CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 1 ottobre 2015
514.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 15

SEDE REFERENTE

  Giovedì 1o ottobre 2015. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO.

  La seduta comincia alle 14.20.

Variazione nella composizione della Commissione.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che per il gruppo del Partito democratico è entrato a far parte della I Commissione il deputato Roberto Giachetti e non ne fa più parte il deputato Ettore Rosato.

Sull'ordine dei lavori.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, propone di invertire l'ordine del giorno previsto, nel senso di procedere, in primo luogo, all'esame dei provvedimenti in sede referente e, successivamente, all'esame dell'atto di Governo.

  La Commissione concorda.

Modifica all'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, recante disposizioni volte a garantire l'equilibrio nella rappresentanza tra donne e uomini nei consigli regionali.
C. 1278 Marco Meloni e C. 3297, approvata dal Senato.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Dorina BIANCHI (AP), relatrice, passando ad esaminare, anzitutto, la proposta di legge di iniziativa parlamentare C. 3297, Pag. 16approvata in prima lettura dal Senato, occorre rilevare che essa si pone in linea di continuità con i provvedimenti approvati dal Parlamento nelle ultime due legislature per promuovere l'equilibrio di genere all'interno delle assemblee elettive.
  Fa notare che nella scorsa legislatura, infatti, è stata approvata la legge n. 215 del 2012, volta a promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali; invece, nella legislatura in corso sono state introdotte misure per garantire la rappresentanza di genere nel sistema di elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo, con la legge n. 65 del 2014, nonché nel nuovo sistema elettorale della Camera dei deputati (cosiddetto Italicum), approvato con la legge n. 52 del 2015 (articolo 1, comma 1, lettere b) e c), e articolo 2, comma 10, lettere c) e d)), che troverà applicazione dal 1o luglio 2016. Occorre, infatti, considerare che, in generale, la presenza media delle donne nei consigli regionali è molto bassa, attestandosi intorno al 18 per cento, sensibilmente al di sotto del dato delle elezioni nazionali (pari al 30,1 per cento nel 2013), nonché della media UE-28, che risulta pari al 32 per cento.
  Rileva che il provvedimento in esame introduce, tra i principi fondamentali in base ai quali le Regioni sono tenute a disciplinare con legge il sistema elettorale regionale, l'adozione di specifiche misure per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive. A tal fine, modifica la legge n. 165 del 2004, che – in attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione – reca per l'appunto i principi fondamentali concernenti il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali.
  Passando ad esaminare nel dettaglio il contenuto del provvedimento, osserva che l'articolo 1 della proposta C. 3297 modifica l'articolo 4, comma 1, della legge n. 165 del 2004, che stabilisce i principi fondamentali cui le regioni devono attenersi nella disciplina del proprio sistema elettorale. In particolare, è oggetto di modifica la lettera c-bis), recentemente introdotta dalla legge n. 215 del 2012, che prevede tra i principi la «promozione della parità tra uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l'accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive». In luogo del mero rinvio alle misure di incentivo, la nuova formulazione indica le specifiche misure da adottare ai fini della «promozione delle pari opportunità» tra donne e uomini, declinandole sulla base dei diversi sistemi elettorali adottabili a livello regionale. Pertanto, il testo prevede tre ipotesi con riferimento alle liste con preferenze, alle liste bloccate e ai collegi uninominali.
  Qualora la legge elettorale regionale preveda l'espressione di preferenze, sono previsti due meccanismi per promuovere la rappresentanza di genere: quota di lista del 40 per cento: in ciascuna lista i candidati di uno stesso sesso non devono eccedere il 60 per cento del totale; preferenza di genere: deve essere assicurata l'espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso. In caso contrario, le preferenze successive alla prima sono annullate. Nel caso in cui la legge elettorale regionale preveda le liste senza espressione di preferenze (liste bloccate), deve essere prevista l'alternanza tra candidati di sesso diverso, in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60 per cento del totale.
  Ricorda che il nuovo sistema elettorale della Camera – che, come già detto, prevede un sistema misto con capolista «bloccato» e preferenze per gli altri candidati – prevede un'alternanza di genere nelle liste, da intendersi come alternanza 1-1.
  Nel caso in cui il sistema elettorale regionale preveda collegi uninominali, nell'ambito delle candidature presentate con il medesimo simbolo i candidati di un sesso non devono eccedere il 60 per cento del totale (si rileva che nessun sistema elettorale adottato in Italia prevede allo Pag. 17stato collegi uninominali). Non è invece prevista una «clausola residuale», che detti i principi nel caso in cui la legge elettorale preveda un sistema che non rientri in quelli disciplinati. I principi dettati dalla proposta di legge, inoltre, non indicano le sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle disposizioni volte a garantire la rappresentanza di genere.
  Le sanzioni possono infatti configurarsi diversamente, potendosi prevedere l'inammissibilità della lista o una mera sanzione pecuniaria. Le disposizioni vigenti per il nuovo sistema elettorale della Camera, per le elezioni europee e per le elezioni comunali (ad eccezione dei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti) prevedono come sanzione l'inammissibilità delle liste. I principi dettati dalla legge non risultano inoltre applicabili nelle regioni a statuto speciale, per le quali vale quanto stabilito dalla legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2, che ha modificato gli statuti speciali della regione Siciliana, della Valle d'Aosta, della Sardegna, del Friuli-Venezia Giulia e del Trentino-Alto Adige, attribuendo a ciascuna regione la competenza legislativa sul proprio sistema di elezione dei consiglieri, del Presidente e degli altri componenti della Giunta, nonché la disciplina dei casi di ineleggibilità e incompatibilità, senza il limite dei principi stabiliti con legge statale (come previsto per le regioni a statuto ordinario). La legge elettorale regionale deve – tra l'altro – «promuovere condizioni di parità per l'accesso alle consultazioni elettorali». L'articolo 2, infine, stabilisce il termine di entrata in vigore del provvedimento, fissato al giorno successivo a quello della pubblicazione.
  Osserva che la proposta di legge Marco Meloni ed altri C. 1278 interviene anch'essa sul principio fondamentale per il sistema di elezione regionale relativo alla promozione della parità tra uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive, attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l'accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive (articolo 1, comma 4, lettera c-bis, legge n. 165 del 2004, sostituita dall'articolo 1). Il principio è integrato con l'indicazione del tipo di misure che le leggi regionali sono tenute ad adottare, ossia: la previsione di una quota minima di candidati del sesso sottorappresentato nelle liste; la previsione di meccanismi che contemplino, nel caso di espressione di voto di preferenza, la possibilità di esprimere due preferenze per candidati di sesso diverso. Tale indicazione risulta meno specifica rispetto a quella del testo approvato dal Senato. La proposta di legge interviene poi modificando la legge statale sul sistema elettorale regionale, che si applica nelle regioni che non hanno legiferato in materia. Tale disciplina è inoltre in vario modo richiamata da diverse leggi elettorali regionali.
  Viene in particolare sostituito l'articolo 2 della legge n. 43 del 1995 (nuove norme per la elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario), aggiungendo al testo vigente le seguenti previsioni: doppia preferenza di genere, per cui è riconosciuta la possibilità per l'elettore di esprimere una seconda preferenza per un candidato di sesso diverso dal primo, precisando che, in caso di indicazione di un candidato dello stesso sesso del primo, la seconda preferenza è annullata (a suo avviso, dovrebbe conseguentemente essere modificata anche la disposizione che prevede un solo rigo per l'espressione della preferenza); quota di lista del 40 per cento, per cui in ogni lista regionale o provinciale, a pena di inammissibilità, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento dei candidati. È infine espressamente previsto che le nuove previsioni si applicano fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di adeguamento al nuovo principio recato dalla lettera c-bis). Le nuove previsioni, come sottolinea anche la relazione illustrativa, dovrebbero trovare applicazione, fino al recepimento del nuovo principio, nelle regioni in cui trova applicazione, anche in forza di recepimento diretto, la legge n. 43 del 1995.
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva che l'articolo 122, primo comma, della Pag. 18Costituzione prevede che il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi. La proposta di legge Marco Meloni n. 1278 modifica la legge statale sul sistema elettorale regionale, che continua ad applicarsi nelle regioni che non hanno legiferato in materia. La legge statale è inoltre in vario modo richiamata da diverse leggi elettorali regionali. In materia, l'assetto delle competenze è stato precisato da pronunce della Corte costituzionale. Secondo la sentenza n. 196 del 2003 «con la legge costituzionale n. 1 del 1999 la disciplina dell'organizzazione di governo delle Regioni è stata profondamente innovata. Spetta ora ai nuovi statuti, approvati con legge regionale, determinare, in armonia con la Costituzione, la forma di governo delle Regioni e i principi fondamentali della loro organizzazione e del loro funzionamento (nuovo articolo 123, primo comma, della Costituzione). Spetta alla legge della Regione disciplinare il sistema di elezione del Consiglio, della Giunta e del Presidente regionale (per la Giunta, solo se lo statuto accoglie un sistema diverso da quello dell'elezione del Presidente a suffragio universale e diretto), nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi (nuovo articolo 122, primo e quinto comma, della Costituzione)». Dalla citata sentenza emerge un richiamo alla sentenza n. 376 del 2002 e alla ordinanza n. 383 del 2002 in forza del quale la Corte costituzionale afferma che a «seguito di tale riforma, le leggi statali in materia conservano la loro efficacia, in forza del principio di continuità, fino a quando non vengano sostituite dalle leggi regionali: ma la potestà legislativa in tema di elezione dei Consigli regionali spetta ormai alle Regioni. Né è a dirsi che tale potestà regionale possa essere esercitata solo dopo che lo Stato abbia dettato i principi fondamentali cui i legislatori regionali dovranno attenersi, ai sensi dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione». Inoltre, anche in questo caso (come già stabilito dalla sentenza n. 282 del 2002) «non vi è ragione per ritenerne precluso l'esercizio fino alla statuizione di nuovi principi, con la conseguenza che il legislatore statale, omettendo di dettare tali principi, potrebbe di fatto paralizzare l'esercizio della competenza regionale a tempo indeterminato. Vale dunque il principio per cui la legislazione regionale può disciplinare le nuove materie – e nella specie l'elezione del Consiglio – nel rispetto dei principi fondamentali che si ricavano dalla preesistente legislazione statale».
  Quanto al rispetto degli altri princìpi costituzionali, in relazione alla proposta di legge in esame viene in rilievo l'articolo 51 della Costituzione che, al primo comma (come riformulato dalla legge costituzionale n. 1 del 2003), solo per le cariche elettive e agli altri uffici pubblici, riconosce, il diritto del cittadino di accedere in condizioni di eguaglianza alle cariche elettive, a garanzia del quale la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. Si ricorda, inoltre, l'articolo 117, settimo comma, della Costituzione, come modificato dalla riforma introdotta con legge costituzionale n. 3 del 2001, ai sensi del quale le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. Anche negli Statuti delle regioni ad autonomia speciale, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge costituzionale n. 2 del 2001, si demanda alle leggi elettorali regionali il compito di promuovere condizioni di parità fra i sessi per l'accesso alle consultazioni elettorali.
  Ricorda, infine, che la proposta di legge di riforma costituzionale, approvata in prima lettura dalla Camera ed attualmente all'esame del Senato (S. 1429-B), modifica l'articolo 122, primo comma, della Costituzione, Pag. 19affidando in modo esplicito alla legge statale ivi prevista – ossia la legge che disciplina i principi fondamentali del sistema di elezione e dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali – la determinazione dei principi fondamentali per promuovere l'equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza.

  Elena CENTEMERO (FI-PdL) auspica che sul tema in oggetto la Commissione possa svolgere un ciclo di audizioni informali, al fine di acquisire utili elementi di conoscenza per il prosieguo dell'esame del provvedimento.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, fa presente che le modalità di prosecuzione dell'esame saranno definite in una prossima riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nell'ambito del quale sarà valutata anche l'opportunità di svolgere un ciclo di audizioni informali sul tema.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).
C. 1651 cost., Consiglio regionale della Sardegna e C. 3212 cost., Francesco Sanna.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Francesco SANNA (PD), relatore, osserva che le proposte di legge costituzionale C. 1651 di iniziativa del Consiglio regionale della Sardegna e C. 3212 di iniziativa parlamentare (on. Francesco Sanna ed altri) modificano lo Statuto speciale della regione Sardegna (legge costituzionale n. 3 del 1948) in diversi punti. Uno di questi, comune alle due proposte, consiste nella soppressione del riferimento alle province nel testo dello statuto.
  Fa notare che la proposta C. 1651, oltre ad incidere sul sistema delle province regionali, interviene sul sistema elettorale regionale, prevedendo la possibilità di indire le elezioni per il rinnovo del Consiglio contestualmente alla data delle elezioni politiche nazionali o di quelle del Parlamento europeo. Più ampia l'area di intervento della proposta C. 3212, riconducibile ad un duplice profilo: in primo luogo, viene posta in capo alla giunta la potestà regolamentare (attualmente in capo al consiglio regionale); in secondo luogo, è oggetto di modifica, in più parti, la disciplina statutaria che concerne gli enti locali.
  In particolare viene soppressa, come si è detto, la previsione statutaria delle province; viene disciplinato nello Statuto il Consiglio delle autonomie locali, al quale viene altresì attribuito il potere di iniziativa legislativa; vengono specificate le modalità di attribuzione ai comuni delle funzioni amministrative; si attribuisce alla legge regionale la possibilità di prevedere modalità, anche obbligatorie e nella forma di città metropolitana, di esercizio associato di funzioni comunali; vengono disciplinate le procedure per la fusione di comuni e per la creazione di nuovi comuni.
  Passando ad esaminare nel dettaglio il contenuto dell'articolato dei provvedimenti in esame, quanto alla proposta di legge C. 1651, l'articolo 1 modifica l'articolo 43 dello Statuto che, nella versione vigente, dispone il mantenimento della struttura di enti territoriali per le province di Cagliari, Nuoro e Sassari e individua il procedimento di mutamento delle relative circoscrizioni (che possono essere modificate con legge regionale e previo referendum delle popolazioni interessate). In luogo di tale previsione, la proposta stabilisce che l'ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni è disciplinato con legge regionale, richiamando un'altra disposizione statutaria, l'articolo 3, primo comma, lettera b), che ricomprende nella potestà legislativa regionale, appunto, l'ordinamento degli enti locali, da esercitare in armonia con la Costituzione e i principi Pag. 20dell'ordinamento giuridico della Repubblica. La disposizione abroga dunque il riferimento nello Statuto alle province, che non sono pertanto più enti «statutariamente» necessari. Viene così portato a compimento un processo iniziato in Sardegna nel 2012, con l'esito positivo dei due referendum regionali per il superamento delle province e strettamente collegato con la generale riforma del sistema nazionale delle province e degli enti locali.
  Rileva che l'articolo 2, di modifica dell'articolo 18 dello Statuto, amplia il periodo temporale in cui è possibile l'indizione delle elezioni regionali, al fine di consentirne l'eventuale abbinamento con quelle politiche ed europee.
  Quanto alla proposta di legge C. 3212, l'articolo 1 trasferisce alla giunta la potestà regolamentare, attualmente posta in capo al consiglio regionale. A tal fine viene soppresso (modificando l'unico comma dell'articolo 27 dello Statuto) il riferimento all'esercizio delle funzioni regolamentari da parte del consiglio regionale. Viene poi introdotto un nuovo comma (il secondo) con cui si affida il potere regolamentare alla giunta regionale.
  La disposizione recepisce il mutamento del ruolo e delle funzioni degli organi delle regioni a statuto ordinario sancito dalla legge costituzionale n. 1 del 1999 che ha, tra l'altro, trasferito alle regioni la potestà legislativa in materia elettorale.
  Osserva che l'articolo 2 interviene in ordine al potere di iniziativa legislativa prevedendo che esso possa essere esercitato, oltre che dalla giunta regionale e da ciascun membro del Consiglio dal popolo sardo, come attualmente previsto dall'articolo 28 dello Statuto, anche dal Consiglio delle autonomie locali. La disposizione va letta congiuntamente all'articolo 5 della proposta in esame che introduce nel testo statutario (all'articolo 44) la previsione di tale istituto quale organo di rappresentanza istituzionale dei comuni, cui sono affidate funzioni consultive e di proposta in determinati ambiti.
  Ricorda che l'articolo 123, comma quarto, della Costituzione (introdotto dalla legge costituzionale n. 3 del 2001) prevede che ogni regione disciplini nel proprio statuto il Consiglio delle autonomie locali quale «organo di consultazione» fra regione ed enti locali. La Sardegna, anche in assenza di una previsione statutaria, ha già istituito il Consiglio delle autonomie locali con la legge regionale 17 gennaio 2005, n. 1.
  L'articolo 3 modifica la rubrica del titolo V dello Statuto da «Enti locali» a «Rapporti tra la regione e le autonomie locali», al fine di adeguarla al nuovo contenuto del titolo profondamente modificato dalla proposta in esame.
  L'articolo 4 (di modifica dell'articolo 43 dello Statuto), oltre ad abrogare il riferimento nello statuto alle province, in analogia con la proposta C. 1651 abbinata, ha la più ampia finalità di riordinare i principi alla base del sistema delle autonomie territoriali regionali.
  L'articolo in esame, come accennato, modifica integralmente l'articolo 43 che riguarda così la disciplina delle funzioni amministrative regionali le quali, ai sensi del vigente articolo 44 dello Statuto, sono esercitate normalmente dalla regione attraverso delega agli enti locali o avvalendosi dei loro uffici. Il contenuto dell'articolo 44 viene così trasfuso nel nuovo articolo 43 e aggiornato al dettato dell'articolo 118 della Costituzione, così come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001. In ossequio al principio di sussidiarietà recato dal citato articolo della 118 Costituzione, il nuovo articolo 43 stabilisce che le funzioni e i compiti, amministrativi sono attribuiti in via generale ai comuni. Solamente in presenza di determinate condizioni, esse sono attribuite alla regione ed in particolare per esigenze di: programmazione; coordinamento; disciplina unitaria nel territorio regionale; tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di cui all'articolo 117, comma secondo, lettera m) della Costituzione. Oltre alle funzioni amministrative proprie, i comuni sono titolari di quelle conferite loro dallo Stato o dalla regione (formula che riproduce sostanzialmente il principio recato dal secondo comma dell'articolo 118 della Costituzione). Pag. 21A fianco del «conferimento» funzionale, viene mantenuto il principio (attualmente oggetto dell'articolo 44 dello statuto) della delega agli enti locali quale strumento privilegiato di esercizio delle funzioni amministrative regionali. Viene, inoltre, prevista la possibilità di esercitare in forma associata le funzioni comunali che possono assumere, a titolo esemplificativo, la forma della città metropolitana o di ente locale di area vasta sovracomunale. In quest'ultimo caso i relativi organi non saranno eletti direttamente dai cittadini. In ogni caso, le modalità di esercizio associato sono demandate alla legge regionale che può prevedere anche l'obbligatorietà di detto esercizio (secondo comma). La disposizione configura dunque la città metropolitana come una forma associata di funzioni comunali. In base alla legge n. 56 del 2014, invece, le città metropolitane sono istituite in sostituzione delle province. Infine, una disposizione di chiusura, dispone l'adeguato finanziamento da parte di Stato e regione per l'esercizio delle funzioni conferite.
  L'articolo 5 della proposta di legge in esame sostituisce l'articolo 44 dello Statuto, il cui contenuto vigente è trasfuso, come si è visto, nel precedente articolo 43. Il nuovo articolo 44 ha per oggetto i comuni, le città metropolitane e il Consiglio delle autonomie locali.
  I comuni sono definiti quali enti fondamentali su cui si basa l'ordinamento delle autonomie locali della regione. I comuni possono essere aggregati (dalla legge regionale, come previsto dal nuovo articolo 43) anche nella forma di città metropolitana. Comuni e città metropolitane sono enti autonomi obbligatori, con propri statuti, poteri e funzioni, secondo i principi fissati dalla Costituzione, dallo Statuto e dalle leggi regionali (primo comma). Il secondo comma, come accennato, introduce nello Statuto il Consiglio delle autonomie locali, definito organo di rappresentanza istituzionale dei comuni con funzioni consultive e di proposta. Due specifiche funzioni propositive del Consiglio sono indicate nei commi successivi. Si tratta (secondo comma) del diritto di iniziativa legislativa nelle seguenti materie: ordinamento e funzioni delle autonomie locali; organi di governo; legislazione elettorale; disposizioni di principio sulle forme associative degli enti locali. Come accennato, ai sensi dello Statuto vigente, il diritto di iniziativa legislativa spetta alla giunta, al consiglio e al «popolo sardo» (articolo 28). Inoltre, il Consiglio può proporre alla giunta regionale di promuovere giudizio davanti alla Corte costituzionale nel caso di atti statali ritenuti lesivi dell'autonomia dei comuni (terzo comma). Si tratta di una funzione già attribuita al Consiglio delle autonomie locali da pare della citata legge regionale istitutiva (legge regionale n. 1 del 2005, articolo 2, comma 1, lettera c)). Una disposizione inserita nel terzo comma, demanda alla legge (regionale) la disciplina dei poteri e la composizione del Consiglio.
  L'articolo 6 sostituisce l'articolo 45 dello Statuto in materia di istituzione di nuovi comuni e di modifica del territorio e della denominazione di quelli esistenti.
  Attualmente, la norma si limita ad affidare tale potere alla regione che lo esercita con propria legge e previa consultazione delle popolazioni interessate. Ricorda in proposito che l'articolo 133, secondo comma, della Costituzione, prevede che le regioni, previa consultazione delle popolazioni interessate, possono istituire con legge nuovi comuni e modificare le loro circoscrizioni territoriali e denominazioni. La disposizione in commento interviene sul contenuto dei poteri della regione, prevedendo che la stessa può disporre la fusione di comuni esistenti o la creazione di nuovi comuni, con un minimo di 10.000 abitanti. Viene pertanto espunto dallo statuto il riferimento al mutamento delle circoscrizioni e delle denominazioni dei comuni, cui non si applica pertanto il procedimento previsto. Il procedimento per la fusione di comuni esistenti o la creazione di nuovi comuni (con almeno 10.000 abitanti) viene disciplinato più in dettaglio, articolandosi nelle seguenti fasi: iniziativa legislativa, da parte, oltre dai soggetti ordinari, anche dai consigli comunali – a condizione che rappresentino Pag. 22almeno un terzo delle popolazioni interessate – e da un numero di elettori pari almeno a un decimo delle popolazioni interessate di ogni comune; parere dei consigli comunali interessati; parere del consiglio delle autonomie locali; referendum consultivo delle popolazioni interessate (che si deve svolgere necessariamente prima del voto definitivo del consiglio regionale) con un quorum di validità legato al numero di partecipanti che deve essere almeno pari alla maggioranza dei votanti alle precedenti elezioni regionali; approvazione della legge regionale da parte della maggioranza assoluta del consiglio.
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, segnala che l'articolo 116, primo comma, della Costituzione prevede che gli statuti delle cinque Regioni ad autonomia speciale siano adottati con legge costituzionale. Tali statuti possono essere modificati secondo la procedura di cui all'articolo 138 della Costituzione per l'approvazione delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali.
  Ai sensi dell'articolo 54 dello Statuto sardo (come modificato dalla legge costituzionale n. 2 del 2001) per la modifica dello statuto speciale si applica la procedura prevista dalla Costituzione per le leggi costituzionali (articolo 138 della Costituzione). L'iniziativa, oltre che al Governo e ai parlamentari, appartiene anche al Consiglio regionale e a ventimila elettori. Le suddette norme dispongono inoltre che le proposte di modificazione di iniziativa governativa o parlamentare sono trasmesse al Consiglio regionale, che esprime il suo parere entro due mesi. Le modificazioni allo statuto approvate dalle Camere non sono comunque sottoposte a referendum nazionale (anche nell'ipotesi in cui vengano approvate a maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei componenti di ciascuna Camera in seconda deliberazione).
  In conclusione, auspica, quindi, che la presidenza si attivi presso la Presidente della Camera perché segnali al Governo l'esigenza di acquisire il parere del Consiglio regionale della Sardegna sulla proposta di legge C. 3212, a sua prima firma, affinché si possa procedere lungo l'iter di esame.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, ricorda, come peraltro evidenziato dal relatore, che l'articolo 54 dello Statuto speciale per la regione Sardegna (legge costituzionale n. 3 del 1948, così come modificata dalla legge costituzionale n. 2 del 2001) prevede, al secondo comma, che i progetti di modificazione dello statuto medesimo di iniziativa governativa o parlamentare siano comunicati dal Governo al Consiglio regionale, che esprime il suo parere entro due mesi. Alla luce di tale previsione risulta necessario acquisire il parere del Consiglio regionale della Sardegna sulla proposta di legge costituzionale C. 3212, d'iniziativa del deputato Sanna. Avverte quindi che, se non vi sono obiezioni, scriverà al Presidente della Camera perché segnali al Governo l'esigenza di acquisire tale parere sul provvedimento in questione.

  La Commissione concorda.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, fa presente, per quanto riguarda il progetto di legge costituzionale C. 1651, che, essendo esso d'iniziativa del Consiglio regionale della Sardegna, non appare necessaria l'acquisizione del parere del medesimo Consiglio regionale.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), intervenendo sull'ordine dei lavori, ritiene opportuno sottolineare sin d'ora l'esigenza di svolgere una riflessione profonda circa il riordino dei principi alla base del sistema delle autonomie territoriali regionali disposto dalla proposta di legge costituzionale Sanna C. 3212, soprattutto per quanto concerne il ruolo che tale provvedimento attribuirebbe alle Città metropolitane. Rilevato che tale tema assume una valenza generale a prescindere dalla regione coinvolta, giudica infatti opportuno che l'analisi su tale proposta di modifica statutaria sia inquadrata coerentemente Pag. 23nell'ambito degli interventi di riforma istituzionale attuati di recente, i quali, nel ridisegnare i confini e le competenze dell'amministrazione locale, hanno valorizzato il ruolo di coordinamento della città metropolitana, ruolo che, a suo avviso, mal si concilierebbe con l'aggregazione di enti di piccole dimensioni.
  Si chiede quindi se sia opportuna l'introduzione di ulteriori livelli di governo, peraltro di diversa dimensione, alla luce della normativa vigente e considerato anche quanto previsto dalla riforma costituzionale attualmente in corso di esame parlamentare.

  Riccardo NUTI (M5S), intervenendo sull'ordine dei lavori, giudica assolutamente inutile l'istituzione di Città metropolitane soprattutto in talune realtà regionali, tra le quali cita, oltre alla stessa Sardegna, la Sicilia e la Calabria.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.40.

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 1o ottobre 2015. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO.

  La seduta comincia alle 14.40

Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante approvazione del piano per il riordino dell'Autorità nazionale anticorruzione.
Atto n. 200.
(Seguito dell'esame ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 29 settembre.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.45.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 1o ottobre 2015.

  L'ufficio di presidenza si è svolto dalle 14.45 alle 15.