CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 10 settembre 2013
78.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
COMUNICATO
Pag. 58

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

  Martedì 10 settembre 2013. — Presidenza del presidente Pierpaolo VARGIU.

  La seduta comincia alle 13.10.

Sulla programmazione dei lavori della Commissione.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, comunica che, a seguito della riunione di mercoledì 7 agosto 2013 dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, è stato predisposto il seguente programma dei lavori della Commissione:

PROGRAMMA DEI LAVORI DELLA COMMISSIONE PER IL PERIODO SETTEMBRE-NOVEMBRE 2013

SETTEMBRE

Sede referente:

Seguito dei provvedimenti già iniziati:
  Disposizioni in materia di donazione del corpo post mortem a fini di studio e di ricerca scientifica (nuovo testo unificato C. 100 Binetti, C. 702 Grassi e C. 1250 Dorina Bianchi – rel. Grassi);
  Modifica all'articolo 31 del DL n. 207/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, concernente l'indennizzo in favore delle persone affette da sindrome da talidomide (C. 263 Fucci, C. 843 Piazzoni e C. 858 Miotto – rel. Fucci).

Provvedimenti nuovi:
  Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario (C. 262 Fucci – rel. Vargiu);
  Interventi per il sostegno e l'assistenza delle donne vittime di violenza (C. 951 Murer – rel. Lenzi);
  Disposizioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione della dipendenza da gioco d'azzardo patologico (C. 101 Binetti, C. 102 Binetti, C. 267 Fucci e C. 433 Mongiello – rel. Binetti).

Indagine conoscitiva:
  La sfida della tutela della salute tra nuove esigenze del sistema sanitario e obiettivi di finanza pubblica (Comm. riunite V e XII).

Pag. 59

Indagine conoscitiva:
  Sullo stato di attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, e sulla evoluzione normativa della materia (Comm. riunite XI e XII).

Interrogazioni, question-time e risoluzioni:
  Risoluzione n. 7-00033 Fossati: Iniziative volte a garantire l'applicazione delle disposizioni per la registrazione semplificata dei medicinali omeopatici.

OTTOBRE

Sede referente:
  Seguito dei provvedimenti già iniziati.

Interrogazioni, question-time e risoluzioni.

NOVEMBRE

Sede referente:
  Seguito dei provvedimenti già iniziati.

Interrogazioni, question-time e risoluzioni.
  Saranno inoltre iscritti all'ordine del giorno: i progetti di legge assegnati in sede consultiva, gli atti del Governo sui quali la Commissione sia chiamata ad esprimere un parere; i disegni di legge di conversione dei decreti legge; i provvedimenti trasmessi dal Senato.

  La Commissione prende atto.

  La seduta termina alle 13.15.

SEDE REFERENTE

  Martedì 10 settembre 2013. — Presidenza del presidente Pierpaolo VARGIU.

  La seduta comincia alle 13.15.

Interventi per il sostegno e l'assistenza delle donne vittime di violenza.
C. 951 Murer.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Donata LENZI (PD), relatore, ricorda che la proposta di legge all'esame della Commissione – n. 951, d'iniziativa del deputato Murer e altri – ha ad oggetto specifico la promozione di interventi di sostegno e protezione per le donne vittime di violenza di genere attraverso l'istituzione di servizi dedicati, quali i centri antiviolenza e le case rifugio.
  Fa presente che sul tema della violenza contro le donne negli anni passati sono state rivolte al nostro Paese direttive e raccomandazioni da parte di organismi internazionali, in primo luogo attraverso il Comitato sull'eliminazione delle discriminazioni contro le donne, istituito allo scopo di verificare lo stato di applicazione della Convenzione denominata «CEDAW» – approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1979 e ratificata dall'Italia nel 1985 – nonché il «Rapporto sull'Italia» presentato nel 2012 dal relatore speciale delle nazioni Unite sulla violenza contro le donne, Rashida Manjoo.
  Osserva, poi, che anche l'Unione europea è intervenuta di recente sul tema della lotta alla violenza sulle donne e, più specificamente, sui servizi di sostegno a favore delle vittime di violenza domestica. In particolare, il Consiglio dell'Unione europea il 6 dicembre 2012 nelle sue conclusioni ha rilevato che la violenza sulle donne deve essere condannata in quanto violazione dei diritti umani e non può essere giustificata da tradizioni o religione, e ha affermano inoltre che tale violenza «riguarda la società nel suo complesso e rappresenta un ostacolo alla partecipazione attiva delle donne nella società».
  Rinviando, per approfondimenti su questi punti, all'ampia documentazione predisposta dal Servizio Studi, ricorda come nel filone degli sviluppi normativi e Pag. 60della prassi internazionale maturati in materia sia intervenuta, da ultima, la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (cosiddetta Convenzione di Istanbul), che rappresenta il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. Tale Convenzione, ratificata dall'Italia con la legge n. 77 del 27 giugno 2013, non è ancora entrata in vigore, essendo necessaria a tal fine la ratifica da parte di almeno dieci Stati, tra i quali otto membri del Consiglio d'Europa. Attualmente, a fronte di ventinove Stati firmatari, hanno ratificato, oltre all'Italia, Albania, Montenegro, Portogallo, e Turchia.
  Fa presente, quindi, che, anche sulla base delle indicazioni provenienti dalla suddetta Convenzione, il Governo ha previsto, con il decreto-legge n. 93 del 14 agosto 2013 (A.C. 1540, all'esame delle Commissioni riunite I e II), alcune disposizioni per il contrasto della violenza di genere, mirando a rendere più incisivi gli strumenti della repressione penale dei fenomeni di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e di atti persecutori (stalking).
  Osserva che, in particolare, l'articolo 5 del decreto-legge prevede un Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, la cui adozione compete al Ministro delegato per le pari opportunità, anche avvalendosi del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. Vengono determinate le finalità perseguite tramite il predetto Piano, quali: la prevenzione del fenomeno della violenza contro le donne attraverso l'informazione e la sensibilizzazione della collettività; la promozione dell'educazione alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere nell'ambito dei programmi scolastici delle scuole di ogni ordine e grado; il potenziamento delle forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso il rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza; la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con la violenza di genere e lo stalking; la previsione di una raccolta strutturata dei dati del fenomeno, anche attraverso il coordinamento delle banche dati già esistenti; la previsione di specifiche azioni positive che tengano anche conto delle competenze delle Amministrazioni impegnate nella prevenzione, nel contrasto e nel sostegno delle vittime di violenza di genere e di stalking; la definizione di un sistema strutturato di governance tra tutti i livelli di governo, che si basi anche sulle diverse esperienze e sulle buone pratiche già realizzate nelle reti locali e sul territorio.
  Fa presente, pertanto, che nel prosieguo dell’iter del provvedimento in oggetto occorrerà tenere conto delle disposizioni recate dal suddetto decreto-legge, in particolare del richiamato articolo 5, nonché delle modifiche che saranno eventualmente apportate al testo del decreto medesimo nel corso dell'esame parlamentare.
  A questo proposito, rileva che il decreto-legge è all'inizio del percorso parlamentare di conversione e ha, per le parti che ci riguardano, caratteri di urgenza e di straordinarietà. Il Piano annunciato all'articolo 5 è infatti un Piano straordinario e come tale non ripetibile, e spazia su diversi piani, educativo, formativo sociale e di coordinamento tra istituzioni. Alla lettera c del comma 2 si prevede, in particolare, il «rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza, e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza».
  Osserva, quindi, che è convinzione dei proponenti il testo della proposta di legge Murer e altri che la materia richieda stabilità, un sistema organico, organizzato su tutto il territorio nazionale, che vada precisato cosa si intende per centri antiviolenza, a chi spetti la relativa gestione e con quali garanzie per le utenti.
  A tal proposito, ricorda che l'Unione europea ha definito gli standard di qualità per i centri antiviolenza e per case rifugio in numerosi documenti sottoscritti anche dal nostro Paese: nel 1997 il gruppo di Pag. 61esperte del Consiglio d'Europa ha raccomandato che vi fosse disponibile un posto letto nelle case rifugio ogni 7.500 abitanti; lo stesso gruppo, nel 1999, ha indicato gli standard di qualità e le priorità con cui gestire le case rifugio e gli altri servizi per le donne, quale ad esempio l'apertura 24 ore al giorno.
  A fronte di tali indicazioni, la realtà italiana, così come emerge dalla rilevazione condotta nel 2011 dall'Associazione nazionale dei centri antiviolenza (D.i.Re, donne in rete contro la violenza) su 56 dei 66 centri antiviolenza iscritti, è drammatica e preoccupante: solo il 55,4 per cento dei centri dispone di strutture (protette e no) per ospitare le donne e i loro figli, solo il 33,9 per cento ha un numero verde dedicato, solo il 53,6 per cento è in grado di assicurare una reperibilità per 24 ore e la durata della permanenza a volte non è sufficiente a coprire del tutto le necessità di protezione delle donne.
  I centri antiviolenza da tempo denunciano l'insufficienza delle risorse messe a disposizione per prevenire e per combattere il fenomeno; gli scarsi e discontinui finanziamenti costringono i centri a rivolgersi a molteplici fonti di finanziamento, pubbliche o private, con conseguente dispendio di energie e insicurezza costante, che possono pregiudicare l'efficienza dei centri stessi. A fronte di queste enormi difficoltà, nel 2011 sono state più di 13.000 le donne in situazione di violenza intra ed extra familiare che si sono rivolte ai centri antiviolenza di D.i.Re; di queste 464 (con 407 figli minori) sono state ospitate nelle case rifugio.
  In sintesi, date le competenze della XII Commissione, che si occupa di sistemi e servizi sociali, ritiene che la presenza di servizi di aiuto e presa in carico delle donne che subiscono maltrattamenti e violenza debba tradursi in un livello essenziale di assistenza.
  Dopo aver delineato il quadro entro il quale si inserisce la proposta di legge in esame, procede ad illustrare il contenuto dei 10 articoli di cui essa si compone.
  In particolare, l'articolo 1 definisce le finalità perseguite dalla proposta di legge che, come ricordato sopra, è tesa a promuovere nei confronti delle donne vittime di violenza interventi di sostegno volti a consentire di ripristinare la propria inviolabilità e di riconquistare la propria libertà, nel pieno rispetto della riservatezza e dell'anonimato.
  A tali fini si prevede che lo Stato, in collaborazione con le regioni, gli enti locali, le istituzioni, le associazioni e le organizzazioni attive nella lotta e nella prevenzione della violenza sulle donne e sui minori, promuova e favorisca l'attivazione di centri antiviolenza, di case rifugio e di case di secondo livello per le donne vittime di violenza e per i loro figli minori.
  Per quanto concerne le case di secondo livello, in ordine alle quali la proposta di non fornisce ulteriori indicazioni, ritiene che sia utile fare riferimento alla legge della Regione Veneto 23 aprile 2013, n. 5, che all'articolo 5 descrive la casa di secondo livello per donne vittime di violenza come una struttura di ospitalità temporanea per le donne vittime di violenza e per i loro figli minori che non si trovino in situazione di pericolo immediato a causa della violenza e che necessitino di un periodo limitato di tempo per compiere il percorso di uscita dalla violenza e raggiungere l'autonomia.
  Osserva, poi, che l'articolo 2 definisce i centri antiviolenza come strutture predisposte per l'accoglienza di donne vittime di violenza di genere intra ed extra familiare e dei loro figli minori, indipendentemente dalla loro nazionalità, etnia, religione, orientamento sessuale, stato civile, credo politico e condizione economica. Si prevede che i centri siano gestiti da organizzazioni, attive ed esperte nell'accoglienza, protezione e sostegno delle donne, allo scopo di garantire alle donne vittime di violenza e ai loro figli minori servizi e spazi dedicati, che non devono essere usati per altri scopi o per altri tipi di utenza. I centri antiviolenza devono essere presenti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale in misura di almeno uno ogni 10.000 abitanti.
  Ai sensi del comma 3, i centri antiviolenza possono essere promossi da: enti Pag. 62locali, in forma singola o associata; singoli, associazioni o organizzazioni operanti nel settore del sostegno e dell'aiuto alle donne vittime di violenza; i predetti soggetti, di concerto, d'intesa o in forma consorziata.
  I successivi commi dell'articolo 2 stabiliscono le competenze dei centri antiviolenza, che consistono nell'offerta di consulenza legale, psicologica, lavorativa e sociale alle donne vittime di violenza, orientandole nella scelta dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, ovvero delle case rifugio di cui eventualmente avvalersi. Inoltre, i centri antiviolenza svolgono, inoltre, attività di informazione e sensibilizzazione sulle fenomenologie e sulle cause della violenza e delle discriminazioni, nonché attività formative e culturali per il contrasto di tali fenomeni; conducono attività di rilevazione e di monitoraggio degli atti di violenza e discriminazione commessi nell'ambito del territorio di riferimento e redigono rapporti periodici sull'attività espletata. Si prevede, inoltre, che i centri antiviolenza si costituiscano, tramite protocolli d'intesa, in rete con le strutture pubbliche cui competono l'assistenza, la prevenzione e la repressione dei reati.
  Ritiene utile ricordare che in Italia i primi centri antiviolenza sono stati attivi a partire dagli anni ottanta, a Bologna e Milano, e sono stati gestiti da gruppi di donne appartenenti al movimento femminista. Come risulta da una mappatura realizzata a cura del Dipartimento pari opportunità, i centri e le case rifugio in Italia sono diffusi su tutto il territorio nazionale, ma si collocano quasi interamente nel nord e nel centro del paese. Le esperienze regionali in materia disegnano una realtà molto più vivace che a livello nazionale. Anche in assenza di finanziamenti nazionali dedicati, numerose regioni hanno compreso, nelle normative dedicate al sistema integrato di servizi sociali, centri antiviolenza rivolti alle donne, prevedendo poi interventi specifici nei Piani regionali.
  Con l'approvazione da parte di numerose regioni italiane di leggi di contrasto al fenomeno della violenza sulle donne, sono state poi finanziate diverse tipologie di servizio pubblico o privato (centri ascolto, sportelli antiviolenza, centri donna, linee telefoniche e altro ancora) che si aggiungono ai centri antiviolenza gestiti dalle associazioni di donne già esistenti sul territorio.
  Ma la realtà italiana, così come già ricordato, anche riportando i dati disponibili, è complessivamente preoccupante e i centri antiviolenza da tempo denunciano l'insufficienza delle risorse messe a disposizione.
  Rileva, quindi, che l'articolo 3 della proposta di legge è dedicato alle case rifugio, definite quali strutture in grado di offrire accoglienza e protezione alle donne vittime di violenza e ai loro figli minori, indipendentemente dal loro stato giuridico o dalla loro cittadinanza. A tal fine vengono proposti programmi personalizzati di recupero e di inclusione sociale, in grado di assicurare il sostegno necessario a ripristinare un'autonoma individualità, nel pieno rispetto della riservatezza e dell'anonimato.
  Alle case rifugio deve essere garantita la segretezza dell'ubicazione necessaria per la sicurezza delle vittime di violenza. Tali strutture assicurano l'anonimato, salvo diversa decisione della persona stessa; offrono i loro servizi anche a chi non risiede nel comune in cui è ubicata la struttura, nonché alle vittime straniere e applicano la metodologia di accoglienza dei centri antiviolenza.
  Come i centri antiviolenza, anche le case rifugio possono essere promosse da: enti locali, singoli o associati; singoli, associazioni o organizzazioni operanti nel settore del sostegno e dell'aiuto alle donne vittime di violenza; i predetti soggetti, di concerto, d'intesa o in forma consorziata.
  Si prevede, poi, che i centri antiviolenza e le case rifugio operino in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tenendo conto delle necessità imprescindibili per la protezione delle persone che subiscono violenza.
  Per quanto riguarda gli operatori, indipendentemente dai loro specifici profili Pag. 63professionali, la formazione delle diverse figure professionali dei centri antiviolenza e delle case rifugio promuove un approccio integrato alle fenomenologie della violenza, al fine di garantire il riconoscimento delle diverse dimensioni della violenza subita dalle persone, a livello relazionale, fisico, psicologico, sociale, culturale o economico.
  L'articolo 4 prevede l'istituzione del Comitato nazionale sulla violenza di genere presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità, con la finalità di garantire un coordinamento delle attività di prevenzione e di contrasto delle violenze di genere nel territorio nazionale nonché di studiare e di monitorare il fenomeno.
  Fa presente che il Comitato – che si compone di dodici membri i quali durano in carica tre anni e non hanno diritto a percepire alcun compenso o indennità – svolge, nello specifico, i seguenti compiti: raccoglie i dati sugli atti di violenza perpetrati nel territorio nazionale al fine di costituire una banca dati nazionale alimentata dai soggetti pubblici e privati; redige annualmente una relazione per le Camere sull'evoluzione delle fenomenologie criminali attinenti ai reati di violenza di genere; verifica lo stato di attuazione delle politiche contro la violenza di genere nei diversi settori della vita politica, economica e sociale e segnala le opportune iniziative; predispone e coordina campagne di educazione e di comunicazione sui reati di violenza di genere; favorisce il coordinamento dei servizi antiviolenza nel territorio nazionale; fornisce, su richiesta dei Ministri competenti, pareri, informazioni e studi.
  Sono altresì stabiliti i requisiti concernenti i membri del Comitato, la cui nomina spetta al Ministro delegato per le pari opportunità, che lo presiede.
  L'articolo 5 prevede, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, l'emanazione di un decreto da parte del Ministro delegato per le pari opportunità, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, per l'adozione di misure volte a istituire o a sostenere programmi nazionali di intervento di carattere preventivo e di trattamento destinati agli autori di atti di violenza contro le donne al fine di prevenire nuove violenze.
  L'articolo 6 prevede, poi, la predisposizione, da parte del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, di linee guida per le strutture sanitarie volte principalmente a: definire un piano formativo uniforme in tutto il territorio nazionale, con l'obiettivo di sensibilizzare gli operatori sanitari ospedalieri e territoriali per il riconoscimento e per un'adeguata accoglienza delle vittime di violenza di genere e domestica; rendere omogeneo lo sviluppo di servizi idonei all'assistenza alle vittime di violenza di genere e domestica presso i pronto soccorso ospedalieri anche inserendo un nuovo codice gratuito, denominato codice rosa, che consenta una presa in carico delle vittime con tempi di attesa ridotta.
  L'articolo 7 è dedicato alla presenza, in ciascuna questura, di personale dedicato, in possesso di una formazione specifica in materia di violenza di genere, competente a ricevere le denunce o le querele da parte delle vittime di tali delitti. In particolare, un decreto del Ministro dell'interno, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, dovrà stabilire: la quota di personale competente a ricevere le denunce delle vittime della violenza di genere, le caratteristiche e le modalità di organizzazione dei corsi di formazione professionale in materia di tutela delle vittime dei delitti, nonché le modalità di raccordo tra i presìdi territoriali delle Forze dell'ordine e i centri antiviolenza operanti nel territorio.
  L'articolo 8 riguarda le campagne di informazione – la cui promozione spetta al Ministro delegato per le pari opportunità, di concerto con il Ministro della giustizia e d'intesa con il Ministro della salute, sentito il Comitato – rivolte ai cittadini allo scopo di pubblicizzare le strutture e i servizi dedicati al sostegno e alla protezione delle vittime della violenza Pag. 64di genere, anche al fine di incoraggiare le vittime della violenza di genere a denunciare i soprusi subiti.
  L'articolo 9 istituisce, per l'attuazione delle finalità e delle disposizioni del provvedimento in esame, del Fondo per il contrasto della violenza nei confronti delle donne presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, finanziato annualmente dalla legge di stabilità.
  Rileva che, tenuto presente che l'obiettivo principale che ci si propone è la costruzione di una rete organizzata e stabile di aiuto alle donne che fuggono dalla violenza domestica, la continuità e la certezza dei finanziamenti pubblici costituiscono un presupposto essenziale.
  L'articolo 10 reca la copertura finanziaria del predetto Fondo, la cui dotazione è pari a 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015.
  Fa presente, infine, che, come già anticipato, per quanto concerne specificamente le ultime due disposizioni della proposta di legge in esame occorrerà, in fase di adozione del testo base da parte della Commissione, tenere conto delle disposizioni recate dall'articolo decreto-legge n. 93 del 2013 (A.C. 1540), in corso di esame presso le Commissioni riunite I e II.

  Daniela SBROLLINI (PD), dopo aver ringraziato il relatore per il lavoro svolto su una proposta di legge vertente su una materia di tale rilevanza, chiede alla presidenza se sia possibile procedere all'abbinamento della proposta di legge n. 1241, di cui è prima firmataria.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, fa presente che la proposta di legge n. 1241, a prima firma Sbrollini, è stata assegnata alle Commissioni riunite II e XII in considerazione della materia trattata, in quanto affronta anche temi che rientrano nella competenza della Commissione giustizia.
  Pertanto, sulla base delle disposizioni regolamentari, non è possibile procedere all'abbinamento richiesto.

  Daniela SBROLLINI (PD), prendendo atto della risposta fornita dal presidente Vargiu, chiede se sia possibile procedere a un ulteriore approfondimento della questione in sede di ufficio di presidenza.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.30.