CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 22 settembre 2016
697.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per la semplificazione
COMUNICATO
Pag. 99

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 22 settembre 2016. — Presidenza del presidente Bruno TABACCI. – Interviene il sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo Rughetti.

  La seduta comincia alle 8.20.

Schema di decreto legislativo recante individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), silenzio assenso e comunicazione e definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti.
Atto n. 322.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento della Camera dei deputati, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno.

  Bruno TABACCI, presidente, comunica che lo schema è stato assegnato alla Commissione con riserva, nelle more della trasmissione – da parte del Governo – dei pareri del Consiglio di Stato e della Conferenza unificata. Il parere del Consiglio di Stato è stato trasmesso alle Camere il 16 settembre. Il parere della Conferenza unificata dovrebbe essere presumibilmente espresso nella seduta del 29 settembre. Tale evenienza rende impossibile per la Commissione rispettare il termine del 2 ottobre per l'espressione del parere: sarà necessario, con l'assenso del Governo, uno slittamento ai giorni successivi.
  Come concordato in sede di Ufficio di presidenza, nella seduta di oggi il relatore, on. Taricco, illustrerà lo schema e si potrà svolgere un primo scambio di opinioni, sulla base del quale il relatore potrà approntare una proposta di parere da votare – auspicabilmente – nei primi giorni di ottobre. Dà quindi la parola all'on. Taricco.

  Il deputato Mino TARICCO (PD), relatore, illustra lo schema in titolo, che è Pag. 100stato adottato in base alla delega contenuta nell'articolo 5, commi 1 e 2, della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante deleghe al Governo per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Il Governo ha scelto di attuare la delega prevista dall'articolo 5 con l'adozione di più decreti legislativi. Il primo atto di attuazione è rappresentato dal decreto legislativo n. 126 del 2016, che detta alcune disposizioni generali applicabili ai procedimenti relativi alle attività non assoggettate ad autorizzazione. Lo schema in esame, proseguendo l'attuazione della delega, provvede ora alla precisa individuazione delle attività dei privati assoggettate ai quattro regimi amministrativi definiti nella norma di delega, ossia: segnalazione certificata di inizio attività (SCIA); silenzio assenso; comunicazione preventiva; titolo espresso. Con una tecnica innovativa, l'individuazione è effettuata mediante una tabella nella quale sono indicate le varie tipologie di attività economiche e, per ciascuna di esse, il regime amministrativo applicabile.
  Lo schema di decreto legislativo è corredato delle relazioni illustrativa e tecnica, nonché dell'analisi tecnico-normativa e dell'analisi d'impatto della regolamentazione e si compone di sei articoli e di una tabella.
  Dopo aver illustrato il contenuto dei singoli articoli e della tabella, dà conto del parere espresso dalla Commissione speciale istituita in seno al Consiglio di Stato per seguire i procedimenti legislativi delegati previsti dalla legge n. 124 del 2015, che comprende magistrati provenienti sia dalle sezioni consultive sia dalle sezioni giurisdizionali. Di taluni rilievi contenuti nel parere, che interessano i profili di competenza della Commissione parlamentare per la semplificazione, darà conto con specifico riguardo a taluni aspetti riguardanti la formulazione del testo e il coordinamento con la normativa vigente.
  Riservandosi, come già le altre volte, di formulare una proposta di parere all'esito del dibattito, anticipa alcuni profili critici meritevoli di attenzione.
  Svolge quindi due considerazioni di carattere generale:
   1. a differenza della disposizione di delega, che riguarda tutte le attività dei privati soggetti a regime amministrativo, lo schema individua i procedimenti limitatamente ai settori del commercio, dell'edilizia e dell'ambiente (tabella A). Viene solo in parte trattata la materia della pubblica sicurezza (articolo 6), che tuttavia non è oggetto dell'individuazione dei procedimenti. Il carattere non esaustivo della individuazione delle attività con i relativi regimi procedimentali potrebbe far sorgere dubbi interpretativi alla luce della norma di chiusura prevista dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 126/2016, ai sensi della quale le attività private non espressamente individuate nei decreti di ricognizione o specificamente oggetto di disciplina da parte della normativa europea, statale e regionale, sono libere. In merito, il Consiglio di Stato, nel parere reso sullo schema in esame, ha fornito una interpretazione, in base alla quale la disposizione di chiusura sulle attività libere deve intendersi applicabile ai settori oggetto del decreto e non invece ai settori rimasti al di fuori dell'opera di riordino;
   2. l'impatto del regime amministrativo indicato nella tabella A sulla normativa vigente è diversificato. La sezione III.1, riguardante gli interventi edilizi, è l'unica ad autoqualificarsi come puramente ricognitiva della disciplina esistente. In molti altri casi il regime individuato corrisponde a quanto previsto dalle norme vigenti e, pertanto, l'individuazione operata dalla tabella ha carattere meramente ricognitivo.

  Altre volte, invece, l'individuazione operata dalla tabella ha carattere innovativo, in quanto il regime individuato è diverso da quanto previsto dalla norme vigenti. L'innovazione:
   talora deriva dalle novelle alla normativa vigente introdotte dall'articolato;
   in taluni casi, dipende dall'applicazione delle disposizioni sulla concentrazione dei regimi amministrativi, recate dal decreto legislativo n. 126/2016;Pag. 101
   in qualche caso, deriva, forse, da un richiamo semplificato della normativa vigente;
   in altri casi, deriva dalla conformazione ad una «prassi interpretativa»;
   in altri casi, infine, deriva dalla portata innovativa della tabella, che introduce sostanzialmente un differente regime amministrativo rispetto a quello previsto dalla normativa vigente.

  Alla luce della molteplicità delle ipotesi, il parere potrebbe segnalare l'opportunità di specificare se le singole voci della tabella innovino o meno i regimi amministrativi vigenti e se si renda necessaria, oltre all'indicazione nella tabella, la novellazione della normativa vigente, analogamente a quanto realizzato con gli articoli da 3 a 6 dello schema.
  Per quanto riguarda i sei articoli dello schema, ritiene che le questioni principali siano le seguenti:
   all'articolo 1:
    il comma 2 demanda ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione la definizione di un glossario unico in materia edilizia, «al fine di garantire omogeneità di regime giuridico in tutto il territorio nazionale». Il decreto deve essere adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, previa intesa con la Conferenza unificata. Si stabilisce anche un regime transitorio, nelle more dell'adozione del glossario unico, che impone alle pubbliche amministrazioni la pubblicazione, sul proprio sito, di un «glossario che consenta l'immediata individuazione della caratteristica tipologica dell'intervento e del conseguente regime giuridico, indicando altresì il corredo documentale necessario». Il glossario riveste importanza strategica per l'implementazione della riforma, assicurando uniformità e quindi certezza circa le definizioni utilizzate a livello territoriale. Proprio per questa sua rilevanza, il Consiglio di Stato evidenzia che «la soluzione di adottare in via transitoria un glossario per ciascuna pubblica amministrazione non è priva di rischi, poiché potrebbe generare confusione anziché chiarezza e, soprattutto, ostacolare l'adozione del glossario unico. Per non parlare del fatto che non si comprende perché il legislatore delegato ritiene che le altre amministrazioni possano fare lo stesso lavoro dello Stato in un tempo talmente più rapido da giustificare il rischio di questo doppio regime. O per non parlare del grave disagio che potrebbe verificarsi qualora «glossari» redatti da amministrazioni diverse ma competenti sullo stesso territorio (ad es., Regione e comune) definiscano lo stesso intervento con termini diversi». Il rilievo del Consiglio di Stato appare a suo avviso condivisibile e potrebbe essere trasposto in un'osservazione, che inviti il Governo a valutare la necessità di prevedere glossari provvisori;
    il comma 3 riprende – con qualche variante, prima delle quali l'omissione della limitazione alle sole aree pubbliche – quanto già stabilito, con esclusivo riferimento al commercio, dall'articolo 52, comma 1 del codice dei beni culturali e del paesaggio in ordine alla possibilità per i comuni, sentito il soprintendente ed ora anche di intesa con la regione, di individuare «zone o aree aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico in cui è vietato o subordinato ad autorizzazione l'esercizio di una o più attività di cui al presente decreto, individuate con riferimento al tipo o alla categoria merceologica». Il rinvio a deliberazioni degli enti locali che producono l'effetto automatico di neutralizzare l'applicazione della disciplina legislativa – peraltro in senso contrario rispetto all'obiettivo della semplificazione perseguito dalla disposizione di delega – viene valutato criticamente dal Consiglio di Stato, dal momento che «la semplificazione operata dal decreto sarebbe derogabile senza limiti per decisione dell'autorità amministrativa», ponendo in discussione l'architrave su cui si fonda la nuova disciplina, che consiste «nell'affermazione del principio generale secondo cui i regimi amministrativi Pag. 102delle attività economiche private sono solo quelli espressamente previsti». Si riserva quindi di formulare un'osservazione che segnali la questione, per certi versi simile a quella che si pone con l'articolo 2, comma 2, là dove stabilire che le «attività non elencate» in tabella, ma «riconducibili a quelle elencate», possono essere «ricondotte dalle amministrazioni a quelle corrispondenti elencate, dando pubblicità sul proprio sito istituzionale», anche a giudizio del Consiglio di Stato, «finisce per lasciare alla totale discrezionalità delle amministrazioni l'individuazione delle attività, che la legge delega, invece, demanda alla fonte primaria».

  L'articolo 2, comma 6 demanda ad un decreto del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione l'aggiornamento della tabella A «con le modifiche strettamente conseguenti alle disposizioni legislative successivamente intervenute o in relazione alla necessità di completare la ricognizione delle attività, anche con riferimento alle disposizioni regolamentari, con l'indicazione del regime amministrativo applicabile in base alle norme vigenti». In questo modo, si consente ad una fonte subordinata di modificare il decreto legislativo – senza alcun limite temporale – al ricorrere di due fattispecie: l'aggiornamento con le modifiche strettamente conseguenti alle disposizioni legislative successivamente intervenute, che dovrebbero però intervenire direttamente sulla tabella; la necessità di completare la ricognizione delle attività, che andrebbe ricondotta alla possibilità di adottare decreti legislativi integrativi e correttivi entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto in titolo.
  L'articolo 3, comma 1, lettera c) introduce, nell'ambito del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, l'articolo 6-bis, che indica la Cila – in luogo della Scia – come regime residuale, da applicare quando non diversamente previsto, demandando alle Regioni a statuto ordinario la possibilità di «estendere la disciplina di cui al presente articolo a interventi edilizi ulteriori» e il compito di disciplinare con legge le modalità per l'effettuazione dei controlli. La facoltà si inscrive nell'ottica di una maggiore semplificazione, basata, in questo caso, sulla diversificazione tra i territori. Con riguardo al tema dei controlli, il Consiglio di Stato segnala che «per la portata che assume la CILA, i principi generali sui controlli in materia dovrebbero essere fissati dalla norma statale, analogamente a quanto avviene per la SCIA, posto che l'articolo 19 della legge n. 241 del 1990, si applica, in quanto non derogato, anche alla SCIA edilizia».
  A norma del comma 5 del nuovo articolo 6-bis del testo unico, introdotto dal citato articolo 3, comma 1, lettera c), «La mancata comunicazione asseverata dell'inizio dei lavori comporta la sanzione pecuniaria pari a 1.000 euro». In questo caso, andrebbe valutata l'opportunità di graduare, eventualmente, l'importo della sanzione, in relazione all'entità dei lavori non comunicati e di estendere il regime sanzionatorio alle altre ipotesi di irregolarità (Cila incompleta o irregolare; lavori eseguiti in difformità).
  Sotto il profilo del coordinamento con la legislazione vigente, oltre alla questione dell'impatto della tabella, segnala che si pongono ulteriori, più minuti problemi di coordinamento.
  Per quanto riguarda l'articolato: l'articolo 3, comma 1, lettera g) apporta una serie di modifiche all'articolo 23 del testo unico in materia edilizia. In particolare, il n. 3) sostituisce, nei commi 2, 4, 5 e 7, il riferimento alla DIA (regime amministrativo che come già rilevato, viene soppresso in edilizia) con il riferimento alla Scia; il riferimento alla denuncia di inizio attività è però presente in altre parti dell'articolo 23 (ad esempio, ai commi 1, 1-ter, 3 e 6), che pure dovrebbero essere oggetto di modifica.
  Per quanto riguarda la tabella A: essa dedica una sottosezione specifica esclusivamente agli impianti a fonti rinnovabili, senza procedere all'individuazione dei regimi applicabili ad altre tipologie di impianti ed infrastrutture energetiche, quali, ad esempio, gli impianti di energia elettrica Pag. 103alimentati a fonti fossili, gli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell'energia elettrica, i terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto; richiama talora alcune disposizioni abrogate; contiene alcune voci che non tengono conto delle modifiche apportate dallo schema; in qualche caso, infine, sarebbe necessario un chiarimento sul regime applicabile.

  Bruno TABACCI, presidente, ringrazia il relatore per l'approfondita illustrazione che dimostra, ancora una volta, quanto sia complicato semplificare.

  Il Sottosegretario Angelo RUGHETTI ringrazia il relatore per l'accurata illustrazione, che evidenzia l'impatto quantitativo e qualitativo dello schema in esame, ponendo in risalto la bontà dell'intervento pensato con la delega contenuta nell'articolo 5 della legge n. 124 del 2015, che persegue l'ambizioso obiettivo di una disciplina unitaria in ambiti nei quali le competenze legislative sono condivise con le regioni e quelle amministrative anche con i comuni. Ricorda che la nuova disciplina è frutto della concertazione con regioni e comuni; una volta che la Conferenza unificata avrà formulato il proprio parere, anche la Commissione potrà dare un utile apporto per il miglioramento del testo.

  Bruno TABACCI, presidente, invita il relatore ad entrare nel dettaglio nel formulare la propria proposta di parere, sfruttando il tempo a sua disposizione nelle more della pronuncia della Conferenza unificata; segnala come la questione del glossario unico derivi dalla frammentazione della situazione attuale e che la nuova disciplina dovrebbe applicarsi in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale: alcune deroghe appaiono infatti ingiustificate.

  Il Sottosegretario Angelo RUGHETTI ricorda che l'attuazione della delega deve tenere conto dell'assetto territoriale tracciato nella Costituzione, evitando di alimentare il già ampio contenzioso tra Stato e Regioni.

  Bruno TABACCI, presidente, segnala che si è appunto avviata una procedura di revisione costituzionale finalizzata a correggere il titolo V della Costituzione.

  Il senatore Pasquale SOLLO (PD) ringrazia il relatore per l'esaustiva illustrazione, sottolineando le criticità presenti nell'articolo 5, comma 1, là dove si sopprime l'obbligo di comunicazione ai comuni della cessazione dell'attività non solo degli esercizi di vicinato ma anche delle medie e grandi strutture di vendita.

  Bruno TABACCI, presidente, segnala le perplessità espresse sul punto anche dal Consiglio di Stato, che ha fatto riferimento alla necessità di tenere conto del principio di proporzionalità, almeno con riguardo alle grandi strutture di vendita.

  Daniele MONTRONI (PD), con riguardo all'articolo 1, comma 3, ritiene giustificabile l'imposizione di vincoli esclusivamente nei centri storici; in tutte le altre aree le attività e in particolare quella edilizia non dovrebbero essere soggette ad interventi delle soprintendenze.

  Bruno TABACCI, presidente, ringrazia l'onorevole Montroni per quest'ultima annotazione, affidandosi alla saggezza del relatore per la formulazione di un parere adeguato.
  Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta, che si riserva di convocare appena ricevuto il parere della Conferenza unificata.

  La seduta termina alle 8.50.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Giovedì 22 settembre 2016. — Presidenza del presidente Bruno TABACCI.

  La seduta comincia alle 8.50.

Pag. 104

Indagine conoscitiva sulla semplificazione e sulla trasparenza nei rapporti con gli utenti nei comparti finanziario, bancario e assicurativo.
(Deliberazione di una proroga del termine).

  Bruno TABACCI, presidente, ricorda che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto sull'opportunità di richiedere una proroga del termine per la conclusione dell'indagine conoscitiva sulla semplificazione e sulla trasparenza nei rapporti con gli utenti nei comparti finanziario, bancario e assicurativo, il cui termine era fissato al 30 settembre 2016.
  Essendo stata acquisita l'intesa con la Presidente della Camera dei deputati ed il Presidente del Senato, propone di deliberare la proroga del termine dell'indagine al 31 dicembre 2016.

  La Commissione approva all'unanimità.

  La seduta termina alle 8.55.