CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 30 aprile 2014
226.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Mercoledì 30 aprile 2014. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. — Interviene il sottosegretario di Stato alla giustizia Cosimo Maria Ferri.

  La seduta comincia alle 13.20.

Disposizioni in materia di misure cautelari personali, visita a persone affette da handicap in situazione di gravità e illeciti disciplinari.
C. 631-B, approvata dalla Camera e modificata dal Senato.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Anna ROSSOMANDO (PD), relatore, anche a nome del correlatore, l'onorevole Carlo Sarro, illustra il contenuto del provvedimento.
  Osserva come i primi due articoli novellino l'articolo 274 c.p.p. allo scopo di limitare la discrezionalità del giudice nella valutazione delle esigenze cautelari, attualmente individuate nel pericolo di inquinamento delle prove, nel pericolo di fuga e nel pericolo di reiterazione dei reati (comma 1, lettere a), b) e c)).
  Il Senato ha, anzitutto, soppresso l'articolo 1 del testo trasmesso dalla Camera. Tale disposizione modificava l'articolo 274 c.p.p. sopprimendo nel comma 1, sia nella lettera a) sia nella lettera c), il riferimento all'indagato e lasciando in tali previsioni esclusivamente il riferimento alla figura dell'imputato, analogamente a quanto già avviene nella formulazione della lettera b).
  In particolare, si prevedeva l'esclusione – per la persona sottoposta alle indagini – della possibilità di considerare il rifiuto di rendere dichiarazioni o la mancata ammissione degli addebiti ai fini della sussistenza Pag. 12di concreto e attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova.
  In proposito deve tenersi conto che il disposto dell'articolo 61 del medesimo codice di procedura penale stabilisce, al comma 2, che all'indagato si estende ogni altra disposizione relativa all'imputato, salvo che sia diversamente stabilito.
  La modifica in questione è verosimilmente apparsa come avente natura di coordinamento ma priva di effettiva portata normativa.
  Gli articoli 1 e 2 del testo in esame integrano la formulazione, rispettivamente, delle lettere b) e c) del comma 1 dello stesso articolo 274, prevedendo la necessità, oltre che della concretezza, dell'attualità del pericolo di fuga o di reiterazione del reato (attualità già prevista, invece, per il pericolo di inquinamento delle prove di cui alla lett. a), nonché, in entrambe le ipotesi, che le situazioni di concreto e attuale pericolo non possano essere desunte in via esclusiva dalla gravità del titolo del reato per cui si procede.
  Il riferimento alla gravità del titolo del reato anziché alla gravità del reato è frutto di una modifica introdotta al Senato.
  L'articolo 2 della proposta di legge, rispetto al testo-Camera (ex articolo 3), integra ulteriormente la formulazione della lettera c) dell'articolo 274 per esigenze di coordinamento con la recente modifica dell'articolo 280 c.p.p. (articolo 1, comma 1, decreto-legge n. 78 del 2013, convertito dalla legge n. 94 del 2013) secondo cui la custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per reati per i quali è prevista una pena non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per i reati concernenti il finanziamento illecito dei partiti.
  Pertanto, a seguito della modifica, se il pericolo di reiterazione riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195.
  L'articolo 3 – non modificato dal Senato – interviene in materia di scelta delle misure cautelari, con la finalità di escludere sia la custodia in carcere che gli arresti domiciliari quando il giudice ritenga che l'eventuale sentenza di condanna non verrà eseguita in carcere.
  È a tale scopo riformulato il comma 2-bis dell'articolo 275, che attualmente prevede il divieto di applicazione della custodia in carcere quando il giudice ritenga che con la sentenza possa concedersi la sospensione condizionale della pena (ai sensi dell'articolo 163 c.p.).
  Le novità introdotte al testo vigente sono, quindi, le seguenti: in caso di possibile sospensione condizionale della pena, il divieto in capo al giudice riguarda anche gli arresti domiciliari; se il giudice, mediante un giudizio prognostico sull'esito del giudizio, ritenga che sia possibile la sospensione dell'esecuzione della pena ai sensi dell'articolo 656, comma 5, c.p.p. – vale a dire sia possibile applicare le misure alternative dell'affidamento in prova (ordinario e in casi particolari), della detenzione domiciliare speciale e della semilibertà – il nuovo comma 2-bis prevede, anche in questo caso, il divieto di applicazione sia della custodia cautelare in carcere sia degli arresti domiciliari.
  Per quanto sulla norma in questione si sia formata la cosiddetta «doppia conforme», ritiene comunque opportuno svolgere alcune considerazioni.
  In primo luogo, alcuni elementi di riflessione sono stati di recente offerti anche dal Procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti, dal Presidente dell'Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone, e dal procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, che hanno evidenziato come l'applicazione della norma in esame possa determinare un'eccessiva restrizione dell'ambito applicativo delle misure custodiali, con riferimento a delitti anche gravi e con conseguenti riflessi sulla tutela della sicurezza dei cittadini.Pag. 13
  Va inoltre osservato che la formulazione della disposizione pone talune perplessità sotto il profilo tecnico. Infatti non è chiaro se l'espressione «l'esecuzione della pena possa essere sospesa ai sensi dell'articolo 656 comma 5 c.p.p.» comporti o meno il rinvio alle specifiche cause di esclusione dalla sospensione (indicate ai successivi commi 7 e 9, cui appunto rinvia il comma 5).
  Ulteriori perplessità possono sorgere sull'estensione del nuovo divieto anche agli arresti domiciliari; infatti, il comma 10 dell'articolo 656 stabilisce espressamente che il condannato che si trova agli arresti domiciliari dopo il passaggio in giudicato della sentenza continua a permanere in tale condizione, trasformandosi ex lege gli arresti in detenzione domiciliare (che è proprio una delle misure alternative al carcere alla cui applicazione è finalizzata la sospensione dell'esecuzione).
  Si dovrà, infine, tenere conto del fatto che alcuni interventi legislativi hanno medio tempore interessato proprio la disciplina della custodia cautelare e delle misure alternative ed anche, specificamente, l'articolo 656 del codice di procedura penale.
  L'articolo 5 del testo (articolo 6 del testo Camera), modificato dal Senato, riguarda l'applicazione della custodia in carcere per alcuni reati di particolare gravità.
  Ricorda che la ratio del testo licenziato dalla Camera era di intervenire sul secondo e terzo comma dell'articolo 275 del codice di rito, relativi a reati di particolare gravità con il fine di rendere conforme la formulazione di tali disposizioni alla copiosa giurisprudenza costituzionale che si è andata a formare dal 2010 ad oggi.
  Il testo della Camera, quindi, rifacendosi alla giurisprudenza della Corte Costituzionale ha suddiviso i reati gravi in due diverse discipline: la prima contenente la presunzione assoluta di meritevolezza della custodia in carcere e la presunzione relativa delle esigenze cautelari, la seconda solo quest'ultima.
  Nella prima sono stati inseriti, oltre al delitto di associazione di stampo mafioso, i delitti di associazione sovversiva (articolo 270 c.p.) e di associazione terroristica, anche internazionale (articolo 270-bis c.p.). Sul punto si è quindi ritenuto che per questi ultimi due delitti sussista un vincolo associativo tanto forte da giustificare sempre e comunque la custodia cautelare.
  Nella seconda disciplina sono stati previsti reati particolarmente gravi che il legislatore già aveva previsto con l'errore di prevedervi anche la presunzione assoluta di meritevolezza della custodia cautelare. Ora questa presunzione non viene più prevista e rimane unicamente quella relativa alle esigenze cautelari. Nella categoria dei gravi delitti rientrano i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p. (esclusi i tre di cui agli articoli 270, 270-bis e 416-bis c.p.) nonché i delitti di omicidio, induzione alla prostituzione minorile, pornografia minorile (esclusa la cessione del materiale, anche gratuita), turismo sessuale e, salvo l'assenza di circostanze attenuanti, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne e violenza sessuale di gruppo.
  Il Senato ha ritenuto di aggiungere alla lista dei reati per i quali opera la presunzione assoluta di meritevolezza della custodia in carcere lo scambio elettorale politico-mafioso (articolo 416-ter c.p.) e l'associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (articolo 74, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990).
  Quanto alla fattispecie prevista dall'articolo 416-ter non si ravvisa, in realtà, quel vincolo associativo che giustifica la presunzione assoluta di meritevolezza della custodia cautelare che vale, invece, per la fattispecie di cui all'articolo 416-bis. Sul punto sarà quindi necessaria un'attenta riflessione.
  Sarà anche opportuno soffermarsi a riflettere anche sull'opportunità di introdurre nel secondo periodo del comma 3 dell'articolo 275 c.p.p., dell'articolo 74 del TU stupefacenti alla luce della giurisprudenza costituzionale. La sentenza 231 del 2011 della Corte costituzionale ha infatti già dichiarato l'illegittimità costituzionale Pag. 14dell'articolo 275, comma 3, secondo periodo, c.p.p., nella parte in cui – nel prevedere che quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all'articolo 74 del citato TU è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – non fa salva, altresì, l'ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.
  Secondo la Corte, attraverso un esame comparativo delle diverse fattispecie, già sottoposte in passato al vaglio del giudice delle leggi, il delitto de quo è considerato in maniera diversa rispetto al delitto di associazione di tipo mafioso, l'unico per il quale è ammessa una presunzione assoluta di inadeguatezza delle misure cautelari alternative alla restrizione in carcere. Pur nella particolare gravità che il fatto assume nella considerazione legislativa, precisa la Consulta che la presunzione assoluta di adeguatezza della sola custodia carceraria non può considerarsi rispondente a un dato di esperienza generalizzato, ricollegabile alla «struttura stessa» e alle «connotazioni criminologiche» della figura criminosa dell'associazione finalizzata al traffico di droga. Da qui la declaratoria di illegittimità che in sostanza trasforma in relativa la presunzione assoluta di inadeguatezza delle misure cautelari alternative alla restrizione in carcere quando sussistono gravi indizi di colpevolezza.
  Ricorda, inoltre, che il delitto di cui all'articolo 74 TU è ricompreso tra quelli di cui all'articolo 51, comma 3-bis, c.p.p. per i quali, in virtù delle previsioni del terzo periodo del comma 3 dell'articolo 275 – anche dopo le modifiche introdotte dall'articolo 5 della p.d.l. – , non opera un principio di presunzione di idoneità della sola misura carceraria (v. ultra).
  Gli articoli 6 e 7 del provvedimento in esame (articoli 7 e 8 del testo-Camera) sono stati modificati dal Senato.
  L'articolo 6 riformula il comma 1-ter dell'articolo 276 c.p.p. che attualmente obbliga il giudice a revocare gli arresti domiciliari e applicare la custodia in carcere in caso di trasgressione del divieto di allontanarsi dalla propria abitazione da parte dell'imputato. Il nuovo comma 1-ter prevede che la citata trasgressione, ove di lieve entità, non comporti automaticamente l'applicazione della più afflittiva misura carceraria. Nel testo trasmesso dalla Camera, il comma 1-ter risultava abrogato.
  Analoga abrogazione, nel testo-Camera, interessava il comma 5-bis dell'articolo 284 c.p.p. che, attualmente, preclude al giudice la concessione degli arresti domiciliari al condannato per evasione nei 5 anni precedenti al fatto per il quale si procede. L'integrazione introdotta dal Senato al primo periodo del comma 5-bis prevede una valutazione del giudice che può comunque permettere l'adozione degli arresti domiciliari (in luogo della custodia in carcere) ove, sulla base di elementi specifici, ritenga che il fatto sia di lieve entità e che gli arresti domiciliari soddisfino comunque le esigenze cautelari.
  Il successivo articolo 8 – di modifica dell'articolo 289, comma 2, c.p.p. – è stato introdotto ex novo dal Senato.
  Attualmente tale disposizione prevede che, nei procedimenti per reati contro la pubblica amministrazione, l'interdizione temporanea dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio può essere disposta a carico del pubblico ufficiale (o dell'incaricato di un pubblico servizio) anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 287, comma 1 (ergastolo o reclusione superiore nel massimo a tre anni). Nel corso delle indagini preliminari, prima di decidere sulla richiesta del pubblico ministero di sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice procede all'interrogatorio dell'indagato, con le modalità indicate agli articoli 64 e 65 (ovvero con le ordinarie modalità dell'interrogatorio).
  L'integrazione al comma 2 dell'articolo 289 apportata dal Senato stabilisce che se la misura interdittiva a carico del pubblico ufficiale (o dell'incaricato di un pubblico servizio) è disposta dal giudice in luogo di Pag. 15una misura coercitiva richiesta dal PM, l'interrogatorio debba avvenire non oltre 10 giorni dall'esecuzione della misura o dalla sua notificazione (ovvero ai sensi dell'articolo 294, comma 1-bis c.p.p.).
  L'articolo 11 del provvedimento, modificato nel corso dell'esame al Senato, interviene sull'articolo 308 c.p.p. che prevede i termini di durata sia delle misure coercitive (diverse dalla custodia cautelare) sia delle misure interdittive. Finalità dell'intervento è, in particolare, quella di dilatare la durata di queste ultime, ritenuta troppo esigua.
  Il testo-Camera si limitava a portare da 2 a 12 mesi il termine di durata delle misure interdittive con decorso dall'inizio dell'esecuzione e senza possibilità di rinnovazione.
  Il testo approvato dal Senato rende più flessibile la nuova disciplina del nuovo comma 2 dell'articolo 308, prevedendo: la perdita di efficacia delle misure interdittive decorso il termine stabilito dalla relativa ordinanza; l'aumento, già disposto dalla Camera, da 2 a 12 mesi della durata massima delle misure stesse (non viene tuttavia precisato il dies a quo di decorso del termine); la loro possibile rinnovazione per esigenze probatorie non oltre il limite di durata massima.
  L'articolo 12 interviene sugli articoli 309 e 324 del codice processuale penale.
  All'articolo 309 c.p.p., relativo al riesame presso il cd. tribunale della libertà delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva, sono introdotte modifiche ai commi 6, 8-bis, 9 e 10 ed è aggiunto un comma 9-bis.
  Al nuovo comma 9-bis, per consentire alla difesa di prepararsi meglio e, nei casi più complessi, al giudice di studiare più attentamente la vicenda cautelare si prevede inoltre che – su richiesta dell'imputato, da formulare entro 2 giorni dalla notifica dell'avviso della data fissata – l'udienza camerale, se ricorrono giustificati motivi, è differita dal tribunale per un minimo di 5 ed un massimo di 10 giorni.
  Il testo approvato dalla Camera prevedeva un secondo periodo del comma 9-bis secondo il quale una analoga proroga di 10 giorni è applicata al termine per la decisione (di annullamento, riforma o conferma) sull'ordinanza oggetto del riesame e per il deposito dell'ordinanza da parte del tribunale (nuovo comma 9-bis).
  Il secondo periodo del comma 9-bis è stato riformulato dal Senato; la norma ora stabilisce anche che il tribunale, con provvedimento motivato, può differire anche d'ufficio (sempre da 5 a 10 gg.) la data dell'udienza in base alla complessità del caso e del materiale probatorio. Anche in tal caso, si conferma il corrispondente differimento della data del termine per la decisione e per il deposito dell'ordinanza.
  Il comma 10 dell'articolo 309 è stato anch'esso modificato dal Senato. Il testo approvato dalla Camera stabiliva che al mancato deposito in cancelleria, entro 30 giorni dalla deliberazione dell'ordinanza del tribunale del riesame, conseguisse la perdita di efficacia dell'ordinanza coercitiva. Il nuovo comma 10 prevede che, se la trasmissione degli atti non avviene entro 5 giorni o se l'ordinanza che decide sul riesame o il suo relativo deposito in cancelleria non avvengono nei termini prescritti (10 giorni dalla ricezione degli atti per la decisione sul merito del riesame; 30 giorni dalla decisione per il deposito in cancelleria), l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia e non può essere rinnovata, se non in caso di eccezionali esigenze cautelari specificatamente motivate. Il comma 10 prevede altresì un termine di 30 giorni (dalla decisione) per il deposito dell'ordinanza del tribunale del riesame, fatti salvi i casi in cui la motivazione, per il numero degli arrestati e la gravità delle imputazioni, appare particolarmente complessa; pur in tali casi, il nuovo termine disposto dal giudice per il deposito non può comunque superare i 45 giorni decorrenti dalla decisione del tribunale del riesame.
  L'articolo 13, modificato dal Senato, interviene sull'articolo 310 c.p.p. relativo all'appello avverso le ordinanze che dispongono misure cautelari personali.
  L'articolo 13 integra la scarna formulazione dell'ultimo periodo del comma 2 che prevede attualmente che il tribunale Pag. 16decide (sull'appello) entro 20 giorni dalla ricezione degli atti. L'integrazione prevista precisa che la decisione va assunta con ordinanza depositata in cancelleria entro 30 giorni dalla deliberazione.
  Al comma 2 dell'articolo 310, il Senato ha aggiunto due ulteriori periodi con l'intento di coordinare il contenuto della norma con le modifiche introdotte all'articolo 309 in tema di riesame. Viene, infatti, previsto: che il rispetto del termine di 30 giorni per il citato deposito in cancelleria dell'ordinanza può essere derogato nei casi in cui la motivazione, per il numero degli arrestati e la gravità delle imputazioni, appare particolarmente complessa; che il nuovo termine disposto dal giudice per il deposito non può in ogni caso essere superiore a 45 giorni decorrenti dalla decisione del tribunale.
  L'articolo 14, nel testo approvato dalla Camera, è stato soppresso nel corso dell'esame al Senato.
  La disposizione modificava l'articolo 311, comma 1, c.p.p., relativo al ricorso per cassazione contro le decisioni emesse in sede di riesame o di appello avverso le ordinanze che dispongono una misura coercitiva. Tale ricorso veniva escluso, per il PM richiedente la misura, avverso la decisione di secondo grado che confermava il rigetto o l'inammissibilità di una sua richiesta. L'esclusione dal ricorso per cassazione riguardava quindi il caso di una doppia «bocciatura» dell'ordinanza coercitiva richiesta dal PM.
  Il nuovo articolo 14 (articolo 15 nel testo-Camera) aggiunge all'articolo 311 c.p.p. un comma 5-bis in base al quale, nel caso in cui la Cassazione – su ricorso dell'imputato – abbia annullato con rinvio un'ordinanza che aveva disposto o confermato una misura coercitiva ai sensi dell'articolo 309, comma 9, il giudice del rinvio: decide entro 10 giorni dalla ricezione degli atti; deposita in cancelleria l'ordinanza nei 30 gg. dalla deliberazione. La mancata decisione (del giudice del rinvio), come pure il mancato deposito dell'ordinanza, nei termini indicati comportano la perdita di efficacia della misura coercitiva.
  Fa eccezione alla introdotta regola della perdita di efficacia della misura coercitiva ex comma 5-bis il caso in cui l'esecuzione della misura sia sospesa ai sensi dell'articolo 310, comma 3 (si tratta del caso in cui il tribunale, accogliendo l'appello del PM, abbia disposto una misura coercitiva rigettata dal giudice: in tale ipotesi, l'esecuzione della misura è sospesa fino a che essa non sia divenuta definitiva).
  Il Senato – in analogia con quanto previsto all'articolo 309, comma 10 (v. ante, articolo 12, comma 5, della p.d.l.) – ha integrato la formulazione del comma 5-bis prevedendo – in caso di mancata decisione o mancato deposito dell'ordinanza nei termini prescritti – l'impossibilità di una rinnovazione della misura coercitiva, fatte salve «eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate».
  Gli articoli 15 e 16 della p.d.l. sono stati introdotti nell'attuale formulazione dal Senato.
  L'articolo 15 interviene sull'articolo 21-ter dell'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) integrando la possibilità di visite dei genitori detenuti al minore infermo.
  Sul punto, osserva che la disposizione riproduce sostanzialmente il contenuto della proposta di legge n. 1438 dell'onorevole Daniele Farina, che è oggetto presso questa Commissione di un autonomo esame, trattandosi di materia diversa da quella relativa alle misure cautelari.
  Anche l'articolo 16, sempre introdotto dal Senato, disciplina una materia diversa da quella delle misure cautelari personali, modificando il decreto legislativo n. 109 del 2006 che contiene la disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati.
  All'articolo 2, comma 1, è integrato (nuova lettera q-bis) l'elenco ivi previsto, con l'aggiunta agli illeciti disciplinari dei magistrati nell'esercizio delle funzioni dell'ipotesi di mancata osservanza dei termini di cui agli articoli 309, comma 10, c.p.p. (per la trasmissione degli atti al tribunale del riesame da parte dell'autorità giudiziaria procedente, per la decisione sulla richiesta di riesame e per il deposito dell'ordinanza del tribunale in cancelleria) Pag. 17e 311, comma 5-bis (per la decisione del giudice del rinvio e per il deposito della relativa ordinanza in cancelleria).
  Dall'aggiunta della lettera q-bis) deriva la modifica della precedente lettera q) dell'articolo 2, comma 1, che attualmente prevede costituisca illecito disciplinare il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni. La lettera q) prevede inoltre che il ritardo che non eccede il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell'atto si presume non grave, salvo che non sia diversamente dimostrato.
  In relazione a tale ipotesi, sono fatte salve – per un necessario coordinamento – le previsioni di cui alla nuova lettera q-bis) che costituisce autonomo illecito, al quale non pare potersi applicare la presunzione di non gravità.
  La modifica all'articolo 12, comma 1, lettera e) del decreto legislativo n. 109 del 2006 prevede in capo al magistrato, per l'inosservanza dei termini di cui all'articolo 309, comma 10, e 311, comma 5-bis, c.p.p., una sanzione non inferiore alla censura.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.35.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 30 aprile 2014. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. — Interviene il sottosegretario di Stato alla giustizia Cosimo Maria Ferri.

  La seduta comincia alle 13.35.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla creazione del blocco funzionale dello spazio aereo Blue Med tra la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica ellenica e la Repubblica di Malta, fatto a Limassol il 12 ottobre 2012.
C. 2280, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Giuditta PINI (PD), relatore, osserva come il provvedimento tragga origine dal regolamento CE 550/2004 e successive modifiche, che riguarda la fornitura di servizi di navigazione aerea nel cielo unico europeo. In particolare, l'articolo 9-bis di detto regolamento è dedicato ai blocchi funzionali di spazio aereo.
  Si tratta di una fattispecie volta a ridurre la frammentazione nell'utilizzazione degli spazi aerei, data dal fatto che ogni volta che un aereo entra in uno spazio aereo nazionale ricade nell'operatività di un diverso fornitore di servizi di navigazione, sulla base di differenti regole e requisiti operativi. Ognuno di questi fornitori dispone di particolari attrezzature, quando non addirittura di proprie sedi di formazione. Tale frammentazione ha impatto sulla sicurezza, limita le capacità e accresce i costi. Dando vita a blocchi funzionali di spazio aereo, gli Stati membri della UE contigui territorialmente, in una classica «cooperazione rafforzata» in base al diritto europeo, mirano ad accrescere la cooperazione per giungere ad una più le razionale organizzazione dello spazio aereo e della fornitura dei servizi inerenti.
  L'articolo 9-bis prevede entro il 4 dicembre 2012 l'adozione da parte degli Stati membri di tutte le misure necessarie per garantire nell'area di propria pertinenza l'attuazione di blocchi funzionali di spazio aereo: ove opportuno, la cooperazione tra gli Stati membri potrà estendersi alla partecipazione di paesi terzi.
  Quanto al contenuto dell'Accordo in esame, esso consta di 38 articoli e di un allegato contenente l'elenco delle Autorità nazionali di supervisione Blue Med.
  Rientrano negli ambiti di competenza della Commissione giustizia gli articoli 25 e 33.
  L'articolo 25, in materia di responsabilità civile, prevede che all'interno dello spazio interessato uno Stato membro si impegna a risarcire i danni causati da eventi occorsi nel proprio spazio aereo, sotto la propria responsabilità, o per colpa Pag. 18di un fornitore di servizi di navigazione aerea a quello Stato riconducibile. Eventuali investigazioni su incidenti gravi sono disciplinate dal successivo articolo 26, mentre l'articolo 27 prevede adeguati meccanismi di segnalazione degli inconvenienti tra tutti gli Stati membri.
  Qualunque controversia sull'interpretazione dell'Accordo, sulla scorta dell'articolo 33, se non risolta in via amichevole entro sei mesi, è trasmessa al Consiglio di governo e, in caso anche questo non riesca a risolvere la disputa, devoluta all'arbitrato, i cui costi sono sostenuti dagli Stati membri che partecipano alla relativa procedura. La decisione del tribunale di arbitrato è vincolante per gli Stati interessati.
  Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica – approvato dal Senato il 3 aprile scorso – si compone di quattro articoli: il primo reca l'autorizzazione alla ratifica dell'accordo, il secondo il relativo ordine di esecuzione.
  L'articolo 3 contiene le disposizioni di carattere finanziario del provvedimento, L'articolo 4 prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione per il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
  Per le parti di competenza, propone di esprimere parere favorevole.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 13.40.

AUDIZIONI

  Mercoledì 30 aprile 2014. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. — Interviene il ministro della giustizia Andrea Orlando.

  La seduta comincia alle 13.50.

Audizione del Ministro della giustizia sulle linee programmatiche del suo dicastero.
(Svolgimento, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Introduce quindi l'audizione.

  Il ministro Andrea ORLANDO svolge una relazione sulle linee programmatiche del suo dicastero.

  Intervengono per porre quesiti e formulare osservazioni i deputati Stefano DAMBRUOSO (SCpI) e Alessia MORANI (PD).

  La seduta, sospesa alle 15, è ripresa alle 15.35.

  Intervengono per porre quesiti e formulare osservazioni i deputati Andrea COLLETTI (M5S), Nicola MOLTENI (LNA), Davide MATTIELLO (PD), Vincenza BRUNO BOSSIO (PD), Michela ROSTAN (PD), Giulia SARTI (M5S), Anna ROSSOMANDO (PD), Alfredo BAZOLI (PD) e Donatella FERRANTI, presidente.

  Il ministro Andrea ORLANDO, dopo avere fornito alcune precisazioni, si riserva di rispondere compiutamente ai quesiti posti.

  Donatella FERRANTI, presidente, ringrazia il Ministro e rinvia il seguito dell'audizione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.30.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.