CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 6 settembre 2017
871.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-11089 Giacobbe: Tempi di pagamento da parte dell'INPS dei contributi alla rete pubblica dei servizi per l'infanzia e ai servizi privati accreditati, in attuazione dell'articolo 4, comma 24, lettera b), della legge n. 92 del 2012.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare degli onorevoli Giacobbe e altri, inerente ai tempi di pagamento, da parte dell'INPS, dei contributi per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, in alternativa al congedo parentale, preliminarmente, è opportuno evidenziare che il contributo per la fruizione dei servizi per l'infanzia erogati dalle strutture della rete pubblica e da quelle private accreditate può essere corrisposto dall'INPS solo se il servizio viene svolto da una struttura scelta dalla lavoratrice tra quelle presenti nell'elenco gestito dall'istituto. Tale elenco è pubblicato sul sito web istituzionale dell'INPS ed è aggiornato in tempo reale per consentire alle lavoratrici di consultarlo prima di effettuare l'iscrizione del bambino alla struttura prescelta e di presentare la domanda di ammissione al beneficio. Parimenti, sul sito istituzionale dell'INPS sono pubblicate le istruzioni per l'iscrizione o la conferma delle strutture eroganti servizi per l'infanzia, nonché le modalità di pagamento delle stesse.
  Secondo quanto disposto dalla circolare n. 169 del 16 dicembre 2014, il pagamento del contributo viene effettuato direttamente dall'INPS alla struttura prescelta fino ad un massimo di 600 euro mensili per ogni bambino e per un periodo massimi di sei mesi, sulla base delle mensilità concesse alla beneficiaria. Le somme verranno erogate, nei termini di legge, a seguito dell'invio, da parte della struttura, della richiesta di pagamento alla sede provinciale INPS territorialmente competente. Unitamente alla richiesta di pagamento, le strutture sono tenute ad inviare il modello di delegazione liberatoria e la dichiarazione della madre beneficiaria di utilizzo del contributo economico. In assenza di tale documentazione, l'INPS non potrà procedere al pagamento.
  Tanto premesso, con riferimento al quesito formulato dagli interroganti, l'INPS ha comunicato che i tempi di pagamento dei rimborsi agli asili sono generalmente solleciti. La sede provinciale INPS territorialmente competente, infatti, una volta ricevuta la fattura dalla struttura convenzionata, provvede ad acquisirla a sistema disponendo il pagamento e la contestuale liquidazione.
  L'INPS ha, inoltre, precisato che i ritardi verificatesi in passato sono stati per lo più legati a problemi di documentazione incompleta o non correttamente compilata dalle strutture che, peraltro, in alcuni casi non si erano correttamente accreditate. In altri casi, invece, i ritardi sono stati determinati dalla incongruenza tra i dati comunicati all'INPS dalla struttura ai fini del pagamento e quelli in possesso dell'istituto. Tali incongruenze hanno di conseguenza comportato la necessità di effettuare controlli prima di procedere ai pagamenti.
  Da ultimo, per quanto riguarda il rischio paventato dagli interroganti in ordine ai possibili effetti dei ritardi nei pagamenti sui bilanci dei Comuni, PINPS ha precisato che la situazione è costantemente monitorata e che eventuali ritardi vengono tempestivamente segnalati alle sedi territoriali competenti al fine di porre in essere tutte le attività necessarie a porvi rimedio.

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ALLEGATO 2

5-11964 Rondini: Svolgimento di attività lavorativa da parte dei titolari di permesso di soggiorno per richiesta asilo.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il quadro normativo in materia di accoglienza, delineato nel decreto legislativo 142 del 2015 (attuativo della direttiva n. 2013/33/UE in materia di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e della direttiva n. 2013/32/UE in materia di procedure comuni ai fini del riconoscimento dello status di protezione internazionale) autorizza il richiedente la protezione internazionale a rimanere sul territorio dello Stato per il tempo necessario alla decisione della Commissione territoriale. In particolare, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 142 del 2015, il richiedente può ottenere, in attesa dell'esito del procedimento di riconoscimento della protezione internazionale, un permesso di soggiorno per richiesta di asilo della durata di sei mesi. Tale permesso è rinnovabile fino alla decisione della domanda da parte della Commissione o comunque per il tempo in cui è autorizzato a rimanere sul territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 35-bis, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 25 del 2008. Inoltre, ai sensi dell'articolo 22, comma 1, del decreto legislativo n. 142 del 2015, decorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda di protezione internazionale, ai richiedenti è consentito svolgere attività, lavorativa se il procedimento di esame della domanda non è concluso ed il ritardo non può essere attribuito al richiedente.
  Al riguardo voglio sottolineare che tale disposizione è in linea con i principi dettati dalla direttiva n. 2013/33/UE che mira ad agevolare l'accesso al mercato del lavoro per i richiedenti protezione internazionale. Infatti l'articolo 15 della direttiva prevede che: «Gli Stati membri garantiscono l'accesso dei richiedenti presentazione della domanda di protezione al mercato del lavoro entro nove mesi dalla data di protezione internazionale nei casi in cui l'autorità competente non abbia adottato una decisione in primo grado e il ritardo non possa essere attribuito al richiedente».
  Ricordo, inoltre, che anche il Piano d'azione sull'integrazione dei cittadini di paesi terzi del 7 giugno 2016 della Commissione Europea incoraggia gli Stati membri a sostenere l'inserimento accelerato nel mercato del lavoro dei richiedenti protezione internazionale, anche attraverso corsi che associno la formazione linguistica alla formazione sul posto di lavoro, unitamente ad una tempestiva valutazione, convalida e riconoscimento delle competenze e delle qualifiche possedute dagli stessi.
  In riferimento al quesito circa la tipologia contrattuale da applicare alla fattispecie in parola, segnalo che l'articolo 22 del decreto legislativo n. 142 del 2015, attraverso l'utilizzo della locuzione «attività lavorativa», non ha limitato l'accesso al mercato del lavoro a una o più tipologie di rapporto di lavoro, né tale limitazione è deducibile per relationem dal testo unico dell'immigrazione, dal regolamento di attuazione dello stesso o da altre norme speciali. L'unico requisito richiesto per l'accesso al lavoro è che siano trascorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda di protezione internazionale. All'atto della conclusione del procedimento di valutazione della richiesta di protezione internazionale, se viene riconosciuto lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria Pag. 29o umanitaria, il relativo permesso di soggiorno consente di proseguire il rapporto di lavoro nelle forme individuate dalle parti.
  Il comma 2 dell'articolo 22 prevede, inoltre, che il permesso di soggiorno per richiesta di asilo non possa essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Sul punto, inoltre, la circolare n. 14751 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 26 luglio 2016 ha precisato che risultano del tutto differenti i presupposti e i requisiti necessari per il rilascio dei due provvedimenti autorizzatori.
  Con riferimento agli oneri a carico del datore di lavoro in caso di esito negativo della procedura di riconoscimento della protezione internazionale, rappresento che la chiusura del rapporto di lavoro segue le regole individuate dalla normativa di settore in relazione alla natura lei contratto di lavoro utilizzato e di conseguenza alla disciplina applicabile allo stesso.
  Da ultimo rendo noto che, al 31 marzo 2017, sono 19.722 i lavoratori richiedenti asilo hanno un rapporto di lavoro «attivo» instaurato nel periodo da aprile 2011 a marzo 2017.

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ALLEGATO 3

5-12010 Miccoli: Attività dell'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP) e stabilizzazione del personale con contratto a tempo determinato impiegato dal medesimo Istituto.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare dell'onorevole Miccoli concernente l'attività dell'istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP) e la stabilizzazione del personale con contratto a tempo determinato impiegato dal medesimo Istituto voglio preliminarmente ricordare che in linea con il nuovo assetto di governance delle politiche del lavoro in Italia, ridisegnato dal decreto legislativo n. 150 del 2015, l'INAPP svolge, ai sensi dell'articolo del decreto legislativo n. 150 del 2015, attività di analisi, monitoraggio e valutazione delle politiche del lavoro e dei servizi per il lavoro e più in generale si occupa di tutte le politiche economiche che hanno effetti sul mercato del lavoro.
  È utile chiarire che – solo in occasione di un convegno sul ruolo dell'INAPP, svoltosi il 23 maggio scorso – il Presidente dell'istituto non ha presentato, come riferito nell'atto parlamentare, una proposta per la ridefinizione dei compiti dell'istituto, ma ha semplicemente illustrato una strategia scientifica di rilancio dell'istituto, pienamente coerente con la mission prevista dal decreto legislativo n. 150 del 2015, e incentrata sul tema del «cambiamento tecnologico, futuro del lavoro e investimenti sociali».
  Ciò premesso, per quanto concerne il nuovo Statuto dell'INAPP, faccio presente che i recenti provvedimenti normativi, e in particolare il decreto legislativo n. 218 del 2016 recante «Semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca» hanno introdotto cambiamenti procedurali e sostanziali che hanno avuto un impatto rilevante sulla procedura di revisione statutaria, avviata già dal 2016. Sul punto, segnalo che il Ministero che rappresento ha avanzato alcune proposte allo schema di statuto presentato dall'INAPP per il previsto parere, al fine di confermare e rafforzare la funzione dell'istituto in qualità di ente in house del Ministero del lavoro.
  Per quanto concerne la definizione del ruolo di Organismo intermedio per accedere alle risorse del Fondo sociale europeo, segnalo che l'ANPAL, in qualità di autorità di gestione dei programmi operativi nazionali, ha già avviato un'interlocuzione e un confronto collaborativo volto alla formalizzazione del ruolo di Organismo intermedio dell'INAPP. In tale cornice, di Organismo intermedio dovrà garantire non solo la propria solvibilità e la propria capacità di gestione amministrativa e finanziaria, ma soprattutto la coerenza delle azioni svolte con gli obiettivi specifici fissati nel programma operativo e adottati con decisione comunitaria.
  Relativamente alla stabilizzazione del personale che collabora con l'INAPP, tale questione appare strettamente condizionata dalla disponibilità di adeguate risorse finanziarie in bilancio oltre che alla compiuta attuazione di quanto previsto dal decreto legislativo n. 218 del 2016 concernente il riordino degli enti pubblici di ricerca. A tale proposito, il Ministero che rappresento, sia in riferimento all'esercizio finanziario 2017, sia in vista del prossimo esercizio finanziario 2018 ha ritenuto opportuno formulare e sostenere ipotesi normative integrative dell'ammontare del contributo ordinario destinato Pag. 31all'istituto a valere sulle risorse del bilancio nazionale, in misura quantomeno corrispondente ai tagli lineari che il bilancio dell'INAP aveva subito per effetto della cosiddetta spending review.
  Infine, voglio chiarire che i rapporti tra INAPP e ANPAL sono improntati alla massima collaborazione, come è doveroso tra enti pubblici ed in particolar modo nel caso di enti entrambi vigilati dal Ministero del lavoro. Preciso, altresì, chi l'ANPAL non esercita alcuna funzione di vigilanza né di indirizzo nei confronti dell'INAPP e che le eventuali azioni di riassetto dell'istituto non possono in alcun modo essere collegate a rapporti di natura finanziaria tra il medesimo Istituto e l'ANPAL.
  Concludo rassicurando l'onorevole interrogante che il Ministero che rappresento, in qualità di Amministrazione vigilante, concorre affinché il ruolo dell'INAPP quale ente in house, si sviluppi, in sinergia con gli altri soggetti titolari delle funzioni disciplinate dal decreto legislativo n. 150 del 2015, in un'ottica di valorizzazione delle competenze di ciascun organismo.