CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 4 ottobre 2017
885.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (III e IV)
ALLEGATO

ALLEGATO

Sulla missione svolta a Tallin in occasione della Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) (7-9 settembre 2017).

RELAZIONE SULLA CONFERENZA

  La Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e per la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) organizzata dall'Estonia nel proprio turno semestrale di presidenza dell'Unione europea si è riunita a Tallin (Estonia) dal 7 al 9 settembre 2017. Ai lavori hanno preso parte, per la Camera dei deputati, una delegazione guidata da Paolo Alli, componente della Commissione Affari esteri e Presidente dell'Assemblea parlamentare della NATO, e composta altresì da Massimo Artini, vicepresidente della Commissione Difesa, e Gianluca Pini, componente della Commissione Affari esteri; per il Senato, le senatrici Stefania Giannini e Ornella Bertorotta, componenti della Commissione Affari esteri.
  I lavori della Conferenza di Tallin si sono caratterizzati per la mancata discussione, per la prima volta dacché esiste la Conferenza (2012), di un documento finale di conclusioni. Il regolamento della Conferenza prevede, all'articolo 7, che l'organo possa adottare per consenso conclusioni non vincolanti su questioni inerenti alla PESC e alla PSDC relative all'ordine del giorno della Conferenza interparlamentare. La presentazione di una proposta di conclusioni spetta al Parlamento della presidenza, che deve trasmetterlo alle delegazioni dei Parlamenti nazionali e al Parlamento europeo per consentire la presentazione e l'esame di eventuali emendamenti. La presidenza estone ha preannunciato fin dalla precedente riunione della Conferenza (tenutasi a Malta dal 26 al 28 aprile 2017) che non avrebbe previsto la discussione e adozione di conclusioni. La mancata discussione di conclusioni ha naturalmente privato la Conferenza del suo carattere politicamente più significativo. Tuttavia la scelta della presidenza estone, le cui motivazioni non sono state chiarite ufficialmente, non è stata discussa in nessun momento della riunione di Tallin, anche per rispetto dell'autonomia organizzativa di ciascun Paese. L'unico riferimento alla mancata discussione di conclusioni è venuto, al termine dei lavori, da Hannes Hanso, a nome della presidenza estone, che ha fatto cenno a qualche critica ricevuta, ma ha rivendicato il potere del Parlamento che organizza i lavori di conferire a questi l'impronta ritenuta migliore.
  I lavori si sono articolati in sei sessioni, il cui andamento è sintetizzato anche da un resoconto della presidenza estone pubblicato sul sito internet della Conferenza. Le sessioni sono state copresiedute da Marko Mihkelson, presidente della Commissione Affari esteri del Parlamento estone, Hannes Hanso, presidente della Commissione Difesa del medesimo Parlamento, e David McAllister, presidente della Commissione Affari esteri del Parlamento europeo (nel cui ambito, come noto, è costituita una sottocommissione in materia di difesa). I copresidenti hanno emesso, al termine dei lavori, un succinto comunicato congiunto che ha riassunto molto brevemente i punti focali del dibattito.
  La prima sessione – «Perché l'Europa è importante ? L'Europa nel contesto globale» – è stata aperta da interventi della presidente della Repubblica d'Estonia, Pag. 13Kersti Kaljulaid, e del vicepresidente della BEI ed ex primo ministro finlandese Alexander Stubb, cui è seguita una serie di domande e di commenti dei delegati dei Parlamenti. Che l'Unione europea sia importante e debba continuare a svolgere un ruolo nell'arena globale, è stato riconosciuto da tutti. La presidente Kaljulaid ha rimarcato tra l'altro che i Paesi membri dell'Unione europea rappresentano cumulativamente una massa di tutto rilievo dal punto di vista dell'economia e del potenziale militare, senza contare il livello del sistema di principi e valori che la storia europea ha sviluppato. Ha quindi concluso che l'Europa ha non solo l'interesse ma anche l'obbligo morale di svolgere un ruolo di guida nel mondo e di far sentire la propria voce. Stubb, a sua volta, ha espresso l'opinione che l'Unione stia oggi attraversando un momento delicato ed epocale quanto sono stati il secondo dopoguerra e la fine dell'Unione sovietica. La Brexit e il raffreddamento dell'amministrazione statunitense nei confronti degli alleati europei rappresentano – a suo giudizio – l'indizio di un disimpegno dei Paesi anglosassoni rispetto al tradizionale ruolo di leadership mondiale: un disimpegno che apre una lacuna che non è chiaro chi potrà colmare. In questo scenario all'Europa spetta di difendere i suoi valori tradizionali di libertà, diritti fondamentali e libero mercato, e di svolgere un ruolo per la difesa del libero scambio internazionale. Quanto alla difesa, Stubb ha sottolineato l'importanza di rafforzare le capacità di difesa dell'Unione come tale, in complemento con la NATO. Il dibattito avviato con gli interventi delle delegazioni ha spostato l'accento sulla crisi d'immagine dell'UE presso i suoi stessi cittadini. La presidente Kaljulaid si è detta convinta che occorra spiegare meglio agli stessi europei quel che l'Unione europea è e fa. C’è una percezione d'insicurezza che non è motivata, dato che l'UE è potenzialmente forte a confronto degli altri attori mondiali e può quindi garantire ai suoi cittadini prosperità e sicurezza. Secondo Stubb è essenziale che i partiti politici nazionali e gli stessi governi smettano di attribuire colpe all'Unione o ad altri Paesi. L'unità è essenziale perché l'Europa conti e faccia davvero gli interessi di tutti. Un altro tema posto dal dibattito è stato quello delle modalità di integrazione europea nella difesa: se debba essere volontaria o obbligatoria. Al riguardo la presidente Kaljulaid ha fatto notare che l'obbligatorietà porterebbe con sé la fissazione di livelli minimi di impegno, per coinvolgere anche gli Stati meno disposti, laddove la volontarietà permette al gruppo più determinato di procedere in testa a formare un primo nucleo di una difesa europea.
  La seconda sessione – dedicata al tema delle relazioni transatlantiche – è stata avviata dalle riflessioni di Ed Royce, presidente della Commissione Affari esteri della Camera dei rappresentanti USA (presente con un'intervista videoregistrata), Robert Nurick, Nonresident Senior Fellow of the Atlantic Council`s Brent Scowcroft Center on International Security, e Wouter Coussens, Consigliere economico del presidente del Consiglio europeo, cui sono seguite anche in questo caso le domande e i commenti delle delegazioni. Tutti gli oratori hanno messo in risalto quanto l'unità transatlantica sia indispensabile: prosperità e solidità politica dell'Europa sono vitali per gli Stati uniti e viceversa. Alla comunanza di valori, di cultura e di sistemi politici, si aggiungono i legami commerciali, che sono strettissimi, al punto che da soli valgono la metà del PIL mondiale, e che – è stato detto – sarebbero rafforzati da un trattato commerciale transatlantico. L'unità occidentale si è vista nelle posizioni tenute sul tema delle sanzioni alla Russia per il mancato rispetto degli accordi di Minsk. L'elezione di Trump – è stato osservato da Nurick – ha suscitato in Europa timori e perplessità comprensibili: il nuovo presidente è apparso infatti impulsivo e quindi imprevedibile, oltre che molto deciso su alcuni temi, ma meno su altri. Sul tema dell'alleanza militare, la situazione è andata però migliorando: all'inizio Trump ha detto che è obsoleta, ma da allora sembra aver cambiato idea. I vertici militari USA, con l'appoggio del Congresso, stanno cercando Pag. 14di fargli capire quanto essenziale sia la NATO e di fargli cambiare posizione rispetto all'indirizzo inizialmente annunciato di disimpegno degli USA. È più difficile, ha osservato Nurick, che l'Amministrazione USA faccia retromarcia sul tema della divisione dei carichi: Trump ha ripetuto che l'Europa deve spendere di più per la difesa. Non è un tema nuovo, ma è la prima volta che l'obbligo di difendere un alleato (articolo 5 del Trattato) viene subordinato al rispetto degli impegni di spesa; anche perché il criterio del 2 per cento del PIL è contestato da più parti perché ritenuto troppo semplificatorio in quanto non considera i contributi che i singoli Paesi danno alla sicurezza dell'Occidente con azioni militari o anche con l'impiego di militari nelle missioni internazionali (tema che è tornato anche nella V sessione). Quanto ai rapporti USA-Russia, Nurick li ha definiti pessimi, dopo le iniziali aperture di Trump. Oggi l'amministrazione USA appare ancora incerta sulla linea da tenere con la Russia, anche se non sull'obiettivo, che non può che essere quello di riallacciare i rapporti. Quanto invece ai rapporti con l'Unione europea, Norick ha espresso l'avviso che pochi nell'amministrazione USA sappiano davvero cos’è e cosa fa l'Unione europea, anche se è forse diffusa la convinzione che la saldezza politica e la forza militare dell'Europa (quest'ultima comunque in coordinamento con la NATO) siano un vantaggio anche per gli USA. Coussens, a sua volta, si è detto convinto che le preoccupazioni suscitate dall'elezione di Trump rispetto alla saldezza dei legami transatlantici siano esagerate. Gli Stati uniti – ha osservato – non sono una persona, né lo è la Casa Bianca: in America c’è un sostegno ampio e trasversale al mantenimento dei rapporti di alleanza. I rapporti tra USA ed Europa sono profondi e stabili da molto tempo e l'intreccio di interessi economici è saldissimo. Dal punto di vista militare, è importante, a giudizio di Coussens, che i Paesi dell'Unione europea riescano a farsi percepire all'esterno come uniti e alleati, in modo che l'Unione appaia sulla comunità internazionale come un unico attore; è anche importante che l'Europa si assuma una maggior responsabilità per la propria sicurezza e che nasca quindi un'Europa della difesa: per questo serve uno sforzo maggiore dei singoli Stati e va quindi salutata con favore la nascita di una prima PESCO.
  La terza sessione – incentrata sulle priorità dell'Unione europea nei settori della PESC e della PSDC – si è imperniata sull'intervento dell'Alta rappresentante, Federica Mogherini, che, prima di rispondere alle domande, ha ragguagliato le delegazioni sui temi affrontati nelle riunioni informali dei ministri degli affari esteri e della difesa tenutesi a Tallin negli stessi giorni della Conferenza interparlamentare. L'AR ha riferito innanzitutto sulla Corea del Nord, la cui minaccia alla sicurezza e al disarmo va considerata – ha detto – di portata non regionale ma mondiale. Nelle riunioni informali si è convenuto che le pressioni militari sulla Corea del Nord siano vane e pericolose e che l'UE debba invece agire sul piano diplomatico, nel contempo sostenendo il lavoro del Consiglio di sicurezza ONU per rafforzare le pressioni economiche; si è poi riflettuto sulla possibilità che l'UE stabilisca proprie sanzioni; si è deciso infine di esercitare pressione diplomatica sui Paesi dell'area perché applichino integralmente le sanzioni ONU, con lo scopo di indurre la Corea del Nord ad aprire canali diplomatici e a dialogare. Sul processo di pace in Medioriente, si è concordato di proseguire nella linea di favore per la «soluzione dei due Stati», di sostenere di conseguenza le parti e i Paesi che concretamente lavorano per questa soluzione e di avviare un ripensamento delle concrete azioni svolte dall'UE (con la diplomazia e con l'erogazione di aiuti economici) per verificare se siano ancora e tutte funzionali a quest'obiettivo. Quanto alla situazione del Venezuela, l'AR ha ricordato che l'Europa è interessata in molti modi (per la presenza di cittadini europei e di venezuelani con discendenza e cittadinanza di Paesi europei, per le relazioni commerciali, etc.) ed ha assicurato che essa è ben presente all'attenzione della Commissione Pag. 15e che nelle riunioni informali si è riflettuto sulle azioni possibili per l'UE, in coordinamento con gli altri attori, per aiutare il Paese a uscire dalla crisi. Si è discusso della possibilità che l'UE introduca sanzioni proprie, anche individuali, ma per il momento si è deciso di continuare ad usare il solo strumento diplomatico. Su Sahel e Corno d'Africa, l'AR ha ribadito che è interesse dell'UE contribuire alla pacificazione e stabilizzazione delle due regioni, che, insieme con la Libia e il resto del Nord-Africa, rappresentano il vicinato meridionale dell'Unione. In quest'ottica l'Unione europea ha deciso da ultimo di contribuire con 50 milioni di euro alla nuova Joint Force of the Sahel Countries. A parte questo, sono attive diverse operazioni dell'UE nel Sahel e nel Corno d'Africa, per il sostegno delle forze di sicurezza locali, che prevedono anche l'addestramento a pratiche e comportamenti rispettosi dei diritti umani e alla gestione di minacce complesse. Nelle riunioni ministeriali informali a Tallin si è riflettuto anche sulla possibilità di prevedere nuove forme di appoggio alla Somalia, anche alla luce dei buoni risultati dell'operazione Atalanta. Quanto alla difesa europea, l'AR ha riferito che nelle riunioni ministeriali si è registrato un impegno comune a lanciare la prima cooperazione strutturata permanente (PESCO) ai sensi degli articoli 43 e 46 del Trattato UE. Il programma è di procedere rapidamente alla definizione dei criteri di partecipazione e degli impegni richiesti (sono all'esame circa 30 progetti sulla struttura da dare alla cooperazione), in modo che gli Stati interessati a partecipare possano notificarlo la propria volontà e la cooperazione possa iniziare entro la fine dell'anno. In particolare, non sarà chiesto un aumento delle spese militari, la Commissione ritenendo che la decisione di spesa per la difesa debba restare prerogativa deli Stati. Saranno invece chiesti impegni che consentano all'Unione di coordinare gli investimenti, con lo scopo di agevolare la formazione di una base industriale comune in Europa nel settore, dove al momento c’è frammentazione e conseguente diseconomia nell'uso delle risorse. L'AR ha concluso sottolineando come la costruzione di una difesa europea sia fondamentale per dare maggiore sicurezza ai cittadini e per aumentare il peso politico dell'Europa nel mondo e la sua capacità di stabilire in autonomia la propria agenda sui temi della sicurezza, fermo restando che la sua potenza militare l'Unione seguiterà ad usarla nel suo modo tipico, «all'europea», ossia non per azioni militari di combattimento, ma per missioni di pace e di assistenza alla ricostruzione. L'AR ha inoltre evidenziato la necessità di rivedere il sistema Athena di finanziamento delle missioni militari, non essendo possibile pianificare interventi comuni senza una maggiore certezza delle risorse. Le domande seguite all'intervento iniziale dell'AR hanno allargato la discussione ad altri temi: sul Regno unito, l'AR ha confermato che l'UE, a conclusione dei negoziati per la Brexit, lavorerà con la controparte ad un partenariato, fermo restando che Londra sarà esclusa dal processo decisionale dell'Unione europea e non conserverà quindi neanche il potere di formulare proposte. Sul tema della violazione dei diritti umani in Libia, connesso a quello della gestione dei flussi migratori, l'AR ha sottolineato che l'UE non è indifferente al problema e che ha deciso di favorire il controllo umanitario, sostenendo anche finanziariamente i programmi di OIM e UNHCR e forse anche di alcune ONG per accedere ai campi e verificare il rispetto dei diritti umani delle persone che vi si trovano. Sui Balcani occidentali, l'AR ha confermato l'impegno dell'UE a favorire il processo di adesione di comunità che sono geograficamente già europee e la cui inclusione nell'area europea sarà fattore di sicurezza per l'intero territorio dell'Unione. Quanto alle relazione con gli USA, l'AR ha confermato che sono costanti, coinvolgono tutte le parti e riguardano tutti i temi essenziali delle politica internazionale. Sul tema delle migrazioni, infine, l'AR ha rimarcato che un problema così complesso non possa essere affrontato solo come problema di sicurezza alle frontiere dell'Unione e richieda un approccio globale, che includa il dialogare Pag. 16con e l'aiutare i Paesi dell'Africa. Su impulso di altre domande, l'AR ha parlato poi di Cina e di India, nonché della crisi umanitaria dei rohingya del Myanmar. L'AR ha anche sottolineato l'importanza di potenziare, a livello dell'UE e degli Stati membri, la capacità di difesa e di reazione contro attacchi cibernetici.
  La quarta sessione – dedicata allo stato di cose oltre i confini dell'Unione – ha visto partecipare come oratore unico Sven Mikser, Ministro degli affari esteri della Repubblica d'Estonia, il quale, dopo aver osservato che l'UE deve misurarsi innanzitutto coi problemi del suo vicinato, e non con le crisi distanti, ha richiamato con favore l'unità e coerenza di posizione dei Paesi UE nei confronti della Russia in relazione all'annessione della Crimea e ha insistito sulla necessità di esigere il rispetto degli accordi di Minsk e di ottenere che la Russia, che si è dimostrata aggressiva, torni ad avere un comportamento accettabile; ha accennato al vertice dell'UE e dei Paesi del partenariato orientale, sottolineando come la forte diversità tra questi stessi Paesi imponga all'UE di rapportarsi loro con approcci differenziati; ha osservato che sulla crisi siriana l'UE non può forse ambire ad essere determinate per trovare una soluzione, ma può svolgere un ruolo importante nella fase dopo la fine del conflitto; ha sottolineato come la soluzione dei due Stati sia l'unica accettabile per la pacificazione del Medioriente; si è soffermato quindi brevemente sui problemi dell'Africa e della Libia, delle migrazioni e del terrorismo.
  La mattina del 9 settembre si sono tenuti in parallelo tre seminari dedicati, rispettivamente, ai Balcani occidentali, alla Nord Corea e alla Russia.
  La V sessione – focalizzata sui modi per rafforzare la difesa europea – ha visto partecipare come oratori Jüri Luik, ministro della difesa della Repubblica d'Estonia, Tacan Ildem, ambasciatore e segretario generale aggiunto NATO per la diplomazia pubblica, e Carl Bildt, copresidente del Consiglio europeo per le relazioni estere ed ex primo ministro svedese. Luik si è soffermato sulla Zapad-17 (l'esercitazione congiunta delle Forze armate russe e bielorusse programmata nella terza settimana di settembre 2017), asserendo che non si tratta di una singola esercitazione, ma di una serie di esercitazioni iniziata ad agosto e volutamente suddivisa dai russi in operazioni distinte per evitare di raggiungere il limite massimo di unità militari oltre il quale gli accordi OSCE di Vienna impongono specifici obblighi di trasparenza. L'esercitazione è cominciata – secondo quanto riferito da Luik – con un accesso di truppe russe in Bielorussia (Luik ha incidentalmente espresso il timore che i russi potrebbero non ritirarsi dalla Bielorussia al termine dell'operazione) e proseguirà di fatto a ottobre con esercitazioni per la verifica della cosiddetta triade nucleare. Ci sono stati tra l'altro rilevanti movimenti di truppe di terra al confine estone che – ha detto Luik – intimoriscono il Paese, anche se l'Estonia ospita una ridotta ma simbolicamente importante presenza di truppe NATO. Luik ha quindi rimarcato come le sfide che l'Europa si trova oggi a fronteggiare non possano essere contrastate dall'UE con l'attuale livello di capacità militare e come la difesa europea, a dispetto degli entusiasmi che suscita, sia ancora allo stato embrionale e di là da venire. Ildem, a sua volta, ha sottolineato l'importanza di rinsaldare i vincoli di alleanza alla base della NATO e ha espresso favore per la crescita dell'autonomia militare dell'Europa, a condizione che s'inquadri nella cornice di una stretta cooperazione con la NATO, nello spirito dalla dichiarazione congiunta di Varsavia. Dopo aver ricordato come sia costante il confronto tra UE e NATO per individuare maniere per rafforzare la cooperazione, Ildem ha insistito sull'auspicio che la difesa europea si sviluppi in modo da essere complementare alla NATO, per evitare duplicazioni controproducenti (punto sul quale hanno insistito anche diversi interventi nel dibattito e in altre sessioni). Rispetto alla Zapad, Ildem ha rilevato che le informazioni fornite ufficialmente dai russi pongono l'esercitazione entro la soglia dei patti di Vienna, anche se in passato è accaduto che Pag. 17esercitazioni russe abbiano oltrepassato le soglie; ha quindi concluso che la NATO resta quieta, ma vigile rispetto all'esercitazione e al suo decorso. Ha quindi preso la parola Bildt, il quale ha innanzitutto osservato che per difesa europea si possono intendere due cose: la difesa del territorio europeo e la politica estera di difesa dell'Unione europea. Quanto alla prima, non c’è dubbio – ha detto Bildt – che essa sia oggi possibile solo con la NATO, dato che gli Stati europei non hanno da soli la capacità di difendere il territorio: lo dimostra il fatto che la più importante operazione militare di deterrenza in corso in Europa non solo è condotta dalla NATO, e non dall'UE, ma vede la partecipazione come nazioni di riferimento di tre Paesi non membri dell'UE (USA, Canada e Regno unito) a fronte di un solo membro (Germania) (si tratta dell’Enhanced Forward Presence, condotta in Polonia e nei tre Paesi Baltici per dimostrare la capacità e determinazione della NATO di rispondere a minacce esterne lungo il confine orientale). Quanto alla politica estera e di sicurezza comune, per essere un attore credibile – ha osservato Bildt – l'UE deve arrivare ad avere una stabile capacità militare impiegabile, laddove con l'uscita del Regno unito è venuto meno il Paese che da solo rappresentava un quarto della spesa militare e più di un quarto della capacità impiegabile. Anche l'industria della difesa europea appare nel complesso fragile – a giudizio di Bildt – ad eccezione di alcuni settori di eccellenza, come quello missilistico, senza contare che i nazionalismi europei tendono a frenare la nascita di gruppi industriali sovranazionali, come prova il caso Fincantieri-Stx. C’è poi la questione della volontà politica e della capacità operativa: è l'Unione europea pronta a fare uso della forza militare ? è in grado di attivarla ? Sono stati costituiti i gruppi di combattimento (battle-groups) dell'UE, ma non sono mai stati utilizzati, né si sono tenute esercitazioni per verificare sul terreno cosa sono in grado di fare. Difficilmente, tuttavia, può essere efficace o temibile una capacità militare che non è mai stata attivata né testata. Prima di progettare novità, l'UE – ha concluso Bildt – dovrebbe cercare di far funzionare e di rendere credibile quel che ha. Il dibattito seguente ha toccato vari argomenti, tra i quali è stato ricorrente quello della divisione dei carichi e del parametro del 2 per cento del PIL per la spesa militare dei Paesi NATO. Il tema è stato affrontato più o meno incidentalmente in diverse sessioni. Da più parti è stato rimarcato (un intervento in tal senso è stato svolto anche dal capo della delegazione italiana della Camera dei deputati, l'on. Paolo Alli) che il criterio del 2 per cento risulta troppo rigido, in quanto non permette di apprezzare il contributo che i singoli Stati possono dare alla sicurezza dei Paesi dell'Alleanza atlantica attraverso impegni di natura diversa, come l'azione diplomatica, la gestione dei flussi migratori e la partecipazione a missioni internazionali in teatri di crisi. Più in generale, c’è stata ampia condivisione sull'idea che è importante quanto si spende, ma è importante anche come si spende.
  La sesta e ultima sessione – avente a tema la comunicazione strategica nell'era del ciberspazio – è iniziata con gli interventi di Giles Portman, Capo dell'unità «East StratCom» del Servizio europeo d'azione esterna, e di Taimar Peterkop, direttore generale dell'Autorità per l'informatica dell'Estonia. Portman ha riferito dei compiti e del lavoro della sua unità, che è stata costituita nel settembre 2015, sulla base di una decisione dei Capi di Stato e di Governo, con il mandato di contrastare le continue campagne di disinformazione della Russia. L'unità ha accertato che la dottrina delle Forze armate russe teorizza espressamente la disinformazione (diffusione di notizie false o manipolate per essere in linea con la narrazione ufficiale dei fatti del Kremlino) come estensione della capacità militare; che questo strumento riceve finanziamenti pubblici; e che esistono testate giornalistiche apparentemente uguali alle altre ma di fatto operanti per disinformare. L'unità «East StratCom» tenta di reagire alla disinformazione strategica russa avente a bersaglio l'UE e l'Europa. Oltre a fornire Pag. 18consulenza sulla strategia comunicativa agli organi UE e alle delegazioni che si recano all'Est, l'unità si occupa, attraverso una settimanale ricognizione delle notizie pubblicate dagli organi di stampa russi, di individuare le notizie false o manipolate e di segnalarle (in un'apposita rassegna pubblicata su https://euvsdisinfo.eu/) con lo scopo di offrire a tutti gli spiriti critici ma soprattutto ai giornalisti russi indipendenti materiale di documentazione alternativo che permetta loro di giudicare i fatti autonomamente (è anche in preparazione una versione russa del sito internet dell'unità). Peterkop ha sottolineato quanto la minaccia cibernetica stia diventando pervasiva: ogni aspetto della vita quotidiana di persone e imprese dipende da applicazioni e macchine funzionanti con la tecnologia informatica, ma i cyber-attacchi degli ultimi anni hanno mostrato quanto sia facile insinuarsi nei sistemi informatici che gestiscono tutte queste applicazioni. Oltre a colpire singoli e imprese, gli attacchi possono avere a bersaglio gli Stati, per esempio aggredendo i procedimenti elettorali. Si tratta di attacchi difficili da contrastare, anche perché è difficile individuarne l'autore. È essenziale che non solo gli Stati si rendano consapevoli della minaccia e adottino contromisure, ma anche cittadini e imprese acquistino consapevolezza e imparino a muoversi nel cyber-spazio con la necessaria prudenza.