che rappresentanti dell'autorità competente dell'altra Parte contraente possano effettuare nel suo territorio interrogatori di persone ed esame di documenti, ovvero presenziare ad attività di verifica fiscale.
  Le disposizioni dell'articolo 7 indicano i casi in cui è consentito il rifiuto di una richiesta di informazioni, ad esempio quelli in cui la divulgazione delle informazioni richieste è contraria all'ordine pubblico, o potrebbe rivelare segreti commerciali, industriali o professionali mentre le garanzie di riservatezza, nell'ambito Pag. 26dello scambio di informazioni della specie, sono previste in particolare dalle disposizioni dell'articolo 8.
  Segnala, infine, la Dichiarazione allegata all'Accordo, nella quale Italia e Costa Rica ribadiscono che l'Accordo medesimo è applicato nel pieno rispetto degli ordinamenti nazionali delle Parti, e in conformità con gli obblighi internazionali di esse e con quelli derivanti all'Italia dalla sua appartenenza all'Unione europea.
  Quanto al disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, fa presente che lo stesso si compone di tre articoli: il primo reca l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo, il secondo il relativo ordine di esecuzione, e il terzo prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione per il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
  Tanto premesso, propone di esprimere nulla osta all'ulteriore corso del provvedimento in discussione.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta del relatore.

  La seduta termina alle 13.50.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Martedì 7 marzo 2017. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 13.50.

Indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozioni ed affido.
(Seguito dell'esame del documento conclusivo e approvazione).

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso. Presenta, quindi, una nuova proposta di documento conclusivo, che tiene conto dei rilievi e delle osservazioni espressi dai gruppi parlamentari (vedi allegato).

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la nuova proposta di documento conclusivo presentata dalla presidente.

  La seduta termina alle 13.55.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 7 marzo 2017. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 13.55.

Schema di decreto legislativo recante norme di attuazione della Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000.
Atto n. 387.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  Donatella FERRANTI, presidente, in sostituzione della relatrice, on. Amoddio, impossibilitata a partecipare alla seduta odierna, evidenzia che il provvedimento in discussione introduce disposizioni per attuare nel nostro ordinamento la Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea (c.d. Convenzione di Bruxelles del 2000), ratificata con la legge n. 149 del 2016. Si tratta di una Convenzione volta a favorire lo scambio diretto di richieste di collaborazione in ambito giudiziario penale tra le diverse autorità dei Paesi membri dell'Unione.Pag. 27
  Rammenta che tale collaborazione è realizzata con uno strumento di diritto internazionale – la Convenzione appunto – in quanto prima del Trattato di Lisbona la disciplina dello «spazio di libertà, sicurezza e giustizia» era oggetto del c.d. terzo pilastro, era cioè rimessa a decisioni intergovernative, estranee all'applicazione delle procedure legislative dell'Unione europea. Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, (e la cd. «comunitarizzazione» del Terzo pilastro) l'articolo 9 del protocollo sulle disposizioni transitorie ha stabilito che gli effetti giuridici degli atti delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell'Unione adottati in base al Trattato sull'Unione europea prima dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona fossero mantenuti fino alla loro abrogazione, modifica o annullamento in applicazione dei trattati. Tra tali atti deve essere ricompresa anche la Convenzione in esame. Come si rileva nella relazione illustrativa dello schema di decreto, con riguardo ai Paesi membri dell'Unione europea, le corrispondenti disposizioni della Convenzione sono destinate a essere sostituite dalla direttiva 2014/41/UE relativa all'ordine europeo di indagine penale in base all'articolo 35 della citata direttiva è previsto, inoltre, che «le richieste di assistenza giudiziaria ricevute anteriormente al 22 maggio 2017 continuino ad essere disciplinate dagli strumenti esistenti relativi all'assistenza giudiziaria in materia penale». Il recepimento nell'ordinamento nazionale della direttiva 2014/41/UE è previsto dalla legge n. 170 del 2016 (legge di delegazione europea) entro il 22 maggio 2017.
  Rammenta altresì che l'articolo 1 della citata legge 170, analogamente a quanto previsto in precedenza per le leggi comunitarie annuali, ha stabilito che il termine per l'esercizio delle deleghe conferite al Governo con la legge di delegazione europea sia di due mesi antecedenti il termine di recepimento indicato in ciascuna delle direttive; nel caso della direttiva 2014/41, detto termine viene, quindi, a cadere il 22 marzo 2017. Lo schema di decreto legislativo di attuazione della indicata delega non risulta ancora presentato al Parlamento.
  L'intervento legislativo in esame si rende quindi necessario al fine di dare applicazione alla Convenzione per tutte le richieste che potrebbero pervenire fino al 22 maggio 2017.
  La Convenzione continuerà a trovare applicazione anche oltre quella data con riguardo alla cooperazione con l'Islanda e la Norvegia, Paesi associati all'attuazione dell'acquis di Schengen e ai suoi sviluppi.
  Lo schema di decreto legislativo Atto Governo n. 387 è trasmesso alle Camere in attuazione dell'articolo 3 della legge n. 149 del 2016.
  Si tratta della legge che, oltre ad autorizzare la ratifica della Convenzione di Bruxelles, ha delegato il Governo ad adottare – entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge medesima (5 agosto 2016) – uno o più decreti legislativi per dare attuazione alla Convenzione, individuando numerosi principi e criteri direttivi. In particolare, in base all'articolo 3, il Governo dovrà prevedere norme volte a migliorare la cooperazione giudiziaria in materia penale con gli Stati parte della Convenzione e apportare le modifiche legislative necessarie a garantire una rapida ed efficace attuazione dell'assistenza giudiziaria prestata dall'Italia agli altri Stati, nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo.
  Ciò premesso, nel passare all'esame dei contenuti dello schema di decreto legislativo, segnala che l'articolo 1 definisce l'oggetto del provvedimento: la compiuta attuazione della Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000.
  L'articolo 2 introduce alcune definizioni, esplicitando il significato delle parole-chiave attorno a cui ruota la disciplina dettata dal decreto legislativo. Ai fini del decreto, chiarisce l'articolo, per «Convenzione», si intende la Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia Pag. 28penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000.
  L'espressione «autorità competente di altro Stato Parte» allude invece a l'autorità che, secondo l'ordinamento dello Stato nei cui confronti sia in vigore la Convenzione, è competente a dare assistenza ad una richiesta proveniente dall'autorità giudiziaria o dal Ministro della giustizia.
  Con riguardo all'ambito di applicazione territoriale la Convenzione è stata sottoscritta da tutti gli Stati membri dell'UE.
  Infine la disposizione identifica l’«autorità richiedente» nell'autorità competente, secondo l'ordinamento dello Stato Parte, a richiedere assistenza all'autorità giudiziaria o al Ministro della Giustizia.
  La Convenzione, pur delineando forme di assistenza tendenzialmente attivabili mediante la diretta corrispondenza tra le autorità competenti dei diversi Stati, fa comunque salva la possibilità di conservare in capo all'autorità centrale le tradizionali attribuzioni in materia.
  L'articolo 3 reca disposizioni in materia di richiesta di assistenza nei procedimenti per l'applicazione di sanzioni amministrative.
  La disposizione, dando attuazione a quanto previsto dall'articolo 3 della Convenzione, prevede che gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista una sanzione amministrativa possono chiedere, per il tramite del Ministro della giustizia, alla autorità competente di altro Stato Parte, il compimento degli atti di accertamento previsti dall'articolo 13 della legge n. 689 del 1981 (comma 1). Il Ministro della giustizia dà corso alla richiesta per il compimento degli atti di accertamento, qualora ritenga che tali atti non compromettano la sovranità, la sicurezza ed altri interessi essenziali dello Stato (comma 2).
  L'articolo 4, sempre con riguardo alla cooperazione nell'ambito di procedimenti per l'accertamento di illeciti amministrativi, disciplina l'ipotesi di richieste provenienti da uno Stato Parte.
  La disposizione più nel dettaglio, al comma 1, prevede che in tali casi il Ministro della giustizia, ricevuta la richiesta dell'autorità competente di altro Stato Parte per il compimento di atti di accertamento nell'ambito di un procedimento amministrativo, ne dispone la trasmissione al prefetto del luogo nel quale devono essere compiuti gli atti richiesti. Nel caso in cui tale luogo non sia individuabile, competente ad eseguire la rogatoria è il prefetto di Roma a condizione che: contro la decisione dell'autorità amministrativa sia ammesso ricorso innanzi all'autorità giudiziaria; l'esecuzione degli atti richiesti non comprometta la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato.
  Il prefetto, nell'ambito delle proprie attribuzioni, può delegare gli accertamenti richiesti alle singole amministrazioni competenti per settore (comma 2).
  L'articolo 5, in attuazione dell'articolo 5 della Convenzione, prevede il principio generale della notificazione a mezzo del servizio postale sia in materia penale, che nell'ambito di procedimenti amministrativi. Più in particolare, la disposizione stabilisce che quando il destinatario risiede o dimora abitualmente in altro Stato Parte le notificazioni di atti di un procedimento penale o amministrativo debbano essere effettuate a mezzo del servizio postale o a mezzo PEC se possibile (comma 1). Qualora la notificazione a mezzo posta non sia possibile o perché l'indirizzo del destinatario non è conosciuto o è incerto ovvero perché tale modalità si rivela inidonea ad assicurare la prova della conoscenza dell'atto l'autorità che procede può fare richiesta di assistenza all'autorità competente di altro Stato Parte affinché provveda alle necessarie ricerche del destinatario o alla notificazione con modalità diverse (comma 2).
  Quando l'autorità che procede ha motivo di ritenere che il destinatario non conosce la lingua italiana l'atto da notificare deve essere tradotto nella lingua o in una delle lingue dello Stato Parte (comma 3) o, nel caso in cui il destinatario non conosce Pag. 29neanche queste lingue, l'atto deve essere tradotto nella lingua che risulta essere conosciuta dal destinatario (comma 4).
  L'articolo 6, sempre in attuazione dell'articolo 5 della Convenzione, attribuisce al procuratore della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo del distretto in cui la notificazione deve essere effettuata il compito di provvedere sulle richieste di assistenza (procedura passiva) relative alla notificazione degli atti di un procedimento penale o amministrativo (comma 1). Questi deve altresì curarne la traduzione, nelle ipotesi contemplata dall'articolo 143 c.p.p. ovvero nel caso in cui ciò venga richiesto dall'autorità richiedente dello Stato Parte. Inoltre il PM deve dare avviso al destinatario che ha facoltà di richiedere informazioni circa il procedimento all'autorità che ha fatto richiesta di assistenza per la notificazione (comma 2).
  L'articolo 7, dando attuazione all'articolo 6 della Convenzione, detta le modalità di trasmissione delle richieste di assistenza tra le autorità giudiziarie degli Stati. Tali richieste devono essere trasmesse dall'autorità giudiziaria direttamente all'autorità competente dello Stato Parte, unitamente alle indicazioni relative alle forme e ai modi previsti dalla legge per l'assunzione dell'atto richiesto. Al fine di consentire una più efficace e spedita esecuzione della richiesta di assistenza una copia della richiesta deve essere altresì trasmessa al Ministro della giustizia, quale organo ausiliario, ove necessario, alla trasmissione delle richieste (comma 1). La trasmissione può essere effettuata con qualsiasi mezzo idoneo ad assicurare l'autenticità della documentazione e della provenienza, anche con l'ausilio, ove necessario, del Ministero della giustizia (comma 2). Le richieste di assistenza dirette alle autorità del Regno Unito e dell'Irlanda devono essere trasmesse per il tramite del Ministero della giustizia, fino a quando i predetti Stati non si avvalgano delle facoltà di trasmissione diretta ai sensi del paragrafo 1 dell'articolo 6 della Convenzione (comma 3).
  L'articolo 8 disciplina l'esecuzione delle richieste di assistenza di uno Stato Parte per attività probatoria, individuando in primo luogo quale autorità giudiziaria competente il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto nel quale devono essere compiuti gli atti richiesti. Questi deve provvedere tempestivamente e con decreto motivato (comma 1).
  Nel caso di atti che devono essere compiuti o sono compiuti dal giudice delle indagini preliminari, in attuazione dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano, il PM presenta la richiesta di assistenza al medesimo Gip che provvede tempestivamente all'evasione dell'istanza (comma 2).
  Nel caso in cui la richiesta di assistenza riguardi atti da eseguirsi in più distretti, è competente il procuratore del distretto nel quale deve compiersi il maggior numero di atti. Nell'ipotesi, invece, di più richieste di assistenza tra loro collegate l'esecuzione è demandata al procuratore competente per la richiesta di assistenza iniziale. Trovano applicazione gli articoli 54, 54-bis e 54-ter c.p.p. in materia di regolamentazione della competenza (comma 3). L'esecuzione dell'atto probatorio richiesto avviene secondo le forme richieste dall'autorità giudiziaria istante, a condizione che esse non si pongano in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano (comma 4). In quest'ultimo caso, il procuratore della Repubblica ne informa tempestivamente l'autorità richiedente, indicando le condizioni alle quali la richiesta può essere accolta (comma 5). Analoghi obblighi informativi gravano sul procuratore nel caso in cui sussistano motivi ostativi all'accoglimento della richiesta, quali un pregiudizio per le indagini o per un procedimento in corso (comma 6).
  L'articolo 9, in attuazione dell'articolo 7 della Convenzione, disciplina lo scambio spontaneo e diretto di informazioni e di atti nell'ambito di procedimenti penali o amministrativi tra autorità competenti degli Stati Parte (comma 1). Le informazioni e gli atti scambiati sono utilizzabili nei limiti indicati dall'autorità competente dello Stato parte (comma 2). La disposizione fa salvo quanto previsto dall'articolo Pag. 3078 delle disposizioni di attuazione al c.p.p., di cui al decreto legislativo n. 271 del 1989 (comma 3).
  In proposito, rammento che l'articolo 78, nel disciplinare l'acquisizione di atti di un procedimento penale straniero, prevede che la documentazione di atti di un procedimento penale compiuti da autorità giudiziaria straniera può essere acquisita a norma dell'articolo 238 c.p. (che disciplina per l'appunto l'acquisizione e la valutazione dei verbali di prova in altri procedimenti). Gli atti non ripetibili compiuti dalla polizia straniera possono essere acquisiti nel fascicolo per il dibattimento se le parti vi consentono ovvero dopo l'esame testimoniale dell'autore degli stessi, compiuto anche mediante rogatoria all'estero in contraddittorio.
  L'articolo 10, in attuazione dell'articolo 8 della Convenzione, interviene in materia di restituzione delle cose sequestrate prevedendo che, fuori dei casi previsti dagli articoli 75 e seguenti del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004) con riguardo ai beni culturali illecitamente usciti dal territorio di uno Stato membro, il PM provvede sulla richiesta di uno Stato parte di restituzione all'avente diritto di beni provenienti da reato oggetto di sequestro (comma 1). Alla restituzione dei beni il PM provvede a condizione che la loro appartenenza non sia dubbia e quindi oggetto di contenzioso.
  Al fine di tutelare le esigenze probatorie, la disposizione poi precisa che la restituzione può essere disposta quando non è necessario mantenere il sequestro o la confisca ai fini di prova (comma 2).
  L'articolo 11 disciplina il trasferimento temporaneo nel territorio nazionale di persone detenute in uno degli Stati Parte, attraverso la richiesta di assistenza avanzata dallo Stato interessato ai fini del compimento di atti di acquisizione probatoria da compiersi in Italia. Il trasferimento temporaneo è comunque subordinato al consenso della persona detenuta (comma 1 e 4). La richiesta viene ricevuta dal Ministero della giustizia e trasmessa al procuratore della Repubblica al quale compete l'esecuzione della richiesta di trasferimento temporaneo. L'esecuzione può essere rifiutata nel caso in cui si ritenga che essa comprometta la sovranità, sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato ovvero nel caso in cui l'autorità richiedente non abbia trasmesso copia della dichiarazione di consenso della persona detenuta. La definizione delle modalità del trasferimento e del termine di rientro nello Stato richiedente sono concordate dal procuratore della Repubblica con l'autorità richiedente. La persona temporaneamente trasferita è custodita, per la durata del trasferimento temporaneo, nella casa circondariale del luogo di esecuzione della richiesta. (commi 2 e 3). La persona trasferita beneficia di un'immunità nel periodo di trasferimento che la pone al riparo da qualsiasi azione giudiziaria nei suoi confronti per fatti – diversi da quelli per i quali è stato disposto il trasferimento – commessi o per condanne pronunciate prima della sua partenza. Tale immunità ha termine se la persona trasferita, pur avendo avuto la possibilità di lasciare il territorio per quindici giorni consecutivi dalla data in cui la sua presenza non era più richiesta, sia rimasta comunque nel territorio ovvero vi sia tornata dopo averlo lasciato (comma 5).
  L'articolo 12 disciplina l'ipotesi del trasferimento temporaneo di persone detenute o internate in Italia per raccogliere elementi di prova attraverso la loro presenza. Anche in questo caso la richiesta di trasferimento può essere rifiutata nel caso in cui la persona detenuta non presti il consenso al trasferimento. Compete all'autorità giudiziaria, d'accordo con l'autorità competente dello Stato Parte, la definizione delle modalità del trasferimento e la fissazione, nel rispetto dei termini massimi di custodia cautelare o del termine di cessazione della pena in esecuzione, del termine di rientro in Italia (commi 1 e 3). Ai sensi del comma 2, il Ministro, cui deve rivolgersi l'autorità interna per la trasmissione della richiesta, può intervenire in presenza di esigenze collegate alla sovranità, alla sicurezza o ad altri interessi essenziali dello Stato. Altrimenti trasmette la richiesta all'autorità competente dello Pag. 31Stato parte. Il trasferimento è disposto previa autorizzazione del giudice che procede o del magistrato di sorveglianza in caso di persona condannata in via definitiva o internata (comma 4). I diritti difensivi trovano riconoscimento laconico, nel comma 5, secondo cui il consenso al trasferimento risultante da atto scritto si considera validamente prestato solo se la persona detenuta ha avuto modo di conferire con il proprio difensore. Viene poi precisato che il periodo di detenzione trascorso all'estero, da un lato, è computato a ogni effetto nella durata della custodia cautelare (comma 6) e dall'altro è considerato, nel caso di detenuto in espiazione della pena, come trascorso in Italia (comma 7).
  Con riguardo alla previsione di cui al comma 6, nella relazione illustrativa si osserva come in tal modo si sia inteso aderire alle indicazioni della Corte costituzionale (sentenza 143/2008), con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli articoli 33 della legge n. 146 del 2006 e 72 c.p.p. In quell'occasione la Consulta ha infatti rilevato: «l'equivalenza tra custodia all'estero e custodia cautelare in Italia è stata affermata con riferimento all'estradizione stessa, a maggior ragione, deve operare in relazione ad uno strumento – quale il mandato d'arresto europeo – che poggia sul principio dell'immediato e reciproco riconoscimento del provvedimento giurisdizionale».
  L'articolo 13, in attuazione dell'articolo 10 della Convenzione, disciplina la richiesta, formulata dall'autorità giudiziaria di un altro Stato Parte della Convenzione alle autorità italiane, di procedere con videoconferenza all'audizione della persona sottoposta ad indagini, dell'imputato, del testimone, del consulente tecnico o del perito che si trovino sul territorio nazionale. La disposizione (comma 1) prevede un accordo tra le autorità dei rispettivi paesi relativamente alle modalità dell'audizione, anche per eventualmente poter proteggere la persona da ascoltare, e assicura nei casi previsti dalla legge un interprete.
  Con specifico riguardo all'audizione dell'indagato o dell'imputato, la disposizione precisa che l'autorità italiana potrà dare corso alla richiesta solo se gli interessati acconsentono a rendere dichiarazioni.
  Analogamente, quando a essere audito sia un testimone, l'autorità italiana dovrà assicurare la facoltà di astensione prevista dal nostro ordinamento (articoli 199 e seguenti c.p.p.). Il PM o il giudice – «ciascuno nell'ambito delle rispettive attribuzioni» – provvederanno all'identificazione della persona da audire, le notificheranno ora e luogo dell'audizione in videoconferenza, citeranno il testimone, il consulente tecnico o il perito, e inviteranno l'indagato o l'imputato a comparire, nel rispetto del codice di procedura penale e informandoli dei diritti e delle facoltà riconosciute dall'ordinamento dello Stato parte ed espressamente indicati dall'autorità richiedente (comma 2).
  Spetterà all'autorità richiedente condurre o dirigere l'audizione, il cui verbale sarà poi trasmesso (commi 3 e 4).
  L'articolo 13, infine, stabilisce l'applicabilità, ai fatti commessi nel corso della videoconferenza, di alcuni delitti contro l'attività giudiziaria previsti dal codice penale.
  La disposizione dà così attuazione al comma 8 dell'articolo 10 della Convenzione, che chiede agli Stati di adottare le misure necessarie per assicurare che, nelle audizioni di testimoni o periti effettuate nel suo territorio, nel caso in cui questi rifiutino del testimoniare pur avendone l'obbligo o non testimonino il vero, si applichi il diritto nazionale, alla stessa stregua delle audizioni effettuate in un procedimento nazionale.
  L'articolo 14, sempre in attuazione dell'articolo 10 della Convenzione, disciplina l'ipotesi in cui siano le autorità giudiziarie italiane a richiedere all'autorità competente di altro Stato parte della Convenzione di svolgere nel proprio territorio l'audizione a distanza e con videoconferenza di testimoni, periti, consulenti tecnici e persone informate dei fatti (comma 1).
  L'audizione di testimoni, periti, consulenti e persone informate dei fatti potrà essere svolta (comma 2): quando la persona Pag. 32da sentire si trovi sul territorio dell'altro Stato Parte e ricorrano giustificati motivi per evitare la sua presenza in Italia; quando la persona da sentire si trovi detenuta nell'altro Stato Parte; nei casi previsti dall'articolo 147-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
  L'articolo 15, in attuazione dell'articolo 11 della Convenzione, disciplina la possibilità di audire con il mezzo telefonico, anziché con la videoconferenza, testimoni, consulenti tecnici e periti. Non essendo tale modalità disciplinata nel nostro ordinamento, l'articolo 15 la prevede esclusivamente quando la richiesta provenga da autorità giudiziarie di altro Stato parte.
  La disposizione, che quanto alla procedura da seguire per l'audizione rinvia all'articolo 13 dello schema di decreto legislativo in quanto compatibile, richiede che: la richiesta provenga dall'autorità giudiziaria dell'altro Stato parte; il testimone, il consulente tecnico o il perito abbiano prestato il proprio consenso. Sul punto lo schema riprende il contenuto dell'articolo 11 della Convenzione, che espressamente richiede, per la conferenza telefonica, il consenso degli interessati nonché la sua non contrarietà ai principi fondamentali del diritto nazionale dello Stato membro nel territorio del quale si trova la persona che deve essere ascoltata in qualità di testimone o di perito dalle autorità giudiziarie di un altro Stato membro.
  Per l'attuazione degli articoli 12 e 14 della Convenzione, relativi alle consegne sorvegliate e alle operazioni di infiltrazione, l'articolo 16 dello schema di decreto legislativo rinvia alla disciplina nazionale delle operazioni sotto copertura, di cui all'articolo 9 della legge n. 146 del 2006.
  In proposito, rammento che l'articolo 9 della legge n. 146 del 2006, di ratifica della Convenzione e dei Protocolli ONU contro il crimine organizzato transnazionale, detta una disciplina generale delle operazioni sotto copertura, che sono autorizzate esclusivamente in relazione ai seguenti delitti: di falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo, di cui agli articoli 453, 454, 455, 460 e 461 c.p.; di contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi, brevetti, modelli e disegni di cui all'articolo 473 c.p. e di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi di cui all'articolo 474 c.p.; di estorsione ex articolo 629 c.p., sequestro di persona ex articolo 630 c.p., usura ex articolo 644 c.p.; di riciclaggio ex articolo 648-bis c.p. ed impiego di denaro di provenienza illecita ex articolo 648-ter c.p.; contro la personalità individuale, di cui al Libro II, Titolo XII, Capo III, Sezione I, del codice penale; concernenti armi, munizioni, esplosivi; in materia di immigrazione clandestina previsti dall'articolo 12 del T.U. immigrazione; in materia di stupefacenti di cui al T.U. stupefacenti; di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti di cui all'articolo 260 del Codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006); in materia di sfruttamento della prostituzione di cui all'articolo 3 della legge n. 75 del 1958; con finalità di terrorismo e di eversione.
  La normativa nazionale esclude la punibilità degli ufficiali e agenti delle forze di polizia che, nei limiti delle proprie competenze, nel corso di specifiche operazioni di polizia, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai suddetti delitti, «danno rifugio o comunque prestano assistenza agli associati, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano denaro, armi, documenti, sostanze stupefacenti o psicotrope, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere il reato o altrimenti ostacolano l'individuazione della loro provenienza o ne consentono l'impiego o compiono attività prodromiche e strumentali». L'esecuzione delle operazioni sotto copertura deve essere autorizzata e l'organo che dispone l'esecuzione delle operazioni deve darne preventiva comunicazione all'autorità giudiziaria competente per le indagini. Nell'ambito di operazioni sotto copertura, gli agenti possono omettere o ritardare gli atti di propria competenza, compiere attività controllate di pagamento di riscatti, ritardare l'esecuzione di provvedimenti di sequestro o l'applicazione di misure cautelari, dandone tempestiva comunicazione al PM. A tutela della riservatezza Pag. 33sulle operazioni e di coloro che le svolgono è prevista la reclusione da 2 a 6 anni per chiunque indebitamente rivela ovvero divulga i nomi degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che effettuano le operazioni.
  L'articolo 17, comma 1, attribuisce al funzionario dello Stato parte che compie nel nostro paese attività di consegna controllata o operazioni sotto copertura la qualifica di pubblico ufficiale. Ciò consente l'applicazione della causa di non punibilità prevista dall'articolo 9, comma 1, della legge n. 146 del 2006. Ricordo infatti che, se le operazioni sotto copertura sono autorizzate e si svolgono nel rispetto dell'articolo 9 della legge, gli ufficiali ed agenti che le compiono non sono punibili, fermo quanto disposto dall'articolo 51 c.p. sull'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere. Il comma 2 della disposizione riguarda invece la responsabilità civile per eventuali danni causati nel corso delle operazioni. Lo schema di decreto legislativo prevede che il risarcimento venga pagato dallo Stato, che potrà poi rivalersi sull'altro Stato Parte della Convenzione.
  All'attuazione dell'articolo 13 della Convenzione, che disciplina la costituzione di squadre investigative comuni, provvede l'articolo 18 dello schema di decreto legislativo rinviando a quanto previsto dal decreto legislativo n. 34 del 2016, recante norme di attuazione della decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni.
  L'atto costitutivo della squadra investigativa comune, che deve essere sottoscritto dal Procuratore della Repubblica e dall'autorità competente dello Stato membro o degli Stati membri coinvolti, deve indicare: i componenti della squadra; il direttore della squadra, scelto tra i suoi componenti; l'oggetto e le finalità dell'indagine; il termine entro il quale la squadra investigativa comune può operare; il pubblico ministero sotto la cui direzione opera la squadra investigativa comune, nell'ipotesi in cui la richiesta sia stata formulata d'intesa fra diversi uffici del pubblico ministero. All'atto costitutivo è allegato il piano di azione operativo, contenente le misure organizzative e l'indicazione delle modalità di esecuzione. La squadra investigativa comune che opera sul territorio italiano è sottoposta alla direzione del pubblico ministero. Il decreto legislativo attribuisce ai componenti della squadra la qualifica di pubblico ufficiale, ai fini dell'esclusione dalla punibilità, e limita la responsabilità dello Stato italiano ai soli danni causati dai propri componenti della squadra investigativa comune e derivanti dalle attività della squadra stessa. Se i componenti della squadra hanno causato danni a terzi nel territorio di un altro Stato membro, lo Stato italiano è tenuto a rimborsare integralmente a quest'ultimo le somme dal medesimo versate per ristorare il danno subito dalle parti lese. Per i danni cagionati dai componenti della squadra investigativa comune sul territorio italiano è responsabile lo Stato italiano, che a tal fine provvederà al risarcimento salvo poi agire in rivalsa nei confronti dello Stato di appartenenza dei membri distaccati per ottenere il rimborso delle somme versate.
  L'articolo 19 apre il Titolo III dello schema di decreto legislativo, interamente dedicato alle intercettazioni.
  In particolare, l'articolo 19 disciplina l'ipotesi in cui uno Stato parte debba procedere ad un'intercettazione sul proprio territorio o sul territorio di un altro Paese parte della Convenzione ma abbia bisogno dell'assistenza tecnica degli operatori delle telecomunicazioni italiani. La persona da intercettare, in questo caso, non si trova in Italia, ma all'autorità estera occorre accedere ai sistemi gestiti nel territorio italiano dai nostri operatori.
  La disposizione prevede che spetta al PM verificare la regolarità formale della richiesta (autorità procedente; esistenza del titolo che dispone o autorizza l'intercettazione, con l'indicazione del reato per cui si procede; dati tecnici necessari; durata dell'intercettazione) per poi trasmettere l'ordine di prestare assistenza all'operatore di rete, al quale sarà altresì trasmessa copia del provvedimento di richiesta.
  Quando invece l'assistenza tecnica sia richiesta in relazione ad un soggetto da intercettare che si trovi sul territorio italiano, Pag. 34l'articolo 20 prevede che non sia sufficiente l'intervento del PM, richiedendo che questi trasmetta la richiesta dell'autorità di altro Stato Parte al giudice per le indagini preliminari. Per potere autorizzare l'assistenza, il GIP dovrà verificare non solo la regolarità formale della richiesta, intesa come la completezza delle informazioni fornite (autorità giudiziaria che procede, indicazione del reato per il quale si procede ed estremi del provvedimento che autorizza l'intercettazione, durata dell'intercettazione e dati tecnici necessari ad effettuarla), ma soprattutto che «l'intercettazione sia disposta per un reato corrispondente ad uno o più tra quelli per i quali, secondo l'ordinamento interno, l'intercettazione è consentita» (comma 1). Il controllo non è quindi esteso agli altri presupposti previsti dalla normativa nazionale (articolo 267 c.p.p.), cioè la presenza dei gravi indizi di reato e l'assoluta indispensabilità delle intercettazioni per lo svolgimento delle indagini. Solo in caso di urgenza, l'autorizzazione potrà essere concessa dal PM rimettendo al GIP la convalida. Il PM, previa consultazione con l'autorità estera, provvede all'esecuzione con la trasmissione immediata dei flussi comunicativi ovvero con la successiva trasmissione delle registrazioni (comma 2). La disposizione distingue due distinte modalità esecutive: automatica trasmissione dei flussi e successiva trasmissione delle registrazioni. Il comma 3 precisa poi in quali ipotesi il PM debba procedere con le modalità indicate dal comma 1: richiesta di assistenza tecnica per lo svolgimento di operazioni di intercettazione, registrazione e successiva trasmissione dei risultati. In tal caso, al termine delle operazioni, su richiesta sono trasmessi i verbali delle operazioni di intercettazione.
  L'articolo 21 disciplina l'ipotesi in cui l'autorità giudiziaria di uno Stato parte della Convenzione intenda eseguire una intercettazione di un dispositivo in uso a persona che si trovi in Italia, senza per questo avere bisogno di assistenza tecnica. La Convenzione impone comunque che delle operazioni sia data tempestiva notizia alle autorità nazionali, che vengono individuate nel Procuratore della Repubblica. Una volta ricevuta notificazione dell'avvio delle operazioni, il PM, se il soggetto da intercettare si trova in Italia, trasmetterà gli atti al giudice per le indagini preliminari che potrà prendere le seguenti decisioni: ordinare l'esecuzione delle operazioni; ordinare la prosecuzione dell'esecuzione delle operazioni; ordinare l'immediata cessazione delle operazioni.
  Le valutazioni del GIP dipenderanno dal reato per il quale si procede all'estero: le intercettazioni saranno infatti autorizzate solo se il reato per il quale si procede corrisponde a uno o più tra quelli per i quali, secondo l'ordinamento interno, l'intercettazione è consentita. In ogni caso il GIP, qualora intenda ordinare la cessazione delle intercettazioni, deve rispettare quanto previsto dall'articolo 20, par. 4, della Convenzione, concernente termini e motivazione della decisione. Spetterà poi al PM comunicare senza ritardo all'autorità dello Stato estero i provvedimenti del GIP.
  L'articolo 22 disciplina l'ipotesi in cui la cooperazione sia richiesta dalle autorità giudiziarie italiane a quelle di altri Stati Parte della Convenzione e stabilisce che sia il pubblico ministero a rivolgersi direttamente all'autorità estera, quando abbia bisogno di assistenza per lo svolgimento di intercettazioni.
  La richiesta del PM dovrà contenere: l'indicazione dell'autorità giudiziaria che procede; il titolo che autorizza lo svolgimento delle intercettazioni con l'indicazione del reato per il quale si procede; i dati tecnici necessari allo svolgimento dell'intercettazione; la durata dell'intercettazione.
  L'articolo 23 disciplina la comunicazione che le autorità giudiziarie nazionali devono dare alle autorità estere quando il dispositivo controllato si trovi in un altro Stato Parte della Convenzione (comma 1). Spetta al pubblico ministero che dà esecuzione al decreto di intercettazione informare l'autorità competente di quello Stato, trasmettendogli una copia del provvedimento di intercettazione, contenente le seguenti informazioni (comma 2): l'indicazione dell'autorità giudiziaria che procede; le informazioni utili ai fini dell'identificazione Pag. 35della persona che ha in uso il dispositivo da intercettare; la durata prevista dell'intercettazione.
  L'informazione alle autorità dell'altro Stato dovranno essere fornite non appena il PM acquisisce notizia che il dispositivo controllato si trova nel territorio di altro Stato parte (comma 3). Altrettanto immediato dovrà essere il provvedimento del PM, che ordina la cessazione delle operazioni, quando l'autorità dell'altro Stato Parte comunica che le intercettazioni non possono essere proseguite (comma 4). In quest'ultimo caso, in base all'articolo 20, par. 4 della Convenzione, lo Stato estero potrà esigere che il materiale già intercettato, raccolto quando la persona soggetta ad intercettazione si trovava nel suo territorio, non sia utilizzato o sia utilizzato solo a talune condizioni da esso specificate (comma 5).
  L'articolo 24 rinvia alle disposizioni del Codice della privacy (decreto legislativo n. 196 del 2003) per il trattamento dei dati personali svolto in esecuzione delle operazioni previste dalla attuazione della Convenzione. Tale disposizione appare riferita alla disciplina del decreto legislativo n. 196 del 2003 sul trattamento dei dati per ragioni di giustizia.
  L'articolo 25, infine, prevede che dall'attuazione delle disposizioni del decreto legislativo non debbano derivare oneri per la finanza pubblica, conseguentemente disponendo che le amministrazioni interessate debbano provvedere con le risorse disponibili a legislazione vigente.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

Sui lavori della Commissione.

  Vittorio FERRARESI (M5S) rappresenta la necessità, anche alla luce del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva in materia di adozioni, testé approvato dalla Commissione, che venga in tempi brevi posta all'ordine del giorno della Commissione stessa la proposta di legge, di iniziativa del deputato Scagliusi, n. 3761 recante «Modifiche alla legge 4 maggio 1983,n. 184, in materia di adozioni internazionali».

  Daniele FARINA (SI-SEL), in riferimento alla proposta di legge C. 3235 Giachetti, recante «Disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati», rammenta che nella seduta delle Commissioni riunite II e XII del 16 novembre 2016 era emersa l'opportunità di costituire un Comitato ristretto, per procedere alla predisposizione di una proposta di testo unificato.

  Donatella FERRANTI, presidente, nel replicare al collega Farina, precisa che la questione sarà sottoposta all'esame delle Commissioni riunite II e XII, che dovranno essere convocate a tale scopo.

  La seduta termina alle 14.

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