CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 28 settembre 2017
883.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-12315 Amato: Misure urgenti concernenti i medici di continuità assistenziale.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Ringrazio gli Onorevoli interroganti per aver affrontato un tema, quello della violenza a danno del personale sanitario, da sempre molto caro al Ministero della salute, offrendomi così l'opportunità di riferire anche in questa sede delle diverse iniziative intraprese e portate a compimento al fine di scongiurare il verificarsi di episodi, come quello tristemente accaduto alla dottoressa catanese, che minano fortemente la sicurezza dei medici e, più in generale, della donna.
  In primo luogo, voglio ricordare che il tema della violenza sulla donna è stato affrontato anche sotto il profilo normativo oramai su diversi fronti: basti pensare al decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 che ha introdotto il reato di «atti persecutori» (comunemente noto come stalking) ed ha riconosciuto, in capo alle Autorità di pubblica sicurezza, ampi poteri preventivi efficaci, garantendo così maggiore tutela alle vittime di tali molestie. Ricordo, ancora, più di recente, il decreto-legge 14 agosto 2013 n. 93 che ha introdotto misure per la prevenzione della violenza di genere, per la protezione delle vittime ed ha previsto pene più severe per i colpevoli.
  È indubbio, tuttavia, che fenomeni di violenza si registrano purtroppo anche nel settore sanitario: ciò ha portato ad un coinvolgimento di diverse istituzioni politiche e del lavoro, nazionali ed internazionali, che hanno realizzato specifici documenti e raccomandazioni.
  In tale direzione si è mosso anche il Ministero della salute che ha affrontato tale problematica includendo, in primis, l'evento «Atti di violenza a danno degli operatori sanitari» nel protocollo di monitoraggio degli eventi sentinella. Inoltre, nella consapevolezza che gli atti di violenza ai danni degli operatori sanitari richiedono l'analisi delle condizioni di lavoro e dei rischi correlati nonché l'adozione di tutte le possibili misure preventive, nel novembre 2007, è stata adottata e divulgata dal Ministero stesso la Raccomandazione n. 8 recante «Raccomandazione per prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari».
  A fronte di ciò, lo stesso Ministero della salute, consapevole che l'organizzazione sanitaria competa alle singole strutture sanitarie locali (che, in tal senso, devono identificare i fattori di rischio per la sicurezza del personale ed elaborare un programma di prevenzione della violenza) ha trasmesso, il 31 marzo u.s., a tutte le Regioni e Province Autonome una nota con la quale è stato richiamato l'impegno delle Regioni medesime ad implementare la predetta raccomandazione, curandone l'effettiva ricaduta a tutela della sicurezza e della qualità assistenziale; contestualmente è stato rammentato che tale attività rientra nell'ambito della verifica dei LEA, nonché nelle azioni di monitoraggio delle raccomandazioni per la sicurezza.
  Con riferimento, invece, al rapporto di lavoro dei professionisti convenzionati con il Servizio sanitario nazionale nell'ambito del quale rientrano i medici di continuità assistenziale, ritengo doveroso evidenziare che questo è disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale ed in particolare dall'Accordo collettivo nazionale 23 marzo 2005, integrato con l'Accordo Collettivo Pag. 162Nazionale del 29 luglio 2009, che regola i rapporti con i medici di medicina generale.
  Attualmente si sta procedendo al rinnovo di tale Accordo ai sensi del decreto-legge n. 158 del 2012 che ha delineato il nuovo assetto organizzativo del territorio, prevedendo l'istituzione del ruolo unico per la medicina generale, nell'ambito del quale confluiranno sia i medici a rapporto fiduciario (MMG) che i medici di continuità assistenziale.
  Si è inoltre proceduto alla definizione dell'Atto di indirizzo per la medicina convenzionata stabilendo «l'introduzione del ruolo unico dei medici di cure primarie con il superamento dell'attuale distinzione tra i medici di assistenza primaria e medici di continuità assistenziale per cui nella nuova articolazione territoriale il medico di cure primarie potrà svolgere sia attività professionale di tipo fiduciario che su base oraria».
  Per quanto concerne, invece, il profilo economico, pure sollevato dagli onorevoli interroganti, faccio presente che è in fase di valutazione la possibilità di avviare un approfondimento con le regioni al fine di individuare, anche alla luce dei rilievi mossi dalla Corte dei conti, le soluzioni più idonee compatibili con l'ordinamento vigente.
  Con riferimento, poi, al tema della sicurezza – giustamente sollevato anche in relazione al recente, increscioso episodio di violenza verificatosi a Catania – mi preme rappresentare che il Ministero della salute, in questo come in altri simili casi, ha immediatamente avviato verifiche ispettive sul livello di sicurezza dei professionisti sanitari presso i presidi di tutto il territorio nazionale a partire dal presidio ove si è verificato l'episodio di violenza.
  Alla luce di quanto esposto, ritengo di poter rassicurare gli onorevoli interroganti che il Ministero della salute, all'esito delle ispezioni avviate, valuterà l'opportunità di adottare, nell'ambito delle proprie competenze, misure volte a prevenire il verificarsi di qualsiasi episodio di violenza garantendo, in tal modo, la salute dei lavoratori - specie se trattasi di donne, categoria, questa, maggiormente a rischio - ma anche la qualità e la sicurezza dei servizi e delle cure erogate.

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ALLEGATO 2

5-12316 Nesci: Iniziative normative per tutelare le vittime del farmaco «Talidomide».

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come ricordato dagli onorevoli interroganti, l'articolo 21-ter del decreto-legge n. 113 del 2016, convertito dalla legge n. 160 del 2016, ha integrato la normativa vigente in materia di indennizzo a favore delle persone affette da sindrome da talidomide.
  Tale disposizione, in estrema sintesi, ha esteso il diritto al riconoscimento degli indennizzi ai soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia, anche ai nati nell'anno 1958 e nell'anno 1966, nonché ai soggetti che, ancorché nati al di fuori del periodo previsto dalla legge medesima, presentino malformazioni compatibili con la sindrome da talidomide.
  In tale ultimo caso, tuttavia, al fine dell'accertamento del nesso causale tra l'assunzione del farmaco talidomide in gravidanza e le lesioni o l'infermità da cui è derivata la menomazione permanente nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia, la legge ha previsto che, con proprio regolamento, il Ministro della salute apporti le necessarie modifiche al regolamento di cui al decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 2 ottobre 2009, n. 163 provvedendo, in particolare a definire i criteri di inclusione e di esclusione delle malformazioni ai fini dell'accertamento del diritto all'indennizzo per i soggetti richiedenti.
  Fatta questa necessaria premessa – utile per comprendere fin da subito la complessità, innanzitutto tecnico scientifica, del compito assegnato al Ministero della salute – passo subito al merito del quesito posto per illustrare la attività svolta finora da questa Amministrazione.
  In considerazione della necessità di un esame approfondito e multidisciplinare degli studi medico-scientifici maggiormente accreditati nel campo delle malformazioni specifiche da talidomide, il Ministero della salute, ai fini della definizione dei criteri di inclusione e di esclusione delle malformazioni per l'accertamento del diritto all'indennizzo a vantaggio dei soggetti nati al di fuori del periodo 1958-1966, ha dovuto chiedere preliminarmente al Consiglio Superiore di Sanità - organo consultivo tecnico del Ministero - di esprimersi in merito alla definizione dei predetti criteri, ed in particolare, circa l'individuazione delle malformazioni compatibili con la sindrome da talidomide.
  Il parere richiesto è stato espresso il 17 gennaio 2017 da parte delle Sezioni congiunte II e V del citato Consiglio Superiore di Sanità; solo dopo tale momento, dunque, il Ministero ha potuto predisporre uno schema di regolamento.
  Appena concluso, lo schema è stato trasmesso al Consiglio Superiore di Sanità - deputato, tra l'altro, ad esprimere parere obbligatorio sui regolamenti che interessano la salute, ai sensi del decreto legislativo n. 266 del 1993 - per la verifica della coerenza del testo rispetto all'avviso espresso dallo stesso organo il 17 gennaio 2017 e per ottenerne il parere - che è stato reso il 13 giugno u.s.
  A seguito delle osservazioni espresse nel parere del Consiglio Superiore di Sanità, Pag. 164il Ministero ha dunque modificato in senso conforme la precedente bozza di regolamento.
  Trattandosi di regolamento governativo, disciplinato ai sensi della legge n. 400 del 1988, il Ministero della salute ha dovuto richiedere il parere obbligatorio al Consiglio di Stato (ex articolo 17 comma 4 della legge citata) in data 3 agosto 2017.
  L'Adunanza della Sezione consultiva per gli atti normativi dell'alto consesso ha trasmesso al Ministero, il 4 settembre u.s., il parere reso in data 31 agosto 2017.
  Tale parere, per quanto favorevole, ha posto talune condizioni alle quali il Ministero della salute è stato tenuto ad aderire.
  Devo informare, infatti, che per quanto il Consiglio di Stato abbia molto apprezzato la scelta di questo Ministero di conferire maggiore chiarezza al testo, a beneficio dei destinatari del provvedimento, riscrivendo integralmente il regolamento con le modifiche necessarie per adeguarlo alle nuove disposizioni legislative, tuttavia l'Alto Consesso ha ritenuto necessario che l'intervento di aggiornamento dovesse avvenire interpolandone le disposizioni e, dunque, con il metodo della novellazione.
  Concludo rassicurando gli onorevoli interroganti che è il nuovo schema del regolamento che recepisce le condizioni del Consiglio di Stato, e che dovrà essere inviato, secondo la raccomandazione dello stesso Consiglio di Stato, è in procinto di essere trasmesso, proprio in questi giorni, al Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato –, ai fini delle necessarie verifiche in relazione agli oneri aggiuntivi che devono trovare copertura nei mezzi finanziari predisposti dalla legge.

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ALLEGATO 3

5-12318 Gullo: Sulla legittimità della delibera di nomina del direttore sanitario aziendale degli Istituti Fisioterapici Ospitalieri (IFO).

TESTO DELLA RISPOSTA

  Prima di entrare nel merito del quesito posto dagli onorevoli interroganti è doveroso fare una premessa di natura generale in merito ai compiti di vigilanza di competenza di questo Ministero nei confronti degli IRCCS.
  Devo evidenziare, infatti, che l'articolo 1 del decreto legislativo n. 288 del 2003 è stato parzialmente censurato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 270/2005, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale proprio della previsione relativa ai compiti di controllo in capo al Ministero della salute.
  In effetti il riconoscimento, da parte del legislatore, degli IRCCS non solo come «enti a rilevanza nazionale» ma anche come «enti autonomi», dotati di propri statuti ed organi di controllo interni ed operanti nell'ambito della legislazione regionale di tipo concorrente, ha reso manifesta l'illegittimità costituzionale dell'attribuzione a questo Dicastero di veri e propri poteri di controllo su tali enti.
  Pur nella consapevolezza di quanto sopra, il Ministero della salute è, tuttavia, a conoscenza del caso specifico posto dagli onorevoli interroganti, in merito al quale ha voluto comunque effettuare un approfondimento, tuttora in corso di definizione, da cui è emerso il seguente, complesso quadro, che mi accingo ad illustrare.
  L'articolo 1 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, ha abrogato l'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, che dettava la disciplina generale del trattenimento in servizio dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, sopprimendo il relativo istituto.
  In alcuni casi, tuttavia, l'ente di appartenenza è ancora tenuto a proseguire il rapporto di lavoro e tale prosecuzione non costituisce un trattenimento vietato dalla legge. Ciò si verifica, ad esempio, quando il lavoratore non matura alcun diritto alla pensione al compimento dell'età limite ordinamentale o al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia.
  Per i dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, l'articolo 15-nonies del decreto legislativo n. 502 del 1992 ha, inoltre, previsto che gli stessi possano chiedere la permanenza in servizio oltre i limiti di età, ancorché sia stato raggiunto il diritto alla pensione.
  La riforma operata dal decreto-legge n. 90 del 2014 sopra citato, come confermato anche dalla Circolare della funzione pubblica 2/2015, non ha coinvolto la normativa speciale prevista dall'articolo 15-nonies del decreto legislativo n. 502 del 1992, come modificato dall'articolo 22 della legge 4 novembre 2010, n. 183, che prevede che i dirigenti medici e del ruolo sanitario possano, previa istanza, permanere in servizio oltre il 65o anno di età per raggiungere i 40 anni di servizio effettivo, purché non venga superato il limite di 70 anni di età e purché la permanenza in servizio non dia luogo ad un aumento del numero dei dirigenti.
  D'altra parte l'articolo 11 del decreto legislativo n. 288 del 2003 al comma 3, prevede che «...Le funzioni di direttore Pag. 166sanitario e di direttore amministrativo cessano al compimento del sessantacinquesimo anno di età, fermi restando gli effetti di cui all'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503».
  Il riferimento, contenuto in tale articolo, alla possibilità di applicare le previsioni dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 503 del 1992 deve, oggi, intendersi riferito, per effetto dell'abrogazione del citato articolo 16, ad opera del decreto-legge n. 90 del 2014, al regime speciale dei dirigenti medici del ruolo sanitario, introdotto, successivamente, dalla legge n. 183 del 2010.
  La giurisprudenza costituzionale, citata anche dagli onorevoli interroganti, ha, come noto, censurando talune leggi regionali in contrasto con il comma 3 dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 288 del 2003, ritenuto dalla Corte uno dei principi fondamentali, dettati dallo Stato, per i profili attinenti l'organizzazione dell'assistenza sanitaria.
  Invero, proprio tale disposizione normativa, pur sancendo il principio della cessazione degli incarichi al compimento del 65o anno, consentiva, comunque, il ricorso all'istituto previsto dall'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 sul trattenimento in servizio dei dipendenti pubblici, ammettendo, quindi, anche in passato, la possibilità di superare il limite di età, previsto per lo svolgimento delle funzioni legate a quegli incarichi, in applicazione delle specifiche regole previste dal sistema previdenziale dei lavoratori pubblici; possibilità, oggi, prevista dall'articolo 15-nonies del decreto legislativo n. 502 del 1992.
  Sulla base di quanto brevemente illustrato, posso dunque rassicurare gli onorevoli interroganti che, pur nei menzionati limiti in cui può operare l'attività di vigilanza del Ministero della salute, continuerà l'approfondimento della tematica segnalata, se del caso investendo anche gli ulteriori organi ed amministrazioni competenti, al fine di garantire una corretta interpretazione del quadro normativo segnalato, pur nella consapevolezza della sua obiettiva complessità.

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ALLEGATO 4

5-12317 Fucci: Sull'aggiornamento della lista dei farmaci di classe C.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come noto, ai fini della fornitura al pubblico, i medicinali si dividono in due categorie principali: farmaci che possono essere acquistati senza presentazione di ricetta medica e farmaci acquistabili solo dietro presentazione della prescrizione del medico.
  Con l'articolo 5 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006, è stata consentita la vendita al di fuori delle farmacie solo dei medicinali di automedicazione acquistabili senza ricetta medica, in quanto essi riguardano, generalmente, patologie di minor rilievo e che non attengono ai livelli essenziali di assistenza farmaceutica da assicurare con carattere di uniformità a tutti gli aventi diritto, e non si pongono, quindi, nell'ambito dei rapporti fra farmacisti e Servizio Sanitario Nazionale.
  Con il decreto-legge n. 201 del 2011, è stato avviato un primo tentativo di estensione della possibilità di vendita di tutti i farmaci di fascia C (con o senza ricetta medica) presso gli esercizi presidiati da un farmacista.
  Nella convinzione che il farmacista costituisca il soggetto in grado di offrire le migliori garanzie di tutela della salute nella fase di fornitura dei medicinali alla popolazione, il decreto-legge n. 201 del 2011 ha stabilito che negli esercizi commerciali di cui al decreto-legge n. 223 del 2006, che ricadono nel territorio di Comuni aventi popolazione superiore a quindicimila abitanti e, comunque, al di fuori delle aree rurali, possono essere venduti, fatta eccezione per i medicinali stupefacenti e i farmaci erogati dal Servizio Sanitario Nazionale, anche i farmaci dietro prescrizione medica di fascia C a totale carico degli assistiti.
  La legge n. 214 del 2011 di conversione del predetto decreto-legge, ha tuttavia nuovamente stabilito che la vendita dei farmaci su ricetta medica è di esclusiva competenza delle farmacie.
  Ai sensi della normativa vigente, dunque, negli esercizi commerciali diversi dalle farmacie, possono essere venduti, senza ricetta medica, anche i medicinali di fascia C, ad eccezione dei medicinali contenenti sostanze psicotrope e stupefacenti e dei medicinali soggetti a prescrizione da rinnovare volta per volta, nonché dei farmaci del sistema endocrino e di quelli somministrabili per via parenterale.
  Detta legge ha stabilito, inoltre, che il Ministero della salute, sentita l'Agenzia Italiana del Farmaco, individua un elenco, periodicamente aggiornabile, dei farmaci di fascia C per i quali permane l'obbligo di ricetta medica e dei quali non è consentita la vendita negli esercizi commerciali diversi dalle farmacie.
  L'elenco dei medicinali per i quali permane l'obbligo di ricetta medica è stato individuato dal d.m. 15 novembre 2012, successivamente aggiornato con i decreti del direttore generale competente del 21 febbraio 2014 e 8 maggio 2014.
  Con tali provvedimenti sono stati redatti ed aggiornati sia l'elenco dei medicinali di fascia C vendibili negli esercizi commerciali senza ricetta medica sia l'elenco dei medicinali per i quali permane l'obbligo di ricetta e vendibili esclusivamente in farmacia.
  In particolare, l'Agenzia Italiana del Farmaco definisce per ciascun medicinale Pag. 168il regime di fornitura (farmaco con ricetta medica, medicinale senza obbligo di prescrizione ma non da banco, medicinale da automedicazione-da banco) e, in seguito al rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio, può adottare una modifica del regime di fornitura dietro richiesta delle aziende farmaceutiche ovvero direttamente.
  I criteri su cui si basa il regime di fornitura dei medicinali senza ricetta contemplano i dati clinici a supporto della sicurezza d'uso, la diagnosi individuabile dal paziente senza medico, l'assenza di misure restrittive per motivi di sicurezza, un rischio molto basso di uso non corretto o di abuso del farmaco, l'assenza di un mascheramento di eventuali patologie più gravi, la sussistenza di principi attivi che necessitano di ulteriori studi clinici, la breve durata del trattamento terapeutico.
  La finalità dell'elenco dei medicinali contenuto nei decreti del 2012 e del 2014 è stata quella di individuare una lista di farmaci autorizzati con il regime di fornitura «ricetta ripetibile (RR)», i quali possano passare al regime di dispensazione senza prescrizione, onde consentirne la vendita nelle parafarmacie e nei supermercati.
  L'aggiornamento dell'elenco non è tuttavia sottoposta a parametri temporali predeterminati: essa, dunque, avviene laddove si ravvisi la necessità di provvedere al suo aggiornamento, come in effetti è avvenuto tra il 2012 ed il 2014, quando l'Agenzia è intervenuta con alcune modifiche alla lista, senza peraltro modificare sostanzialmente l'elenco.
  Preciso, peraltro, che la revisione di tale elenco viene condotta sulla base di dati scientifici e non di considerazioni economiche: prova ne è che in taluni casi è stato ripristinato il precedente obbligo di prescrizione, sulla base di preminenti esigenze di tutela della salute.
  Concludo rassicurando gli onorevoli interroganti che, come dimostrato dalla frequenza con la quale, negli ultimi anni, si è inteso provvedere all'aggiornamento dell'elenco in parola, tale approccio proattivo continuerà a caratterizzare l'attività di impulso del Ministero della salute e quella, più prettamente tecnica, dell'Aifa.