CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 12 dicembre 2017
927.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-09403 Misiani: Armonizzazione della disciplina relativa ai conti energia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'atto in questione vengono richieste quali iniziative s'intendano adottare per chiarire una disciplina in merito alla questione del cumulo tra tariffe incentivanti e la cosiddetta Tremonti ambiente, che riguardi, oltre che il I e il II conto energia, anche le tariffe assegnate rispettivamente dal III e dal IV conto.
  Va infatti considerato che tali decreti, essendo stati emanati in vigenza della detassazione ambientale in questione, dovrebbero essere assoggettati al medesimo trattamento previsto per i precedenti conti energia.
  Riguardo a questa richiesta, vorrei preliminarmente evidenziare che tale normativa è già presente nell'ordinamento. Infatti, nel III e IV conto energia (rispettivamente, il decreto ministeriale 6 agosto 2010 e il decreto ministeriale 5 maggio 2011) è già stabilita una regola del divieto di cumulo tra le categorie di benefici pubblici non espressamente contemplate. L'articolo 5 di tali decreti elenca in modo tassativo i benefici/contributi pubblici cumulabili con la tariffa fotovoltaica.
  Posto che, tra i benefici espressamente richiamati non figura la detassazione ambientale in questione, la stessa deve ritenersi non cumulabile dovendo le eccezioni essere oggetto di interpretazione esplicita.
  Inoltre, l'agevolazione ex articolo 6 della legge n. 388/2000 non può ritenersi oggetto della previsione derogatoria di cui al comma 4 del citato articolo 5, che, in casi particolari (incentivi pubblici concessi tramite bando) fa salve le condizioni di cumulabilità previste dal II conto energia (decreto ministeriale 19 febbraio 2007).
  Per completare il quadro, vorrei anche far presente che, la stessa disciplina con opportuni adattamenti, è contenuta anche nel V Conto energia (articolo 12 del DM 5 luglio 2012).
  Dal complesso delle citate disposizioni emerge che l'agevolazione di cui alla Tremonti Ambiente non è cumulabile con le tariffe incentivanti riconosciute ai sensi del III, IV e V conto energia.
  La disciplina appena illustrata è, del resto, improntata al principio dell'equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio in base al quale le tariffe fotovoltaiche sono commisurate a detti costi. La ratio sottesa al divieto di cumulo è, evidentemente, quella di evitare la sovrapposizione di più forme di contribuzione pubblica riguardo ad uno stesso investimento al fine di contenere gli oneri a carico dei cittadini.
  Tale principio è desumibile da una serie di disposizioni legislative di settore che costituiscono la fonte dei vari conti energia. Voglio ricordare l'articolo 7, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili) che, nel definire i criteri per l'incentivazione della produzione di energia elettrica dalla fonte solare, prevede espressamente che la tariffa incentivante debba essere «di importo decrescente e di durata tali da garantire una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio».
  In senso analogo dispone il decreto legislativo 3 marzo n. 28 del 2011 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione Pag. 9dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili) che, nell'individuare i criteri generali per l'incentivazione, stabilisce che «l'incentivo ha lo scopo di assicurare una equa remunerazione dei costi di investimento ed esercizio» (articolo 24, comma 2, lettera a)).
  Vorrei evidenziare, inoltre, che il citato criterio dell'equa remunerazione costituisce esplicazione dei principi di efficienza ed efficacia che, con particolare riguardo al profilo dei costi, la normativa comunitaria prevede quali parametri di valutazione dei regimi di sostegno alle fonti rinnovabili impiegati dagli Stati membri per il perseguimento dei rispettivi obiettivi nazionali (in tal senso, rispettivamente, l'articolo 4 (rubricato «Regimi di sostegno») comma 2, lettera d)), Direttiva 2001/77/CE e l'articolo 23, comma 10, lettera d), Direttiva 2009/28/CE).
  Peraltro, una considerazione particolare va fatta con riferimento alla disciplina dettata dal decreto ministeriale 19 febbraio 2007 (II conto energia) che, all'articolo 9, ammette, qui esplicitamente, la possibilità di cumulo tra detassazione ambientale e tariffe incentivanti, ma solo nei limiti del 20 per cento del costo dell'investimento per realizzare l'impianto.
  A fronte dei dubbi ingenerati da tale previsione, il Governo, con il V conto energia (decreto ministeriale 5 luglio 2012) è intervenuto con una disposizione di natura interpretativa, stabilendo che «L'articolo 9, comma 1, primo periodo del decreto ministeriale 19 febbraio 2007 (...) si intende nel senso che il limite di cumulabilità ivi previsto si applica anche alla detassazione per investimenti di cui all'articolo 6, commi da 13 a 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388» (articolo 19 del decreto ministeriale 5 luglio 2012). Non può quindi porsi in dubbio che il riferimento è alle sole tariffe riconosciute dal II conto energia.
  Il citato articolo 19 (rubricato «Cumulabilità delle tariffe di cui al decreto 19 febbraio 2007 con altri incentivi pubblici») ha tra l'altro definitivamente chiarito che il beneficio di cui all'articolo 6, legge n. 388/2000, deve intendersi un incentivo pubblico, escludendo pertanto la cumulabilità tra Tremonti ambiente e le tariffe dei conti energia, salvo che tale possibilità di cumulo non sia espressamente prevista. In tal senso la disposizione esclude l'ammissibilità (generalizzata) «del cumulo tra detassazione ambientale e tariffe incentivanti», senza, in effetti, specificare a quale conto energia il cumulo faccia riferimento.
  Premesso quanto sopra, sembra opportuno, in conclusione, osservare quanto segue.
  Il nostro Paese da diversi anni sostiene lo sviluppo delle fonti rinnovabili, e, coerentemente a tale scelta, il Governo è intervenuto predisponendo una serie di misure di incentivazione e particolare favore è stato rivolto proprio al fotovoltaico cui, a partire dal 2005, è stato dedicato l'apposito strumento del Conto energia, rinnovato ben quattro volte (per complessivi cinque Conti energia).
  Alla luce del richiamato principio dell'equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio, la determinazione dell'entità delle tariffe incentivanti nel tempo riconosciute è stata commisurata ai predetti costi.
   Ciò nonostante, i sistemi di incentivazione predisposti dall'Italia si sono rivelati estremamente remunerativi alla luce del progressivo e rapido calo dei costi della tecnologia. Basti considerare che negli ultimi anni in Italia si è registrato un vero e proprio boom del settore delle fonti rinnovabili in generale e del settore fotovoltaico in particolare (nell'anno 2011 il nostro Paese è risultato il primo a livello mondiale in termini di potenza fotovoltaica installata: 9.000 MW, pari a 1/3 della potenza fotovoltaica installata nello stesso anno in tutto il mondo).
  Questa rapida crescita è stata indubbiamente favorita dall'alta rimuneratività degli incentivi previsti per il settore fotovoltaico, ma ciò ha tuttavia comportato un notevole quanto rapido incremento della componente A3 della tariffa elettrica su cui gravano i relativi costi di incentivazione. Pag. 10
  Il relativo onere è infatti passato dallo «0» dell'anno 2005 ai 6,7 mld di euro dell'anno 2013, con un picco tra gli anni 2010-2013 in cui la spesa per incentivi alla fonte solare è passata da 900 mln di euro a 6,7 mld di euro. Anche nel 2014 gli incentivi al fotovoltaico assorbono circa il 60 per cento del gettito necessario per finanziare l'intera componente A3.
  Pertanto l'introduzione, nel senso richiesto dall'On. Interrogante, di una disciplina orientata all'ammissibilità generalizzata del cumulo tra il beneficio della detassazione ambientale e le tariffe incentivanti, darebbe inevitabilmente luogo ad una sovra remunerazione, non consentita alla luce delle considerazioni svolte, specie ove si consideri che gli impianti in questione sono già realizzati ed ammortizzati.
  Riguardo alle perplessità manifestate dall'On. interrogante circa il regime di cumulo decorrente dal 1o gennaio 2013 (di cui all'articolo 26, comma 2, lettera d), (in combinato disposto con l'articolo 24, comma 1, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28) faccio presente che, pur essendo intervenuta l'abrogazione della cosiddetta Tremonti ambiente a far data dal 26 giugno 2012, residua la possibilità di usufruire di tale beneficio, nei limiti di cui al II conto energia, riguardo ai procedimenti instaurati per la richiesta della detassazione ambientale avviati prima della predetta data del 26 giugno 2012.
  Per quanto concerne, infine, i controlli del GSE, nella sua «news» del 22 novembre 2017 tale Società ha chiarito che, in considerazione del previsto divieto di cumulo, gli operatori che optino per le tariffe incentivanti del III, IV e V Conto Energia, entro dodici mesi, devono fare apposita comunicazione all'Agenzia delle Entrate di rinuncia al beneficio fiscale.

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ALLEGATO 2

5-12868 Tinagli: Pubblicità e accessibilità delle informazioni e dei contratti di sviluppo finanziati dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (Invitalia).

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'atto in parola concerne il ruolo e l'operato dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa denominata Invitalia, ed è finalizzato a conoscere l'efficacia delle misure gestite dall'Agenzia, con particolare attenzione all'impatto occupazionale, sociale ed economico dei programmi finanziati.
  Al riguardo gli Onorevoli interroganti rilevano che tali informazioni non sono tutte desumibili dal sito istituzionale di Invitalia e dai documenti di bilancio e che, in ogni caso, l'Agenzia non ha mai presentato in questa legislatura la relazione annuale prevista ai sensi dell'articolo 4, comma 1 del decreto legislativo n. 1/1999 e neppure la relazione sugli sviluppi del piano di dismissioni ex lege n. 296/2006. Sollecitano pertanto la presentazione delle predette relazioni e chiedono se, al fine di valutare l'efficacia delle misure gestite da Invitalia, sia prevista la realizzazione di studi di impatto anche attraverso le tecniche di analisi controfattuale.
  In merito alle relazioni annuali sull'attività, si vuole precisare che l'ultima relazione depositata dall'Agenzia è relativa all'anno 2015 ed è stata inoltrata dal Ministero dello sviluppo economico alle Camere.
  Vengono in ogni caso poste a disposizione le relazioni presentate dall'Agenzia a partire dal 2013.
  Nelle predette relazioni risultano dettagliatamente descritte tutte le attività realizzate, suddivise per le diverse aree di affari della società. Nella maggior parte dei casi, oltre che ai risultati prodotti in termini di output (numero di domande, numero di progetti finanziati, finanziamenti concessi, ecc.), vengono presentati anche gli impatti in termini di nuova occupazione e investimenti aggiuntivi attivati. Inoltre, viene dato ampio spazio anche alla descrizione del modello di business e all'assetto societario ed organizzativo, in cui trovano trattazione le operazioni societarie, ivi comprese quelle relative all'attuazione del piano di dismissioni.
  Pertanto, si ritiene che le relazioni, così come articolate, contengano una serie di elementi utili a rispondere alle esigenze conoscitive prospettate nell'interpellanza in parola.
  Premesso che saranno valutate le iniziative più opportune per la migliore diffusione e comunicazione dei risultati raggiunti da Invitalia, vorrei precisare inoltre, che la medesima società presenta un aggiornamento sul proprio sito in ordine ai dati relativi ai risultati ottenuti, sia in termini complessivi che in ordine ai singoli strumenti e dal 2013, oltre al Bilancio annuale, presenta il Bilancio sociale, dove illustra ulteriormente i risultati delle proprie attività sotto il profilo economico, sociale e ambientale.
  In relazione al tema della divulgazione e verifica degli effetti delle misure gestite da Invitalia, che fanno capo al MiSE, fornisco i seguenti elementi:
   a) Invitalia mette a disposizione, attraverso il sito web istituzionale, misura per misura, tutti i dati rilevanti (i.e. n. domande presentate, n. domande agevolate, investimenti agevolati, agevolazioni concesse, Pag. 12ripartizione territoriale, ripartizione per settore di attività economica, posti di lavoro creati o salvaguardati) relativi all'attuazione delle misure di cui essa è soggetto gestore. Tale bagaglio di informazioni, disponibile anche impresa per impresa, consentirà di monitorare nel tempo l'operatività degli strumenti e di valutare l'impatto addizionale creato nel medio-lungo periodo;
   b) come peraltro previsto per tutte le misure agevolative, dall'introduzione del decreto-legge 83/12 (articolo 25) in poi, il Ministero della sviluppo economico determina, per ciascun intervento, gli impatti attesi tramite la formulazione di indicatori e valori-obiettivo. Tale previsione, applicandosi a tutti gli strumenti, anche quelli gestiti da Invitalia, consentirà di allargare la base informativa su cui operare, favorendo una attività di monitoraggio e valutazione di più elevata qualità e puntualità;
   c) per lo svolgimento di analisi di impatto di tipo controfattuale si precisa che, rispetto alle misure di competenza del Ministero dello sviluppo economico, ad oggi, non è ancora intercorso un tempo sufficiente, dalla chiusura dei progetti agevolati che varia al variare della tipologia di progetto agevolato, al fine di verificare gli effetti addizionali generati da tali strumenti.

  Per quel che concerne i Contratti di sviluppo, tuttavia, si segnala che è stato implementato un Piano di valutazione (con orizzonte temporale 2020), approvato dalla Commissione Europea in data 13 ottobre 2017, volto a verificare attraverso specifiche tecniche controfattuali (Matching Difference-in-Difference e Regression Discontinuity Design) l'impatto addizionale prodotto dalla misura agevolativa in esame. Nel Piano di valutazione, anche al fine di calare l'analisi sulla base di un campione idoneo, saranno valutati i Contratti di sviluppo stipulati a partire dal 2011. Le risultanze finali delle analisi valutative d'impatto programmate saranno trasmesse alla Commissione europea entro il 31 Dicembre 2020. Con la condivisione della Commissione europea, tale orizzonte temporale rappresenta il tempo minimo necessario al fine di poter verificare in ottica econometrica gli effetti addizionali generati, tenuto conto del tempo di maturazione dei progetti agevolati.
  Ribadisco infine, che sarà impegno del Ministero dello Sviluppo Economico quanto detto in premessa ossia che, saranno considerate le iniziative più opportune per la diffusione e la comunicazione dei risultati raggiunti da Invitalia nel miglior modo possibile.

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ALLEGATO 3

5-12885 Crippa: Orientamenti del Governo in merito alle procedure di trasferimento dei complessi aziendali del Gruppo Ilva.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In riferimento con quanto richiesto con l'atto in parola sembra prematuro conoscere le valutazioni sui possibili esiti ed effetti della procedura antitrust europea che, come è noto, deve valutare, alla luce del regolamento UE sulle concentrazioni, il progetto di acquisizione del complesso industriale siderurgico ILVA da parte della società AM Investco, che fa capo al gruppo Arcelor Mittal e che è risultata aggiudicataria, in esito alla gara ad evidenza pubblica conclusasi con il decreto di aggiudicazione, adottato dal Ministro dello sviluppo economico, in data 5 giugno 2017.
  È importante ricordare che si tratta di un procedimento complesso che rientra nella esclusiva competenza dei servizi della Commissione e del quale l'amministrazione pubblica italiana non è parte.
  Considerata l'importanza dell'operazione sottoposta al vaglio dell'antitrust, l'avvio della fase di «indagine approfondita» è da considerare del tutto fisiologica e non comporta necessariamente lo slittamento dei tempi fino al mese di marzo. Proprio in questi giorni, la Commissaria Vestager, con dichiarazione alla stampa, ha del resto rappresentato la volontà di concludere le procedure in anticipo rispetto alla scadenza legale del prossimo 23 marzo.
  Non è possibile allo stato di poter esprimere valutazioni su indiscrezioni e ipotesi che potrebbero rivelarsi prive di fondamento.
  Vorrei, ad ogni buon conto ricordare che, proprio per tutelare la procedura di vendita rispetto al cd rischio antitrust, in corso di gara è stato a suo tempo richiesto ai due offerenti la disponibilità alla assunzione libera e volontaria dell'impegno al mantenimento in ogni caso del Piano Industriale offerto – e i connessi livelli occupazionali – ove l'autorizzazione all'operazione di concentrazione di dimensione comunitaria dovesse richiedere all'aggiudicatario la dismissione di assets o limitazioni di produzione relativamente a mercati interessati.
  AM InvestCo ha acconsentito a tale richiesta, impegnandosi – nella sede contrattuale – a non proporre né accettare alcuna condizione eventualmente richiesta dalle competenti Autorità di Concorrenza che abbia come effetto la cessione di beni compresi nei Rami d'Azienda o un impatto sui limiti produttivi dei Rami d'Azienda o sui Livelli Occupazionali previsti nel Piano Industriale.
  In tale contesto, ferme le iniziative già assunte in sede di gara e le garanzie acquisite come sopra illustrate, con specifico riferimento a quanto richiesto con l'atto in esame, si fa riserva di valutare l'operazione, anche sotto il profilo della definitiva composizione della cordata, all'esito del procedimento Antitrust.

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ALLEGATO 4

5-12886 Ricciatti: Misure per garantire la capacità produttiva e occupazionale, nonché le attività di ricerca e sviluppo di FCA Italia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Rispondo al quesito posto nell'atto in discussione, relativo alle iniziative da intraprendere per garantire la capacità produttiva, occupazionale e di ricerca e sviluppo di FCA in Italia, con particolare riferimento al futuro industriale dello stabilimento di Pomigliano d'Arco.
  Premetto che l'industria automotive rappresenta uno dei settori cruciali per l'economia europea. In Italia, la filiera automobilistica costituisce uno dei principali assi portanti dell'intero comparto manifatturiero.
  Tale settore è stato chiamato ad affrontare, a livello globale, una profonda trasformazione che ha portato i costruttori di automobili ad identificare come priorità alcune aree di intervento basate su programmi di ricerca e innovazione indirizzati verso sistemi a basso impatto ambientale ed elevata efficienza, al fine di sviluppare e produrre veicoli in grado di competere nel mercato mondiale.
  A livello nazionale, in coerenza con il Programma quadro europeo per la ricerca e l'innovazione 2014-2020, si è definita una strategia di innovazione che individua determinate aree tematiche prioritarie che riflettono un elevato potenziale imprenditoriale in termini di competitività, offrendo opportunità emergenti e futuri sviluppi di mercato.
  Nello specifico di quanto richiesto dagli Interroganti, evidenzio che lo scorso 26 maggio il Ministero dello Sviluppo Economico, le Regioni Piemonte, Campania e Abruzzo e la Provincia Autonoma di Trento hanno siglato un protocollo d'intesa con FCA e il Centro Ricerche Fiat, a fronte di un piano di attività di ricerca e sviluppo incentrato sul Veicolo per la mobilità del futuro e la Fabbrica Intelligente, che include anche gli aspetti legati al fine vita nell'ottica di «circular economy».
  Sono quattro le linee di progetto indipendenti che verranno sviluppate nei siti piemontesi di Orbassano e Torino, di Pomigliano d'Arco (Napoli) e di Trento: la prima è finalizzata allo sviluppo di tecnologie mirate al miglioramento dell'efficienza dei motori, la seconda è relativa alle nuove tecnologie per lo sviluppo delle architetture ibride, la terza è rivolta alle tecnologie di comunicazione per il veicolo connesso geolocalizzato e la quarta fa riferimento ad un processo di sviluppo prodotto e tecnologico totalmente digitalizzato.
  Questi progetti confermano la scelta strategica di voler rafforzare la presenza FCA in Italia e di investire nei Centri di Eccellenza nella R&S, con ricadute positive per le Regioni ed il Sistema Paese, sia rispetto ai centri tecnici coinvolti direttamente nelle attività di Ricerca e Sviluppo, sia su tutti gli stabilimenti italiani, che dovranno industrializzare e produrre i nuovi modelli ed i sistemi di propulsione loro associati in base alle normative 2020.
  In tale Protocollo d'intesa è stato previsto un investimento complessivo in R&S pari a oltre 150 milioni di euro seguito da un accordo di programma, stipulato tra Ministero e Regioni interessate, per rendere disponibili le risorse necessarie al cofinanziamento delle iniziative.
  Al riguardo, il Ministero dello sviluppo economico in data 3 novembre scorso ha Pag. 15trasmesso alla Regione Campania e agli altri firmatari del Protocollo lo schema definitivo del sopra citato accordo di programma che dispone il cofinanziamento per la realizzazione del programma di investimenti promosso dalle società FCA Italy e CRF, in particolare l'attuazione degli interventi da realizzare nel sito di Pomigliano d'Arco.
  A seguito di ciò, il Consiglio regionale della Campania con delibera n. 685 del 18 novembre scorso ha stabilito lo stanziamento delle risorse di propria competenza per la copertura del fabbisogno finanziario previsto dal medesimo Accordo.
  Concludo ribadendo che il Ministero dello sviluppo economico, anche tramite il Comitato tecnico istituito in seno al Protocollo d'intesa, continuerà a monitorare e a coordinare tutte le azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi previsti e a verificarne lo stato di attuazione, al fine, comunque, di salvaguardare il futuro industriale dei territori e la realtà occupazionale.

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ALLEGATO 5

5-12887 Benamati: Misure di prevenzione del disservizio della rete elettrica in condizioni di maltempo.

TESTO DELLA RISPOSTA

  A causa della nevicata del 13 novembre ultimo scorso, si sono nuovamente verificate interruzioni del servizio elettrico che hanno interessato circa 40.000 utenti in Emilia Romagna, in particolare in alcuni comuni delle province di Bologna e Reggio Emilia.
  Sono state chieste informazioni ai concessionari (E-distribuzione S.p.A. e Inrete Distribuzione Energia S.p.A.) coinvolti dall'evento, che hanno riferito di aver ripristinato il servizio per la gran parte il 15 novembre e completamente il giorno successivo, 16 novembre. D'accordo con gli enti locali, laddove l'interruzione si è protratta, sono stati utilizzati gruppi elettrogeni per ovviare al disagio.
  Enel (E-distribuzione) ha comunicato di aver dichiarato immediatamente lo stato di emergenza, inviando in Emilia Romagna squadre di emergenza intervenute da altre province, accompagnate in prossimità delle linee danneggiate da personale locale presente in loco oppure munite di smartphone dotati di specifiche mappe di navigazione in cui sono riportati, con relativa georeferenziazione, gli impianti di E-distribuzione presenti sul territorio.
  Per quanto riguarda l'interfaccia dei distributori con gli utenti isolati e con le amministrazioni territoriali coinvolte dai disservizi, E – distribuzione S.p.A. ha dichiarato che, ai sensi del protocollo di emergenza esistente, ha potenziato nel corso dell'emergenza il numero verde di segnalazione guasti, mentre per quanto riguarda le amministrazioni locali, ha fornito ai Sindaci, alle Prefetture e alla Protezione Civile, nelle riunioni annuali di coordinamento o via fax o via e-mail, i numeri di telefono dei Responsabili di Zona e di altri Tecnici locali.
  Anche Inrete, su richiesta del MISE, ha comunicato di aver attivato lo stato di emergenza in coerenza con il proprio piano di gestione delle emergenze e di aver attivato il coordinamento con la Protezione civile e gli enti locali.
  Tali disservizi sembrano essere dovuti al peso della neve su alberi ad alto fusto posti al di fuori della fascia di rispetto delle linee elettriche, ovvero posti in aree esterne ai limiti entro i quali i distributori possono effettuare il taglio di rami, piante ed arbusti. Il peso della neve su tali piante, ancora ricche di foglie, unito alla spinta del vento forte, avrebbe causato la caduta di numerose piante sia sulle carreggiate stradali, sia sui conduttori di alcune linee elettriche pedemontane e montane, rendendo difficile anche la viabilità, soprattutto in zone non facilmente raggiungibili.
  Da ultimo, per quanto riguarda la manutenzione delle rete, E-distribuzione ha comunicato che la rete emiliana è sottoposta a programmi di manutenzione preventiva. In particolare, negli ultimi due anni, secondo i dati forniti dalla società, i circa 17.800 km di rete elettrica di E-distribuzione in Emilia Romagna sono stati ispezionati al 100 per cento, e il taglio piante ha interessato circa 1.600 km nel 2016 e circa 1.200 km ad ottobre 2017.
  Anche Inrete ha comunicato di aver effettuato interventi di manutenzione preventiva, mettendo in piedi uno sforzo di attività ispettiva per la rilevazione e la riparazione dei guasti.Pag. 17
  In seguito agli eventi sopra descritti, questo Ministero è stato informato dalla Prefettura di Reggio Emilia della convocazione di una prima riunione il 22 novembre, a cui hanno partecipato gli Enti locali, Forze dell'Ordine, Vigili del Fuoco e Protezione Civile, oltre che E-Distribuzione, in cui è stato operato il punto della situazione, a cui è scaturita la decisione di istituire un tavolo tecnico con gli stessi soggetti presenti col fine di ulteriormente definire l'adozione di ulteriori mirati interventi preventivi volti ad evitare l'insorgere di criticità analoghe a quanto accaduto.
  Anche la Prefettura di Bologna ha informato che in tempi brevi predisporrà un protocollo di intervento in relazione ad eventi avversi per mitigarne gli eventuali rischi.
  Il tema del rafforzamento della rete elettrica di fronte ad eventi meteo invernali è certamente condiviso da questo Ministero. Come noto, la stessa SEN (Strategia Energetica Nazionale), approvata il 10 novembre scorso, individua nella resilienza della rete uno degli obiettivi del prossimo periodo di programmazione, in modo specifico contro gli eventi meteo avversi del periodo invernale che hanno visto intensificare la frequenza negli ultimi anni.
  Per passare a dare attuazione a quanto programmato, questo Ministero ha individuato un primo insieme di azioni da mettere in campo, impartendo indirizzi operativi ai concessionari del servizio affinché ne tengano conto già a partire dalla programmazione 2018. Le azioni vanno da quelle di rafforzamento della rete, individuando aree ad alta priorità di interventi, a quelle di mitigazione degli impatti e di ripristino del servizio; allo stesso modo, sono considerate le azioni di coordinamento, più volte raccomandate come necessarie da questo Ministero in occasione di eventi simili, con gli enti locali, finalizzate sia al rafforzamento delle comunicazioni nella fase di emergenza, sia anche ad azioni concrete come la manutenzione degli alberi ad alto fusto che, pur essendo fuori dalle fasce di rispetto delle linee elettriche, possono, cadendo, provocarne la rottura.
  Dunque, a partire dalle aree più critiche, soprattutto nelle regioni della costa del medio adriatico, del Nord-Est e nelle aree interne appenniniche, l'obiettivo che ci si pone in tempi definiti è di rafforzare in modo significativo sia la prevenzione delle interruzioni sia, in ogni caso, la capacità di gestione degli impatti. Il processo sarà portato avanti in modo coordinato in primo luogo con l'Autorità per l'energia, che sta lavorando sullo stesso tema della resilienza per gli aspetti relativi alla qualità del servizio definendo standard e relativa regolazione, sia con le amministrazioni territoriali e con il circuito istituzionale di gestione dell'emergenza con cui saranno definiti nuovi strumenti, quali i protocolli citati dagli Interroganti.

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ALLEGATO 6

Proposta di regolamento che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione europea (COM(2017)487).

Comunicazione «Accogliere con favore gli investimenti esteri diretti tutelando nel contempo gli interessi fondamentali» (COM(2017)494).

PROPOSTA DI DOCUMENTO FINALE

  La X Commissione,
   esaminate, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento della Camera dei deputati, la proposta di regolamento che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione europea (COM(2017)487) e la comunicazione «Accogliere con favore gli investimenti esteri diretti tutelando nel contempo gli interessi fondamentali» (COM(2017)494);
   preso atto degli elementi di conoscenza e valutazione acquisiti nel corso delle audizioni svolte sul documento;
   premesso che:
    l'Unione europea tuttora è la principale fonte e, allo stesso tempo, la prima destinazione mondiale di investimenti esteri diretti (IED). In base ai dati OCSE, nel 2016 gli IED in entrata nell'Unione europea hanno raggiunto 538 miliardi di dollari; negli ultimi anni, sono in particolare cresciuti gli investimenti provenienti dalla Cina;
    in Europa, particolarmente attrattiva per i cosiddetti fondi sovrani – la cui disponibilità finanziaria è in gran parte concentrata nel continente asiatico e nell'area medio-orientale – per la qualità e l'elevato valore aggiunto del suo tessuto produttivo, sono emerse diffuse preoccupazioni in diversi Stati membri, tra cui l'Italia, per i rilevanti risvolti politico-strategici di questo fenomeno;
    peraltro, a livello internazionale, diversi Paesi, quali Australia, Canada, Cina, India, Giappone, Russia e Stati Uniti, hanno istituito e utilizzano meccanismi di controllo degli IED; allo stesso tempo, alcune istituzioni internazionali, quali il Fondo monetario internazionale (FMI) e l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), hanno redatto norme che indirizzano l'attività dei fondi sovrani con iniziative di tipo soft (codici di condotta o best practice), di carattere non cogente, basate sulla volontaria adesione delle parti interessate;
    secondo la Commissione europea, un intervento legislativo per disciplinare la materia a livello europeo sarebbe necessario e urgente in considerazione del notevole incremento di casi in cui investitori stranieri, e in particolare fondi sovrani, cercano di acquisire attività strategiche che permettono loro di controllare o influenzare imprese europee le cui attività sono cruciali per la sicurezza e l'ordine pubblico. Tra queste, vi sono attività connesse al funzionamento o alla fornitura di tecnologie, infrastrutture e fattori produttivi cruciali o informazioni sensibili;
    diversi Stati membri, tra cui l'Italia, già dispongono di normative recanti sistemi di controllo degli IED; non esiste, invece, a livello UE, un quadro giuridico completo che affronti organicamente la materia, motivo per il quale la Commissione europea, anche su sollecitazione dell'Italia, ha proposto di istituirlo; Pag. 19
    gli investimenti esteri diretti sono parte integrante della politica commerciale comune, settore nel quale l'Unione europea ha competenza esclusiva, ai sensi degli articoli 3 e 207 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), fermo restando che, come precisato nella giurisprudenza della Corte di giustizia, l'azione dell'UE non può precludere agli Stati membri di controllare gli IED per motivi di sicurezza o di ordine pubblico. Il quadro proposto non impone agli Stati membri di adottare un meccanismo di controllo, non descrive in maniera esaustiva le caratteristiche sostanziali o procedurali che i meccanismi di controllo devono presentare, ma stabilisce soltanto una serie di requisiti essenziali comuni per i meccanismi di controllo degli IED degli Stati membri, né definisce una nozione di controllo puntuale;
    la novità più significativa della proposta di regolamento consiste nel riconoscere alla Commissione europea la facoltà di controllare gli IED che potrebbero incidere su progetti o programmi di interesse per l'Unione per motivi di sicurezza o di ordine pubblico. In particolare, la Commissione europea può emettere un parere destinato agli Stati membri in cui l'investimento è in programma o è stato realizzato;
   rilevata la necessità che il presente documento finale sia trasmesso tempestivamente alla Commissione europea, nell'ambito del cosiddetto dialogo politico, nonché al Parlamento europeo e al Consiglio,
  esprime una

VALUTAZIONE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) premesso che appare meritorio l'impegno della Commissione europea di affrontare un fenomeno in rapidissima crescita e in grado di alterare in misura decisiva gli assetti e gli equilibri economici e finanziari internazionali, occorre, tuttavia, valutare se in una materia nella quale la competenza dell'Unione europea è così ampia non sia più opportuno un intervento maggiormente incisivo di quello prospettato, che potrebbe, invece, risultare troppo cauto;
   b) considerato che la trasparenza è essenziale per una corretta valutazione del possibile impatto degli investimenti esteri sotto il profilo della sicurezza e dell'ordine pubblico, è auspicabile un intervento dell'UE finalizzato ad accertare senza margini di dubbio la proprietà ultima dell'investitore;
   c) posto che la nozione di «controllo» proposta appare eccessivamente ampia e generica in quanto comprensiva di diverse tipologie di situazioni, sostanzialmente riproducendo le casistiche attualmente riscontrabili nelle legislazioni dei diversi Stati membri, occorre valutare se non sia più opportuno prospettare una graduazione delle misure attivabili in ragione delle diverse forme di controllo ammesse;
   d) con riferimento alla facoltà della Commissione europea, prevista dall'articolo 9 della proposta di regolamento, di emettere un parere allo Stato membro in cui uno IED è in programma o è stato realizzato, sembrerebbe più opportuno prevedere che la Commissione europea possa attivarsi non solamente d'ufficio, ma anche su richiesta di uno Stato membro;
   e) nella logica di un rafforzamento dei poteri della Commissione europea e di una maggiore uniformità e coerenza di indirizzi in materia, occorre valutare se non sia più opportuno rafforzare l'efficacia dei pareri espressi dalla Commissione europea che, allo stato, invece, possono essere ignorati dagli Stati membri, salvo l'obbligo di spiegare le ragioni per le quali non abbiano ritenuto di adeguarsi. Una volta acquisite tali ragioni, infatti, la Commissione europea non sembra disporre di ulteriori strumenti di intervento;
   f) nella stessa logica, non sembra accoglibile la richiesta, avanzata in sede negoziale da alcuni Stati membri, per cui Pag. 20obbligatoriamente la Commissione europea sarebbe tenuta a presentare uno studio d'impatto completo sulle proposte prima di proseguire l'iter dei negoziati, in quanto ciò potrebbe comportare un appesantimento eccessivamente oneroso, suscettibile di rallentare eventuali azioni che la Commissione europea dovesse assumere;
   g) in merito all'obbligo posto in capo agli Stati membri di notificare i propri meccanismi di controllo e di inviare una relazione annuale alla Commissione europea, potrebbe risultare opportuno prevedere la trasmissione di tali informazioni anche al Parlamento europeo e al Consiglio, al fine di consentire loro di acquisire utili elementi per eventuali modifiche alla legislazione europea in materia;
   h) fermo restando che, in ogni caso, è auspicabile che si pervenga in materia ad una regolamentazione comune a livello internazionale, condivisa con i Paesi terzi e non limitata all'ambito europeo, è essenziale garantire effettive condizioni di reciprocità intervenendo su quei Paesi che attualmente pongono ostacoli agli investimenti diretti di provenienza dall'UE.