CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 15 ottobre 2013
103.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO

TESTO AGGIORNATO AL 26 NOVEMBRE 2013

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INDAGINE CONOSCITIVA

  Martedì 15 ottobre 2013. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 13.50.

Indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 957 Micillo e C. 342 Realacci, recanti disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente e l'azione di risarcimento del danno ambientale, nonché delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni riguardanti gli illeciti in materia ambientale.
(Deliberazione).

  Donatella FERRANTI, presidente, sulla base di quanto convenuto dall'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione del 10 ottobre scorso, ed essendo stata acquisita l'intesa con il Presidente della Camera ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del Regolamento, propone lo svolgimento di un'indagine conoscitiva, ai sensi dell'articolo 79, comma 5, del Regolamento, in relazione alle proposte di legge C. 957 Micillo e C. 342 Realacci, recanti disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente e l'azione di risarcimento del danno ambientale, nonché delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni riguardanti gli illeciti in materia ambientale.
  Nel corso dell'indagine conoscitiva, la Commissione procederà alle audizioni di docenti universitari esperti delle materie oggetto delle proposte di legge abbinate, di rappresentanti dell'avvocatura, della magistratura e di associazioni ambientaliste.

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  La Commissione approva la proposta del presidente.

  La seduta termina alle 13.55.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Martedì 15 ottobre 2013. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 13.55.

Indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 957 Micillo e C. 342 Realacci, recanti disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente e l'azione di risarcimento del danno ambientale, nonché delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni riguardanti gli illeciti in materia ambientale. Audizione di rappresentanti di Legambiente.
(Svolgimento e rinvio).

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la diretta sulla web-tv della Camera dei deputati. Introduce, quindi, l'audizione.

  Svolgono una relazione sui temi oggetto dell'audizione Stefano CIAFANI, Vicepresidente di Legambiente, e Enrico FONTANA, Responsabile dell'Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente.

  Intervengono per porre quesiti e formulare osservazioni i deputati Salvatore MICILLO (M5S), Alessandro BRATTI (PD) e Vittorio FERRARESI (M5S).

  Rispondono ai quesiti posti Enrico FONTANA, Responsabile dell'Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente, e Stefano CIAFANI, Vicepresidente di Legambiente.

  Donatella FERRANTI, presidente, ringrazia gli auditi e dichiara conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.30.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

RELAZIONI ALL'ASSEMBLEA

  Martedì 15 ottobre 2013. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulle tematiche oggetto del Messaggio del Presidente della Repubblica trasmesso alle Camere il 7 ottobre 2013.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame.

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.
  Avverte quindi che si avvia oggi l'esame in Commissione Giustizia delle tematiche oggetto del Messaggio trasmesso alle Camere il 7 ottobre scorso dal Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione. L'esame si concluderà con l'approvazione, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, di una relazione all'Assemblea.
  Come ha avuto già occasione di comunicare nel corso della riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, che si è svolto giovedì 10 ottobre scorso, la Conferenza dei Presidenti di gruppo, ravvisando l'opportunità di dare un seguito parlamentare al Messaggio del Capo dello Stato relativo alla questione carceraria, ha convenuto di Pag. 43chiedere alla Commissione Giustizia di procedere ad un approfondimento delle tematiche oggetto del documento. Ciò al fine di predisporre per l'Assemblea una relazione ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, propedeutica ad un successivo esame da parte dell'Aula dei predetti argomenti, nelle forme e nei modi che potranno essere definiti successivamente dalla stessa Conferenza dei Presidenti di gruppo.
  Tale approfondimento dovrà svolgersi, secondo l'indirizzo formulato nella Conferenza, in tempi necessariamente contenuti, possibilmente entro il mese di ottobre.
  A scanso di equivoci, precisa come oggetto specifico e diretto della relazione che sarà trasmessa all'Assemblea non sia il Messaggio del Capo dello Stato, quanto piuttosto le tematiche toccate dal Messaggio stesso. La Commissione Giustizia, infatti, è chiamata a svolgere un lavoro meramente istruttorio e propedeutico rispetto al lavoro che l'Assemblea farà in relazione al Messaggio del Capo dello Stato.
  In considerazione dell'oggetto (le tematiche contenute in un messaggio del Presidente della Repubblica) e della funzione (istruttoria) del lavoro che la Commissione è chiamata a svolgere, ha ritenuto opportuno non nominare un relatore, il quale sarebbe comunque caratterizzato dall'appartenenza ad un determinato gruppo a discapito di altri, affidando al Presidente della Commissione, quale organo che rappresenta la Commissione nella sua interezza (articolo 21, comma 1, del Regolamento) il compito di introdurre la discussione e ad un gruppo di lavoro, costituito dal Presidente e dai rappresentanti dei gruppi in Commissione, ovvero da loro delegati, il compito di redigere una proposta di relazione da sottoporre alla Commissione entro la fine del mese di ottobre.
  Nell'ambito della discussione si potranno svolgere, sempre tenendo conto dei ristretti tempi a disposizione, delle audizioni funzionali al compito affidato alla Commissione dalla Conferenza dei Presidenti di gruppo. Giovedì 17 ottobre prossimo sarà sentito il Ministro della giustizia sulle tematiche oggetto del Messaggio. Proprio in ragione della funzione istruttoria del lavoro della Commissione, ha ritenuto di dover sottoporre al Ministro una dettagliata serie di richiesta di dati ed informazioni.
  Passa quindi al merito del lavoro della Commissione, procedendo all'introduzione della discussione che dovrà portare all'approvazione di una relazione all'Assemblea.
  Come ha già precisato, la Commissione si dovrà occupare delle tematiche toccate dal Messaggio presidenziale. Questo, per usare le parole del Presidente, ha per oggetto la «drammatica questione carceraria», così come è stata accertata dalla cosiddetta sentenza Torregiani, approvata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo l'8 gennaio 2013, secondo la procedura della sentenza pilota.
  Facendo ricorso per la prima volta (tenendo conto anche del primo mandato) della facoltà conferitagli dal secondo comma dell'articolo 87 della Costituzione, il Presidente della Repubblica ha ritenuto di trasmettere un messaggio alle Camere per sottoporre all'attenzione del Parlamento «l'inderogabile necessità di porre fine, senza indugio, a uno stato di cose che ci rende tutti corresponsabili delle violazioni contestate all'Italia dalla Corte di Strasburgo».
  La circostanza che il Capo dello Stato per la prima volta da quando gli è stato conferito il primo mandato (10 maggio 2006) abbia sentito l'esigenza di rivolgersi al Parlamento, attraverso lo strumento formale del messaggio, e non più nei diversi modi con i quali negli anni si è comunque rivolto direttamente al Parlamento per richiamare l'attenzione su temi generali, è sicuramente significativo della gravità della questione che questa volta si è voluta rappresentare. A tale proposito nel Messaggio si legge espressamente che «Se mi sono risolto a ricorrere ora alla facoltà di cui al secondo comma dell'articolo 87 della Carta, è per porre a voi con la massima determinazione e concretezza una questione scottante, da affrontare in tempi stretti nei suoi termini specifici e nella sua più complessiva valenza».Pag. 44
  L'esigenza di porre rimedio a quanto rilevato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo sulla questione carcerari deriva non solo dalla gravità estrema delle violazioni della Convenzione di tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali contestate all'Italia, ma anche dalla circostanza che la sentenza ha fissato in un anno il termine entro il quale l'Italia deve conformarsi alla sentenza stessa. Il termine scadrà il 28 maggio 2014.
  Entro il predetto termine l'Italia dovrà porre fine alle violazioni della Convenzioni accertate dalla sentenza. Secondo questa sentenza, l'Italia, a causa della situazione di sovraffollamento carcerario in cui i sette ricorrenti si sono trovati, ha violato l'articolo 3 della Convenzione europea che, sotto la rubrica «proibizione della tortura», pone il divieto di pene e di trattamenti disumani o degradanti. La Corte ha affermato, in particolare, che «la violazione del diritto dei ricorrenti di beneficiare di condizioni detentive adeguate non è la conseguenza di episodi isolati, ma trae origine da un problema sistemico risultante da un malfunzionamento cronico proprio del sistema penitenziario italiano, che ha interessato e può interessare ancora in futuro numerose persone» e che «la situazione constatata nel caso di specie è costitutiva di una prassi incompatibile con la Convenzione».
  D'altronde, come ha avuto modo di ricordare il Capo di Stato nel Messaggio, l'incompatibilità delle condizioni carcerarie del nostro Paese con l'articolo 3 della Convenzione era stata già evidenziata dalla Corte europea il 16 luglio 2009. In quell'occasione non fu fissato un termine entro il quale dover rimuovere la violazione, come invece, a fronte del perdurare della violazione, si è ritenuto di fare con la sentenza dell'8 gennaio 2013. Il Presidente della Repubblica nel Messaggio ricorda come abbia già evidenziato che l'ultima rappresenti «una mortificante conferma della perdurante incapacità del nostro Stato a garantire i diritti elementari dei reclusi in attesa di giudizio e in esecuzione di pena».
  Nel Messaggio si ricorda che, ai sensi dell'articolo 46 della Convenzione europea, gli Stati aderenti «si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte sulle controversie nelle quali sono parti» e che tale impegno, secondo l'interpretazione costante della Corte costituzionale (a partire dalle sentenze n. 348 e 349 del 2007), rientra nell'ambito dell'articolo 117 della Costituzione, secondo cui la potestà legislativa è esercitata dallo Stato «nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». Per tale ragione, ai sensi degli articoli 27 (considerata la materia carceraria) e 117 ( rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario), vi è un dovere costituzionale (in un punto del Messaggio si parla anche di «imperativo morale») dei poteri dello Stato di far cessare la situazione di sovraffollamento carcerario entro il termine posto dalla Corte europea, imponendo interventi che riconducano comunque al rispetto della Convenzione sulla salvaguardia dei diritti umani.
  Il Messaggio non si limita a toccare la tematica del sovraffollamento carcerario, riportando peraltro anche i drammatici dati numerici delle presenze in carcere, della percentuale dei detenuti sul totale della popolazione e dell'indice di sovraffollamento con riferimento ad altri Paesi, ma ipotizza diverse strade, facendo riferimento anche a rimedi già in atto, che si possono percorrere anche congiuntamente per risolvere la questione del sovraffollamento.
  Passa quindi alle tematiche contenute nel Messaggio relative ai possibili rimedi.
  In particolare, sono considerati quali rimedi: a) ridurre il numero complessivo dei detenuti, attraverso innovazioni di carattere strutturale; b) aumentare la capienza complessiva degli istituti penitenziari; c) considerare l'esigenza di rimedi straordinari.
  Il primo rimedio al sovraffollamento è dato dalle innovazioni di carattere strutturale dirette a ridurre il numero complessivo dei detenuti. Tale rimedio viene suddiviso in ulteriori sei punti, su alcuni Pag. 45dei quali incidono proposte di legge che si trovano attualmente all'esame di uno dei due rami del Parlamento.
  I primi due rimedi sono l'introduzione di meccanismi di probation e la previsione di pene limitative della libertà personale, ma «non carcerarie». Come si ricorda nel Messaggio, la Camera dei deputati ha approvato in prima lettura una proposta di legge che contiene questi due tipi di interventi e che attualmente si trova all'esame del Senato. Ricordo l'approfondito lavoro che questa Commissione ha svolto riprendendo e migliorando quanto già nella scorsa legislatura si era fatto sul punto.
  L'Assemblea ha approvato il 4 luglio scorso un testo, ora all'esame della Commissione Giustizia del Senato, che vi ha già apportato alcune modifiche, tra cui l'introduzione di una delega in materia di depenalizzazione, e che, quindi, con molta probabilità vedrà una ulteriore lettura alla Camera. Si tratta di interventi che hanno una diretta ricaduta sul sovraffollamento carcerario con il pregio di non perdere di vista l'esigenza di sicurezza pubblica, in quanto, da un lato, i nuovi istituti non si applicano a tutti i reati ma solo a quelli considerati di minore gravità, e, dall'altro, si prevedono degli strumenti di controllo della pericolosità di colui che viene messo alla prova o che sconta la pena detentiva fuori dal carcere. Non si può che auspicare una celere approvazione definitiva del provvedimento.
  Un terzo punto di intervento, che personalmente ritiene estremamente importante, è dato dalla riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere. Nel Messaggio sono riportati i dati del DAP dai quali «risulta che, sul totale dei detenuti, quelli «in attesa di primo giudizio» sono circa il 19 per cento; quelli condannati in primo e secondo grado complessivamente anch'essi circa il 19 per cento; il restante 62 per cento sono «definitivi» cioè raggiunti da una condanna irrevocabile.» Viene altresì ricordato, «nella condivisibile ottica di ridurre l'ambito applicativo della custodia carceraria», che la legge n. 94 del 2013, di conversione del decreto legge n. 78 del 2013, ha già modificato l'articolo 280 del codice di procedura penale, elevando da quattro a cinque anni di reclusione il limite di pena che può giustificare l'applicazione della custodia in carcere. A ciò si deve aggiungere che presso la Commissione Giustizia il 30 maggio scorso si è avviato l'esame della proposta di legge n. 631 Ferranti ed altri, recante modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali, alla quale è stata da ultimo abbinata la proposta n. 980 Gozi ed altri. A causa di una serie di urgenze dovute dall'inserimento nel calendario dell'Assemblea di altri provvedimenti di competenza della Commissione Giustizia (l'ultimo è stato il decreto legge sul femminicidio), l’iter legislativo ha visto dei rallentamenti. Come si era già stabilito, la materia della riforma della disciplina delle misure cautelari personali torna ad essere una delle priorità della Commissione.
  Ritiene inaccettabile in uno Stato di diritto che il circa quaranta per cento dei detenuti sia in attesa di giudizio. Non si può non tener conto del principio costituzionale di presunzione di innocenza di colui la cui responsabilità penale non sia stata ancora riconosciuta con una sentenza passata in giudicato. Lo stesso dato percentuale prima richiamato è di per sé sintomo di una patologia dovuta a diversi fattori. Come ha avuto modo di sottolineare l'allora Primo Presidente della Corte di cassazione, Ernesto Lupo, nella Relazione dell'amministrazione della giustizia per l'anno 2012, svolta il 25 gennaio 2013, l'elevato numero di detenuti non definitivi rappresenta un sintomo perdurante dei gravi squilibri del sistema processuale penale italiano. Da un lato, vi sono i condannati in primo o secondo grado che attendono anni per avere una sentenza definitiva, che spesso giunge quando il reato è oramai prescritto; dall'altro, come sottolineato, nella predetta relazione, «le ordinanze cautelari e i provvedimenti di riesame continuano a essere caratterizzati da assoluto squilibrio tra la parte dedicata alla gravità indiziaria e la motivazione in punto di necessità cautelare, troppo spesso Pag. 46dedicando poche stereotipate parole alla valutazione d'inadeguatezza di misure attenuate, che di fatto continuano ad essere adottate in misura percentuale significativamente ridotta (in particolare per stranieri e indigenti)». Occorre, quindi, intervenire normativamente quanto prima. A questo proposito, ricorda che domani, mercoledì 20 ottobre, saranno sentiti sul tema i rappresentanti dell'Associazione Nazionale Magistrati e dell'Unione delle Camere Penali italiane, mentre nella settimana successiva saranno auditi esperti della materia, quali docenti universitari e membri di Commissioni ministeriali di studio sui temi del processo e delle carceri.
  Altro rimedio strutturale può essere l'accrescimento dello sforzo diretto a far sì che i detenuti stranieri possano espiare la pena inflitta in Italia nei loro Paesi di origine. Si ricorda nel Messaggio che, in base ai dati del DAP, la percentuale dei cittadini stranieri sul totale dei detenuti è circa il 35 per cento. Riguardo a tale misura si rilevano le difficoltà che a livello internazionale si incontrano nel dare seguito agli accordi internazionali, anche a seguito della complessità, da parte delle autorità straniere, delle procedure di omologazione delle condanne emesse in Italia. Il capo dello Stato evidenzia come tra i fattori di criticità del meccanismo di trasferimento dei detenuti stranieri, vada annoverata anche la difficoltà, sul piano giuridico, di disporre tale misura nei confronti degli stranieri non ancora condannati in via definitiva, che rappresentano circa il 45 per cento del totale dei detenuti stranieri. Su questo punto occorre fare una semplice riflessione.
  Penultimo rimedio di carattere strutturale individuato nel Messaggio è dato dall'attenuazione degli effetti della recidiva quale presupposto ostativo per l'ammissione dei condannati alle misure alternative alla detenzione carceraria. Nel Messaggio si ricorda che un primo passo è stato compiuto a seguito dell'approvazione della citata legge n. 94 del 2013, che ha anche introdotto modifiche all'istituto della liberazione anticipata. Occorre ora verificare la possibilità di effettuare ulteriori passi in questo senso.
  Ultimo rimedio strutturale indicato è quello di una incisiva depenalizzazione dei reati. Nel Messaggio non si fa riferimento ai cosiddetti reati minori, come spesso invece avviene quando si affronta il tema della depenalizzazione, quanto piuttosto a quei reati per i quali una sanzione diversa da quella penale potrebbe avere un'efficacia preventiva maggiore rispetto a quella penale. In effetti, vi sono illeciti per i quali una sanzione pecuniaria estremamente elevata ovvero inibitoria dell'attività svolta sarebbe temuta maggiormente di una pena detentiva. Ricorda che presso la Commissione Giustizia del Senato è stato introdotto il tema della depenalizzazione nell'ambito della proposta di legge approvata dalla Camera inerente alla messa alla prova ed alle pene detentive non carcerarie.
  Effetti simili alla depenalizzazione si potrebbero ottenere riducendo sotto alcune soglie le pene previste per alcuni reati puniti attualmente con una pena che può sembrare eccessiva rispetto alla concreta e reale lesività del fatto. La riduzione di pena edittale consentirebbe di applicare una serie di misure alternative al carcere previste dall'ordinamento vigente oltre che l'inapplicabilità delle misure cautelari. Si riferisce, ad esempio, all'ipotesi lieve di spaccio di stupefacenti (comma 5 dell'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990), la cui pena potrebbe essere ridotta da sei a tre anni.
  Nel Messaggio viene poi previsto l'ulteriore rimedio ordinario, in aggiunta ai rimedi di carattere strutturale sui quali ci si è appena soffermati. Tale ulteriore rimedio consiste nell'aumentare la capienza complessiva degli istituti penitenziari. A tale proposito viene fatto riferimento al Piano carceri, al quale è stato dato nuovo impulso dal già richiamato decreto legge n. 78 del 2013. Come evidenziato nel Messaggio, gli interventi del Piano dovrebbero concludersi prevedibilmente entro la fine del 2015 con l'aumento di circa 10.000 Pag. 47nuovi posti, di cui 2.500 entro la fine del 2013, 4.000 entro il mese di maggio 2014 e i rimanenti entro la fine del 2015.
  Dopo i due rimedi di natura ordinaria nel Messaggio si passa ai rimedi straordinari, che sono quelli considerati necessari dal Presidente della Repubblica per intervenire nell'immediato, considerato che il termine fissato dalla sentenza Torreggiani scadrà il 28 maggio 2014.
  I rimedi straordinari individuati dal Capo dello Stato sono l'indulto e l'amnistia.
  La prima misura sulla quale viene richiamata l'attenzione è l'indulto, che, non incidendo sul reato, ma comportando solo l'estinzione di una parte della pena detentiva, può applicarsi ad un ambito più esteso di fattispecie penali, con l'eccezione per alcuni reati particolarmente odiosi.
  Evidenzia come in relazione all'indulto il Presidente della Repubblica ritenga «necessario che – onde evitare il pericolo di una rilevante percentuale di ricaduta nel delitto da parte di condannati scarcerati per l'indulto, come risulta essere avvenuto in occasione della legge n. 241 del 2006 – il provvedimento di clemenza sia accompagnato da idonee misure, soprattutto amministrative, finalizzate all'effettivo reinserimento delle persone scarcerate, che dovrebbero essere concretamente accompagnate nel percorso di risocializzazione». La Commissione giustizia dovrà valutare attentamente tale considerazione, in quanto è innegabile che vi sia un'esigenza di sicurezza pubblica che non può essere messa a rischio in caso di ricaduta nel delitto da parte di un'alta percentuale di condannati scarcerati. Occorrerà verificare quali misure, soprattutto di natura amministrativa, potranno essere utilizzate per consentire un effettivo reinserimento nella società delle persone scarcerate, tenuto conto anche del periodo di grave crisi economico-sociale che il Paese sta attraversando.
  Il Capo dello Stato fa poi riferimento all'amnistia che potrebbe aggiungersi all'indulto. Ricordando l'assenza di provvedimenti di amnistia dopo l'ultimo del 1990 (la legge n. 241 del 2006 prevedeva unicamente l'indulto), rileva come tale circostanza non sia dovuta unicamente alla modifica costituzionale che ha previsto per le leggi di clemenza un quorum rafforzato, ma anche in una «ostilità» agli atti di clemenza diffusasi nell'opinione pubblica. Secondo il Capo dello Stato, di fronte a precisi obblighi di natura costituzionale ed all'imperativo morale e giuridico di assicurare un «civile stato di governo della realtà carceraria», è giunto il momento di riconsiderare le perplessità relative all'adozione di atti di clemenza generale.
  Il Capo dello Stato tiene a precisare nel Messaggio che la «perimetrazione» della legge di clemenza è di esclusiva competenza del Parlamento, pur restando ferma la necessità di evitare che una eventuale amnistia possa incidere su reati di rilevante gravità ed allarme sociale, come ad esempio i reati di violenza contro le donne.
  Nel Messaggio viene fatto anche riferimento all'esigenza di offrire ai detenuti delle reali opportunità di recupero, tenendo conto che la rieducazione dei condannati necessita di alcune precondizioni che possono realizzarsi solo quando si eliminerà il sovraffollamento carcerario.
  È infine evidenziata la connessione del sovraffollamento carcerario con altre questioni inerenti all'amministrazione della giustizia. La più evidente connessione è considerata quella tra l'irragionevole lunghezza dei tempi dei processi e gli effetti di congestione e ingovernabilità delle carceri.
  Compito della Commissione è quindi quello di affrontare le tematiche sollevate dal Messaggio e di fornire, all'esito delle audizioni e del dibattito, elementi all'Assemblea sotto il profilo sia normativo che organizzativo.

  Massimo PARISI (PdL) intende porre preliminarmente una questione di metodo, ricordando che il rappresentante del suo gruppo aveva chiesto la nomina di due relatori appartenenti ai gruppi più consistenti di maggioranza e che l'esigenza di nominare almeno un relatore è emersa nel corso della riunione dell'ufficio di presidenza, Pag. 48integrato dai rappresentanti dei gruppi, quando alcuni gruppi hanno dichiarato l'intenzione di presentare delle relazioni di minoranza. L'idea di costituire, come appena rilevato dal Presidente, un gruppo di lavoro per predisporre una proposta di relazione da sottoporre alla Commissione non è incompatibile con l'eventuale nomina di un relatore o più relatori di maggioranza. Invita il Presidente a riflettere su tale questione di metodo, che ha anche una importante valenza politica.

  Alfonso BONAFEDE (M5S) ribadisce che il suo gruppo non è disposto ad affrontare la questione della scelta di strumenti emergenziali, come l'amnistia e l'indulto, che non servono a risolvere realmente il problema del sovraffollamento delle carceri e quello più generale della drammatica situazione nella quale versa la giustizia italiana. Per quanto attiene alle questioni di metodo, non ritiene rilevante la questione della nomina o meno di un relatore ovvero di un gruppo di lavoro, essendo piuttosto fondamentale assicurare ad ogni forza politica la possibilità di poter esprimere la propria contrarietà sul Messaggio ovvero sulla relazione che la maggioranza approverà all'esito della discussione in atto.

  Daniele FARINA (SEL), dopo avere sottolineato come, a suo parere, non si perverrà all'adozione di alcun provvedimento di clemenza, ricorda che, con il Messaggio, il Presidente della Repubblica si è rivolto al Parlamento nel suo complesso e non alle singole forze politiche. Per tale ragione dichiara di condividere pienamente l'impostazione data ai lavori della Commissione da parte del Presidente, ritenendo che sia opportuno prevedere la soluzione collegiale del gruppo di lavoro.

  Walter VERINI (PD) dichiara di condividere anch'egli la scelta istituzionale adottata dal Presidente, che è del tutto coerente con il compito istruttorio affidato dalla Conferenza dei Presidenti di gruppo alla Commissione in relazione alle tematiche oggetto del Messaggio presidenziale. Non vi deve essere, come avviene invece per i procedimenti legislativi, una contrapposizione tra maggioranza ed opposizione, per quanto debba essere comunque data la possibilità a ciascun gruppo o a ciascun deputato di esprimere la propria particolare posizione, anche in dissenso dalla maggioranza che voterà la relazione da trasmettere all'Assemblea.

  Nicola MOLTENI (LNA) ritiene che l'esame che dovrà svolgere la Commissione non avrà una natura istituzionale, ma sarà caratterizzato da assunzione di responsabilità di natura politica in merito alle questioni evidenziate dal Presidente della Repubblica. Sarà un dibattito ed un esame in Commissione del tutto inutile, in quanto i dati che si dovrebbero acquisire in relazione alle tematiche oggetto del Messaggio sono a tutti note. Ciò significa che la Commissione perderà circa venti giorni di lavoro per esaminare di fatto il Messaggio del Presidente e poi approvare una relazione che non avrà alcuna ricaduta concreta sulla soluzione della grave situazione nella quale versa la giustizia italiana. Ricorda che negli ultimi cinque mesi la Commissione, anziché affrontare le reali questioni la cui soluzione potrebbe portare ad attenuare la crisi della giustizia italiana, si è soffermata sulle questioni carcerarie approvando decreti legge ovvero esaminando proposte di legge di iniziativa parlamentare che riprendono lavori avviati nella scorsa legislatura. Ribadisce pertanto che il gruppo della Lega è contrario tanto al Messaggio presidenziale quanto al metodo di lavoro con il quale la Commissione intende procedere.
  Non intende quindi partecipare al cosiddetto gruppo di lavoro preannunciato dal Presidente e dichiara l'intenzione di presentare, qualora fosse consentito, una relazione di minoranza.

  Donatella FERRANTI, presidente, ribadisce quanto appena dichiarato in merito alla scelta di non nominare un relatore, ritenendo che la natura e la rilevanza costituzionale del Messaggio presidenziale, Pag. 49che non si colloca nell'ottica dei rapporti tra maggioranza ed opposizione, investano il Parlamento nel suo complesso.
  Evidenzia come conferire il compito di relatore a deputati scelti in base alla loro appartenenza politica significherebbe porre sostanzialmente il Messaggio del Presidente della Repubblica nell'ambito dei rapporti tra maggioranza ed opposizione, alterandone la natura. Ricorda che in casi simili, nelle scorse legislature, è stato sempre il Presidente della Commissione, quale rappresentante della stessa nella sua interezza, a svolgere un ruolo di impulso e coordinamento dei lavori. Tuttavia, preso atto che da parte di un gruppo vi è una forte insistenza affinché sia nominato almeno un relatore, dichiara che tale ruolo sarà da questo momento in poi svolto da lei stessa, quale Presidente della Commissione. La presenza di un relatore non è comunque incompatibile con l'idea, già prospettata, di costituire in un secondo momento un gruppo di lavoro al quale affidare il compito di predisporre collegialmente, con modalità analoghe a quelle proprie del Comitato ristretto, una proposta di relazione da sottoporre poi alla Commissione. Naturalmente i gruppi saranno liberi di partecipare o meno ai lavori di tale organo.
  Assicura che sarà dato modo a ciascun deputato e a ciascun gruppo di esprimere le proprie particolari posizioni in merito a quanto la Commissione approverà.
  Prima di concludere, tiene a ribadire che oggetto di esame della Commissione non è, neanche indirettamente, il messaggio del Presidente della Repubblica, bensì le tematiche da esso toccate. Rispetto a tali tematiche, la Commissione dovrà acquisire dati ed elementi che potranno servire ad un esauriente esame da parte dell'Assemblea degli argomenti oggetto del messaggio.

  Alfonso BONAFEDE (M5S) dichiara di essere d'accordo con chi ritiene che la Commissione nei primi mesi di lavoro abbia già acquisito i dati e le informazioni necessari per affrontare adeguatamente la questione carceraria e che il lavoro che ci si appresta a svolgere sia del tutto superfluo. Tuttavia, qualora si ritenga comunque di insistere nel dedicare tempo al Messaggio del Presidente della Repubblica per approfondire qualche questione particolare, il suo gruppo non si opporrà poiché non è vero che il MoVimento 5 Stelle «se ne frega» della questione carceraria e del Paese. Ciò che si chiede è che l'esame del Messaggio si svolga nel minor tempo possibile e senza pervenire all'approvazione di una relazione che tenga conto unicamente della posizione dei gruppi di maggioranza. A suo giudizio, piuttosto che approvare una relazione di maggioranza sarebbe opportuno presentare all'Assemblea tutte le diverse relazioni che i gruppi intenderanno presentare secondo le diverse posizioni politiche.

  Gianfranco Giovanni CHIARELLI (PdL), tralasciando qualsiasi considerazione sull'esigenza di nominare uno o più relatori, ritiene condivisibile l'idea di affidare ad un gruppo di lavoro il compito di predisporre collegialmente una proposta di relazione. Invita i colleghi a non essere ipocriti nell'affrontare la questione del sovraffollamento penitenziario ritenendo esaustivi gli ultimi interventi legislativi in materia. Rappresenta quindi come l'amnistia e l'indulto rappresentino gli unici concreti strumenti normativi che possano concretamente ridurre in maniera sensibile il sovraffollamento carcerario.

  Ivan SCALFAROTTO (PD) dichiara di condividere pienamente le scelte metodologiche del presidente, ritenendo invece che la posizione assunta dai deputati Bonafede e Molteni finisca per sminuire l'alto valore del messaggio del Capo dello Stato, trascinandolo erroneamente nell'agone politico.

  Donatella FERRANTI, presidente e relatore, assicura il deputato Bonafede che la relazione terrà conto di tutte le posizioni emerse nel corso dell'esame, ribadendo comunque che oggetto di questo non è il messaggio del Presidente della Repubblica. Quest'ultima considerazione, e la circostanza che il lavoro della Commissione Pag. 50dovrà avere natura meramente istruttoria in merito a particolari tematiche, la portano ad auspicare l'approvazione pressoché unanime della relazione che verrà trasmessa all'Assemblea.

  Nicola MOLTENI (LNA) ritiene che in concreto non si possa distinguere tra le tematiche contenute nel Messaggio ed il Messaggio stesso, per cui sostanzialmente la Commissione si appresta ad esaminare il Messaggio e ad esprimere un voto sulle considerazioni del Presidente della Repubblica contenute nello stesso. Chiede al Presidente se anche presso il Senato sia stata prevista una relazione della Commissione all'Assemblea dello stesso tenore di quella che è stata prevista alla Camera.

  Donatella FERRANTI, presidente, replica all'onorevole Molteni che la Conferenza dei presidenti di gruppo del Senato non ha ancora definito le modalità d'esame degli argomenti oggetto del Messaggio. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.30.