CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 8 maggio 2014
230.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per le questioni regionali
COMUNICATO
Pag. 80

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 8 maggio 2014.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 8.05 alle 8.10.

SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 8 maggio 2014. — Presidenza del presidente Renato BALDUZZI. — Interviene il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi.

  La seduta comincia alle 8.10.

DL 36/2014: Disciplina stupefacenti e sostanze psicotrope.
S. 1470 Governo, approvato dalla Camera.

(Parere alle Commissioni riunite 2a e 12a del Senato).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con osservazione).

  La Commissione inizia l'esame.

  Il presidente Renato BALDUZZI, relatore, dopo aver ricordato che la Commissione ha già esaminato il decreto-legge in occasione della sua discussione alla Camera, esprimendo su di esso un parere favorevole con alcune condizioni finalizzate ad una diversa formulazione dell'articolo 3, che dettava disposizioni per l'impiego Pag. 81di farmaci meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale e che è stato modificato, si sofferma sul complesso delle modifiche introdotte al testo del Governo dalla Camera dei deputati.
  Riferisce al riguardo che gli articoli 1 e 2 del decreto – facendo seguito alla decisione della Corte costituzionale, che, con la sentenza n. 32 del 2014, ha dichiarato costituzionalmente illegittime alcune norme introdotte nel testo unico sugli stupefacenti (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990) con la riforma cosiddetta «Fini-Giovanardi» del 2006 – hanno ripristinato le norme introdotte con la riforma, fatta eccezione per quelle relative al quadro sanzionatorio, che è tornato ad essere quello antecedente alla riforma stessa. In sostanza, il decreto ha rivisto le tabelle delle sostanze stupefacenti, in modo da renderle coerenti con il regime sanzionatorio; ha ricompreso nelle tabelle le sostanze classificate come stupefacenti dopo la riforma; ha ripristinato la disciplina introdotta nel 2006 sulle modalità di prescrizione, dispensazione e registrazione dei medicinali impiegati nella terapia del dolore severo; e ha stabilito la continuazione degli effetti degli atti amministrativi adottati ai sensi delle disposizioni cancellate dalla Corte.
  Su queste disposizioni, che non interessano la competenza della Commissione in quanto non toccano direttamente questioni regionali, la Camera è intervenuta apportando alcune modifiche. In particolare, la Camera – integrando i requisiti già vigenti di buona condotta e di garanzie morali e professionali – ha previsto che l'autorizzazione del Ministero della salute per la produzione o il commercio di sostanze stupefacenti non possa essere rilasciata a soggetti che abbiano riportato condanne o sanzioni per i reati o gli illeciti previsti dal testo unico, tra cui quelli di produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti e di detenzione illecita delle stesse per uso personale.
  La Camera ha inoltre escluso dal divieto di coltivazione la canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali consentiti dalla normativa dell'Unione europea e ha previsto che, sul decreto del ministro della salute di aggiornamento dell'elenco dei farmaci che sono oggetto di modalità di prescrizione semplificate in base alla disciplina delle cure palliative e della terapia del dolore, esprima il proprio parere, oltre al Consiglio superiore di sanità, anche l'Istituto superiore di sanità: è stata invece soppressa la previsione del parere del Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Ancora, la Camera ha previsto che la prescrizione di medicinali compresi nella tabella dei medicinali per il trattamento degli stati di tossicodipendenza da oppiacei sia effettuata all'interno del piano terapeutico individualizzato e ha disposto che i medici, su richiesta dei pazienti che sono curati con medicinali stupefacenti e che si rechino all'estero, rilascino a questi ultimi idonea certificazione di possesso da esibire all'autorità doganale.
  La Camera ha poi soppresso, per gli operatori del servizio pubblico per le tossicodipendenze e delle strutture private autorizzate, l'obbligo di segnalare all'autorità competente le violazioni commesse dalla persona sottoposta al programma terapeutico alternativo a sanzioni amministrative o ad esecuzione di pene detentive.
  La Camera ha inoltre introdotto alcune modifiche agli articoli 73 e 75 del testo unico in materia di stupefacenti, che prevedono pene e sanzioni per i reati e gli illeciti ivi determinati. In particolare, all'articolo 75 è stato modificato il comma 5, che attualmente prevede la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 3.000 a 26.000 euro nel caso in cui i reati previsti dal medesimo articolo 73 – vale a dire i reati connessi alla produzione e circolazione degli stupefacenti – siano commessi con riferimento a quantità modiche: il cosiddetto «piccolo spaccio». La Camera ha modificato i predetti limiti edittali, prevedendo in tali casi la reclusione da 6 mesi a 4 anni e la multa da circa mille a circa 10 mila euro; inoltre, ha ripristinato nel medesimo articolo 73 la Pag. 82disposizione – caducata dalla sentenza della Corte costituzionale – che consente al giudice, in caso di condanna per un fatto di lieve entità, di applicare al tossicodipendente, in luogo della pena detentiva, il lavoro di pubblica utilità.
  La Camera è poi intervenuta sull'articolo 75 del testo unico ripristinando le sanzioni amministrative – e dunque la depenalizzazione – per l'uso personale di sostanze stupefacenti che era venuto meno per effetto della sentenza della Corte costituzionale; e ha introdotto una differenziazione tra uso personale di droghe leggere e uso personale di droghe pesanti per quanto riguarda la durata delle sanzioni amministrative irrogabili, nonché una tipizzazione delle circostanze di cui tenere conto per l'accertamento dell'uso personale dello stupefacente o del medicinale.
  L'articolo 3 concerne gli eventuali impieghi di un medicinale per indicazioni terapeutiche diverse da quelle contemplate nell'autorizzazione all'immissione in commercio: il cosiddetto uso off label. La Camera ha aggiunto una disposizione, rispetto al testo del Governo, prevedendo – mediante una novella all'articolo 48, comma 19, del decreto-legge n. 269 del 2003 – che il fondo alimentato con i contributi obbligatori a carico delle aziende farmaceutiche possa essere destinato dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) anche alla sperimentazione clinica dei medicinali per un impiego non compreso nell'autorizzazione all'immissione in commercio: ciò può avvenire anche su richiesta delle regioni e delle province autonome o delle società scientifiche nazionali del settore clinico di specifico interesse e deve essere sentito il Consiglio superiore di sanità.
  La Camera ha poi modificato il meccanismo previsto dal decreto-legge in materia di farmaci off label.
  Il testo originario del decreto prevedeva la possibilità per l'AIFA, qualora questa avesse ravvisato un motivato interesse pubblico, di procedere alla registrazione di un'indicazione terapeutica non compresa nell'autorizzazione all'immissione in commercio di un medicinale, previa cessione a titolo gratuito al Ministero della salute, da parte del titolare dell'autorizzazione, dei diritti su tale indicazione; nel caso di avvio di tale iter di registrazione, poteva seguire l'inserimento provvisorio del farmaco nell'elenco dei farmaci di cui al comma 4 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 536 del 1996, con conseguente erogazione del farmaco a totale carico del Servizio sanitario nazionale. In questo elenco sono attualmente inseriti – solo qualora non esista una valida alternativa terapeutica – i medicinali innovativi la cui commercializzazione sia autorizzata in altri Stati, ma non sul territorio nazionale; i farmaci non ancora autorizzati, ma sottoposti a sperimentazione clinica; e i medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata.
  Sempre in base al testo iniziale del decreto, l'inserimento del farmaco nell'elenco poteva diventare definitivo in base ai risultati delle sperimentazioni cliniche condotte e previa valutazione positiva della Commissione tecnico-scientifica dell'AIFA. Era previsto che il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio potesse opporsi alla registrazione o dichiarare di voler procedere autonomamente alla registrazione dell'indicazione terapeutica di interesse, definendo con l'AIFA i termini e le modalità di avvio degli studi registrativi.
  Nel testo riformulato dalla Camera, il decreto prevede che i medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata possono essere inseriti nell'elenco anzidetto, e quindi erogati a carico del Servizio sanitario nazionale, anche qualora sussista un'alternativa terapeutica nell’àmbito dei medicinali autorizzati. L'inserimento dei farmaci in questione nell'elenco avviene previa valutazione dell'AIFA e a condizione che l'indicazione non registrata sia nota e conforme a ricerche condotte nell’àmbito della comunità medico-scientifica nazionale ed internazionale. In caso di inserimento di un farmaco nell'elenco, l'AIFA deve attivare strumenti di monitoraggio a tutela della sicurezza dei pazienti e assumere le necessarie determinazioni.Pag. 83
  In conclusione, ritiene si debba prendere atto con favore del fatto che le modifiche approvate dalla Camera recepiscono nella sostanza le indicazioni espresse dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali nel parere reso sul provvedimento in occasione della sua discussione alla Camera in merito all'opportunità di consentire, in determinati casi, l'erogazione, da parte del Servizio sanitario nazionale, di medicinali per una indicazione terapeutica non registrata anche quando per la patologia da trattare siano già disponibili medicinali in possesso di autorizzazione all'immissione in commercio.
  Ribadisce d'altra parte l'opportunità che il testo sia modificato per recepire anche l'altra indicazione formulata dalla Commissione nel già ricordato parere reso alle Commissioni riunite II e XII della Camera, tendente a fare chiarezza sugli organi attualmente competenti in materia, e quindi a sostituire, all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 536 del 1996, il riferimento alla non più esistente Commissione unica del farmaco con quello all'Agenzia italiana del farmaco e ad inserire nel contempo nella procedura anche la valutazione della Commissione consultiva tecnico-scientifica.
  Rileva infatti che, lasciando inalterato il comma 4 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 536 del 1996, in cui si parla di Commissione unica del farmaco, e inserendo nel medesimo articolo un nuovo comma 4-bis, in cui correttamente si parla di Agenzia italiana del farmaco, non si consente un'agevole lettura complessiva della norma, perché soltanto l'interprete esperto può capire che anche le competenze indicate nel comma 4 hanno subito modifiche, con riferimento alla loro titolarità, per effetto di norme legislative intervenute nel frattempo.
  Formula pertanto una proposta di parere favorevole con una osservazione (vedi allegato 1) nei termini indicati.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del presidente.

Revisione della Parte II della Costituzione.
S. 7 Calderoli, S. 35 Zeller, S. 127 Lanzillotta, S. 414 Stucchi, S. 543 d'iniziativa popolare, S. 574 Zanettin, S. 1195 Calderoli, S. 1264 Sacconi, S. 1281 De Poli, S. 1368 Barani, S. 1392 Buemi, S. 1397 Tocci, S. 1406 Sacconi, S. 1408 Sonego, S. 1414 Tremonti, S. 1415 Compagna, S. 1416 Monti, S. 1420 Chiti, S. 1426 De Petris, S. 1429 Governo e S. 1454 Minzolini.

(Parere alla 1a Commissione del Senato).
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 30 aprile 2014.

  Il presidente Renato BALDUZZI, relatore, dopo aver ricordato che nella seduta del 30 aprile scorso la Commissione ha avviato l'esame del provvedimento, con lo svolgimento della relazione introduttiva, comunica che nel frattempo la Commissione affari costituzionali del Senato ha adottato il disegno di legge del Governo (S. 1429) come testo base per il seguito della discussione, fissando al 23 maggio il termine per la presentazione di emendamenti.
  Preannuncia quindi che, in qualità di relatore, si riserva di presentare nella prossima seduta una proposta di parere, che sarà formulata anche alla luce del dibattito che si svolgerà.
  Chiede quindi al ministro Boschi se desideri intervenire ora ovvero si riservi di prendere la parola in sede di replica.

  Il ministro Maria Elena BOSCHI ritiene più utile intervenire in sede di replica, atteso che la proposta del Governo in materia di riforme costituzionali è già nota.

  Il presidente Renato BALDUZZI, relatore, premesso che, in attesa degli sviluppi che verranno dai lavori in sede referente, non entrerà per il momento nel merito delle opzioni aperte dall'ordine del giorno Calderoli approvato dalla Commissione affari costituzionali del Senato martedì, preannuncia che si soffermerà invece su quelle che – sotto il profilo di più diretta Pag. 84competenza della Commissione, vale a dire i rapporti tra lo Stato e le regioni – sono, a suo avviso, le principali questioni sollevate dal disegno di legge del Governo, cui occorre a questo punto fare riferimento come al testo base della discussione.
  La prima questione riguarda la riconduzione alla competenza legislativa esclusiva dello Stato di alcune materie che per loro natura chiamano in causa un interesse nazionale unitario e che nondimeno con la riforma del 2001 sono state con qualche leggerezza inserite tra quelle attribuite alla legislazione concorrente dello Stato e delle regioni; si riferisce in particolare alle materie «grandi reti di trasporto e di navigazione», «ordinamento della comunicazione» e «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». Anche se la giurisprudenza della Corte costituzionale ha già ricondotto il tutto a una logica di sistema, non c’è dubbio che l'esperienza applicativa suggerisca di riportare allo Stato la competenza legislativa su materie di questo tipo – e al riguardo c’è del resto un ampio consenso, non solo della dottrina, ma, come attestano diversi disegni di legge, anche della politica – si deve tuttavia riflettere se non sia il caso – per non passare da un eccesso all'altro – di riservare alle regioni un qualche ambito di competenza anche in queste materie, considerato che dal 2001 esse sono di fatto materie di legislazione concorrente e quindi demandate alla legislazione regionale, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, che spetta allo Stato.
  La seconda questione attiene alla scelta del Governo di abbandonare l'area della legislazione concorrente dello Stato e delle regioni. Premesso che su questo punto il dibattito è tuttora aperto, anche tra gli studiosi, va considerato, a suo giudizio, che la legislazione concorrente rappresenta una modalità cooperativa importante nell'ottica di uno Stato che i costituenti hanno delineato come Stato regionale. Si aggiunga che la legislazione concorrente conserva alla competenza statale la disciplina di un aspetto importante delle materie che la riguardano, vale a dire quello dei principi fondamentali, e che cambiare il riparto di competenze legislative rischia di riaccendere il contenzioso tra lo Stato e le regioni, che oggi, dopo oltre dieci anni di giurisprudenza costituzionale, si è fortemente ridimensionato e riguarda ormai soltanto il coordinamento della finanza pubblica.
  La terza questione inerisce alla cosiddetta «clausola di salvaguardia» o «clausola di supremazia». Premesso che personalmente preferisce la locuzione «clausola di salvaguardia» – infatti di clausola di supremazia si parla propriamente negli ordinamenti federali, come quello statunitense e quello tedesco, per indicare la norma che si applica per risolvere i contrasti che insorgono quando sia la federazione sia gli Stati hanno esercitato una stessa competenza, mentre la clausola prospettata nel disegno di legge del Governo serve a consentire allo Stato di superare il riparto di competenze legislative normalmente valido – ritiene essenziale riflettere sui presupposti che autorizzano lo Stato ad avvalersene.
  Rileva infatti che altro è stabilire il principio della necessaria tutela dell'unità giuridica ed economica della Repubblica, altro invece è reintrodurre il limite dell'interesse nazionale o introdurre per tutte le regioni il limite delle grandi riforme economico-sociali, i quali sono tradizionalmente serviti per ridurre le autonomie regionali ordinarie e speciali. A suo parere, l'ampiezza della clausola di salvaguardia proposta dal Governo rischia, in altre parole, di far venire meno il carattere di Stato regionale voluto per la Repubblica dai costituenti: se è questo che si vuole, è bene forse dirlo apertamente; diversamente, sarà opportuno ponderare meglio i termini del potere dello Stato di intervenire anche in materie o funzioni non riservate alla sua legislazione esclusiva, nonché prevedere che l'attivazione della clausola che permette di derogare al normale riparto delle competenze sia possibile solo con il voto qualificato delle Camere: non solo della Camera dei deputati, ma anche del nuovo Senato delle autonomie.Pag. 85
  La quarta questione concerne la trasformazione del Senato della Repubblica in Senato delle autonomie, e quindi in Camera rappresentativa dei territori. Si tratta di un passaggio fondamentale della riforma, ma che deve essere realizzato in termini tali da assicurare alle autonomie territoriali che entrano in Parlamento di poter svolgere un ruolo effettivo e importante nella definizione dei provvedimenti legislativi che interessano i rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali stesse; e questo proprio in vista di una più piena unità della Repubblica, oltre che di una riduzione del possibile contenzioso tra lo Stato e le regioni. Ove poi si conservasse un'area di materie di legislazione concorrente, sarebbe essenziale coinvolgere in modo forte le autonomie territoriali nel procedimento di formazione della legge statale che determina i principi fondamentali, e a tal fine si potrebbe prevedere che i disegni di legge di questo tipo inizino necessariamente il loro iter al Senato.

  Il senatore Raffaele RANUCCI (PD), premesso di condividere le riflessioni del presidente, osserva che per assicurare un effettivo coinvolgimento delle autonomie territoriali nella formazione della legge statale non occorre necessariamente l'elezione diretta dei senatori, come caldeggiato dall'ordine del giorno Calderoli, che, a suo avviso in modo avventato, la Commissione affari costituzionali del Senato ha approvato martedì; a questo fine è sufficiente prevedere che la Camera dei deputati possa dissentire dal Senato delle autonomie solo deliberando con maggioranza qualificata.
  Quanto alla clausola di salvaguardia, reputa essenziale, per evitare che lo Stato vi ricorra in modo indiscriminato, stabilire con chiarezza quali politiche esigono per loro natura una gestione nazionale e quali sono invece suscettibili di differenziarsi sui territori. Al riguardo non c’è dubbio che trasporti, energia e comunicazione siano ambiti che richiedono un intervento unitario a livello nazionale, essendo parte integrante della politica economica nazionale, ossia dell'insieme degli strumenti che lo Stato centrale deve poter attivare per far crescere l'economia del Paese.
  Occorre però riflettere anche su altre materie, la cui attribuzione alla competenza regionale ha determinato, a suo avviso, un danno all'interesse nazionale, oltre che a quello delle stesse regioni. Pensa in particolare al turismo, che non può essere adeguatamente promosso con iniziative delle singole regioni, atteso che per attrarre turisti dal mondo occorre una strategia forte, necessariamente di iniziativa statale: non ha senso, per parlare chiaro, che singole regioni pubblicizzino in modo autonomo se stesse in zone del mondo nelle quali forse non si sa bene neppure dove si trovi l'Italia. In altre parole, la promozione del turismo dall'estero dovrebbe essere una competenza nazionale, fermo restando che le regioni potrebbero occuparsi dell'accoglienza dei turisti, che è l'aspetto locale del turismo.
  Infine, ritiene essenziale riflettere sul modo in cui le riforme in itinere incideranno sulle autonomie speciali. Si tratta infatti di un aspetto che non viene affrontato con sufficiente attenzione nel dibattito in corso.

  Il senatore Gianpiero DALLA ZUANNA (SCpI) ritiene che le riforme in discussione rappresentino un'occasione storica per far progredire il Paese e che superare il bicameralismo paritario sia fondamentale per semplificare un procedimento legislativo che oggi è lento, farraginoso e ormai convulso e che ha imposto di fatto il ricorso continuo alla decretazione d'urgenza.
  Ciò premesso, ritiene che l'autonomia regionale debba essere presa sul serio. Non è vero infatti quel che a volte si dice, e cioè che l'autonomia regionale avrebbe prodotto più guasti che benefici. Si pensi alla sanità, che in Italia è affidata alle regioni e che ha permesso agli italiani di collocarsi ai primi posti delle classifiche internazionali di longevità e di salute e che si contraddistingue per una limitata differenza nell'incidenza della mortalità tra le classi sociali. Non c’è dubbio che vi Pag. 86siano sprechi e che la gestione del sistema sanitario abbia rendimenti diversi da regione a regione; ma è vero anche che vi sono regioni che hanno saputo gestire il servizio sanitario in modo eccellente e probabilmente migliore di quanto avrebbe potuto fare lo Stato stesso. Infatti la gestione statale di un servizio non assicura di per sé l'efficienza: basti pensare all'amministrazione della giustizia.
  Condivide quindi le riflessioni del presidente in merito alle competenze legislative concorrenti, che devono, a suo giudizio, essere conservate, anche se in un quadro di maggiore precisione e concretezza. A quanti obiettano che la legislazione concorrente ha prodotto contenzioso, fa presente che il calcolo delle dimensioni del contenzioso tra Stato e regioni davanti alla Corte costituzionale dipende in una certa misura anche dal criterio che si usa per individuare, e quindi contare, i singoli conflitti; e che, in una certa fase, lo Stato ha scelto di impugnare sistematicamente le leggi regionali.
  Sottolinea quindi l'importanza, proprio in vista della realizzazione di uno Stato effettivamente regionale, di prevedere per il Senato delle autonomie territoriali un ruolo effettivo nel procedimento legislativo. Sotto questo profilo è importante prendere in seria considerazione un passaggio dell'ordine del giorno Calderoli che è passato fin qui sotto silenzio, vale a dire quello in cui si richiama l'attenzione sull'importanza di fare in modo che i senatori si occupino a tempo pieno dell'attività del Senato, atteso che il Senato non potrà essere un organo rilevante se sarà formato da politici la cui attività primaria resterà ancorata agli organi territoriali di provenienza.
  Conclude rimarcando l'importanza di una riforma del Senato che assicuri alle regioni una reale rappresentanza in Parlamento e nel procedimento legislativo, anche per scongiurare «strappi» di parti del territorio, come quelli che hanno interessato di recente la sua regione, il Veneto, dove una larga quota della cittadinanza si è espressa a favore della separazione dal resto dell'Italia. Minimizzare iniziative del genere solo perché non hanno valore giuridico sarebbe un grave errore di valutazione.

  Il senatore Daniele Gaetano BORIOLI (PD), premesso di ritenere indispensabile il superamento del bicameralismo paritario, osserva che, per essere vitale e funzionante, il Senato non deve necessariamente essere eletto a suffragio universale, ma è invece fondamentale che la sua composizione sia pensata in funzione delle competenze che deve esercitare. Per questo ricorda di essere tra i cofirmatari del disegno di legge di revisione costituzionale Tonini S. 1310, che si ispira al modello del Bundesrat tedesco.
  Condivide l'idea che si debba restituire allo Stato un ruolo primario e centrale in modo da consentirgli di delineare e portare avanti in modo effettivo politiche di respiro nazionale, ma non concorda con quanti pensano che a questo fine si debba eliminare l'area della legislazione concorrente. A suo avviso, è preferibile attribuire al Senato delle autonomie, in quanto Camera rappresentativa dell'insieme dei territori e quindi dell'unità nazionale, il compito di precisare, in sede di determinazione dei principi fondamentali nelle materie concorrenti, che cosa deve disciplinare lo Stato e che cosa le regioni.
  Rileva che non c’è dubbio, ad esempio, che lo Stato debba avere un ruolo centrale sulle infrastrutture strategiche, ma occorre poi assicurare che siano classificate come tali opere che abbiano davvero un interesse strategico nazionale, mentre oggi con la legge obiettivo sono state definite strategiche anche opere che di strategico per il Paese non hanno nulla. Osserva, peraltro, a questo riguardo, che le difficoltà incontrate nella realizzazione di alcune opere di infrastrutturazione strategica del Paese non dipendono da responsabilità delle regioni, ma da una crisi nel rapporto tra lo Stato centrale e le comunità territoriali.
  In definitiva, ritiene che operare un taglio netto per dividere le competenze dello Stato da quelle delle regioni potrebbe Pag. 87essere controproducente, laddove attribuire al Senato delle autonomie il ruolo di stanza di compensazione delle istanze unitarie con quelle territoriali permetterebbe al sistema di funzionare.
  Considera poi essenziale riconoscere una maggiore autonomia, su determinate materie, alle regioni che siano pronte per gestirla, anche per attenuare la differenza tra regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario, che rischia, in alcune parti del territorio, di far deflagrare un conflitto politico molto forte.
  Quanto infine all'area vasta, ritiene che la riforma del titolo V non dovrebbe limitarsi a sanzionare anche a livello costituzionale la soppressione delle province, ma dovrebbe altresì stabilire principi per l'ordinamento territoriale di area vasta quale dovrà configurarsi nella fase successiva all'abolizione delle province stesse.

  Il senatore Albert LANIECE (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE), come rappresentante di una regione che è autonoma da oltre settant'anni, la Valle d'Aosta, esprime preoccupazione. Si chiede infatti quale modello di Stato si vuole perseguire con le riforme delineate nel disegno di legge del Governo e quale spazio di autonomia residuerà nel nuovo Stato per le autonomie speciali.

  La deputata Elisa SIMONI (PD) condivide la posizione del presidente quanto al rischio che la soppressione delle materie di legislazione concorrente inauguri una nuova stagione di conflitto tra lo Stato e le regioni, che ormai persiste soltanto sulle questioni di natura finanziaria.
  Sottolinea l'importanza di prevedere forme di autonomia differenziata per le regioni che siano mature per una maggiore autonomia, cercando nel contempo, ora che sono venute meno le province, di scongiurare un eccessivo centralismo delle regioni nei propri territori.
  Segnala poi il problema dello squilibrio numerico tra Camera dei deputati e Senato delle autonomie, che si ripercuote, ad esempio, in un diverso peso dello Stato centrale e dei territori nell'elezione del Presidente della Repubblica.
  A parte questo, reputa fondamentale definire con chiarezza cosa compete allo Stato e cosa alle regioni, così da evitare la confusione dei ruoli che è la principale causa di disfunzione dell'attuale sistema istituzionale.

  Il deputato Michele MOGNATO (PD) ritiene che il ripensamento del rapporto tra lo Stato e le regioni meriti una speciale attenzione, alla luce della sofferenza manifestata da alcuni territori, e soprattutto da quelli delle regioni a statuto ordinario confinanti con regioni a statuto speciale, a cominciare dalla sua regione di provenienza, il Veneto. In questi territori si registra una crescente opposizione contro lo Stato, che certamente un disegno di riaccentramento delle competenze in capo allo Stato stesso e di limitazione delle autonomie regionali non farebbe che aggravare. È quindi giusto ricondurre allo Stato la competenza sulle materie che sono oggettivamente di portata nazionale, ma occorre nel contempo costruire, anche per le regioni a statuto ordinario, modelli di autonomia regionale funzionanti, in modo da dare respiro ai territori e da far venire meno quella condizione di sostanziale diseguaglianza per cui oggi imprese e cittadini ricevono un trattamento diverso, migliore o peggiore, per esempio sotto il profilo dell'imposizione, a seconda che si trovino al di qua o al di là del confine di una regione a statuto speciale.

  Il senatore Mario DALLA TOR (NCD) sottolinea come i cittadini prestino attenzione più ai risultati dell'azione pubblica che al quadro giuridico delle norme che la disciplinano. Non importa che sia lo Stato o la regione a produrre servizi e a realizzare opere pubbliche essenziali, quel che importa è che si faccia. Occorre pertanto valorizzare le autonomie, dove hanno dimostrato di valere, e riportare o mantenere le competenze allo Stato solo dove dell'autonomia non si sa fare un buon uso. È un fatto che alcune regioni riescono anche in campi dove lo Stato ha fallito e che altre invece non ce la fanno. Per questo è importante, a suo avviso, Pag. 88perseguire un disegno di autonomia regionale differenziata, che tenga conto dell'effettiva capacità delle comunità locali di autogovernarsi. Occorre porre rimedio alle scandalose differenze di trattamento normativo, innanzitutto sotto il profilo tributario, che interessano i cittadini e le imprese delle regioni a statuto speciale rispetto a quelli delle regioni a statuto ordinario: differenze che provocano risentimenti crescenti e tensioni fortissime, soprattutto nelle regioni a statuto ordinario confinanti con regioni a statuto speciale, a cominciare dal Veneto.

  Il deputato Florian KRONBICHLER (SEL) rileva che il disegno di legge del Governo si caratterizza per una sorta di diffidenza nei confronti dell'autonomia regionale, come se lo Stato avesse in passato dato prova di sapere fare meglio delle regioni o di saper bene gestire la cosa pubblica senza sprecare le risorse comuni; o come se l'autonomia dovesse essere un premio che lo Stato concede e può sempre revocare ai territori che si siano dimostrati meritevoli di riceverla. In realtà l'idea che le regioni – sempre le regioni e mai lo Stato – siano fonte di spreco è falsa e non può essere utilizzata come pretesto per imporre un nuovo centralismo.

  Il senatore Lionello Marco PAGNONCELLI (FI-PdL), premesso di condividere molti degli interventi fin qui ascoltati, si limita a sottolineare che non si può pensare di ridurre le autonomie e di riportare al centro tutte le competenze solo perché alcune regioni sono rimaste indietro, dimostrando di non sapere essere autonome. Il divario, in termini di risultati di prestazione dell'autonomia regionale, tra il Nord e il Sud del Paese è innegabile, ma non può essere colmato riducendo l'autonomia di tutte le regioni. Né si può credere che basterà trasformare il Senato della Repubblica in Senato delle autonomie per dare voce alle regioni, atteso che si creerà soltanto un organo al cui interno si riproporranno le differenze tra le regioni.

  Il presidente Renato BALDUZZI, relatore, ringrazia tutti i commissari intervenuti e lascia la parola al ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento per la replica.

  Il ministro Maria Elena BOSCHI sottolinea come il Governo stia seguendo con grande attenzione i lavori parlamentari sulle riforme costituzionali, per ascoltare, valutare ed eventualmente recepire le indicazioni che emergono dal dibattito, e come la sua partecipazione alla seduta odierna e alle sedute della Commissione affari costituzionali del Senato non sia un atto formale o dovuto, ma nasca dalla concreta volontà del Governo di confrontarsi costruttivamente con il Parlamento e di mettere a frutto le proposte che verranno da questo per migliorare il testo base. Assicura inoltre che il Governo si sta confrontando anche con le regioni, con la ferma intenzione di coinvolgerle nella riforma del titolo V della parte II della Costituzione.
  Ciò premesso, ricorda che il Governo, nel definire la propria proposta di riforma, ha compiuto una scelta di fondo, che è quella di trattare contemporaneamente, mediante un unico intervento, la revisione tanto del bicameralismo quanto dei rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali: vi è infatti un nesso organico tra la trasformazione del Senato, quanto a composizione e a funzioni, e la modifica del titolo V. Questo nesso rappresenta l'ispirazione unitaria dell'intervento di riforma proposto dal Governo, il quale, con un disegno armonioso le cui diverse parti si collegano strettamente tra loro, prospetta un ripensamento del rapporto tra lo Stato e le regioni che si inquadra nella cornice di una trasformazione del Senato tale da rendere quest'ultimo fortemente rappresentativo delle autonomie territoriali, che in questo modo entrano in Parlamento e hanno voce nella legislazione statale.
  Rileva che non si tratta, d'altra parte, di un Senato debole, nel quale la voce delle regioni non abbia consistenza, tanto è vero che sulle materie che interessano Pag. 89più da vicino i rapporti tra lo Stato e le regioni stesse questo Senato potrà esprimere una posizione dalla quale la Camera potrà dissentire solo votando a maggioranza qualificata. Si aggiunga che nel disegno di legge del Governo sono i consigli regionali a designare i senatori, il che rappresenta un fattore di forte coinvolgimento delle regioni nella legislazione statale che interessa le autonomie regionali.
  Dopo aver ricordato che alla rappresentanza delle regioni è stata affiancata, nel disegno di legge del Governo, la rappresentanza degli enti locali, in considerazione del ruolo e dell'importanza, anche storica, che hanno in Italia i comuni, osserva che, quanto all'equilibrio tra la rappresentanza regionale e quella degli enti locali, non è detto che debba essere paritaria: si può infatti discutere se rafforzare il peso delle regioni rispetto a quello degli enti locali.
  Quanto al superamento dell'area delle materie di legislazione concorrente, osserva che, oltre a ridurre il contenzioso davanti alla Corte costituzionale, questa misura permetterà di superare l'attuale incertezza nel riparto di competenze tra lo Stato e le regioni, che è fonte non solo di contenzioso, ma anche e soprattutto di confusione.
  Per quanto riguarda le preoccupazioni espresse in generale in relazione alla modifica del riparto di competenze legislative tra lo Stato e le regioni, fa presente che, a parte la possibilità di definirlo in modo più puntuale direttamente nell'ambito della revisione del titolo V, un'altra soluzione, alla quale il Governo sta lavorando per poi verificare il consenso del Parlamento, potrebbe essere quella di rinviare su questo punto ad una legge bicamerale; in alternativa o in sinergia con questa possibile modifica, si può ragionare su un ampliamento del novero delle materie nelle quali allo Stato vengono riservate soltanto le norme generali, come il disegno di legge del Governo attualmente prevede per esempio in materia di tutela della salute.
  Rilevato poi che gli interventi ascoltati oggi sono venuti per lo più da parlamentari eletti in regioni del Nord, invita questi ultimi a riflettere sul fatto che le riforme costituzionali devono tenere conto della situazione del Paese nel suo complesso e quindi dell'esistenza di forti differenze tra il Nord e il Sud, e quindi del fatto che alcuni territori sono meno maturi di altri per l'autonomia. Di queste differenze il Governo ha tenuto conto, atteso che il disegno di legge, se sopprime il terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, prevede però anche, nel nuovo articolo 117, che lo Stato possa delegare a singole regioni, su richiesta e previa intesa con le regioni interessate, l'esercizio della funzione legislativa in materie o funzioni di competenza esclusiva statale, con l'eccezione di alcune, che si è ritenuto di dover riservare in modo assoluto alla legislazione statale. Si tratta, nel complesso, di un ampliamento delle possibilità di autonomia differenziata rispetto a quanto previsto dalla Costituzione vigente.
  Quanto alle regioni a statuto speciale, sulla cui sorte si sono appuntate le preoccupazioni di alcuni dei commissari intervenuti, assicura che per esse non cambia nulla, salvo che si chiede loro di adeguarsi ai principi della riforma, per riallineare il proprio percorso rispetto al percorso complessivo del Paese, fermo restando che questo dovrà avvenire nel rispetto delle norme previste dagli statuti di autonomia speciale.
  In conclusione, assicura che il Governo ha in mente come modello uno Stato regionale, non federale, fondato sulla cooperazione tra lo Stato e le regioni, nel quale però lo Stato, pur coinvolgendo le periferie, ha un ruolo predominante e un potere di decisione nettamente definito in tutto quello che attiene alle scelte strategiche decisive per la vita del Paese, come è giusto che sia in ossequio al principio costituzionale dell'unità e indivisibilità della Repubblica.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, il presidente Renato BALDUZZI rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

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DL 52/2014: Disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari.
C. 2325 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni riunite II e XII della Camera).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con condizioni e osservazione).

  La Commissione inizia l'esame.

  Il senatore Raffaele RANUCCI (PD), relatore, introducendo l'esame, ricorda che la Commissione ha già esaminato il decreto-legge, nel testo iniziale del Governo, in occasione della sua discussione al Senato, esprimendo su di esso parere favorevole.
  Il decreto-legge interviene sul processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, sostanzialmente prorogando di un anno – dal 1o aprile 2014 al 31 marzo 2015 – la chiusura degli stessi, in quanto non sono state completate, da parte delle regioni, le procedure per la realizzazione delle strutture sanitarie sostitutive.
  Quanto alle modifiche introdotte dal Senato, questo ha innanzitutto ampliato l'ambito di applicazione della disposizione di cui all'articolo 3-ter, comma 4, del decreto-legge n. 211 del 2011, prevedendo che l'adozione di misure restrittive diverse dal ricovero nell'ospedale psichiatrico giudiziario deve essere prevista – oltre che nei riguardi degli infermi di mente, come già previsto dal decreto nel testo del Governo – anche nei riguardi dei seminfermi di mente. Il Senato ha quindi inserito norme tendenti a un maggior rigore nell'accertamento della pericolosità sociale che, ai sensi del citato comma 4, giustifica il ricovero dell'infermo o seminfermo nell'ospedale psichiatrico giudiziario. In particolare, viene precisato che l'accertamento della pericolosità sociale è effettuato solo in base alle qualità soggettive della persona e senza tener conto delle sue condizioni di vita individuali, familiari e sociali. L'irrogazione della misura di sicurezza non potrebbe, quindi, essere conseguenza dello stato di marginalità socioeconomica in cui l'infermo o seminfermo di mente verrebbe a trovarsi a seguito della dimissione dall'ospedale.
  Un'ulteriore integrazione al testo introdotta dal Senato precisa che non si può basare la pericolosità sociale della persona sulla sola mancanza di programmi terapeutici individuali finalizzati alla dimissione dei soggetti non pericolosi dagli ospedali psichiatrici giudiziari. In connessione con questa previsione, il Senato ha introdotto disposizioni per consentire l'attuazione dei percorsi terapeutico-riabilitativi finalizzati al recupero e al reinserimento sociale dei pazienti provenienti dagli ospedali psichiatrici giudiziari.
  In particolare, il Senato ha previsto che le regioni organizzino – con le risorse destinate alla formazione – corsi di formazione per gli operatori del settore finalizzati alla progettazione e alla organizzazione di percorsi terapeutico-riabilitativi e alle esigenze di mediazione culturale; che i percorsi terapeutico-riabilitativi individuali di dimissione di ciascuna delle persone ricoverate negli ospedali psichiatrici giudiziari alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge debbano essere predisposti entro entro quarantacinque giorni dalla stessa data e inviati al Ministero della salute e all'autorità giudiziaria; e che i programmi debbano essere predisposti dalle regioni e dalle province autonome attraverso i competenti dipartimenti e servizi di salute mentale delle proprie aziende sanitarie, in accordo e con il concorso delle direzioni degli ospedali psichiatrici giudiziari.
  Il Senato ha anche specificato che sia le misure di sicurezza detentive sia i ricoveri nelle REMS non possono protrarsi per una durata superiore al tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso – fatta eccezione per i reati per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo – avuto riguardo alla previsione edittale massima.
  Il Senato è intervenuto poi sull'articolo 3-ter, comma 6, dello stesso decreto legge n. 211. Questo specifica che le risorse destinate al superamento degli ospedali Pag. 91psichiatrici giudiziari devono essere ripartite tra le regioni con un decreto del ministro della salute, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. Le risorse così stabilite per ogni singola regione devono essere a questa assegnate con un decreto del ministro della salute che contestualmente approva lo specifico programma di utilizzo proposto dalla medesima regione.
  Le regioni e le province autonome erano tenute a presentare al Ministero della salute entro maggio 2013 un programma complessivo per la realizzazione delle nuove strutture destinate a sostituire gli ospedali psichiatrici giudiziari, le cosiddette residenze di esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), nonché per l'implementazione di percorsi riabilitativi e di alternativa agli ospedali psichiatrici giudiziari e alle stesse residenze.
  Su tali disposizioni del decreto-legge n. 211 è intervenuto il Senato. La modifica introdotta stabilisce che le regioni e le province autonome possono modificare i programmi presentati in precedenza al fine di provvedere alla riqualificazione dei dipartimenti di salute mentale, di contenere il numero complessivo di posti letto da realizzare nelle REMS e di destinare le risorse alla realizzazione o riqualificazione delle sole strutture pubbliche.
  Il Senato ha inoltre stabilito che, fino al superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, l'attuazione delle disposizioni relative a questo superamento costituisca adempimento ai fini della verifica cui è chiamato il Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza. Infatti, con l'Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 sono stati individuati gli adempimenti a carico delle regioni per l'accesso al maggior finanziamento delle risorse destinate al Servizio sanitario nazionale per gli anni 2005, 2006, 2007 e 2008. L'Intesa ha sancito l'impegno reciproco di Stato e regioni a garantire il rispetto del principio della uniforme erogazione dei Livelli essenziali di assistenza in condizioni di appropriatezza ed efficienza, coerentemente con le risorse programmate dal Servizio sanitario nazionale. A tal fine, è stato istituito, presso il Ministero della salute, il Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei Livelli essenziali di assistenza, cui è affidato il compito di monitorare l'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza e di verificare il rispetto delle condizioni di appropriatezza e di compatibilità con le risorse messe a disposizione per il Servizio sanitario nazionale.
  Ancora, il Senato ha mantenuto la previsione secondo cui le regioni e le province autonome devono comunicare entro il 1o ottobre 2014 al Governo e al Comitato paritetico interistituzionale in materia di sanità penitenziaria lo stato di realizzazione delle nuove strutture sanitarie nonché le iniziative assunte per garantire il completamento del processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. Qualora dalla comunicazione della regione risulti che lo stato di realizzazione e di riconversione delle strutture e quello delle iniziative sia tale da non garantire il completamento del processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari entro il nuovo termine del 31 marzo 2015, il Governo provvede in via sostitutiva.
  Accanto a questo meccanismo di monitoraggio, contenuto già nel testo iniziale del decreto, il Senato ne ha aggiunto un altro, prevedendo l'istituzione, presso il Ministero della salute, di un organismo di coordinamento per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, composto da rappresentanti del Ministero della salute, del Ministero della giustizia, delle regioni e delle province autonome. L'organismo di coordinamento esercita funzioni di monitoraggio e di coordinamento delle iniziative assunte per garantire il completamento del processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari e si raccorda con il Comitato paritetico interistituzionale istituito presso la Conferenza Stato-regioni per verificare l'attuazione delle Linee guida di cui al decreto del presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 per gli interventi negli ospedali psichiatrici giudiziari e nelle case di cura e custodia.Pag. 92
  È previsto che ogni tre mesi il ministro della salute e il ministro della giustizia trasmettano alle Camere una relazione sul superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari.
  In conclusione, presenta e illustra una proposta di parere favorevole con due condizioni e una osservazione (vedi allegato 2).

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 9.30.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE CONSULTIVA

Autismo.
Testo unificato S. 344 e abb.
(Parere alla 12a Commissione del Senato).

Donazione da cordone ombelicale.
Testo unificato S. 913 e abb.
(Parere alla 12a Commissione del Senato).

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