CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 13 dicembre 2017
928.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-12471 Carocci: Sull'applicazione della sentenza 21593 della Corte di cassazione in materia di uscita da scuola di minori non accompagnati.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Gli On.li interroganti, con riferimento al momento dell'uscita da scuola dopo il termine dell'orario delle lezioni, chiedono l'adozione di iniziative per favorire il processo di autonomia dei ragazzi e dare informazioni chiare e uniformi ai dirigenti scolastici e a tutto il personale della scuola.
  Occorre preliminarmente precisare che, quella in argomento, è una materia delicata in quanto richiede il contemperamento di due opposte esigenze ovvero si tratta di conciliare la necessità di favorire il processo di auto-responsabilizzazione delle studentesse e degli studenti al momento dell'uscita da scuola al termine dell'orario delle lezioni con l'esigenza di garantire al personale scolastico una maggiore tutela giuridica, basata su presupposti certi, in relazione agli obblighi di sorveglianza imposti dalla vigente normativa. La violazione di tali obblighi, infatti, determina responsabilità di natura sia civile che penale.
  Come è noto, su tale questione si è sviluppato un ampio dibattito a seguito di una recente pronuncia della Corte di Cassazione (19 settembre 2017, n. 21593) emessa a seguito della morte di un alunno investito mentre ritornava a casa dopo l'uscita da scuola.
  La questione richiede un preliminare inquadramento sotto il profilo giuridico e normativo.
  In sintesi, l'obbligo di vigilanza è previsto per i dirigenti scolastici dal decreto legislativo n. 165 del 2001, per i docenti dall'articolo 29, comma 5, del vigente contratto collettivo nazionale di lavoro per il comparto scuola 2006-2009 e per il personale ATA dalla tabella A – «profili di area del personale ATA», allegata al medesimo contratto collettivo.
  Quanto al soggetto vigilato, l'obbligo di vigilanza si riferisce, in genere, a tutti i minori, e quindi fino alla maggiore età ovvero 18 anni. Tuttavia, già a partire dall'età di 14 anni si presume che il minore abbia maturato una certa capacità di intendere e volere, intesa come idoneità alla autodeterminazione ovverosia consapevolezza dell'incidenza del proprio operare sul mondo esterno.
  Tant’è vero che la Cassazione civile si è pronunciata sostenendo che il dovere di vigilanza imposto ai docenti non ha carattere assoluto, bensì relativo, occorrendo correlarne il contenuto e l'esercizio in modo inversamente proporzionale all'età ed al normale grado di maturazione degli alunni in relazione alle circostanze del caso concreto, di modo che, con l'avvicinamento di costoro all'età del pieno discernimento, l'espletamento di tale dovere non richiede la continua presenza degli insegnanti, purché non manchino le necessarie misure organizzative idonee ad evitare il danno.
  Posto ciò, è apparso, quindi, necessario, ai fini della risoluzione della questione, la definizione di uno strumento di carattere normativo che specificamente per la scuola riconoscesse la possibilità di uscita autonoma del minore, condizionata al ricorrere di taluni presupposti che tenessero conto dell'età, del grado di autonomia e di istruzione, delle scelte educative formulate dalla famiglia, della situazione logistica.
  Alla luce di ciò, la questione evidenziata dagli On.li interroganti con l'atto di Pag. 114sindacato ispettivo in parola, è stata, quindi, risolta con l'adozione di uno specifico strumento normativo varato recentemente dal Parlamento, su impulso anche di questo Ministero. Invero, l'articolo 19-bis del cosiddetto «Decreto fiscale» (decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili»), in vigore dal 6 dicembre 2017, prevede che i genitori dei minori di 14 anni, in considerazione dell'età di questi ultimi, del loro grado di autonomia e dello specifico contesto, nell'ambito, quindi, di un processo volto alla loro auto-responsabilizzazione, possono autorizzare le scuole a consentire l'uscita autonoma degli stessi dai locali scolastici al termine dell'orario delle lezioni. Tale autorizzazione esonera il personale scolastico dalla responsabilità connessa all'adempimento dell'obbligo di vigilanza.

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ALLEGATO 2

5-12382 Luigi Gallo: Sul tirocinio formativo attivo (TFA) per il sostegno.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito alle questioni sollevate dall'on.le interrogante circa i criteri di ripartizione tra le regioni dei posti relativi al TFA III ciclo e alla possibilità per gli idonei di specializzarsi anche in università diverse da quelle in cui hanno svolto le prove, si evidenzia, preliminarmente, che il numero dei posti per i corsi abilitanti e per i corsi di specializzazione per l'insegnamento sul sostegno che possono essere banditi in ogni regione è, necessariamente, condizionato dall'offerta formativa che ogni Università funzionante nella regione è in grado di erogare.
  Per i corsi di abilitazione/specializzazione (TFA) precedenti (in particolare, il TFA II ciclo che per il sostegno relativo a 6.630 posti) la distribuzione è stata effettuata non tenendo conto a priori dell'offerta formativa, ma in base all'esigenza di specializzati di ogni regione. Ciò ha comportato che, in diversi casi, alcune Università non hanno potuto attivare tutti i posti loro assegnati, mentre altre ne avrebbero potuto avviare un numero maggiore.
  Onde evitare che potesse verificarsi analogo effetto, per il TFA III ciclo l'apposito Gruppo di lavoro ha definito una nuova strategia, recepita dal decreto ministeriale n. 948 del 2016 di attivazione dei corsi. Con il decreto è stato definito a monte il valore nazionale dei posti disponibili e, successivamente, il numero complessivo disponibile è stato ripartito con appositi decreti ministeriali tra le diverse Università solo dopo aver acquisito l'offerta formativa di ciascuna di esse in ragione dell'effettiva capacità di erogazione dei corsi.
  Si evidenzia che si è giunti alla descritta determinazione anche considerando che al docente che si specializza presso l'Università di una determinata regione viene offerta la possibilità di iscriversi negli elenchi e graduatorie del sostegno di altra regione o di partecipare, com’è avvenuto per il concorso del 2016, alla procedura concorsuale bandita in una regione diversa.
  Si ricorda, in proposito, che lo stesso decreto legislativo n. 59 del 2017 sulla formazione iniziale e l'accesso ai ruoli di docente nella scuola secondaria prevede, nella fase transitoria, disciplinata dall'articolo 17, che i docenti in possesso del titolo di specializzazione – o che lo conseguiranno entro il 30 giugno 2018 – possono partecipare alla procedura concorsuale di altra regione per iscriversi nelle nuove graduatorie regionali di sostegno.
  Inoltre, in merito alla questione evidenziata dall'on.le interrogante circa la necessità di assicurare a tutti gli studenti diversamente abili l'insegnante di sostegno, per completezza, si forniscono le seguenti ulteriori informazioni.
  In primo luogo si deve considerare la situazione particolare in cui si trovano le dotazioni organiche del sostegno che vedono, a differenza di quelle relative ai posti comuni, un numero cospicuo di posti in deroga, cioè di posti eccedenti alle cosiddette dotazioni organiche «di diritto».
  Negli ultimi anni le dotazioni organiche del sostegno, anche grazie ad una attenta politica tendente sempre più all'inclusione degli alunni disabili, si sono fortemente Pag. 116incrementate e tale incremento, nella situazione di fatto, è stato in diversi casi maggiore del numero di alunni disabili che frequentano le scuole statali, in quanto spesso il numero dei posti in deroga concessi è stato adeguato alla gravità dell’handicap e/o al tempo scuola degli alunni disabili.
  Nel dettaglio, nell'ultimo quadriennio il numero dei posti (giunto quest'anno a 145.547) si è incrementato ben oltre l'aumento registrato di alunni disabili (ora 236.060). In base a questi dati si evince che, nel quadriennio gli alunni sono aumentati del 7,99 per cento, mentre i posti del 19.15 per cento. Tale fenomeno di incremento consegue anche alla sentenza della Corte Costituzionale, n. 80 del 2010, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 413 e 414, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nella parte in cui da un lato, prevede un limite massimo nella determinazione del numero degli insegnanti di sostegno e, dall'altro, l'eliminazione della possibilità di assumerli in deroga.
  Conseguentemente, i posti dell'organico di diritto, su cui possono essere effettuate le nomine in ruolo, rimangono condizionati all'autorizzazione del MEF, mentre quelli in deroga (o «di fatto») non soggiacciono al regime autorizzatorio, di contro possono essere destinati solo a nomine a tempo determinato.
  Il legislatore, con varie norme che si sono succedute in questi anni, ha cercato di attenuare le conseguenze di questa situazione, concedendo incrementi alla quota del cosiddetto «organico di diritto». In particolare ciò è avvenuto:
   a) con la legge n. 128 del 2013 che ha portato, gradualmente in un triennio, l'organico di diritto del sostegno da 63.388 posti a 90.034 nell'anno scolastico 2015/16;
   b) con la legge n. 107 del 2015 che ha istituito ulteriori 6.446 posti di sostegno (posti di potenziamento);
   c) con la legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio per il 2017), in base alla quale sono stati consolidati in organico di diritto ulteriori 3.600 posti.

  A seguito di questi interventi, l'attuale organico dell'autonomia (posti di diritto) è pari a 100.080.

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ALLEGATO 3

5-12493 Bossa: Sulle candidature per l'elezione del nuovo direttore del Conservatorio di Napoli.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In riferimento a quanto rappresentato dall'On.le interrogante con l'atto di sindacato ispettivo ora in trattazione, si informa che la vicenda relativa alla procedura elettorale per la scelta del nuovo direttore del Conservatorio di musica «San Pietro a Majella» di Napoli ha avuto, recentemente, ulteriori sviluppi.
  Successivamente alle votazioni per la nomina del nuovo direttore è emerso che la commissione elettorale ha ammesso la candidatura di un docente di seconda fascia, non espressamente prevista dalle disposizioni statutarie e di quelle contenute nel regolamento adottato dall'istituzione stessa per disciplinare le elezioni in questione. Tale candidatura è stata segnalata con un esposto anonimo indirizzato al Ministero, all'Autorità Nazionale Anticorruzione ed alla Corte dei conti.
  A seguito di ciò il direttore in carica del Conservatorio ha annullato d'ufficio la procedura elettorale con provvedimento datato 16 ottobre 2017 e con successivo provvedimento del 30 ottobre ha indetto nuove elezioni. Dei citati provvedimenti il Ministero ha preso atto.
  Avverso i citati provvedimenti il docente risultato vincitore nella procedura elettorale annullata ha presentato ricorso davanti al TAR Campania chiedendo l'adozione delle misure cautelari. Nella camera di consiglio del 22 novembre 2017 (con ordinanza n. 1844) il Giudice Amministrativo ha accolto la richiesta del ricorrente disponendo la sospensione dell'efficacia degli atti impugnati, anche in considerazione della «mancanza di espresso divieto per un professore di II fascia di ricoprire la carica in questione».
  La descritta sopravvenuta circostanza comporta l'adozione del decreto ministeriale di nomina dell'interessato in qualità di Direttore del Conservatorio «S. Pietro a Majella» di Napoli.
  Conseguentemente, i competenti uffici hanno predisposto il decreto ministeriale per il conferimento dell'incarico di direzione per il triennio 2017/2020. Detto provvedimento è stato adottato in data 5 dicembre 2017 (prot. n. 955).
  Si ricorda, ad ogni modo, che lo stesso viene adottato con riserva dell'esito del contenzioso in atto per il quale il TAR ha fissato l'udienza per la trattazione nel merito per la data del 6 giugno 2018.

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ALLEGATO 4

5-12354 Pannarale: Sull'istituzione della classe di concorso A65 «teoria e tecnica della comunicazione».

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogazione cui si risponde verte sulla classe di concorso A-65 «Teoria e tecnica della comunicazione», istituita ex-novo con il decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016, per la quale l'On.le interrogante propone di introdurre modifiche al fine di superare asserite disparità di trattamento.
  Al riguardo, si precisa che il citato decreto del Presidente della Repubblica assegna alla classe A-65 l'insegnamento di «teoria della comunicazione» presso gli Istituti tecnici, Settore tecnologico, Indirizzo «grafica e comunicazione». Le Linee-guida per il secondo biennio ed il quinto anno degli Istituti tecnici, diramate con la Direttiva n. 4 del 16 gennaio 2012, indicano, come obiettivi formativi di tale insegnamento, un insieme di conoscenze in ordine ai linguaggi, agli stili di comunicazione, ai modelli e alle nuove tecnologie audiovisive, associate ad abilità professionali relative all'utilizzo dei mezzi di comunicazione più adeguati al target e agli obiettivi, all'efficacia dei prodotti comunicativi e delle campagne pubblicitarie, alle scelte dei progetti pubblicitari in rapporto agli obiettivi.
  Si ravvisano molte aree di sovrapposizione con gli obiettivi indicati per l'insegnamento di «tecniche di comunicazione» negli istituti professionali del settore «servizi commerciali», soprattutto in riferimento ai modelli comunicativi, ai new media e alle problematiche della comunicazione pubblicitaria.
  Viceversa, l'insegnamento di «tecnica della comunicazione» negli istituti professionali del settore servizi per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera, articolazione «accoglienza turistica» denota una più decisa curvatura verso l'ambito turistico, con le sue specificità, relative ad esempio al marketing turistico-alberghiero o alla promozione di pacchetti turistici e alla valorizzazione del territorio o dei prodotti enogastronomici.
  Ciò posto, si ricorda che, a norma dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 59 del 2017, con decreto ministeriale le classi di concorso sono riordinate e periodicamente aggiornate in base a principi di semplificazione e flessibilità, al fine di assicurare la coerenza tra gli insegnamenti impartiti, le classi disciplinari di titolarità dei docenti e le classi dei corsi di laurea, e di consentire così un più adeguato utilizzo professionale del personale docente in relazione alle innovazioni sugli insegnamenti introdotte dalla legge n. 107 del 2015.
  Pertanto, alla luce di quanto sopra, al momento di procedere a detto aggiornamento si potrà prendere in considerazione l'ipotesi di estendere alla classe A-65 l'insegnamento di «tecniche di comunicazione» negli istituti professionali, settore «servizi commerciali».
  Viceversa, la scelta di consentire l'accesso ai posti di insegnamento attribuiti alla A-65 anche «in opzione» ai docenti della A-18 – con precedenza da coloro che abbiano prestato servizio in utilizzazione nel periodo dal 1o settembre 2010 alla data del provvedimento per almeno un intero anno scolastico» – è giustificata, trattandosi di una classe di concorso di nuova istituzione, dall'esigenza di dover comunque assicurare – nelle more del nuovo concorso – tale insegnamento.
  Per tutte le classi di concorso di nuova istituzione, infatti, si è proceduto in modo analogo.

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ALLEGATO 5

7-01404 COSCIA ed altri.

RISOLUZIONE APPROVATA

  La VII Commissione,
   premesso che:
    la legge 15 luglio 2015, n. 107, all'articolo 1, comma 33 e seguenti, dispone l'attuazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, negli istituti tecnici e professionali per una durata complessiva di almeno 400 ore nel secondo biennio e nell'ultimo anno del percorso di studi, e nei licei per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio, da svolgersi sulla base di apposite convenzioni con imprese, rispettive associazioni di rappresentanza, camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, enti pubblici o privati anche del terzo settore, ordini professionali, musei, istituzioni pubbliche e private, e altro, al fine di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti;
    la misura ha lo scopo di rendere curricolare la metodologia didattica dell'alternanza scuola-lavoro nel triennio finale di tutti i percorsi di studio della scuola secondaria di secondo grado e risponde agli orientamenti europei in tema di diffusione di forme di apprendimento che si avvalgano della transizione scuola-lavoro, alla base della strategia «Europa 2020» per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e confermati nella «New skills agenda for Europe» del 2016;
    il recepimento nel curriculum scolastico di esperienze di transizione scuola-lavoro si fonda sulla necessità di elevare gli standard di qualità e il livello dei risultati di apprendimento per rispondere in maniera adeguata al bisogno di nuove competenze. In tal senso, si favorisce in primo luogo l'orientamento dei giovani al futuro inserimento nel mondo del lavoro, anche ai fini della scelta consapevole dell'eventuale percorso di studi nel sistema di istruzione superiore (università, Ifts, Its), ed inoltre si facilita l'acquisizione, da parte dei giovani, di apprendimenti non esclusivamente legati agli aspetti disciplinari, ma anche di competenze cosiddette trasversali, necessarie affinché si possano costruire nuovi percorsi di vita e lavoro;
    la norma ha dunque lo scopo primario di garantire il diritto delle studentesse e degli studenti a partecipare ad esperienze di alternanza di qualità, che siano effettivamente orientanti ed assicurino la conoscenza del mondo del lavoro nella prospettiva di un accesso critico e consapevole;
    l'esperienza in una struttura ospitante non è finalizzata allo svolgimento di una mansione per se stessa, ma si interpreta come metodo di apprendimento sia di conoscenze e di capacità apprese in contesto scolastico, che di sviluppo di competenze (problem solving, lavoro in team, organizzazione del tempo e delle attività e altro) indispensabili per l'inserimento in contesti lavorativi sempre più caratterizzati da forti componenti di innovazione organizzativa, di processo e di prodotto. Un'esperienza che non solo aiuta le studentesse e gli studenti a conoscersi meglio, ma anche a scoprire attitudini, preferenze e talenti che possono essere utili ad orientare le loro future scelte di studio o di lavoro;Pag. 120
    l'alternanza scuola-lavoro ha, dunque, una prioritaria valenza educativa e non è sempre e principalmente finalizzata all'acquisizione di competenze per svolgere «un lavoro», ma per svolgere ogni «lavoro»;
    l'alternanza è di particolare importanza in un Paese dove l'abbandono scolastico rappresenta una sfida e dove il tasso di passaggio degli studenti dal secondo ciclo all'università è di circa il 50 per cento rispetto al 70 per cento registrato dalla Francia. Conseguentemente, nel nostro Paese il tasso di iscritti a percorsi di studi di istruzione superiore rispetto al totale della popolazione del gruppo di età di riferimento è più basso rispetto ai principali paesi europei (il 44,1 per cento contro il 63,7 per cento della Germania, il 72,4 per cento della Spagna, il 61,2 per cento del Regno Unito, il 63 per cento della media dei Paesi dell'Europa a 22 e il 68 per cento della media dei Paesi Ocse);
    inoltre, in Italia si registra il maggior numero di Neet (giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in corsi di formazione) tra i 20 e i 24 anni: nel nostro Paese sono il 33,85 per cento della popolazione del gruppo di età di riferimento, mentre in Germania sono il 9,27 per cento, il 20,9 per cento in Francia, il 27,2 per cento in Spagna e il 15,64 per cento nel Regno Unito. Il dato dei Neet è preoccupante non solo per il livello raggiunto ma anche perché si tratta di un fenomeno che registra una crescita maggiore rispetto ad altri Paesi europei: tra il 2008 e il 2015 la percentuale di Neet nel nostro Paese è cresciuta di 11 punti percentuali rispetto agli 8 della Spagna e i 4 della Francia, mentre Germania e Regno Unito sono riuscite a diminuire l'incidenza, rispettivamente di 4 e 2 punti percentuali. Le ragioni di questo disallineamento sono varie ma il rapporto tra sapere e saper fare (favorito da un buon raccordo tra mondo dell'istruzione e mondo del lavoro) e l'orientamento (inteso come conoscere sé stessi, i propri punti di forza e gli aspetti su cui lavorare, il proprio percorso e le opportunità che questo può generare) rappresentano elementi imprescindibili per la crescita personale e professionale degli studenti, specialmente in un mondo e un'economia sempre più basate sulla conoscenza;
    per facilitare l'organizzazione dei percorsi di alternanza, la citata legge n. 107 del 2015 ha previsto l'istituzione, presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di un Registro nazionale per l'alternanza scuola-lavoro, in cui i dirigenti scolastici individuano le imprese e gli enti pubblici e privati disponibili ad ospitare le studentesse e gli studenti e a stipulare convenzioni con i soggetti ospitanti;
    la legge n. 107 del 2015 ha previsto, altresì, la definizione della Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro, concernente i diritti e i doveri degli studenti della scuola secondaria di secondo grado impegnati nei percorsi di alternanza, con particolare riguardo alla possibilità per lo studente di esprimere una valutazione sull'efficacia e sulla coerenza dei percorsi stessi con il proprio indirizzo di studio e disciplinando le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, agli studenti coinvolti nei percorsi di alternanza, compresa l'attività di formazione sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro svolta dalla scuole si sta, ormai, concludendo l'iter formale di approvazione della suddetta carta dopo il confronto con il Forum nazionale delle associazioni studentesche, e che sono stati resi i pareri del Consiglio superiore della pubblica istruzione, della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato;
    per le finalità previste dalla sopra citata normativa, è stata, anche, autorizzata una spesa di 100 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016, ripartiti tra le istituzioni scolastiche in ragione del numero degli studenti frequentanti il secondo biennio e l'ultimo anno dei percorsi di studi. Queste risorse, gestite autonomamente dalle scuole, hanno la funzione di Pag. 121coprire, tra l'altro, i costi della formazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, la formazione dei tutor scolastici e altro. A queste risorse, nell'anno scolastico 2016/2017, si sono aggiunti ulteriori 140 milioni di euro, stanziati nell'ambito del PON scuola;
    l'alternanza scuola-lavoro, oltre ad essere un potente metodo per generare innovazione didattica, rappresenta un percorso stimolante, ma che, nella sua fase di implementazione, non è sempre stato semplice;
    richiede, infatti, un notevole sforzo progettuale e operativo interdisciplinare per: definire obiettivi formativi chiari e condivisi; garantire formazione del personale che presidia le diverse fasi del percorso (progettazione, comunicazione, tutoraggio, documentazione delle esperienze, monitoraggio, valutazione); promuovere la massima partecipazione di studentesse e studenti; sostenere il coinvolgimento degli attori di un territorio;
    appare dunque fisiologico che, nei primi due anni di applicazione, siano emerse delle criticità che rendono necessario uno sforzo aggiuntivo per sostenere le scuole nella progettazione dei percorsi educativi e nella gestione delle procedure. A tal fine saranno di grande importanza le osservazioni delle studentesse e degli studenti che chiedono di poter far emergere i problemi riscontrati durante la loro esperienza;
    è, infatti, di tutta evidenza che tale massa critica deve essere accompagnata da misure di supporto significative, che possano rendere partecipi tutti gli attori in campo, in primis le istituzioni scolastiche, in particolare gli studenti e i docenti come diretti interessati dalla misura introdotta, oltre ai soggetti ospitanti e in genere il mondo del lavoro;
    il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha già messo in atto, a partire dalla data di entrata in vigore della legge n. 107 del 2015, una serie di misure finalizzate a favorire la diffusione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro nelle istituzioni scolastiche, anche in quelle che non avevano esperienze pregresse sull'argomento, si segnala in particolare:
    la sottoscrizione di numerosi protocolli d'intesa con associazioni di imprese, enti pubblici e privati anche del terzo settore, grandi aziende di dimensione nazionale e internazionale, altri Ministeri, associazioni professionali, finalizzati alla sensibilizzazione del mondo del lavoro e alla percezione della responsabilità sociale degli operatori di settore. Ad oggi tali protocolli sono oltre 70 a livello nazionale a cui si aggiungono oltre 100 accordi stipulati dagli uffici scolastici regionali;
    la pubblicazione della guida operativa per la scuola sulle attività di alternanza scuola-lavoro, finalizzata a raccogliere le buone pratiche di alternanza sviluppate anche prima dell'obbligatorietà e a coordinare le nuove norme contenute nella legge n. 107 del 2015 con quelle già in vigore;
    l'implementazione del sistema informativo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca al fine di attivare il monitoraggio quantitativo di alternanza scuola-lavoro;
    l'avvio del Piano nazionale per la formazione dei docenti 2016-2019 (PNF), tra le cui misure è prevista la formazione sul tema «Scuola-lavoro», con uno stanziamento di circa 6 milioni di euro per la realizzazione di percorsi formativi finalizzati alla comprensione dei percorsi di alternanza, intesi come esperienze che fanno parte del curriculum scolastico;
    l'istituzione del Registro nazionale per l'alternanza scuola-lavoro previsto dal comma 41 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015, al quale le strutture ospitanti possono iscriversi, in modo del tutto gratuito, e mettere a disposizione delle scuole la disponibilità di ospitare studenti in alternanza scuola-lavoro;Pag. 122
    l'avvio del monitoraggio qualitativo dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, con la collaborazione dell'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, destinato a dare risalto agli aspetti qualitativi di maggior pregio e alle criticità manifestate dalle scuole nella realizzazione dei percorsi, al fine di comprendere le difficoltà riscontrate dalle scuole per sviluppare misure di accompagnamento più puntuali, informate e rispondenti agli effettivi bisogni;
    la pubblicazione del bando relativo al PON «Per la Scuola, competenze e ambienti per l'apprendimento», per il potenziamento dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, con lo stanziamento di 140 milioni di euro (come già ricordato, aggiuntivi rispetto ai 100 milioni di euro stanziati annualmente a favore delle scuole per l'alternanza scuola-lavoro);
    oltre a ciò, sono state attuate misure finanziarie a sostegno delle imprese per favorire l'accoglienza delle ragazze e dei ragazzi da parte delle stesse attraverso misure di decontribuzione e incentivi. Questi ultimi sono finanziati da risorse derivanti dagli oneri camerali pagati dalle imprese iscritte a Unioncamere; le camere di commercio, infatti, mettono tali risorse a disposizione delle imprese che si impegnano sull'alternanza scuola-lavoro;
    nel quadro di un generale consenso sulla valenza formativa delle esperienze di alternanza scuola-lavoro, intesa come opportunità di orientamento e di acquisizione di un «etica del lavoro» che favorisce la costruzione del bagaglio culturale e professionale delle studentesse e degli studenti e facilita il loro futuro inserimento nel mondo del lavoro, sono emersi – tuttavia – pareri contrastanti sugli standard di qualità dei percorsi, non del tutto uniformi sul territorio nazionale, e sul verificarsi di esperienze non in linea con gli obiettivi previsti. Accanto a casi di eccellenza, in cui le studentesse e gli studenti coinvolti raccontano di aver partecipato ad attività in cui hanno acquisito effettive competenze lavorative e un efficace orientamento al mondo lavorativo, non sono rari i casi di studenti che lamentano, anche tramite le loro associazioni, esperienze di alternanza che li hanno portati a rivestire mansioni esecutive poco qualificanti e slegate dal proprio profilo di studi. Si tratta spesso di esperienze non accompagnate da chiari ed esplicitati obiettivi formativi o gestiti come esperienza «altra» rispetto al curricolo scolastico;
    dal corrente anno scolastico 2017/2018 il sistema va a regime con il coinvolgimento delle classi terze, quarte e quinte per un totale di circa 1,5 milioni di studenti interessati da questo tipo di esperienza e l'impegno organizzativo e progettuale richiederà misure di accompagnamento e di sostegno alle scuole all'altezza delle importanti finalità perseguite,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per emanare, in tempi rapidi, la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro, concernente i diritti e i doveri degli studenti della scuola secondaria di secondo grado impegnati nei percorsi di alternanza scuola-lavoro in attuazione dell'articolo 5, comma 4-ter, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, come modificato dall'articolo 1, comma 37, della legge n. 107 del 2015;
   a monitorare con incisività i fattori di qualità dei percorsi di alternanza scuola lavoro quali:
    a) il rispetto delle norme sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro;
    b) la gratuità dei percorsi di alternanza;
    c) l'efficacia e la coerenza delle esperienze di alternanza rispetto agli obiettivi dichiarati;
    d) il pieno diritto all'accesso all'alternanza scuola-lavoro degli studenti e Pag. 123delle studentesse con disabilità, prevedendo, a tal fine, strumenti di supporto per tali studenti;
    e) la formazione dei tutor coinvolti nell'ambito di tali percorsi, tale da coinvolgere consapevolmente studentesse e studenti in esperienze per loro qualificanti;
   a promuovere tali iniziative anche attraverso l'impianto di una piattaforma web dedicata all'alternanza scuola-lavoro che consenta un'agile gestione delle varie fasi caratterizzanti l'organizzazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, quali:
    a) erogazione gratuita in modalità e-learning della formazione sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ex articolo 37 del decreto legislativo n. 81 del 2008, generale e specifica per i settori della classe di rischio basso, ai sensi delle vigenti disposizioni, per gli studenti e le studentesse che devono espletare l'alternanza scuola-lavoro;
    b) gestione dell'alternanza semplificando la produzione, l'utilizzo e la conservazione della documentazione obbligatoria;
    c) certificazione delle competenze in via automatizzata, attraverso modelli di certificazione che rispondano all'attuale normativa e alle direttive europee;
    d) sistema delle verifiche e delle valutazioni;
    e) scambio di buone pratiche e conoscenze specifiche sull'alternanza tra scuole e personale scolastico;
    f) ogni altra misura di monitoraggio che si renda necessaria ai fini della valutazione del livello quali/quantitativo del sistema, nell'ottica del continuo miglioramento;
   a prevedere, altresì, nell'ambito della piattaforma, la possibilità, da parte degli studenti, di segnalare le criticità con un sistema di alert che consenta in tempo reale di operare le segnalazioni ai competenti uffici in ordine al mancato rispetto di diritti/doveri delle studentesse e degli studenti in alternanza scuola-lavoro;
   a promuovere misure di accompagnamento, anche in sinergia con altri Ministeri, volte a favorire l'istituzione di figure intermedie che svolgano principalmente attività di supporto all'incontro tra domanda e offerta di alternanza scuola-lavoro, creando occasioni di conoscenza tra strutture ospitanti e scuole, nonché a facilitare l'interlocuzione tra le parti e realizzare sistemi di continuità/sinergia con gli organismi che gestiscono le politiche attive per il lavoro;
   a favorire la semplificazione degli adempimenti burocratici per le istituzioni scolastiche e le imprese che partecipano ai percorsi di alternanza scuola-lavoro;
   a garantire la massima attenzione e anche la massima fermezza di intervento in caso di situazioni in cui il patto formativo tra scuola e struttura ospitante, che sta alla base dell'alternanza, sia violato, eventualità che impedisce a studentesse e studenti di fare un percorso formativo di qualità.
(7-01404) «Coscia, Malpezzi, Rocchi, Carocci, Sgambato, Ghizzoni, Ascani, D'Ottavio, Coccia, Iori, Manzi, Rampi, Ventricelli, Narduolo, Blazina, Bonaccorsi, Dallai, Pes».

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ALLEGATO 6

7-01407 NICCHI ed altri.

RISOLUZIONE PARZIALMENTE APPROVATA

  La VII Commissione,
   premesso che:
   (premesse approvate):
    le prime norme volte a disciplinare l'alternanza scuola-lavoro per far acquisire ai giovani sopra i quindici anni, delle competenze spendibili nel mercato del lavoro, sono contenute nel decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 73;
    la normativa prevedeva due modalità di realizzazione del progetto: a) percorsi di alternanza scuola-lavoro regolamentati dal decreto legislativo n. 77 del 2005 e dai decreti del Presidente della Repubblica n. 87, 88, 89 del 2010, da realizzare negli istituti tecnici, nei licei, e negli istituti professionali; b) percorsi di alternanza scuola-lavoro per le classi IV e V degli istituti professionali (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 2010), ovvero 132 ore obbligatorie di attività di alternanza che sostituivano la cosiddetta ex «terza area» o «area di professionalizzazione»;
    ad integrare e aggiornare la suddetta normativa, è intervenuta la legge n. 107 del 2015, cosiddetta «Buona scuola», che, tra l'altro, prevede un piano «alternanza scuola-lavoro» da 200 ore per ogni studente del liceo e da 400 ore per gli studenti degli istituti tecnici e professionali, e l'obbligatorietà dell'alternanza per gli studenti delle classi terze dell'anno scolastico 2015/2016, i quali si diplomeranno nel 2017/2018 con il completamento del triennio finale del percorso;
    il Governo prevede che, nel corso dell'anno scolastico 2017/2018, quando l'alternanza sarà entrata a regime, saranno circa 1,5 milioni gli studenti coinvolti in esperienze di transizione tra scuola e lavoro;
   (premesse respinte):
    il piano operativo di estensione dell'alternanza scuola-lavoro (ASL) a tutti gli studenti del triennio, e l'obbligatorietà prevista dalla legge n. 107 del 2015, hanno fatto sì che se l'alternanza prima era composta principalmente da progetti pilota e percorsi consolidati, oggi invece ci si trova davanti a progetti di tutti i tipi, spesso incoerenti e approssimativi;
    l'alternanza scuola-lavoro, da metodologia didattica, utile per approfondire la conoscenza della realtà del territorio e del lavoro e contribuire a trasformarla e migliorarla, divenuta obbligatoria con la legge della «Buona scuola», si è trasformata in strumento facilmente orientabile verso prestazioni gratuite e di sfruttamento. L'alternanza ha delle potenzialità che possono essere positive, ma il percorso cui si è arrivati, con la legge n. 107 del 2015, ha creato disparità e se ci sono realtà che hanno saputo dare risposte positive, ne restano una gran parte, molto problematiche;
    è necessario mettere in campo nuovi strumenti per riformare l'alternanza scuola- lavoro, e rivedere l'intera impostazione della legge cosiddetta della «Buona scuola», rivedendo questa esperienza formativa che relaziona la scuola col territorio di cui il mondo del lavoro rappresenta un elemento di fondamentale importanza;Pag. 125
    va rivisto l'obbligo delle ore di alternanza scuola-lavoro, così come la sua stessa trasformazione da metodologia didattica in materia curricolare, facendola diventare oggetto dell'esame di maturità;
    come recentemente ha ben sottolineato Francesco Sinopoli, segretario della Flc Cgil, «il punto non è la mancanza di controllo (come invece ritiene la ministra Fedeli, per la quale basta una piattaforma digitale per denunciare gli abusi per fare in modo che spariscano), ma l'obbligo di effettuare un numero preciso di ore, che costringe gli stessi studenti a cercarsi un'azienda, un'impresa commerciale, un luogo (parrocchie, enti di beneficenza, enti pubblici, ecc.), in cui poter fare esperienza di alternanza, senza badare ai criteri e ai progetti formativi, quando ci sono»;
    il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il 12 ottobre 2017 ha sottoscritto un protocollo d'intesa con l'Agenzia nazionale politiche attive lavoro (Anpal) volto a favorire «l'integrazione fra il sistema dell'istruzione e formazione e il mondo del lavoro, mettendo a disposizione delle scuole secondarie di secondo grado dei tutor specializzati». L'Anpal sottolinea come i tutor abbiano la funzione di «facilitatori» in grado di migliorare e implementare l'alternanza scuola lavoro «attraverso la qualificazione delle fasi di progettazione, gestione e monitoraggio dei percorsi». Essi hanno anche il compito di supportare le scuole «nella costruzione di rapporti stabili con il mondo imprenditoriale e nella progettazione di percorsi di integrazione tra studio e lavoro»;
    la Flc Cgil, ha evidenziato come la lettura dell'intero documento mostra «la distanza tra le parole (metodologia didattica) ed una pratica che orienta le scelte non verso il miglioramento dei processi educativi, ma verso processi di mera gestione organizzativa e procedurale, tutti finalizzati a dare una risposta immediata alle richieste del mercato del lavoro. Insomma una scuola che trova il suo orizzonte non nel creare cittadini competenti in grado di affrontare la realtà con autonomia di giudizio e creatività nelle scelte, ma nel preparare lavoratori ( ?) in possesso di competenze (se va bene) utili alle esigenze momentanee di questa o quella azienda»;
    in questi mesi si è assistito a centinaia di cortei in tutta Italia, dove gli studenti della scuola secondaria di II grado sono scesi in piazza per protestare contro queste modalità di concepire l'alternanza scuola-lavoro, introdotte dalla legge n. 107 del 2015, sull'utilità formativa di simili esperienze, scollegate al percorso di studi e che si traducono troppo spesso in manodopera a costo zero per molte aziende. Manifestazioni, dove a essere messo in discussione non è solamente il cattivo funzionamento di questo metodo, ma un'intera concezione di un progetto che espone un milione e mezzo di studenti del triennio delle superiori, a situazioni troppo spesso «vicine» allo sfruttamento gratuito di manodopera, con un sistematico ricorso a mansioni improvvisate, eterogenee e casuali. Le rivendicazioni studentesche sono chiare: uno Statuto che garantisca gli studenti in alternanza scuola-lavoro e che impedisca ad aziende che sfruttano i lavoratori o inquinano l'ambiente, di stringere accordi con le scuole; tutele e formazione durante i tirocini; un'istruzione gratuita e di qualità per tutti e tutte;
    sono troppi i progetti di alternanza scuola-lavoro squalificati e non inerenti ai percorsi di studio. Esperienze negative di studenti che hanno affrontato dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, e che si sono rivelati un'esperienza che ha finito per avere a che fare più con lo sfruttamento che costituire una vera esperienza didattica alternativa;
    quello dell'alternanza scuola-lavoro dovrebbe essere un progetto per garantire l'apprendimento mediante un'esperienza di lavoro. Ma in troppi casi la realtà è ben diversa. E questo è uno dei motivi delle proteste degli studenti che parlano di «sfruttamento»;
    sotto questo aspetto, vale la pena ricordare, una tra le innumerevoli, la Pag. 126recente esperienza di uno studente del quarto anno di istituto agrario di Castelfranco Veneto per il quale, il progetto volto ad approfondire presso una azienda agricola, i nuovi metodi di mungitura delle mucche-robot, sistemi di valutazione della portanza delle mammelle, schede tecniche e processori intelligente; si è tradotto in attività di bassa manovalanza in una stalla: forca e badile in mano e letame da spalare. Il contenuto formativo della sua «alternanza» con gli studi in classe sarebbe consistito nel supplire alla più bassa manovalanza aziendale;
    si rileva anche il progetto che ha riguardato gli studenti di un liceo scientifico e linguistico di Tradate, in provincia di Varese, che ha portato settanta ragazzi del terzo e quarto anno a lavorare per una decina di giorni in quattro ristoranti Mc Donald's, per assistere i clienti, accoglierli all'ingresso, prendere le ordinazioni, accompagnarli ai tavoli e ritirare i vassoi;
    in troppi casi si assiste, di fatto, ad una sostituzione di forza lavoro retribuita con forza lavoro non pagata;
    nell'ottobre 2017, è stata pubblicata l'inchiesta, realizzata durante l'anno scolastico 2016/2017, curata dalla Rete degli studenti medi, con il supporto della Fondazione Di Vittorio e della Cgil sull'alternanza scuola-lavoro;
    riguardo alla capacità di risposta delle scuole e dei soggetti ospitanti nel mercato del lavoro, e alla presenza del tutor scolastico e aziendale, emerge che c’è una migliore risposta da parte delle strutture scolastiche: quasi 1 studente su 2 è stato adeguatamente seguito dalla scuola, contro 1 studente su 4 che è stato adeguatamente seguito dal soggetto ospitante. Se per il 41,2 per cento degli studenti, il loro tutor interno è stato scelto casualmente senza aver ricevuto prima un'adeguata preparazione, il 5 per cento degli studenti non ha avuto un tutor scolastico. Per queste ragioni è fondamentale una discussione sulle competenze che devono acquisire i tutor scolastici per poter ricoprire quel ruolo e su come queste competenze devono venire certificate. Ugualmente importante sarebbe un investimento sulla formazione dei docenti, in modo tale che questi ultimi possano contribuire, con delle competenze acquisite, a un corretto svolgimento e monitoraggio dell'esperienza dello studente;
    sempre dall'inchiesta della Rete degli studenti medi, il mondo del lavoro (pubblico e privato), ha forti difficoltà a formare, non tanto gli studenti in alternanza, quanto in primis i propri lavoratori. Infatti, il dato che emerge dall'indagine è che solo il 25 per cento degli studenti è stato seguito da un dipendente con delega specifica, mentre risulta che il 33 per cento degli studenti ha avuto come tutor aziendale un dipendente con altre mansioni; il 24,6 per cento ha avuto lo stesso datore di lavoro. Infine, il 15,4 per cento di studenti è stato completamente lasciato a sé stesso, privo di una qualsivoglia guida;
    il dato che emerge in maniera abbastanza preoccupante è che quasi il 50 per cento degli studenti ritiene che il proprio percorso non sia stato tarato sui propri interessi e capacità;
    è da valutare criticamente la misura concernente le agevolazioni e gli sgravi per le assunzioni, da parte di datori di lavoro privati, di giovani che abbiano effettuato il 30 per cento delle attività di alternanza scuola-lavoro nell'azienda che chiede lo sgravio, laddove invece l'alternanza scuola-lavoro (ASL) non può e non deve essere una politica attiva al lavoro ma una esperienza didattica alternativa,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per rivedere l'obbligatorietà delle 400 o 200 ore di alternanza scuola-lavoro previste dalla legge n. 107 del 2015, nonché la previsione dell'alternanza scuola-lavoro come materia curricolare e prova d'esame di maturità a tutti gli effetti; (respinto)
   ad adottare iniziative per stanziare le opportune risorse e garantire che nessuno Pag. 127studente debba sostenere economicamente gli oneri connessi all'alternanza scuola-lavoro; (approvato)
   ad adottare, di concerto con gli enti territoriali, tutte le iniziative normative, stanziando puntuali risorse finanziarie, volte a garantire realmente agli studenti con disabilità il pieno diritto all'accesso all'alternanza scuola-lavoro; (approvato)
   ad adottare tutte le iniziative utili, anche di carattere normativo, volte a garantire l'utilità formativa dell'alternanza scuola-lavoro, e la sua piena coerenza col percorso di studi dello studente, impedendo che l'alternanza finisca per tradursi in un'opportunità per molte aziende e strutture ospitanti di manodopera a costo zero; (approvato)
   ad investire sulle competenze che devono acquisire i tutor scolastici per poter ricoprire questo ruolo, e sulla formazione dei docenti, in modo tale che questi ultimi possano contribuire, con delle competenze acquisite, a un corretto svolgimento e monitoraggio dell'esperienza dello studente; (approvato)
   ad adottare iniziative per prevedere maggiori risorse, anche attraverso l'attivazione di fondi europei, per una reale attività di formazione dei tutor e delle professionalità educative nei posti di lavoro, nonché per introdurre negli accordi contrattuali riconoscimenti normativi e retributivi per il personale impegnato nelle esperienze scuola-lavoro; (approvato)
   ad adottare iniziative per introdurre opportuni indicatori di qualità delle aziende e delle strutture ospitanti, e comunque a mettere in atto tutte le iniziative volte a garantire la qualità delle esperienze di alternanza scuola-lavoro, selezionando i soggetti ospitanti in base a criteri che ne assicurino la qualità e la capacità formativa; (approvato)
   ad adottare iniziative per prevedere che le aziende e le strutture ospitanti debbano comunque possedere capacità strutturali, tecnologiche e organizzative adeguate al percorso progettato, ed essere in grado di progettare, insieme alla scuola, i percorsi formativi in alternanza; (approvato)
   ad adottare iniziative per prevedere un sempre maggior utilizzo del registro nazionale per l'individuazione dei soggetti ospitanti fino a prevederne l'obbligatorietà, dove inserire, tra l'altro, tutte le informazioni sulle attività formative realizzate per i propri dipendenti e sul rispetto dei contratti di lavoro e delle norme in tema di sicurezza. (approvato con riformulazione)
(7-01407) «Nicchi, Bossa, Scotto, Cimbro, Roberta Agostini, Albini, Bersani, Franco Bordo, Capodicasa, D'Attorre, Duranti, Epifani, Fava, Ferrara, Folino, Fontanelli, Formisano, Fossati, Carlo Galli, Kronbichler, Lacquaniti, Laforgia, Leva, Martelli, Matarrelli, Pierdomenico Martino, Melilla, Mognato, Murer, Giorgio Piccolo, Piras, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Rostan, Sannicandro, Simoni, Speranza, Stumpo, Zaccagnini, Zappulla, Zaratti, Zoggia».

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ALLEGATO 7

7-01370 PANNARALE ed altri.

RISOLUZIONE PARZIALMENTE APPROVATA

  La VII Commissione,
   premesso che:
   (premesse approvate):
    la legge n. 107 del 2015, all'articolo 1, commi dal 33 al 43, dispone l'attivazione obbligatoria dei percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, da svolgersi in aziende, enti locali, musei, istituzioni pubbliche e private per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell'ultimo anno dei corsi di istruzione secondaria di secondo grado, di 400 ore negli istituti tecnici e professionali e di 200 ore nei licei, con l'obiettivo di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti;
    la suddetta previsione normativa, inserendo organicamente l'alternanza scuola-lavoro nell'offerta formativa di tutti gli indirizzi di studio della scuola secondaria di secondo grado quale strategia didattica, ha voluto rispondere alle indicazioni della Commissione europea per la quale la diffusione di forme di apprendimento basate sul lavoro di alta qualità è uno dei pilastri della strategia «Europa 2020» per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e confermate nella «New skills agenda for Europe» del 2016;
    il soprarichiamato decreto legislativo n. 77 del 2005 definisce l'alternanza scuola-lavoro l'offerta formativa del secondo ciclo d'istruzione atta ad assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l'acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro. La normativa ha previsto a tal fine l'istituzione presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di un Registro nazionale delle imprese e degli enti pubblici e privati disponibili a svolgere i percorsi di alternanza, stipulando con le scuole interessate convenzioni e accordi;
    dal corrente anno scolastico 2017/2018 l'alternanza entra a regime, e secondo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ad essere coinvolti in esperienze di transizione tra scuola e lavoro saranno circa un milione e mezzo di studenti;
   (premesse respinte):
    nello spirito della legge, l'organizzazione/impresa/ente che ospita lo studente dovrebbe assumere il ruolo di contesto di apprendimento complementare a quello dell'aula e del laboratorio. Attraverso la partecipazione diretta al contesto operativo, quindi, si dovrebbero realizzare la socializzazione e la permeabilità tra i diversi ambienti, nonché gli scambi reciproci delle esperienze che concorrono alla formazione della persona, al fine di favorire l'orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali. Ma la breve disamina che segue dimostra come, nel nostro Paese, per la totale assenza di regole etiche e di forme di condivisione tra scuola, territorio e mondo del lavoro – e soprattutto dovendo fare i conti con un mercato del lavoro che, chiedendo sempre più manodopera non qualificata e a basso costo, si allontana da ogni profilo formativo e da ogni terreno di crescita e di progresso –, tali obiettivi sono difficilmente perseguibili;Pag. 129
    infatti, da un'inchiesta pubblicata nel mese di maggio del 2017 dal settimanale «L'Espresso», emerge che nel, nostro Paese, ogni esperienza di collaborazione formativa tra scuola e mondo del lavoro, peraltro attivata in maniera variegata e, senza ossequio al carattere laico della scuola, persino attraverso convenzioni con le diocesi, non ha prodotto i risultati sperati in termini di occupazione, dopo il conseguimento del diploma di maturità. La stessa inchiesta inoltre evidenzia che l'alternanza scuola-lavoro corre lungo la penisola tra casi di eccellenza e storie di sfruttamento, in un contesto che finisce per riproporre il secolare divario tra Nord e Sud. Infatti, solo nelle regioni del Nord e in qualche singolo caso, i neo diplomati sono riusciti ad inserirsi nel mondo del lavoro, mentre nelle regioni del Centro-Sud hanno dovuto ripiegare su un'occupazione che non garantisce né prospettiva né il riconoscimento di diritti e di tutele per i lavoratori e le lavoratrici. Emerge inoltre un dato inconfutabile, e cioè che, in quasi tutti i casi di alternanza scuola-lavoro, gli studenti e le studentesse vengono impiegati per mansioni superflue e dequalificate, del tutto slegate dal proprio profilo di studi e dall'acquisizione di conoscenze utili ad un eventuale e conseguente accesso al mondo del lavoro;
    non solo, un'inchiesta strutturata dall'organizzazione Unione degli studenti (Uds), nell'ambito della campagna «Diritti, non piegati» ha raccolto dati significativi sulla qualità dei percorsi: il 38 per cento degli studenti ha dovuto sostenere delle spese per partecipare alle esperienze di alternanza, il 57 per cento è stato coinvolto in percorsi non inerenti al proprio percorso di studi, il 40 per cento ha visto i propri diritti negati, l'87 per cento vorrebbe poter decidere sul proprio percorso di alternanza scuola-lavoro. I dati raccolti evidenziano come lo spirito della normativa introdotta nel 2015 sarebbe stato ampiamente tradito da situazioni ai limiti dello sfruttamento gratuito di manodopera, dimostrando, in tal modo, come l'alternanza scuola-lavoro sia in realtà un dispositivo di asservimento al profitto ed al mercato del precariato, come testimoniato dai frequenti casi di abuso, di utilizzo degli studenti per dodici ore consecutive intervallate da brevi pause, o di assegnazione di mansioni dequalificate ed estranee al loro percorso di studio (come pulizia di bagni, fotocopie, pulitura di mitili, trasporto di ombrelloni e lettini, e altro);
    secondo un altro recente monitoraggio curato dalla «Rete degli Studenti medi» in collaborazione con la Fondazione Di Vittorio della Cgil, il 15 per cento dei ragazzi impegnati nei percorsi obbligatori di alternanza scuola lavoro, (che tra l'altro a partire dal 2019 costituiranno titolo per l'accesso e la valutazione finale dell'esame di maturità, in luogo della cosiddetta «tesina») sarebbe abbandonato a se stesso; il 33 per cento si sarebbe ritrovato come tutor un dipendente dell'azienda con altre mansioni e solo il 25 per cento degli intervistati è stato seguito da un tutor con una delega specifica. In conclusione, solo uno studente su quattro è soddisfatto dell'attenzione ricevuta da parte della struttura ospitante, mentre i restanti sono relegati in situazioni di precarietà, spesso adibiti a tutto fuorché a esperienze formative, o peggio, a mansioni che non competono loro, a riprova dell'indifferenza e del disinteresse delle aziende a scegliere percorsi congruenti con gli studi e le attitudini degli studenti, e a dimostrazione del fatto che l'investimento in formazione non è considerato una risorsa per l'impresa e per il Paese;
    dalle diverse inchieste emerge chiaramente l'estraneità di questa esperienza rispetto al percorso scolastico e di formazione dello studente. Infatti, la mancanza di una reale discussione sugli obiettivi formativi e sui programmi ha alimentato una sovrapposizione tra didattica scolastica ed extrascolastica, in luogo di una collocazione dell'alternanza all'interno dell'orario curricolare. A tal proposito, oltre la metà degli studenti intervistati afferma di aver svolto quasi tutto il percorso di alternanza al di fuori dell'orario curricolare, al punto da costituire un ostacolo Pag. 130per la fruizione del tempo libero, del riposo o per coltivare altre attività;
    tali indagini confermano che, fino ad oggi, le azioni messe in campo da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per attrarre l'attenzione delle imprese verso i percorsi di alternanza, incidano secondo i presentatori del presente atto di indirizzo solo ed unicamente sul versante del tornaconto economico per le aziende, senza che sia adottato alcun criterio di selezione delle stesse né che siano assicurate garanzie sulla formatività e la qualità dei percorsi che queste metteranno a disposizione;
    recenti fatti di cronaca hanno evidenziato che oltre ai contenuti educativi sono spesso assenti anche le più elementari misure di sicurezza, e che accanto alle suddette situazioni si sono consumati anche episodi inaccettabili di violazioni dei diritti. Molto spesso gli studenti sostituiscono in toto i dipendenti (segno che, per alcune aziende, l'alternanza scuola-lavoro rappresenta un mero strumento per reperire manodopera a basso costo), altre volte sono esposti a gravi abusi come le molestie, subite da alcune studentesse in un centro estetico della Brianza, fino all'incidente accaduto a La Spezia ad uno studente diciassettenne che, essendo stato coinvolto dalla sua stessa scuola in un'attività del tutto impropria, ha riportato la frattura di una tibia a causa del ribaltamento del carrello elevatore su cui lavorava;
    tutto quanto precede dimostra che gli studenti sono gli unici a vivere sulla propria pelle l'attuale modello di alternanza scuola-lavoro e che ad essere lesa sembra, in particolar modo, la necessaria relazione coerente fra il percorso di studi e l'esperienza lavorativa. Pertanto quella che avrebbe dovuto essere, nello spirito della legge, un'opportunità di crescita formativa, si è trasformata in un ulteriore meccanismo di sfruttamento gratuito di manodopera e di lavoro coatto, privo di qualunque contenuto formativo, e più in generale, in un drammatico addestramento a quello che gli studenti e le studentesse troveranno al termine del percorso scolastico: lavoro gratuito, sfruttato, dequalificato, povero e non riconosciuto;
    la notizia del recente successo accordato alla campagna per l'emissione, da parte delle camere di commercio, di voucher alle imprese che hanno attivato o attiveranno i percorsi di alternanza, è un'ulteriore prova di come l'alternanza scuola-lavoro possa rappresentare per certe aziende un facile canale di reclutamento di manodopera a basso costo;
    inoltre, poiché la normativa oltre ad introdurre il monte ore da dedicare all'alternanza scuola-lavoro non pone limitazioni allo sviluppo dei percorsi anche nei mesi estivi e durante le sospensioni didattiche, vi è il fondato rischio che molti ragazzi, magari spinti da necessità economiche, si ritrovino coinvolti in percorsi di ricatto e sfruttamento lavorativo;
    con imponenti cortei svoltisi in tutta Italia il 13 ottobre 2017 gli studenti hanno espresso in modo chiaro e nelle più variegate forme espressive e comunicative la propria protesta contro la deriva dell'alternanza scuola-lavoro così come imposta dalla cosiddetta legge sulla «Buona scuola», trasformatasi da metodologia didattica utile per approfondire la conoscenza della realtà del lavoro e contribuire a trasformarla e migliorarla, a strumento facilmente orientabile verso prestazioni gratuite e di mero sfruttamento, o verso forme di specializzazione produttiva a basso contenuto di sapere e di innovazione;
    nell'ambito della suddetta manifestazione gli studenti hanno avanzato anche la richiesta, fino ad oggi inevasa, che vengano definitivamente varati uno «Statuto» che tuteli i diritti degli studenti impegnati nei percorsi di alternanza, ed un «Codice etico» destinato alle aziende, che escluda dai percorsi quelle che inquinano i territori, quelle a rischio di infiltrazioni mafiose e quelle che non rispettano i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici;Pag. 131
    il 31 gennaio 2017 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha annunciato l'avvio, assieme al Dicastero del lavoro e delle politiche sociali di una «Cabina nazionale di regia sull'alternanza scuola lavoro», con il compito di costituire una sede permanente di supporto, monitoraggio e valutazione di tutte le attività svolte dagli studenti italiani nell'ambito della formazione «on the job», senza però coinvolgere nel suo ambito le parti sociali e, soprattutto, le rappresentanze studentesche. L'idea di mettere a disposizione «un luogo tecnico» in cui far dialogare tutti gli attori coinvolti escludendo proprio chi, invece, l'alternanza la vive e la pratica ogni giorno e, da protagonista, ne conosce molto bene i limiti, le lacune, e i rischi, ha reso l'iniziativa per i presentatori del presente atto completamente inutile e disancorata da un'analisi lucida della realtà,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte ad eliminare l'obbligatorietà dei percorsi di didattica di cui ai commi da 33 a 43 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, e per prevedere l'adesione volontaria a tali percorsi, consapevole e condivisa tra docenti e studenti, esclusivamente nell'ambito dell'orario curriculare e scolastico; (respinto)
   ad assumere iniziative per garantire l'effettiva gratuità dei percorsi di alternanza scuola-lavoro e la loro inerenza al percorso formativo degli studenti e delle studentesse; (approvato)
   ad assumere iniziative per garantire il pieno diritto all'accesso all'alternanza scuola-lavoro degli studenti e delle studentesse con disabilità, prevedendo, a tal fine, strumenti di supporto e risorse certe per il trasporto di tali studenti; (approvato)
   ad avviare un'indagine ministeriale, sui percorsi attivati fino ad oggi, al fine di valutarne la qualità, i loro esiti e la loro capacità di permettere agli studenti di approfondire la conoscenza del mondo del lavoro nella prospettiva di un accesso critico e consapevole assumendo altresì iniziative affinché, al termine dell'indagine, sia predisposta una relazione sui suoi esiti da presentare in Parlamento; (respinto)
   a promuovere l'adozione di un «codice etico» che vincoli le aziende coinvolte nei percorsi di alternanza scuola-lavoro all'applicazione agli studenti che partecipano a tali progetti delle tutele dei lavoratori e delle lavoratrici, nonché all'applicazione delle norme in materia ambientale e di sicurezza sui luoghi di lavoro, alla formazione continua dei dipendenti che svolgono attività di tutor nell'ambito di tali percorsi, e all'osservanza di comportamenti rigorosi sul piano della trasparenza, dell'eco-sostenibilità e dell'estraneità ad infiltrazioni mafiose e illecite; (respinto)
   a promuovere l'istituzione di un apposito Registro delle aziende, degli enti e delle strutture ospitanti l'alternanza, che abbiano aderito al codice etico; (respinto)
   a tenere conto delle richieste delle organizzazioni studentesche soprarichiamate, in particolare in merito all'adozione di una «Carta dei diritti e dei doveri delle studentesse e degli studenti in alternanza scuola-lavoro», al fine di garantire loro il diritto a poter decidere e co-organizzare il percorso di alternanza, sulla base dei diversi interessi, attitudini e motivazioni; (approvato con riformulazione)
   a coinvolgere nell'ambito della «Cabina nazionale di regia sull'alternanza scuola-lavoro», quali componenti attive, le parti sociali e le rappresentanze studentesche (approvato).
(7-01370) «Pannarale, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Airaudo, Paglia, Pellegrino, Andrea Maestri».