CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 21 ottobre 2015
525.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
Pag. 78

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 21 ottobre 2015. — Presidenza del vicepresidente Andrea MANCIULLI. – Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri e alla cooperazione internazionale Mario Giro.

  La seduta comincia alle 8.30.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e la Santa Sede in materia fiscale, fatta a Roma il 1o aprile 2015.
C. 3329 Governo.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Francesco MONACO (PD), relatore, introducendo il provvedimento ricorda che la Convenzione in materia fiscale tra l'Italia e la Santa Sede, firmata il 1o aprile scorso, recepisce, in linea con il processo in atto verso l'affermazione a livello globale della trasparenza nel campo delle relazioni finanziarie, il più aggiornato standard internazionale in materia di scambio di informazioni di natura fiscale (articolo 26 del Modello dell'Organizzazione per la Cooperazione e Sviluppo Economico-OCSE) al fine di disciplinare la cooperazione amministrativa tra le autorità competenti delle due Parti contraenti. Tale cooperazione ai fini fiscali è ora possibile anche in relazione alle riforme introdotte a partire dal 2010 e la creazione presso la Santa Sede di istituzioni con specifiche competenze in materia economica e finanziaria. Non è un caso che il primo accordo bilaterale sullo scambio di informazioni sottoscritto dalla Santa Sede sia proprio con il nostro Paese, a testimonianza della rilevanza delle relazioni bilaterali. Esso è stato seguito, il 10 giugno scorso, dall'Accordo fra la Santa Sede e gli Stati Uniti d'America, per favorire l'osservanza Pag. 79a livello internazionale degli obblighi fiscali e attuare il Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA).
  Avverte, inoltre, che la Convenzione dà attuazione a quanto previsto dal Trattato lateranense relativamente all'esenzione dalle imposte per gli immobili della Santa Sede indicati nello stesso Trattato, e che costituisce parte integrante della stessa Convenzione lo Scambio di note del luglio 2007 tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e la Segreteria di Stato, che prevede la notifica per via diplomatica degli atti tributari a enti della Santa Sede.
  Passando all'illustrazione dei contenuti dell'articolato, nota che l'articolo 1 introduce lo scambio di informazioni a fini fiscali sulla base del più aggiornato standard dell'OCSE di cui all'articolo 26 del Modello di convenzione contro le doppie imposizioni, più volte richiamato in sede di esame di analoghi disegni di legge di ratifica, e che seguono ulteriori disposizioni (paragrafi 6-8) in tema di scambio di informazioni disciplinanti gli aspetti procedurali attuativi della cooperazione amministrativa. In conformità ai princìpi dell'OCSE, tali disposizioni prevedono le condizioni e le modalità di presentazione delle richieste. Ricorda, altresì, che viene, tra l'altro, specificato che, pur non potendosi condurre una ricerca generalizzata e indiscriminata (cosiddette fishing expeditions), l'assenza di alcuni elementi informativi nella richiesta non deve ostacolare lo scambio effettivo di informazioni tra i due Stati, che deve essere garantito nella misura più ampia possibile e che, ai sensi del paragrafo 9 dell'articolo 1, le richieste di informazioni potranno essere inoltrate alla Parte contraente a partire dalla data di entrata in vigore della Convenzione, ma con riferimento a fatti esistenti o a circostanze realizzate a partire dal 1 gennaio 2009. Tale previsione consente, tra l'altro, di esercitare le attività di controllo, ove necessarie, sulla correttezza degli adempimenti previsti a regime (articolo 2), per la regolarizzazione del passato (articolo 3) e per il periodo transitorio (articolo 4).
  Avverte che l'articolo 2 istituisce, a regime, un sistema di tassazione dei proventi e delle attività finanziarie detenute presso enti che svolgono professionalmente un'attività di natura finanziaria nello Stato della Città del Vaticano da parte di taluni soggetti residenti in Italia. In particolare, si tratta di persone fisiche (chierici e membri degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica) e giuridiche (istituti di vita consacrata, società di vita apostolica e altri enti con personalità giuridica canonica o civile vaticana) che concorrono alla realizzazione delle finalità della Chiesa cattolica, nonché di persone fisiche che, in ragione del rapporto di servizio con la Santa Sede, fruiscono del regime di esenzione fiscale stabilito dall'articolo 17 del Trattato del Laterano (dipendenti, titolari di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente e pensionati della Santa Sede, delle istituzioni collegate con la Santa Sede, dello Stato della Città del Vaticano e degli enti che hanno sede nello Stato della Città del Vaticano). Tale nuovo sistema semplifica l'adempimento spontaneo degli obblighi tributari per i soggetti interessati dalla Convenzione, attraverso l'individuazione di un rappresentante fiscale in Italia che si occupa della determinazione, del prelevamento e del versamento delle imposte dovute dal contribuente, ricalcando uno schema operativo già noto nel contesto della tassazione italiana dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria.
  Richiama poi che, in coerenza con il passaggio al nuovo regime di adempimento degli obblighi tributari, l'articolo 3 stabilisce un meccanismo di regolarizzazione delle posizioni fiscali dei soggetti interessati dalla Convenzione relativamente a tutti gli anni ancora accertabili, ma non oltre l'anno d'imposta 2013. In particolare, per le persone fisiche si prevede il pagamento delle imposte sulle attività e sui redditi finanziari da esse generati per tutti i periodi d'imposta ancora accertabili alla data di entrata in vigore della Convenzione, a condizione che le somme che hanno concorso alla formazione delle attività Pag. 80regolarizzate derivino da redditi esenti di cui all'articolo 17 del Trattato del Laterano, ovvero da somme non assoggettabili a imposta in Italia, ovvero da redditi già integralmente assoggettati a tassazione in Italia, ovvero da redditi per i quali sono prescritti i periodi di accertamento.
  Evidenzia che il ricorrere di una o più delle suddette condizioni deve essere attestato da una dichiarazione penalmente rilevante rilasciata dal contribuente e trasmessa all'Agenzia delle entrate con l'istanza di adesione alla regolarizzazione, e che la regolarizzazione per le persone giuridiche interessate prevede che il perfezionamento della stessa avvenga dietro pagamento delle imposte sui redditi finanziari delle attività generati negli anni di imposta 2014 e 2015 (periodo transitorio) con il ricorso (anticipato) al nuovo regime di adempimento degli obblighi tributari attraverso il rappresentante fiscale in Italia.
  Nota ancora che la regolarizzazione delle posizioni fiscali di persone fisiche e giuridiche avviene attraverso la trasmissione all'Agenzia delle entrate di istanze nominative contenenti gli elementi necessari ai connessi controlli. Rimangono inalterati tutti i dispositivi antiriciclaggio.
  Passando all'articolo 4, evidenzia come esso sia volto a rendere conciliabili i tempi necessari all'entrata in vigore della Convenzione con la necessità di adempiere agli obblighi di corresponsione dell'imposta per i periodi 2014 e 2015 (non regolarizzabili) senza pregiudicare l'obiettivo di semplificazione degli adempimenti a cui mira l'articolo 2. L'articolo 4 prevede pertanto la possibilità che i soggetti interessati possano «anticipare» l'applicazione del nuovo regime, di cui all'articolo 2, anche per il periodo transitorio (periodi d'imposta 2014 e 2015), esprimendo tale opzione entro i medesimi termini previsti per la presentazione dell'istanza di regolarizzazione.
  Rileva quindi che, previa presentazione di apposita istanza, il contribuente dovrà corrispondere:
   per ciascun periodo d'imposta da regolarizzare (2009, 2010 e 2011), una somma pari al venti per cento dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria, determinati secondo i criteri determinati dall'Accordo;
   per i periodi d'imposta 2012 e 2013, una somma corrispondente all'IVAFE – imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero) che è calcolata sul valore dei prodotti finanziari e dovuta proporzionalmente alla quota di possesso e al periodo di detenzione ed è pari all'1 per mille annuo per il 2012, all'1,5 per mille per il 2013, e al 2 per mille a decorrere dal 2014.

  Evidenzia poi come, con la regolarizzazione venga garantita l'operatività degli effetti della cosiddetta voluntary disclosure, cui si fa espresso riferimento nel testo dell'Accordo, in ordine alla non punibilità per alcuni reati tributari (omessa dichiarazione, dichiarazione fraudolenta mediante l'uso di fatture e mediante altri artifici, dichiarazione infedele, omesso versamento IVA e omesso versamento delle ritenute) ed alcuni reati contro il patrimonio (riciclaggio, reimpiego di capitali illeciti e autoriciclaggio; quest'ultimo limitatamente alle condotte tenute sino a 180 giorni successivi all'entrata in vigore della Convenzione). Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della Convenzione, tuttavia, saranno individuate dall'Agenzia delle entrate le disposizioni attuative.
  Ritiene opportuno che il rappresentante del Governo chiarisca i rapporti tra la procedura di regolarizzazione sopra descritta, disciplinata dall'Accordo in esame, e la procedura di voluntary disclosure di cui alla legge n. 186 del 2014, anche in considerazione del fatto che – secondo quanto già chiarito sopra – la Santa Sede non è compresa in alcuna delle cosiddette black list, dunque non si applicano le previste condizioni peggiorative, notando che dal tenore letterale delle norme in esame e della Convenzione sottoscritta sembrerebbe, infatti, evincersi una coesistenza delle due procedure, con applicazione della voluntary disclosure ove Pag. 81vi siano i presupposti di fatto e di diritto – soggettivi ed oggettivi – richiesti dalla legge, al fine di regolarizzare attività detenute presso la Santa Sede.
  Avverte ancora che il paragrafo 1 dell'articolo 5 chiarisce che, per gli istituti di vita consacrata, le società di vita apostolica e gli altri enti con personalità giuridica canonica o civile vaticana, la disciplina del periodo pregresso, del periodo transitorio e quella a regime non si applica agli eventuali redditi d'impresa, redditi fondiari e redditi diversi (fatta eccezione per i capital gain derivanti dalle attività finanziarie detenute nello Stato della Città del Vaticano) di pertinenza di tali enti. Per tali redditi rimangono ferme le disposizioni previste dalla legislazione fiscale italiana, incluse le norme in materia di collaborazione volontaria.
  Illustra, quindi, il contenuto dell'articolo 6, che richiama le disposizioni previste dall'articolo 16, alinea primo, del Trattato del Laterano. In particolare, l'articolo 16 stabilisce alcune garanzie specifiche in favore di alcuni edifici, tassativamente indicati negli articoli da 13 a 16 dello stesso Trattato e situati quasi tutti, a eccezione di quelli indicati nello stesso articolo 16, comma 1, nelle zone cosiddette extraterritoriali, ovvero beneficiarie «delle immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici di Stati esteri» (articolo 15, comma 1, del Trattato lateranense).
  Pone in rilievo che la Convenzione attua, pertanto, quanto previsto dal Trattato del Laterano relativamente all'esenzione dalle imposte per gli immobili della Santa Sede indicati nello stesso Trattato.
  Infine, è integrato nella Convenzione lo Scambio di note del luglio 2007 tra il Ministero degli affari esteri e la Segreteria di Stato, che prevede la notifica per via diplomatica degli atti tributari ad enti della Santa Sede.
  Preannuncia, infine, la presentazione di un emendamento di natura formale, finalizzato alla correzione del titolo del provvedimento, con riferimento al fatto che esso è stato siglato nella Città del Vaticano e non a Roma.
  Auspica, conclusivamente, una rapida approvazione del provvedimento in titolo, che è pienamente in linea con il processo in atto verso l'affermazione a livello globale della trasparenza nel campo delle relazioni finanziarie e recepisce il più aggiornato standard internazionale in materia di scambio di informazioni fiscali.

  Il sottosegretario Mario GIRO sottolinea che la ratifica in titolo è parte di un disegno complessivo, portato avanti dal Governo nel segno della piena trasparenza in materia fiscale nelle relazioni internazionali. La Convenzione con la Santa Sede, finalizzata al superamento del segreto bancario, rappresenta un passo importante anche per lo Stato della Città del Vaticano, il cui sistema giuridico-fiscale appare oggi conforme agli standard internazionali. In generale, tale Convenzione costituisce una tappa assai significativa nel quadro della cooperazione tra Italia e Santa Sede.

  Manlio DI STEFANO (M5S), nel concordare che la Convenzione in titolo, come già il provvedimento recante il noto «scudo fiscale», rappresenta un passo coraggioso nella direzione di una maggiore trasparenza in materia fiscale, evidenzia la contraddizione tra il trattamento fiscale di favore riservato a specifici immobili di proprietà degli enti ecclesiastici e la severità delle norme fiscali in materia vigenti per i cittadini italiani, e ciò malgrado i richiami del Sommo Pontefice sui temi della giustizia e dell'equità sociale. Segnalando a tal proposito le disposizioni contenute in particolare nell'articolo 6 della Convenzione, che inducono a riflettere sulla situazione economica di un Paese con nove milioni di poveri segnato dalle note vicende di Equitalia, invita il Parlamento ad affrontare il tema senza paure e preconcetti, cogliendo i segnali di apertura provenienti dall'attuale Pontificato. Conclude preannunciando prossime iniziative da parte del suo gruppo sulle questioni testé sollevate.

  Francesco MONACO (PD), relatore, raccogliendo la sollecitazione dell'onorevole Pag. 82Di Stefano, segnala come l'Accordo in titolo registri doverosamente un processo di risanamento virtuoso avviato da parte delle massime istituzioni ecclesiastiche già nel 2010, nel corso del pontificato di Benedetto XVI. Quanto alle garanzie che la Convenzione assicura a specifici immobili, esse si spiegano alla luce delle disposizioni tuttora vigenti del Trattato del 1929, che, nel risolvere la cosiddetta «questione romana», a fronte delle penalizzazioni territoriali subite dal Vaticano prevedeva talune garanzie in funzione risarcitoria. Da questo punto di vista la stessa Corte di Cassazione italiana ha riconosciuto l'inadempienza dell'Italia su tale terreno alla luce della piena vigenza del Trattato lateranense.

  Andrea MANCIULLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato di Monaco sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Protocollo, fatto a Monaco il 2 marzo 2015.
C. 3330 Governo.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Mariano RABINO (SCpI), relatore, introducendo il provvedimento ricorda che l'Accordo all'esame della Commissione – che si affianca agli altri esaminati nel corso della seduta ed all'intesa con la Confederazione elvetica – è stato sottoscritto il 2 marzo scorso dalle autorità fiscali del nostro Paese e del Principato di Monaco ed è modellato sugli standard OCSE in tema di scambio delle informazioni fiscali (Tax information exchange agreement – TIEA). In base a tale modello, lo Stato al quale sono richieste le informazioni non può rifiutarsi di fornire allo Stato richiedente la collaborazione amministrativa per mancanza di interesse ai propri fini fiscali, né opporre il segreto bancario.
  Rileva, altresì, che all'Accordo si accompagna un Protocollo, che costituisce parte integrante dell'Accordo medesimo, il quale prevede l'effettuazione di richieste di gruppo (group request); in tal modo si conseguono, in materia di scambio di informazioni, effetti equivalenti a quelli dell'articolo 26 del Modello dell'OCSE, Tax convention on Income and on Capital, ed al relativo Commentario. Il predetto Protocollo consente di presentare richieste in relazione a categorie di comportamenti che fanno presumere l'intenzione dei contribuenti di nascondere al Fisco italiano patrimoni/attività detenute irregolarmente nel Principato di Monaco.
  Evidenzia, quindi, che l'Accordo ha un effetto positivo sull'esito della voluntary disclosure, disciplinata dalla legge n. 186 del 2014 e ora oggetto di modifica ad opera del decreto-legge n. 153 del 2015, in quanto allarga la platea dei potenziali aderenti alla regolarizzazione dei capitali.
  In sostanza, per effetto della sottoscrizione tempestiva dell'Accordo rispetto alla tempistica prevista dalla voluntary disclosure, il Principato di Monaco, impegnandosi allo scambio di informazioni, viene equiparato ad un Paese «non black list», e che pertanto, i contribuenti che intendono aderire alla regolarizzazione non subiscono il raddoppio dei termini di accertamento ed il conseguente peggioramento del trattamento sanzionatorio previsto, invece, per chi regolarizza capitali da Paesi in «lista nera».
  Pone, altresì, in rilievo che i contribuenti italiani aventi disponibilità finanziarie nel Principato e che aderiranno al programma di collaborazione volontaria, potranno fruire di una più agevole regolarizzazione in termini di riduzione delle sanzioni amministrative previste dalla richiamata normativa.
  Passando all'illustrazione della procedura di collaborazione volontaria del contribuente con l'Amministrazione fiscale, Pag. 83disciplinata dalla legge n. 186 del 2014, rinvia alle considerazioni svolte il 14 ottobre scorso dal collega Tacconi, quale relatore sul disegno di legge di ratifica dell'analogo accordo con la Svizzera, come pure alle osservazioni da lui svolte circa le iniziative assunte in sede sovranazionale ed internazionale, e segnatamente in ambito OCSE ed in ambito G20 per il contrasto alle politiche aggressive di pianificazione fiscale alla delocalizzazione della base imponibile dai Paesi ad alta fiscalità.
  Entrando nel merito dello specifico contenuto dell'Accordo, ricorda che ai sensi dell'articolo 1, le informazioni oggetto dello scambio sono quelle rilevanti per la determinazione, l'accertamento, l'applicazione e la riscossione delle imposte indicate al successivo articolo 3, che per l'Italia sono IRPEF, IRES, IRAP, imposta sulle successioni, imposta sulle donazioni e imposte sostitutive.
  All'articolo 2 si precisa che l'obbligo di fornire informazioni non sussiste qualora dette informazioni non siano detenute dalle autorità nazionali o siano in possesso o sotto il controllo di persone che non si trovino entro la giurisdizione territoriale della Parte interpellata.
  Rileva, inoltre, che l'articolo più rilevante dell'intesa è l'articolo 5, redatto secondo il modello TIEA elaborato dall'OCSE, nel quale sono stabilite le modalità con cui le informazioni sono richieste da una delle due Parti e fornite dall'altra, evidenziando, in particolare, il paragrafo 2 che stabilisce l'obbligo di fornire informazioni anche allorquando la Parte interpellata non ha un proprio interesse fiscale all'ottenimento delle informazioni richieste (cosiddetto Domestic Tax Interest) ed il paragrafo 4 che prevede, tra l'altro, il superamento del segreto bancario, conformemente all'obiettivo prioritario della lotta all'evasione, nonché agli standard dell'OCSE in materia.
  Passando all'articolo 6, evidenzia che esso disciplina la possibilità di una Parte contraente di consentire che rappresentanti dell'autorità competente dell'altra Parte contraente possano effettuare attività di verifica fiscale nel proprio territorio.
  Nel trattare le disposizioni dell'articolo 7, pone in risalto che esse indicano i casi in cui è ammesso il rifiuto di una richiesta di informazioni, ad esempio ove la divulgazione delle informazioni sia contraria all'ordine pubblico o possa consistere nella rivelazione di segreti commerciali, industriali o professionali.
  Nel concludere, raccomanda una rapida approvazione del provvedimento in titolo, che costituisce un altro fondamentale tassello per bloccare le vie di fuga ai capitali e per assicurare la più ampia adesione, da parte dei contribuenti italiani con conti e beni detenuti illegittimamente all'estero, alla voluntary disclosure.

  Il sottosegretario Mario GIRO, associandosi alle considerazioni svolte dal relatore, ribadisce che il provvedimento è finalizzato alla regolarizzazione dei rapporti di carattere fiscale tra l'Italia e specifici Paesi, al fine di attuare in modo pieno gli standard dell'OCSE. In tal senso, allude ad una sorta di «marea» di accordi riguardanti la materia fiscale, siglati nell'intento di abolire definitivamente dal suolo europeo i cosiddetti «paradisi fiscali». Si tratta di un processo che avviene sulla base di richieste provenienti dagli stessi Paesi interessati, come accade per il Principato di Monaco, passato dalla lista grigia a quella bianca dell'Unione europea grazie all'Accordo siglato con l'Italia. Precisa che per il nostro Paese il Principato di Monaco, prima della sigla dell'Accordo in titolo, rientrava, infatti, ancora in una black list sulla base di criteri più stringenti adottati dall'Italia rispetto ad altri Paesi.

  Andrea MANCIULLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato del Liechtenstein sullo scambio di informazioni in Pag. 84materia fiscale, con Protocollo e Protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 26 febbraio 2015.
C. 3332 Governo.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Michele NICOLETTI (PD), relatore, introducendo il provvedimento ricorda che l'Accordo siglato a Roma il 26 febbraio dall'Italia e dal Liechtenstein in materia di scambio di informazioni fiscali, al pari degli altri al vaglio della Commissione, si richiama al modello OCSE di Tax Information Exchange Agreement (TIEA) e consente lo scambio di informazioni su richiesta relativamente a tutte le imposte, rilevando come lo Stato a cui sono richieste le informazioni non può rifiutarsi di fornire allo Stato richiedente la collaborazione amministrativa per mancanza di interesse ai propri fini fiscali, né opporre il segreto bancario.
  Richiama quindi la ratio del Protocollo aggiuntivo, che disciplina le richieste di gruppo, volto a consentire di presentare richieste in relazione a categorie di comportamenti che fanno presumere l'intenzione dei contribuenti di nascondere al Fisco italiano patrimoni/attività detenute irregolarmente nel Liechtenstein.
  Rileva, quindi, che l'Accordo ha un effetto positivo sull'esito della cosiddetta voluntary disclosure più volte richiamata nel corso dell'esame di analoghi disegni di legge di ratifica, in quanto allarga la platea dei potenziali aderenti alla regolarizzazione dei capitali. In sostanza, per effetto della sottoscrizione tempestiva dell'Accordo rispetto alla tempistica prevista dalla voluntary disclosure, il Principato di Liechtenstein, impegnandosi allo scambio di informazioni, viene equiparato ad un Paese non black list. Pertanto, i contribuenti che intendono aderire alla regolarizzazione non subiscono il raddoppio dei termini di accertamento e il conseguente peggioramento del trattamento sanzionatorio previsto, invece, per chi regolarizza capitali da paesi in «lista nera».
  Passando a trattare i contenuti dell'articolato, ricorda che ai sensi dell'articolo 1, le informazioni oggetto dello scambio sono quelle rilevanti per la determinazione, l'accertamento, l'applicazione e la riscossione delle imposte indicate al successivo articolo 3, che per l'Italia sono IRPEF, IRES, IRAP, IVA, imposta sulle successioni, imposta sulle donazioni, imposta sui premi assicurativi, imposta sulle transazioni finanziarie, IVIE, IVAFE e imposte sostitutive.
  Evidenzia, poi, che all'articolo 2 si precisa che l'obbligo di fornire informazioni non sussiste qualora dette informazioni non siano detenute dalle autorità nazionali o siano in possesso o sotto il controllo di persone che non si trovino entro la giurisdizione territoriale della Parte interpellata.
  Pone in risalto, quindi, lo specifico rilievo che assume l'articolo 5, redatto secondo il modello TIEA elaborato dall'OCSE, nel quale sono stabilite le modalità con cui le informazioni sono richieste da una delle due Parti e fornite dall'altra. Si evidenzia, in particolare, il paragrafo 4 che prevede, tra l'altro, il superamento del segreto bancario, conformemente all'obiettivo prioritario della lotta all'evasione, nonché agli standard dell'OCSE in materia.
  Passando all'illustrazione dell'articolo 6, osserva come in esso viene regolamentata la possibilità di una Parte contraente di consentire che rappresentanti dell'autorità competente dell'altra Parte contraente possano svolgerà attività di verifica fiscale nel proprio territorio.
  Quanto alle disposizioni dell'articolo 7, esse indicano i casi in cui è ammesso il rifiuto di una richiesta di informazioni, ad esempio ove la divulgazione delle informazioni sia contraria all'ordine pubblico o possa consistere nella rivelazione di segreti commerciali, industriali o professionali.
  Nell'auspicare una rapida conclusione dell’iter di approvazione del disegno di legge di ratifica, segnala che, insieme all'Accordo ed al Protocollo aggiuntivo, il Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, ed il Primo Ministro Pag. 85nonché Ministro delle finanze del Liechtenstein, Adrian Hasler, hanno firmato una dichiarazione congiunta di carattere politico con la quale i due Paesi confermano il reciproco impegno ad applicare lo scambio automatico di informazioni sulla base dello standard globale OCSE dal 2017 e si sono impegnati ad avviare i negoziati per una convenzione contro le doppie imposizioni, una volta entrati in vigore l'Accordo e il Protocollo che comporterà altresì, da parte del nostro Paese, l'inclusione formale del Principato nella cosiddetta white list.

  Il sottosegretario Mario GIRO ribadisce le considerazioni già svolte in relazione ai precedenti provvedimenti segnalando che il Liechtenstein presenta una condizione sul piano giuridico-fiscale esprime una condizione meno avanzata rispetto ai Paesi trattati in precedenza.

  Andrea MANCIULLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 9.