CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 4 novembre 2015
534.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per le autorizzazioni
COMUNICATO
Pag. 11

AUTORIZZAZIONI AD ACTA

  Mercoledì 4 novembre 2015. – Presidenza del Presidente Ignazio LA RUSSA.

  La seduta comincia alle 14.10.

Domanda di autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni di conversazioni nei confronti di Silvio Berlusconi, deputato all'epoca dei fatti (doc. IV, n. 14).
(Seguito dell'esame e conclusione).

  La Giunta riprende l'esame della richiesta in titolo, rinviato da ultimo il 29 ottobre 2015.

  Ignazio LA RUSSA, Presidente e relatore, precisa preliminarmente come, nel formulare la presente proposta, ritenga di dovere interpretare le funzioni di relatore senza poter dimenticare di essere anche il presidente della Giunta e di svolgere, quindi, un ruolo istituzionale di garanzia. Pertanto, intende attenersi ad un criterio di massima imparzialità e rigore, dando conto della complessità delle problematiche e della diversità delle prospettazioni. La proposta finale sarà quindi conforme all'orientamento prevalente emerso nel corso del dibattito, anche se non corrispondente al suo personale convincimento.
  Ricorda che con nota pervenuta il 6 agosto 2015, il Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Bari ha trasmesso alla Presidenza della Camera una domanda di autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni di conversazioni nei confronti di Silvio Berlusconi, deputato all'epoca dei fatti, nell'ambito del procedimento penale n. 14377/11 RGNR – n. 16305/11 RG GIP.
  Nel procedimento penale in questione, Silvio Berlusconi risulta imputato del delitto di cui all'articolo 377-bis del codice penale: egli avrebbe indotto Gianpaolo Tarantini a tacere informazioni a sua conoscenza e a rendere dichiarazioni mendaci e reticenti nel corso degli interrogatori che il predetto era chiamato a rendere, in qualità di indagato, dinanzi all'autorità giudiziaria. Secondo l'accusa, tramite offerte e promesse di versamento di denaro e altre utilità, Gianpaolo Tarantini Pag. 12sarebbe stato indotto, in particolare, a mentire nel dichiarare che Berlusconi non avesse corrisposto compensi ad alcune donne presentategli da Tarantini e ad essere reticente circa i contatti avviati, per il tramite di Berlusconi, con i vertici del Dipartimento della Protezione Civile, del Gruppo Finmeccanica e delle società ad esso collegate.
  Per una descrizione più analitica della vicenda processuale e del contenuto dell'ordinanza rinvia alla sua relazione introduttiva, illustrata nella seduta del 1o ottobre 2015.
  Ricorda come la Giunta abbia la funzione di formulare all'Assemblea una proposta motivata per concedere o negare l'autorizzazione richiesta. Peraltro, come più volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale, esula dalle competenze di quest'organo ogni sindacato di merito sulla fondatezza o meno delle accuse mosse all'interessato. Le valutazioni della Giunta devono, dunque, concentrarsi sugli elementi prodotti dall'autorità giudiziaria per dimostrare la natura «casuale» delle intercettazioni e la «necessità» del loro utilizzo processuale.
  A tale proposito, osserva che l'interessato, ritualmente invitato a fornire i chiarimenti di cui all'articolo 18, primo comma, del Regolamento, non ha esercitato tale facoltà e non ha fornito, quindi, elementi di valutazione ulteriori rispetto a quelli presenti agli atti.
  Osserva inoltre come, nel caso in esame, la Giunta debba valutare la sussistenza dei predetti requisiti con riferimento a due distinti procedimenti penali, poiché le intercettazioni sono state captate, tra il mese di settembre del 2008 e il mese di maggio del 2009, nell'ambito di un procedimento diverso da quello dal quale proviene la richiesta di autorizzazione. Vi è un primo procedimento penale, nel quale sono state captate le intercettazioni, che riguarda delitti previsti dalla «legge Merlin», in tema di induzione e sfruttamento della prostituzione, nel quale risulta imputato Tarantini – insieme ad altri soggetti – e non Berlusconi (n. 9322/09 RGNR, pendente presso il Tribunale di Bari). A questo primo procedimento occorre avere riguardo per valutare la natura, casuale o meno, delle intercettazioni. Queste ultime sono state successivamente acquisite nel diverso processo dove Berlusconi risulta imputato del delitto di cui all'articolo 377-bis del codice penale, dal quale scaturisce la domanda di autorizzazione in esame (n. 14377/11 RGNR, pendente sempre presso il Tribunale di Bari). A questo secondo procedimento occorre avere riguardo per valutare la sussistenza del requisito della necessità processuale delle intercettazioni.
  Quanto all'oggetto della domanda di autorizzazione, il pubblico ministero ha elencato sedici intercettazioni in relazione alle quali avanzare la richiesta di autorizzazione alla Camera, mentre la difesa di Berlusconi ha chiesto di potere utilizzare in funzione difensiva settantatré conversazioni (nelle quali sono comprese le sedici indicate dal PM), ritenendo che da esse possano essere desunti elementi per accertare l'insussistenza dell'elemento soggettivo del delitto contestato.
  Il giudice richiedente ha ritenuto sussistere il requisito della necessità processuale per i risultati di tutte le settantatré intercettazioni indicate dalle parti, anche in considerazione della concorde richiesta delle medesime di utilizzare alcune di esse.
  Nel corso del dibattito si è dunque posta la questione del se ed in quale misura la valutazione della difesa dell'interessato, che ha chiesto in giudizio l'utilizzo processuale di tutte le intercettazioni oggetto della domanda di autorizzazione, possa incidere sulla valutazione della Giunta in ordine alla sussistenza dei requisiti della casualità e, in particolare, della necessità processuale delle intercettazioni. Si è quindi osservato come la guarentigia prevista dalla Costituzione sia posta a garanzia della funzionalità della Camera nel suo complesso e non del singolo deputato. Pertanto la Giunta ha il dovere di compiere un vaglio dei requisiti di legalità costituzionale dell'ordinanza del Pag. 13tutto autonomo da ogni valutazione che possa attenere alla strategia processuale dell'interessato.
  Prima di passare al vaglio della motivazione dell'ordinanza in merito alla sussistenza del requisito della casualità delle intercettazioni, ritiene utile richiamare alcuni significativi passaggi della giurisprudenza costituzionale in materia, che trova i suoi pilastri, in particolare, nelle sentenze n. 390 del 2007 e nn. 113 e 114 del 2010.
  La Camera alla quale viene rivolta una richiesta di autorizzazione deve verificare, anzitutto, quale sia la «direzione dell'atto di indagine», ossia se lo stesso sia rivolto sul piano teleologico-funzionale esclusivamente nei confronti di terzi destinatari delle intercettazioni (con conseguente configurabilità del carattere «casuale» o «occasionale» di eventuali intercettazioni di parlamentari che interloquiscano con tali soggetti) o, viceversa, se sia finalizzato a carpire elementi indiziari a carico del parlamentare, per accertarne eventuali responsabilità penali, tramite sottoposizione a controllo di utenze telefoniche di terzi (in tal caso le intercettazioni non sarebbero «casuali», bensì «mirate»).
  Se non si trattasse di intercettazioni casuali il giudice avrebbe dovuto chiedere l'autorizzazione preventiva alla Camera, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 140 del 2003, previa sospensione di operazioni di captazione eventualmente già in corso; nel caso di intercettazioni casuali, invece, è necessario chiedere l'autorizzazione (postuma) per utilizzare i risultati delle intercettazioni già captate, ai sensi dell'articolo 6 della stessa legge, com’è avvenuto nel caso di specie.
  Al fine di verificare la casualità dell'intercettazione e, dunque, per escludere che vi sia stata un'elusione delle garanzie costituzionali, il giudice deve tener conto di alcuni elementi valutativi quali, ad esempio, i rapporti intercorrenti tra il parlamentare ed il soggetto terzo sottoposto ad intercettazione, avuto riguardo al tipo di attività criminosa oggetto di indagine; il numero delle conversazioni intercorse tra il terzo e il parlamentare; l'arco di tempo durante il quale l'attività di captazione è avvenuta, anche rispetto ad eventuali proroghe delle autorizzazioni e al momento in cui sono sorti indizi a carico del parlamentare.
  Quando, come nel caso in esame, l'attività di captazione è articolata e prolungata nel tempo, la verifica dell'occasionalità dell'intercettazione deve farsi particolarmente stringente. Infatti, se anche non vi fosse l'iniziale intento di captare le conversazioni di un parlamentare, qualora nel corso dell'attività di intercettazione emergano non soltanto rapporti di interlocuzione abituale tra il soggetto intercettato e il parlamentare, ma anche indizi di reità nei confronti di quest'ultimo, non si può trascurare l'eventualità che intervenga nell'autorità giudiziaria un «mutamento di obiettivi» dell'indagine: nel senso che le ulteriori intercettazioni potrebbero risultare finalizzate a captare non più soltanto le comunicazioni del terzo titolare dell'utenza, ma anche quelle del suo interlocutore parlamentare, per accertarne le responsabilità penali. In tal caso ogni «casualità» iniziale verrebbe evidentemente meno e le successive captazioni delle comunicazioni del membro del Parlamento, lungi dal restare fortuite, diventerebbero «mirate» (risultando quindi acquisite illegittimamente in assenza di preventiva autorizzazione parlamentare).
  Osserva come l'ordinanza in esame sembri muoversi in quest'ambito concettuale nel motivare in merito alla natura casuale delle intercettazioni.
  In sostanza, il giudice richiedente evidenzia come le intercettazioni in questione, captate tra il 2008 e il 2009, rappresentino una minima percentuale del complesso delle conversazioni captate e provengano da un diverso procedimento relativo ad attività illecite ascritte a Gianpaolo Tarantini. Al termine delle indagini relative a quel procedimento, compendiate nell'informativa della Guardia di Finanza del 23 giugno 2011, nessun indizio di reato si è ritenuto di rilevare a carico di Berlusconi e, pertanto, nessun addebito penale è stato elevato a suo carico. D'altra parte, secondo la prospettazione dell'autorità Pag. 14giudiziaria, il ruolo rivestito da Berlusconi nello specifico contesto investigativo, che riguardava reati in materia di prostituzione, era quello del «cliente»: pertanto nessun indizio di reato è emerso, né sarebbe potuto mai emergere, a carico di Berlusconi, posto che le condotte a lui riferite non sono penalmente rilevanti.
  Per questi motivi, l'autorità giudiziaria ritiene che le conversazioni siano state legittimamente captate e che le intercettazioni abbiano natura casuale.
  Nell'ordinanza si precisa che solo in un secondo momento e in diversi contesti processuali, quando ormai le operazioni di captazione si erano da tempo concluse, sono emersi indizi di reato a carico di Berlusconi. Ciò è avvenuto quando è stato possibile effettuare un confronto tra le dichiarazioni rese all'autorità giudiziaria da Tarantini e le intercettazioni in questione, come risultanti dalla citata informativa del giugno 2011. Da tale confronto sarebbero emerse divergenze tali da confermare la prospettazione dell'accusa secondo la quale Tarantini sarebbe stato indotto da Berlusconi rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria. Solo allora, secondo gli inquirenti, le intercettazioni sarebbero divenute elementi di prova anche a carico di Berlusconi, contribuendo alla formulazione della contestazione per il delitto di cui all'articolo 377-bis del codice penale ed alla conseguente iscrizione nel registro degli indagati, avvenuta il 14 ottobre 2011 (circa due anni dopo il termine dell'attività di captazione, a conferma della natura casuale delle intercettazioni effettuate tra il 2008 e il 2009). Di qui l'obbligo di chiedere alla Camera l'autorizzazione (postuma) all'utilizzo processuale delle intercettazioni nei confronti dell'interessato, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 241 del 2003.
  Rileva come il dibattito della Giunta sulla natura, casuale o meno, delle intercettazioni sia stato ampio e si sia focalizzato sul confronto tra la motivazione dell'ordinanza e i documenti presenti agli atti, alla luce dei citati criteri della giurisprudenza costituzionale.
  L'esame, segnatamente, ha avuto ad oggetto alcuni documenti riconducibili al procedimento nel quale hanno avuto corso le operazioni di captazione: i decreti di proroga delle intercettazioni e l'informativa della Guardia di Finanza del 23 giugno 2011, che riassume gli esiti dell'indagine.
  Si è osservato, quindi, come nei decreti di proroga e nelle allegate note di polizia giudiziaria, non vi fosse menzione della persona di Silvio Berlusconi né di alcuna delle intercettazioni oggetto della domanda di autorizzazione.
   a) Secondo un primo orientamento, che ritengo in linea di principio condivisibile, tale circostanza appare inusuale ed avrebbe meritato ulteriori approfondimenti. Dalla mancata menzione dell'interessato e delle intercettazioni si potrebbe infatti inferire, in via alternativa, che le intercettazioni in questione fossero manifestamente irrilevanti e, quindi, dovessero essere distrutte già nel procedimento nel quale sono state acquisite, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, della legge n. 140 del 2003; ovvero che la documentazione a disposizione della Giunta non sia sufficiente per compiere una valutazione approfondita circa la natura, occasionale o mirata, delle intercettazioni.
  Secondo questo orientamento, infatti, neanche la citata informativa del 23 giugno 2011 – che pure contiene alcuni riferimenti alla persona di Silvio Berlusconi e alle intercettazioni in esame – appare nel complesso concludente ai fini dell'accertamento della natura delle intercettazioni stesse. Ne sono conseguite, pertanto, due richieste di integrazione documentale presentate dall'onorevole Chiarelli: una relativa a tutti gli atti di indagine del procedimento nel quale le intercettazioni sono state captate e l'altra, formulata in via subordinata, caratterizzata dall'indicazione dettagliata degli specifici atti da acquisire.
  Inoltre, nel contesto di una digressione tecnico-giuridica di carattere generale, che riflette un suo personale convincimento e che trascende l'esame del caso di specie, traducendosi pertanto nel mero auspicio Pag. 15di un futuro approfondimento, ha espresso perplessità sulla ricorrente interpretazione data alla giurisprudenza costituzionale in materia, nel senso di ritenere che le operazioni di captazione a carico di un terzo che interloquisca con un parlamentare possano proseguire per un periodo di tempo teoricamente indefinito, fintanto che non emergano elementi indiziari a carico di quest'ultimo. Ribadisce di ritenere tale impostazione non del tutto rispondente allo spirito dell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione, che ha lo scopo di garantire la funzionalità del Parlamento nel suo complesso, consentendo però al singolo parlamentare di svolgere liberamente la propria attività politica e, quindi, vietando di sottoporre ad intercettazioni le sue conversazioni senza previa autorizzazione, anche e soprattutto – a suo giudizio – quando non emergano indizi di reato a suo carico. Pur riconoscendo l'esistenza di una delicata problematica relativa al bilanciamento fra le esigenze legate alla raccolta delle prove a carico del terzo interlocutore non parlamentare e la guarentigia invece riservata al parlamentare dalla norma costituzionale, ritiene che anche le operazioni di captazione di conversazioni che si svolgono prima dell'emersione di indizi di reato, quando non siano assolutamente casuali, debbano essere interrotte.
   b) Nel corso del dibattito in Giunta è peraltro emerso un diverso orientamento maggioritario, di sostanziale condivisione della motivazione dell'ordinanza, fondato sulla considerazione che la condotta di Silvio Berlusconi, nel procedimento nel quale sono state captate le intercettazioni, consistente nella frequentazione delle donne presentategli da Tarantini, non è penalmente rilevante.
  Se ciò è vero – si è affermato – non si può ritenere né che Berlusconi sia stato ab origine un bersaglio delle intercettazioni, né che successivamente vi sia stato un mutamento della direzione degli atti di indagine, poiché a carico dell'interessato non è emerso – e non sarebbe potuto emergere – alcun quadro indiziario, proprio in considerazione del tipo di fattispecie per le quali si procedeva.
  La circostanza che il nome dell'interessato non appaia nei decreti di proroga delle intercettazioni e nelle relative informative di polizia giudiziaria si spiegherebbe proprio in considerazione dell'assenza di un'ipotesi investigativa nei confronti di Berlusconi e della mancata emersione di indizi di reato a suo carico. Da tale circostanza, inoltre, non sarebbe possibile inferire l'irrilevanza delle intercettazioni e, comunque, la Giunta non potrebbe sostituirsi al giudice in questa valutazione. Il richiamo all'articolo 6, comma 1, della legge n. 140 del 2003 sarebbe quindi inconferente, proprio perché, senza prevedere alcun automatismo, subordina la distruzione delle intercettazioni ad una previa valutazione, rimessa esclusivamente al giudice, in ordine rilevanza o irrilevanza delle stesse intercettazioni.
  Secondo questa prospettazione ogni integrazione istruttoria sarebbe superflua. Infatti, l'informativa della Guardia di Finanza del 23 giugno 2011 viene considerata determinante ed esaustiva, poiché da essa emergerebbe con chiarezza come l'interessato non sia mai stato obiettivo d'indagine e come le intercettazioni in esame, applicando i principi enunciati in materia dalla Corte costituzionale, abbiano natura casuale.
  Per questi motivi la Giunta si è quindi orientata, a maggioranza, nel senso della sussistenza del requisito della casualità delle intercettazioni e dell'adeguatezza della documentazione già disponibile ai fini del relativo accertamento, respingendo ogni proposta di integrazione istruttoria.
  Con riferimento al requisito della necessità probatoria, ricorda come la Corte costituzionale abbia individuato gli ambiti di valutazione che competono, rispettivamente, al giudice richiedente e alla Camera di appartenenza del parlamentare. In particolare, la Camera deve accertare che il giudice abbia indicato gli elementi sui quali la richiesta si fonda – ovvero, «da un lato, le specifiche emergenze probatorie Pag. 16fino a quel momento disponibili e, dall'altro, la loro attitudine a fare sorgere la «necessità» di quanto si chiede di autorizzare» – e che l'asserita necessità dell'atto sia «motivata in termini di non implausibilità» (sentenza n. 188 del 2010).
  Il giudice richiedente argomenta sul punto illustrando come i risultati delle intercettazioni, riguardando taluni specifici argomenti di prova, siano attinenti al capo d'imputazione. Ritiene, inoltre, che la concorde richiesta di utilizzazione di alcune intercettazioni attesti univocamente la loro necessità processuale, sia per corroborare l'assunto accusatorio, che per consentire alla difesa di argomentare sulle interlocuzioni dirette del parlamentare e fornire interpretazioni o prospettazioni alternative, che altrimenti sarebbero precluse.
  A tale proposito osserva come nel corso del dibattito in Giunta non siano emersi elementi di contrasto in ordine alla sussistenza del requisito della necessità di utilizzare le intercettazioni nel giudizio nel quale ha origine la domanda di autorizzazione.
  Ciò premesso, sottolinea come la circostanza che tanto l'accusa quanto la difesa abbiano chiesto di utilizzare in giudizio le intercettazioni consentisse di presagire un dibattito sereno e non condizionato da divisioni di parte, inducendolo pertanto ad assumere le funzioni di relatore, nella certezza di potere svolgere nel migliore dei modi un ruolo di garanzia.
  Ribadisce peraltro che – a suo giudizio – sarebbe stato utile acquisire almeno una parte della documentazione indicata dall'onorevole Chiarelli, poiché ritiene che taluni aspetti rilevanti ai fini della valutazione della natura effettivamente casuale delle intercettazioni non siano stati sufficientemente approfonditi. Sarebbe stato utile conoscere, ad esempio, se le intercettazioni in questione siano state effettivamente utilizzate nei confronti di Tarantini e, in caso contrario, perché non siano state distrutte: allo stato, infatti, si può solo presumere che siano state utilizzate, in quanto evidentemente non sono state distrutte.
  Ricorda come, in ossequio al ruolo di garanzia del quale è investito e nonostante i suoi dubbi sulla sussistenza del requisito della casualità, in seguito alla reiezione della proposta di integrazione istruttoria si sia comunque determinato ad assumere l'onere di presentare una proposta che riflettesse gli intendimenti della maggioranza dei componenti della Giunta. La rinuncia a svolgere le funzioni di relatore e la nomina di un nuovo relatore, d'altra parte, avrebbero determinato un rinvio della deliberazione della Giunta su una domanda di autorizzazione trasmessa alla Camera il 6 agosto scorso.
  In conclusione, preso atto della formazione di un orientamento prevalente nel senso della sussistenza del requisito della casualità delle intercettazioni, formula una proposta volta alla concessione dell'autorizzazione.

  Gianfranco Giovanni CHIARELLI (FI-PdL) preannuncia il voto contrario sulla proposta formulata dal presidente La Russa. Pur apprezzando come egli abbia esercitato le funzioni di relatore, ritiene che la sua proposta rappresenti più una resa che una forma di ossequio all'orientamento espresso dalla maggioranza. Rileva come questa fosse un'occasione nella quale si sarebbe potuto discutere in modo sereno e approfondito della sussistenza o meno del requisito della casualità delle intercettazioni, al di là delle divisioni di parte. Tuttavia, ritiene evidente che i colleghi della Giunta mostrino una sensibilità ben diversa nel trattare questioni a loro più vicine, che non riguardano Silvio Berlusconi. Occorre, a suo giudizio, un'attenta riflessione sul ruolo della Giunta, per stabilire se questa debba solo assecondare le richieste della magistratura oppure valutare in modo autonomo come applicare l'articolo 68 della Costituzione.

  La Giunta approva la proposta con 14 voti favorevoli ed un voto contrario.

Pag. 17

Domanda di autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni di conversazioni nei confronti di Giacomo Chiappori, deputato all'epoca dei fatti (doc. IV, n. 13).
(Seguito dell'esame e conclusione).

  La Giunta riprende l'esame della richiesta in titolo, rinviato da ultimo il 29 ottobre 2015.

  Ignazio LA RUSSA, Presidente, dà la parola alle relatrice, che nella precedente seduta ha preannunciato la presentazione di una proposta alla Giunta.

  Anna ROSSOMANDO (PD), relatrice, osserva preliminarmente come, prescindendo dalla sproporzione nella complessità dei procedimenti, si passi dall'esame di una questione – quella appena decisa dalla Giunta – nella quale si è apprezzata un'ordinanza ampiamente motivata, con l'indicazione dettagliata degli elementi sui quali la richiesta si fonda, all'esame di una diversa questione, nella quale invece l'ordinanza appare motivata in modo estremamente sintetico sul punto della necessità dell'utilizzo probatorio.
  Ricorda che, con nota pervenuta il 20 luglio 2015, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Imperia ha trasmesso alla Presidenza della Camera una domanda di autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni di conversazioni nei confronti di Giacomo Chiappori, deputato all'epoca dei fatti, nell'ambito del procedimento penale n. 546/13 RGNR – n. 1055/15 RG GIP
  Nel procedimento in questione, Giacomo Chiappori risulta indagato per il delitto di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, commesso nella sua qualità di sindaco del comune di Diano Marina (IM). Secondo l'ipotesi accusatoria il contratto di appalto per il servizio annuale di manutenzione ordinaria del verde pubblico, affidato alla cooperativa sociale «Il Cammino» nel 2010, sarebbe stato prorogato, sul falso presupposto della necessità ed urgenza, nelle more della redazione degli atti tecnico-amministrativi per l'espletamento della nuova gara d'appalto, con ciò aggirandosi il limite per gli affidamenti diretti dei servizi pubblici in favore delle società cooperative. L'interessato avrebbe quindi ricevuto per sé l'utilità costituita dall'esecuzione, da parte della predetta cooperativa sociale, di lavori nella sua azienda, del costo accertato di 1.836 euro, oltre IVA, che risulterebbero solo parzialmente pagati, nella misura di 1.000 euro.
  Con riferimento a tale contestazione, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Imperia ha chiesto l'autorizzazione all'utilizzo di tre intercettazioni telefoniche captate sull'utenza di un terzo, alle quali ha preso parte Giacomo Chiappori, deputato all'epoca dei fatti.
  L'interessato è stato audito dalla Giunta nella seduta del 21 ottobre 2015.
  Ciò premesso in punto di fatto, ricorda che la Giunta ha la funzione di formulare all'Assemblea una proposta motivata per concedere o negare l'autorizzazione richiesta, mentre esula dalle sue competenze ogni sindacato di merito sulla fondatezza o meno delle accuse mosse all'interessato. Le valutazioni di quest'organo devono, dunque, concentrarsi sugli elementi prodotti dall'autorità giudiziaria per dimostrare la natura «casuale» delle intercettazioni e la «necessità» del loro utilizzo processuale.
  Come più volte affermato dalla Corte costituzionale, il giudizio sulla casualità delle intercettazioni si forma in base alla verifica non già della mera titolarità o disponibilità dell'utenza captata, ma della «direzione dell'atto d'indagine» (sentenza n. 390 del 2007). Inoltre, al fine di verificare la «casualità» dell'intercettazione e, dunque, per escludere che vi sia stata un'elusione delle garanzie costituzionali, il giudice deve tener conto di alcuni elementi valutativi quali, ad esempio, i rapporti intercorrenti tra il parlamentare ed il soggetto terzo sottoposto ad intercettazione, avuto riguardo al tipo di attività criminosa oggetto di indagine; il numero delle conversazioni intercorse tra il terzo e il parlamentare; l'arco di tempo durante il quale l'attività di captazione è avvenuta, Pag. 18anche rispetto ad eventuali proroghe delle autorizzazioni e al momento in cui sono sorti indizi a carico del parlamentare (sentenze nn. 113 e 114 del 2010).
  Quanto alla natura delle intercettazioni, il giudice richiedente rileva che le comunicazioni telefoniche in questione sono state tutte captate, durante il febbraio 2013, sull'utenza in uso ad altro indagato; che Giacomo Chiappori è stato iscritto nel registro degli indagati il 13 febbraio 2015, per i reati oggi in contestazione, ben dopo l'ultima comunicazione intercettata; che le intercettazioni sono in minimo numero e riguardano un breve arco di tempo (dal 20 al 28 febbraio 2013).
  Sotto questo profilo l'ordinanza appare motivata in modo conforme ai principi enucleati dalla giurisprudenza costituzionale e gli elementi dedotti inducono a ritenere verosimile che l'interessato non fosse obiettivo di indagine e che le intercettazioni in questione siano state captate in modo occasionale.
  Di ciò sembra fornire conferma anche la richiesta di autorizzazione a disporre le intercettazioni, formulata dalla Procura della Repubblica il 9 gennaio 2013 e allegata agli atti, nella quale non vi è alcun riferimento alla persona di Chiappori, a carico del quale, dunque, al momento di disporre le operazioni di captazione, non sembrava emergere alcun elemento indiziario.
  Con riferimento al requisito della necessità probatoria, ricorda come la Corte costituzionale abbia individuato gli ambiti di valutazione che competono, rispettivamente, al giudice richiedente e alla Camera di appartenenza del parlamentare.
  In particolare, la Camera deve accertare che il giudice abbia indicato gli elementi sui quali la richiesta si fonda – ovvero, «da un lato, le specifiche emergenze probatorie fino a quel momento disponibili e, dall'altro, la loro attitudine a fare sorgere la «necessità» di quanto si chiede di autorizzare» – e che l'asserita necessità dell'atto sia «motivata in termini di non implausibilità» (sentenza n. 188 del 2010). La Corte precisa, inoltre, che la legge n. 140 del 2003 «non assegna al Parlamento un potere di riesame di dati processuali già valutati dall'autorità giudiziaria. Consente, tuttavia, alle Camere di verificare che la richiesta di autorizzazione sia coerente con l'impianto accusatorio e che non sia, dunque, pretestuosa» (sentenza n. 74 del 2013).
  Ciò premesso, rileva come l'ordinanza sembri dedicare al requisito della necessità processuale il solo passaggio della motivazione nel quale si afferma che: «le conversazioni in questione appaiono utili alla valutazione complessiva di tutti gli elementi (sia a favore che contro) posti dal P.M. a base delle indagini».
  In realtà, posto che tutti gli elementi di prova raccolti possono essere in astratto «utili» al giudice che si trovi a valutare la fondatezza delle prospettazioni delle parti, nulla si dice in ordine al diverso e specifico requisito della «necessità» processuale, la cui sussistenza è essenziale ai fini della concessione della richiesta autorizzazione.
  Pur non volendosi in alcun modo effettuare un riesame di dati processuali già vagliati dal giudice, ma solo al fine di verificare la coerenza della richiesta di autorizzazione con l'impianto accusatorio, si osserva come dalla lettura delle conversazioni intercettate sembrino emergere elementi generici che, di per sé, non appaiono immediatamente e univocamente riconducibili ai fatti contestati. Ne consegue che, al fine di verificare la sussistenza della necessità di utilizzare in giudizio i risultati di tali intercettazioni, sarebbe stato opportuno che dalla motivazione risultasse la descrizione di un «contesto» (composto da elementi di prova, riscontri e motivazioni logico-giuridiche) nel cui ambito apprezzare sia la sussistenza di un nesso tra i fatti oggetto di imputazione e le conversazioni intercettate, sia lo specifico valore probatorio di queste ultime.
  Dalla motivazione, tuttavia, non emergono – come invece richiesto dalla giurisprudenza costituzionale – proprio gli elementi sui quali dovrebbe basarsi l'accertamento di questa Giunta e della Camera. Pag. 19Non risulta l'indicazione delle specifiche emergenze probatorie fino a quel momento disponibili e della loro attitudine a fare sorgere la «necessità» di quanto si chiede di autorizzare. Non si ravvisa, dunque, alcun elemento sul quale poter fondare una valutazione in merito alla sussistenza del requisito della necessità processuale delle intercettazioni.
  Tanto premesso, formula una proposta volta al diniego dell'autorizzazione.

  Giulia GRILLO (M5S) dichiara di comprendere in parte le argomentazioni della relatrice sulla sinteticità dell'ordinanza e preannuncia, pertanto, il voto di astensione del proprio gruppo.

  La Giunta approva la proposta con 8 voti favorevoli e 2 astensioni.

  La seduta termina alle 14.40.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE ALL'UTILIZZO DI INTERCETTAZIONI DI CONVERSAZIONI NEI CONFRONTI DI FILIPPO ASCIERTO, DEPUTATO ALL'EPOCA DEI FATTI (DOC. IV, N. 11)

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI