CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 24 giugno 2014
259.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
COMUNICATO

TESTO AGGIORNATO AL 25 GIUGNO 2014

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AUDIZIONI INFORMALI

  Martedì 24 giugno 2014.

Audizione dei rappresentanti dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA), nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 302 Fiorio, recante la riforma della normativa nazionale sull'agricoltura biologica, della proposta di regolamento dell'Unione europea relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici (COM(2014) 180 final) e della Comunicazione della Commissione europea – Piano d'azione per il futuro della produzione biologica nell'Unione europea (COM(2014) 179 final).

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14.35 alle 15.20.

SEDE REFERENTE

  Martedì 24 giugno 2014. — Presidenza del presidente Luca SANI.

  La seduta comincia alle 15.20.

Disposizioni sulla produzione della mozzarella di bufala campana a denominazione di origine protetta.
C. 621 Russo e C. 2350 Catania.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame delle proposte di legge.

  Luca SANI, presidente, comunica che il gruppo M5S ha chiesto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata anche mediante trasmissione con impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

  Colomba MONGIELLO (PD), relatore, rileva che le proposte di legge all'ordine del giorno trattano una delle più antiche, autentiche e peculiari produzioni a denominazione di origine dell'Italia: la mozzarella di bufala campana a denominazione di origine protetta (DOP), spesso anche indicata brevemente come «mozzarella di bufala». Pag. 107
  Già questa, in apparenza, poco differente modalità di designare questo latticino anticipa quanto controversa e quanto complessa possa essere la disciplina che ne regolamenta le modalità di produzione e di commercializzazione.
  La mozzarella di bufala ha originariamente ottenuto il riconoscimento di denominazione tipica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1979, a norma della legge 10 aprile 1954, n. 125, sulla «Tutela delle denominazioni di origine e tipiche dei formaggi». Successivamente, con il decreto del Presidente del consiglio dei ministri 10 maggio 1993, essa ha conseguito il riconoscimento della «Denominazione di origine controllata» come «Mozzarella di bufala campana», ciò che ai sensi del regolamento (CE) n. 2081/1992 ha consentito di farla rientrare tra le produzioni designate da luoghi di origine protetti e quindi, ai sensi del regolamento (CE) n. 1107/96, di essere registrata a livello comunitario come «DOP Mozzarella di bufala campana», ossia una produzione a denominazione di origine protetta.
  Paradossalmente, invece che avere un regime favorevole, proprio da questo momento iniziarono per tale prodotto i primi problemi. Infatti, si riteneva che l'intera denominazione «mozzarella di bufala campana» fosse oggetto di protezione, ivi compresi i singoli termini che la compongono, per cui i produttori interessati rivendicarono l'esclusività anche del termine «mozzarella», ciò che pareva naturale, considerato che dalle origini il termine mozzarella, ossia il gesto tipico della «mozzatura» era usato solo per indicare la mozzarella di bufala, mentre per il latticino vaccino si usava il termine fiordilatte. Ma di fronte a tale richiesta, l'Unione europea rispose che il termine «mozzarella» era ormai da considerarsi come un termine generico od anche come un termine puramente merceologico.
  Rimaneva tuttavia la questione dei produttori che non appartenevano all'area amministrativa di produzione della DOP che, pur realizzando mozzarella con latte di bufala, non potevano utilizzare la denominazione protetta dalla DOP, per cui, con il decreto del Ministro delle politiche agricole del 21 luglio 1998, al fine di eliminare anche una criticità comportata dall'obbligo comunitario di prevedere nella designazione dei prodotti caseari l'esatta origine del latte utilizzato per produrre formaggi quando tale lette non fosse stato di origine vaccina, furono introdotti criteri per la coesistenza dei diversi latticini di bufala.
  Per questo venne valutato che la menzione della materia prima «latte di bufala» accanto al termine «mozzarella» fosse conforme alle disposizioni di cui all'articolo 2.4 del regolamento (CEE) n. 1898/87, secondo il quale l'origine del latte e dei prodotti caseari deve essere specificata se non provengono dalla specie bovina. Si chiarì pertanto che poteva coesistere anche una ulteriore denominazione commerciale atta ad identificare la mozzarella fatta con latte di bufala e in più che nell'etichettatura di formaggi freschi a pasta filata, derivati da solo latte di bufala, che utilizzano per la loro designazione il termine «mozzarella» e analoghi, ma non recanti la denominazione di origine protetta «mozzarella di bufala campana», non era consentito l'utilizzo della denominazione «mozzarella di bufala», ma era consentito di indicare esclusivamente – anche nello stesso campo visivo – la denominazione di vendita «mozzarella» unitamente alla specificazione «di latte di bufala», a condizione che i singoli termini «mozzarella» e di «latte di bufala» venissero riportati in caratteri di uguale dimensione e che tra il termine «mozzarella» e la successiva specificazione «di latte di bufala» comparisse l'indicazione di un nome di fantasia o del nome, o ragione sociale, o marchio depositato del fabbricante. Il divieto in oggetto, tuttora efficace, riguarda anche l'utilizzo di immagini o riproduzioni che riportino la testa della bufala in quanto appartenente al segno che identifica la DOP.
  Ciò premesso, bisogna dire che la mozzarella di bufala campana, anche grazie al definitivo conseguimento della DOP, si è sempre più affermata nei mercati caseari Pag. 108europei e internazionali acquisendo notevoli fette di mercato e la progressiva fidelizzazione dei consumatori. Ma purtroppo, man mano che la domanda aumentava, si venivano a creare anche fenomeni di frode o di mistificazione con l'utilizzo di materie prime capaci di incrementare le rese casearie, ma di bassa qualità e ad ogni modo escluse dal disciplinare di produzione della DOP o addirittura non consentite dalla normativa sanitaria. Ciò ha riguardato soprattutto l'utilizzo di latte di bufala importato dall'estero, l'utilizzo di cagliate congelate, anche di origine diversa da quella bufalina e importate da paesi esteri e comunitari, nonché di tecniche di elaborazione per nulla comparabili con le metodiche tradizionali che caratterizzano la vera mozzarella di bufala campana DOP.
  Da qui si è creato un contesto problematico per il settore della produzione della mozzarella di bufala campana DOP, sempre più colpito da fenomeni poco trasparenti o da notizie poco rassicuranti per il pubblico, con la conseguenza di screditare la reputazione del prodotto, di arrecare sfiducia nei consumatori e danni economici agli allevatori delle bufale dell'area di produzione della stessa mozzarella di bufala campana DOP.
  Tali problemi sono stati poi denunciati in tutte le sedi competenti dalle organizzazioni degli allevatori della Campania, dalle autorità sanitarie locali interessate, dalle associazioni artigianali alimentari, dalle associazioni casearie interessate e da liberi comitati di agricoltori.
  Proprio in queste circostanze anche la Commissione Agricoltura della Camera ha voluto capire cosa effettivamente stesse accadendo in questo speciale comparto, svolgendo uno specifico, ampio e diversificato ciclo di audizioni.
  Le denunce citate hanno avuto anche il supporto delle recenti attività giudiziarie condotte nel territorio campano e che hanno visto incriminati numerosi industriali caseari della mozzarella di bufala campana DOP accusati di aver compiuto frodi commerciali e illeciti contro le tutele del regime delle denominazioni di origine protette, in particolare per aver utilizzato latte bufalino estero, processi produttivi non appartenenti al disciplinare della DOP, con ciò determinando anche una notevole alterazione del mercato.
  È bene rilevare che questi fenomeni si ripercuotono negativamente soprattutto contro i consumatori, atteso che il latte di bufala prodotto in Italia è nettamente inferiore alle quantità censite di mozzarella di bufala campana DOP e di mozzarella generica di latte di bufala per come prodotta e dichiarata dai caseifici interessati.
  Per assicurare una maggiore tutela dei consumatori e garantire un reddito certo agli agricoltori del settore bufalino, con l'articolo 7 della legge 3 febbraio 2011, n. 4, sono state disposte specifiche misure in materia di rilevazione della produzione del latte di bufala. La norma in questione prevede che gli allevatori bufalini siano obbligati ad adottare strumenti per la rilevazione, certa e verificabile, della quantità di latte prodotto giornalmente da ciascun animale e ciò al fine di assicurare la più ampia tutela degli interessi dei consumatori e di garantire la concorrenza e la trasparenza del mercato.
  Le modalità di attuazione di tale obbligo sono state definite con il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 14 gennaio 2013, recante disposizioni per la rilevazione della produzione di latte di bufala in attuazione dell'articolo 7 della legge 3 febbraio 2011, n. 4. Tale decreto è tuttora applicato, purtroppo, in via sperimentale e quindi con modalità semplificate e meno stringenti.
  Va sottolineato che attualmente l'Italia è il Paese europeo con la maggiore quantità di capi bufalini allevati: dati del 2006 riferiscono la presenza di circa 318.158 capi, che rappresentano l'85 per cento dell'intera popolazione europea. Il 73 per cento dei bufali allevati in Italia è attualmente concentrato nella regione Campania, sebbene l'allevamento della bufala si stia diffondendo anche in regioni più vicine ai mercati europei. In Italia, comunque, è stato effettuato un intenso lavoro di Pag. 109ricerca e di selezione nell'allevamento bufalino, al fine di incrementare la produzione del latte e migliorarne le caratteristiche qualitative. Negli ultimi trenta anni la produzione media di latte è aumentata di circa 600 chilogrammi/lattazione, con aumento anche del contenuto percentuale di grasso e proteine.
  Il latte di bufala è di fatto interamente utilizzato per la fabbricazione della rinomata mozzarella di bufala campana DOP, nonché per quote marginali di mozzarella generica di latte di bufala, ma solo la mozzarella designata dalla DOP in oggetto offre garanzie su tutti i diversi livelli del processo produttivo: origine, provenienza delle materie prime, localizzazione e tradizione del processo produttivo.
  Nel settore latteo-caseario nazionale, la mozzarella di bufala campana DOP e quindi la bufala mediterranea italiana, hanno da sempre rivestito un ruolo fondamentale raggiungendo (dati del 2007) un fatturato di 14,2 miliardi di euro su un totale di 110, pari al 13 per cento. Secondo fonti Databank, il fatturato della produzione del comparto «mozzarelle» (mozzarella di bufala campana DOP, vaccina e di latte di bufala) in Italia è stato di 1.522 milioni di euro nel corso del 2007. Questo implica che l'allevamento del bufalo mediterraneo italiano rappresenta un elemento fondamentale nell'economia delle zone di produzione della DOP «mozzarella di bufala campana», producendo un indotto di rilevante impatto socio-economico.
  Il ritorno economico derivante dalla trasformazione del latte in mozzarella ha favorito il continuo incremento sia della popolazione bufalina sia delle aziende: attualmente nel settore della mozzarella di bufala campana DOP, sono impegnati circa 15 mila addetti (fonte ANSAB) con un valore aggiunto complessivo per l'intera filiera pari a 260 milioni di euro.
  Tornando alle due proposte di legge all'esame della Commissione, va innanzitutto fatto presente che entrambe hanno come scopo specifico la modifica dell'articolo 4-quinquies-decies del decreto legge 3 novembre 2008, n. 171, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 205, e successive modificazioni. Questo articolo fu introdotto nel decreto-legge n. 171 del 2008 proprio per rendere impossibile l'utilizzo di latte estraneo o di materie prime non conformi nella produzione della mozzarella di bufala campana DOP. Infatti, la norma prevede che la produzione della mozzarella di bufala campana DOP debba essere effettuata in stabilimenti separati da quelli in cui ha luogo la produzione di altri tipi di formaggi o preparati alimentari. Per assicurare alle aziende interessate di adeguare la programmazione delle rispettive attività, il Ministro delle politiche agricole avrebbe dovuto adottare, entro il 30 giugno 2009, un decreto volto a regolamentare le modalità di attuazione dell'articolo. La data di entrata in vigore della norma in oggetto, inizialmente prevista per il 1o gennaio 2013, è stata poi più volte prorogata fino alla data del 1o luglio 2014, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legge n. 150 del 2013.
  Per quanto riguarda l'attuazione della norma, ossia l'obbligo di produrre mozzarella di bufala campana DOP in stabilimenti appositamente dedicati a questa produzione, ciò è avvenuto, dapprima, con l'emanazione del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 6 marzo 2013, e poi, con il decreto dello stesso Ministro del 10 aprile 2013, che ha modificato il precedente in modo da tener conto dell'inevitabile produzione di sottoprodotti o derivati del latte proveniente da allevamenti inseriti nel sistema di controllo della DOP mozzarella di bufala campana, compresa la ricotta, includendo gli stessi tra quelli che possono essere prodotti all'interno degli stabilimenti che producono mozzarella di bufala campana DOP. Il decreto aveva, quindi, previsto che, a decorrere dal 30 giugno 2013, gli operatori inseriti nel sistema di controllo della DOP fossero tenuti a produrre il formaggio mozzarella di bufala campana, nonché i sottoprodotti o derivati della stessa materia prima, in stabilimenti esclusivamente dedicati a tali produzioni. Si disponeva, altresì, il divieto di produzione Pag. 110in tali stabilimenti di altri tipi di formaggi o preparati alimentari. All'interno degli stabilimenti che lavorano mozzarella di bufala campana DOP veniva vietata la detenzione e lo stoccaggio di materie prime e cagliate diverse da latte e cagliate bufaline idonee alle lavorazioni prima richiamate e ad esse esclusivamente dedicate. I produttori inseriti nel sistema di controllo della DOP venivano richiesti di comunicare all'organismo di controllo della mozzarella di bufala campana DOP ed all'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari gli stabilimenti esclusivamente dedicati alle produzioni entro il 30 giugno 2013.
  Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 aprile 2013 – che aveva prorogato il termine di cui all'articolo 4-quinquies-decies al 31 dicembre 2013 – ha disposto altresì che le disposizioni contenute nel decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 10 aprile 2013 si applicassero a decorrere dal 1o gennaio 2014.
  Sul decreto ministeriale in questione è attualmente pendente un ricorso giurisdizionale presso il TAR del Lazio, che chiede il suo annullamento e incidentalmente la verifica di costituzionalità e di conformità al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea dell'articolo 4-quinquies-decies del decreto legge n. 171 del 2008. Con ordinanza del 9 aprile 2014, il TAR ha accolto il ricorso e ha chiesto al Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali di depositare una dettagliata relazione atta a precisare la ratio delle disposizioni di cui al predetto articolo 4-quinquies-decies del decreto legge n. 171, con particolare riguardo agli interessi pubblici perseguiti e all'effetto di accrescimento o meno delle garanzie di tutela sanitaria ed alimentare derivante dall'applicazione della norma rispetto alla vigente normativa in materia di produzioni DOP. In attesa di tali memorie, l'udienza del TAR è stata sospesa fino al 19 dicembre 2014.
  In sostanza, le critiche maggiori che hanno investito la normativa in questione riguardano la sua eccessiva e non proporzionata onerosità, in quanto le imprese casearie interessate, che di norma realizzano svariate gamme di prodotti anche per differenziare le offerte e migliorare il loro fatturato, dovrebbero effettuare notevoli investimenti per realizzare singoli stabilimenti da dedicare alla sola produzione della mozzarella di bufala DOP. Anche nel predetto ricorso si evidenzia, da parte dei ricorrenti, che per le imprese casearie interessate che sarebbe di fatto preclusa, nonostante il rispetto della vigente normativa sulla tracciabilità dei prodotti alimentari, la possibilità di continuare a produrre insieme ai formaggi non DOP anche la mozzarella di bufala DOP, vista l'evidente diseconomicità di una eventuale scelta di dedicare totalmente il proprio impianto produttivo ad una produzione DOP che non permetterebbe di utilizzare in toto la materia prima in loro possesso.
  Si badi bene che la norma si riferisce a stabilimenti separati e non a sistemi o linee separate e nell'accezione corrente gli stabilimenti sono definiti come complessi unitari e stabili, che si configurano come un complessivo ciclo produttivo in cui sono presenti uno o più impianti o sono effettuate una o più attività. Se questa fosse la definizione da adottare per configurare gli stabilimenti separati, appare evidente che forse bisognerebbe meglio definire anche l'ampiezza di tale accezione.
  Tenendo conto anche di questi profili problematici, ma senza disattendere la necessità di tutelare la mozzarella di bufala campana DOP e di garantire i consumatori, sia la proposta di legge C. 621 sia la proposta di legge C. 2350 hanno come scopo principale di permettere la produzione o la lavorazione, nel medesimo stabilimento dedicato alla trasformazione della mozzarella di bufala DOP, anche di altre produzioni casearie, purché sia utilizzato in tale stabilimento esclusivamente latte di bufala della zona di produzione della mozzarella di bufala campana DOP. Il divieto riguarda anche la presenza negli stabilimenti dedicati alla produzione della mozzarelle di bufala campana DOP, di latte diverso da quello prodotto nell'area Pag. 111di produzione della stessa mozzarella DOP, area geografica definita e delimitata nel disciplinare di produzione registrato a livello europeo.
  La proposta di legge C. 2350, a differenza dell'altra proposta, dispone anche l'emanazione di un decreto ministeriale per definire i criteri per assicurare la tracciabilità del predetto latte. Pertanto, rimane l'obbligo del doppio stabilimento quando si utilizza anche latte diverso da quello prodotto nell'area di produzione della predetta DOP. Sempre la proposta di legge C. 2350, infine, prevede sanzioni amministrative pecuniarie comprese tra 5.000 e 50.000 euro in caso di detenzione di latte estraneo negli stabilimenti dedicati alla produzione della mozzarella di bufala campana DOP.
  In definitiva, l'effetto pratico ed analogo che si avrebbe ove tali provvedimenti fossero approvati, sarebbe quello di far rimanere l'obbligo di dedicare stabilimenti specifici per la sola produzione di mozzarella di bufala campana DOP e per altri prodotti caseari purché elaborati con il solo latte di bufala proveniente dall'areale della predetta DOP. La decorrenza di tale obbligo verrebbe stabilita al 1o gennaio 2015 dalla proposta di legge C. 2350; la proposta di legge C. 621, presentata nell'aprile del 2013 la stabiliva invece al 1o gennaio 2014, data che attualizzata potrebbe portare anch'essa al 1o gennaio 2015.
  Rimanendo in attesa di possibili indicazioni da parte del Governo, che risulterebbe intenzionato ad intervenire anch'esso con un provvedimento d'urgenza sull'argomento, sottolinea che il dibattito in Commissione potrà indicare l'esito più opportuno per i provvedimenti in esame.

  Luca SANI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
  Constata infine la partecipazione alla odierna seduta dei colleghi Catanoso e Oliverio, che non hanno potuto a registrare la propria presenza con il sistema elettronico.

  La seduta termina alle 15.30.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

COMITATO RISTRETTO

Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare.
C. 348 Cenni e C. 1162 Verini.