CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 9 giugno 2015
459.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 115

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 9 giugno 2015. — Presidenza del presidente Daniele CAPEZZONE. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Enrico Zanetti.

  La seduta comincia alle 13.45.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e l'Ucraina, dall'altra.
C. 3053 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 3 giugno scorso.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, ricorda che nel corso della precedente seduta si era proceduto all'illustrazione del provvedimento.

  Renzo CARELLA (PD), relatore, propone di esprimere parere favorevole sul provvedimento.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Moldova, dall'altra.
C. 3027 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Pag. 116

  Renzo CARELLA (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini dell'espressione del parere alla III Commissione Affari esteri, il disegno di legge C. 3027, recante ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Moldova, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2014.
  In linea generale evidenzia innanzitutto come l'Accordo si inquadri nell'ambito della strategia del cosiddetto Partenariato orientale (PO), che costituisce il versante est della Politica europea di vicinato (PEV), ed è inteso a stimolare processi di avvicinamento all'Europa da parte dell'Ucraina, della Bielorussia, della Moldova, dell'Armenia, della Georgia dell'Azerbaijan, principalmente attraverso gli Accordi di associazione, i quali che comprendono la creazione di aree di libero scambio ampie ed approfondite tra ciascuno di questi paesi e l'Unione europea. In tale contesto l'Accordo di cui si propone la ratifica risulta sostanzialmente analogo all'Accordo di associazione tra l'Unione europea e l'Ucraina, oggetto del disegno di legge C. 3053, sul quale la Commissione Finanze ha appena espresso parere favorevole.
  Fa presente come l'Accordo si articoli attorno a cinque fulcri fondamentali: la condivisione di valori e principi – quali la democrazia, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, lo Stato di diritto, lo sviluppo sostenibile e l'economia di mercato; una cooperazione più forte nella politica estera e di sicurezza, con particolare riguardo alla stabilità della regione; la creazione di un'area di libero scambio ampia e approfondita; lo spazio comune di giustizia, libertà e sicurezza – con particolare riguardo ai profili migratori, alla lotta al riciclaggio, ai traffici illegali di droga e al crimine organizzato; la cooperazione in 28 settori chiave.
  Con riferimento al contenuto dell'Accordo, esso si compone di un preambolo, 465 articoli organizzati in 7 Titoli, 35 Allegati relativi a questioni tecniche e ad aspetti normativi della UE soggetti a progressivo adeguamento da parte moldova, nonché 4 protocolli riguardanti: la definizione della nozione di «prodotti originari» e i metodi di cooperazione amministrativa; l'assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale; la partecipazione della Moldova ai programmi dell'Unione europea.
  Illustra l'articolo 1, il quale istituisce un'associazione tra l'Unione ed i suoi Stati membri e la Moldova, e ne enumera quindi le finalità: la promozione del graduale ravvicinamento tra le Parti sulla base di valori comuni e di legami stretti e privilegiati, nonché rafforzamento dell'associazione della Moldova alle politiche della UE e della sua partecipazione ai programmi ed alle agenzie europee; la costituzione di un quadro adeguato per un dialogo politico rafforzato in tutti i settori di reciproco interesse; promozione, conservazione e rafforzamento di pace e stabilità a livello regionale ed internazionale; la creazione delle condizioni per la graduale integrazione della Moldova nel mercato interno della UE e sostegno al suo passaggio ad un'economia di mercato funzionante, anche attraverso il progressivo ravvicinamento della legislazione nazionale moldova con quella dell'Unione; il potenziamento della cooperazione in materia di giustizia, libertà e sicurezza finalizzato al rafforzamento dello Stato di diritto e al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali; la creazione delle condizioni per una sempre più stretta cooperazione in altri settori di comune interesse.
  Il Titolo I, relativo ai princìpi generali e composto dal solo articolo 2, richiama, quali elementi basilari delle politiche interne ed esterne delle Parti, nonché dell'Accordo, il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani proclamati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo del 1948, nella Convenzione europea (CEDU) del 1950, nell'Atto finale di Helsinki del 1975 e nella Carta di Parigi del 1990. L'impegno delle Parti si estende a favorire i principi dell'economia di mercato, lo sviluppo sostenibile e un effettivo multilateralismo sul piano delle relazioni Pag. 117internazionali. Le Parti si impegnano inoltre a promuovere la cooperazione con la finalità di contrastare la corruzione, la criminalità organizzata anche transnazionale e il terrorismo, nel quadro delle attività essenziali per contribuire alla pace e alla stabilità regionale.
  Rileva quindi come il Titolo II, relativo al dialogo politico e alla cooperazione in materia di politica estera e di sicurezza, sia costituito dagli articoli da 3 a 11. Le disposizioni prevedono l'approfondimento del dialogo politico per facilitare una progressiva convergenza nei campi della sicurezza e della politica estera. In tal senso si individuano i diversi profili del dialogo politico: in particolare l'articolo 4 è dedicato alla riforma interna delle istituzioni giudiziarie e amministrative della Moldova; l'articolo 6 riconosce il ruolo della Corte penale internazionale nel perseguimento dei più gravi crimini di rilievo internazionale; l'articolo 10 indica le misure per contrastare la diffusione di armi leggere e controllare l'esportazione di armi convenzionali; l'articolo 11 prevede che le Parti si impegnano a combattere il terrorismo, anche mediante lo scambio di informazioni relative a organizzazioni o gruppi terroristici e alle loro reti di sostegno.
  Il Titolo III, relativo ai temi della libertà, sicurezza e giustizia, comprende gli articoli da 12 a 20.
  Ne illustra le disposizioni, le quali attribuiscono particolare importanza, nella cooperazione in materia di giustizia, libertà e sicurezza, al consolidamento dello Stato di diritto e al rafforzamento delle istituzioni a tutti i livelli, con particolare riguardo all'indipendenza della magistratura e alla possibilità di effettivo ricorso alla giustizia. Le Parti ribadiscono inoltre l'importanza di una congiunta gestione dei flussi migratori dai rispettivi territori, in tutti i loro aspetti, ivi inclusi la lotta contro il traffico illegale di esseri umani.
  In tale quadro le Parti assicureranno la piena attuazione dell'Accordo di riammissione delle persone in posizione irregolare tra la Comunità europea e la Moldova in vigore dal 1o gennaio 2008 e dell'Accordo di facilitazione nel rilascio dei visti tra la CE e la Moldova nella versione da ultimo modificata del 27 giugno 2012. A condizione di una mobilità sicura e ben gestita le Parti stabiliscono l'obiettivo comune, a tempo debito, di una liberalizzazione dei visti.
  Il Titolo IV, relativo alla cooperazione economica e in altri settori, comprende gli articoli de 21 a 142, e contiene gli impegni delle Parti in 28 settori chiave, corrispondenti ad altrettanti Capi in cui il Titolo IV si articola.
  Il Capo 1 riguarda la riforma della pubblica amministrazione, mentre il Capo 2 riguarda il dialogo economico: in tale ambito segnala come la Moldova si impegni a instaurare un'economia di mercato funzionante e una governance macroeconomica e fiscale appropriata, che consenta la stabilità dei prezzi, l'indipendenza della Banca centrale e l'equilibrio della finanza pubblica e dei conti con l'estero.
  Per quanto attiene ai profili di interesse della Commissione Finanze segnala il Capo 3, composto dagli articoli da 27 a 30, il quale affronta i temi del diritto societario, della contabilità e revisione contabile e della governance societaria, prevedendo la cooperazione tra le Parti in materia di tutela degli azionisti, dei creditori e degli altri interessati; riavvicinare progressivamente le norme della Moldova alle norme UE, in particolare in materia di governance societaria, di contabilità e di revisione contabile; condividere le informazioni e competenze.
  Il Capo 4 attiene all'occupazione, alla politica sociale e alle pari opportunità; il Capo 5 concerne la protezione dei consumatori; il Capo 6 attiene alle tematiche statistiche, mentre il Capo 7 riguarda la gestione delle finanze pubbliche, con riferimento alle politiche di bilancio, controllo interno, controllo finanziario e revisione contabile esterna.
  In tale ambito è previsto il principio della necessità dello sviluppo di un moderno sistema di gestione delle finanze pubbliche nella Repubblica di Moldova, compatibile con i fondamentali principi vigenti a livello internazionale e in particolare Pag. 118nell'Unione europea, e ispirati alla trasparenza, responsabilità, economicità, efficienza ed efficacia. In questo quadro l'articolo 48 prevede la cooperazione in materia di sistemi di contabilità e di bilancio, con il miglioramento della sistematizzazione dei documenti normativi in materia di bilancio, tesoreria e contabilità, armonizzandoli alle norme internazionali e alle buone pratiche dell'Unione europea, in un processo di sviluppo continuo della pianificazione di bilancio pluriennale.
  Con riferimento ai profili di interesse della Commissione Finanze segnala il Capo 8, relativo alla fiscalità, composto dagli articoli da 52 a 57, nel cui ambito evidenzia soprattutto l'articolo 53, in base al quale le Parti riconoscono i principi della buona governance in materia fiscale, soprattutto con il dare valore alla trasparenza e allo scambio di informazioni, impegnandosi altresì ad agevolare a livello internazionale la riscossione del gettito fiscale legittimo. L'articolo 55 riguarda invece l'armonizzazione delle politiche per il contrasto alle frodi e al contrabbando di prodotti soggetti ad imposta di fabbricazione.
  Sempre con riferimento agli ambiti di interesse della Commissione Finanze segnala il Capo 9, relativo ai servizi finanziari, composto dagli articoli da 58 a 61, il quale prevede l'impegno delle Parti a sostenere il processo di adeguamento della regolamentazione di tali servizi in base alle esigenze di un'economia di mercato, a garantire adeguata tutela agli investitori e utenti, a garantire stabilità e integrità al sistema finanziario, nonché a incoraggiare la cooperazione tra le autorità di regolamentazione e vigilanza.
  Il Capo 10 riguarda la politica industriale e delle imprese; il Capo 11 riguarda i prodotti minerari e le materie prime; il Capo 12 concerne l'agricoltura e lo sviluppo rurale; il Capo 13 affronta i temi della politica della pesca e marittima; il Capo 14 riguarda la cooperazione nel settore dell'energia; il Capo 15 interviene sul settore dei trasporti; il Capo 16 concerne l'ambiente, il Capo 17 enumera le iniziative in materia di clima; il Capo 18 riguarda la società dell'informazione; il Capo 19 concerne il turismo; il Capo 20 affronta i temi dello sviluppo regionale, della cooperazione transfrontaliera e regionale; il Capo 21 attiene alla sanità pubblica; il Capo 22 interviene sui temi della protezione civile; il Capo 23 affronta la cooperazione in materia di istruzione, formazione, multilinguismo, gioventù e sport; il Capo 24 interviene sulla cooperazione in materia di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione; il Capo 25 concerne la cooperazione in materia di cultura, politica audiovisiva e media; il Capo 26 riguarda la cooperazione con la società civile; il Capo 27 attiene alla cooperazione in materia di tutela e promozione dei diritti del bambino; il Capo 28 riguarda la partecipazione alle agenzie e ai programmi dell'Unione.
  Passa quindi a illustrare il Titolo V, dedicato agli scambi e questioni commerciali, il quale comprende gli articoli da 143 a 412, che delineano i confini dell'area di libero scambio ampia e approfondita, e si articola in 15 Capi.
  Il Capo 1 riguarda il trattamento nazionale e accesso al mercato delle merci; in tale ambito l'articolo 143 prevede l'impegno delle Parti a istituire, in un periodo transitorio di non oltre dieci anni dall'entrata in vigore dell'Accordo, una zona di libero scambio secondo le disposizioni dell'Accordo in esame e dell'articolo XXIV dell'Accordo GATT del 1994 (cosiddetto Uruguay Round).
  In merito agli ambiti di interesse della Commissione Finanze, segnala l'articolo 147, il quale prevede che ciascuna Parte dell'Accordo riduce o sopprime i dazi doganali sulle merci originarie dell'altra Parte conformemente all'Allegato XV all'Accordo. È previsto che le Parti possano consultarsi per un'eventuale accelerazione del processo di riduzione dei dazi commerciali.
  Il Capo 2 riguarda le misure di difesa commerciale; in tale ambito l'articolo 158 prevede che le Parti si attengano ai diritti e agli obblighi sanciti, in materia di misure di salvaguardia commerciale, dall'articolo Pag. 119XIX del GATT 1994 e dall'allegato 1o dell'Accordo istitutivo dell'Organizzazione mondiale del commercio.
  Il Capo 3 riguarda gli ostacoli tecnici al commercio, normazione, metrologia, accreditamento e valutazione della conformità; il Capo 4 riguarda le misure sanitarie e fitosanitarie.
  Con riferimento agli ambiti di interesse della Commissione Finanze richiama il Capo 5, composto dagli articoli da 192 a 201, il quale riguarda le dogane e la facilitazione degli scambi.
  In tale ambito è previsto il rafforzamento della cooperazione nel settore doganale, e la prestazione di assistenza amministrativa e tecnica reciproca in tale settore, prevedendosi a tali fini la creazione di un sottocomitato doganale, incaricato di svolgere consultazioni periodiche sul controllo e di controllare l'attuazione delle previsioni del Capo. Si prevede altresì di dare stabilità e completezza alla rispettiva legislazione commerciale e doganale delle Parti, in base ai principi di proporzionalità, trasparenza, non discriminatorietà, imparzialità ed efficacia, al fine di facilitare e tutelare il commercio legittimo, semplificare le procedure, ridurre i costi, ridurre gli oneri inutili, standardizzare i dati e la documentazione, applicare moderne tecniche doganali e di controllo, migliorare i metodi di lavoro.
  Viene stabilito inoltre il graduale riavvicinamento alla legislazione doganale dell'UE da parte della legislazione ucraina, secondo le modalità indicate dall'Allegato XXVI.
  Il Capo 6 concerne lo stabilimento, gli scambi di servizi e il commercio elettronico. Per quanto riguarda i profili di competenza della Commissione Finanze, gli articoli da 241 a 249 riguardano i servizi finanziari. In tale ambito vengono stabiliti i principi del quadro normativo applicabile a tutti i servizi finanziari liberalizzati, indicando le misure prudenziali che possono essere adottate dalle Parti a tutela degli investitori e dell'integrità e stabilità del sistema finanziario, nonché prevedendo il riavvicinamento progressivo della legislazione moldova all’acquis comunitario contenuto nell'allegato XXVIIII-A.
  Sempre con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, l'articolo 262 contiene una clausola di salvaguardia degli accordi bilaterali delle Parti volti a evitare la doppia imposizione, alle cui condizioni non si estenderà il trattamento della nazione più favorita accordato in campo fiscale dalle disposizioni del Capo 6.
  Ancora con riferimento alle questioni di interesse della Commissione Finanze segnala il Capo 7, che si compone degli articoli da 264 a 267, riguardante i pagamenti correnti e i movimenti di capitali.
  In tale ambito le Parti si impegnano a non imporre alcuna restrizione e a tutti i pagamenti e trasferimenti in valuta, nonché a garantire la libera circolazione dei capitali, e la liquidazione o il rimpatrio dei capitali investiti e di ogni utile derivante. Viene esclusa altresì esplicitamente l'introduzione di nuove restrizioni di movimenti di capitale e dei pagamenti correnti tra residenti UE e residenti ucraini. Le parti possono tuttavia adottare misure di salvaguardia, per un periodo non superiore a sei mesi, qualora i pagamenti o i movimenti di capitali tra le parti possano provocare gravi difficoltà al funzionamento della politica monetaria o di cambio.
  Il Capo 8 concerne gli appalti pubblici; il Capo 9 attiene ai diritti di proprietà intellettuale; il Capo 10 affronta i temi della concorrenza; il Capo 11 concerne l'energia nell'ambito degli scambi; il Capo 12 affronta i temi della trasparenza; il Capo 13 concerne il commercio e lo sviluppo sostenibile; il Capo 14 regola la risoluzione delle controversie; il Capo 15 reca disposizioni generali in materia di ravvicinamento a norma del Titolo V.
  Il Titolo VI, relativo all'assistenza finanziaria e alle disposizioni antifrode e in materia di controllo (composto dagli articoli da 412 a 432) tratta al Capo 1 delle modalità con cui verrà erogata alla Moldova l'assistenza finanziaria da parte della UE, attraverso gli appropriati meccanismi Pag. 120e strumenti di finanziamento. La Repubblica di Moldova potrà altresì beneficiare dei prestiti erogati dalla Banca europea per gli investimenti, dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e da altre istituzioni finanziarie internazionali.
  Il Capo 2 è dedicato alle disposizioni contro le frodi e in materia di controllo: in particolare segnala l'articolo 422, il quale prevede che le Parti adottino efficaci misure per la prevenzione e la lotta alle frodi, alla corruzione e ad ogni altra attività illegale, anche mediante la reciproca assistenza amministrativa e giudiziaria nei settori contemplati dall'Accordo. In base all'articolo 423 le Autorità competenti dell'Unione europea e della Repubblica di Moldova si scambiano regolarmente informazioni e si consultano a richiesta di una delle Parti, al fine di meglio attuare la lotta contro le frodi e la corruzione.
  A norma dell'articolo 430 le Autorità della Moldova adottano tutte le misure opportune per recuperare i fondi dell'Unione indebitamente versati. Analoga facoltà è attribuita alla Commissione europea quando la somministrazione di fondi dell'Unione sia stata affidata alle Autorità della Moldova.
  L'articolo 431 prevede che le informazioni trasmesse o acquisite in qualsiasi forma nell'ambito della cooperazione contro le frodi ed altre irregolarità siano coperte dal segreto d'ufficio e godano della stessa protezione accordata alle informazioni della stessa specie dalla legislazione della Moldova e dalle normative dell'Unione europea. Dette informazioni potranno essere comunicate solo a coloro che siano tenuti a conoscerle in virtù delle loro funzioni, e saranno utilizzate solo allo scopo di garantire un'efficace tutela degli interessi finanziari delle Parti.
  L'articolo 432 prevede che la Repubblica di Moldova proceda ad un ravvicinamento della sua legislazione agli atti dell'Unione europea e agli strumenti internazionali di cui all'Allegato XXXV dell'Accordo, che è correlato proprio al Titolo VI, e concerne disposizioni in materia di lotta alle frodi e di controlli.
  Il Titolo VII, relativo alle disposizioni istituzionali, generali e finali, comprende gli articoli da 433 a 465, e contiene le misure finalizzate ad inquadrare il nuovo corso delle relazioni tra la UE e la Repubblica di Moldova.
  Illustra quindi il Capo 1, il quale delinea il quadro istituzionale e prevede lo svolgimento all'articolo 433 di vertici a diversi livelli, destinati a fornire indicazioni generali per l'attuazione dell'Accordo, mentre i contatti a livello ministeriale si svolgono nell'ambito del Consiglio di associazione, istituito ai sensi dell'articolo 434, incaricato di svolgere le funzioni di vigilanza e controllo sull'applicazione dell'Accordo.
  Ai sensi dell'articolo 436 il Consiglio di associazione ha il potere di prendere le decisioni, vincolanti per le Parti, rientranti nel campo di applicazione dell'Accordo; esso inoltre può formulare raccomandazioni, ed è la sede per lo scambio di informazioni sugli atti legislativi, vigenti ed in itinere, correlati all'obiettivo del graduale avvicinamento della legislazione moldova a quella della UE. Il Consiglio di associazione ha altresì il potere di modificare o aggiornare gli Allegati all'Accordo. L'articolo 437 istituisce un Comitato di associazione con funzioni di assistenza al Consiglio, composto da rappresentanti delle Parti a livello di alti funzionari; il Comitato ha il potere di assumere decisioni nei casi previsti dall'Accordo e nei settori oggetto della delega conferita dal Consiglio.
  L'articolo 440 prevede l'istituzione di un Comitato parlamentare di associazione volto a consentire scambi di vedute fra membri del Parlamento europeo e del Parlamento della Moldova. L'istituzione di una Piattaforma della società civile è prevista dall'articolo 442, la quale è intesa quale sede di incontro e di scambio di opinioni, deve essere informata delle decisioni e raccomandazioni adottate dal Consiglio di associazione, e può a sua volta rivolgergli raccomandazioni.
  Il Capo 2 detta le disposizioni generali e finali. In particolare l'articolo 446 stabilisce che nessuna disposizione dell'Accordo Pag. 121pregiudica la facoltà di ciascuna delle Parti di impedire la divulgazione di informazioni contrarie ai suoi interessi fondamentali in materia di sicurezza; di intraprendere attività di produzione o commercio di armi, munizioni o comunque articolo indispensabile alla difesa; di adottare le misure ritenute essenziali per la propria sicurezza in caso di gravi disordini interni, di guerra o di gravi tensioni internazionali, ovvero per far fronte agli obblighi assunti ai fini del mantenimento della pace.
  Rileva inoltre come, in base all'articolo 450, si preveda un monitoraggio continuo dei progressi compiuti nell'attuazione delle misure contemplate dall'Accordo in esame, monitoraggio che sarà favorito dalle Parti nell'ambito degli organi istituzionali stabiliti dall'Accordo medesimo.
  Ai sensi dell'articolo 454, in caso di controversia sull'interpretazione o l'applicazione dell'Accordo le Parti si adoperano per risolvere le controversie in buona fede in seno al Consiglio di associazione, cui forniscono tutte le informazioni necessarie per un esame approfondito: la controversia è considerata risolta quando il Consiglio di associazione adotta una decisione vincolante per dirimerla. L'articolo 455 prevede le misure appropriate che una Parte può adottare in caso di mancato adempimento degli obblighi dell'altra Parte.
  L'articolo 456 prevede l'abrogazione del precedente Accordo di partenariato e cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica di Moldova, in vigore dal 1o luglio 1998, nonché dell'Accordo tra UE e Moldova relativo alla protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli e alimentari, in vigore dal 1o aprile 2013. L'articolo 457 contiene una sorta di clausola di salvaguardia di precedenti accordi bilaterali tra uno o più Stati membri UE e la Repubblica di Moldova: viene specificato poi che gli accordi già in vigore relativi a settori di cooperazione specifici rientranti nel campo di applicazione dell'Accordo sono considerati parte delle relazioni bilaterali generali tra UE e Moldova, e rientrano in un quadro istituzionale comune.
  In base all'articolo 458 le Parti possono integrare l'Accordo mediante la conclusione di accordi specifici in qualsiasi settore rientrante nel suo campo di applicazione: in linea generale, poi, l'Accordo non pregiudica la possibilità per i singoli Stati membri della UE di avviare con la Moldova attività di cooperazione bilaterale o concludere nuovi accordi bilaterali. Ai sensi dell'articolo 460 l'Accordo ha una durata illimitata; tuttavia ciascuna delle Parti può denunciarlo dandone notifica all'altra Parte, con effetto sei mesi dopo il ricevimento di tale notifica.
  Dell'Accordo fanno parte integrante, ai sensi dell'articolo 459, i 35 Allegati e i 4 Protocolli.
  In tale ambito segnala, per quanto attiene agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, l'allegato II, recante l'elenco delle normative UE e internazionali in materia di diritto societario, contabilità e revisione contabile cui la Moldova dovrà progressivamente avvicinare la sua legislazione, secondo il calendario ivi indicato, l'allegato VI, il quale reca l'elenco delle normative UE in materia fiscale cui si dovrà avvicinare la legislazione della Moldova, indicando il relativo calendario, gli allegati XV, XV-A e XV-B, relativi rispettivamente all'eliminazione dei dazi doganali, ai prodotti soggetti a contingenti tariffari in esenzione da dazio e ai prodotti cui si applica un prezzo d'entrata, l'allegato XXVI, relativo al riavvicinamento della normativa doganale, nonché l'allegato XXVIII-A, il quale reca l'elenco delle norme UE applicabili ai servizi finanziari (nei settori bancario, finanziario, assicurativo, mobiliare, dei pagamenti, antiriciclaggio e della circolazione dei capitali) e il relativo calendario di attuazione da parte moldova.
  Tra i protocolli segnala invece il Protocollo III, il quale disciplina l'assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale.
  Per quanto concerne il contenuto del disegno di legge di ratifica, che si compone Pag. 122di quattro articoli, fa presente come gli articoli 1 e 2 contengano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo e l'ordine di esecuzione del medesimo.
  L'articolo 3 reca la copertura degli oneri finanziari derivanti dall'attuazione dell'articolo 7, paragrafi 3 e 4 e dell'articolo 11 del Protocollo III allegato all'Accordo, valutati in 6.360 euro annui a decorrere dal 2016, ai quali si farà fronte a valere sul fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Il comma 2 stabilisce che il Ministro dell'economia e delle finanze è tenuto al monitoraggio degli oneri e, qualora si verifichino scostamenti, a provvedere mediante riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere, delle dotazioni finanziarie di parte corrente aventi la natura di spese rimodulabili destinate alle spese di missione nell'ambito della Missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio» dello stato di previsione del MEF. Per l'anno in cui si verifica lo scostamento sarà ridotto per pari importo il limite del 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 posto alle spese per missioni delle Pubbliche amministrazioni dal decreto-legge n. 78 del 2010.
  L'articolo 4 regola l'entrata in vigore del provvedimento.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, ritiene opportuno consentire a tutti i componenti della Commissione di approfondire il contenuto del provvedimento.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad una seduta da convocare nella giornata di domani o di giovedì, nel corso della quale si procederà all'espressione del parere sul provvedimento.

Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014.
C. 3123 Governo, approvato dal Senato.
(Relazione alla XIV Commissione).
Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2014.
Doc. LXXXVII, n. 3.
(Parere alla XIV Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare congiuntamente, in sede consultiva, il disegno di legge C. 3123, recante disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2014, e la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2014 (Doc. LXXXVII, n. 3).
  Ricorda inoltre che l'esame del disegno di legge di delegazione europea si svolge secondo le procedure dettate dall'articolo 126-ter del Regolamento (per il «disegno di legge comunitaria»), in base alle quali le Commissioni in sede consultiva esaminano le parti di competenza e deliberano una relazione sul disegno di legge, nominando altresì un relatore, che può partecipare alle sedute della XIV Commissione. La Commissione dovrà esprimere sul disegno di legge una relazione, accompagnata da eventuali emendamenti approvati.
  Sulla Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea le Commissioni dovranno invece esprimere un parere.
  La relazione e il parere approvati sono trasmessi alla XIV Commissione; le eventuali relazioni di minoranza sono altresì trasmesse alla XIV Commissione, dove possono essere illustrate da uno dei proponenti. Pag. 123
  L'articolo 126-ter, comma 5, del Regolamento prevede che le Commissioni di settore possano esaminare ed approvare emendamenti al disegno di legge di delegazione europea, per le parti di competenza. Gli emendamenti approvati dalle Commissioni di settore sono trasmessi alla XIV Commissione, che, peraltro, potrà respingerli solo per motivi di compatibilità con la normativa europea o per esigenze di coordinamento generale.
  La facoltà per le Commissioni di settore di esaminare e votare emendamenti è sottoposta a una precisa disciplina.
  In primo luogo possono ritenersi ricevibili solo gli emendamenti il cui contenuto è riconducibile alle materie di competenza specifica di ciascuna Commissione di settore. Nel caso in cui membri della Commissione intendano proporre emendamenti che interessano gli ambiti di competenza di altre Commissioni, tali emendamenti dovranno essere presentati presso la Commissione specificamente competente.
  In secondo luogo, per quanto riguarda l'ammissibilità, l'articolo 126-ter, comma 4, del Regolamento stabilisce che, fermi i criteri generali di ammissibilità previsti dall'articolo 89, i Presidenti delle Commissioni competenti per materia e il Presidente della Commissione Politiche dell'Unione europea dichiarano inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che riguardino materie estranee all'oggetto proprio del disegno di legge, come definito dalla legislazione vigente (articolo 30 della legge n. 234 del 2012). Al riguardo rammenta che, ai sensi del predetto articolo 30, la legge di delegazione europea contiene:
   disposizioni per il conferimento al Governo di deleghe legislative volte esclusivamente all'attuazione delle direttive europee e delle decisioni quadro da recepire nell'ordinamento nazionale, esclusa ogni altra disposizione di delegazione legislativa non direttamente riconducibile al recepimento degli atti legislativi europei;
   disposizioni per il conferimento al Governo di delega legislativa, diretta a modificare o abrogare disposizioni statali vigenti, limitatamente a quanto indispensabile per garantire la conformità dell'ordinamento nazionale ai pareri motivati indirizzati all'Italia dalla Commissione europea o al dispositivo di sentenze di condanna per inadempimento emesse della Corte di giustizia dell'Unione europea;
   disposizioni che autorizzano il Governo a recepire le direttive in via regolamentare;
   deleghe legislative al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell'Unione europea;
   deleghe legislative al Governo limitate a quanto necessario per dare attuazione a eventuali disposizioni non direttamente applicabili contenute in regolamenti europei;
   disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, conferiscono deleghe al Governo per l'emanazione di decreti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni dell'Unione europea recepite dalle regioni e dalle province autonome;
   disposizioni che individuano i principi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per recepire o per assicurare l'applicazione di atti dell'Unione europea nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
   disposizioni che, nell'ambito del conferimento della delega legislativa per il recepimento o l'attuazione degli atti normativi comunitari, autorizzano il Governo a emanare testi unici per il riordino e per l'armonizzazione di normative di settore, nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome;
   deleghe legislative al Governo per l'adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati.

Pag. 124

  In particolare, segnala che, secondo la prassi seguita per il disegno di legge comunitaria, sono considerati inammissibili per estraneità al contenuto proprio gli emendamenti recanti modifiche di discipline vigenti, anche attuative di norme europee o previste da leggi comunitarie, per le quali non si presentino profili di incompatibilità con la normativa europea.
  In ogni caso, i deputati hanno facoltà di presentare emendamenti direttamente presso la XIV Commissione, entro i termini dalla stessa stabiliti.
  Gli emendamenti respinti dalle Commissioni di settore non potranno essere presentati presso la XIV Commissione, che li considererà irricevibili. Gli emendamenti respinti dalle Commissioni potranno, peraltro, essere ripresentati in Assemblea.
  Per prassi consolidata, gli emendamenti presentati direttamente alla XIV Commissione sono trasmessi alle Commissioni di settore competenti per materia, ai fini dell'espressione del parere, che assume una peculiare valenza procedurale, in quanto a esso si riconosce efficacia vincolante per la XIV Commissione. L'espressione di un parere favorevole, ancorché con condizioni o osservazioni, equivarrà pertanto a un'assunzione dell'emendamento da parte della Commissione, assimilabile alla diretta approvazione di cui all'articolo 126-ter, comma 5, del Regolamento. Tali emendamenti potranno essere respinti dalla XIV Commissione solo qualora siano considerati contrastanti con la normativa europea o per esigenze di coordinamento generale. Viceversa, un parere contrario della Commissione in sede consultiva su tali emendamenti avrà l'effetto di precludere l'ulteriore esame degli stessi presso la XIV Commissione.

  Paolo PETRINI (PD), relatore, sottolinea preliminarmente come il disegno di legge C. 3123, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2014, investa in modo amplissimo gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, sia sotto l'aspetto meramente quantitativo, sia sotto il profilo sostanziale, in quanto il provvedimento interessa, tra l'altro, alcune problematiche di rilievo cruciale, quali l'Unione bancaria e le tematiche della risoluzione delle crisi degli enti creditizi affrontata dalla direttiva BRRD.
  In tale contesto considera importante comprendere innanzitutto quale sia l'orientamento del Governo rispetto alla possibilità o meno di approvare ulteriori modifiche oltre a quelle già apportate dal Senato al provvedimento, il quale consta attualmente di 21 articoli ed è corredato da due allegati. Gli allegati A e B contengono l'elenco delle direttive da recepire con decreto legislativo; analogamente a quanto disposto nelle precedenti leggi comunitarie, nell'allegato B sono riportate le direttive sui cui schemi di decreto è previsto il parere delle competenti commissioni parlamentari.
  Passando al contenuto dell'articolato, con riguardo ai profili di competenza della Commissione Finanze, illustra l'articolo 4, il quale delega il Governo a emanare, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della norma, le norme occorrenti all'adeguamento della normativa nazionale a seguito dell'entrata in vigore del regolamento (UE) n. 1024/2013 del 15 ottobre 2013 del Consiglio, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi.
  In estrema sintesi ricorda che il Regolamento n. 1024/2013 stabilisce:
   l'attribuzione alla BCE di compiti specifici di vigilanza prudenziale degli enti creditizi stabiliti negli Stati membri la cui moneta è l'euro, mantenendo le competenze residue in capo alle autorità nazionali di vigilanza: in particolare, a partire dalla seconda metà del 2014, la BCE ha assunto i poteri di vigilanza sulle banche che hanno attivi per almeno 30 miliardi di euro o un patrimonio almeno pari al 20 per cento del PIL del Paese (circa 130 su oltre 6.000 banche presenti nell'eurozona), mentre le banche sotto quella soglia resteranno sotto la vigilanza delle autorità nazionali;Pag. 125
   per assicurare che le funzioni di politica monetaria e quelle di vigilanza prudenziale siano rigorosamente separate, l'istituzione di un comitato di sorveglianza (supervisory board), incaricato dell'istruttoria delle decisioni in materia di sorveglianza e nel quale i Paesi dell'area euro e quelli non-euro avranno pieni ed eguali diritti di voto: le decisioni del supervisory board si considerano adottate, a meno che non siano respinte dal Consiglio dei governatori della BCE;
   l'assolvimento di tali compiti da parte della BCE nel quadro del Sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF) e in stretta cooperazione con le autorità di vigilanza nazionali e l'Autorità bancaria europea (EBA);
   la responsabilità della BCE per i compiti ad essa attribuiti dinanzi al Parlamento europeo, al Consiglio dell'UE e all'Eurogruppo;
   il rafforzamento del ruolo dei Parlamenti nazionali, prevedendo, da un lato, l'obbligo per la BCE di inviare le relazioni che indirizza al Parlamento europeo e al Consiglio dell'UE; dall'altro, la possibilità per i Parlamenti nazionali di indirizzare osservazioni o quesiti alla BCE in merito all'assolvimento dei compiti di vigilanza, nonché invitare il presidente o un membro del consiglio di vigilanza a partecipare a uno scambio di opinioni, insieme con un rappresentante dell'autorità nazionale competente;
   la rigorosa separazione dei compiti di politica monetaria da quelli di vigilanza per scongiurare potenziali conflitti di interesse.

  Il comma 1 reca quindi gli specifici principi e criteri direttivi che il Governo deve seguire per l'esercizio della delega, accanto ai principi generali di cui all'articolo 1, comma 1.
  In particolare, la lettera a) del comma 1 delega il Governo ad apportare al Testo unico bancario (TUB) di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e al decreto legislativo n. 142 del 2005, (che ha attuato nell'ordinamento la direttiva 2002/87/CE relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario, nonché all'istituto della consultazione preliminare in tema di assicurazioni), le modifiche e le integrazioni necessarie ad assicurarne la coerenza con il citato regolamento.
  La lettera b) del comma 1 prevede il coordinamento delle sanzioni contenute nel TUB con quanto stabilito dall'articolo 18 del Regolamento 1024/2013 in materia, il quale stabilisce che, in caso di violazione dolosa o colposa, da parte degli enti creditizi, delle società di partecipazione finanziaria o delle società di partecipazione finanziaria mista, degli obblighi previsti dai pertinenti atti del diritto dell'Unione, la BCE può imporre sanzioni amministrative pecuniarie fino al doppio dell'importo dei profitti ricavati o delle perdite evitate grazie alla violazione, quando questi possono essere determinati, o fino al 10 per cento del fatturato complessivo annuo, o altre sanzioni pecuniarie eventualmente previste dal diritto dell'Unione.
  La lettera c) delega il Governo ad apportare alla normativa vigente tutte le modifiche ed integrazioni occorrenti ad assicurare il coordinamento con le disposizioni emanate in attuazione dell'articolo.
  Segnala quindi il comma 2, che reca la clausola di invarianza finanziaria, in base alla quale dall'attuazione delle norme in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le Amministrazioni interessate provvedono alla sua attuazione con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  Passa a illustrare l'articolo 5, modificato al Senato, il quale reca i principi e i criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2013/50/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, in materia di obblighi di trasparenza e di informazione in capo ai soggetti che emettono valori mobiliari e strumenti finanziari negoziati su mercati regolamentati (cosiddetta direttiva Transparency).Pag. 126
  In merito ricorda che la direttiva 2013/50/CE è stata adottata per modificare la direttiva 2004/109/CE sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato e le direttive connesse.
  L'esigenza di modificare il quadro normativo in questo settore è stata motivata con le rapide trasformazioni del mercato finanziario e con la volontà di ridurre gli oneri amministrativi a carico delle piccole e medie società emittenti, in modo da migliorare il loro accesso ai capitali. In particolare, è stato cancellato l'obbligo di presentare relazioni finanziarie trimestrali, che rappresentano un onere significativo per molti piccoli e medi emittenti, senza essere necessarie per la tutela degli investitori.
  La nuova disciplina si propone inoltre di attenuare l'orientamento ai risultati di breve periodo da parte di emittenti e investitori (cosiddetto short-termism), causa di un eccesso di volatilità sui mercati finanziari. Gli Stati membri possono, tuttavia, imporre agli emittenti di pubblicare informazioni finanziarie periodiche aggiuntive, eventualmente mantenendo fermo l'obbligo di redazione della relazione trimestrale.
  A tale riguardo rileva come l'abolizione dell'obbligo di pubblicazione della relazione trimestrale non andrebbe a detrimento delle esigenze informative degli investitori (attuali e potenziali), poiché l'informativa contabile sui conti annuali e semestrali e l'informativa pubblicata in applicazione delle direttive «prospetti» e «market abuse» (direttiva 2003/6/CE, sostituita dal regolamento 569/2014 a decorrere dal 3 luglio 2016), concernente i fatti e gli eventi più importanti che interessano l'emittente, garantisce una disclosure adeguata per la tutela degli investitori.
  Questo approccio, volto a contemperare la necessità di assicurare la trasparenza del mercato con l'obiettivo di ridurre i costi di accesso al mercato dei capitali, non si applica agli enti finanziari (banche e assicurazioni); la direttiva non pregiudica, infatti, la facoltà degli Stati membri di richiedere la pubblicazione di informazioni finanziarie periodiche aggiuntive agli emittenti che siano enti finanziari, indipendentemente dalla verifica delle condizioni di proporzionalità ai fattori che contribuiscono alle decisioni di investimento e di non eccessiva onerosità.
  Per garantire la trasparenza sui pagamenti effettuati a favore dei governi, gli emittenti di valori mobiliari negoziati su mercati regolamentati e che operano nell'industria estrattiva o forestale primaria comunicano annualmente, in una relazione separata, i pagamenti effettuati ai governi dei paesi in cui operano.
  Ai fini della trasparenza e della tutela degli investitori, viene chiarito che gli Stati membri devono prescrivere l'applicazione di alcuni princìpi alle comunicazioni sui pagamenti effettuati ai governi: 1) rilevanza degli importi, che – singoli o correlati tra loro – non devono essere inferiori alla soglia di 100.000 euro per essere considerati nella relazione; 2) comunicazione per singolo governo e progetto; 3) universalità – nel senso che non dovrebbero essere autorizzate esenzioni a favore di alcun soggetto, per non creare effetti distorsivi; 4) esaustività – che significa che tutti i pagamenti pertinenti versati ai governi vanno segnalati, in linea con la direttiva 2013/34/UE sui bilanci di esercizio e consolidati.
  Per garantire che gli emittenti e gli investitori abbiano piena conoscenza della struttura dell'assetto proprietario delle società, la definizione di strumenti finanziari comprende tutti gli strumenti con effetto economico simile alla detenzione di azioni e al diritto di acquisirne; ciò è reso opportuno dalla introduzione (per effetto dell'innovazione finanziaria) di nuove tipologie di strumenti in grado di generare una esposizione economica degli investitori nei confronti delle società e la cui comunicazione non è disciplinata dalla direttiva 2004/109/CE. Inoltre, per garantire un'adeguata trasparenza delle partecipazioni rilevanti, è richiesta una nuova notifica per ogni variazione nella tipologia delle partecipazioni.Pag. 127
  L'armonizzazione delle norme sulla notifica delle partecipazioni rilevanti con diritto di voto – in particolare per quanto riguarda l'aggregazione delle partecipazioni azionarie con la detenzione di strumenti finanziari – è condizione necessaria per aumentare la certezza del diritto, migliorare la trasparenza e ridurre gli oneri amministrativi per gli investitori transfrontalieri. Tuttavia, in considerazione delle differenze esistenti nella concentrazione della proprietà e nel diritto societario tra gli Stati dell'Unione, la direttiva consente agli Stati membri di continuare a definire soglie inferiori e aggiuntive per la notifica delle partecipazioni con diritto di voto e a esigere notifiche equivalenti in relazione a soglie basate sulle quote di capitale. Inoltre gli Stati membri possono continuare a definire obblighi più rigorosi di quelli stabiliti dalla direttiva 2004/109/CE riguardo a contenuto, procedura e tempi di notifica sulle partecipazioni rilevanti non previste dalla stessa direttiva 2004/109/CE. In particolare gli Stati possono continuare ad applicare disposizioni legislative, regolamentari o amministrative in materia di offerte pubbliche di acquisto, operazioni di fusione e altre operazioni che incidono sulla proprietà o sul controllo di imprese sottoposte a vigilanza in conformità all'articolo 4 della direttiva 2004/25/CE (concernente le offerte pubbliche di acquisto) che stabilisce obblighi di pubblicità più severi rispetto alla direttiva 2004/109/CE.
  Vengono introdotte norme tecniche che garantiscono un'armonizzazione coerente del regime di notifica delle partecipazioni rilevanti, nonché livelli di trasparenza adeguati.
  A tale riguardo l'obiettivo delle nuove disposizioni è quello di favorire una maggiore armonizzazione degli obblighi di trasparenza sulle partecipazioni rilevanti e di estenderne l'ambito applicativo a tutti i derivati aventi come sottostante azioni quotate. A tal fine, la direttiva prevede l'obbligo di trasparenza per le partecipazioni in strumenti finanziari equivalenti alle azioni, stabilendo i conseguenti criteri di aggregazione, ed ha armonizzato altresì il regime delle esenzioni. Le modifiche alla direttiva transparency prevedono obblighi di disclosure nel caso in cui la partecipazione detenuta (direttamente o indirettamente), nella nuova accezione che include i derivati, superi, raggiunga ovvero discenda al di sotto di talune soglie, a partire dal 5 per cento.
  La direttiva prevede inoltre che lo Stato membro d'origine non possa assoggettare un possessore di azioni, o una persona fisica o giuridica, ad obblighi più severi di quelli ivi previsti, salvo che (i) definisca soglie di notifica inferiori o aggiuntive rispetto a quelle contemplate; (ii) imponga obblighi più severi rispetto al contenuto informativo della notifica; o (iii) applichi disposizioni legislative, regolamentari e amministrative adottate in riferimento alle OPA, alle operazioni di fusione che incidono sulla proprietà o sul controllo di un'impresa, che sono soggette alla vigilanza delle autorità designate dagli Stati membri in conformità alla direttiva 2004/25/CE.
  Per facilitare gli investimenti transfrontalieri, gli investitori devono poter accedere facilmente, e per tutte le società quotate nell'Unione, alle informazioni previste dalla regolamentazione. A tal fine, viene delegato alla Commissione il potere di adottare atti per definire gli standard minimi per la diffusione delle informazioni previste, l'accesso a queste ultime in tutto il territorio dell'Unione e i meccanismi per centralizzare la gestione di tali informazioni. L'AESFEM predispone e gestisce un portale web che funge da punto di accesso elettronico europeo.
  Vengono rafforzati i poteri sanzionatori degli Stati, anche per le sanzioni amministrative pecuniarie accessorie. Gli Stati possono adottare sanzioni anche nei confronti dei singoli membri degli organi di amministrazione delle società, o di ogni soggetto che sia ritenuto responsabile di violazioni. Affinché le decisioni che impongono sanzioni o misure amministrative abbiano un effetto dissuasivo sul grande pubblico è opportuno che siano di norma pubblicate.Pag. 128
  La direttiva 2013/50/UE precisa altresì, adattandosi alle trasformazioni di alcuni aspetti del mercato finanziario, la definizione di «emittente», in modo tale da includere gli emittenti di titoli non quotati rappresentati da certificati di deposito ammessi alla negoziazione. Tale definizione tiene conto del fatto che in alcuni Stati membri gli emittenti di titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato possono essere persone fisiche.
  Segnala inoltre che un'altra definizione importante specificata è quella di «Stato membro di origine» per le società emittenti titoli di debito di un paese terzo. In tali casi viene stabilito che lo Stato membro d'origine deve essere uno Stato membro scelto dall'emittente tra quelli in cui i suoi valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato.
  La comunicazione delle informazioni richieste dalla normativa sulla trasparenza finanziaria è agevolata dalla disposizione che prevede per tali comunicazioni un formato elettronico armonizzato, con benefici per gli emittenti, gli investitori e le autorità competenti. Pertanto, a decorrere dal 1o gennaio 2020, è obbligatoria la preparazione delle relazioni finanziarie annuali in un formato elettronico unico di comunicazione.
  In tale contesto normativo europeo il comma 1 dell'articolo 5 reca gli specifici principi e criteri direttivi – oltre a quelli generali recati all'articolo 1, comma 1 del disegno di legge – per l'attuazione della predetta direttiva 2013/50/UE.
  In particolare, fa presente come il Governo sia tenuto a:
   ai sensi della lettera a), apportare al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva e delle relative misure di esecuzione nell'ordinamento nazionale, prevedendo, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria e attribuendo le competenze e i poteri di vigilanza previsti nella direttiva medesima alla CONSOB, quale autorità competente;
   ai sensi della lettera b), prevedere, ove opportuno, l'innalzamento della soglia minima prevista dal TUF, in materia di obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti, nel rispetto di quanto disposto dalla direttiva 2004/109/CE, nonché le occorrenti modificazioni al fine di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti;
   ai sensi della lettera c), attribuire alla CONSOB il potere di disporre, con proprio regolamento e in conformità con le previsioni della direttiva 2013/50/UE, obblighi di pubblicazione delle informazioni finanziarie periodiche aggiuntive, con una frequenza maggiore rispetto alle relazioni finanziarie annuali e alle relazioni finanziarie semestrali;
   ai sensi della lettera d), apportare le occorrenti modificazioni alla normativa vigente, anche di derivazione europea, per i settori interessati dalla normativa da attuare, al fine di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti, assicurando un appropriato grado di protezione dell'investitore e di tutela della stabilità finanziaria.

  Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che dall'attuazione dell'articolo 4 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le autorità interessate provvedono agli adempimenti relativi con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  Illustra quindi l'articolo 6, introdotto durante l'esame al Senato, il quale delega il Governo a recepire entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge la direttiva 2014/40/UE, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati. Pag. 129
  In merito ricorda che la direttiva 2014/40/UE è intesa a migliorare il funzionamento del mercato interno del tabacco e dei prodotti correlati (tra cui le sigarette elettroniche) sulla base di un alto livello di protezione della salute umana, soprattutto con riferimento alle giovani generazioni.
  L'articolo 3 della direttiva fissa i livelli massimi di emissione in termini di catrame, nicotina ed altre sostanze per le sigarette, mentre l'articolo 4 regola i criteri di misurazione. L'articolo 5 stabilisce che gli ingredienti e i livelli di emissione dovranno essere obbligatoriamente segnalati da fabbricanti ed importatori, con particolare riferimento agli additivi di cui all'articolo 6, i quali sono soggetti ad obbligo di segnalazione rinforzato.
  L'articolo 7 regola gli ingredienti, vietando «l'immissione sul mercato dei prodotti del tabacco con un aroma caratterizzante», ad eccezione di quanto essenziale per la produzione, come lo zucchero. Tale divieto si applica solo alle sigarette e al tabacco da arrotolare, rimanendo esclusi i sigari e, per espressa statuizione del paragrafo 15, il tabacco per uso orale.
  Gli articoli da 8 a 16 disciplinano l'etichettatura ed il confezionamento. Particolare attenzione viene riservata alle avvertenze relative alla salute, da apporre su ciascuna confezione unitaria e sull'eventuale imballaggio esterno. Al fine di permettere la tracciabilità, è stabilito che tutte le confezioni unitarie dei prodotti del tabacco siano contrassegnate da un identificativo univoco e da un elemento di sicurezza antimanomissione.
  In merito alle sigarette elettroniche, l'articolo 20 ne consente l'immissione sul mercato «solo se conformi alla presente direttiva e a ogni altra disposizione legislativa pertinente dell'Unione». La loro immissione sul mercato è subordinata ad una notifica alle autorità competenti degli Stati membri. Specifici divieti in materia di comunicazioni commerciali sono posti dal paragrafo 5.
  Gli articoli 21 e 22 sono dedicati ai prodotti da fumo a base di erbe, regolandone le avvertenze relative alla salute e la segnalazione degli ingredienti.
  L'articolo 23 affida agli Stati membri il compito di vigilare affinché i fabbricanti e gli importatori forniscano le informazioni richieste alle autorità competenti ed alla Commissione europea e non siano immessi sul mercato prodotti non conformi alla direttiva. Ad essi spetta inoltre stabilire le sanzioni («efficaci, proporzionate e dissuasive») da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali di attuazione. Un obbligo generico di collaborazione tra Stati membri e Commissione è posto dall'articolo 23, paragrafo 4.
  Fermo restando che l'immissione sul mercato dei prodotti del tabacco o correlati conformi alla direttiva non può essere vietata o limitata, segnala come l'articolo 25 esplicitamente statuisca che non è pregiudicato il diritto degli Stati membri di mantenere o introdurre ulteriori disposizioni di standardizzazione del confezionamento dei prodotti del tabacco, qualora giustificate da motivi di salute pubblica. Non è nemmeno esclusa la possibilità che uno Stato membro vieti una determinata categoria di tabacco o prodotti correlati, purché tale misura sia giustificata da esigenze di tutela della salute umana, salva successiva approvazione della Commissione europea.
  Per quanto riguarda gli specifici princìpi e criteri direttivi, fissati dal comma 2 dell'articolo 6 del disegno di legge:
   la lettera a) prevede l'abrogazione esplicita del decreto legislativo n. 184 del 2003, recante attuazione della direttiva 2001/37/CE in materia di lavorazione, presentazione e vendita dei prodotti del tabacco;
   la lettera b) indica il perseguimento dell'obiettivo, tenuto conto della peculiarità dei prodotti del tabacco, di ostacolare un eccesso di offerta e la diffusione del fumo tra i minori;
   la lettera c) specifica che la scelta dell'avvertenza generale sui rischi potenziali derivanti dal fumo deve fare in modo da assicurare un ampio livello di protezione della salute;
   la lettera d) prevede, in un'ottica di semplificazione, una rotazione del catalogo Pag. 130delle avvertenze sanitarie conforme all'ordine numerico contemplato nell'allegato II della direttiva 2014/40/UE;
   la lettera e) stabilisce l'esclusione di norme più severe sul confezionamento, rispetto a quelle stabilite dalla suddetta direttiva, considerato l'elevato livello di protezione della salute umana offerto dalla medesima;
   la lettera f) prevede l'applicazione, per i tabacchi da inalazione senza combustione, con riferimento ai produttori che ne facciano richiesta, di una normativa coerente con la disciplina di cui all'articolo 19 della direttiva 2014/40/UE, il quale concerne i prodotti del tabacco di nuova generazione, in modo da riconoscere il potenziale rischio ridotto di questi ultimi;
   la lettera g) stabilisce che i prodotti non conformi alla direttiva in oggetto, fabbricati ed etichettati prima del 20 maggio 2016 sono ammessi, fino alla data del 20 maggio 2017, alla vendita al consumatore finale, a condizione che siano trasferiti entro il 20 agosto 2016 dal fabbricante o importatore al depositario autorizzato e che siano venduti entro il 20 ottobre 2016 dal depositario autorizzato alle rivendite; inoltre è prevista l'equiparazione dei prodotti non conformi alla direttiva 2014/40/UE, eventualmente giacenti presso le rivendite dopo il suddetto termine del 20 maggio 2017, ai prodotti con difetti di condizionamento e confezionamento all'origine;
   la lettera h) contempla la definizione, in ragione dei tempi di stagionatura e di produzione, per i prodotti del tabacco da fumo diversi dalle sigarette, dal tabacco da arrotolare e dal tabacco per pipa ad acqua, di termini temporali più ampi rispetto a quelli contemplati dalla suddetta lettera g), compatibilmente con la normativa comunitaria.

  Ai sensi del comma 3, sullo schema di decreto è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, mentre il comma 4 reca la clausola di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica.
  L'articolo 7, modificato durante l'esame al Senato, contiene la delega per l'attuazione della direttiva 2014/49/UE, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi.
  In merito ricorda che la direttiva 2014/49/UE costituisce una rifusione della direttiva 94/19/CE, già modificata – in precedenza – dalla direttiva 2009/14/CE e persegue lo scopo di garantire una maggiore armonizzazione dei sistemi nazionali di garanzia dei depositi bancari.
  Rammenta che i sistemi di garanzia dei depositi (SGD) sono meccanismi nazionali – finanziati dagli enti creditizi – tesi ad assicurare il rimborso di una determinata quota dei depositi bancari in caso di indisponibilità degli stessi all'esito di una decisione delle autorità competenti o dell'autorità giudiziaria. La ragione principale di un nuovo intervento dell'Unione in tema di SGD è esplicitata nel considerando 2 della direttiva, ai sensi del quale è necessario eliminare talune differenze tra le legislazioni degli Stati membri in tale materia, allo scopo di facilitare l'accesso all'attività degli enti creditizi e il suo esercizio. La direttiva prevede che i sistemi si dotino di risorse commisurate ai depositi protetti; a tal fine, è previsto l'obbligo a carico degli intermediari di versare contributi su base periodica.
  Ai sensi dell'articolo 10 della direttiva, i mezzi finanziari disponibili dei sistemi derivano dai contributi che devono essere versati dai loro membri almeno annualmente. Una novità di rilievo è dunque il passaggio da un sistema di contribuzione ex-post, in cui i fondi vengono «chiamati» in caso di necessità, a un sistema di contribuzione ex-ante, in cui i fondi devono essere contributi sono versati periodicamente fino a raggiungere la percentuale prestabilita dei depositi protetti.
  Tra le novità vi è inoltre la previsione di requisiti finanziari minimi comuni per i sistemi di garanzia dei depositi, i cui mezzi finanziari disponibili dovranno raggiungere, entro il 3 luglio 2024, almeno un livello obiettivo dello 0,8 per cento dell'importo dei depositi coperti. È altresì prevista una graduale riduzione dei termini Pag. 131per il pagamento del rimborso a favore dei depositanti: attraverso tre fasi, si dovrà arrivare ad assicurare tale pagamento in sette giorni lavorativi, in luogo degli attuali venti. L'ammontare della copertura, in caso di indisponibilità, è di 100.000 euro per ciascun depositante, essendo posto il principio per cui è il depositante, non il singolo deposito, ad essere tutelato.
  L'articolo 11 chiarisce che i mezzi finanziari raccolti, pur destinati principalmente al rimborso dei depositanti, potranno essere utilizzati anche per la risoluzione delle crisi degli enti creditizi, conformemente alla direttiva BRRD (direttiva 2014/59/UE). Sono inoltre attribuiti poteri all'Autorità bancaria europea (EBA), che avrà un ruolo di coordinamento, oltre ad effettuare verifiche sulla solidità degli SGD.
  Il termine previsto per il recepimento della direttiva è il 3 luglio 2015, ad eccezione di talune norme tecniche, per le quali il termine è il 31 maggio 2016.
  Per quanto riguarda gli specifici princìpi e criteri direttivi, fissati dal comma 1 dell'articolo 7 del disegno di legge:
   la lettera a) prevede di apportare alla disciplina nazionale in materia di sistemi di garanzia dei depositi, contenuta nel TUB, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva, avendo riguardo agli obiettivi della tutela dei risparmiatori e della stabilità del sistema bancario, nonché in conformità con gli orientamenti dell'Autorità bancaria europea e nel rispetto degli atti delegati adottati dalla Commissione europea;
   la lettera b) stabilisce, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalla Banca d'Italia;
   la lettera c) individua nella Banca d'Italia l'autorità amministrativa competente e l'autorità designata, ai sensi degli articoli 2 e 3 della direttiva; per «autorità competente» (ai sensi del regolamento UE n. 575 del 2013, espressamente richiamato dalla direttiva) si intende una pubblica autorità o un ente ufficialmente riconosciuto dal diritto nazionale che, in quanto soggetti appartenenti al sistema di vigilanza in vigore nello Stato membro interessato, sono abilitati, in virtù del diritto nazionale, all'esercizio della vigilanza sugli enti; per «autorità designata» si intende un organismo incaricato della gestione degli SGD ai sensi della presente direttiva o, qualora il funzionamento dell'SGD sia gestito da una società privata, un'autorità pubblica designata dallo Stato membro interessato che vigila su tale sistema ai sensi della presente direttiva;
   la lettera d) stabilisce di definire le modalità di intervento dei sistemi di garanzia dei depositi diverse dal rimborso dei depositanti;
   la lettera e) indica:
    al numero 1), di determinare le caratteristiche dei depositi che beneficiano della copertura offerta dai sistemi di garanzia, nonché l'importo della copertura e la tempistica dei rimborsi ai depositanti con alcune precisazioni, introdotte nel corso dell'esame del provvedimento al Senato:
     al numero 1.1), di prevedere che i depositi su un conto di cui due o più persone siano titolari, come membri di una società di persone o di altra associazione o gruppo di natura analoga senza personalità giuridica, vengano cumulati e trattati come se fossero effettuati da un unico depositante ai fini del calcolo del limite di 100.000 euro previsto dalla direttiva;
     al numero 1.2), di prevedere che le posizioni debitorie del depositante nei confronti dell'ente creditizio siano prese in considerazione nel calcolo dell'importo rimborsabile, se esigibili alla data in cui il deposito viene dichiarato «indisponibile», nella misura in cui la compensazione è possibile a norma delle disposizioni di legge o contrattuali che disciplinano il contratto tra l'ente creditizio e il depositante;Pag. 132
     al numero 1.3), di limitare il periodo entro il quale i depositanti, i cui depositi non sono stati rimborsati o riconosciuti dai sistemi di garanzia dei depositi, possono reclamare il rimborso dei loro depositi;
    al numero 2), di definire le modalità e la tempistica per la raccolta dei mezzi finanziari da parte dei sistemi di garanzia dei depositi; per effetto delle modifiche apportate al Senato, viene specificato che i membri di un sistema di protezione di tipo istituzionale versino contributi più bassi a tali sistemi;
    al numero 3), di definire le modalità di investimento dei mezzi finanziari raccolti dai sistemi di garanzia dei depositi;
    al numero 4), di prevedere la concessione di prestiti da parte dei sistemi di garanzia dei depositi ad altri sistemi all'interno dell'Unione europea;
    al numero 5), di stabilire le procedure di condivisione di informazioni e comunicazioni con sistemi di garanzia dei depositi e i loro membri in Italia e nell'Unione europea.

  Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che dall'attuazione dell'articolo 6 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le autorità interessate provvedono alla sua attuazione con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  Passa a illustrare l'articolo 8, modificato al Senato, il quale delega il Governo a recepire nell'ordinamento interno la direttiva 2014/59/UE sul risanamento e la risoluzione del settore creditizio e degli intermediari finanziari.
  In merito ricorda che la direttiva 2014/59/UE – BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) affronta il tema delle crisi delle banche approntando strumenti nuovi che le autorità possono impiegare per gestire in maniera ordinata eventuali situazioni di dissesto non solo a seguito del loro manifestarsi, ma anche in via preventiva o ai primi segnali di difficoltà.
  Essa introduce una molteplicità di strumenti, aventi carattere preventivo, carattere di intervento immediato, così come strumenti di «risoluzione» della crisi.
  Per limitare al massimo l'erogazione di risorse pubbliche a favore delle banche in crisi, le autorità disporranno di poteri per allocare gli oneri della risoluzione, in primo luogo, in capo agli azionisti e ai creditori, secondo la gerarchia concorsuale stabilita dalla direttiva e, in secondo luogo, su un fondo di risoluzione alimentato dal sistema bancario.
  Per quanto concerne l'ambito applicativo, segnala che la direttiva BRRD si applica alle imprese di investimento e a tutte le banche. In linea con i principi elaborati in ambito G-20, essa prevede un approccio graduale alla gestione delle crisi bancarie.
  Le norme europee prevedono che, nei periodi di ordinaria operatività, sia svolta un'attività preparatoria continua della gestione di una crisi. Le banche devono predisporre – ed aggiornare almeno annualmente – un piano di risanamento contenente misure idonee a fronteggiare un deterioramento significativo della situazione finanziaria, basato su assunzioni realistiche e relative a scenari che prevedano situazioni di crisi anche gravi. Il piano non deve assumere la possibilità di accesso a forme di finanziamento pubblico straordinarie. Esso deve essere sottoposto alle competenti autorità per la sua valutazione che viene effettuata entro sei mesi dall'approvazione del piano.
  Le autorità di risoluzione devono elaborare preventivamente piani di risoluzione, da attivare per gestire le situazioni di crisi. Devono essere individuati ed eliminati gli eventuali ostacoli alla possibilità di «risolvere» in maniera ordinata gli intermediari.
  Le autorità di risoluzione possono intervenire in via autoritativa fino a imporre – secondo un principio di proporzionalità – modifiche alla struttura operativa, giuridica e organizzativa degli intermediari, Pag. 133per ridurne la complessità o per isolare, in un'ottica di preservazione, le funzioni critiche.
  Ai primi segnali di deterioramento delle condizioni finanziarie o patrimoniali, le autorità di vigilanza (la Banca d'Italia o, per le banche di dimensioni maggiori, la BCE) possono adottare provvedimenti che integreranno il tradizionale strumentario degli interventi prudenziali. La direttiva conferisce infatti alle autorità competenti strumenti di intervento rapido al fine di evitare che il peggioramento della situazione finanziaria di un determinato ente sia tale da non lasciare alternative agli strumenti di risoluzione; tali capacità di intervento rapido comprendono anche la possibilità di rimuovere i vertici dell'ente e di nominare amministratori straordinari, con il compito di affrontare le difficoltà finanziarie dell'istituto.
  In presenza di uno stato di dissesto, anche solo prospettico, le autorità di risoluzione devono valutare se è possibile attivare la procedura ordinaria d'insolvenza – nel nostro ordinamento bancario, la liquidazione coatta amministrativa – o se è necessario avviare la speciale procedura di risoluzione, di nuova introduzione. La procedura ordinaria d'insolvenza non può essere avviata se le autorità di risoluzione valutano che essa non è idonea ad assicurare il conseguimento degli obiettivi d'interesse pubblico sottesi alla disciplina sulle crisi, cioè preservare la stabilità sistemica, minimizzare il sostegno pubblico, tutelare depositanti e clienti. In questo caso, viene disposta la procedura di risoluzione.
  Nell'ambito della risoluzione è possibile applicare una vasta gamma di strumenti per superare la crisi. In particolare, le autorità competenti devono predisporre un piano per ciascun ente in cui vengono illustrate le procedure da porre in atto con rapidità dall'autorità medesima al fine di assicurare la continuità delle funzioni dell'ente sottoposto a tale procedura. Può essere disposto il trasferimento forzoso di beni e rapporti giuridici dall'intermediario in crisi ad acquirenti privati, potranno essere costituiti veicoli societari per salvaguardare le funzioni essenziali e ricollocarle sul mercato (ente ponte o bridge bank) o realizzare il valore a lungo termine delle attività deteriorate (bad bank).
  Lo strumento più innovativo di una procedura di risoluzione è, tuttavia, il cosiddetto bail-in, che consiste nella riduzione forzosa del valore delle azioni e del debito della banca in crisi, e/o nella conversione di quest'ultimo in capitale.
  Rileva come, in tal senso, si passi da un sistema in cui la risoluzione delle crisi è imperniata sul ricorso ad apporti esterni, forniti dallo Stato (bail-out) a un nuovo sistema, che ricerca all'interno degli stessi intermediari le risorse necessarie tramite il coinvolgimento di azionisti e creditori (bail-in).
  Sono escluse dall'applicazione del bail-in alcune categorie di passività, segnatamente quelle più rilevanti per la stabilità sistemica o quelle protette nell'ambito fallimentare, come i depositi di valore inferiore a 100.000 euro, le obbligazioni garantite da attivi della banca, i debiti a breve sul mercato interbancario. Altre categorie di passività potranno essere escluse dall'autorità di risoluzione, in casi particolari, sulla base di una valutazione specifica degli effetti sulla stabilità sistemica e del possibile contagio. Nell'allocazione delle perdite dovrà essere rispettata la gerarchia prevista dalla direttiva, che in parte modifica quella concorsuale prevedendo, tra l'altro, che i depositi superiori a 100.000 euro detenuti dalle persone fisiche e dalle piccole e medie imprese siano colpiti dopo gli altri crediti chirografari (cosiddetto pecking order). In ogni caso, il trattamento riservato agli azionisti e ai creditori nell'ambito della risoluzione non potrà essere peggiore rispetto a quello che essi avrebbero subìto in caso di liquidazione coatta amministrativa.
  La direttiva dispone inoltre che gli Stati membri istituiscano meccanismi di finanziamento per rendere effettivi gli strumenti e i poteri delle autorità competenti in caso di risoluzione: tali fondi dovranno disporre, a partire dal 2025, di mezzi finanziari pari ad almeno l'1 per cento dell'ammontare dei depositi protetti nel Pag. 134territorio nazionale. In casi eccezionali, le autorità di risoluzione possono escludere, integralmente o parzialmente, le passività e utilizzare i meccanismi di finanziamento per assorbire le perdite o ricapitalizzare la banca. Tale possibilità si può esercitare solo quando le perdite che ammontano almeno all'8 per cento delle passività totali, fondi propri compresi, siano già state assorbite mediante strumenti di bail-in. Inoltre, il finanziamento del fondo di risoluzione si deve limitare al 5 per cento delle passività totali, fondi propri compresi, oppure ai mezzi a disposizione del fondo e all'importo che può essere raccolto mediante conferimenti successivi in un arco di tre anni.
  Il salvataggio attraverso il finanziamento pubblico si configura, nella nuova architettura, come un estremo rimedio qualora le procedure previste dalla direttiva non siano sufficienti a risolvere la crisi e a prevenire effetti dannosi all'economia. I governi possono in particolare intervenire attraverso specifici strumenti di stabilizzazione che possono consistere nell'apporto di capitale pubblico per ricapitalizzare un istituto ovvero nella nazionalizzazione temporanea dell'istituto medesimo. In ogni caso la possibilità di utilizzare gli strumenti di stabilizzazione pubblici soggiace al medesimo limite dell'8 per cento di assorbimento delle perdite mediante procedimento di bail-in e la verifica della compatibilità dell'intervento con la disciplina degli aiuti di Stato.
  Secondo quanto previsto dal regolamento istitutivo del Meccanismo di Risoluzione Unico e dal connesso Accordo Intergovernativo, dal 2016 i Fondi di risoluzione nazionali saranno sostituiti da un Fondo unico europeo, inizialmente diviso in comparti nazionali che progressivamente confluiranno in un comparto comune.
  Sotto il profilo istituzionale, sottolinea come la direttiva preveda che le funzioni di risoluzione e i relativi poteri siano assegnati da ciascuno Stato membro a uno specifico soggetto pubblico, l'autorità di risoluzione. Essa potrà essere creata ad hoc oppure individuata nella banca centrale, nell'autorità di vigilanza, nel ministero dell'economia; in questo secondo caso dovranno essere adottati presidi volti ad assicurare la separazione strutturale tra le funzioni di risoluzione e gli altri compiti dell'autorità. La direttiva assegna agli Stati membri la facoltà di prevedere che le decisioni dell'autorità di risoluzione con implicazioni sulla stabilità sistemica o sulle finanze pubbliche siano soggette all'approvazione del ministro competente per le materie economiche. A partire dal 1o gennaio 2016, con l'entrata a pieno regime del Meccanismo di Risoluzione Unico, i compiti che la direttiva assegna all'autorità di risoluzione nazionale saranno svolti in coordinamento con il Comitato di Risoluzione Unico (Single Resolution Board), costituito nell'ambito del Meccanismo di Risoluzione Unico, sulla base della ripartizione di competenze stabilita nel relativo regolamento istitutivo.
  Il termine di recepimento della direttiva, entrata in vigore il 2 luglio 2014, è fissato al 31 dicembre 2014. Gli Stati membri devono applicare le disposizioni di recepimento a decorrere dal 1o gennaio 2015, ad eccezione di alcune disposizioni relative alle procedure di bail-in, che devono essere applicate non più tardi del 1o gennaio 2016.
  Per quanto riguarda gli specifici princìpi e criteri direttivi, fissati dal comma 1 dell'articolo 8 del disegno di legge, segnala la lettera a), la quale prevede che nell'attuazione della delega il Governo deve provvedere all'uniformazione dell'ordinamento finanziario interno alla disciplina UE in materia di vigilanza bancaria, gestione delle crisi e tutela dei depositanti, e che le facoltà di opzione e garanzia ivi previste siano esercitate in modo conforme a quanto stabilito dal regolamento (UE) n. 806/2014, il quale fissa norme e procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento, nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico.
  La lettera b), modificata nel corso dell'esame in Senato, stabilisce che, conformemente alle previsioni della direttiva, a Pag. 135partire dal 2016 si applichino le norme sul bail-in, ossia del richiamato meccanismo di forzosa svalutazione delle azioni e del debito di un ente creditizio soggetto a risoluzione, secondo il disposto dell'articolo 43 della direttiva; l'attivazione di tali poteri dovrà avvenire valutando inoltre l'opportunità di stabilire modalità applicative del bail-in coerenti con la forma societaria cooperativa.
  La lettera c) stabilisce che l'ambito di applicazione della disciplina nazionale di recepimento della direttiva sia definito in coerenza con quello delineato dall'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva da recepire (agli enti stabiliti nell'Unione; ai soggetti stabiliti nell'Unione come filiazioni di altri enti soggetti alla vigilanza dell'impresa madre su base consolidata; alle società di partecipazione finanziaria, di partecipazione finanziaria mista e di partecipazione mista stabilite nell'Unione; alle società di partecipazione finanziaria madri in uno Stato membro, alle società di partecipazione finanziaria madri nell'Unione, alle società di partecipazione finanziaria mista madri in uno Stato membro, alle società di partecipazione finanziaria mista madri nell'Unione; infine, essa si applica alle succursali di enti stabiliti o ubicati al di fuori dell'Unione, secondo specifiche condizioni previste nella direttiva medesima).
  La lettera d), modificata al Senato, dispone la designazione della Banca d'Italia quale autorità di risoluzione nazionale, attribuendo a quest'ultima tutti i poteri assegnati all'autorità di risoluzione dalla direttiva 2014/59/UE e prevedendo che sia assicurato il tempestivo scambio di informazioni con il Ministero dell'economia e delle finanze; secondo quanto stabilito dall'articolo 3, paragrafo 6, della direttiva, si stabilisce espressamente il vincolo di approvazione di quest'ultimo prima di dare attuazione a decisioni che abbiano un impatto diretto sul bilancio oppure implicazioni sistemiche.
  La lettera e) rinvia alla disciplina secondaria nella materia oggetto di recepimento, da adottarsi secondo le linee guida emanate dall'Autorità bancaria europea (ABE).
  La lettera f) stabilisce che l'attuazione della delega debba uniformarsi anche al principio di proporzionalità.
  La lettera g) prevede che le norme in tema di responsabilità dei componenti delle autorità di vigilanza e dei dipendenti nell'esercizio dell'attività di controllo (prevista dall'articolo 24, comma 6-bis della legge n. 262 del 2005, cosiddetta legge sul risparmio), siano estese anche all'esercizio delle funzioni disciplinate dalla direttiva 2014/59/UE oggetto di recepimento, con riferimento alla Banca d'Italia, ai componenti dei suoi organi, ai suoi dipendenti, nonché agli organi delle procedure di intervento precoce e risoluzione, inclusi i commissari, l'ente-ponte, la società veicolo per la gestione delle attività e i componenti dei loro organi.
  La lettera h) prevede che l'attuazione della delega debba, ove ritenuto opportuno, provvedere alla individuazione della Banca d'Italia quale l'autorità competente a esercitare le opzioni che la direttiva medesima attribuisce agli Stati membri in tema di disciplina dei piani di risanamento e di risoluzione, nonché dei requisiti minimi previsti per le passività soggette a conversione o riduzione, nel rispetto del principio di proporzionalità.
  La lettera i) stabilisce che, nel recepimento, lo Stato non si avvale della facoltà di prevedere l'approvazione preventiva (ex ante), da parte dell'autorità giudiziaria, della decisione di utilizzare una misura di prevenzione o di gestione della crisi (prevista dall'articolo 85, par. 1, della direttiva 2014/59/UE).
  La lettera l), stabilisce che la delega dovrà provvedere anche al recepimento della disciplina sanzionatoria contenuta nella direttiva 2014/59/UE.
  Per quanto riguarda modalità, termini e parametri di individuazione delle sanzioni pecuniarie il numero 1) della lettera l) prevede di introdurre nell'ordinamento nazionale nuove fattispecie di illeciti amministrativi corrispondenti alle fattispecie sanzionatorie previste dalla direttiva 2014/59/UE, stabilendo in sintesi:
   al numero 1.1), che siano applicate sanzioni amministrative pecuniarie alle società Pag. 136o enti nei cui confronti sono accertate le violazioni e che siano definiti i presupposti per far scattare la responsabilità delle persone fisiche che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo, che sono dipendenti o che operano ad altro titolo nell'organizzazione del soggetto vigilato;
   al numero 1.2), che sia fissata l'entità delle sanzioni amministrative pecuniarie, in modo tale che la sanzione applicabile alle società o agli enti sia compresa tra un minimo di 30.000 euro e un massimo del 10 per cento del fatturato, mentre la sanzione applicabile alle persone fisiche sia compresa tra un minimo di 5.000 euro e un massimo di 5 milioni di euro: inoltre, qualora il vantaggio ottenuto dall'autore della violazione sia superiore ai limiti massimi così determinati, le sanzioni sono elevate fino al doppio dell'ammontare del vantaggio ottenuto, purché tale ammontare sia determinabile.

  Il numero 2) attribuisce alla Banca d'Italia il potere di irrogare le sanzioni e definire i criteri cui essa deve attenersi nella determinazione dell'ammontare della sanzione, in coerenza con quanto previsto dalla direttiva 2014/59/UE, anche in deroga alle disposizioni contenute nella legge sulle sanzioni amministrative, ovvero la legge n. 689 del 1981.
  Il numero 3) demanda al legislatore delegato l'individuazione delle modalità di pubblicazione dei provvedimenti che irrogano le sanzioni e il regime per lo scambio di informazioni con l'Autorità bancaria europea, in linea con quanto previsto dalla direttiva 2014/59/UE.
  Il numero 4) attribuisce alla Banca d'Italia il potere di definire disposizioni attuative, con riferimento, tra l'altro, alla definizione della nozione di fatturato utile per la determinazione della sanzione, alla procedura sanzionatoria e alle modalità di pubblicazione dei provvedimenti che irrogano le sanzioni.
  Con riferimento alle fattispecie connotate da minore effettiva offensività o pericolosità, il numero 5) prevede, ove compatibili con la direttiva 2014/59/UE, efficaci strumenti per la deflazione del contenzioso o per la semplificazione dei procedimenti di applicazione della sanzione, anche conferendo alla Banca d'Italia la facoltà di escludere l'applicazione della sanzione per condotte prive di effettiva offensività o pericolosità, mentre il numero 6) attribuisce alla Banca d'Italia il potere di adottare le misure previste dalla direttiva 2014/59/UE relative alla reprimenda pubblica, all'ordine di cessare o di porre rimedio a condotte irregolari e alla sospensione temporanea dell'incarico.
  Il numero 7) prevede la possibilità di una dichiarazione giudiziale dello stato di insolvenza in caso di avvio della risoluzione, ai fini dell'applicazione delle sanzioni penali disciplinate nel titolo VI della legge fallimentare, senza che in tal caso assuma rilievo esimente l'eventuale superamento dello stato di insolvenza per effetto della risoluzione; stabilisce inoltre l'applicabilità agli organi della risoluzione delle fattispecie penali previste nel richiamato titolo VI, in linea con l'articolo 237, secondo comma, della stessa legge fallimentare, ai sensi del quale nel caso di liquidazione coatta amministrativa si applicano al commissario liquidatore le norme che disciplinano i reati di interesse privato del curatore negli atti del fallimento, ed omessa consegna o deposito di cose del fallimento.
  In materia di sanzioni ricorda che l'8 maggio 2015 il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo (non ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale) che contiene le modifiche al TUB e al TUF volte a recepire a livello legislativo la direttiva 2013/36/UE sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento (cosiddetta direttiva CRD IV) (Atto del Governo n. 147). Tra le modifiche apportate da tale decreto vi è la complessiva riforma della disciplina delle sanzioni amministrative; viene stabilito il passaggio ad un sistema volto a sanzionare in primo luogo l'ente e, solo sulla base di presupposti individuati dalle norme, anche l'esponente aziendale o Pag. 137la persona fisica responsabile della violazione. Lo schema di decreto è stato esaminato dalla Commissione Finanze, che ha espresso un parere favorevole con condizione e osservazioni.
  La lettera m) stabilisce che la delega debba prevedere l'istituzione di uno o più fondi di risoluzione, secondo le modalità e i termini procedurali di attivazione indicati nella direttiva; più in dettaglio rileva come si debba:
   prevedere l'istituzione di uno o più fondi di risoluzione;
   definire le modalità di calcolo e di riscossione dei contributi dovuti da parte degli enti che vi aderiscono;
   determinare le modalità di amministrazione dei fondi e la struttura deputata alla loro gestione;
   individuare, ove opportuno, nella Banca d'Italia l'autorità competente a esercitare le opzioni che gli articoli 103, 106 e 109 della direttiva 2014/59/UE attribuiscono agli Stati membri con riferimento alla disciplina dei fondi di risoluzione (rileva come le richiamate norme siano rispettivamente concernenti i contributi versati ex ante ai Fondi, lo svolgimento di prestiti tra meccanismi di finanziamenti e l'uso dei sistemi di garanzia dei depositi nel contesto della risoluzione).

  La lettera n) prevede l'introduzione di adeguate forme di coordinamento tra l'Autorità di risoluzione (Banca d'Italia) e l'IVASS ai fini dell'applicazione di misure di risoluzione a società di partecipazione finanziaria mista e, ove controllino una o più imprese di assicurazione o riassicurazione, a società di partecipazione mista.
  La lettera o) prevede il coordinamento della disciplina nazionale di recepimento con il quadro normativo nazionale vigente in materia di gestione delle crisi previsto dal TUB e dal TUB, anche apportando ai citati testi unici le modifiche e le integrazioni necessarie.
  La lettera p) stabilisce che il recepimento dovrà contenere le necessarie modifiche e integrazioni al quadro normativo nazionale in materia di gestione delle crisi, nonché ogni altra modifica che si renda opportuna, al fine di chiarire la disciplina applicabile e per assicurare maggiore efficacia ed efficienza alla gestione delle crisi di tutti gli intermediari ivi disciplinati, anche tenendo conto di quanto previsto dalla legge fallimentare e delle esigenze di proporzionalità della disciplina e di celerità delle procedure.
  La lettera q) stabilisce che nell'attuazione della delega debbano essere approvate le necessarie norme di coordinamento, ove necessarie, ai fini del recepimento delle direttive modificate dal Titolo X della Direttiva 2014/59/UE oggetto di recepimento.
  Il comma 2, il quale reca una clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che dall'attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, prevedendosi che le autorità coinvolte nella sua attuazione debbano provvedere ai relativi compiti con le sole risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  Illustra quindi l'articolo 9, modificato nel corso dell'esame al Senato, il quale delega il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi per l'attuazione della direttiva 2014/65/UE (MiFID II) e per l'applicazione del regolamento (UE) n. 600/2014 (MiFIR).
  In merito ricorda che la direttiva 2004/39/CE, in materia di mercati degli strumenti finanziari, indicata comunemente con l'acronimo MiFID (Market in Financial Instruments Directive), è ora in parte rifusa nella direttiva 2014/65/UE e in parte sostituita dal regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio. La direttiva e il regolamento intendono modificare la precedente disciplina, incentrata sui mercati azionari regolamentati, con lo scopo di regolare un mercato sempre più complesso, caratterizzato da un notevole incremento degli strumenti finanziari e dei sistemi di trading ad alta frequenza, attraverso i quali ha luogo una quota rilevante delle transazioni sui mercati telematici più evoluti. Si intende aumentare la trasparenza delle negoziazioni Pag. 138e la tutela degli investitori, attraverso una maggiore responsabilizzazione degli intermediari, una più approfondita consapevolezza degli investitori (grazie alla disponibilità di informazioni più dettagliate e più frequenti) ed un rafforzamento dei poteri – sia ex-ante che ex post – delle Autorità di vigilanza.
  In particolare, per la prima volta sono contenute misure specifiche in tema di prodotti finanziari, come quelle finalizzate a ridurre il rischio che i prodotti finanziari emessi e/o collocati non siano adeguati al cliente finale. Viene inoltre previsto che le Autorità nazionali, l'ESMA e l'EBA (per i depositi strutturati) possono proibire o restringere il marketing e il collocamento di alcuni strumenti finanziari o depositi strutturati e le attività o pratiche finanziarie potenzialmente riduttive della protezione degli investitori, della stabilità finanziaria o dell'ordinato funzionamento dei mercati.
  A tale proposito evidenzia come, già in base alle disposizioni della MiFID, l'impresa di investimento erogante servizi di consulenza o di gestione del portafoglio sia tenuta ad acquisire informazioni in merito alle conoscenze ed esperienze del cliente in materia di investimenti e ai suoi obiettivi di investimento. Con la MiFID II tale norma viene integrata, sia perché nel definire gli strumenti finanziari adeguati al cliente si fa esplicito riferimento alla necessità di individuare la capacità dello stesso di fronteggiare eventuali perdite e la sua predisposizione al rischio, sia in quanto, nel caso in cui l'impresa raccomandi una pluralità di prodotti o servizi, la valutazione di adeguatezza deve avvenire in relazione all'intero pacchetto. Inoltre l'impresa, quando effettua consulenza agli investimenti, prima che la transazione sia conclusa, deve condividere con il cliente le motivazioni che hanno portato a ritenere che l'operazione di investimento consigliata sia realmente rispondente alle sue aspettative. Si ampliano poi gli obblighi di comunicazione alla clientela su costi e oneri connessi ai servizi di investimento o accessori che devono includere anche il costo della consulenza (se rilevante), il costo dello strumento finanziario raccomandato o venduto al cliente e le modalità con cui il cliente può remunerare il servizio di investimento ricevuto. Le informazioni circa tutte le voci di costo devono essere presentate in forma aggregata, per consentire al cliente di conoscere il costo complessivo ed il suo impatto sul rendimento atteso dall'investimento.
  In base all'articolo 93 della direttiva, la nuova disciplina deve essere recepita dagli Stati membri entro il 3 luglio 2016 ed applicata a decorrere dal 3 gennaio 2017.
  Per quanto riguarda gli specifici princìpi e criteri direttivi, fissati dal comma 1 dell'articolo 9 del disegno di legge, illustra la lettera a), la quale prevede di apportare le modifiche o integrazioni al TUF necessarie al corretto recepimento della citata disciplina UE, anche con riguardo alle norme tecniche di regolamentazione e di attuazione.
  La lettera b) stabilisce di designare la Banca d'Italia e la CONSOB quali autorità competenti per lo svolgimento delle funzioni previste dalla normativa europea, tenendo conto della ripartizione delle funzioni di vigilanza prevista dal TUF e apportando le necessarie modifiche – secondo quanto dettagliato nelle successive lettere da c) a u) – al fine di rendere più efficiente ed efficace l'assegnazione dei compiti di vigilanza e con l'obiettivo di ridurre, ove possibile, gli oneri per i soggetti vigilati.
  La lettera c) prevede il ricorso alla potestà di normazione secondaria adottata, singolarmente, dalla Banca d'Italia (sentita la CONSOB) e dalla CONSOB (sentita la Banca d'Italia), secondo le rispettive competenze, attribuendo a tal fine la potestà regolamentare di cui all'articolo 6, comma 2-bis del TUF, sia alla CONSOB sia alla Banca d'Italia.
  La lettera e) dispone il superamento dell'attività regolamentare congiunta della Banca d'Italia e della CONSOB, al fine di rendere più efficiente ed efficace l'assegnazione dei compiti di vigilanza e di ridurre gli oneri per i soggetti vigilati: in particolare, per specifici aspetti relativi alle materie previste dal citato articolo 6, Pag. 139comma 2-bis, del TUF (indicate dalle lettere a), b), h), k) e l), si richiede la sola intesa della Banca d'Italia e della CONSOB ai fini dell'adozione dei regolamenti; pertanto, nell'adozione della disciplina secondaria le due Autorità potranno emanare i regolamenti, previa intesa con l'altra, quando si tratterà delle seguenti materie: governo societario, requisiti generali di organizzazione, sistemi di remunerazione e di incentivazione; continuità dell'attività; responsabilità dell'alta dirigenza; esternalizzazione di funzioni operative essenziali o importanti o di servizi o attività; gestione dei conflitti di interesse, potenzialmente pregiudizievoli per i clienti.
  La lettera d) prevede di assegnare alle autorità competenti i poteri di vigilanza e di indagine previsti dalla direttiva e dal regolamento, tenendo conto dell'obiettivo di ridurre, ove possibile, gli oneri per i soggetti vigilati e indicando i casi in cui si rende necessaria l'acquisizione del parere dell'altra autorità.
  La lettera f) prevede di attribuire alla CONSOB poteri di vigilanza e di indagine e di adottare disposizioni di disciplina secondaria, sentita la Banca d'Italia, con riguardo ai sistemi e ai controlli, anche di natura organizzativa e procedurale, di cui devono dotarsi le banche e le imprese di investimento nella gestione di sedi di negoziazione; alla CONSOB vengono inoltre attribuiti i medesimi poteri in relazione all'attività di negoziazione algoritmica (cioè in relazione all'uso di algoritmi matematici per mezzo di piattaforme elettroniche che consentono l'operatività in automatico sui mercati finanziari) nonché, ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 17 della direttiva, con riferimento ai partecipanti alle sedi di negoziazione.
  La lettera g) stabilisce di attribuire alla CONSOB i poteri di vigilanza e di indagine e il potere di adottare disposizioni di disciplina secondaria in relazione ai soggetti che gestiscono il consolidamento dei dati, i canali di pubblicazione delle informazioni sulle negoziazioni ed i canali per la segnalazione alla CONSOB delle informazioni sulle operazioni concluse su strumenti finanziari.
  La lettera h) prevede che la Banca d'Italia acquisisca obbligatoriamente il parere preventivo della CONSOB per il rilascio dell'autorizzazione alle banche alla prestazione dei servizi e delle attività d'investimento.
  La lettera i) prevede di modificare il procedimento di autorizzazione delle SIM che svolgono attività transfrontaliera, attribuendo alla CONSOB, sentita la Banca d'Italia, i relativi poteri di autorizzazione.
  La lettera l) prevede di modificare la disciplina relativa alla procedura di autorizzazione delle imprese di investimento extracomunitarie che intendano prestare servizi e attività di investimento a clienti al dettaglio o a clienti professionali, prevedendo, l'obbligo di stabilire una succursale nello Stato italiano e attribuendo alla CONSOB, sentita la Banca d'Italia, i relativi poteri di autorizzazione.
  La lettera m) prevede di modificare il Codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo n. 209 del 2005 e il TUF al fine di recepire l'articolo 91 della direttiva MiFID II, in tema di intermediazione assicurativa, prevedendo anche il ricorso alla disciplina secondaria adottata dall'IVASS e dalla CONSOB, nonché l'attribuzione alle predette autorità dei relativi poteri di vigilanza, indagine e sanzionatori, secondo le rispettive competenze.
  Nell'ambito delle modifiche da apportare ai citati decreti legislativi, si prevede, con particolare riguardo alla CONSOB, la competenza sui prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione (di cui all'articolo 1, comma 1, lettera w-bis del TUF: rileva come si tratti delle polizze e delle operazioni di cui ai rami vita III e V individuate dall'articolo 2, comma 1, del CAP, con esclusione delle forme pensionistiche individuali), nonché sugli altri prodotti rientranti nella nozione di prodotto di investimento assicurativo contenuta nel citato articolo 91, comma 1, lettera b) della direttiva MiFID II.
  Al riguardo segnala come nello schema di decreto legislativo attuativo della direttiva 2009/138/CE (cosiddetta direttiva Solvency II) (Atto del Governo n. 146), la vigilanza sull'attività di assicurazione e di Pag. 140riassicurazione è stata attribuita in via generale all'IVASS. Peraltro, nel parere espresso dalla Commissione Finanze su tale schema di decreto, il Governo è stato invitato a valutare l'opportunità di definire con maggiore precisione gli ambiti di competenza delle diverse autorità di vigilanza che a vario titolo esercitano poteri sul settore assicurativo, assicurando, in armonia con la previsione dell'articolo 247, comma 8, della direttiva 2009/138/CE, nonché con gli sviluppi della normativa comunitaria in materia, la massima collaborazione tra di esse, al fine di garantire la migliore efficacia degli assetti di vigilanza pubblicistica in materia, in particolare evitando duplicazioni, sovrapposizioni o conflitti di competenza tra le medesime autorità.
  La lettera n) prevede di modificare il TUF al fine di recepire le disposizioni della direttiva in materia di cooperazione e scambio di informazioni con le autorità competenti dell'Unione europea, degli Stati membri e degli Stati non appartenenti alla UE.
  La lettera o) prevede di apportare modifiche ed integrazioni al TUF in materia di consulenti finanziari, società di consulenza finanziaria, promotori finanziari, assegnando ad un unico organismo, ordinato in forma di associazione con personalità giuridica di diritto privato, la tenuta dell'albo, nonché i poteri di vigilanza e sanzionatori nei confronti dei soggetti anzidetti: in tale ambito è previsto che le spese relative all'albo dei consulenti finanziari devono essere poste a carico dei soggetti interessati.
  La lettera p) prevede di disciplinare le segnalazioni, all'interno degli intermediari e verso l'autorità di vigilanza, delle violazioni delle disposizioni della direttiva MiFID II e del regolamento MiFIR (UE n. 600/2014), eventualmente prevedendo misure per incoraggiare le segnalazioni utili ai fini dell'esercizio dell'attività di vigilanza: in tale ambito viene precisato che, nell'ambito della disciplina delle segnalazioni, da un lato si deve tener conto dei profili di riservatezza e di protezione dei soggetti coinvolti, dall'altro si può valutare l'opportunità di estendere le modalità di segnalazione anche ad altre violazioni.
  La lettera q) prevede di modificare ed integrare il TUF al fine di attribuire alla Banca d'Italia ed alla CONSOB, ognuna secondo la rispettive competenze, il potere di applicare le sanzioni e le misure amministrative previste dall'articolo 70 della direttiva MiFID II (paragrafi 6 e 7 per le violazioni indicate dai paragrafi 3, 4 e 5), in base ai criteri e nei limiti massimi ivi previsti ed in coerenza con quanto stabilito dall'articolo 3, lettere l), ed m) della legge n. 154 del 2014, la quale, nell'individuare i criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2013/36/UE sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento nonché del regolamento n. 575/2013 relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi, ha delegato il Governo a rivedere in modo organico la disciplina e la procedura sanzionatoria delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal TUF in materia di abuso di denominazione, comunicazione sulla partecipazione al capitale e in tema di disciplina degli intermediari, dei mercati e della gestione accentrata di strumenti finanziari (articoli 188, 189 e 190). In attuazione della delega recata dalla legge n. 154 il Governo ha presentato alle Camere, che hanno espresso i rispettivi pareri, lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2013/36/UE sull'accesso all'attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento (Atto n. 147), il quale contiene un'ampia riforma delle sanzioni del TUB e del TUF.
  La lettera r) prevede di attribuire alla CONSOB il potere di applicare misure e sanzioni amministrative – previste dall'articolo 70, paragrafo 6, della direttiva – per il mancato o inesatto adempimento della richiesta di informazioni di cui all'articolo 22, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 600/2014.
  Rammenta infatti che il citato articolo 22, paragrafo 1, del regolamento MiFIR fa riferimento al potere delle autorità competenti Pag. 141di richiedere specifiche informazioni ai gestori dei mercati ai fini dell'applicazione dei regimi di trasparenza pre e post-negoziazione e quindi delle relative deroghe e differimenti sia per gli strumenti rappresentativi di capitale sia per quelli non rappresentativi, nonché per il rispetto dell'obbligo di negoziazione su alcuni strumenti finanziari e per determinare se un investitore è un internalizzatore sistematico (sono internalizzatori sistematici le imprese di investimento che negoziano per conto proprio al di fuori dei sistemi, eseguendo ordini dei clienti).
  La lettera s) indica valutare di non prevedere, in attuazione della disciplina sanzionatoria adottata in virtù della possibilità di cui alla lettera q), alcuna sanzione amministrativa per le fattispecie previste dall'articolo 166 del TUF, il quale punisce a titolo di «abusivismo» finanziario con la reclusione da uno a otto anni e con la multa da euro 4.130 a euro 10.329, la condotta di chi, senza esservi abilitato: a) svolge servizi o attività di investimento o di gestione collettiva del risparmio; b) offre in Italia quote o azioni di OICR; c) offre fuori sede, ovvero promuove o colloca mediante tecniche di comunicazione a distanza, strumenti finanziari o servizi o attività di investimento. Con la stessa pena è inoltre punito chi esercita l'attività di promotore finanziario senza essere iscritto nell'albo e chi esercita l'attività di controparte centrale di cui al regolamento (UE) n. 648/2012, senza aver ottenuto la preventiva autorizzazione ivi prevista.
  La lettera t) prevede modifiche alla normativa vigente, anche di derivazione UE, per i settori interessati dalla normativa da attuare e per la gestione collettiva del risparmio, con la finalità di realizzare il miglior coordinamento con le altre disposizioni vigenti, assicurando un appropriato grado di protezione dell'investitore e di tutela della stabilità finanziaria.
  Il comma 2 contiene la clausola di invarianza finanziaria, precisando che dall'attuazione della direttiva citata non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  Illustra quindi l'articolo 10, inserito nel corso dell'esame al Senato, il quale conferisce una delega al Governo per l'attuazione della direttiva 2014/91/UE (cosiddetta direttiva UCITS V), in materia di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) per quanto riguarda le funzioni di depositario, le politiche retributive e le sanzioni.
  Ricorda che la direttiva 2014/91/UE) ha lo scopo, attraverso l'aggiornamento della direttiva 2009/65/CE («direttiva UCITS IV»), relativa al coordinamento delle disposizioni amministrative in materia di organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), di armonizzare una serie di disposizioni.
  Con riferimento alle funzioni di depositario vengono previsti: l'individuazione dei soggetti abilitati ad assumere la funzione di depositario; generali obblighi di controllo e di custodia ascritti in capo al depositario; le condizioni alle quali il depositario può sub-depositare e compiti che possono essere legittimamente affidati al sub-depositario; l'individuazione delle condizioni alle quali è consentito il riutilizzo degli asset da parte del depositario; il regime di responsabilità. In particolare, la direttiva UCITS V prevede che gli OICVM possono nominare soltanto un unico depositario e la nomina deve essere evidenziata da un accordo scritto. Il depositario è incaricato delle funzioni di custodia, supervisione e monitoraggio dei flussi finanziari, in linea con le disposizioni della direttiva sui gestori di fondi di investimento alternativi (direttiva 2011/61/UE, cosiddetta AIFMD).
  In merito alle politiche retributive delle società di gestione la direttiva introduce modifiche delle politiche di remunerazione, al fine di promuovere una gestione efficace dei rischi, in linea con il profilo di rischio dell'OICVM. A seconda dell'organizzazione, della natura, della portata e della complessità delle attività della società di gestione, sono stabiliti specifici principi. Le politiche di remunerazione si applicano alle categorie di personale le cui attività professionali hanno un impatto rilevante sui profili di rischio degli OICVM. La ratio Pag. 142dell'intervento risiede nella necessità che la politica di remunerazione sia idonea a promuovere una sana e prudente gestione del rischio, senza incoraggiare l'assunzione di rischi non coerenti rispetto alle caratteristiche del fondo, e risulti in linea con le strategie e gli obiettivi prefissati nonché con le esigenze degli investitori. È previsto inoltre un obbligo di pubblicità della politica di remunerazione nel prospetto.
  La materia dei sistemi di remunerazione e di incentivazione dei soggetti abilitati è menzionata nell'articolo 6, comma 2-bis, del TUF, che assegna la competenza regolamentare congiuntamente alla Banca d'Italia e alla CONSOB, con una formulazione sufficientemente ampia da ricomprendere tanto i gestori UCITS quanto quelli di FIA. Evidenzia che l'articolo 9 del disegno di legge in esame dispone il superamento dell'attività regolamentare congiunta della Banca d'Italia e della CONSOB, al fine di rendere più efficiente ed efficace l'assegnazione dei compiti di vigilanza e di ridurre gli oneri per i soggetti vigilati. In particolare per specifici aspetti viene richiesta la sola intesa della Banca d'Italia e della CONSOB ai fini dell'adozione dei regolamenti. Pertanto, nell'adozione della disciplina secondaria le due Autorità potranno emanare i regolamenti, previa intesa con l'altra, quando si tratterà delle seguenti materie: governo societario, requisiti generali di organizzazione, sistemi di remunerazione e di incentivazione; continuità dell'attività; responsabilità dell'alta dirigenza; esternalizzazione di funzioni operative essenziali o importanti o di servizi o attività; gestione dei conflitti di interesse, potenzialmente pregiudizievoli per i clienti (articolo 6, comma 2-bis, lettere a), b), h), k) e l)).
  Per quel che concerne le sanzioni amministrative la direttiva UCITS V definisce un elenco esaustivo delle violazioni che implicano la comminazione di sanzioni da parte delle autorità competenti; la direttiva prevede sanzioni di 5 milioni di euro o 10 per cento del fatturato annuo totale di una società, di 5 milioni di euro per gli individui o il doppio del profitto derivante dalla violazione se determinabile. Altre misure sono introdotte, quale l'obbligo per gli Stati membri di istituire meccanismi efficaci per incoraggiare la segnalazione di violazioni e per fornire un canale sicuro per abilitare tale comunicazione. È previsto l'obbligo per le autorità competenti di pubblicare ogni provvedimento sanzionatorio.
  Rammenta che la direttiva è in vigore dal 17 settembre 2014 e deve essere recepita nel diritto nazionale dagli Stati membri entro il 18 marzo 2016 (18 mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea).
  Per quanto riguarda gli specifici princìpi e criteri direttivi, fissati dal comma 1 dell'articolo 10 del disegno di legge, la lettera a) prevede di apportare al TUF, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva 2014/91/UE (UCITS V);
   la lettera b) prevede il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalla Consob e dalla Banca d'Italia secondo le rispettive competenze;
   la lettera c) prevede di apportare modifiche e integrazioni alle disposizioni in materia di sanzioni contenute nel TUF, al fine di attribuire alla Banca d'Italia e alla CONSOB, nell'ambito delle rispettive competenze, il potere di imporre le sanzioni e le altre misure amministrative per le violazioni delle disposizioni della direttiva 2014/91/UE con i criteri e i massimi edittali ivi previsti;
   la lettera d) stabilisce di provvedere affinché siano in atto i dispositivi e le procedure per la segnalazione di violazioni di cui all'articolo 99-quinquies della direttiva 2009/65/CE (relativo al cosiddetto whistleblowing), come modificata dalla citata direttiva 2014/91/UE, tenendo anche conto dei profili di riservatezza e di protezione dei soggetti coinvolti;
   la lettera e) prevede di adottare, in conformità alle definizioni, alla disciplina della direttiva 2014/91/UE e ai criteri direttivi previsti dalla legge in esame, le occorrenti modificazioni alla normativa vigente, anche di derivazione comunitaria, Pag. 143per i settori interessati dalla direttiva da attuare, al fine di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti, assicurando un appropriato grado di protezione dell'investitore, di tutela della stabilità finanziaria e dell'integrità dei mercati finanziari.

  Il comma 2 precisa che dall'attuazione della direttiva citata non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 11, inserito dal Senato, il quale delega il Governo a dare attuazione alla nuova disciplina UE sugli abusi di mercato di cui alla direttiva 2014/57/UE e al regolamento n. 596/2014, in particolare individuando l'autorità competente in tale ambito (CONSOB) e le modalità di cooperazione tra autorità nazionale e autorità estere.
  Per quanto riguarda il contenuto del regolamento UE n. 596/2014 sugli abusi di mercato e della direttiva 2014/57/UE relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato, ricorda innanzitutto che con il termine «market abuse» si indica un insieme di condotte di manipolazione dei mercati finanziari, che causano in via diretta o indiretta conseguenze sfavorevoli per gli investitori, dovute al fatto che altri soggetti (ovvero operatori del mercato) hanno usufruito di informazioni confidenziali, ovvero abbiano falsato il meccanismo di determinazione dei prezzi degli strumenti finanziari o divulgato informazioni false o ingannevoli.
  La linea di tendenza seguita dal legislatore europeo nel caso degli abusi di mercato è quella di incentivare il ricorso a forme di doppio binario sanzionatorio, penale e amministrativo.
  In particolare, la direttiva 2014/57/UE introduce sanzioni proporzionate ai profitti conseguiti da chi commette il reato e ai danni provocati anche ai mercati e all'economia in generale. Per i reati previsti dagli articoli 3 a 5 (abuso di informazioni privilegiate, raccomandazione o induzione di altri alla commissione di abuso di informazioni privilegiate, comunicazione illecita di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato) la durata massima della pena non può essere inferiore ai 4 anni. Tra le altre sanzioni, poi, gli Stati potranno prevedere l'esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici; l'interdizione temporanea o permanente all'esercizio di un'attività d'impresa; l'assoggettamento a controllo giudiziario; provvedimenti giudiziari di liquidazione; la chiusura temporanea o permanente dei locali usati per commettere il reato. Il termine per il recepimento è fissato al 3 luglio 2016.
  In tale contesto il regolamento UE n. 596/2014, relativo agli abusi di mercato, abroga la direttiva 2003/6/CE le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE (abusi di mercato), nonché la direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE.
  Gli obblighi stabiliti di prevedere negli ordinamenti nazionali pene per le persone fisiche e sanzioni per le persone giuridiche non esonerano gli Stati membri dall'obbligo di contemplare sanzioni amministrative e altre misure per le violazioni previste nel regolamento (UE) n. 596/2014, salvo che gli Stati membri non abbiano deciso, conformemente al regolamento (UE) n. 596/2014, di prevedere per tali violazioni unicamente sanzioni penali nel loro ordinamento nazionale.
  Viene individuata, poi, quella che può rivelarsi una generale linea di confine tra le due tipologie di illecito e sanzioni, in modo da evitare possibili violazioni del principio del bis in idem nei diversi Stati membri dell'Unione: nel considerandum 23 della direttiva, infatti, viene precisato l'ambito di applicazione della direttiva in relazione al connesso strumento regolamentare (n. 596/2014), poiché mentre le condotte illecite commesse con dolo dovrebbero essere punite conformemente alla direttiva, almeno nei casi gravi, le sanzioni per le violazioni del regolamento n. 596/2014 non richiedono che sia comprovato il dolo o che gli illeciti siano qualificati come gravi.
  Nella medesima prospettiva il legislatore europeo individua una serie di criteri Pag. 144di ordine generale per poter qualificare «gravi» gli illeciti di manipolazione del mercato e quelli di abuso di informazioni privilegiate, muovendo dal presupposto che è essenziale rafforzare il rispetto delle norme sugli abusi di mercato istituendo sanzioni penali, che dimostrino una forma più forte di disapprovazione sociale rispetto alle sanzioni amministrative.
  In particolare, il regolamento UE n. 596/2014 istituisce un quadro normativo comune in materia di abuso di informazioni privilegiate, comunicazione illecita di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato (le condotte qualificate come «abusi di mercato») e contiene misure per prevenire gli abusi di mercato, onde garantire l'integrità dei mercati finanziari dell'Unione e accrescere la tutela degli investitori e la fiducia in tali mercati.
  In estrema sintesi, il regolamento si applica agli strumenti finanziari ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione su un mercato regolamentato, ma – innovando così rispetto al passato – anche agli strumenti finanziari negoziati su un sistema multilaterale di negoziazione (o per cui è stata presentata apposita richiesta), su altri sistemi di negoziazione organizzati e over the counter, nonché ai mercati delle merci e degli strumenti derivati collegati.
  Sono previste condotte legittime (cosiddetto safe harbour, di cui all'articolo 9 del regolamento), ai sensi delle quali non costituisce, di per sé, abuso di informazioni privilegiate l'uso di informazioni acquisite nel quadro di operazioni di fusione o acquisizione e utilizzate a tali fini, ovvero l'uso della decisione di acquisire o disporre di certi strumenti finanziari nell'acquisizione o disposizione di tali strumenti. Il regolamento elenca inoltre, all'articolo 13, le prassi di mercato ammesse che consentono di non incorrere nei divieti di manipolazione del mercato.
  L'articolo 11 del regolamento consente di effettuare sondaggi di mercato (definiti quali «comunicazioni di informazioni privilegiate quando una persona è in possesso di informazioni privilegiate e comunica tali informazioni a un'altra persona, tranne quando la comunicazione avviene durante il normale esercizio di un'occupazione, una professione o una funzione») subordinatamente a specifiche condizioni previste dalle norme regolamentari.
  L'articolo 12 estende inoltre la definizione di manipolazione del mercato anche agli ordini di negoziazione effettuati attraverso mezzi elettronici, come le strategie di negoziazione algoritmiche e ad alta frequenza, ai sensi della quale la condotta è inoltrata anche mediante inoltro di ordini in una sede di negoziazione, comprese le relative cancellazioni o modifiche, con ogni mezzo disponibile di negoziazione, anche attraverso mezzi elettronici, come le strategie di negoziazione algoritmiche e ad alta frequenza).
  L'articolo 16 stabilisce l'illiceità del tentativo di abuso di informazioni privilegiate e manipolazioni del mercato.
  Il regolamento disciplina altresì dettagliatamente gli obblighi di comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate da parte degli emittenti quotati, prevedendo all'articolo 17 la possibilità per l'emittente di ritardare la divulgazione al pubblico di tali informazioni qualora sussistano specifiche condizioni.
  L'articolo 19 stabilisce l'obbligo di notifica all'emittente e all'autorità competente delle operazioni effettuate da persone che esercitano funzioni di amministrazione, controllo o direzione e da persone ad essi strettamente collegate: la soglia annuale che fa scattare l'obbligo di notifica è fissata a 5.000 euro, ma il regolamento prevede la possibilità per le autorità competenti di aumentare la predetta soglia fino a 20.000 euro, con termine per la notifica fissato a 3 giorni dall'operazione.
  L'articolo 17 prevede semplificazioni per gli emittenti i cui strumenti finanziari sono ammessi alla negoziazione su un mercato di crescita per le PMI e in particolare obblighi semplificati di divulgazione delle informazioni. Pag. 145
  L'entrata in vigore del regolamento è fissata al 3 luglio 2016, con molte norme immediatamente precettive.
  Per quanto riguarda gli specifici princìpi e criteri direttivi, fissati dal comma 1 dell'articolo 11 del disegno di legge, la lettera a) prevede di modificare e integrare il TUF con le norme necessarie ad attuare la direttiva 2014/57/UE e alle disposizioni del regolamento n. 596/2014, abrogando contestualmente le norme dell'ordinamento nazionale che riguardano gli istituti disciplinati dal regolamento anzidetto.
  La lettera b) prevede di designare la CONSOB quale autorità competente ai fini del regolamento, assicurando che la stessa autorità possa esercitare i poteri di vigilanza e di indagine attribuiti dagli articoli 22 e 23 del regolamento, e i relativi poteri sanzionatori.
  La lettera c) dispone che le norme di delega prevedano il ricorso alla disciplina secondaria, adottata dalla CONSOB, nell'ambito e per le finalità specificamente previste dal regolamento n. 596/2014, dalla direttiva 2014/57/UE e dalla legislazione dell'Unione europea.
  La lettera d) prevede di modificare, ove necessario, il TUF per conformare l'ordinamento nazionale alle disposizioni di cui agli articoli 24, 25 e 26 del regolamento (UE) n. 596/2014 che recano, rispettivamente, norme in materia di cooperazione e scambio di informazioni con l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (AESFM – ESMA), le autorità competenti degli Stati membri, nonché con le autorità di vigilanza di paesi terzi.
  La lettera e) attribuisce alla CONSOB il potere di applicare le sanzioni e le altre misure amministrative per le violazioni espressamente elencate dall'articolo 30 del regolamento (abuso di informazioni privilegiate e comunicazione illecita di informazioni privilegiate; manipolazione del mercato; condotte connesse alla prevenzione e individuazione di abusi di informazioni privilegiate, manipolazioni del mercato e relativi tentativi; condotte connesse alla comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate ed alla tenuta degli elenchi delle persone aventi accesso a informazioni privilegiate; condotte effettuate da persone che esercitano funzioni di amministrazione, di controllo o di direzione; obblighi di coloro che producono o diffondono raccomandazioni in materia di investimenti o altre informazioni che raccomandano o consigliano una strategia di investimento in ordine, tra l'altro, alla correttezza delle informazioni presentate).
  Ai sensi della lettera f), le norme di delega dovranno ridurre dagli attuali 100.000 euro a 20.000 euro il valore minimo delle sanzioni amministrative pecuniarie per abuso di informazioni privilegiate, comunicazione di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato previste dagli articoli 187-bis e 187-ter del TUF.
  In materia di confisca, ferma restando l'attuale disciplina della confisca penale di ci all'articolo 187 del TUF, la lettera g) prevede una revisione della disciplina della confisca amministrativa (di cui all'articolo 187-sexies del TUF), limitandola al solo profitto dell'illecito (oggi comprende anche il prodotto ed i mezzi utilizzati) in modo da renderla maggiormente proporzionata all'effettiva utilità conseguita dai soggetti e superare le eccezioni di incostituzionalità in più sedi avanzate.
  La lettera h) prescrive che, per stabilire il tipo ed il livello di sanzione amministrativa per le violazioni delle previsioni stabilite dal regolamento, si tenga conto delle circostanze pertinenti, elencate dall'articolo 31 del medesimo regolamento, tra cui la gravità e la durata della violazione, il grado di responsabilità dell'autore della violazione, la capacità finanziaria dell'autore della violazione, quale risulta, per esempio, dal fatturato complessivo della persona giuridica o dal reddito annuo della persona fisica; l'ammontare dei profitti realizzati e delle perdite evitate da parte dell'autore della violazione, nella misura in cui possano essere determinati; il livello di cooperazione che l'autore della violazione ha dimostrato con l'autorità competente, ferma restando la necessità di garantire la restituzione dei guadagni realizzati o delle perdite evitate; le eventuali precedenti violazioni da parte dell'autore Pag. 146della violazione; le misure adottate dall'autore della violazione al fine di evitarne il ripetersi.
  In ordine alle sanzioni penali e al loro rapporto con le sanzioni amministrative la lettera i) riguarda l'individuazione – oltre alle sanzioni amministrative proporzionate, efficaci e dissuasive – per i casi gravi e dolosi, di illeciti penali con pene anch'esse proporzionate, efficaci e dissuasive.
  Per l'individuazione delle condotte dolose gravi di abuso di mercato la lettera l) fa rinvio ai criteri indicati dalla Direttiva 20114/57/UE (MAD 2) e fra questi viene indicata, con valenza esemplificativa, la qualificazione soggettiva dei trasgressori, come quando essi siano esponenti di emittenti quotati (e pertanto soggetti a speciali obblighi informativi e di comportamento), di autorità di vigilanza o di governo, membri di organizzazioni criminali, soggetti che abbiano già commesso le medesime violazioni.
  La lettera m) richiede che sia evitata la duplicazione e/o il cumulo di sanzioni penali e amministrative per lo stesso fatto illecito, indicando diverse modalità per perseguire tale obiettivo; in particolare si prescrive di: distinguere le fattispecie; applicare della sola sanzione più grave; imporre, all'autorità di vigilanza o all'autorità giudiziaria, di tenere conto, al momento dell'irrogazione di sanzioni di propria competenza, delle misure già computate.
  La lettera n) impone di dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 32 del regolamento, concernente la segnalazione verso l'autorità di vigilanza competente di violazioni effettive o potenziali, tenendo anche conto dei profili di riservatezza e di protezione dei soggetti coinvolti.
  La lettera o) delega il Governo a valutare, ai sensi del paragrafo 4 dell'articolo 32 del regolamento, l'opportunità di prevedere la concessione di incentivi finanziari a coloro che offrono informazioni pertinenti riguardo a potenziali violazioni del regolamento stesso.
  La lettera p) dispone che le norme di delega dovranno consentire, nei termini dell'articolo 34 del regolamento (ai sensi del quale le autorità competenti pubblicano le decisioni in materia di sanzioni e altre misure sui propri siti Internet immediatamente dopo che la persona destinataria di tale decisione sia stata informata; la pubblicazione fornisce informazioni relative almeno al tipo e alla natura della violazione nonché all'identità della persona che ne è destinataria, fatta eccezione per quanto riguarda le misure investigative), la pubblicazione da parte della CONSOB sul proprio sito Internet delle decisioni relative all'imposizione di misure e sanzioni amministrative per le violazioni delle norme UE.
  La lettera q) impone di adottare le opportune modifiche di coordinamento alla normativa vigente, anche per assicurare un appropriato grado di protezione dell'investitore, di tutela della stabilità finanziaria e dell'integrità dei mercati finanziari.
  Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria, in base alla quale dall'attuazione della disposizione in parola non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e l'Autorità interessata provvede agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  Illustra quindi l'articolo 12, introdotto durante l'esame del provvedimento al Senato, il quale delega il Governo ad adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 909/2014 (cosiddetto regolamento CSD – Central Securities Depositories Regulation), a completare l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 648/2012 (cosiddetto regolamento EMIR – European Market Infrastructure Regulation) e a trasporre nell'ordinamento interno delle modifiche apportate alla direttiva 98/26/CE dai citati regolamenti (UE) n. 909/2014 e n. 648/2012.
  Al riguardo ricorda che il regolamento (UE) n. 648/2012 sugli strumenti derivati OTC (over the counter, ossia fuori dai mercati regolamentati), le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni Pag. 147(trade repository), cosiddetto regolamento EMIR, identifica le seguenti categorie di soggetti:
   controparti finanziarie, la cui tassonomia viene indicata dal regolamento stesso;
   controparti non finanziarie, definite come tutte le imprese stabilite nell'Unione, diverse dalle controparti finanziarie e dalle controparti centrali;
   controparti non finanziarie qualificate, che corrispondono al genere più esteso delle controparti non finanziarie, ma se ne differenziano poiché il valore nozionale lordo del portafoglio di strumenti derivati per i quali non sia oggettivamente misurabile la capacità di ridurre i rischi direttamente legati all'attività commerciale o di finanziamento di tesoreria dalle stesse detenuto supera determinate soglie, distinte per categoria di strumento derivato.

  Gli obblighi che discendono dal regolamento EMIR si applicano in funzione dell'appartenenza del soggetto ad una delle categorie appena indicate.
  In particolare le controparti finanziarie sono sottoposte:
   all'obbligo di clearing, che consiste nel sottoporre a compensazione mediante controparte centrale i contratti derivati negoziati OTC che appartengano ad una classe di derivati che sia stata dichiarata soggetta all'obbligo;
   all'obbligo di applicare tutte le tecniche di mitigazione del rischio previste dal regolamento EMIR con riferimento ai contratti non sottoposti a compensazione mediante controparte centrale.

  Le controparti non finanziarie sono sottoposte:
   all'obbligo di verifica che il valore del portafoglio di strumenti derivati OTC non superi la soglia di compensazione;
   all'obbligo di applicare talune tecniche di mitigazione del rischio con riferimento ai contratti non sottoposti a compensazione mediante controparte centrale.

  Le controparti non finanziarie qualificate sono sottoposte:
   all'obbligo di notificare alla CONSOB e all'ESMA l'avvenuto superamento e l'eventuale ritorno nei limiti delle soglie;
   all'obbligo di clearing, per i contratti interessati dall'obbligo e conclusi successivamente al superamento delle soglie;
   all'obbligo di applicare tutte le tecniche di mitigazione del rischio previste da EMIR con riferimento ai contratti non sottoposti a compensazione mediante controparte centrale.

  L'EMIR introduce anche l'obbligo di reporting dei contratti derivati a una trade repository autorizzata o riconosciuta dall'ESMA, che si applica alle controparti centrali e ai soggetti appartenenti a ognuna delle suddette categorie.
  Alle norme EMIR è stata data attuazione con il regolamento di esecuzione UE n. 1247/2012 e con i regolamenti delegati (UE) nn. 148/2013, 149/2013 e 151/2013.
  Il regolamento 909/2014, cosiddetto regolamento CSD, si inserisce nel quadro delle iniziative UE in materia di infrastrutture di mercato, introducendo requisiti uniformi in materia di autorizzazione ed organizzazione, gestione dei rischi e vigilanza dei depositari centrali di titoli.
  Per depositario centrale di titoli si intende la persona giuridica che opera un sistema di regolamento titoli (cosiddetto servizio di regolamento) e fornisce almeno un altro servizio di base quale la registrazione iniziale dei titoli in un sistema di scritture contabili (cosiddetto servizio di notariato) o la fornitura e mantenimento dei conti titoli al livello più elevato (servizio di gestione accentrata).
  Esso prevede che i soggetti già operanti ai sensi degli ordinamenti nazionali quali depositari centrali di titoli presentino istanza di autorizzazione entro 6 mesi dall'entrata in vigore di alcuni standard tecnici. Il regolamento prevede che, fatte Pag. 148salve le funzioni di «oversight» dei membri del Sistema europeo delle banche centrali, un CSD sia autorizzato e vigilato dall'autorità competente del proprio Stato membro d'origine, che ciascuno Stato membro è tenuto a designare, informandone l'ESMA.
  Sulla falsariga di quanto stabilito dal regolamento EMIR, viene richiesto che, ove uno Stato membro designi più di un'autorità competente, siano specificati chiaramente i rispettivi ruoli e una sola autorità sia designata come responsabile della cooperazione con le autorità competenti degli altri Stati membri e le altre autorità di cui il regolamento prevede il coinvolgimento a diverso titolo (articolo 11). L'ESMA pubblica sul suo sito Internet l'elenco delle autorità competenti designate; alle autorità competenti sono conferiti i poteri di vigilanza e di indagine necessari per l'esercizio delle loro funzioni.
  Le vigenti disposizioni in materia (articolo 69 e seguenti del TUF) prevedono che la Banca d'Italia disciplini, d'intesa con la CONSOB, il funzionamento dei servizi di liquidazione delle operazioni aventi a oggetto strumenti finanziari non derivati e ne autorizzi la gestione, sempre d'intesa con la CONSOB. La CONSOB dispone, inoltre, di competenze dirette sul depositario centrale (da esercitarsi d'intesa con Banca d'Italia), in quanto autorizza l'esercizio dell'attività di gestione accentrata e ne disciplina con regolamento l'attività. La vigilanza sul sistema di liquidazione e sul sistema di gestione accentrata è esercitata dalla CONSOB (articolo 82 del TUF), al fine di assicurare la trasparenza e la tutela degli investitori, e dalla Banca d'Italia, avendo riguardo alla stabilità e al contenimento del rischio sistemico.
  Per quanto riguarda la direttiva 98/26/CE sul carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e di regolamento titoli, più volte modificata nel tempo, essa contiene disposizioni volte a ridurre il rischio sistemico associato alla partecipazione ai sistemi di regolamento di pagamenti e di titoli, con particolare riferimento al rischio di insolvenza dei partecipanti a tale sistema. Le norme trovano applicazione al regolamento di pagamenti e di titoli, a ciascun partecipante in tali sistemi, nonché alle garanzie collaterali fornite per la partecipazione ai sistemi di regolamento, ovvero alle operazioni delle banche centrali degli Stati membri nell'esercizio delle proprie funzioni.
  Al riguardo, segnala come la direttiva 98/26/CE, così come la direttiva 2009/44/CE e la direttiva 2010/78/UE che la hanno successivamente modificata, siano state oggetto di recepimento, rispettivamente, attraverso il decreto legislativo n. 210 del 2001, il decreto legislativo n. 48 del 2011, e il decreto legislativo n. 130 del 2012. Per quanto riguarda gli specifici princìpi e criteri direttivi, fissati dal comma 1 dell'articolo 12 del disegno di legge, la lettera a) prevede di apportare al TUF le integrazioni necessarie per dare attuazione alle disposizioni del regolamento n. 909/2014 che richiedono un intervento normativo da parte degli Stati membri e a provvedere, ove necessario, ad abrogare le norme dell'ordinamento nazionale riguardanti gli istituti disciplinati dal regolamento citato. La lettera b) prevede la designazione della CONSOB e della Banca d'Italia quali autorità competenti ai sensi dell'articolo 11 del regolamento; alla CONSOB e alla Banca d'Italia sono attribuiti i poteri di vigilanza e d'indagine necessari per l'esercizio delle loro funzioni: in particolare, la norma di delega individua la CONSOB quale autorità responsabile della cooperazione, nonché quale autorità competente a ricevere la domanda di autorizzazione da parte del depositario centrale di titoli e a comunicare al soggetto richiedente, a seguito degli opportuni coordinamenti con la Banca d'Italia, il relativo esito.
  La lettera c) prescrive che, sulla base di quanto previsto nel titolo V (regime sanzionatorio) del predetto regolamento, il TUF venga modificato e integrato affinché la Banca d'Italia e la CONSOB, secondo le rispettive competenze, possano imporre le sanzioni e le altre misure amministrative previste dal regolamento, in misura efficace, Pag. 149proporzionata e dissuasiva. Le misure amministrative menzionate sono quelle previste dall'articolo 63 del regolamento (UE) n. 909/2014 (tra cui una dichiarazione pubblica indicante il soggetto responsabile della violazione e la natura della violazione, la revoca delle autorizzazioni concesse all'esercizio dell'attività e l'interdizione temporanea, o permanente in caso di violazioni gravi reiterate, dall'esercizio di funzioni di gestione in seno all'ente a carico dei membri dell'organo di amministrazione dell'ente stesso o di altre persone fisiche considerati responsabili): a tale riguardo la norma chiarisce che occorre garantire, nello stabilire il tipo e il livello delle sanzioni e delle altre misure amministrative, che si tenga conto di tutte le circostanze pertinenti, nel rispetto dei limiti edittali indicati dalle norme europee (articoli 63 e 64 del regolamento n. 909/2014).
  La lettera d) statuisce che il Governo consenta la pubblicazione delle decisioni che impongono sanzioni o altre misure amministrative, nei limiti e secondo le previsioni del regolamento (in particolare dell'articolo 62 del regolamento (UE) n. 909/2014); esso deve assicurare che le decisioni e le misure adottate a norma del regolamento siano adeguatamente motivate e soggette al diritto di ricorso giurisdizionale, secondo quanto previsto dal medesimo regolamento (articolo 66 sul diritto al ricorso).
  La lettera e) prevede che la disciplina dei meccanismi di segnalazione delle violazioni sia definita secondo quanto previsto dall'articolo 65 del regolamento CSD, ai sensi del quale gli Stati membri assicurano che le autorità competenti istituiscano meccanismi efficaci per incoraggiare la segnalazione di reali o possibili violazioni del regolamento ed enumerano il contenuto minimo di tali meccanismi (tra i quali ricorda il whistleblowing, cioè la segnalazione da parte dei dipendenti).
  La lettera f) intende assicurare un intervento sulle altre disposizioni vigenti interessate dalle previsioni del regolamento con particolare riferimento alle infrastrutture di post trading, al fine di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti, assicurando un appropriato grado di protezione dell'investitore, di tutela della stabilità finanziaria e dell'integrità dei mercati finanziari.
  La lettera g) fissa i principi e criteri specifici di delega per la trasposizione nell'ordinamento interno delle modifiche apportate alla direttiva 98/26/CE dall'articolo 87 del regolamento (UE) n. 648/2012 e dall'articolo 70 del regolamento (UE) n. 909/2014.
  Le modifiche apportate dall'articolo 87 del regolamento n. 648 del 2012 hanno precisato che, se l'operatore di un sistema ha fornito una garanzia all'operatore di un altro sistema in relazione a un sistema interoperabile, i diritti dell'operatore del sistema che ha fornito la garanzia – in relazione alla garanzia fornita – non sono pregiudicati da procedure di insolvenza avviate nei confronti dell'operatore del sistema che ha ricevuto le garanzie.
  A tale riguardo le norme di delega chiariscono che il recepimento di tale modifica avviene anche, se opportuno, attraverso l'introduzione di deroghe alla disciplina fallimentare.
  Sottolinea quindi come le modifiche apportate dall'articolo 70 del regolamento n. 909 del 2014 intervengano sulla definizione di «sistema», al fine di chiarire che si intende per tale – tra le altre ipotesi – un accordo formale designato, fatti salvi altri requisiti più rigorosi di applicazione generale imposti dal diritto nazionale, come sistema e notificato all'autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati dallo Stato membro di cui si applica la legge, dopo che lo Stato membro stesso ne abbia accertato la conformità alle regole dello stesso.
  Più in generale, la lettera g) contiene una delega a rivalutare la complessiva attuazione della direttiva 98/26/CE, in particolare con riferimento alle previsioni relative all'irrevocabilità ed opponibilità degli ordini di trasferimento immessi in un sistema e dell'eventuale compensazione e regolamento degli stessi, apportando le modifiche necessarie, anche alla luce della Pag. 150disciplina di attuazione adottata dagli altri Stati membri e in considerazione delle caratteristiche del mutato panorama europeo dei servizi di post trading. Il Governo ove necessario, è altresì delegato a coordinare la disciplina di attuazione della direttiva 98/26/CE con le norme previste dall'ordinamento interno, incluse quelle adottate in applicazione del regolamento (UE) n. 909/2014 e del regolamento (UE) n. 648/2012.
  Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria, in base alla quale dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le Amministrazioni coinvolte debbano provvedere con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  Passa a illustrare l'articolo 13, il quale delega il Governo ad adottare norme volte ad adeguare il quadro normativo vigente al regolamento (UE) n. 1286/2014, relativo ai documenti informativi di accompagnamento dei prodotti d'investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati (Packaged Retail and Insurance-based Investment Products – PRIIPs).
  Ricorda che il regolamento (UE) n. 1286/2014 definisce packaged retail and insurance-based investment products – PRIIPs i prodotti, indipendentemente dalla loro forma o struttura, ideati dall'industria dei servizi finanziari per offrire opportunità di investimento agli investitori al dettaglio e per i quali l'importo dovuto all'investitore è soggetto a fluttuazioni, a causa dell'esposizione ai valori di riferimento, o soggetto al rendimento di una o più attività che non sono acquistate direttamente dall'investitore al dettaglio. Per tutti questi prodotti, gli investimenti non sono di tipo diretto, ma agiscono attraverso un processo di assemblaggio, consistente nel confezionare le attività in modo da creare prodotti che abbiano esposizioni, caratteristiche o strutture dei costi diverse rispetto ad una detenzione diretta.
  In tale ambito rileva come il regolamento stabilisca regole uniformi sul formato e sul contenuto del documento contenente le informazioni chiave (cosiddetto KID – Key Information Document) che deve essere redatto dagli ideatori di tali prodotti PRIIPs, nonché sulla diffusione del documento stesso agli investitori al dettaglio, al fine di consentire a questi ultimi di comprendere e raffrontare le caratteristiche e i rischi chiave dei PRIIPs. Il regolamento, perseguendo gli obiettivi strumentali del miglioramento della trasparenza dei documenti informativi e della riduzione del grado di disomogeneità tra le normative dei singoli Stati membri UE che, di fatto, determinano asimmetrie nelle condizioni concorrenziali tra i diversi prodotti e canali di distribuzione, intende migliorare il grado di consapevolezza degli investitori e a creare un mercato interno dei servizi e prodotti finanziari. Scopo delle norme è fornire agli investitori al dettaglio le informazioni necessarie per prendere una decisione informata sull'investimento e per confrontare i diversi PRIIPs: a tal fine, nel documento contenente le informazioni chiave devono figurare solo informazioni fondamentali, in particolare per quanto riguarda la natura e le caratteristiche del prodotto, compresi la menzione dell'eventuale possibilità di perdere capitale, i costi e il profilo di rischio del prodotto, le pertinenti informazioni sul rendimento e talune altre informazioni specifiche che possono essere necessarie per comprendere le caratteristiche di tipi specifici di prodotto.
  Il documento è fornito già dal soggetto che fornisce consulenza su un PRIIP o che vende tale prodotto; la consegna del documento con le informazioni chiave deve avvenire in tempo utile prima che tali investitori al dettaglio siano vincolati da qualsiasi contratto o offerta relativa al PRIIP, salvo ipotesi specifiche in cui tale documento può essere consegnato in un momento successivo.
  Il regolamento UE n. 1286/2014 ha diretta efficacia negli Stati membri a partire dal 31 dicembre 2016.
  Per quanto riguarda gli specifici princìpi e criteri direttivi, fissati dal comma 1 dell'articolo 13 del disegno di legge, la lettera a) stabilisce che il Governo, nell'esercizio della delega per i settori interessati Pag. 151dalla normativa da attuare, modifichi e integri la normativa vigente, anche di derivazione UE, al fine di assicurare la corretta e integrale applicazione del regolamento (UE) n. 1286/2014 e di realizzare il migliore coordinamento con le altre disposizioni vigenti, assicurando un appropriato grado di protezione degli investitori al dettaglio.
  La lettera b) designa, in relazione alle rispettive competenze, la CONSOB e l'Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (IVASS), quali autorità competenti in materia di vigilanza sul rispetto degli obblighi che il predetto regolamento impone agli ideatori di PRIIPs e alle persone che forniscono consulenza sui PRIIPs o vendono tali prodotti. In particolare, viene chiarito che tale designazione vale per la CONSOB, per quanto concerne i prodotti finanziari delle imprese di assicurazione (di cui all'articolo 1, comma 1, lettera w-bis), del TUF), nonché sugli altri prodotti menzionati dal regolamento, per quanto riguarda gli aspetti relativi alla tutela degli investitori e alla salvaguardia dell'integrità e dell'ordinato funzionamento dei mercati finanziari, perseguendo l'obiettivo di semplificare, ove possibile, gli oneri per i soggetti vigilati.
  La lettera c) stabilisce che alle predette autorità designate siano attributi i poteri di vigilanza e di indagine previsti dal regolamento e il potere di adottare disposizioni di disciplina secondaria, avuto riguardo all'esigenza di semplificare gli oneri per i soggetti vigilati. Il Governo è inoltre tenuto a seguire, nella ripartizione delle competenze, i principi indicati nella citata lettera b), anche con riferimento ai poteri, previsti dall'articolo 17 del regolamento n. 1286/2014, quali quelli di vietare o limitare la commercializzazione, distribuzione o vendita di prodotti di investimento assicurativi o i prodotti di investimento assicurativi con determinate caratteristiche specifiche, o ancora il tipo di attività o prassi finanziaria di un'impresa di assicurazione o di riassicurazione in relazione ai prodotti di investimento assicurativi, all'interno del suo Stato membro o a partire dallo stesso.
  La lettera d) prescrive che il documento contenente le informazioni chiave sia notificato ex ante dall'ideatore di PRIIP o dalla persona che vende un PRIIP all'autorità competente per i PRIIPs commercializzati nel territorio italiano.
  La lettera e) stabilisce che nell'ordinamento nazionale siano introdotte le sanzioni amministrative e le altre misure previste dal regolamento per le violazioni degli obblighi contenuti nel regolamento stesso, in base ai criteri e nei limiti ivi previsti, e avuto riguardo alla ripartizione di competenze tra autorità di vigilanza, di cui alla lettera b).
  Per quanto riguarda invece le altre disposizioni del disegno di legge non attinenti alle competenze della Commissione Finanze:
   l'articolo 1 reca la delega al Governo per l'attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B, rinviando, per quanto riguarda le procedure, i princìpi e i criteri direttivi della delega, alle disposizioni previste dalla legge n. 234 del 2012; in tale ambito il comma 3 specifica che gli schemi di decreto legislativo recanti attuazione delle direttive incluse nell'allegato B siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari. Tale procedura è estesa anche ai decreti di attuazione delle direttive di cui all'allegato A, qualora in essi sia previsto il ricorso a sanzioni penali;
   l'articolo 2, introdotto dal Senato, detta specifici principi e criteri direttivi – aggiuntivi rispetto a quelli generali di cui all'articolo 1, per il recepimento della direttiva 2014/104/CE che introduce una disciplina volta a garantire il risarcimento di un danno derivante da violazione delle norme europee sulla concorrenza;
   l'articolo 3 conferisce al Governo, ai sensi dell'articolo 33 della citata legge n. 234 del 2012, una delega biennale per l'emanazione di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi discendenti da direttive attuate in via regolamentare o amministrativa e per le violazioni di regolamenti Pag. 152dell'Unione europea pubblicati alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea 2014;
   l'articolo 14 reca i principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega volta all'attuazione nell'ordinamento nazionale della direttiva 2014/52/UE, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati;
   l'articolo 15 reca due criteri direttivi specifici – che si aggiungono ai principi e criteri direttivi generali, richiamati dall'articolo 1, comma 1, del disegno di legge – per l'attuazione della direttiva 2013/51/Euratom del Consiglio, sui requisiti per la tutela della salute della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano;
   l'articolo 16 introduce un criterio direttivo specifico per l'esercizio della delega per il recepimento della Direttiva 2013/35/UE del 26 giugno 2013, inerente le disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici;
   l'articolo 17 prevede che nell'esercitare la delega per dare attuazione alla direttiva 2014/63/UE, che ha modificato, in parte, la direttiva 2001/110/CE sul miele, il Governo tenga in considerazione, oltre ai principi ed ai criteri direttivi generali indicati nell'articolo 1, comma 1, lo specifico criterio finalizzato ad assicurare «norme di salvaguardia sulla completezza delle informazioni relative alla provenienza del miele e dei prodotti apistici destinati al consumo umano a vantaggio del consumatore»;
   l'articolo 18 delega il Governo a dare attuazione a sette decisioni quadro in materia di cooperazione di polizia e giudiziaria (decisione quadro 2002/465/GAI, relativa alle squadre investigative comuni; decisione quadro 2003/577/GAI, relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio; decisione quadro 2005/214/GAI, relativa al reciproco riconoscimento delle sanzioni pecuniarie; decisione quadro 2008/947/GAI, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive; decisione quadro 2009/299/GAI, che modifica le decisioni quadro 2002/584/GAI, 2005/214/GAI, 2006/783/GAI, 2008/909/GAI e 2008/947/GAI, rafforzando i diritti processuali delle persone e promuovendo l'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni pronunciate in assenza dell'interessato al processo; decisione quadro 2009/829/GAI, sull'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare; decisione quadro 2009/948/GAI, sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all'esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali);
   l'articolo 19 delega il Governo ad attuare la decisione quadro 2009/315/GAI finalizzata all'organizzazione ed al contenuto degli scambi tra gli Stati membri delle informazioni estratte dai casellari giudiziali nazionali;
   l'articolo 20 delega il Governo ad attuare la decisione quadro 2009/316/GAI che, in applicazione della decisione quadro 2009/315/GAI, istituisce il sistema informativo del Casellario europeo (ECRIS – European Criminal Records information System);
   l'articolo 21 delega il Governo ad attuare alla decisione quadro 2008/675/GAI, in materia di considerazione delle sentenze penali di condanna in ambito UE in occasione di un nuovo procedimento penale.

  Passando all'esame delle direttive contenute negli allegati, ricorda preliminarmente che le direttive di cui all'Allegato A Pag. 153sono recepite dal Governo senza che i relativi schemi di decreto legislativo siano sottoposte al parere parlamentare, mentre quelle di cui all'Allegato B sono sottoposte al parere parlamentare.
  Evidenzia come, nell'Allegato A, l'unica direttiva ivi contenuta, la direttiva 2014/11/UE, recante modifica della direttiva 2009/15/CE per quanto attiene all'adozione da parte dell'Organizzazione marittima internazionale di taluni codici, non interessi gli ambiti di competenza della Commissione Finanze.
  Per quanto riguarda invece l'Allegato B, in tale ambito si annoverano numerose direttive rientranti negli ambiti di competenza della Commissione Finanze.
  La direttiva 2013/50/UE, in materia di obblighi di trasparenza e di informazione in capo ai soggetti che emettono valori mobiliari e strumenti finanziari negoziati su mercati regolamentati (cosiddetta direttiva Transparency), oggetto dei criteri specifici di delega di cui all'articolo 5.
  Illustra quindi la direttiva 2014/17/UE sul credito ipotecario (cosiddetta Mortgage Credit Directive), la quale ha l'obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dei consumatori che sottoscrivano contratti di credito relativi a beni immobili (mutui ipotecari).
  La direttiva definisce un quadro comune per alcuni aspetti concernenti i contratti di crediti ai consumatori garantiti da un'ipoteca o altrimenti relativi a beni immobili residenziali. Sono definiti standard qualitativi per alcuni servizi, in particolare per quanto riguarda la distribuzione e l'erogazione di crediti attraverso creditori e intermediari del credito. Sono previsti disposizioni in materia di abilitazione, vigilanza e requisiti prudenziali per gli intermediari.
  Le disposizioni principali riguardano: le informazioni e le pratiche preliminari alla conclusione del contratto di credito, la definizione di standard qualitativi per i servizi di erogazione di crediti (con l'introduzione di alcune disposizioni in materia di abilitazione, vigilanza e requisiti prudenziali), l'obbligo di valutazione del merito creditizio del consumatore, disposizioni in materia di rimborso anticipato, disposizioni in materia di prestiti in valuta estera, disposizioni sulle pratiche di vendita abbinata, la fissazione di principi riguardanti, ad esempio, l'educazione finanziaria, la valutazione degli immobili, le morosità e i pignoramenti.
  In particolare la direttiva stabilisce disposizioni che devono essere oggetto di piena armonizzazione relativamente alle informazioni precontrattuali attraverso il formato del Prospetto informativo europeo standardizzato (PIES) e il calcolo del TAEG.
  Il termine di recepimento a livello nazionale è stato fissato per il 21 marzo 2016. La Direttiva troverà applicazione solo con riferimento ai contratti di credito sorti successivamente al 21 marzo 2016.
  Passa quindi a illustrare la direttiva 2014/48/UE, la quale intende rafforzare le norme UE in materia di scambio di informazioni sui redditi di risparmio, allo scopo di consentire agli Stati membri di meglio contrastare le frodi e l'evasione fiscale.
  In materia le norme europee si pongono l'obiettivo di garantire l'imposizione effettiva sui redditi da risparmio che hanno la forma di pagamenti di interessi transfrontalieri, corrisposti in uno Stato membro ad una persona fisica residente in un altro Stato membro – interessi che sono generalmente inclusi in tutti gli Stati membri nel reddito imponibile delle persone fisiche residenti – mediante lo scambio di informazioni tra le autorità competenti dei singoli Paesi membri.
  La direttiva 2014/48/UE modifica la «direttiva risparmio» 2003/48/CE, entrata in vigore dal 1o gennaio 2005, che aveva introdotto un obbligo di comunicazione nel caso di pagamento di interessi transfrontalieri.
  Ricorda al riguardo che per assicurare l'effettiva imposizione sui redditi da risparmio percepiti, sotto forma di interessi, da parte di soggetti non residenti, la «direttiva risparmio» del 2003 disponeva l'adozione di un sistema basato sullo scambio automatico di informazioni tra le autorità competenti degli Stati membri Pag. 154coinvolti nella transazione. In base alle disposizioni della direttiva 2003, l'agente pagatore deve trasmettere alle autorità competenti del proprio Paese, in via automatica, almeno una volta all'anno, ed entro sei mesi dalla fine dell'anno fiscale dello Stato, una serie di informazioni e di dati relativi alla transazione e ai soggetti coinvolti. Rammenta che la direttiva del 2003 non è stata reputata efficace in relazione allo scopo prefissato: essa non copriva alcuni strumenti finanziari e si applicava solo ai pagamenti di interessi effettuati direttamente a favore di persone fisiche residenti nell'Unione, le quali possono eludere le disposizioni europee attraverso società con sede in paesi in cui vige un regime fiscale più favorevole.
  In tale contesto la direttiva 2014/48/UE apporta significative novelle alla direttiva risparmio del 2003, tra l'altro attraverso l'attualizzazione della terminologia ivi contenuta, allo scopo di garantire una effettiva imposizione dei redditi da risparmio e prevenire il rischio di evasione fiscale.
  In particolare le norme europee intendono definire meglio:
   a) i redditi da risparmio, affinché (articolo 6 della direttiva risparmio, riformulato dall'articolo 1 della direttiva 2014/48/UE) siano compresi nell'ambito applicativo della direttiva anche i redditi equivalenti agli interessi sui risparmi investiti. Segnala come si tratti, ad esempio, dei fondi di investimento stabiliti nell'Unione e fuori dell'Unione, e di tutti quegli strumenti finanziari non qualificabili come produttori d'interessi (azioni, fondi comuni di natura prevalentemente azionaria, strumenti alternativi, polizze di capitalizzazione e vita ed altri strumenti caratterizzati e strutturati in maniera tale da non produrre interesse);
   b) la nozione di beneficiario (articolo 2, come riformulato, della direttiva risparmio);
   c) la nozione di agente di pagamento e l'introduzione di una nozione «positiva» delle strutture intermedie istituite in uno degli Stati membri e tenute ad agire come «agenti pagatori all'atto del ricevimento»;
   d) l'identificazione dei beneficiari effettivi (articolo 3 della novellata direttiva risparmio) attraverso la registrazione della data e del luogo di nascita del beneficiario effettivo e, ove disponibile, del codice fiscale di quest'ultimo.

  Gli Stati membri sono tenuti a recepire la nuova direttiva nei rispettivi ordinamenti nazionali entro il 1o gennaio 2016.
  La direttiva 2014/49/UE, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, oggetto dei criteri specifici di delega di cui all'articolo 7.
  La direttiva 2014/51/UE, la quale è volta a regolamentare alcuni poteri e competenze dell'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) e dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA).
  In merito rammenta che nel 2010 è stato istituito il Sistema europeo delle autorità di vigilanza finanziaria (ESFS), composto dall'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA), dall'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) e dall'Autorità bancaria europea (EBA).
  Le norme della direttiva 2014/51/UE modificano la disciplina europea sostanziale concernente i settori di attività delle nuove Autorità di vigilanza europee, per adeguarla al nuovo sistema di vigilanza. In particolare, si intende adeguare alle nuove disposizioni la direttiva 2003/71/CE relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari (cosiddetta direttiva prospetto) e la direttiva 2009/138/CE concernente l'accesso e l'esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (direttiva Solvency II). Sono apportate le conseguenti modifiche ai regolamenti in materia di agenzie di rating, di istituzione dell'ESMA e dell'EIOPA.
  Rileva come, in estrema sintesi la direttiva, con un primo gruppo di norme, Pag. 155modifichi gli atti legislativi nelle materie dell'ESMA e dell'EIOPA affinché esse stabiliscano i settori in cui alle autorità di vigilanza europee è conferito il potere di elaborare progetti di norme tecniche e le relative modalità di adozione da parte della Commissione UE; vengono ricondotti nell'alveo delle norme sostanziali l'individuazione degli elementi, delle condizioni e delle specifiche per gli atti delegati, come previsto all'articolo 290 TFUE. Tali standard costituiranno degli strumenti aggiuntivi per la convergenza della vigilanza.
  Con un secondo gruppo di norme la direttiva interviene inoltre sulla direttiva Solvency II. Vengono conferiti alla Commissione europea numerosi poteri delegati in una serie di materie, per un periodo di quattro anni a decorrere dall'entrata in vigore della direttiva, prorogabili per periodi di altrettanta durata, eccetto in caso di revoca dal parte del Parlamento europeo e del Consiglio.
  In materia di controversie, i regolamenti istitutivi delle autorità di vigilanza europee prevedono che le suddette possano intervenire qualora le autorità nazionali competenti di uno o più Stati membri non riescano a trovare un accordo tra loro. A tal fine i regolamenti prevedono che la normativa settoriale specifichi i casi in cui le autorità di vigilanza europee hanno facoltà di intervenire. Pertanto, la proposta in esame fissa una prima serie di casi all'interno della direttiva Solvibilità II, delineando una procedura per la risoluzione delle controversie, in base alla quale viene data facoltà ad una delle autorità di vigilanza nazionali interessate di sollevare la questione presso l'EIOPA.
  La proposta apporta poi alcune modifiche aggiuntive alla direttiva Solvibilità II; sono specificate le condizioni, che dovranno essere constatate dall'EIOPA, per la determinazione di situazioni eccezionalmente avverse dei mercati. Vengono poi adeguati all'inflazione gli importi in euro del livello minimo del requisito patrimoniale delle imprese di riassicurazione captive. Al fine di agevolare la transizione verso un nuovo regime ed evitare turbative di mercato, sono previste misure transitorie che riguardano, tra l'altro: i requisiti di governance; la valutazione; le informazioni da fornire alle autorità di vigilanza e l'informativa al pubblico; la determinazione e la classificazione dei fondi propri; la formula standard per il calcolo del requisito patrimoniale di solvibilità.
  La direttiva contiene inoltre una serie di misure sul trattamento dei prodotti di assicurazione a lungo termine, in modo da mitigare gli effetti della «volatilità artificiale»: ne deriva un regime di supervisione e regolazione per il settore assicurativo fondato sull'analisi del rischio, tramite il quale si intende realizzare una maggiore stabilità del sistema finanziario e di rafforzare il coordinamento della vigilanza internazionale.
  Il termine fissato per il recepimento della direttiva è il 31 marzo 2015; l'applicazione delle norme derivanti dal recepimento deve decorrere dal 1o gennaio 2016.
  La direttiva 2014/56/UE, la quale, in un contesto più ampio di interventi adottati immediatamente dopo la crisi finanziaria per rilanciare la stabilità del sistema, contribuisce a riformare la revisione legale dei bilanci d'esercizio e consolidati, introducendo una serie di misure applicabili alla generalità delle revisioni contabili, nonché alcune previsioni, riguardanti il comitato per il controllo interno e la revisione contabile, applicabili esclusivamente agli enti di interesse pubblico.
  La direttiva modifica alcune definizioni rilevanti contenuti nella normativa previgente: in primo luogo, tra le modifiche introdotte vi è la definizione di «revisione legale dei conti» al fine di ricomprendervi, oltre alla revisione dei bilanci di esercizio o dei bilanci consolidati prescritta dal diritto dell'Unione europea, la revisione dei bilanci prescritta dalla legislazione nazionale per quanto riguarda le piccole imprese, nonché la revisione dei bilanci delle piccole imprese effettuata volontariamente, purché la stessa sia considerata dalla normativa nazionale equivalente alla revisione legale. L'impatto della modifica Pag. 156ha rilevanza ai fini dell'individuazione della tipologia di imprese soggette all'obbligo di revisione.
  In particolare la definizione di «revisione legale dei conti» contenuta nella nuova direttiva revisione sembra consentire agli Stati membri di ricomprendere nell'alveo dei soggetti a cui essa si applica, attraverso la legislazione nazionale, anche la categoria delle piccole imprese, altrimenti esentate dall'obbligo della revisione ai sensi della normativa comunitaria generale.
  Quanto al riconoscimento delle imprese di revisione contabile, la norma generale relativa all'abilitazione, rimasta invariata, prevede che la revisione legale sia svolta esclusivamente da revisori o società di revisione abilitati dallo Stato membro che impone la revisione. La nuova direttiva revisione introduce una deroga a tale regola generale, operante per le società di revisione già abilitate in uno Stato membro che intendano effettuare revisioni presso uno Stato membro diverso da quello di origine. In questo caso, alla società di revisione è richiesta l'iscrizione presso l'autorità competente dello Stato membro ospitante, rilasciata a condizione che il responsabile della revisione che effettua la revisione legale per conto della società di revisione sia abilitato nello Stato membro ospitante.
  La nuova direttiva modifica parzialmente anche la procedura per l'abilitazione dei revisori legali già abilitati in altri Stati membri, contemplando, in alternativa al superamento della prova attitudinale, già previsto dalla previgente direttiva revisione, un tirocinio di adattamento ai sensi della direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali. La scelta tra le due procedure alternative (tirocinio di adattamento o prova attitudinale) è rimessa alla volontà dello Stato membro ospitante.
  La direttiva introduce il concetto di «scetticismo professionale», al quale viene attribuito la valenza di un principio generale da rispettare nello svolgimento della revisione legale, al pari dei princìpi di deontologia professionale, indipendenza, obiettività, riservatezza e segreto professionale. Per scetticismo professionale si intende un atteggiamento, da adottare durante tutto il corso della revisione legale, caratterizzato da un approccio dubitativo, attento alle condizioni che possano indicare possibili errori dovuti a comportamenti o eventi non intenzionali o a frodi e una valutazione critica degli elementi probativi.
  Per quanto attiene alle regole sull'indipendenza, sottolinea come la direttiva contenga, per alcuni aspetti, un grado di dettaglio maggiore rispetto alla previgente normativa, anche se i requisiti fondamentali rimangono sostanzialmente invariati. In primo luogo, il requisito dell'indipendenza dal soggetto sottoposto a revisione è richiesto ora non solo al revisore legale o società di revisione ma anche a «qualsiasi persona fisica in grado di influenzare direttamente o indirettamente l'esito della revisione», tra cui, ad esempio, ai dirigenti della società di revisione, ai suoi revisori, ai suoi dipendenti, a «qualsiasi persona fisica i cui servizi sono messi a disposizione o sono sotto il controllo del revisore legale o della società di revisione contabile o qualsiasi persona direttamente o indirettamente collegata al revisore legale o alla società di revisione contabile da un legame di controllo». Resta invariato l'approccio utilizzato per valutare il requisito dell'indipendenza, secondo il quale il revisore legale o la società di revisione non effettuano la revisione se sussistono rischi derivanti da autoriesame, interesse personale, familiarità, esercizio del patrocinio legale, ovvero minacce di intimidazione, determinati da relazioni finanziarie, personali, d'affari, di lavoro o di altro tipo dalle quali un terzo informato, obiettivo e ragionevole trarrebbe la conclusione che l'indipendenza risulti compromessa nonostante le misure di salvaguardia adottate.
  Particolare attenzione viene posta sulla posizione dell'ex revisore assunto dalla società revisionata. La nuova direttiva vieta al revisore o al responsabile della revisione, prima che sia trascorso almeno un anno dalla cessazione delle sue attività in qualità di revisione (2 anni nel caso di Pag. 157revisione di un ente di interesse pubblico), di assumere le seguenti funzioni presso l'ente revisionato: dirigente di rilievo; membro del comitato per il controllo interno e la revisione contabile; membro senza incarichi esecutivi dell'organo di amministrazione o membro dell'organo di controllo. Identico divieto vige per i dipendenti, i soci nonché per ogni altra persona fisica i cui servizi sono messi a disposizione o sono sotto il controllo del revisore legale o della società di revisione contabile, nel caso in cui tali soggetti siano stati personalmente abilitati alla revisione. Prima di accettare o proseguire un incarico di revisione il revisore o società di revisione deve valutare e documentare: se è in regola con i requisiti di indipendenza richiesti; se sussistono rischi per la sua indipendenza e se sono state adottate misure per mitigarli; se dispone di tempo, di risorse e di personale competente per poter svolgere l'incarico; se, nel caso di società di revisione, il responsabile dell'incarico è abilitato all'esercizio dell'attività di revisione nel Paese che la impone. Gli Stati membri possono prevedere disposizioni semplificate per le revisioni delle piccole imprese.
  La direttiva introduce regole relative all'organizzazione interna del revisore o società di revisione e del suo lavoro. In merito il revisore e la società di revisione sono tenute ad adottare direttive e procedure interne volte a garantire che: in una società di revisione, l'indipendenza del responsabile della revisione non sia compromessa da ingerenze da parte degli azionisti, dei membri degli organi di amministrazione, di direzione e di controllo; il revisore o la società di revisione dispongano di un sistema amministrativo e contabile solido, di un sistema di controllo interno della qualità, di procedure per la valutazione del rischio e di meccanismi di controllo e tutela del proprio sistema di elaborazione elettronica dati; il personale che partecipa all'incarico di revisione abbia le conoscenze e l'esperienza adeguata per svolgerlo; l'esternalizzazione di funzioni di revisione non comprometta la qualità del suo controllo interno della qualità, né la capacità delle autorità competenti di vigilare sul revisore o società di revisione; eventuali rischi per l'indipendenza siano prevenuti, identificati, eliminati, gestiti e resi pubblici; l'attività del personale che partecipa all'incarico sia monitorata ed esaminata e venga predisposto un fascicolo di revisione per ogni incarico di revisione; il revisore o la società di revisione dispongano di un sistema di controllo interno della qualità che comprenda almeno direttive e procedure appropriate per svolgere l'incarico e che consenta di monitorare ed esaminare l'attività del personale che partecipa all'incarico e di predisporre un fascicolo di revisione per ogni incarico di revisione; le attività di revisione siano svolte in maniera continua e regolare e che eventuali incidenti che hanno avuto o potrebbero avere ripercussioni sull'integrità delle proprie attività di revisione siano efficacemente fronteggiati e registrati; le politiche retributive del personale che partecipa all'incarico di revisione incentivino la qualità della revisione e siano svincolate dal fatturato derivante dalla fornitura di servizi diversi dalla revisione alla società revisionata. Tali procedure sono documentate e comunicate ai dipendenti del revisore o della società di revisione e sono monitorate e valutate al fine di garantirne adeguatezza ed efficacia. In particolare, le direttive e le procedure che costituiscono il sistema di controllo interno della qualità del revisore sono oggetto di valutazione annuale.
  Con riferimento all'organizzazione del lavoro, la nuova direttiva prevede: che in una società di revisione venga designato almeno un responsabile della revisione per ciascun incarico e che lo stesso partecipi attivamente allo svolgimento del lavoro di revisione; che ad ogni incarico siano assegnate risorse e tempo sufficienti; che qualsiasi violazione delle disposizioni contenute nella nuova direttiva e nel regolamento sia documentata, unitamente alle eventuali conseguenze delle violazioni e le misure correttive adottate; il contenuto Pag. 158minimo del fascicolo (o file) di revisione ed il termine entro il quale lo stesso deve essere ultimato.
  La direttiva conferma il meccanismo di adozione dei princìpi di revisione internazionali da parte della Commissione europea, dopo che tale ipotesi sembrava oramai definitivamente abbandonata. Per «princìpi di revisione internazionali» si intendono gli International Standard on Auditing (ISA) ma anche il principio internazionale sul controllo della qualità n. 1 (International Standard on Quality Control – ISQC 1), nonché gli altri princìpi correlati emanati dall'IFAC tramite lo IAASB, nella misura in cui gli stessi siano rilevanti ai fini della revisione. La Commissione europea può adottare i princìpi di revisione internazionali a condizione che gli stessi: siano stati elaborati attraverso una procedura trasparente che garantisca il necessario controllo pubblico e siano generalmente accettati a livello internazionale; contribuiscano ad accrescere la credibilità e la qualità dell'informativa finanziaria; siano nell'interesse generale europeo; non modifichino né integrino i requisiti previsti dalla nuova direttiva revisione. Gli Stati membri possono, a determinate condizioni, imporre procedure o obblighi di revisione aggiuntivi ma non è più consentito loro di stralciare parte dei princìpi di revisione internazionali. Gli Stati membri, inoltre, qualora impongano la revisione legale alle imprese di piccole dimensioni possono stabilire che l'applicazione dei suddetti princìpi di revisione internazionale debba essere proporzionata alla dimensione e complessità della società sottoposta a revisione.
  La direttiva, rinviando alle regole più specifiche contenute nei princìpi di revisione internazionali, elenca i requisiti minimi della relazione di revisione che, rispetto al passato, reca la dichiarazione su eventuali incertezze relative a eventi o circostanze che potrebbero sollevare dubbi significativi sulla capacità dell'ente revisionato di rispettare il presupposto della continuità aziendale.
  Segnala quindi come un altro elemento di novità sia l'ipotesi della revisione congiunta, effettuata da più di un revisore o società di revisione (cosiddetta joint audit). In questo caso, la nuova direttiva richiede ai revisori o società di revisione di raggiungere un accordo sui risultati della revisione e di esprimere un giudizio congiunto. In caso di disaccordo, ogni revisore o società di revisione presenterà il proprio giudizio in un paragrafo distinto della relazione di revisione, indicando i motivi del disaccordo.
  La disciplina sui controlli di qualità rimane sostanzialmente invariata. Un elemento di novità riguarda la frequenza dei controlli in merito alla quale la nuova direttiva introduce il concetto della valutazione del rischio. Pertanto, i controlli della qualità dovranno aver luogo sulla base di un'analisi del rischio ma, nel caso di revisioni legali prescritte dal diritto europeo, rimane il limite massimo di 6 anni tra una verifica della qualità e la successiva. Fa presente come un altro importante elemento di novità sia l'introduzione del concetto di proporzionalità dei controlli di qualità rispetto alla complessità dell'attività di revisione o della società di revisione o dell'ente revisionato. A tali fini, gli Stati membri impongono alle autorità competenti, quando effettuano i controlli di qualità delle revisioni dei bilanci delle piccole e medie società, di tenere in considerazione il concetto della proporzionalità dei princìpi di revisione internazionali alla dimensione e complessità del soggetto sottoposto a revisione.
  La direttiva contiene altresì ulteriori specifiche relative ai criteri per la selezione dei soggetti incaricati di eseguire le verifiche di qualità, finalizzate a garantire l'assenza di conflitti di interesse tra gli stessi e il revisore o la società di revisione da sottoporre a verifica. A tal fine viene ora richiesto ai controllori di rilasciare un'apposita dichiarazione di assenza di conflitti e viene anche previsto che gli stessi non possano effettuare verifiche presso il revisore o la società di revisione del quale siano stati dipendenti o al quale siano stati legati da altri rapporti di lavoro Pag. 159o di associazione prima che siano decorsi almeno 3 anni dalla cessazione di tali rapporti.
  La nuova direttiva amplia la disciplina relativa alle indagini e sanzioni. In particolare, sono previste misure e sanzioni amministrative minime, graduate in relazione alla gravità della violazione; vengono disciplinate le modalità di pubblicazione delle sanzioni comminate, nonché introdotti meccanismi di segnalazione delle violazioni alle autorità competenti.
  La direttiva ribadisce altresì che l'autorità competente incaricata del controllo pubblico è diretta da persone esterne alla professione. Viene, pertanto, eliminata l'opzione che consentiva agli Stati membri di coinvolgere nella direzione di tale sistema una minoranza di professionisti. Tuttavia, l'autorità competente può, ora, esplicitamente affidare ai professionisti lo svolgimento di compiti specifici e può, inoltre, essere assistita da esperti del settore nell'espletamento delle sue funzioni. Oltre agli incarichi specifici, la direttiva introduce esplicitamente l'opzione per gli Stati membri di delegare, o consentire all'autorità competente di delegare, i propri compiti ad altre autorità o organismi designati o altrimenti autorizzati dalla legge a svolgere tali compiti.
  Inoltre, la direttiva introduce il divieto di clausole contrattuali che possono in ogni modo limitare o condizionare la scelta, da parte dell'assemblea, di uno specifico revisore o società di revisione. Tale previsione intende contribuire alla soluzione del problema dell'eccessiva concentrazione del mercato della revisione, vietando, ad esempio, che i bandi per l'assegnazione dell'incarico di revisione richiedano ai candidati il possesso di determinati requisiti dimensionali e/o di precedenti esperienze che automaticamente escludono i revisori individuali o le piccole società di revisione. In materia di revoca del revisore o società di revisione di un ente di interesse pubblico, la nuova direttiva introduce la facoltà in capo agli azionisti che rappresentano il 5 per cento del capitale sociale o alle autorità competenti di adire un giudice nazionale per la revoca del revisore o società di revisione.
  Il termine di recepimento della direttiva è il 17 giugno 2016.
  La direttiva 2014/57/UE, relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato,oggetto dei criteri specifici di delega di cui all'articolo 11.
  La direttiva 2014/59/UE sul risanamento e della risoluzione del settore creditizio e degli intermediari finanziari, oggetto dei criteri specifici di delega di cui all'articolo 8.
  La direttiva 2014/65/UE (MiFID II), relativa ai mercati degli strumenti finanziari, oggetto dei criteri specifici di delega di cui all'articolo 9.
  La direttiva 2014/86/UE, la quale modifica la cosiddetta «Direttiva madri-figlie» (Direttiva 2011/96/UE) per evitare situazioni di doppia non imposizione derivanti da incongruenze nel trattamento fiscale delle distribuzioni di utili tra Stati membri. Le modifiche intendono, quindi, porre un freno alle asimmetrie impositive esistenti tra i diversi ordinamenti nazionali.
  In particolare, evidenzia come l'intervento abbia la finalità di evitare che i benefici della citata direttiva 2011/96/UE producano situazioni di doppia non imposizione, con vantaggi fiscali involontari per i gruppi di società madri e figlie di Stati membri diversi rispetto ai gruppi di società di uno stesso Stato membro.
  La modifica alla direttiva del 2011 prevede che lo Stato della società madre (o della sua stabile organizzazione) si astenga dal tassare gli utili solo nella misura in cui tali utili siano non deducibili nello Stato della fonte. In sostanza, lo Stato membro della società madre deve accordare l'esenzione per i profitti distribuiti dalla figlia a condizione che essi non siano deducibili nello Stato della figlia; in altri termini, lo Stato del percipiente deve tassare la parte di utili deducibile nello Stato della fonte. La modifica alla direttiva madre-figlia è finalizzata a neutralizzare eventuali schemi abusivi che utilizzano strumenti ibridi (hybrid loan structures), ossia prestiti Pag. 160da cui derivino proventi in grado di creare arbitraggi fiscali tra due o più Stati membri, in quanto per lo Stato erogante sono interessi passivi e quindi deducibili dal reddito del pagatore (società figlia), mentre per lo Stato di destinazione si tratta di dividendi e pertanto esenti ai sensi della direttiva in capo al percettore (società madre).
  L'intervento legislativo ricalca quanto già presente nell'ordinamento italiano all'articolo 44, comma 2, del TUIR; infatti, in base a tale previsione è negato il trattamento di esclusione da tassazione dei dividendi alle remunerazioni degli strumenti finanziari che nel paese estero sono considerati titoli di debito che determinano la deducibilità degli interessi passivi.
  Rileva come si tratti di una misura unilaterale di contrasto della doppia non imposizione, mentre la direttiva assume rilevanza multilaterale all'interno della UE e agisce in condizioni di reciprocità. La modifica alla direttiva consegue alla raccomandazione della Commissione 2012/772/UE sulla pianificazione fiscale aggressiva che sensibilizzava gli Stati membri sul tema delle asimmetrie impositive; tema peraltro in discussione anche in sede OCSE.
  La direttiva, inoltre, aggiorna l'allegato I, parte A, della direttiva 2011/96/UE, con l'inserimento di altre forme di società assoggettate a imposta sulle società in Polonia e altre forme di società che sono state introdotte nel diritto societario della Romania.
  Il termine per il recepimento della direttiva è fissato alla data del 31 dicembre 2015.
  La direttiva 2014/91/UE (cosiddetta direttiva UCITS V), in materia di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) per quanto riguarda le funzioni di depositario, le politiche retributive e le sanzioni, oggetto dei criteri specifici di delega di cui all'articolo 10.
  La direttiva 2014/95/UE, la quale modifica la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni, con l'obiettivo di accrescere la pertinenza, l'uniformità e la comparabilità delle informazioni comunicate.
  In particolare la direttiva prevede l'integrazione delle informazioni da fornire da parte di talune tipologie di imprese nella relazione sulla gestione o l'indicazione delle stesse in un documento separato. A tal fine è previsto l'obbligo in capo alle imprese di grandi dimensioni che costituiscono enti di interesse pubblico e che, alla data di chiusura del bilancio, presentano un numero di dipendenti occupati in media durante l'esercizio pari a 500, di includere nella relazione sulla gestione una dichiarazione di carattere non finanziario contenente almeno informazioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corruzione attiva e passiva in misura necessaria alla comprensione dell'andamento dell'impresa, dei suoi risultati, della sua situazione e dell'impatto della sua attività, tra cui:
   a) una breve descrizione del modello aziendale dell'impresa;
   b) una descrizione delle politiche applicate dall'impresa in merito ai predetti aspetti, comprese le procedure di dovuta diligenza applicate;
   c) il risultato di tali politiche;
   d) i principali rischi connessi a tali aspetti legati alle attività dell'impresa anche in riferimento, ove opportuno e proporzionato, ai suoi rapporti, prodotti e servizi commerciali che possono avere ripercussioni negative in tali ambiti, nonché le relative modalità di gestione adottate dall'impresa;
   e) gli indicatori fondamentali di prestazione di carattere non finanziario pertinenti per l'attività specifica dell'impresa.

  Inoltre viene ampliato il contenuto obbligatorio della relazione sul governo societario, la quale dovrà contenere una descrizione della politica in materia di diversità applicata in relazione alla composizione Pag. 161degli organi di amministrazione, gestione e controllo dall'impresa relativamente ad aspetti quali, ad esempio, l'età, il sesso, o il percorso formativo e professionale, gli obiettivi di tale politica sulla diversità, le modalità di attuazione e i risultati nel periodo di riferimento. In caso di mancata applicazione di tale tipologia di politica, la dichiarazione deve contenere una spiegazione del motivo di tale scelta. Ulteriormente, viene previsto che i revisori legali o l'impresa di revisione contabile esprimano il proprio giudizio riguardo alle informazioni approntate e verifichino che le stesse siano state fornite; gli Stati membri possono comunque esentare gli enti di interesse pubblico che abbiano emesso soltanto valori mobiliari diversi da azioni ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, dall'applicazione dei nuovi obblighi, salvo che tali imprese abbiano emesso azioni negoziate in un sistema multilaterale di negoziazione, a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, punto 15, della direttiva 2004/39/CE.
  La direttiva 2014/95/UE richiede inoltre, similmente a quanto previsto per l'informativa relativa alla singola impresa, informazioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corruzione attiva e passiva anche a livello consolidato.
  Il termine di recepimento della direttiva è fissato al 6 dicembre 2016.
  Illustra quindi la direttiva 2014/107/UE, la quale intende ampliare l'ambito operativo del meccanismo di scambio automatico delle informazioni al fine di contrastare le frodi e le evasioni fiscali transfrontaliere, rispetto a quanto in precedenza stabilito dalla direttiva 2011/16/UE, che viene novellata in più punti, soprattutto per quanto riguarda l'articolo 8, relativo all'ambito di applicazione e condizioni dello scambio automatico obbligatorio di informazioni.
  Tra le novità salienti, rileva come venga meno la possibilità, per l'autorità competente di uno Stato membro, di indicare alle omologhe autorità degli altri Stati membri di non volere ricevere informazioni su redditi o capitali che non superano un importo minimo; di conseguenza, le informazioni di tale tenore sono oggetto di comunicazione a prescindere dall'importo dei redditi e capitali.
  Inoltre si impegna ciascuno Stato membro ad adottare le misure necessarie per imporre alle proprie istituzioni finanziarie tenute alla comunicazione di applicare le norme in materia e le norme di adeguata verifica fiscale (due diligence), prevedendosi altresì che l'autorità competente di uno Stato membro comunichi alle autorità competenti sue omologhe le informazioni riguardanti titolarità e saldi dei conti correnti, dividendi, plusvalenze e altri redditi finanziari.
  È previsto quindi che ciascuno Stato membro, entro fine luglio 2015, fornisca un elenco delle entità e dei conti che devono essere trattati, rispettivamente, come istituzioni finanziarie non tenute alla comunicazione e come conti esclusi. Le predette eccezioni devono soddisfare specifici requisiti (dettagliatamente indicati nell'allegato 1, Sezione VIII, alla medesima direttiva 2014/107/UE); l'attribuzione dello status di istituzione finanziaria non tenuta alla comunicazione, oppure di conto escluso, non deve pregiudicare gli scopi della direttiva.
  Viene poi disposto che il Consiglio, nell'esaminare un'eventuale futura proposta da parte della Commissione europea, prenda in considerazione l'ulteriore rafforzamento dell'efficienza e del funzionamento dello scambio automatico di informazioni, al fine di prevedere che l'autorità competente di ciascuno Stato membro comunichi alle altre, mediante scambio automatico, le informazioni sui periodi di imposta dal 1o gennaio 2017 in avanti su tutte le cinque categorie di reddito e di capitale elencate nel paragrafo 1 dell'articolo 8 della direttiva – ossia redditi da lavoro, compensi per dirigenti, prodotti di assicurazioni sulla vita, pensioni, proprietà e redditi immobiliari – anziché solo su tre di esse (come era stabilito in precedenza).
  Quanto ai termini per conformarsi alla direttiva, è prescritto che gli Stati membri adottino le disposizioni legislative, regolamentari Pag. 162e amministrative necessarie entro il 31 dicembre 2015, e le applichino dal 1o gennaio 2016.
  Rileva inoltre come la Commissione sia chiamata a esaminare la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2014 (Doc. LXXXVII, n. 3), la quale è stata presentata dal Governo ai sensi dell'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012.
  In base a tale disposizione, la relazione è trasmessa alle Camere, entro il 28 febbraio di ogni anno, «al fine di fornire al Parlamento tutti gli elementi conoscitivi necessari per valutare la partecipazione dell'Italia all'Unione europea» nell'anno precedente.
  Fa presente come, in sostanza, a differenza della relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea – la quale indica le grandi priorità e linee di azione che il Governo intende perseguire a livello europeo nell'anno di riferimento – il documento in esame dovrebbe recare un rendiconto dettagliato delle attività svolte e delle posizioni assunte dall'Italia nell'anno precedente, al fine di consentire alle Camere di verificare l'adeguatezza e l'efficacia dell'azione negoziale italiana e la sua rispondenza rispetto agli indirizzi parlamentari. Sottolinea come si tratti dunque del principale strumento per l'esercizio della funzione di controllo ex post del Parlamento sulla condotta del Governo nelle sedi decisionali dell'Unione europea.
  Passando quindi a sintetizzare il contenuto della Relazione, essa si articola in una premessa – la quale segnala in particolare come la partecipazione dell'Italia alla UE nel 2014 sia stata caratterizzata dal notevole lavoro svolto nel quadro del semestre di presidenza italiana dell'UE e come anche grazie all'impulso italiano l'azione dell'Europa si sia maggiormente orientata verso i temi della crescita – ed in quattro parti.
  La Parte prima tratta degli sviluppi del processo di integrazione europea, con riferimento al quadro istituzionale; la Parte seconda illustra in dettaglio la partecipazione dell'Italia al processo decisionale e alle attività dell'Unione europea delle principali politiche settoriali, nei diversi settori, che sono distintamente analizzati; la Parte terza affronta i temi dell'attuazione delle politiche di coesione economica, sociale e territoriale; la Parte quarta riguarda il coordinamento delle politiche europee, con riferimento al coordinamento della posizione negoziale italiana e all'attuazione della normativa UE.
  Nell'ambito dell'analisi delle politiche macroeconomiche, contenuta nel terzo capitolo della Parte prima, segnala, in quanto di specifico rilievo per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, il paragrafo 3.3, relativo all'Unione bancaria e ai servizi finanziari, nonché il paragrafo 3.4, relativo ai temi della fiscalità.
  Per quel che riguarda l'Unione bancaria la Relazione segnala, al paragrafo 3.3.1, come anche nel 2014 gran parte dell'attività sia stato dedicata a tali temi; in particolare la Relazione dà conto dell'attività svolta in merito all'esercizio di valutazione approfondita sugli enti creditizi svolto dalla Banca centrale europea in cooperazione con le Autorità di vigilanza nazionali e con l'European banking authority, nonché sulle misure di supporto che gli Stati membri devono predisporre per le banche che non abbiano superato tale esercizio. In tale contesto segnala l'avvio dell'operatività del Meccanismo unico di vigilanza bancaria (SSM), nonché la presentazione di una proposta di regolamento sul Meccanismo unico di risoluzione della banche (SRM), che ha portato alla pubblicazione del regolamento n. 806/2014. Su tale ultima questione ricorda inoltre che nel dicembre 2014 è stata approvata la metodologia di calcolo dei contributi che le banche saranno tenute a versare al Fondo di risoluzione unica.
  La relazione evidenzia altresì l'approvazione della direttiva 2013/36UE sull'accesso all'attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli stessi (CRD IV), che costituisce un elemento fondamentale per l'operatività del predetto meccanismo unico di vigilanza bancaria (SSM). In merito ricorda che la Commissione Finanze Pag. 163ha esaminato lo schema di decreto legislativo di recepimento della predetta direttiva (Atto n. 147) esprimendo su di esso un parere favorevole con condizione e osservazioni.
  Segnala inoltre come un altro elemento importante sia costituito dall'approvazione, dopo un lungo negoziato, della direttiva 2014/49/UE, in materia di costituzione dei sistemi di garanzia dei depositi bancari. In merito ricorda che i principi e criteri direttivi di delega per il recepimento della direttiva sono contenuti nell'articolo 7 del disegno di legge di delegazione europea in esame.
  Per quanto attiene alle questioni della regolazione dei mercati finanziari, il paragrafo 3.3.2 evidenzia in primo luogo come nel corso del 2014 sia proseguito il negoziato sulla proposta di regolamento per la disciplina dei fondi di investimento a lungo termine (ELTIF), che dovrebbero costituire una nuova fonte di finanziamento durevole per l'economia, nonché favorire lo sviluppo di canali di finanziamento non bancari in favore delle imprese; nel dicembre scorso si è raggiunto un accordo tra Parlamento e Consiglio che dovrebbe portare alla prossima pubblicazione del regolamento.
  Sono inoltre proseguiti con notevoli progressi i negoziati sulla proposta di regolamento sui Fondi comuni monetari, nonché sulla proposta di regolamento sugli indici usati come valore di riferimento negli strumenti e contratti finanziari.
  Si è altresì concluso il negoziato sulla proposta di regolamento in materia di trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli, che consentirà di migliorare l'integrità dei mercati finanziari e il controllo del sistema bancario ombra.
  Rammenta inoltre che sono stati pubblicati la direttiva 2014/75/UE, che modifica la vigente direttiva MIFID sui mercati degli strumenti finanziari, il regolamento in materia di abusi di mercato, teso a sostituire la disciplina in materia contenuta nella direttiva 2003/6/CE, la direttiva 2014/95/UE sulla rendicontazione dell'informazione non finanziaria, nonché la direttiva 2014/21/UE, che revisiona la normativa vigente sui fondi di investimento armonizzati con riferimento alle funzioni di depositario, alle politiche retributive e alle sanzioni. In merito segnala come la direttiva 2014/95/UE sia contenuta nell'allegato B del disegno di legge di delegazione europea in esame.
  Sempre nel corso del 2014 sono state pubblicate la direttiva 2014/17/UE, concernente i contratti di credito ai consumatori relativi a immobili residenziali, nonché la direttiva 2014/92/UE sulla comparabilità delle spese relative ai conti di pagamento, sul trasferimento dei conti di pagamento e sull'accesso ai predetti conti.
  Si è altresì concluso il negoziato sulla proposta di regolamento sui depositari centrali di titoli (regolamento 909/2014), nonché sul regolamento n. 1286/2014 relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti di investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati. In merito segnala come l'articolo 12 del disegno di legge di delegazione europea in esame rechi i principi e criteri direttivi di delega per il recepimento del predetto regolamento n. 909/2014, mentre l'articolo 13 del disegno di legge di delegazione europea in esame rechi i principi e criteri direttivi di delega per il recepimento del regolamento n. 1286/2014.
  Nel corso del 2014 è stata elaborata inoltre una bozza di regolamento sulla Fondazione europea, che mira a eliminare gli ostacoli che frenano le attività transfrontaliere delle fondazioni nazionali.
  È stata altresì pubblicata, sempre nel corso del 2014, la proposta di revisione della direttiva 2007/36/CE sui diritti degli azionisti.
  La Commissione europea ha quindi presentato una proposta di direttiva sulla società a responsabilità limitata unipersonale, che intende rendere più semplice e meno costosa l'operatività transfrontaliera delle imprese, soprattutto delle PMI.
  La Relazione dà inoltre conto dei negoziati, che hanno visto il forte impegno della presidenza italiana, sulla proposta di direttiva relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno e sulla proposta di regolamento relativo alle commissioni interbancarie Pag. 164sulle operazioni di pagamento tramite carta, i quali devono realizzare l'obiettivo di armonizzare maggiormente il quadro normativo in materia, migliorando l'efficienza e la sicurezza del sistema.
  Risulta altresì significativo il contributo fornito nel 2014 dall'Italia sulla proposta di direttiva contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.
  Per quanto attiene alle tematiche della fiscalità diretta, illustra il paragrafo 3.4.1 della Parte prima, il quale informa in primo luogo circa l'attuazione del Piano d'azione della Commissione europea per la lotta alla frode e all'evasione fiscale. In attuazione di tale piano si è focalizzata l'attenzione sul rafforzamento delle misure antiabuso, sul contrasto delle pratiche fiscali aggressive in materia di tassazione societaria, sulla definizione di una clausola antiabuso generale, nonché sul rafforzamento delle clausole antiabuso previste dalle direttive sulla tassazione societaria. In tale contesto, è stata inoltre approvata una normativa volta a contrastare le costruzioni di finanziamenti ibridi che comportano fenomeni di doppia esenzione ed è stato raggiunto, nel corso del Semestre di Presidenza italiano un accordo politico per l'inserimento di una clausola antiabuso de minimis.
  Sempre nel corso del Semestre di Presidenza italiano è proseguita la discussione sulla proposta di direttiva relativa a una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB), la quale intende rimuovere gli ostacoli fiscali che impediscono la crescita del mercato comune.
  Il paragrafo 3.4.2 dà conto dell'iniziativa promossa dalla Presidenza italiana per promuovere il coordinamento tra i lavori dell'OCSE in materia di contrasto alla erosione di base imponibile e di profit shifting (BEPS), che ha consentito di definire un programma di lavoro per individuare le lacune del quadro giuridico e individuare soluzioni efficaci, definendo in tale contesto scadenze e impegni su tali temi.
  Con riferimento ai temi della fiscalità indiretta, il paragrafo 3.4.3 segnala il prosieguo delle discussioni sulla riforma dell'IVA, che sono incentrate prevalentemente sul regime delle transazioni intra UE, nonché sul trattamento fiscale dell'economia digitale. A tale ultimo proposito rileva come sia emersa l'esigenza di tener conto, soprattutto in materia di controlli fiscali, delle peculiarità dei processi economici e distributivi concernenti i prodotti digitali. Inoltre, è emersa la rilevanza politica del problema relativo alla differenza di trattamento tributario tra libri digitali e libri a stampa.
  In materia di accise sono proseguiti i lavori sulla proposta di revisione della direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro della tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità. A tale riguardo ricorda che la Presidenza italiana ha presentato un nuovo documento di compromesso, che tuttavia non ha consentito di superare le gravi difficoltà emerse nel corso dei negoziati: in considerazione di ciò la Commissione europea ha programmato il ritiro della proposta di direttiva.
  Rammenta inoltre che nel corso del 2014 sono proseguite le discussioni sulla proposta di direttiva che attua una cooperazione rafforzata sull'imposta sulle transazioni finanziarie: in tale ambito dieci degli undici stati cooperanti hanno sottoscritto un documento comune in cui affermano la volontà di raggiungere un accordo politico volto a creare un regime armonizzato di tassazione delle transazioni finanziarie a partire dal 1o gennaio 2016, concentrandosi prioritariamente sulle transazioni concernenti azioni ed alcuni strumenti derivati.
  Con riferimento al settore doganale, oggetto del paragrafo 3.4.4, la Relazione evidenzia il raggiungimento di un accordo politico sulla revisione del regolamento n. 517/97 relativo alla mutua assistenza per l'applicazione delle normative doganale e agricola.
  Inoltre nel 2014 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva per la definizione del quadro giuridico relativo alle infrazioni e sanzioni doganali. A tale proposito l'Italia ha evidenziato alcuni elementi di criticità, raggiungendo Pag. 165successivamente un consenso sulle modalità di trattazione di tali aspetti. La Presidenza italiana si è altresì impegnata ad accelerare lo sviluppo di uno sportello unico doganale a gestione informatica, che offra alle imprese un'interfaccia unica nella gestione dei documenti doganali e che consenta di unificare i controlli dei vari enti. Grazie agli sforzi della Presidenza italiana si è raggiunto un accordo in materia.
  Il Governo italiano ha altresì partecipato attivamente ai lavori in materia di gestione dei rischi doganali, sostenendo l'ampliamento del campo d'azione dell'iniziativa a tutti i tipi di rischio doganale.
  Sono quindi proseguiti i lavori sul nuovo Codice doganale dell'UE ed è proseguita la discussione, sostenuta dal Governo italiano, in materia di semplificazione delle procedure di valutazione dei documenti di definitiva importazione della merce nei Paesi terzi, attraverso la revisione del regolamento n. 612/09.
  Per quanto riguarda la Parte seconda della Relazione, segnala il paragrafo 4.3.5, il quale evidenzia il successo dell'iniziativa italiana nel settore del credito all'esportazione, per evitare penalizzazioni in danno degli esportatori italiani e europei a seguito dell'imposizione di sanzioni alla Russia a causa della crisi ucraina, nonché lo schema finanziario creato dal Governo italiano per agevolare l'accesso al credito all'esportazione per le PMI.
  Con riferimento alla Parte terza il paragrafo 10.3 fornisce i dati relativi allo stato di adeguamento dell'ordinamento nazionale alla normativa comunitaria. In tale contesto segnala come, alla fine del 2014, il numero di procedure d'infrazione pendenti contro l'Italia, nei diversi stadi, fosse pari a 89, in netta diminuzione sia rispetto al dato registrato alla fine del 2013, in cui il numero di infrazioni era pari a 104, sia rispetto al dato relativo al 1o gennaio 2013, quando le procedure pendenti erano 99.
  Nel corso del 2014 sono state archiviate 55 procedure, mentre le nuove contestazioni sono state solo 40.
  La Relazione segnala altresì, al paragrafo 10.2, il miglioramento del tasso di trasposizione nell'ordinamento interno delle direttive europee riguardanti il mercato interno (internal market scoreboard), che è passato dall'1,5 per cento nel novembre 2013 allo 0,5 per cento nel novembre 2014.
  Sempre nell'ambito della Parte quarta, il paragrafo 10.5 illustra l'attività della Guardia di finanza svolta nel 2014 con riferimento alla tutela degli interessi finanziari e alla lotta alle frodi comunitarie.
  Al riguardo, segnala il progetto elaborato dal Nucleo della Guardia di finanza per la repressione delle frodi nei confronti dell'UE, in particolare per quanto concerne:
   la creazione di uno strumento informatico nazionale per la prevenzione delle frodi;
   la condivisione con altri Paesi membri delle migliori strategie di contrasto e prevenzione;
   la creazione di un progetto formativo volto a migliorare la comprensione dei meccanismi europei e nazionali.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.