CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 29 settembre 2015
512.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Martedì 29 settembre 2015. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. – Interviene il sottosegretario di Stato dell'economia e delle finanze Enrico Zanetti.

  La seduta comincia alle 13.40.

Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015.
Doc. LVII, n. 3-bis.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Michele PELILLO (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini dell'espressione del parere alla Commissione Bilancio, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015 (Doc. LVII, n. 3-bis).
  Nel richiamare il contesto decisionale in cui si inserisce la Nota, preliminarmente ricorda che, sulla base del calendario previsto nell'ambito del Semestre europeo, la legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità pubblica) dispone che il processo di programmazione economica inizi il 10 aprile, data di presentazione alle Camere del Documento di economia e finanza (DEF), al fine di consentire al Parlamento di esprimersi sugli obiettivi programmatici in tempo utile per l'invio, entro il 30 aprile, al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma (PNR) contenuti nel DEF.
  Sulla base del PNR e del Patto di Stabilità contenuti nel DEF 2015, la Commissione europea ha elaborato le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati, che nel mese di luglio il Consiglio ECOFIN ha provveduto ad esaminare ed approvare, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno. Si tratta di 6 Raccomandazioni, concernenti rispettivamente:
   gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità; Pag. 45
   le infrastrutture e la politica di coesione;
   le riforme istituzionali, pubblica amministrazione e giustizia civile;
   i settori bancario e finanziario;
   il mercato del lavoro ed educazione;
   le semplificazioni, concorrenza e servizi pubblici locali.

  Ad esse è dedicato il capitolo IV della Nota, con l'indicazione delle azioni intraprese per attuarle.
  Rammenta quindi che, anche al fine di tener conto delle raccomandazioni formulate dalle autorità europee, la legge di contabilità prevede inoltre la presentazione, entro il 20 settembre di ogni anno, di una Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza.
  Per quanto riguarda il contenuto proprio della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, l'articolo 10-bis della citata legge di contabilità stabilisce che essa deve contenere l'eventuale aggiornamento delle previsioni macro-economiche e di finanza pubblica per l'anno in corso e per il periodo di riferimento, nonché le eventuali modifiche e integrazioni al DEF conseguenti alle raccomandazioni del Consiglio europeo relative al Programma di stabilità e al PNR.
  Con la Nota sono altresì aggiornati gli obiettivi programmatici individuati dal DEF, al fine di prevedere una loro diversa ripartizione tra lo Stato e le amministrazioni territoriali ovvero di recepire le indicazioni contenute nelle raccomandazioni eventualmente formulate dalla Commissione europea; l'obiettivo di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e di saldo di cassa del settore statale; il contenuto del Patto di stabilità interno e le sanzioni da applicare in caso di mancato rispetto del Patto medesimo, nonché il contenuto del Patto di convergenza, e le misure volte a realizzare il percorso di convergenza previsto dall'articolo 18 della legge n. 42 del 2009 di attuazione del federalismo fiscale.
  La Nota dà quindi conto di eventuali disegni di legge che, a completamento della manovra di bilancio, il Governo considera collegati alla decisione di bilancio.
  Al riguardo segnala, peraltro, come la Nota non dia conto di disegni di legge collegati.
  La Nota di aggiornamento del DEF contiene altresì, all'Allegato I, le relazioni sulle spese di investimento e le relazioni sulle relative leggi pluriennali, all'Allegato II, il rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell'evasione fiscale, nonché, all'Allegato III, la Relazione, redatta ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012 (di attuazione del principio del pareggio di bilancio recentemente introdotto in Costituzione), con la quale viene illustrato l'aggiornamento del piano di rientro verso il pareggio di bilancio (MTO) contenuto nel Documento di economia e finanza 2015, contenuto nel Documento di Economia e Finanza 2015, presentato alle Camere nel mese di aprile, e confermato dalla Relazione al Parlamento del 9 giugno 2015.
  Ricorda in tale contesto che l'Italia è attualmente sottoposta al braccio preventivo del patto di stabilità e crescita, presenta squilibri macroeconomici eccessivi che richiedono un monitoraggio specifico ed è soggetta alla regola del debito transitoria nel periodo 2013-2015. Nel programma di stabilità 2015 l'Italia ha chiesto una deviazione temporanea pari a 0,4 punti percentuali di PIL dal percorso di avvicinamento richiesto verso l'obiettivo a medio termine nel 2016 per tenere conto di significative riforme strutturali con ricadute positive sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche.
  Segnala quindi come, in merito, nella presente Nota di aggiornamento il Governo dichiari di voler utilizzare pienamente i margini di flessibilità in materia di riforme strutturali con riferimento al 2016 (ulteriore 0,1 punti percentuali di PIL, rispetto agli 0,4 sopra citati) e di chiedere l'applicazione della clausola per gli investimenti per 0,3 punti percentuali di PIL.
  Complessivamente il margine di flessibilità richiesto ammonta a 0,8 punti percentuali Pag. 46di PIL ed è volto a irrobustire i primi segnali di ripresa della crescita del PIL e rafforzare per questa via il processo di consolidamento fiscale.
  Tale scelta, che comporta un percorso di risanamento più graduale di quello contenuto nel DEF di aprile, si riflette necessariamente sul raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali, che viene ora previsto nel 2018, con un allungamento di un anno rispetto a quanto stabilito nel DEF 2015, ivi riferito all'anno 2017.
  Nella Nota viene dichiarato altresì che verrà richiesto un ulteriore margine di manovra pari a 0,2 punti percentuali di PIL, per far fronte ai costi relativi all'accoglienza degli immigrati, tale margine addizionale è escluso dalle stime.
  Passando quindi al contenuto specifico della Nota 2015, essa si articola in 4 capitoli, relativi, rispettivamente, al quadro complessivo e agli obiettivi di politica economica, al quadro macroeconomico, all'indebitamento netto e al debito pubblico, e alla strategia nazionale e alle raccomandazioni del Consiglio europeo.
  Sintetizzando in brevi termini il contenuto dei capitoli da 1 a 3, segnala che la Nota presenta una revisione al rialzo delle stime sull'andamento dell'economia italiana per l'anno in corso rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile 2015, in considerazione dei segnali di ripresa dell'economia italiana nella prima parte dell'anno. Anche per gli anni successivi, a partire dal 2017, la Nota espone una revisione verso l'alto delle previsioni, in considerazione delle prospettive più positive della domanda mondiale, sebbene in un contesto internazionale che presenta un recupero meno accentuato nel medio periodo di quanto previsto.
  A sostegno della ripresa, inoltre, il Governo ribadisce il ruolo determinante della politica monetaria espansiva della BCE che – osserva la Nota – avrebbe iniziato a dare risultati aggiuntivi a quelli determinati dal deprezzamento del cambio, grazie a una riduzione della frammentazione finanziaria che danneggiava i paesi periferici.
  Le condizioni del mercato del credito in Italia hanno continuato a migliorare, con un'ulteriore riduzione dei tassi bancari alla clientela e il miglioramento del flusso di crediti all'economia. Le condizioni finanziarie favorevoli dovrebbero protrarsi e consolidarsi: la linea dichiarata dalla Banca Centrale tramite il suo Presidente, dovrebbe mettere in buona parte al riparo il sistema dell'euro dall'accentuarsi della volatilità sui mercati e da un eventuale rialzo dei tassi di interesse internazionali.
  Per quanto riguarda il quadro economico e di finanza pubblica, evidenzia un miglioramento delle stime di crescita del PIL per l'anno in corso rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile 2015: in particolare, la previsione di crescita del PIL reale per il 2015 sale dallo 0,7 per cento del DEF di aprile allo 0,9 per cento. Anche le previsioni per gli anni successivi sono lievemente riviste rispetto al DEF, indicando una crescita del PIL intorno all'1,3 per cento per l'intero periodo previsivo, leggermente più positiva rispetto al DEF a partire dal 2017.
  Tali previsioni includono gli effetti sull'economia delle clausole di salvaguardia che prevedono aumenti di imposte per il 2016, 2017 e 2018, i cui effetti stimati portano a un aumento dei prezzi e a una conseguente riduzione dei redditi disponibili delle famiglie che frena la dinamica dei consumi e, in minor misura, del PIL.
  In particolare la Nota prevede per il 2015 un indebitamento netto a legislazione vigente del 2,6 per cento del PIL, mentre le previsioni assunte nel DEF lo collocavano al 2,5 per cento. Tali effetti sono ascrivibili principalmente, come evidenziato dalla Nota, alle misure contenute nel decreto-legge n. 65 del 2015 che ha disciplinato gli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2015, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità delle disposizioni contenute nel decreto-legge n. 201 del 2011, che prevedevano la deindicizzazione totale nel biennio 2012-2013 per le pensioni di importo complessivamente superiore a tre volte il trattamento minimo. Con il decreto legge n. 65 del Pag. 472015 è stata disposta, tra l'altro, la modifica della disciplina della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici dovuti per gli anni 2012-2013, prevedendo un meccanismo di rivalutazione parziale.
  Gli altri provvedimenti che hanno inciso su tale peggioramento sono:
   il decreto-legge n. 78 del 2015, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali;
   il decreto-legge n. 83 del 2015, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile;
   la legge n. 107 del 2015, recante la riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione.

  Segnala quindi come, negli anni successivi, le stime aggiornate mostrino un'evoluzione dell'indebitamento netto tendenziale più favorevole rispetto alle previsioni del DEF, con una più rapida riduzione negli anni, passando da –1,4 per cento del PIL nel 2016 al pareggio nominale nel 2017, fino a conseguire un avanzo dello 0,7 per cento nel 2018 e dell'1,0 per cento nel 2019.
  Il miglioramento del deficit rispetto alle previsioni di aprile riflette la previsione di rafforzamento dell'avanzo primario, che in rapporto al PIL rimane allineato alla stima del DEF nell'anno in corso, mentre è atteso raggiungere livelli superiori negli anni successivi. Nel 2015 l'avanzo primario è atteso collocarsi sul livello dell'1,7 per cento del PIL, come previsto lo scorso aprile; nel 2016 migliora lievemente, dal 2,8 al 2,9 per cento del PIL, e quindi si attesta su livelli progressivamente superiori negli anni seguenti, collocandosi al 5,0 per cento nel 2019 (contro il 4,6 delle stime di aprile).
  In tale ambito, segnala come, nell'anno corrente, la spesa per interessi sia attesa collocarsi a circa 70 miliardi, pari a circa 4,3 per cento del PIL, registrando un lievissimo aumento rispetto alle stime del DEF 2015 (pari allo 0,05 per cento). Nel 2016 tale rapporto rimane stabile, mentre nel 2017 inizia a scendere per collocarsi al 4,0 per cento già nel 2018 e poi nel 2019, in aumento rispetto alle stime di aprile, secondo cui gli interessi passivi erano attesi scendere al 3,7 per cento del PIL.
  Le spese diverse dagli interessi beneficiano invece degli effetti di contenimento delle misure varate negli anni precedenti e degli ulteriori risultati attesi dalla ristrutturazione della spesa avviata con la spending review. La spesa primaria della PA in rapporto al PIL è attesa ridursi di circa 3,4 punti percentuali, passando dal 46,6 per cento del PIL nel 2015 al 43,2 per cento del 2019 (43,3 per cento secondo quanto stimato nel DEF).
  L'incidenza delle entrate finali sul PIL è attesa passare a legislazione vigente dal 48,2 per cento del 2015 al 48,7 nel 2017 per poi ritornare progressivamente al 48,2 per cento nel 2019. L'andamento riflette la dinamica delle entrate tributarie, che in rapporto al PIL salirebbero, sulla base delle clausole di salvaguardia, dal 30,4 per cento nel 2015 al 31,3 per cento nel 2017, per poi tornare a calare gradualmente al 30,9 per cento del PIL a fine periodo.
  Con riferimento agli ambiti di diretto interesse della Commissione Finanze, la Nota segnala come, per le medesime ragioni, la pressione fiscale risulterebbe in crescita: dal 43,7 per cento nel 2015 raggiungerebbe il 44,3 per cento nel 2017 per poi attestarsi al 44 per cento nel 2019.
  Tenendo conto della disattivazione delle clausole di salvaguardia e dell'impatto del provvedimento degli ottanta euro a riduzione dell'IRPEF, la pressione fiscale scende, nello scenario tendenziale, da 43,1 nel 2015 a 42,6 nel 2016 con ulteriori riduzioni negli anni successivi.
  Più in particolare, evidenzia che, nel complesso, le clausole di salvaguardia previste dalla legge di stabilità 2015 (aumento aliquote IVA e aumento accise oli minerali per la mancata autorizzazione della Commissione europea sul reverse charge al settore della grande distribuzione) e dalla legge di stabilità 2014 (variazione di aliquote d'imposta e detrazioni vigenti) determinerebbero un gettito pari a circa 16,8 miliardi nel 2016, a 26,2 miliardi nel 2017 e di poco inferiori a 29 miliardi nel 2019.Pag. 48
  Inoltre la Nota indica, nel prospetto delle entrate una tantum, la stima del gettito previsto per la emersione dei capitali detenuti all'estero (la voluntary disclousure di cui alla legge n. 186 del 2014) che risulta pari a 671 milioni nel 2015 e a 18 milioni nel 2016, già in parte utilizzate dal decreto legge n. 192 del 2014, per sterilizzare un incremento delle accise sui carburanti a decorrere dal 1o gennaio 2015 (previsto dal decreto-legge n. 102 del 2013 in materia di IMU).
  Per quanto attiene al quadro programmatico, la Nota aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il quinquennio 2015-2019 rispetto a quello contenuto nel Documento di economia e finanza (DEF) dello scorso aprile.
  L'indebitamento netto programmatico, dal 2,6 per cento del 2015 è fissato nel triennio 2016-2018, rispettivamente a 2,2, 1,1 e 0,2 per cento, fatto salvo, nel 2016, un eventuale ulteriore margine sino allo 0,2 per cento derivante dall'eventuale riconoscimento, nell'ambito delle regole del Patto di stabilità e crescita, dell'impatto economico-finanziario derivante dall'emergenza immigrazione; nel 2019 è previsto un avanzo di 0,3 per cento. Nello scenario programmatico, il rapporto tra debito e PIL si attesterà a 132,8 per cento nel 2015 per poi scendere significativamente nel triennio successivo (131,4 nel 2016, fino al 119,8 per cento nel 2019).
  Tra le finalità alle quali destinare le risorse, per il 2016 il Governo segnala le misure di alleviamento della povertà e stimolo all'occupazione, agli investimenti privati, all'innovazione, all'efficienza energetica e alla rivitalizzazione dell'economia anche meridionale.
  In tale ambito evidenzia, con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, come tra le finalità elencate dalla Nota si indichi il sostegno alle famiglie e alle imprese anche attraverso l'eliminazione dell'imposizione fiscale sulla prima casa, i terreni agricoli e i macchinari cosiddetti «imbullonati»; l'azzeramento delle clausole di salvaguardia previste da precedenti disposizioni legislative.
  Per il 2017 è prevista inoltre una riduzione della tassazione gravante sugli utili aziendali, con l'obiettivo di avvicinarla agli standard europei e di accrescere l'occupazione e la competitività dell'Italia nell'attrarre imprese ed investimenti.
  In più parti della Nota viene inoltre evidenziata l'intenzione di adottare interventi di politica fiscale favorevoli alla crescita, che comportino un alleggerimento del carico tributario su famiglie e imprese. In particolare, la Nota afferma che:
   l'aumento dei redditi disponibili reali delle famiglie produce uno stimolo ai consumi privati, con conseguenti effetti moltiplicativi sul PIL;
   la riduzione della pressione fiscale determina effetti positivi sul lato dell'offerta dell'economia, inducendo, nel tempo, ad un aumento permanente del PIL.

  Gli effetti finanziari determinati dalle misure di stimolo fiscale saranno in parte controbilanciate da risparmi di spesa finalizzati ad aumentare l'efficienza del settore pubblico: la revisione della spesa, infatti, proseguirà nel 2016 e anni seguenti, assicurando gran parte della copertura dei tagli d'imposta. Pur considerando che la riduzione della spesa limita l'impatto favorevole sulla crescita determinato dalla cancellazione delle clausole di salvaguardia, la Nota ritiene che l'adozione di un profilo più graduale di tali tagli faccia sì che gli impatti depressivi sul PIL siano leggermente inferiori a quanto stimato in sede di elaborazione del DEF.
  In particolare, tra gli interventi che si prevede di adottare nella manovra 2016 sono indicati i seguenti:
   la disapplicazione degli aumenti d'imposta previsti dalle clausole di salvaguardia poste a garanzia dei saldi di finanza pubblica dalle legge di stabilità 2014 e 2015, rispetto ai quali la copertura della relativa perdita di gettito sarà assicurata dai tagli di spesa;
   interventi in favore delle famiglie, consistenti nella cancellazione dell'IMU e della TASI sulla prima casa;Pag. 49
   in favore delle imprese, si prevede la cancellazione dell'IMU sui macchinari cosiddetti «imbullonati», l'introduzione di misure di stimolo agli investimenti e la riduzione dell'IRES.

  Per quanto riguarda il Piano di valorizzazione del patrimonio pubblico e le privatizzazioni, cui la Nota dedica un apposito paragrafo, rammenta che la legge di stabilità 2014 ha previsto la definizione da parte del Governo di un programma straordinario di cessioni di immobili pubblici, compresi quelli detenuti dal Ministero della difesa e non utilizzati per finalità istituzionali. Tale programma avrebbe dovuto consentire introiti per il periodo 2014-2016 non inferiori a 500 milioni di euro annui. Sulla base dei dati esposti, le operazioni di vendita straordinaria di immobili pubblici hanno reso 498 milioni di euro nel 2013 e 235 milioni nel 2014.
  Successivamente la legge di stabilità 2015 ha previsto la possibilità di vendere determinati immobili pubblici a trattativa privata tramite una procedura ristretta, più concorrenziale e con il decreto ministeriale 20 luglio 2015 sono stati individuati gli investitori qualificati da ammettere a queste procedure ristrette.
  In tale contesto rammenta che l'obiettivo dichiarato dal Governo nel DEF 2015 è di realizzare introiti non inferiori a 220 milioni nel 2015 e a 100 milioni in ciascuno degli anni 2016 e 2017 attraverso la dismissione degli immobili del Ministero della difesa non più utilizzati per finalità istituzionali (alloggi di servizio e altri immobili).
  La Nota afferma che al fine di realizzare tali introiti, il Ministero della difesa ha messo a disposizione alcuni immobili già valorizzati e disponibili per la vendita. Attualmente sono in corso contatti con gli investitori e, in particolare, con Cassa Depositi e Prestiti per concludere le operazioni di vendita entro la fine del corrente anno. Essa inoltre conferma l'importanza del Piano di valorizzazione del patrimonio pubblico, il quale, congiuntamente alla vendita di partecipazioni azionarie, è volto a reperire risorse aggiuntive da destinare alla riduzione del debito e al finanziamento degli investimenti.
  Il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Agenzia del Demanio con il coordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno inoltre avviato il progetto «Proposta Immobili 2015» per coinvolgere attivamente gli Enti territoriali e gli altri soggetti del settore pubblico nell'individuazione di portafogli immobiliari di proprietà pubblica da utilizzare per operazioni di valorizzazione e dismissione. La prima fase si è conclusa il 31 maggio con l'individuazione di 686 immobili candidati da Regioni, Province, Comuni e altri Enti pubblici: castelli, ville, ex caserme, ex ospedali, scuole, teatri, conventi, palazzi, edifici storici, alberghi, impianti sportivi, per un valore complessivo di circa 2,7 miliardi. Il portafoglio immobiliare è stato successivamente frazionato in portafogli omogenei per essere destinato alla vendita o valorizzazione attraverso i diversi canali previsti dalla normativa (asta pubblica, procedura ristretta, vendita a trattativa diretta, conferimento in fondi immobiliari gestiti da INVIMIT).
  Con particolare riferimento alle iniziative assunte attraverso INVIMIT SGR (Investimenti Immobiliari Italiani, Società di gestione del risparmio), la quale ha l'obiettivo di valorizzare il patrimonio pubblico attraverso quattro fondi diretti (i3-Inail, i3- Regione Lazio, i3-Inps, i3-Università), il Fondo Stato/Difesa e il Fondo dei fondi «i-3 Core», la Nota di aggiornamento al DEF 2015 afferma che è stata conclusa la procedura di apporto di immobili pubblici ai fondi relativi a INAIL e Regione Lazio, che risultano in tal modo pienamente operativi. In particolare, secondo i dati del business plan, gli immobili pubblici apportati hanno un valore pari, rispettivamente, a 67 e 73 milioni. Con decreto del MEF è stato inoltre avviato il Fondo Stato/Difesa, a cui verranno apportati immobili dismessi dal Ministero della difesa e da altre amministrazioni dello Stato. L'INVIMIT è inoltre coinvolta, attraverso il comparto territorio del Fondo di fondi i3-Core, nel processo di dismissione degli immobili Pag. 50delle province, che dovrebbe fornire a queste ultime la liquidità necessaria a gestire il delicato processo di transizione verso il nuovo assetto istituzionale.
  Sempre in tema di dismissioni rammenta che, a norma del decreto legislativo n. 85 del 2010, concernente il federalismo demaniale, continua la procedura di individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti a comuni, province, città metropolitane e regioni, che ne dispongono nell'interesse della collettività rappresentata favorendone la «massima valorizzazione funzionale». L'articolo 56-bis del decreto-legge n. 69 del 2013 ha rinnovato la procedura di trasferimento di beni immobili, demaniali o patrimoniali, di proprietà dello Stato, attribuendo agli enti territoriali la possibilità, entro un periodo determinato, di richiedere all'Agenzia del demanio l'attribuzione di tali beni, eccetto alcune tipologie specificamente indicate. La Nota di aggiornamento al DEF 2015 afferma che al 28 agosto 2015 l'Agenzia del Demanio ha completato al 50 per cento il trasferimento a titolo gratuito e in via definitiva di 2.578 beni su 5.628 domande accolte su tutto il territorio nazionale.
  Per quanto riguarda infine il trasferimento dei beni appartenenti al demanio storico-artistico (articolo 5, comma 5, del decreto legislativo n. 85 del 2010) la Nota informa che i tavoli tecnici attivi tra i comuni richiedenti e il Ministero dei Beni Culturali e del Turismo per la definizione di programmi di valorizzazione con finalità culturali sono 227. Su 133 programmi presentati dagli enti locali, ne sono stati approvati 87 mentre si è concluso l’iter di trasferimento per 48 immobili definitivamente devoluti ai comuni.
  Passando quindi al capitolo IV della Nota di aggiornamento, relativo alla Strategia nazionale e alle raccomandazioni europee, ricorda che sul Piano nazionale di riforme (PNR) e sul Patto di Stabilità contenuti nel DEF 2015 il Consiglio ECOFIN ha approvato il 14 luglio 2015 le raccomandazioni di politica economica e di bilancio per ciascun Paese dell'UE già richiamate. Per l'Italia è intervenuta, sulla base della raccomandazione della Commissione COM (2015) 262 final, la raccomandazione 2015/C 272/16 da parte del Consiglio ECOFIN.
  Per ciò che attiene ai profili di competenza della Commissione Finanze, ricorda, in primo luogo, che sul fronte delle politiche fiscali, nelle raccomandazioni di maggio la Commissione riconosce che l'Italia sta procedendo ad alleggerire l'onere fiscale sul lavoro. Nondimeno, evidenzia che il numero e la portata delle agevolazioni fiscali è ancora eccessivamente elevato (in particolare le aliquote ridotte dell'IVA); la presenza di valori catastali obsoleti richiede un'accelerazione della riforma del catasto; nonostante l'istituzione di un comitato per la fiscalità ambientale, non si registrano progressi nell'ambito dell'imposizione ambientale dove sussistono ancora sovvenzioni dannose per l'ambiente. Da ultimo, vengono registrati bassa efficienza del sistema fiscale, alti costi di adempimento e elevata evasione fiscale (pari al 5,6 per cento del PIL).
  Pertanto la Raccomandazione n. 1, riguardante gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità, invita l'Italia a attuare la legge delega di riforma fiscale entro settembre 2015, con particolare riguardo alla revisione delle agevolazioni fiscali e dei valori catastali e alle misure per migliorare il rispetto della normativa tributaria.
  Al riguardo, la Nota afferma che la crescita sarà supportata anche da un piano di riduzione del carico fiscale su famiglie e imprese, che è stato avviato nel 2014 con l'incremento del reddito dei lavoratori a parità di costo per le imprese (bonus fiscale di 80 euro mensili ai lavoratori con i redditi più contenuti), proseguito nel 2015 con la riduzione del costo del lavoro delle imprese, a parità di reddito per i lavoratori (attraverso la cancellazione della componente lavoro dell'IRAP).
  Tale piano dovrà essere realizzato per il 2016 con l'eliminazione delle imposte sull'abitazione principale e su alcuni fattori produttivi e quindi nel 2017 e 2018 con interventi sulla fiscalità d'impresa Pag. 51(mediante un taglio dell'imposizione sugli utili d'impresa) e per le persone fisiche.
  In particolare, tra le misure definite di stimolo e aiuto ai redditi disponibili delle famiglie, è prevista la cancellazione IMU e TASI «prima casa»; tra le misure di aiuto alle imprese, è prevista la cancellazione IMU sui macchinari cosiddetti «imbullonati», e tra le misure di stimolo agli investimenti sono contemplati i tagli di IRES, nell'ottica di una strategia pluriennale di riduzione della pressione fiscale. Ai fini della crescita, i tagli alle imposte dovranno essere selettivi e mirati in modo tale da stimolare gli investimenti privati.
  Il cronoprogramma delle riforme esposto nella Nota conferma il quadro programmatorio collocando, nell'area di policy «Sistema fiscale», la riforma della tassazione locale e TASI-IMU, nel 2016; IRES-IRAP nel 2017 e IRPEF nel 2018. Le misure in questione – come indicato nella Nota – portano ad innalzare ulteriormente le previsioni di crescita, sebbene il cronoprogramma per le riforme non quantifichi per esse l'impatto sul PIL.
  Tra i principali interventi adottati nel 2015 a questo fine, la Nota richiama le misure introdotte dal decreto legge n. 83 del 2015 che hanno rivisto la disciplina fiscale per la deducibilità ai fini IRES e IRAP delle svalutazioni crediti e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari e delle imprese di assicurazione. La revisione della normativa prevede la deducibilità integrale di tali componenti negative di reddito nell'esercizio in cui sono rilevati, determinando un ridimensionamento dei crediti fiscali (Deferred Tax Asset o DTA) maturati dagli enti creditizi e finanziari contabilizzati tra le spese per trasferimenti in conto capitale.
  Per sostenere ulteriori interventi espansivi, altre fonti di finanziamento sono rappresentate dal gettito IRPEF connesso alla disposizione sulla rivalutazione dei trattamenti pensionistici (decreto-legge n. 65 del 2015) e alle misure di assunzione di personale nella scuola, nel settore della giustizia e nelle forze armate e di polizia (decreti-legge n. 78 e n. 83 del 2015, legge n. 107 del 2015).
  Alla riduzione della pressione fiscale sono destinati anche gli incassi realizzabili nel 2015 dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale, che vengono quantificati in 143 milioni di euro, che confluiscono nel Fondo appositamente costituito.
  In tale contesto, ricorda che, in attuazione della delega per la realizzazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita, contenuta nella legge n. 23 del 2014, sono stati emanati i seguenti provvedimenti, sui quali la Commissione Finanze ha espresso il suo parere:
   il decreto legislativo n. 175 del 2014, relativo alle semplificazioni fiscali e alla dichiarazione dei redditi precompilata;
   il decreto legislativo n. 188 del 2014, in materia di tassazione dei tabacchi lavorati, dei loro succedanei, nonché di fiammiferi;
   il decreto legislativo n. 198 del 2014, riguardante la composizione, le attribuzioni e il funzionamento delle Commissioni censuarie;
   il decreto legislativo n. 127 del 2015, in materia di fatturazione elettronica, trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori;
   il decreto legislativo n. 128 del 2015, recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente;
   il decreto legislativo n. 147 del 2015, recante misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese.

  Il 27 giugno 2015 il Governo ha presentato in Parlamento ulteriori cinque schemi di decreto attuativi della delega, sui quali le Commissioni si sono espresse favorevolmente e che sono ora in attesa di pubblicazione:
   lo schema di decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina dell'organizzazione delle agenzie fiscali;Pag. 52
   lo schema di decreto legislativo recante norme in materia di stima e monitoraggio dell'evasione fiscale e in materia di monitoraggio e riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale;
   lo schema di decreto legislativo recante revisione del sistema sanzionatorio;
   lo schema di decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario;
   lo schema di decreto legislativo recante misure per la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione.

  Rammenta che il 27 giugno 2015 è scaduto il termine per l'attuazione della delega. Restano quindi inattuate o parzialmente attuate le seguenti parti della delega:
   revisione del catasto dei fabbricati, fatta salva la riforma delle Commissioni censuarie (ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 23 del 2014);
   revisione della riscossione degli enti locali (articolo 10, comma 1, lettera c), della legge n. 23 del 2014);
   revisione dell'imposizione sui redditi di impresa (articolo 11, comma 1, lettera a), della citata legge n. 23);
   razionalizzazione dell'imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette, fatta salva la revisione delle accise sui tabacchi lavorati (articolo 13 della legge n. 23);
   revisione della disciplina dei giochi pubblici e rilancio del settore ippico (articolo 14 della legge n. 23);
   revisione della fiscalità energetica e ambientale (articolo 15 della legge n. 23).

  Non è stata quindi attuata la parte della Raccomandazione riguardante la revisione dei valori catastali, mentre il processo di revisione delle agevolazioni fiscali viene inserito in modo sistematico nelle procedure di bilancio. Ciò consentirà di ridiscutere pubblicamente ogni anno l'utilità delle spese fiscali, eliminando o ridimensionando quelle che appaiono, in tutto o in parte, ingiustificate o sorpassate, alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche, o quelle che costituiscono una duplicazione con interventi di spesa. I proventi della revisione delle spese fiscali confluiranno nel Fondo destinato a finanziare la riduzione strutturale della pressione fiscale. In relazione alle misure per migliorare il rispetto della normativa tributaria, segnala i già menzionati provvedimenti di attuazione della delega fiscale, in particolare i decreti sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, in materia di fatturazione elettronica, nonché quelli riguardanti la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario, la revisione del sistema sanzionatorio, la semplificazione e razionalizzazione della riscossione. Segnala, infine, che la Nota non ascrive alcun impatto positivo sul PIL con riguardo alla legge di delega fiscale.
  In relazione alla Raccomandazione n. 3 che invita l'Italia, tra l'altro, a fare in modo che le riforme adottate per migliorare l'efficienza della giustizia civile contribuiscano a ridurre la durata dei procedimenti, per gli aspetti di competenza della Commissione Finanze, il Governo rileva che a fine 2014 il contenzioso tributario pendente si è attestato al di sotto delle 600.000 cause (- 9,5 per cento rispetto all'anno precedente). I dati al 30 giugno 2015 confermano la tendenza alla riduzione delle controversie tributarie complessivamente pendenti: –2,3 per cento rispetto a fine 2014 e a –8,1 per cento rispetto al 30 giugno 2014. Per quanto riguarda i nuovi ricorsi tributari, nel 2014 il numero di quelli presentati in primo grado: –10,1 per cento rispetto al 2013.
  Quanto alla informatizzazione del processo tributario, il Governo segnala che le comunicazioni processuali a mezzo PEC hanno anticipato, di fatto, l'attuazione dell'informatizzazione del processo tributario, introdotta dall'articolo 39, comma 8, Pag. 53del decreto-legge n. 98 del 2011. È stata inoltre avviata la prima fase del processo tributario telematico, che sarò operativo dal 1o dicembre 2015 nelle Commissioni tributarie provinciali e regionali di Toscana ed Umbria.
  Ricorda che lo schema di decreto legislativo recante la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario (Atto n. 184-bis), approvato in via definitiva e in attesa di pubblicazione, ha previsto il rafforzamento della tutela giurisdizionale del contribuente mediante l'estensione degli strumenti deflattivi del contenzioso, l'estensione della tutela cautelare al processo tributario, l'immediata esecutività delle sentenze per tutte le parti, l'ampliamento della difesa personale e delle categorie di soggetti abilitati all'assistenza tecnica dinnanzi alle Commissioni tributarie nonché tramite l'incremento della funzionalità della giurisdizione tributaria.
  Viene sancito il principio in base al quale le spese del giudizio tributario seguono la soccombenza. Sono rafforzati gli istituti del processo telematico, quali la posta elettronica certificata (PEC) e il deposito telematico.
  In materia di reclamo e mediazione nel processo tributario, ferma restando la soglia di ventimila euro per accedere al reclamo, viene chiarito che il ricorso stesso produce gli effetti del reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell'ammontare della pretesa. Viene altresì statuito che le controversie di valore indeterminabile non sono reclamabili, ad eccezione di alcune controversie in materia catastale. Rispetto alle norme vigenti, l'istituto viene esteso a tutti gli enti impositori.
  La conciliazione viene resa esperibile per tutta la durata del giudizio di merito, anche mediante l'introduzione di disposizioni premiali che riducono l'entità delle sanzioni irrogabili.
  La Raccomandazione n. 4 invita l'Italia ad introdurre entro la fine del 2015 misure vincolanti per risolvere le debolezze che permangono nel governo societario delle banche, dare attuazione alla riforma concordata delle fondazioni e adottare provvedimenti per accelerare la riduzione generalizzata dei crediti deteriorati.
  Al riguardo, la Commissione europea rilevava come dalla fine del 2008 la quota dei crediti deteriorati del settore bancario italiano fosse aumentata vertiginosamente, principalmente in relazione alle esposizioni delle banche verso le imprese e segnalava come il tasso di riassorbimento delle attività deteriorate fosse stato fino ad allora troppo lento. La Commissione europea ricordava altresì la normativa che affronta le debolezze del governo societario delle banche popolari, rilevando comunque come il ruolo delle fondazioni e quello delle piccole banche di credito cooperativo siano definiti mediante accordi di autoregolamentazione di natura non vincolante. In proposito segnalava la necessità di ulteriori misure di ristrutturazione e consolidamento del settore bancario italiano per migliorare l'efficacia dell'intermediazione finanziaria e sostenere la ripresa economica.
  In merito al ruolo delle fondazioni rammenta che lo scorso 22 aprile è stato sottoscritto un protocollo di intesa tra il Ministro dell'Economia e il Presidente dell'ACRI per la riforma della regolazione delle fondazioni bancarie che risponde alla necessità che le stesse svolgano il ruolo di azionista nel rispetto dell'autonomia delle banche partecipate e diversifichino i propri investimenti. A tal fine è stato stabilito che una fondazione non può concentrare più del 33 per cento dell'attivo patrimoniale in un singolo soggetto (ad oggi, fra gli 88 enti che possiedono quote nelle banche, 67 hanno un livello di investimento in un solo soggetto pari al 40,5 per cento). Inoltre, il protocollo ha introdotto un divieto generale di indebitamento, salvo in caso di temporanee e limitate esigenze di liquidità, e non è più permesso l'uso di derivati se non per finalità di copertura. In ogni caso, l'esposizione debitoria complessiva non può superare il dieci per cento della consistenza patrimoniale (secondo i dati relativi al 2013 sono 27 le fondazioni indebitate, di cui 5 sopra il tetto del 10 per cento). In Pag. 54relazione alla governance, l'organo di amministrazione, il presidente e l'organo di controllo durano in carica per un periodo massimo di quattro anni, rinnovabile una sola volta.
  In tale contesto ricorda che è stato emanato il decreto legislativo n. 72 del 2015, volto a recepire nell'ordinamento italiano la direttiva 2013/36/UE sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento (cosiddetto «CRD IV»). Il decreto legislativo introduce requisiti di competenza e correttezza dei manager e dei partecipanti al capitale, pone limiti al cumulo degli incarichi, amplia i poteri di intervento e correttivi della Banca d'Italia, inserendo la possibilità di rimuovere uno o più esponenti del management della banca, quando la loro permanenza in carica sia di pregiudizio per la sana e prudente gestione della banca stessa e non sia possibile pronunciare la decadenza per perdita dei requisiti, prevede meccanismi per la segnalazione di eventuali violazioni normative da parte del personale delle banche e l'obbligo di astensione di soci e amministratori nelle deliberazioni in cui abbiano un interesse in conflitto. Infine, introduce un regime sanzionatorio volto in primis verso l'ente, con un inasprimento delle sanzioni.
  Ancora con riferimento al settore bancario la Nota dà conto del fatto che a metà giugno 2015, la Banca d'Italia ha emanato le disposizioni secondarie di attuazione della riforma delle banche popolari (prevista dal decreto-legge n. 3 del 2015). Con questo atto normativo è possibile avviare le operazioni societarie necessarie per darvi attuazione (in primo luogo le trasformazioni in S.p.A.) secondo le modalità previste dalla legge. Dall'entrata in vigore delle disposizioni secondarie decorre il termine di 18 mesi entro cui le banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi devono assicurare l'adeguamento alla riforma. Le disposizioni della Banca d'Italia, secondo quanto previsto dalla legge, definiscono i criteri di determinazione del valore dell'attivo ai fini del rispetto della soglia massima di 8 miliardi di euro e le condizioni di limitazione del rimborso delle azioni del socio uscente, anche in caso di recesso a seguito della trasformazione della banca popolare in società per azioni.
  A inizio luglio 2015 il Parlamento ha approvato la legge di delegazione europea 2014. Tra le norme recepite vi è la direttiva 2014/59/UE che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento (la cosiddetta direttiva BRRD – Bank Recovery and Resolution Directive).
  In merito alla riduzione dei crediti bancari deteriorati la Nota fa presente che nel mercato del credito emergono segnali di miglioramento. Segnala infatti come si sia attenuata la contrazione dei prestiti bancari alle imprese, mentre tornano in terreno positivo quelli alle famiglie, per la prima volta dall'agosto 2012. La politica di quantitative easing adottata dalla BCE ha consentito una diminuzione significativa del costo della raccolta bancaria, traducendosi in un graduale miglioramento del costo del credito. I tassi di interesse dei nuovi prestiti alle imprese sono scesi di oltre un punto percentuale rispetto a inizio 2014. Il differenziale rispetto ai tassi medi praticati nell'Area-Euro si è più che dimezzato rispetto ai livelli massimi raggiunti 2 anni fa.
  Nel rilevare quindi come lo smobilizzo dei crediti deteriorati sia cruciale per liberare risorse da destinare al finanziamento dell'economia, rammenta che il MEF, insieme alla Banca d'Italia, sta discutendo possibili linee di azione con un dialogo continuo con la Commissione Europea, al fine di facilitare la creazione di un mercato per questo tipo di attività che finora ha visto transazioni sporadiche. Le nuove norme introdotte dal Governo sui fallimenti bancari e sulla deducibilità delle perdite sono utili per accelerare la pulizia dei bilanci e liberare risorse per la crescita dell'economia.
  La Nota dà poi conto di una serie di altre misure nel settore finanziario e per il supporto alle imprese.
  Gli interventi volti a sostenere le imprese al fine di consentire loro un migliore Pag. 55accesso al credito e un maggiore accesso al mercato dei capitali esulano dal contenuto della raccomandazione. A titolo meramente semplificativo ricorda i mini bond emessi da parte delle PMI, che hanno raggiunto i 5 miliardi di euro, i molteplici fondi di garanzia pubblici finalizzati a facilitare i finanziamenti bancari per attività di ricerca, innovazione e investimento, un complesso di nuove misure (facilitazioni e maggiore competitività in caso di concordato preventivo, un nuovo accordo di ristrutturazione dei debiti nei confronti di creditori finanziari con una moratoria dei crediti, un'azione revocatoria semplificata per atti a titolo gratuito pregiudizievoli dei creditori, requisiti più stringenti per i curatori nel fallimento, rateizzazione del prezzo delle vendite, una serie di novità in materia di esecuzione forzata con la finalità di velocizzare le procedure) finalizzate a risolvere il problema dell'accesso al credito per le imprese.
  Il monitoraggio definitivo sull'Accordo per il credito 2013, iniziativa attiva fino allo scorso 31 marzo, ha poi evidenziato che tra ottobre 2013 e marzo 2015 sono state circa 43.000 le domande di sospensione del pagamento delle rate di mutuo, per un controvalore complessivo di debito residuo pari a 14,6 miliardi e una maggior liquidità a disposizione delle imprese di 1,8 miliardi. Il nuovo Accordo per il credito 2015 tra l'ABI e tutte le altre Associazioni di Impresa ha di fatto prorogato il precedente fino al 31 dicembre 2017. Tale nuovo Accordo consente di sospendere anche i finanziamenti che hanno già beneficiato di tale strumento negli anni passati.
  In relazione alla Raccomandazione n. 6 sull'attuazione dell'agenda per la semplificazione 2015-2017, per gli aspetti di competenza della Commissione Finanze, il Governo segnala l'operatività della dichiarazione dei redditi precompilata per dipendenti e pensionati, l'attivazione del servizio di prenotazione dell'assistenza fiscale e il potenziamento del canale telematico di assistenza fiscale.
  Al riguardo ricorda che il decreto legislativo n. 175 del 2014 reca norme in materia di semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata, in attuazione delle prescrizioni della legge di delega fiscale che impongono – tra l'altro – la revisione e il riordino dei regimi fiscali, nonché la semplificazione e lo snellimento degli adempimenti dei contribuenti.
  Tra le misure previste, ricorda l'introduzione della dichiarazione dei redditi precompilata, la revisione della disciplina concernente i rimborsi IVA e lo snellimento degli adempimenti connessi ad operazioni intracomunitarie e con i Paesi esteri. Sono state introdotte norme in materia di società in perdita e di responsabilità solidale negli appalti. Il decreto legislativo ha altresì innovato profondamente la materia dei compensi, del ruolo e della responsabilità dei soggetti che svolgono assistenza fiscale (in particolare, dei CAF). In particolare, sono modificati i requisiti necessari per lo svolgimento dell'attività di CAF e società che svolgono assistenza fiscale, al fine di garantirne l'idoneità tecnico-organizzativa.
  Per quanto riguarda il rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell'evasione fiscale contenuto nell'Allegato II, esso è strutturato in quattro capitoli, recanti i risultati dell'attività di contrasto all'evasione, la valutazione delle maggiori entrate da destinare al fondo per la riduzione della pressione fiscale, la stima e il monitoraggio dell'evasione fiscale, nonché le strategie di prevenzione e contrasto per l'anno 2015.
  Quanto ai risultati dell'attività di contrasto all'evasione nel 2014, oggetto del capitolo I del rapporto, evidenzia un aumento dell'8,4 per cento dell'attività di riscossione rispetto al 2013. Le riscossioni complessive sono passate da 13,1 miliardi nel 2013 a 14,2 miliardi nel 2014. Evidenzia un incremento degli incassi derivanti da ruoli (da 3,9 a 4,1 miliardi) e dai versamenti diretti (aumentati di circa il 10 per cento, ovvero da 9,2 a 10,1 miliardi).
  Con riferimento alle tipologie di controllo, evidenzia che 8,1 miliardi di euro (quasi il 60 per cento del totale) si riferiscono Pag. 56all'attività di accertamento e di controllo formale, con una variazione del 6,6 per cento rispetto all'anno precedente, e 6,1 miliardi di euro sono relativi all'attività di liquidazione delle imposte, in aumento rispetto al 2013.
  Limitando l'analisi alle sole entrate erariali (bilancio dello Stato) derivanti dalla lotta all'evasione (quindi escludendo l'IRAP e le entrate locali), nel 2014 si registrano entrate pari a 11,7 miliardi, con un incremento di circa il 9,3 per cento rispetto al 2013 (10,7 miliardi). Nel 2008 tali entrate risultavano pari a 6 miliardi.
  Per quanto riguarda l'Agenzia delle entrate, l'attività di contrasto ha consentito di conseguire una maggiore imposta complessivamente accertata (MIA) di 26,1 miliardi di euro, rispetto ai 24,8 miliardi di euro del 2013. In relazione agli accertamenti riferiti a imposte dirette, IVA e IRAP la maggior parte dei controlli (160.007) ha riguardato le imprese di piccole dimensioni e i professionisti, con una MIA pari a 11,3 miliardi e un valore mediano della medesima pari a 13.041 euro. I grandi contribuenti sono stati oggetto di 3.112 accertamenti per una MIA di circa 4,5 miliardi. Le imprese di medie dimensioni sono state oggetto di 14.211 accertamenti per una MIA di circa 5,9 miliardi. Gli accertamenti relativi alla determinazione sintetica dell'IRPEF sono stati 11.091, per una MIA pari a 238 milioni.
  Il numero dei controlli effettuati nel 2014 dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli è stato pari a 1.374.679, in diminuzione del 3,8 per cento rispetto al dato del 2013, ma in linea con gli indirizzi programmatici e la strategia d'azione, volta a privilegiare la qualità e l'efficacia dei controlli mediante un'attività meno invasiva e più mirata. Sono stati accertati maggiori diritti per 1,6 miliardi, sostanzialmente in linea con l'anno precedente; i maggiori diritti riscossi ammontano a 208 milioni, in diminuzione del 24,3 per cento rispetto al 2013.
  Relativamente alle attività della Guardia di Finanza, sono state concluse 18.262 indagini di polizia giudiziaria nel settore del contrasto all'evasione e alle frodi fiscali; 22.083 verifiche approfondite e 54.280 controlli fiscali mirati nei confronti di soggetti preventivamente selezionati per l'esistenza di elementi indicativi di un forte rischio di evasione. A seguito di tali attività sono stati individuati oltre 55 miliardi di euro di basi imponibili (ricavi/compensi non dichiarati e costi/spese non deducibili) e circa 6 miliardi di IVA evasa, in entrambi casi con risultati in aumento rispetto al 2013. Inoltre nel corso del 2014 sono pervenute 4.745 comunicazioni di adesione ai processi verbali di constatazione redatti dalla Guardia di finanza all'esito di verifiche e controlli, contenenti rilievi di carattere sostanziale in materia di imposte sui redditi per oltre circa 1,1 miliardi di euro e IVA dovuta e non versata per quasi 89 milioni di euro.
  Riguardo alla valutazione delle maggiori entrate da destinare al fondo per la riduzione della pressione fiscale per l'anno 2015 (oggetto del capitolo II del rapporto), la stima degli introiti è stata effettuata valutando gli incassi realizzati nel periodo gennaio-agosto 2015, cui sono stati aggiunti gli introiti che si prevede di incassare nei restanti quattro mesi dell'anno (settembre-dicembre). Il raffronto con le entrate effettivamente incassate nel 2014 evidenzia maggiori risorse per 150 milioni di euro. Una volta esclusi i versamenti non aventi carattere permanente (con abbattimento forfettario del 5 per cento degli incassi 2014 e della stima degli incassi 2015) si perviene a una stima delle maggiori risorse rispetto agli incassi permanenti dell'anno precedente (2014) pari a 143 milioni di euro, da destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.
  Per quanto attiene alla stima e al monitoraggio dell'evasione fiscale, il capitolo III del rapporto anzitutto intende definire il cosiddetto tax gap, ovvero la differenza tra i tributi che lo Stato effettivamente incassa e quello che avrebbe dovuto incassare nel caso di perfetto adempimento fiscale. Rileva come, da tale dato, debbano essere sottratti gli effetti delle misure di esenzione, agevolazione e riduzione delle imposte (cosiddette tax Pag. 57expenditures) che riducono legalmente le basi imponibili potenziali. Il tax gap così misurato rappresenta un concetto più ampio rispetto a quello di evasione fiscale, poiché include non solo le somme intenzionalmente occultate al fisco (l'evasione in senso stretto) ma anche quelle non dichiarate a seguito di errori nella compilazione della dichiarazione o per insolvenza dei contribuenti. L'entità del tax gap fornisce pertanto una misura della non compliance fiscale.
  Con riferimento all'insieme delle imposte considerate (IVA, IRES, IRPEF sulle imprese e sul lavoro autonomo e IRAP) il valore delle imposte sottratte a tassazione, nella media degli anni 2007-2013, è stimato in circa 91,4 miliardi di euro. Le mancate entrate sono relative per il 48 per cento alle imposte dirette sulle imprese e sul lavoro autonomo (44 miliardi), per il 44 per cento all'IVA (40 miliardi); per quanto attiene all'IRAP, il tax gap ammonta a circa 7 miliardi. È fornita anche una scomposizione territoriale del tax gap complessivo: 47,4 miliardi al nord (pari al 54 per cento del totale, rispettivamente 29,6 miliardi al nord ovest e 17,8 al nord est), 24,4 miliardi al centro (27 per cento) e 19,5 miliardi al sud (21 per cento). Tale ripartizione è influenzata anche dalla distribuzione territoriale del reddito nazionale: il PIL, al netto del settore pubblico, infatti, si distribuisce per il 56 per cento al nord, rispettivamente 33 per cento a nord-ovest e 23 per cento a nord-est. Tuttavia le aree geografiche non hanno contribuito in modo omogeneo alla variazione del gap: infatti, al nord-ovest si è registrata la contrazione maggiore (11,8 per cento) associata ad una decrescita del sud (7 per cento circa); a queste si contrappone una crescita sia nel nord-est sia nel centro (rispettivamente 7,8 per cento e 8,8 per cento).
  Una specifica attenzione viene dedicata alla stima del tax gap immobiliare, con particolare riferimento all'IMU dovuta per gli anni 2012 e 2013. Nel 2012, il tax gap IMU è stimato per un ammontare di quasi 4,2 miliardi, pari al 18,37 per cento del gettito IMU teorico. A livello regionale, l'indicatore del tax gap dell'IMU varia dal 32,88 per cento del gettito teorico in Calabria all'8,13 per cento in Valle d'Aosta. In genere, esso presenta valori più elevati nelle Regioni meridionali. Le analisi condotte sulla distribuzione per classi di popolazione ha evidenziato l'esistenza di una relazione tra il tax gap e l'ampiezza demografica dei Comuni: esso è pari all'8,57 per cento del gettito teorico IMU nei Comuni con meno di 500 abitanti e cresce all'aumentare della dimensione demografica dei comuni, fino a raggiungere il valore di 21,46 per cento del gettito teorico nei Comuni con più di 250 mila abitanti. Nel 2013, il tax gap IMU sugli altri fabbricati è di 5,6 miliardi, pari al 28,59 per cento del gettito IMU teorico e, in generale, più elevato rispetto al medesimo indicatore calcolato per il 2012. A livello regionale, il tax gap dell'IMU, nel 2013, è più elevato nelle Regioni del Sud e nelle Isole ed è minore nelle Regioni del Nord e Centro Italia, variando da 40,58 per cento del gettito teorico in Calabria al 12,69 per cento in Valle d'Aosta. Anche per il 2013 la distribuzione dell'indicatore mostra una correlazione del tax gap con l'aumento della popolazione: l'indicatore passa infatti da 13,36 per cento del gettito teorico IMU nei Comuni con meno di 500 abitanti a 35,24 per cento per i Comuni con più di 250 mila abitanti.
  Il capitolo IV delinea le strategie di contrasto all'evasione fiscale. L'attività del 2015 è basata sul consolidamento dei risultati ottenuti nell'anno precedente, nonché sul miglioramento del rapporto tra Fisco e contribuente, da improntare ad un patto di reciproca fiducia (tax compliance). In tal senso un ruolo essenziale è affidato al potenziamento dei servizi telematici, all'elaborazione di nuovi strumenti informatici e all'adeguamento di quelli già esistenti; viene dunque auspicato che i contribuenti possano correggere gli errori, volontariamente o involontariamente commessi, prima che si instauri la fase dell'accertamento. L'amministrazione, in considerazione delle informazioni rilevanti fornite dal contribuente a giustificazione della sua posizione, potrà rimodulare la Pag. 58propria pretesa. Viene chiarito tuttavia che tale approccio non implica l'abbandono da parte dell'Amministrazione finanziaria della necessaria fase del controllo, ma intende consentire al fisco di concentrare le proprie risorse nei confronti dei contribuenti meno collaborativi, ritenuti maggiormente a rischio.
  Un ulteriore elemento di novità per l'attività operativa è l'entrata in vigore dell'istituto della voluntary disclosure, disciplinata dalla legge 186 del 2014, che secondo il Rapporto richiede una maggiore flessibilità organizzativa delle strutture operative per far fronte alle esigenze derivanti dal flusso delle richieste e dalla loro tipologia (voluntary disclosure estera e voluntary interna).
  In ordine ai cd. grandi contribuenti, segnala come si intenda proseguire con le strategie sinora adottate, stante la loro efficacia (tutoraggio; controllo sulla pianificazione fiscale aggressiva). Inoltre, l'Agenzia delle Entrate intende proseguire nel progetto «Regime di adempimento collaborativo», che si propone di analizzare i sistemi di controllo interno del rischio fiscale (cosiddetto Tax Control Framework).
  Per il segmento delle imprese di medie dimensioni si intende potenziare l'attività di analisi del rischio basata sull'utilizzo di applicativi informatici che consentono un efficace confronto dei dati, al fine di individuare efficacemente i fenomeni di evasione e tutelare i comportamenti corretti. Analogamente, si programma di applicare il metodo di analisi del rischio nei confronti dei lavoratori autonomi e delle imprese di minori dimensioni. Con specifico riferimento all'attività di controllo da svolgersi nei confronti degli esercenti arti e professioni per il tramite dello strumento delle indagini finanziarie, in coerenza con la giurisprudenza della Corte Costituzionale e con le indicazioni di prassi, viene chiarito che tale metodologia deve privilegiarsi nel caso di controlli nei confronti di esercenti arti e professioni la cui posizione fiscale, in considerazione dell'attività esercitata, può essere più difficilmente riscontrabile con altre modalità istruttorie.
  Nell'ambito del contrasto agli illeciti fiscali internazionali particolare rilevanza assume il potenziamento degli strumenti della cooperazione internazionale nell'ambito dei controlli fiscali. Si intende garantire la tempestiva messa in opera degli strumenti previsti dalla direttiva 2014/107/UE relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale: in particolare a partire dal 2017 si estende lo scambio automatico (obbligatorio) di informazioni a dividendi, capital gains, altri redditi di natura finanziaria nonché ai saldi dei conti, così da allineare il campo oggettivo di applicazione delle disposizioni comunitarie con quello dell'Accordo Intergovernativo FATCA (Foreign Account Tax Compliance Act), firmato con gli Stati Uniti il 10 gennaio 2014 e ratificato con la legge 95 del 2015, e con lo standard OCSE in materia di scambio automatico di informazioni (Common Reporting Standard).
  In tale contesto evidenzia come lo schema di decreto legislativo in materia di stima e monitoraggio dell'evasione fiscale (Atto del Governo n. 182-bis, esaminato dalla Commissione Finanze e approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri in data 22 settembre 2015) introduca novità rilevanti dal punto di vista procedurale e normativo su piano dell'informativa in merito all'attività di contrasto all'evasione fiscale.
  In particolare, a partire dal 1o gennaio 2016 viene previsto che il Governo presenti i risultati conseguiti con le misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, evidenziando i dati relativi al recupero di gettito attribuibile alla maggiore propensione all'adempimento da parte dei contribuenti, in un Rapporto a sé stante, contestualmente alla Nota di aggiornamento al DEF; ai fini dell'elaborazione del Rapporto il Governo si avvale della «Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva» che dovrà essere predisposta da una apposita Commissione da istituire con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.Pag. 59
  Preannuncia quindi l'intenzione di formulare una proposta di parere favorevole sulla Nota.

  Daniele PESCO (M5S), nel riservarsi un ulteriore approfondimento sui contenuti della Nota di aggiornamento, esprime fin da ora le forti perplessità del gruppo M5S per la parte relativa al progetto di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, con particolare riferimento al ruolo assegnato alla INVIMIT SGR (Investimenti Immobiliari Italiani, società di gestione del risparmio).
  A tale proposito ricorda infatti che già il Fondo di investimento FIP (Fondo Immobili Pubblici) ha svolto in passato analoghe funzioni nell'ambito della vendita di beni immobiliari di proprietà statale, con il risultato di un forte depauperamento del patrimonio pubblico, ad esclusivo vantaggio dei contraenti privati. Esprime quindi il forte timore che, con il programma di vendite e dismissioni prospettato, il Governo perseveri in tale direzione, con il rischio di aggravare l'impoverimento del patrimonio pubblico, a danno della collettività.
  Accoglie invece con soddisfazione l'intenzione del Governo di addivenire finalmente, dopo avere per lungo tempo introdotto norme di tassazione degli immobili confuse e inique, alla cancellazione dell'IMU e della TASI sulla prima casa, così come da tempo richiesto dal Movimento 5 Stelle. Al riguardo rileva tuttavia come non sia in alcun modo chiaro in che modo l'Esecutivo intenda individuare le risorse attraverso cui compensare le minori entrate che deriveranno da tali misure fiscali.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani, nel corso della quale si procederà all'espressione del parere sulla Nota.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America per la cooperazione nell'esplorazione ed utilizzazione dello spazio extra-atmosferico per scopi pacifici.
C. 3242 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 23 settembre scorso.

  Maurizio BERNARDO, presidente e relatore, ricorda di aver già illustrato il contenuto del provvedimento in occasione della precedente seduta di esame. Propone quindi di esprimere su di esso parere favorevole.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 13.55.