CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 28 settembre 2017
883.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2017 (Doc. LVII, n. 5-bis, Allegato I e Annesso).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

  La III Commissione (Affari esteri e comunitari),
   esaminata per le parti di competenza la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2017 (Doc. LVII, n. 5-bis, Allegato I e Annesso);
   preso atto dei dati concernenti il prodotto interno lordo e l'occupazione, da cui emerge il rafforzamento della ripresa dell'economia italiana a partire dall'ultimo trimestre del 2016;
   evidenziato l'incremento del PIL reale nei tre trimestri più recenti, pari allo 0,4 per cento circa, con un tasso di crescita tendenziale nel secondo semestre pari all'1,5 per cento, al quale corrisponde, sul fronte dell'occupazione, nella prima metà dell'anno un aumento degli occupati pari all'1,1 per cento su base annua;
   sottolineato che tali dati si inseriscono in un contesto europeo nel quale è previsto un rallentamento della crescita nel 2018, e ciò in ragione di fattori geopolitici, con particolare riferimento alla Brexit e alle tendenze protezionistiche di Paesi tradizionalmente impegnati nel libero scambio;
   quanto al più ampio contesto internazionale, evidenziata la previsione del FMI circa una crescita del PIL mondiale pari al 3,5 per cento nel 2017 e del 3,6 per cento nel 2018, con una proiezione di lieve accelerazione della crescita per l'area euro dell'1,9 per cento per il 2017;
   sottolineato, quindi, il segno moderatamente positivo dell'effetto netto della revisione delle variabili esogene internazionali sulla crescita dell'economia italiana, destinato a crescere nel 2018;
   preso atto della performance positiva delle esportazioni italiane nel corso del primo semestre del 2017 (+8,0 per cento rispetto all'anno precedente), grazie ad una crescita diffusa in tutti i mercati di sbocco, con il maggior contributo proveniente dall'area extra-europea (9,1 per cento) rispetto a quello dei paesi europei (7,2 per cento),
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-12287 Scagliusi: Sull'attuazione della Convenzione de l'Aja del 25 ottobre 1980, in relazione al rientro di un minore dalla Grecia in Italia.

TESTO DELLA RISPOSTA

Il caso della minore in questione, nata dall'unione tra un connazionale e una cittadina greca, è ben noto alla nostra Ambasciata ad Atene che segue il caso con la dovuta attenzione in stretto raccordo con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  La nostra Rappresentanza si è messa a disposizione del connazionale – che è stato ricevuto recentemente anche dall'Ambasciatore – al fine di fornirgli ogni possibile assistenza.
  L'Ambasciata è inoltre riuscita a stabilire un positivo contatto con la madre della minore ed il suo legale, incontrandola quest'anno già due volte in Ambasciata assieme alla bambina, che è apparsa in buone condizioni di salute. Ha svolto a più riprese tentativi di composizione del conflitto e non ha mancato di rappresentare alla madre la necessità di mantenere un costante contatto con il padre, fornendogli informazioni, foto e video della bambina.
  La questione nasce nel dicembre 2015, quando la signora, al settimo mese di gravidanza, ha deciso, con l'accordo del marito, di tornare in Grecia per essere vicina alla famiglia d'origine in occasione del parto. Il 3 febbraio 2016 è nata una bambina. Da allora madre e figlia non hanno più fatto rientro in Italia.
  Il padre, assistito dai suoi legali di fiducia, ha promosso una serie di giudizi in Italia e in Grecia per ottenere il rimpatrio della piccola. L'Autorità centrale italiana non ha accettato la richiesta del connazionale di presentare un'istanza di ritorno, sul presupposto che la neonata non avesse mai risieduto stabilmente in Italia. Parimenti il Tribunale e la Corte d'Appello di Ancona hanno dichiarato il «non luogo a procedere» sulla domanda di rientro presentata dal connazionale per difetto di giurisdizione territoriale, rimandando alla competenza del giudice greco.
  Nel febbraio di quest'anno il Tribunale di Atene, investito della questione, ha sospeso il giudizio innanzi a sé, rimandando il caso alla Corte di Giustizia Europea perché si pronunciasse sull'interpretazione dell'articolo 11, par. 1, Reg. (CE) 2201/2003 relativo al concetto di residenza stabile di un nascituro. Con sentenza dello scorso 8 giugno la Corte di Giustizia ha ritenuto che non sia ravvisabile una sottrazione o un trattenimento illecito di minore all'estero quando il minore sia nato in un Paese diverso da quello di previa residenza abituale dei genitori. Il procedimento innanzi al Tribunale di Atene è, quindi, ripreso il 20 settembre scorso e si attende ora la pronuncia del giudice.
  Anche il Ministero della giustizia italiano, in linea con quanto espresso dalla Corte ai Giustizia Europea, esclude l'applicazione a questo caso della Convenzione de l'Aja e del Regolamento CE 2201/2003. L'orientamento interpretativo ormai prevalente tra gli organi giurisdizionali di tutti i Paesi aderenti alla Convenzione esclude la possibilità di esercitare l'azione di rientro, qualora l'allontanamento forzato del minore da uno dei contitolari della responsabilità genitoriale non ne Pag. 44comporti uno sradicamento materiale dal centro ove si svolgeva in precedenza la sua esistenza quotidiana.
  La nostra Ambasciata ha comunque informato il connazionale di strumenti alternativi di tutela, come la possibilità – una volta concluso il giudizio ad Atene sul ritorno della minore – di presentare all'Autorità Centrale un'istanza di regolamentazione del suo diritto di visita alla figlia. Va ovviamente tenuto conto anche del giudizio di separazione promosso in Italia innanzi al Tribunale di Ancona e del ricorso per la dichiarazione di decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-12288 Fitzgerald Nissoli: Sulla concessione da parte degli Stati Uniti del visto «A2» agli impiegati a contratto della rete diplomatico-consolare.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con Nota Verbale del 23 agosto 2016 il Dipartimento di Stato ha diramato un Manuale relativo alle nuove procedure sugli accreditamenti del personale diplomatico, tecnico-amministrativo e locale in servizio negli Stati Uniti. In particolare, per quanto riguarda i dipendenti a contratto in possesso di visto di tipo A2 che non hanno cittadinanza statunitense o permanent resident card (cosiddetta green card), la nuova disciplina prevede che la permanenza sul suolo statunitense non potrà essere protratta per un periodo superiore ai cinque anni. Secondo le informazioni fornite dal Dipartimento di Stato tale scadenza potrà essere estesa fino al 22 agosto 2021, mentre i nuovi assunti con visto A2 potranno prestare servizio per un periodo massimo di 5 anni.
  Alla luce di tali innovazioni introdotte alla disciplina in vigore, l'Ambasciata d'Italia a Washington, su istruzione della Farnesina, ha compiuto una serie di passi nei confronti delle autorità locali, in stretto coordinamento con la Delegazione dell'Unione europea e gli altri partner europei, al fine di ricercare una soluzione che consenta la permanenza del personale a contratto in possesso di visto A2 oltre la scadenza prevista dalla nuova circolare, in considerazione della rilevanza del ruolo svolto da tale categoria di personale a beneficio delle relazioni tra i due Paesi.
  L'unica soluzione prospettata dal Dipartimento di Stato è l'ottenimento da parte degli interessati del permesso di residenza permanente nel Paese (green card). L'Amministrazione degli esteri si è pertanto impegnata a porre in essere ogni attività volta a favorire l'ottenimento della green card da parte dei soggetti attualmente in possesso di visto A2, prendendo contatto, tramite l'Ambasciata a Washington, anche con le autorità governative preposte al rilascio di tali titoli di soggiorno, in particolare con il Department of Homeland Security-Immigration, e assicurandosi che il personale interessato attivasse le procedure per il rilascio della green card. Nell'incontro citato dagli interroganti, svoltosi il 27 giugno e organizzato proprio dalla nostra Ambasciata, il Department of Homeland Security ha illustrato le opzioni normative disponibili per avviare la procedura di richiesta del permesso di soggiorno permanente e ha anticipato la pubblicazione da parte del Dipartimento di Stato di un nuovo manuale con più precise indicazioni riguardo la politica dei visti nei confronti del personale delle rappresentanze diplomatiche. Il Department of Homeland Security ha inoltre invitato i potenziali richiedenti della green card a rivolgersi anche a livello periferico agli uffici del Dipartimento di Giustizia per ottenere consulenza e assistenza legale in materia.
  Dalle risultanze emerse da un'indagine svolta dalla nostra Ambasciata, tra gli impiegati a contratto in possesso di visto A2, in totale 21, quelli non aventi titolo per ottenere la green card sarebbero una decina.
  Fermo restando il massimo impegno da parte del MAECI ad affiancare e assistere tutti i dipendenti nel processo di richiesta e ottenimento della green card, nei casi in cui non se ne dovessero Pag. 46verificare i requisiti si continuerà ad esplorare con il Dipartimento di Stato soluzioni alternative praticabili anche in un'ottica di necessaria reciprocità. In questo senso, l'Ambasciata d'Italia a Washington tornerà nei prossimi giorni a sollecitare le autorità statunitensi. È comunque doveroso evidenziare che le possibili soluzioni e i relativi limiti, così come tutta la regolazione in tema di immigrazione e permessi di residenza e lavoro, rientrano nelle prerogative del Governo statunitense in quanto espressione di uno Stato sovrano.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-12289 Quartapelle Procopio: Sulla repressione in Myanmar nei confronti nella minoranza Rohingya.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La situazione nel Rakhine (pron. Racain) è critica ormai da anni. Purtroppo si è assistito ad una escalation di violenza dopo l'attacco contro alcune postazioni di polizia nella notte tra il 24 e 25 agosto. L'attacco è avvenuto a poche ore dalla pubblicazione del Rapporto finale della Commissione Consultiva presieduta da Kofi Annan, istituita dal Governo birmano per studiare la situazione in Rakhine e proporre misure di riconciliazione. Secondo fonti attendibili, la reazione delle forze di sicurezza sarebbe stata molto dura. Si sarebbero anche registrati scontri tra le comunità buddiste e musulmane, che avrebbero entrambe iniziato a organizzare delle milizie. Secondo i dati ONU, vi sono oltre 400.000 rifugiati (per lo più musulmani e in buona parte donne e bambini) che avrebbero lasciato il Myanmar, pari a circa il 40 per cento dell'intera popolazione Rohingya. Come ho avuto modo di dire qualche giorno fa, c’è una grave carenza di tutto, soprattutto di rifugi, cibo e acqua pulita. Le condizioni sul posto mettono i bambini in serio pericolo di contrarre malattie legate all'acqua. L'ho detto pubblicamente e lo ribadisco qui oggi in Commissione: abbiamo un grandissimo compito di fronte a noi, quello di proteggere tutti e aiutare anche la popolazione del Bangladesh, povera anch'essa, a sostenere l'emergenza.
  Da quando la crisi è scoppiata, la situazione in Myanmar è stata oggetto di discussione già tre volte in Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e sarà discussa nuovamente proprio oggi pomeriggio. Ne è emersa la preoccupazione per l'eccessivo uso della forza da parte delle forze di sicurezza birmane e la richiesta al Governo del Myanmar di consentire l'accesso umanitario alle Nazioni Unite.
  Il Governo italiano ha intrapreso delle iniziative sia a livello diplomatico, nell'ambito dell'UE e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sia fornendo aiuti concreti tramite canali multilaterali.
  In ambito Nazioni Unite, già lo scorso marzo abbiamo sostenuto la risoluzione, promossa dall'Unione europea, con la quale il Consiglio Diritti Umani ha previsto l'invio di una cosiddetta « fact finding mission» internazionale per stabilire le circostanze delle presunte violazioni dei diritti umani da parte delle forze armate e militari, in particolare nel Rakhine. Nella sessione in corso a Ginevra del Consiglio Diritti Umani, l'Italia ha parimenti sostenuto la proposta UE di estendere la durata del mandato della missione da marzo a settembre 2018, incoraggiando le autorità birmane a garantire alla suddetta fact finding mission il pieno accesso al territorio.
  A margine dell'Assemblea Generale di settembre, abbiamo sostenuto e partecipato all'iniziativa del Segretario di Stato britannico, che ha convocato una riunione ristretta sul Myanmar, coinvolgendo il Governo birmano. Dalla riunione è emerso un nuovo appello alle autorità birmane a far cessare le violenze; a collaborare con le Nazioni Unite; a consentire il ritorno in sicurezza dei rifugiati e ad attuare nel lungo periodo le raccomandazioni del Rapporto Annan. È stata pure riconosciuta l'urgente esigenza di sostenere il Bangladesh nella difficile gestione del flusso dei profughi.Pag. 48
  In tutti i consessi multilaterali che ho citato, l'Italia ha chiesto che le operazioni di sicurezza siano svolte nel rispetto dei diritti dell'uomo e che i civili vengano protetti. Riteniamo infatti che il ciclo di violenza vada interrotto, subito. L'accesso umanitario va garantito per fornire aiuto a tutte le comunità che ne hanno bisogno. Le autorità birmane devono consentire alle Nazioni Unite e alle agenzie umanitarie di intervenire sul campo, cosa che oggi non è. A quanti sono fuggiti, deve essere consentito il ritorno, in sicurezza e dignità. Andranno poi affrontate le cause strutturali della crisi. Un approccio globale e inclusivo per lo sviluppo socioeconomico del Rakhine è fondamentale per la riconciliazione. Le raccomandazioni della Commissione Annan si muovono in questa direzione e il Governo birmano si è impegnato ad attuarle, con il sostegno della comunità internazionale.
  Il Governo italiano è intervenuto non solo a livello diplomatico ma fornendo aiuti concreti per la popolazione.
  Abbiamo disposto lo stanziamento di 500.000 euro al Programma Alimentare Mondiale per finanziare la distribuzione di razioni alimentari ai rifugiati Rohingya in Bangladesh, pochi giorni fa.
  Abbiamo inoltre dato 1 milione di euro a favore dell'Alto Commissario per i Rifugiati per progetti diretti a favorire lo sviluppo economico e il dialogo tra le comunità nel Rakhine, in particolare tramite progetti comunitari volti a proteggere e aiutare più di 40.000 persone provenienti dai gruppi minoritari più vulnerabili del Rakhine. La Comunità internazionale però può e deve fare di più. Da qui l'appello che ho lanciato a non perdere più tempo e a passare dalle parole di solidarietà ai fatti, anche perché nei 77 milioni attesi da UNHCR ne sono arrivati non più di 10.
  Il Governo italiano continuerà a seguire da vicino l'evoluzione degli eventi insieme con i partner UE e in ambito Nazioni Unite, per contribuire ad affrontare la crisi umanitaria e per favorire una soluzione di lungo periodo, nell'interesse del successo della piena transizione democratica in Myanmar.