CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 21 maggio 2013
24.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
COMUNICATO
Pag. 78

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 21 maggio 2013. — Presidenza del presidente Giancarlo GALAN. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Gabriele Toccafondi.

  La seduta comincia alle 14.05.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011.
Testo unificato C. 118 Mogherini e abbinate.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Elena CENTEMERO (PdL), relatore, ricorda che il testo unificato in esame, derivante dall'abbinamento dei progetti di legge nn. 118, 878, 881 e 940, elaborato dalla III Commissione, concerne la ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, ed è composto di tre articoli, che recano le disposizioni di rito proprie dei progetti di legge di ratifica, concernenti, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione, ai sensi dell'articolo 1, l'ordine di esecuzione della stessa, come prevede l'articolo 2, e l'entrata in vigore del provvedimento, in base all'articolo 3. Originariamente, la proposta di legge A.C. 118 conteneva – all'articolo 3 – una clausola di copertura finanziaria degli oneri derivanti dal provvedimento, che non è stata riprodotta nel Pag. 79testo in esame. Per quanto concerne il contenuto della Convenzione, con particolare riferimento agli aspetti di competenza della VII Commissione, ricorda che la stessa è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. La Convenzione interviene specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini ed anziani, ai quali altrettanto si applicano le medesime norme di tutela. Per entrare in vigore, la Convenzione necessita della ratifica di almeno 10 Stati, tra i quali 8 membri del Consiglio d'Europa; al momento, gli Stati firmatari sono 29, e le ratifiche 4, ovvero Albania, Montenegro, Portogallo e Turchia. Aggiunge, al riguardo, che l'Italia ha sottoscritto la Convenzione il 27 settembre 2012, dopo l'approvazione da parte delle Camere di mozioni e di ordini del giorno volti a tale fine, rinviando per questo aspetto alla seduta del Senato del 20 settembre 2012 e a quella della Camera dei deputati del 2 settembre 2012.
  Evidenzia che la Convenzione si compone di un Preambolo, di 81 articoli raggruppati in dodici Capitoli, e di un Allegato. Il Preambolo ricorda, innanzitutto, i principali strumenti che, nell'ambito del Consiglio d'Europa e delle Nazioni Unite, sono collegati al tema oggetto della Convenzione e sui quali quest'ultima si basa. Tra di essi riveste particolare importanza la CEDAW (Convenzione Onu del 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne) e il suo Protocollo opzionale del 1999. Ricorda, inoltre, che la CEDAW – universalmente riconosciuta come una sorta di Carta dei diritti delle donne – definisce «discriminazione contro le donne» «ogni distinzione, esclusione o limitazione basata sul sesso, che abbia l'effetto o lo scopo di compromettere o annullare il riconoscimento, il godimento o l'esercizio da parte delle donne, indipendentemente dal loro stato matrimoniale e in condizioni di uguaglianza fra uomini e donne, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile, o in qualsiasi altro campo». Segnala che, sempre nell'ambito delle Nazioni Unite, nel 2009 è stato lanciato il database sulla violenza contro le donne, allo scopo di fornire il quadro delle misure adottate dagli Stati membri dell'Onu per contrastare la violenza contro le donne sul piano normativo e politico, nonché informazioni sui servizi a disposizione delle vittime. Osserva che il Preambolo della Convenzione in esame riconosce, inoltre, che la violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi ed aspira a creare un'Europa libera da questa violenza.
  Rileva che gli obiettivi della Convenzione sono elencati nel dettaglio dall'articolo 1. Oltre a quanto già esplicitato nel titolo della Convenzione stessa, ritiene importante evidenziare l'obiettivo di creare un quadro globale e integrato che consenta la protezione delle donne, nonché la cooperazione internazionale e il sostegno alle autorità e alle organizzazioni a questo scopo deputate. Di rilievo, inoltre, considera la previsione che stabilisce l'applicabilità della Convenzione sia in tempo di pace sia nelle situazioni di conflitto armato, circostanza, quest'ultima, che da sempre costituisce momento nel quale le violenze sulle donne conoscono particolare esacerbazione e ferocia. Contestualmente alla firma, ricorda che l'Italia ha depositato presso il Consiglio d'Europa una nota verbale con la quale ha dichiarato che «applicherà la Convenzione nel rispetto dei princìpi e delle previsioni costituzionali». Tale dichiarazione interpretativa – apposta anche a seguito di quanto chiesto al Governo con le mozioni approvate al Senato il 20 settembre 2012 – è motivata dal fatto che la definizione di «genere» contenuta nella Convenzione – l'articolo 3, lettera c) recita: «con il termine genere ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini» – è ritenuta troppo ampia e incerta e presenta profili di criticità con l'impianto costituzionale italiano; rimanda, al proposito, alla relazione Pag. 80illustrativa al disegno di legge di autorizzazione alla presente ratifica – A.S. 3654 – presentato dal Governo Monti l'8 gennaio 2013, al termine della scorsa legislatura.
  La Convenzione precisa all'articolo 3 che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione contro le donne. L'articolo 4 della Convenzione sancisce il principio secondo il quale ogni individuo ha il diritto di vivere libero dalla violenza nella sfera pubblica e in quella privata. A tal fine, le Parti si obbligano a tutelare questo diritto, in particolare per quanto riguarda le donne, le principali vittime della violenza basata sul genere, ossia di quella violenza che colpisce le donne in quanto tali, o che le colpisce in modo sproporzionato. Poiché la discriminazione di genere costituisce terreno fertile per la tolleranza della violenza contro le donne, evidenzia che la Convenzione si preoccupa di chiedere alle Parti l'adozione di tutte le norme atte a garantire la concreta applicazione del principio di parità tra i sessi corredate, se del caso, dall'applicazione di sanzioni. Osserva che i primi a dover rispettare gli obblighi imposti dalla Convenzione sono proprio gli Stati i cui rappresentanti, intesi in senso ampio, dovranno garantire comportamenti privi di ogni violenza nei confronti delle donne, come previsto all'articolo 5. L'articolo 5 prevede, altresì, un risarcimento delle vittime di atti di violenza commessi da soggetti non statali, che può assumere forme diverse, quali riparazione del danno, indennizzo, riabilitazione, e altre. L'articolo 8 prevede che le parti stanzino le risorse finanziarie e umane appropriate per politiche, misure e programmi destinati a prevenire e combattere ogni forma di violenza oggetto della presente Convenzione.
  Premesso che tutta la Convenzione – che ha come scopo quello della prevenzione e della lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica – può essere vista anche sotto i profili della sensibilizzazione culturale e dell'informazione, quindi nell'ambito di competenza della nostra Commissione, illustra quindi le disposizioni della stessa che direttamente affrontano tali profili di precipuo interesse della VII Commissione. Segnala, in particolare, l'articolo 11, che impegna le Parti contraenti alla raccolta dei dati e alla ricerca su tutte le forme di violenza che rientrano nel campo di applicazione della Convenzione, e l'articolo 12, che prevede che le parti «adottano le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull'idea dell'inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini», vigilando affinché «la cultura, gli usi e i costumi, (...) la tradizione o il cosiddetto «onore» non possano essere in alcun modo utilizzati per giustificare» gli atti di violenza. L'articolo 13 della Convenzione, poi, impegna le Parti a promuovere campagne o programmi di sensibilizzazione, mentre l'articolo 14 prevede che le Parti intraprendano, se del caso, le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali e così via. Tale attività, come prevede il secondo paragrafo di questo articolo, deve essere svolta anche nelle strutture di istruzione non formale, nonché nei centri sportivi, culturali e di svago e, infine, nei mass media.
  Segnala, inoltre, l'articolo 17 che prevede che siano incoraggiati il settore privato, il settore delle tecnologie dell'informazione, della comunicazione e dei mass media all'attività di prevenzione della violenza contro le donne, con una particolare attenzione ai contenuti degradanti e potenzialmente nocivi. Sono previste, altresì, diverse misure di protezione e sostegno per le vittime di nuovi atti di violenza, agli articoli 18-28, che vanno dall'informazione sui servizi di sostegno, in base all'articolo 18, alla creazione di case rifugio, ai sensi dell'articolo 23, dall'istituzione di linee Pag. 81telefoniche di sostegno, ex articolo 24, al supporto alle vittime di violenza sessuale, previsto dall'articolo 25, e ai bambini testimoni di violenza, in base all'articolo 26. Alcune delle successive disposizioni, agli articoli 33 e seguenti, concernono la previsione di sanzioni di natura anche penale nel caso di violenza psicologica, fisica, sessuale e nel caso di atti persecutori nei confronti delle persone offese e la promozione di ricorsi in materia civile nei confronti dell'autore del reato, in base all'articolo 29, con la garanzia di chiedere il risarcimento dei danni, ai sensi dell'articolo 30. La Convenzione contiene, poi, un ampio capitolo di previsioni che riguardano le inchieste giudiziarie, i procedimenti penali e le procedure di legge, a rafforzamento delle disposizioni che delineano diritti e doveri nella Convenzione stessa, di cui agli articoli 49-58. Gli articoli 59-61 sono dedicati alle donne migranti, incluse quelle senza documenti, e alle donne richiedenti asilo, due categorie particolarmente soggette a violenze di genere. La Convenzione – agli articoli 66-69 istituisce, infine, un Gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (GREVIO) costituito da esperti indipendenti, incaricati di monitorare l'attuazione della Convenzione da parte degli Stati aderenti. Il monitoraggio avverrà attraverso questionari, visite, inchieste e rapporti sullo stato di conformità degli ordinamenti interni agli standard convenzionali, raccomandazioni generali e così via).
  Rileva, infine, che l'importanza di questa Convenzione, anche sotto il profilo culturale, è quindi di tutta evidenza. Osserva, infatti, che la sua valenza è anche pedagogica e può essere di concreto supporto a quell'evoluzione culturale che è il presupposto affinché la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica siano sempre più considerate repellenti da parte della società e contrastate da parte di ciascun essere umano e di ogni istituzione pubblica e privata. Si rimette, pertanto, ai colleghi ed al rappresentante del Governo per i contributi che vorranno fornire all'importante dibattito odierno, riservandosi di formulare conseguentemente una proposta di parere.

  Milena SANTERINI (SCpI) preannuncia il voto favorevole del gruppo di Scelta Civica per l'Italia sul provvedimento all'esame della Commissione, sottolineandone l'importanza e ricordando che la Convenzione oggi in esame attua i tre principi cardine in questa materia consistenti nel prevenire, proteggere e perseguire positivamente lo scopo della tutela delle donne vittime di violenza. Rileva, inoltre, che il testo unificato di ratifica oggi in esame integra le misure già esistenti nell'ordinamento italiano; non si ha però riscontro della relativa efficacia. Secondo fonti dell'ONU, poi, l'Italia ha una posizione non invidiabile per quanto concerne i femminicidi, con particolare riferimento alle donne migranti. Sottolinea, inoltre, la necessità di interpretare la ratifica in esame secondo i principi propri della Costituzione italiana. Richiama, infine, i tre importanti ambiti nei quali attuare la prevenzione della violenza sulle donne che sono: scuola, formazione professionale degli appartenenti alle Forze di polizia che si occupano di tali casi di violenza, ricordando che circa il 70 per cento delle predette violenze sono state precedentemente denunciate presso i competenti organi di Polizia; la valutazione, infine, dell'impatto delle campagne di comunicazione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e quella in ambito domestico.

  Caterina PES (PD) preannuncia il voto favorevole del Partito democratico sul provvedimento in esame. Ricorda che al termine della scorsa legislatura era stato presentato dal Governo un disegno di legge di ratifica avente ad oggetto la Convenzione in esame, ma, purtroppo, a causa della fine della medesima legislatura il citato disegno di legge non era stato approvato in tempo utile. Sottolinea l'importanza del provvedimento in esame, evidenziando come nel corso del 2012 oltre 100 donne siano state uccise e come la Convenzione Pag. 82in discussione sia importante anche da un punto di vista culturale. Richiama al proposito l'importanza dell'educazione contro questo fenomeni e la significativa opera che debbono esercitare i mass media nella medesima direzione. Ricorda, infine, l'impegno prestato da migliaia di attivisti anonimi che si sono impegnati in questo settore e che hanno contribuito all'adozione della Convenzione in esame.

  Celeste COSTANTINO (SEL) preannuncia il voto favorevole sul provvedimento in esame a nome del suo gruppo. Ricorda l'elevato numero di donne uccise, come già rilevato dalla collega Pes, sottolineando che il femminicidio è l'ultimo atto di una serie di precedenti violenze fatte alle donne. Richiama, quindi, gli articoli della Convenzione che direttamente concernono gli aspetti di competenza della VII Commissione, a partire dall'articolo 13 in tema si sensibilizzazione e dall'articolo 14 in tema di educazione. Rileva, inoltre, l'importanza dell'articolo 16 che concerne programmi di intervento rivolti agli autori di atti di violenza domestica per incoraggiarli ad adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali. Richiama infine l'articolo 17 della Convenzione, sottolineando l'importanza della partecipazione del settore privato e dei mass media nella prevenzione della violenza contro le donne. Auspica poi che i mezzi di informazione non qualifichino più i femminicidi quali delitti passionali o di onore.

  Giuseppe BRESCIA (M5S), preannunciando il voto favorevole del suo gruppo, sottolinea come anche gli uomini come lui siano impegnati in una battaglia trasversale contro la violenza nei confronti delle donne. Ricorda, quindi, come una donna su tre in età matura sia stata oggetto di violenza nell'arco della sua vita e come spesso questa violenza non venga denunciata. L'Italia, quindi, è agli ultimi posti delle classifiche mondiali per ciò che concerne l'atteggiamento che la società ha nei confronti del genere femminile. Stigmatizza, infine, il cosiddetto «patriarcato fascista» che presuppone una superiorità naturale degli uomini rispetto alle donne. Ricorda anch'egli l'importanza, ai sensi dell'articolo 17 della Convenzione, dell'attività d'informazione e sensibilizzazione svolta dai mass media su tale problematica.

  Gianluca BUONANNO (LNA) sottolinea, come amministratore locale, che bisognerebbe sostenere i comuni nell'attività di assistenza alle vittime della violenza di genere. Ricorda quindi un episodio di cronaca ambientato nel Sud Italia in cui una donna dopo essere stata malmenata dal compagno non ha voluto denunciare il suo aggressore; condanna quindi l'atteggiamento della vittima. Fa presente, inoltre, che, talvolta, si scade in atteggiamenti a difesa delle donne anche in situazioni che non appaiono giustificarli e sembrano piuttosto pretestuosi. Auspica, in ogni caso, che il Governo destini adeguati stanziamenti agli enti locali per il finanziamento di interventi a sostegno delle donne.

  Antonio PALMIERI (PdL) preannuncia il voto favorevole a nome del suo gruppo sul provvedimento in esame, ringraziando la relatrice per la completa relazione svolta.

  Elena CENTEMERO (PdL), relatore, nel presentare una proposta di parere sul testo unificato in esame (vedi allegato 1), ricorda che molte delle tematiche affrontate dai colleghi, che ringrazia, concernono questioni di competenza della Commissione di merito e andranno quindi affrontate nel corso del successivo esame del provvedimento in Assemblea.

  Milena SANTERINI (SCpI) richiede di apportare alcune modifiche alla proposta di parere presentata dal relatore, evidenziando tra le altre, in particolare, la necessità di valutare i programmi di azione a sostegno delle università e del sistema educativo in generale, nonché la specifica che accanto al femminicidio si faccia riferimento a tutte le forme di violenza nei Pag. 83confronti delle donne. Richiama quindi quanto da lei già rappresentato nel suo precedente intervento. Riterrebbe inoltre opportuno fare riferimento alla formazione delle forze dell'ordine.

  Sandra ZAMPA (PD) riterrebbe opportuno specificare anche alla lettera a) della proposta di parere lo stanziamento di adeguate risorse per il sostegno delle attività ivi indicate, nonché che si sostenga e non istituisca l'Osservatorio di cui alla lettera b), che è già operativo.

  Elena CENTEMERO (PdL), relatore, alla luce delle indicazioni dei colleghi, presenta quindi una proposta di parere riformulata (vedi allegato 2) che recepisce alcune delle osservazioni formulate nel corso del dibattito. Precisa che ritiene altre considerazioni di competenza della Commissione di merito.

  La Commissione approva quindi la proposta di parere favorevole con osservazioni, come riformulata dal relatore (vedi allegato 2).

  La seduta termina alle 14.45.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 21 maggio 2013. — Presidenza del presidente Giancarlo GALAN. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Gabriele Toccafondi.

  La seduta comincia alle 14.45.

Tabella triennale 2012-2014, relativa ai soggetti beneficiari dei finanziamenti per iniziative per la diffusione della cultura scientifica.
Atto n. 4.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno.

  Manuela GHIZZONI (PD), relatore, ricorda che la legge 10 gennaio 2000, n. 6 – che ha modificato la legge 28 marzo 1991, n. 113 – ha affidato al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca l'adozione di iniziative finalizzate a favorire la diffusione della cultura tecnico-scientifica – intesa come «cultura delle scienze matematiche, fisiche e naturali e come cultura delle tecniche derivate» – e a contribuire alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio tecnico-scientifico di interesse storico conservato in Italia, ai sensi dell'articolo 1, comma 1 della medesima legge. In particolare, sono considerati obiettivi strategici la costituzione di un sistema nazionale organico di musei e centri scientifici e storico-scientifici, e lo sviluppo di una rete locale di musei civici di storia naturale, orti botanici e musei scientifici di interesse locale, nonché di orti botanici e musei scientifici delle università, ai sensi dell'articolo 1, comma 2. Per la realizzazione delle finalità previste dalla legge, si prevedono diversi strumenti di intervento, tra i quali un finanziamento triennale destinato al funzionamento di enti, strutture scientifiche, fondazioni e consorzi che svolgono attività di diffusione della cultura scientifica, in possesso dei requisiti prescritti, previo inserimento, a domanda, in una tabella triennale emanata dal Ministro, sentito il Comitato tecnico scientifico (CTS), appositamente costituito, e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, come previsto dall'articolo 1, comma 3.
  Osserva che, per accedere al detto finanziamento triennale, sono richiesti i seguenti requisiti: possesso della personalità giuridica; entità delle collezioni conservate o del patrimonio materiale o immateriale disponibile; attività prodotte; utenza raggiunta; qualità dell'offerta didattica e comunicativa; capacità di programmazione pluriennale; partecipazione a programmi e progetti cogestiti a livello nazionale o internazionale, di cui all'articolo 1, comma 3. La legge prevede, inoltre, che saranno privilegiati gli interventi volti al potenziamento delle attività già svolte che abbiano dimostrato efficacia, alla individuazione Pag. 84di strutture scientifiche idonee distribuite sul territorio nazionale, alla loro ottimale integrazione in reti telematiche, anche mediante centri di servizio, ai sensi dell'articolo 1, comma 2. Ricorda che la legge prevede, infine, che sulle iniziative realizzate il Ministro riferisca al Parlamento ogni tre anni, allegando le specifiche relazioni presentate da ogni ente inserito nella tabella triennale, ai sensi dell'articolo 1, comma 6. Segnala che risultano trasmesse dal Ministero alle Camere le Relazioni relative ai trienni 2000-2002, Atto n. 837, e 2003-2005, Atto n. 838; la discussione dell'Atto in oggetto potrebbe essere l'occasione per sollecitare l'invio al Parlamento delle successive relazioni oltre che avere risposte in ordine al ritardo accumulato su detta trasmissione. Osserva, inoltre che lo schema di decreto in parola individua i soggetti da ammettere al finanziamento triennale 2012-2014 e opera la ripartizione fra gli stessi dell'importo disponibile per il 2012, pari a 6.373.540,85 euro. Viene indicato, altresì, per la prima volta, il punteggio conseguito da ogni ente in sede di valutazione e il costo giudicato coerente con le finalità dalla legge, ai sensi dell'articolo 1. Prevede, inoltre, che, ai fini dell'erogazione del contributo, gli enti inviano ogni anno le relazioni analitiche sull'attività svolta nell'anno finanziario di riferimento e sulla programmazione dell'anno successivo, corredate dai bilanci e dalla documentazione contabile delle spese sostenute, ai sensi dell'articolo 2. Relativamente alle previsioni recate dall'articolo 2, segnala che i termini temporali di riferimento delle relazioni analitiche che gli enti sono tenuti a presentare appaiono differenti da quelli previsti dall'articolo 2-bis della legge, nonché da quelli – analoghi – presenti nell'articolo 10 del decreto direttoriale n. 369 del 2012, che prevedono, ai fini dell'erogazione del contributo, la presentazione di relazioni analitiche sull'attività svolta nell'anno precedente e sulla programmazione dell'anno in corso. Ritiene, dunque, opportuno un chiarimento al riguardo.
  Rileva, inoltre, che la procedura per la selezione degli enti è stata attivata con il citato decreto direttoriale 26 giugno 2012, n. 369, recante «Regole e modalità per la presentazione delle domande finalizzate alla concessione dei contributi previsti dalla legge 6 del 10 gennaio 2000 per gli strumenti di intervento ivi previsti: Progetti annuali, Tabella triennale e Accordi di Programma e Intese», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 168 del 20 luglio 2012, che per la prima volta, ha definito regole e modalità per la concessione dei finanziamenti per tutti gli strumenti previsti dalla legge n. 6 del 2000 e ha destinato 6.393.500 ai contributi per gli enti inseriti nella tabella triennale. L'articolo 8 del Decreto – come già il decreto direttoriale 8.2.2008, n. 176/Ric, relativo all'inserimento degli enti nella precedente tabella triennale – ha precisato che potevano presentare domanda per l'inserimento nella nuova tabella i soggetti pubblici e privati che fossero impegnati nella diffusione della cultura scientifica e nella valorizzazione del patrimonio storico-scientifico per prioritaria finalità statutaria, che disponessero di esperienze acquisite e di un cospicuo patrimonio materiale e immateriale, e che avessero svolto con carattere di continuità attività coerenti con le finalità della legge n. 6 del 2000. In base all'articolo 9 del decreto direttoriale, alla domanda dovevano essere allegati lo statuto, la relazione analitica sull'attività del triennio 2009-2011, il programma di attività per il triennio 2012-2014 – con l'indicazione, in italiano e in inglese, degli elementi informativi necessari per la valutazione –, i bilanci preventivi e consuntivi degli anni 2009, 2010, 2011, e il bilancio preventivo 2012, l'indirizzo del sito web sul quale erano riportati in italiano e in inglese i soggetti e le attività. L'articolo 10 del decreto direttoriale ha disposto che il contributo è riconosciuto nella misura dell'80 per cento dei costi di funzionamento relativi ad attività coerenti con le finalità della legge n. 6 del 2000 e che il trasferimento di risorse è disposto su base annuale, sentito il CTS, previa presentazione, come già detto, di relazioni analitiche sull'attività svolta nell'anno precedente e sulla programmazione Pag. 85dell'anno in corso, corredate dai bilanci e dalla documentazione contabile delle spese sostenute. Le modalità di rendicontazione, di controllo e di monitoraggio degli interventi oggetto di finanziamenti saranno indicate nel decreto direttoriale di approvazione.
  Aggiunge, con riferimento alla valutazione, che l'articolo 11 del decreto direttoriale ha disposto che la selezione delle domande doveva essere curata dal CTS, che a tal fine acquisiva i pareri di esperti – nominati, su sua proposta, dal Direttore generale della Direzione generale per il coordinamento e lo sviluppo della ricerca: in base alla premessa dello schema di decreto ministeriale in esame, gli esperti sono stati nominati con decreto direttoriale n. 784/Ric del 15 novembre 2012 e n. 943/Ric. del 17 dicembre 2012, peraltro non allegati allo stesso schema – e doveva fornire al MIUR una relazione illustrativa relativa ai criteri di valutazione, assegnando i relativi punteggi, secondo il seguente schema: massimo 20 punti da attribuire in base al criterio relativo alla qualità dei soggetti proponenti, in termini di competenze, esperienze, capacità gestionali e relazioni esterne, utenza raggiunta, partecipazioni a progetti e/o programmi nazionali, comunitari, internazionali, qualità della presentazione del sito web in italiano ed inglese, capacità operativa e di spesa per attività istituzionali; massimo 20 punti da attribuire in base al criterio relativo alla qualità e continuatività delle attività svolte, con particolare riferimento alla consistenza, conservazione, valorizzazione e fruizione del patrimonio, e alla programmazione pluriennale delle attività; massimo 20 punti da attribuire in base al criterio relativo alla qualità e rilevanza dell'attività di ricerca, di elaborazione culturale, di servizio, di promozione culturale, anche in termini di fruibilità e di impatto sul pubblico; massimo 20 punti da attribuire in base al criterio relativo alla disponibilità di una sede idonea, di attrezzature adeguate, di un patrimonio e di collezioni di alto rilievo qualitativo, di personale qualificato destinato stabilmente ad attività di diffusione della cultura scientifica e di valorizzazione del patrimonio tecnico-scientifico.
  Segnala che i criteri di cui ai punti 2 e 4 precedenti, facendo riferimento alla consistenza di un patrimonio scientifico, museale e laboratoriale ed essendo largamente sovrapponibili, finiscono con l'accentuare la valutazione positiva per i soggetti titolari di tali patrimoni a detrimento di coloro i quali, per statuto e per consolidata tradizione, promuovono attività di divulgazione scientifica mediante occasioni formative, seminari, gare studentesche, convegni, fin quasi ad impedire loro di raggiungere la valutazione minima di 60 punti. L'articolo 11 del decreto direttoriale ha poi disposto che «sono approvate esclusivamente le domande che abbiano conseguito, nella sommatoria dei punteggi, un punteggio complessivo di almeno 60 punti sugli 80 conseguibili». Al riguardo, segnala che allo schema di decreto ministeriale non sono stati allegati né i decreti di nomina degli esperti, né la relazione illustrativa che il CTS doveva fornire al MIUR. In particolare, questa seconda mancanza rileva ai fini delle considerazioni che di qui a breve sottoporrò all'attenzione della Commissione, pertanto si riterrebbe opportuno poterne disporre prima dell'espressione del parere. La relazione illustrativa dello schema di decreto ministeriale evidenzia che, alla data di scadenza del termine per la presentazione telematica delle domande, sono pervenute 58 domande. Di esse, 49 sono state ammesse alla valutazione, mentre 9 sono state escluse d'ufficio in quanto già inserite nella tabella triennale 2011-2013 relativa ai contributi concessi per il funzionamento agli enti privati di ricerca, di cui al decreto ministeriale 9.7.2012 – Atto n. 460 «Schema di decreto ministeriale recante la tabella triennale 2011-2013 degli enti privati di ricerca nonché riparto dello stanziamento iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'anno 2011, relativo a contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, con riferimento agli enti Pag. 86privati di ricerca. Segnala, a tale proposito, che né la legge n. 113 del 1991 come successivamente modificata, né il decreto direttoriale n. 369 del 2012 prevedono incompatibilità per gli enti inseriti in Tabella triennale a ricevere altri contributi a carico dello Stato.
  Per quanto riguarda i lavori del Comitato tecnico scientifico e la delicata fase di valutazione per la selezione delle domande, come previsto dall'articolo 11 del citato decreto direttoriale n. 369, ritiene utile segnalare che nella seduta del 13 dicembre 2012 il CTS ha deciso che, non essendoci le condizioni – nei termini che si accinge ad esporre – perché le valutazioni fossero effettuate da due esperti esterni, per ogni progetto esaminato da un solo valutatore esterno, un membro dello stesso CTS avrebbe dovuto effettuare una istruttoria. Udito il risultato dell'istruttoria, il CTS, in assenza di elementi critici nel confronto fra pareri, avrebbe fatto propria la valutazione dell'esperto esterno. In caso contrario, il Comitato avrebbe effettuato una revisione approfondendo l'esame della documentazione sia per quanto riguarda i criteri di valutazione che l'ammissibilità dei costi presentati. In questi casi, la valutazione finale sarebbe stata corredata di specifica motivazione. Il CTS ha giustificato la rinuncia alle valutazioni di due esperti dato il poco tempo a disposizione per la ricerca di un numero sufficiente di valutatori esterni, ma osserva che è del tutto evidente che in questo modo si è pregiudicata la necessaria verifica di coerenza attraverso il contraddittorio. Rileva che il tema è particolarmente delicato, tenuto conto che, per la prima volta, la concessione dei finanziamenti è stata condizionata al raggiungimento di punteggio minimo, assegnato dal CTS attraverso l'acquisizione dei pareri degli esperti. Appare, dunque, opportuno un chiarimento. Nella stessa seduta, inoltre, il CTS ha regolato la questione dei possibili conflitti di interesse di propri membri e/o di valutatori esterni, adottando le linee guida pubblicate dal Consiglio nazionale delle ricerche australiano, allegate al verbale della seduta, ritenute in linea anche con le indicazioni della L. 241 del 1990. In particolare, il CTS ha deliberato che, qualora membri dello stesso Comitato fossero proponenti o direttamente coinvolti in progetti di valutazione, gli stessi dovevano assentarsi da tutte le procedure implicanti un possibile effetto sulla valutazione comparativa. Nel caso di conflitti di minor livello, gli stessi membri dovevano astenersi dalla specifica valutazione. Segnala, a tale proposito che una più avveduta composizione del CTS avrebbe permesso di superare tali problemi di conflitto di interessi. Ricorda che, nella seduta del 16 gennaio 2013, il CTS ha esaminato collegialmente i pareri degli esperti esterni e i risultati delle istruttorie, deliberando anzitutto in ordine all'inserimento nella tabella e, poi, in ordine alla verifica dell'ammissibilità dei costi esposti. Ne è risultata una graduatoria complessiva degli enti ammissibili, comprensiva dei costi di funzionamento ritenuti coerenti con le finalità della legge, di cui all'allegato 4 al verbale di seduta. Al termine dell'istruttoria, 30 enti avevano conseguito almeno 60 punti, cioè il punteggio minimo richiesto. In rapporto alle risorse disponibili, è stato, tuttavia, proposto l'inserimento in tabella dei primi 20, così che il punteggio minimo è stato, dunque, pari a 72. Si ritiene necessario capire perché si sia proceduto a tale scelta – che ha determinato l'esclusione di 10 enti valutati idonei – che non appare in linea con il criterio di approvazione previsto dal decreto direttoriale n. 369 del 2012, come ricordato.
  Ricorda che dei 20 enti inseriti, 13 erano già presenti nella tabella 2009-2011 e per questi si registrano variazioni della misura del contributo da un minimo del – 80 per cento ad un massimo del + 71,9 per cento, mentre 7 sono nuovi. Tra i soggetti esclusi segnala, ad esempio, l'Unione Matematica Italiana, presente in Tabella fin dal 2000 e che ha sempre svolto con puntualità, rigore ed efficacia un'importante attività scientifica e di divulgazione volta alla diffusione della matematica nel nostro Paese. Il punteggio assegnato a tale istituzione è talmente negativo, ovvero 14 punti su 80, rispetto ad un'attività prestigiosa Pag. 87e dettagliatamente rendicontata al MIUR, da far pensare che il CTS sia incorso in errori e mancanze nella valutazione della domanda dell'UMI. Ricorda, infine, che l'ammontare del contributo oscilla da un minimo di 30.000 euro ad un massimo di 1.610.000 euro.
  Si riserva, quindi, di presentare una proposta di parere nel prosieguo dell'esame, tenendo conto delle indicazioni che emergeranno dalla discussione.

  Giancarlo GALAN, presidente, nessuno chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto ministeriale per il riparto del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca per l'anno 2013.
Atto n. 5.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno.

  Ilaria CAPUA (SCpI), relatore, ricorda preliminarmente che, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, dal 1o gennaio 1999 gli stanziamenti riguardanti gli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono determinati con una unica autorizzazione di spesa e affluiscono ad un apposito Fondo, chiamato «Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca finanziati dal Ministero» (FOE), che deve essere ripartito annualmente dal Ministro con propri decreti (comprensivi delle indicazioni per i due anni successivi), previo parere non vincolante delle Commissioni parlamentari competenti. Sottolinea quindi come sia il controllo politico del Parlamento a qualificare i passaggi principali del sistema di finanziamento degli Enti nazionali di ricerca (vigilati dal MIUR) che rappresentano uno strumento importante per l'attuazione della politica nazionale della ricerca. Il Parlamento approva l'autorizzazione di spesa sulla base della programmazione economico-finanziaria e di bilancio e, successivamente, verifica le modalità di riparto delle risorse attribuite al Fondo con il parere che ci accingiamo a dare sullo schema di decreto all'attenzione della Commissione. L'assegnazione è proposta dal MIUR sulla base sulla base della programmazione strategica preventiva degli Enti di ricerca nazionali vigilati inquadrata nelle politiche di ricerca dell'Unione europea e nazionali come definite nel Programma nazionale della ricerca (PNR). Ricorda che sul fronte dell'Unione europea si tratta di implementare le strategie europee previste nel programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) – Orizzonte 2020 – mentre su quello nazionale della ricerca lo strumento di riferimento è il Programma nazionale della ricerca PNR 2011-2013 predisposto sotto l'egida del Ministro Gelmini. L'esigenza di collocare il riparto nell'ambito di una programmazione nazionale aggiornata impone di riportare l'inquadramento strategico al recente DEF. A tal proposito ricorda che il decreto legislativo n. 204 del 1998 (articolo 1) stabilisce che il Governo, nel Documento di economia e finanza (DEF), determini gli indirizzi e le priorità strategiche per gli interventi a favore della ricerca scientifica e tecnologica, definendo il quadro delle risorse finanziarie da attivare e assicurando il coordinamento con le altre politiche nazionali.
  Evidenzia come la nota metodologica del Documento di economia e finanza (DEF) 2013 sottolinei che i conti tendenziali degli enti di ricerca sono stati elaborati sulla base, tra l'altro, della crescita effettiva del fabbisogno realizzato nel corso degli anni precedenti dai principali enti pubblici di ricerca (CNR, INFN, ASI, ENEA, Consorzio per l'area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste e INGV), soggetti alla «regola del fabbisogno» (per il triennio 2013-2015 – come già per i due trienni precedenti – l'articolo 1, comma 116, della legge n. 228 del 2012 ha disposto che tale fabbisogno finanziario non può essere superiore al fabbisogno determinato a consuntivo nell'anno precedente, Pag. 88incrementato del 4 per cento). Ricorda inoltre che nel Programma nazionale di riforma 2013, che costituisce la Parte III del DEF, in relazione all'obiettivo di raggiungere un livello di investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo pari al 3 per cento del PIL, posto dalla Strategia Europa 2020, l'Italia si è posta l'obiettivo di raggiungere, nel 2020, un livello di spesa pari all'1,53 per cento, partendo da un livello corrente (2010) pari all'1,26 per cento. Al riguardo, lo stesso PNR evidenzia che i dati di previsione per il 2011 elaborati dall'ISTAT indicano una crescita contenuta della spesa per ricerca e sviluppo a valori correnti, pari a +0,7 per cento, rispetto al +2,2 per cento registrato fra il 2010 e il 2009, dovuta all'aumento della spesa nelle imprese (+1,1 per cento) e nelle istituzioni pubbliche (+0,9 per cento).
  Osserva altresì che se, invece, si considera la stessa spesa in termini reali, nel 2011 è prevista una riduzione dello 0,6 per cento, rispetto ad un aumento medio annuo dello 0,8 per cento nel periodo 2007-2010. Nel confronto europeo – su dati ancora provvisori del 2011 –, l'Italia si colloca, con la sua spesa in ricerca e sviluppo, al 18o posto, con un gap di 0,8 punti percentuali rispetto alla media UE. Sulla base degli indirizzi citati, nonché di altri elementi – risoluzioni parlamentari di approvazione del DEF, direttive del Presidente del Consiglio, proposte delle amministrazioni statali – è predisposto, approvato e aggiornato annualmente dal CIPE – le cui funzioni in materia sono coordinate dal MIUR – il Programma nazionale per la ricerca (PNR), di durata triennale, che definisce gli obiettivi generali e le modalità di realizzazione degli interventi. Premesso quindi lo scenario europeo, il riparto è proposto dal MIUR a seguito della valutazione e approvazione da parte del Ministero dei Piani triennali di attività 2013-2015 degli enti di ricerca, ai sensi dell'articolo 5 comma 2 del decreto legislativo n. 213 del 2009, non potendo però tenere conto della valutazione della qualità dei risultati della ricerca, effettuata dall'ANVUR, ai sensi dell'articolo 4 comma 1 del decreto legislativo n. 213 del 2009, in quanto operativa solo dal 2011, quando ha avviato il primo esercizio di valutazione i cui risultati saranno disponibili in futuro. Al riguardo, sottolinea come la relazione illustrativa allo schema di decreto evidenzi che, nelle more dei risultati della Valutazione della qualità della ricerca 2004-2010 – avviata dall'ANVUR con bando del 7.11.2011, e che si concluderà con la relazione finale entro il 30 giugno 2013 –, la verifica dei contenuti scientifici dei Piani triennali di attività è svolta dalla Direzione Generale per il coordinamento e lo sviluppo della ricerca, con l'ausilio di un comitato di valutazione nominato con Decreto direttoriale 7 febbraio 2013, n. 214, peraltro non allegato allo schema.
  Osserva quindi come dal quadro strategico emergano criticità rispetto ai partner europei e obiettivi strategici per avvicinarsi alla media europea di investimenti in ricerca che mal si conciliano con le riduzioni della spesa che evidenzierà nel corso della relazione. Aggiunge che ciò può comportare uno svantaggio notevole del nostro Paese in termini di competitività, evidenziando altresì come altro aspetto critico sia il fatto che il Programma nazionale della ricerca – PNR non sia stato aggiornato annualmente, come previsto dalla legge, e ancora oggi si utilizzi uno strumento strategico del 2011. Fa presente infine come le riforme non hanno ancora consentito di portare a regime il sistema e manca ancora una valutazione sulla qualità dei risultati da parte dell'ANVUR né si comprendono bene le misure utilizzate per valutare i Piani degli enti e operare le scelte. Aggiunge che per quanto riguarda la verifica dei risultati scientifici si evidenzi un passaggio assai ambiguo della relazione, ripreso testualmente dalla scheda del servizio studi. È evidente quindi che il MIUR debba valutare e approvare i Piani prima di effettuare il riparto e che l'ANVUR dovrebbe fornire indicazioni sulla qualità attraverso i processi di valutazione. Se non è stato possibile completare un processo di valutazione è comprensibile che si sia operato diversamente, a suo avviso, tuttavia Pag. 89sembra che il comitato nominato dal Ministro abbia effettuato il lavoro del Ministero – verifica dei piani – piuttosto che una valutazione. In ogni caso essendo una procedura non prevista, ritiene che quanto meno sarebbe stato utile conoscere composizione, mandato, esito delle valutazioni e base giuridica. A tal fine, riterrebbe utile quanto meno acquisire il decreto direttoriale di nomina del Comitato citato.
  Rileva che lo schema di decreto all'esame della Commissione è relativo all'esercizio 2013, attualmente in corso in quanto è stato trasmesso il 21 marzo 2013 da un Governo dimissionario, in una fase delicata di passaggio che si è ulteriormente protratta per le note vicende che hanno solo di recente consentito la formazione del Governo. Ritiene quindi necessario provvedere ad una sollecita approvazione per non protrarre ulteriormente l'incertezza sull'assegnazione delle risorse che assicurano il funzionamento del sistema degli enti di ricerca. Un sistema peraltro fortemente provato dalle recenti riforme. Al riguardo ricorda che nel corso dell'esame parlamentare dello schema di decreto di riparto del Fondo ordinario per il 2012 la VII Commissione della Camera, nella seduta del 5 giugno 2012, ha approvato un parere favorevole con condizioni e osservazioni, con il quale, in particolare, ha indicato la necessità di una revisione organica delle norme relative al Fondo, al fine di ricondurlo all'originaria funzione di programmazione delle attività degli enti, evitando la frammentazione delle voci di finanziamento e ricollocando in adeguate priorità strategiche le singole attività di ricerca. Passa quindi all'illustrazione, nello specifico, del contenuto dello schema di provvedimento in esame. Segnala che lo schema di decreto è composto di 4 articoli e di una tabella (tabella 1) che ne forma esplicitamente parte integrante. Osserva che esso è, inoltre, corredato di altre 15 tabelle (tabelle da 2 a 16) – richiamate negli articoli 1 e 2 – riepilogative delle previsioni di assegnazione anche con riferimento ai singoli progetti che sarebbe opportuno esplicitare se facenti parte integrante anch'esse dello schema di decreto. Sottolinea che l'articolo 1, comma. 1, indica l'importo complessivo del Fondo ordinario per l'anno 2013 pari a 1.768,5 milioni di euro, stanziato sul capitolo 7236 dello stato di previsione del MIUR ripartiti ai dodici enti secondo la tabella 1 che costituisce parte integrante del decreto. Le somme assegnate agli enti, nominativamente indicati nel comma 2, sono poi suddivise per voci nelle tabelle da 5 a 16. Le assegnazioni complessive ai 12 enti di ricerca vigilati dal MIUR derivanti dallo schema in esame ammontano a 1.598,8 milioni di euro; rispetto al 2012 (1.653,0 milioni), si registra una diminuzione di 54,2 milioni di euro (- 3,3 per cento). I contributi sono determinati come somma di due addendi: le assegnazioni ordinarie e i contributi straordinari.
  Rileva altresì che nel prospetto riepilogativo si dà conto riassuntivamente di tali assegnazioni, a confronto con la ripartizione del Fondo nell'esercizio 2012. Evidenzia come le assegnazioni ordinarie sono consolidate secondo le indicazioni dell'articolo 16 del decreto ministeriale di riparto per il 2012 che, a norma di legge, invitava gli enti nelle more del riparto 2013 a formulare il bilancio di previsione sulla base del 95 per cento dell'assegnazione ordinaria stabilita per il 2012. Osserva che solo per l'ASI il riparto conferma per il 2013 l'assegnazione ordinaria 2012 mentre sugli altri enti ricade una riduzione del 5 per cento. Ricorda quindi che il totale delle assegnazioni ordinarie ai dodici enti è pari a 1.403,9 milioni di euro. La relazione illustrativa evidenzia che la riduzione della disponibilità del Fondo è derivata a decorrere dal 2013, dall'articolo 8, comma 4-bis, del decreto-legge n. 95 del 2012 ossia dalla seconda manovra di revisione della spesa, cosiddetta spending review. Sottolinea inoltre che la relazione, poi, espone gli effetti del taglio sulle attività programmate dagli enti precisando che tale esigenza ha determinato la necessità di operare una puntuale verifica dell'avanzamento dei progetti in corso e una rimodulazione delle tempistiche organizzative. Precisa che solo l'ASI, come Pag. 90precedentemente osservato, ha mantenuto l'assegnazione ordinaria 2012 al fine di assicurare la partecipazione italiana ai programmi dell’European Space Agency (ESA). Sempre con riferimento all'ASI, la relazione precisa, altresì, che l'assegnazione determinata quale contributo ordinario è comprensiva della somma di 400.000 euro relativa ai costi sostenuti per l'organizzazione della riunione ministeriale ESA, tenutasi a Caserta nel novembre 2012. Ritiene che non sia chiarito quali siano gli effetti di tali tagli. Considerata la riduzione su fondi già insufficienti in molti casi per assicurare il pagamento delle spese cogenti di personale e di struttura tale aspetto meriterebbe un approfondimento nella discussione. Sottolinea ancora come i contributi straordinari sono sostanzialmente elencati nell'articolo 2. Preliminarmente sono indicate alcune somme con vincolo di destinazione di legge lettere da a) ad e).
  Rileva quindi che la lettera a) e la lettera d) prevedono interventi direttamente connessi alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico ma vincolati da altre norme di legge e specificamente: 14 milioni alla società Sincrotrone di Trieste (ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 7 del 2005 – legge n. 43 del 2005); 2,6 milioni in favore dell'Istituto di biologia cellulare per attività internazionale afferente all'area di Monterotondo ai sensi dell'articolo 7, comma 4, della legge n. 229 del 2012. Osserva che impatta indirettamente sul sistema di ricerca un altro vincolo cui si riferiscono le somme indicate alla lettera e) pari a 2,0 milioni di euro per il finanziamento delle attività di valutazione dell'ANVUR. Ricorda che si tratta dell'articolo 12, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n.  76 del 2010 che ha previsto che a valere sul medesimo Fondo ordinario per gli enti di ricerca – oltre che sul Fondo di finanziamento ordinario delle università (FFO) –, sentita la CRUI, possono essere riservate risorse per l'Agenzia nazionale di valutazione dell'università e della ricerca (ANVUR), in relazione alle esigenze connesse alle sue attività di valutazione. Evidenzia che sostanzialmente estranee al sistema della ricerca in quanto collegate al sistema della scuola le somme di cui alle lettere b) e c) ovvero 8,7 milioni di euro per il funzionamento dell'INDIRE e 4,1 milioni di euro per il funzionamento dell'INVALSI. A tal proposito ricordo che l'articolo 19, comma 3, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito nella legge n. 111 del 2011, ha disposto che, a decorrere dal 2013, le risorse derivanti dagli interventi di razionalizzazione della spesa relativa all'organizzazione scolastica recati dal medesimo articolo 19 confluiscono sul Fondo ordinario per gli enti di ricerca per essere destinate al funzionamento dell'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE) e dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione (INVALSI). Aggiunge che per quanto riguarda le altre lettere vengono in rilievo per importanza strategica in primo luogo le somme per progetti bandiera e progetti di interesse, ossia per progetti ritenuti prioritari e strategici dal Programma nazionale della ricerca 2011-2013 finanziati a valere sul fondo ordinario, ai sensi della lettera j). A tal proposito, ricorda che il PNR 2011-2013 – approvato dal CIPE con deliberazione del 23 marzo 2011 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 198 del 26 agosto 2011, supplemento ordinario n. 195 – ha individuato un primo gruppo di 14 Progetti Bandiera e 8 Progetti di Interesse. Tali progetti assorbono nello schema di riparto 2013 un importo di 75,4 milioni di euro, pari a circa il 4,3 per cento dell'importo complessivo destinato ai 12 enti dallo schema in esame. Il dettaglio e le specifiche dei singoli progetti finanziati sono riportati nella tabella 4. Sottolinea che da una lettura della tabella 5, riferita al CNR – emerge che a differenza della tabella 4 è menzionato il progetto Bandiera. L'ambito nucleare, al quale, tuttavia, non è assegnato alcun importo per il 2013. Anche il Decreto ministeriale di riparto per il 2012 non ha previsto stanziamenti destinati a tale progetto – avviato nel 2011 e al quale il relativo decreto ministeriale di riparto Pag. 91aveva assegnato 10 milioni di euro –, in quanto, come evidenziava la nota illustrativa, ritenuto non più di attualità. Ricorda che sono inoltre compresi nel contributo straordinario le somme per attività di ricerca a valenza internazionale, ai sensi della lettera h), per un importo di 83,5 milioni di euro. Il dettaglio e le specifiche dei singoli progetti finanziati sono riportati nella tabella 2. Ulteriori progettualità di carattere straordinario per un importo di 35,9 milioni di euro sono analiticamente descritte nella tabella 3. Il totale dei contributi straordinari ammonta, dunque, ad 194,8 milioni di euro ai sensi della lettera i). Alle assegnazioni indicate si affiancano, per gli stessi enti: la quota premiale, per un importo pari a 139,3 milioni di euro e un importo di 1,6 milioni per chiamata diretta con contratto a tempo indeterminato per chiara fama, ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 213 del 2009, in base alle lettere g) ed f).
  Rileva che lo schema in esame all'articolo 3 precisa che la quota per i progetti premiali sarà ripartita con successivo decreto, secondo criteri e motivazioni di assegnazione disciplinati con decreto di natura non regolamentare del Ministro. Tale importo risulta pari all'8 per cento dell'importo dello stanziamento di competenza del capitolo 7236, al netto delle somme destinate alla società Sincrotrone, all'INDIRE e all'INVALSI. Sottolinea come sia opportuno ricordare, con riferimento al 2011, che la quota premiale è stata ripartita, per un importo pari ad 125,1 milioni di euro, con decreto ministeriale 9 agosto 2012, n. 506 – adottato previo parere parlamentare – sulla base dei criteri definiti con decreto ministeriale 22 maggio 2012, n. 239. Aggiunge che per il 2012 non è ancora pervenuto all'esame delle Camere il relativo schema di decreto. Premesso che esiste un vincolo di legge che impone di destinare importi di almeno il 7 per cento del FOE ai progetti premiali, considera come la legge non sembra legittimare oltre alla destinazione meritocratica né «accantonamenti» né ritardi, che invece si registrano nell'uso della quota premiale. Data la pesante incidenza della contrazione delle risorse per quasi tutti gli enti, e considerato che secondo i tempi consolidati la quota che il bilancio dello Stato destina al 2013 non sarà disponibile nell'esercizio 2013 ma, se tutto va bene, nel 2014, ritiene che occorra riflettere sull'opportunità di ribilanciare lo strumento indicato. Osserva poi che per quanto riguarda l'importo di 1,6 milioni di euro – ora accantonati – da destinare alle assunzioni per chiara fama lo schema di decreto prevede che siano successivamente definite le modalità di utilizzo con regolamento ministeriale. Qualora nel corso del 2013 tale accantonamento non sia utilizzato, in tutto o in parte, la somma residua sarà divisa «proporzionalmente» fra gli enti con provvedimento del Direttore generale per il coordinamento e lo sviluppo della ricerca. Per completezza ricorda che l'articolo 13 del Decreto legislativo n. 213 del 2009 ha disposto che gli enti di ricerca, nei limiti del 3 per cento dell'organico dei ricercatori e tecnologi e delle disponibilità di bilancio, possono assumere per chiamata diretta, con contratti a tempo indeterminato, ricercatori o tecnologi italiani o stranieri di altissima qualificazione scientifica, che si siano distinti per merito eccezionale o abbiano conseguito riconoscimenti scientifici di livello internazionale. Essi sono inquadrati al massimo livello contrattuale del personale di ricerca definito dal consiglio di amministrazione. I contratti sono subordinati ad un nulla osta del Ministro, sulla base del parere favorevole del Comitato di esperti per la politica della ricerca (CEPR). Sul punto ritiene emergano alcune criticità. Preliminarmente occorrerebbe chiarire la necessità di una assegnazione specifica per la finalità indicata. Inoltre, lo stesso articolo 13 del decreto legislativo n. 213 del 2009 non prevede l'intervento di una norma secondaria di definizione delle modalità delle assunzioni per chiamata diretta. Non appare chiaro poi a quale parametro si dovrà fare riferimento per la divisione proporzionale dell'accantonamento, qualora lo Pag. 92stesso non sia utilizzato per le assunzioni in questione. Infine, non è nemmeno chiaro se in caso di assunzione gli importi coprono solo il primo anno per l'ente che procede o verranno consolidate per coprire gli oneri stipendiali per gli anni successivi, essendo a tempo indeterminato.
  Rileva quindi che l'articolo 4 costituisce una disposizione di rito con la quale si dovrebbero, secondo il comma 2 dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 204 del 1998, fornire indicazioni per i due anni successivi. Informazioni che sono preziose per la programmazione. La norma proposta nello schema fornisce indicazioni solo per il 2014, ai sensi del comma 1, stabilendo che gli enti, ai fini dell'elaborazione dei bilanci di previsione, potranno considerare come riferimento il 98 per cento dell'assegnazione ordinaria stabilita per il 2013, ricapitolata nella tabella 1, colonna c. L'assegnazione prudenziale per il 2014 risulta quindi ulteriormente ridotta di 2 punti percentuali e, pertanto sommato alla riduzione sancita per il 2013 i bilanci di previsione, per il 2014 potranno contare su un –7 per cento rispetto alle assegnazioni del 2012. Individua quindi come non sia presente invece alcuna indicazione per il 2015 nonostante il sollecito della VII Commissione della Camera contenuto nel parere sullo schema di riparto 2012 già citato. Il comma 2 del medesimo articolo dispone inoltre che per il 2014 la percentuale che «potrà» essere destinata al finanziamento premiale di specifici programmi e progetti proposti dagli enti non sarà inferiore all'8 per cento dello stanziamento del Fondo. Osserva che a differenza del Decreto ministeriale relativo al riparto 2012, non vi sono riferimenti sulla definizione dei criteri di assegnazione della quota, per la quale vale, in ogni caso, la previsione di adozione di un decreto del MIUR avente natura non regolamentare, recata dalla norma primaria. Si dispone poi che una ulteriore quota, non superiore all'8 per cento del Fondo, potrà essere destinata ai progetti bandiera inseriti nel PNR e ai progetti di ricerca di particolare interesse. A suo avviso questa determinazione, che peraltro non è in alcun modo prevista dalla legge – pertanto di dubbia legittimità rispetto al decreto legislativo n. 204 del 1998 –, in assenza di un aumento del fondo sembra difficilmente sostenibile. Sottolinea che nel corso dell'esame del documento sarebbe una opportunità poter comprendere meglio gli effetti delle riduzioni sugli enti e sulla progettualità vincolata in atto – PNR – progetti bandiera e progetti di interesse in quanto hanno subito riduzioni molto significative. In quest'ottica, si potrebbe valutare se suggerire al Governo di rinunciare o ridurre alcuni «accantonamenti» per rendere disponibili le risorse e, conseguentemente, aumentare efficacia ed efficienza del loro utilizzo che potrebbero altrimenti essere pregiudicate dai ritardi. Il procedimento di programmazione nazionale e di assegnazione delle risorse, nonostante alcuni recenti miglioramenti, resta critico con l'ovvia conseguenza che, l'incertezza sui tempi e sulle risorse, si riverbera sull'efficienza di un settore caratterizzato da una forte dinamicità. Rileva che l'impegno che si debba richiedere al Governo è quello di migliorare ancora i tempi e, soprattutto, di far comprendere bene le considerazioni che hanno condizionato le scelte allocative.
  Considera, infine, che per poter formulare osservazioni politiche occorre che la Commissione possa disporre di un quadro definito di politica nazionale che guardi all'Europa e allo sviluppo regionale e locale. È necessario altresì conoscere la qualità del lavoro svolto dagli enti nazionali e le scelte di fondo proposte nei piani di attività approvati nonché i criteri adottati dal Ministero per valutare i suddetti piani e distribuire le risorse. Si riserva, in conclusione, di formulare una proposta di parere nel prosieguo dell’iter, anche sulla base di quanto emergerà dal dibattito in Commissione.

  Francesco D'UVA (M5S) preannuncia la presentazione di pareri alternativi del proprio gruppo sui provvedimenti del Governo esaminati nella seduta odierna.

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  Manuela GHIZZONI (PD), in qualità di relatore sul provvedimento precedentemente esaminato, ritiene che sarebbe opportuno attendere la formalizzazione dei pareri da parte dei relatori.

  Luigi GALLO (M5S) auspica che il Governo risponda nella prossima seduta ai rilievi che il suo gruppo porrà nel corso della discussione.

  Giancarlo GALAN, presidente, avverte che è imminente l'avvio della seduta dell'Assemblea. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.10.

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