CAMERA DEI DEPUTATI
Venerdì 28 luglio 2017
863.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

DL 91/2017: Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno. C. 4601 Governo, approvato dal Senato.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La VI Commissione,
   esaminato, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, il disegno di legge C. 4601, approvato dal Senato, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, recante disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno;
   sottolineata l'importanza del provvedimento, il quale reca un insieme articolato di disposizioni volte a dare impulso alla crescita del Mezzogiorno, destinandovi risorse e incentivando l'utilizzo di strumenti imprenditoriali già esistenti, prevedendo inoltre semplificazioni per agevolare i cittadini e gli investimenti, anche nel settore agricolo, misure in favore dei giovani imprenditori e delle politiche attive del lavoro, interventi a favore delle aree colpite dagli eventi sismici del 2016, misure per facilitare la realizzazione di infrastrutture, disposizioni per la tutela ambientale e del territorio, nonché norme per contrastare i fenomeni della dispersione scolastica e della marginalità sociale;
   rilevato in particolare, per quanto attiene ai profili di carattere tributario, come il decreto-legge preveda l'istituzione di zone economiche speciali assistite da un regime fiscale di vantaggio, estenda il termine temporale per l'effettuazione degli investimenti ammessi al beneficio fiscale del cosiddetto «iperammortamento», rafforzi le agevolazioni tributarie in favore dei contribuenti colpiti dagli eventi sismici avvenuti a far data dal 24 agosto 2016, oltre ad adeguare alla recente giurisprudenza in materia la disciplina relativa ai rimborsi d'imposta nei confronti dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente osservazione:
   con riferimento all'articolo 4, il quale, nel definire le condizioni per l'istituzione di zone economiche speciali, al comma 2 prevede che esse devono comprendere almeno un'area portuale, valuti la Commissione di merito l'opportunità di integrare la disposizione nel senso di far riferimento non solo alle aree portuali ma anche alle zone industriali, al fine di assicurare la massima efficacia alla previsione, tenendo conto delle realtà, diffuse in alcune regioni del Mezzogiorno, nelle quali vi è continuità, anche funzionale, tra l'area portuale e la zona industriale.

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ALLEGATO 2

5-11979 Pelillo: Iniziative per garantire la tempestività dei rimborsi IVA in favore dei consorzi che hanno come committenti soggetti cui si applica il meccanismo del cosiddetto split payment.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli onorevoli interroganti evidenziano che il meccanismo della scissione dei pagamenti (split payment) di cui all'articolo 17-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 – introdotto ai sensi della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015) è suscettibile di determinare una criticità nella gestione finanziaria delle imprese che hanno come committenti prevalentemente Pubbliche Amministrazioni.
  In linea generale, infatti, per i soggetti cui si applica il citato meccanismo, deve registrarsi una costante posizione a credito ai fini IVA, con contestuale carenza di liquidità e un conseguente ricorso al mercato del credito da parte di detti operatori.
  In particolare, a parere degli onorevoli interroganti, nel caso di strutture consortili, il recupero del credito IVA che si genera in capo al consorzio è ancora più difficoltoso.
  Al fine di ovviare a tale criticità, l'articolo 1, comma 128, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) ha introdotto il meccanismo del reverse charge per le prestazioni di servizi rese dalle imprese consorziate nei confronti del consorzio di appartenenza che risulti aggiudicatario di una commessa nei confronti di un soggetto cui si applica il meccanismo della scissione dei pagamenti.
  Peraltro, l'efficacia della citata disposizione è subordinata alla preventiva autorizzazione da parte dei competenti organi della UE che, ad oggi, non risulta ancora rilasciata.
  Tanto premesso, gli Onorevoli interroganti chiedono di conoscere lo stato della procedura finalizzata all'ottenimento della menzionata autorizzazione da parte delle autorità unionali.
  Al riguardo, l'Amministrazione finanziaria riferisce che, in esito ad un'approfondita istruttoria, ha trasmesso la menzionata richiesta di deroga alla Commissione europea.
  A seguito di tale istanza, i competenti Servizi dell'Unione hanno inviato una richiesta di informazioni supplementari, relativa all'ambito di applicazione della misura con riferimento alla nozione di «consorzio», alla prevista riduzione del rischio di evasione fiscale in seguito all'applicazione della misura derogatoria, nonché al funzionamento della misura nella particolare situazione dei «consorzi di cooperative», essendo i Servizi dell'Esecutivo europeo interessati a valutare la potenziale efficacia del meccanismo di inversione contabile anche in questo caso specifico.
  Ciò posto, si rappresenta che l'Amministrazione finanziaria sta, proprio in questi giorni, predisponendo un'articolata risposta alle richieste della Commissione sulla base dei contributi trasmessi dai settori interessati dell'amministrazione stessa.

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ALLEGATO 3

5-11980 Gebhard: Misure per favorire la trasparenza delle partecipazioni azionarie superiori allo 0,5 per cento nelle banche italiane.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogazione in esame concerne gli obblighi di comunicazione dei nominativi degli azionisti con partecipazioni rilevanti in istituti di credito italiani.
  In particolare, si sottolinea l'importanza di conoscere il nominativo degli azionisti degli istituti di credito quotati, con una partecipazione superiore allo 0,50 per cento, – rispetto al 3 per cento attualmente previsto nel Testo Unico della Finanza (TUF), recato dal decreto legislativo n. 58 del 1998 – sia per l'importanza strategica del sistema economico-finanziario sia per prevenire eventuali situazioni di conflitto di interesse tra i soci degli istituti stessi e gli acquirenti di crediti deteriorati.
  Il richiamato obbligo oggi vigente, ad opinione degli onorevoli interroganti, non risulterebbe efficace poiché rimane non conosciuta la maggioranza dell'azionariato.
  La Banca d'Italia, sentita in proposito, ha fatto presente, in via preliminare, che la citata normativa di riferimento non è applicabile al solo settore bancario ma riguarda tutte le società quotate.
  Segnala, inoltre, che la soglia era precedentemente fissata al 2 per cento ed è stata di recente innalzata al 3 per cento – ad opera del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 25 – in occasione del recepimento della direttiva 2013/50/UE (che ha introdotto modifiche alla direttiva 2004/109, cosiddetta « transparency»).
  La specifica materia della trasparenza degli assetti proprietari è poi oggetto di regolamentazione attuativa da parte di Consob (cfr. cosiddetto «Regolamento Emittenti», adottato con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999), che, a sua volta, ha sottolineato le previsioni della normativa vigente, laddove la determinazione della soglia minima di trasparenza per le partecipazioni rilevanti detenute in società con azioni quotate (tra le quali rientrano anche le banche) è stabilita dall'articolo 120, comma 2 del decreto legislativo n. 58 del 1998 («TUF»), il quale dispone che «Coloro che partecipano in un emittente azioni quotate avente l'Italia come Stato membro d'origine in misura superiore al tre per cento del capitale ne danno comunicazione alla società partecipata e alla Consob. Nel caso in cui l'emittente sia una PMI, tale soglia è pari al cinque per cento».
  Inoltre, continua la Consob, ai sensi del combinato disposto della stessa norma e dell'articolo 117 del citato «Regolamento emittenti», la predetta comunicazione è dovuta altresì nel caso di:
   raggiungimento o superamento delle soglie del 5 per cento, 10 per cento, 15 per cento, 20 per cento, 25 per cento, 30 per cento, 50 per cento, 66,6 per cento e 90 per cento;
   riduzione della partecipazione al di sotto delle soglie sopra indicate.

  Quindi, relativamente all'esigenza di «conoscere chi siano gli azionisti con quote di partecipazione superiori allo 0,50 per cento degli istituti di credito italiani visto che il sistema economico finanziario è un asset strategico», atteso il quadro normativo vigente, Consob dichiara di non essere in possesso degli elementi informativi richiesti dagli interroganti.Pag. 127
  Si ritiene comunque utile segnalare che la richiamata recente direttiva, è stata emanata dai co-legislatori europei al fine di semplificare e ridurre gli oneri amministrativi per le società quotate, preservando nel contempo la trasparenza degli assetti proprietari.
  La disciplina europea, in particolare, comporta l'operare di obblighi di trasparenza e comunicazione alle Autorità e al mercato al raggiungimento di determinate soglie di partecipazione al capitale di una società, a partire da quella minima del 5 per cento, consentendo comunque agli Stati membri di prevedere ulteriori obblighi di notifica al raggiungimento di partecipazioni anche inferiori.
  L'attuale soglia del 3 per cento è stata scelta, anche sulla base degli esiti di una consultazione pubblica, perché ritenuta idonea a contemperare tra loro le diverse esigenze volte a garantire adeguata trasparenza al mercato sugli assetti proprietari ed evitare fenomeni di opacità informativa; consentire in special modo agli investitori istituzionali un investimento maggiore, senza che le proprie strategie siano rivelate agli altri partecipanti al mercato, ovviando alle conseguenze negative di quello che potrebbe definirsi come «effetto emulazione»; ridurre l'onere amministrativo sostenuto per adempiere agli obblighi di notifica, ricadenti sugli investitori ogni qual volta la loro partecipazione ecceda o scenda al di sotto della soglia di riferimento.
  Inoltre, un valore della prima soglia di comunicazione al 3 per cento allinea l'ordinamento nazionale a quanto previsto in alcuni dei principali Paesi europei.
  Il valore del 3 per cento è stato adottato nel Regno Unito, in Germania, Spagna, Olanda e Irlanda. La Francia non ha esercitato l'opzione e prevede la prima soglia di comunicazione al 5 per cento.
  Per quanto riguarda infine il richiamo ai non-performing loans (NPLs), ove dovessero esserci conflitti di interesse nelle operazioni sugli NPLs, questi andrebbero meglio approfonditi e valutati alla luce dei numerosi presidi già previsti dall'ordinamento (es. obbligo di disclosure e di astensione per amministratori nelle operazioni in conflitto di interessi; disciplina Consob e Banca d'Italia sulle operazioni con parti correlate; disciplina delle obbligazioni degli esponenti bancari e altro).

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ALLEGATO 4

5-11981 Zoggia: Iniziative per modificare le aliquote IVA al fine di agevolare i prodotti realizzati con tecnologie a basse emissioni inquinanti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il question time in esame viene chiesto di valutare l'opportunità di modulare le aliquote IVA allo scopo di agevolare i prodotti realizzati con tecnologie a basse emissioni inquinanti e scoraggiare la produzione con tecnologie ad alte emissioni inquinanti, al fine di garantire un recupero di competitività alle imprese nazionali che si impegnano al rispetto degli accordi internazionali sul clima effettuando investimenti finalizzati all'efficienza energetica e all'utilizzo di fonti rinnovabili.
  Al riguardo, occorre premettere che l'auspicata introduzione di misure fiscali nell'ambito del sistema dell'imposta sul valore aggiunto è subordinata ai vincoli imposti dalla normativa comunitaria.
  In particolare, in base alle disposizioni della Direttiva 2006/112/CE che disciplinano l'applicazione e la misura delle aliquote IVA (cfr. articoli 93 e seguenti), gli Stati membri applicano un'aliquota IVA «normale» e una o due aliquote ridotte.
  L'applicazione di aliquote in misura diversa rispetto a quella ordinaria per determinate cessioni di beni e prestazioni di servizi è ammessa – ai sensi dell'articolo 98 della Direttiva 2006/112/CE – limitatamente alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi tassativamente elencate nell'allegato III della medesima Direttiva 2006/112/CE.
  Pertanto, come riferisce l'Agenzia delle entrate, la modulazione delle aliquote IVA determinata in base alle tecniche di produzione dei beni e, in particolare, in funzione delle caratteristiche, in termini di impatto ambientale, dei processi produttivi, proposta dagli onorevoli Interroganti, ovvero l'introduzione di un'imposta maggiorata (rectius, aliquota maggiorata) o agevolata (rectius, aliquota ridotta), non è compatibile con la citata normativa comunitaria in materia di imposta sul valore aggiunto.
  Occorre, altresì, rilevare che la politica ambientale, che è una delle priorità del Governo, sia in ambito nazionale che in ambito internazionale, è stata perseguita fino ad oggi con gli strumenti individuati per realizzare l'obiettivo della crescita sostenibile non attraverso la modulazione delle aliquote IVA, che è un'imposta armonizzata a livello europeo, ma nell'introduzione della carbon tax e nella creazione e regolamentazione di mercati per i permessi di emissione negoziabili (in ambito UE lo European Union Emission Trading System).
  Infine, occorre rilevare che gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria hanno rappresentato che, allo stato, non è possibile procedere ad una valutazione tecnica circa l'opportunità di adottare le misure suggerite, né è possibile stimarne eventuali effetti quantitativi in termini di gettito, in quanto ciò sarebbe possibile in presenza di una concreta proposta volta ad un intervento nel senso auspicato dagli interroganti; intervento che necessiterebbe, comunque, di un approfondito studio.

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ALLEGATO 5

5-11982 Sottanelli: Chiarimenti circa l'ambito di applicazione della proroga dei termini previsti nel 2017 per i versamenti delle imposte.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli onorevoli Interroganti fanno riferimento al recente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 luglio 2017 recante il differimento dei termini per il versamento delle imposte sui redditi in favore dei titolari di reddito d'impresa.
  In particolare, gli Onorevoli interroganti segnalano talune criticità connesse a detta proroga prevista solo per il versamento delle imposte sui redditi e non anche per i pagamenti dovuti dalle imprese a titolo di IRAP, IVA, e di altre imposte diverse dalle imposte sui redditi.
  Al riguardo, gli onorevoli sollecitano chiarimenti interpretativi volti a precisare l'ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di proroga in questione, ed, inoltre, prospettano l'opportunità di includere nella proroga anche i versamenti per il 2017 di tutte le altre imposte collegate alla dichiarazione dei redditi.
  Al riguardo, si rappresenta che gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria hanno avviato le necessarie iniziative istruttorie preordinate all'adozione dei chiarimenti interpretativi sulle criticità segnalate dagli onorevoli interroganti.
  In relazione alla richiesta di prevedere un analogo differimento di termini di versamento anche a favore del titolari di reddito da lavoro autonomo, deve rilevarsi che, come riporta il comunicato stampa n. 131 del 26 luglio 2017, pubblicato nel sito istituzionale del Mef con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che verrà emanato nei prossimi giorni, sarà disposta la proroga al 20 agosto 2017 anche per i versamenti di imposta dei lavoratori autonomi.
  Pertanto, dal 21 luglio 2017 al 20 agosto 2017 anche i lavoratori autonomi potranno effettuare i versamenti delle imposte con una lieve maggiorazione, a titolo di interesse, pari allo 0,40 per cento.
  Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri uniformerà il trattamento tra titolari di reddito di impresa e titolari di reddito di lavoro autonomo.
  In dettaglio, i versamenti interessati dalla nuova scadenza sono quelli derivanti dalla dichiarazione dei redditi, dalla dichiarazione Irap e dalla dichiarazione in materia di imposta sul valore aggiunto.

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ALLEGATO 6

5-11983 Sibilia: Revoca della nomina dell'Avvocato Ernesto Maria Ruffini a Direttore dell'Agenzia delle entrate.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento di sindacato ispettivo in esame l'onorevole interrogante chiede la rimozione dell'avvocato Ernesto Maria Ruffini nominato Direttore dell'Agenzia delle entrate, con deliberazione del Consiglio dei ministri il 9 giugno scorso, in quanto in qualità di commissario straordinario, ha proceduto alla redazione dello statuto dell'Agenzia delle entrate-Riscossione e tale circostanza configurerebbe un'ipotesi di conflitto di interessi.
  L'interrogante rileva, in particolare, che lo statuto disciplina non solo settori sensibili come le funzioni e le competenze degli organi, le entrate dell'ente, i criteri concernenti la determinazione dei corrispettivi per i servizi prestati a soggetti pubblici o privati, ma altresì i rapporti tra l'Agenzia della riscossione e l'Agenzia delle entrate, regolati da una convenzione ai sensi dell'articolo 17 dello Statuto stesso.
  Al riguardo, si riferisce quanto segue.
  L'articolo 1 del decreto-legge 193 del 2016 dopo aver disposto l'istituzione dell'ente pubblico economico «Agenzia delle entrate-Riscossione» a far data dal 1o luglio 2017, ha previsto la nomina dell'Amministratore delegato di Equitalia S.p.A. quale commissario straordinario per:
   gli adempimenti propedeutici all'istituzione dell'ente;
   la vigilanza e la gestione della fase transitoria;
   l'elaborazione dello statuto ai fini della predisposizione della proposta da parte del Ministro dell'economia e delle finanze al Presidente del Consiglio dei Ministri cui il medesimo decreto-legge 193 ha demandato l'approvazione dell'atto.

  Con decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 16 febbraio del 2017, l'avvocato Ernesto Maria Ruffini, quale amministratore delegato di Equitalia S.p.a., è stato nominato Commissario straordinario ed ha provveduto, come da disposizione di legge, all'elaborazione dello schema di statuto, trasmettendolo al Ministro dell'economia e delle finanze in data 13 marzo 2017.
  L'avvocato Ruffini, al momento della nomina a Commissario straordinario e fino all'approvazione dello Statuto, avvenuta con decreto del presidente del Consiglio dei ministri 5 giugno 2017, non rivestiva alcun incarico presso l'Agenzia delle entrate.
  Pertanto, non si ravvisano profili di irregolarità nell'approvazione dello Statuto dell'Agenzia delle entrate – Riscossione, avvenuta nel rispetto delle previsioni normative e delle garanzie procedimentali previste dalla legge.
  Con riferimento all'articolo 17 dello Statuto dell'Agenzia delle entrate – Riscossione, si fa presente che esso – in considerazione dell'autonomia riconosciuta al nuovo EPE, ente strumentale all'Agenzia delle entrate – rinvia ad un atto di natura convenzionale la disciplina dei rapporti con quest'ultima per i servizi prestati e per la condivisione delle banche dati e delle informazioni necessarie per lo svolgimento del servizio della riscossione, in conformità a quanto disposto dall'articolo 3 del decreto-legge 193 del 2016.
  È, inoltre, opportuno ricordare che sono stati presentati numerosi atti di sindacato ispettivo incentrati sulla supposta inconferibilità dell'incarico di cui trattasi.Pag. 131
  L'Amministrazione finanziaria ha sempre riferito negli elementi di risposta a detti documenti di sindacato che:
   l'articolo 4 del decreto legislativo 39 del 2013 dispone, con riguardo alla inconferibilità di incarichi nelle amministrazioni statali, regionali e locali a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati, che a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall'amministrazione o dall'ente pubblico che conferisce l'incarico ovvero abbiano svolto in proprio attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall'amministrazione o ente che conferisce l'incarico, non possono essere conferiti:
    a) gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali;
    b) gli incarichi di amministratore di ente pubblico, di livello nazionale, regionale e locale;
    c) gli incarichi dirigenziali esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici che siano relativi allo specifico settore o ufficio dell'amministrazione che esercita i poteri di regolazione e finanziamento;
   tale disposizione mira ad evitare la provenienza immediata del soggetto, cui deve essere conferito l'incarico, da un ente di diritto privato la cui attività sia sottoposta a regolazione o a finanziamento da parte dell'amministrazione che conferisce l'incarico;
   si tratta di una misura generale a spiccato carattere preventivo che vieta l'accesso all'incarico qualora non sia decorso un periodo minimo di «raffreddamento» che la legge individua in due anni;
   nel caso della nomina dell'Avv. Ruffini quale nuovo Direttore dell'Agenzia delle entrate non sembrano tuttavia sussistere i presupposti di legge per la sua applicazione.

  Al riguardo, è opportuno rappresentare che la Corte dei Conti nell'Adunanza del 20 luglio 2017 ha deliberato di «ammettere al visto» il provvedimento di nomina di cui trattasi.

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ALLEGATO 7

5-11073 D'Incà: Questioni relative alla gestione della Fondazione Cassamarca.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione in esame, si chiedono chiarimenti relativamente alla vigilanza sulle fondazioni bancarie e in particolare sulla gestione della Fondazione Cassamarca.
  Al riguardo, si evidenzia, preliminarmente, che i principi generali di gestione prudenziale del patrimonio, di cui al decreto legislativo del 17 maggio 1999, n. 153, hanno trovato una loro specifica delineazione nel Protocollo di intesa MEF-ACRI, richiamato anche dagli onorevoli interroganti, sottoscritto in data 22 aprile 2015.
  Il Protocollo, definito sulla base del complessivo impianto normativo in materia, recato da detto decreto legislativo ed ancor prima dalla cosiddetta legge «Ciampi» (legge 23 dicembre 1998, n. 461), ne chiarisce la portata operativa e si pone l'obiettivo di rafforzare la governance ed i processi gestionali delle fondazioni, individuando i criteri a cui le stesse debbano conformare i propri comportamenti.
  Le fondazioni di origine bancaria hanno quindi provveduto, a loro volta, a recepire nei rispettivi statuti i contenuti sanciti nel Protocollo e a predisporre i presidi operativi per l'attuazione, tra l'altro, delle disposizioni in tema di diversificazione, indebitamento e imprese strumentali.
  Ciò premesso, per corrispondere nello specifico alle richieste degli onorevoli interroganti, per quanto attiene alla gestione patrimoniale, si evidenzia come la Fondazione Cassamarca si sia avvalsa nel passato anche di strumenti finanziari derivati, che sono stati oggetto di esame da parte dell'Autorità di vigilanza.
  Infatti, già alla fine del 2008, il Ministero dell'economia e delle finanze, tenuto anche conto delle note vicende che hanno interessato i mercati finanziari, chiese alla Fondazione Cassamarca, ai sensi del richiamato decreto legislativo, una serie di elementi informativi di natura patrimoniale concernenti, tra l'altro, la eventuale detenzione diretta di strumenti finanziari derivati per fini diversi da quelli di copertura del rischio e di obbligazioni strutturate o di altri investimenti illiquidi o di natura speculativa, utile ai fini di una più completa rappresentazione dell'andamento della situazione finanziaria e della sua influenza sulla consistenza del patrimonio.
  In tale occasione, l'Ente, fu richiamato a porre particolare attenzione alle disposizioni sull'osservanza dei criteri prudenziali di rischio, nell'amministrazione del patrimonio in quanto dalla ricognizione è emerso che talune tipologie di investimenti in strumenti finanziari derivati non erano sempre compatibili con i vincoli sanciti dal più volte citato decreto legislativo n. 153/1999, né con la natura e gli scopi delle fondazioni di origine bancaria.
  Quanto precede è stato evidenziato alla Fondazione Cassamarca con varie comunicazioni a seguito di successivi approfondimenti di istruttoria, dopo i quali è stato chiesto all'Ente di astenersi dall'effettuare ulteriori investimenti in strumenti derivati con finalità diverse dalla copertura del rischio, di trasmettere una rendicontazione periodica circa gli sviluppi delle operazioni in derivati in essere e di fornire Pag. 133evidenza in ordine ai provvedimenti di carattere organizzativo adottati dall'Ente, al fine di ridurre i rischi nella gestione del patrimonio.
  La Fondazione, a seguito della posizione reiteratamente rappresentata dal MEF, ha assicurato di aver attivato un piano di riduzione delle esposizioni in derivati, manifestando altresì il proprio impegno a non avvalersi per il futuro di strumenti finanziari «non tradizionali» o caratterizzati da alta volatilità.
  La politica perseguita negli ultimi cinque anni di forte riduzione del rischio correlato alle opzioni put in portafoglio, ha portato, come risulta dal Bilancio dell'esercizio 2015, alla chiusura dei contratti aperti.
  Sempre in relazione all'utilizzo di derivati, si evidenzia come il Protocollo d'Intesa abbia disciplinato sia la nozione di derivati ammissibili, ossia quelli utilizzati con finalità di copertura oppure in operazioni in cui non siano presenti rischi di perdite patrimoniali, sia le modalità di rendicontazione degli stessi. In particolare, per quanto riguarda tale ultimo aspetto, a partire dal Bilancio di esercizio 2016, le fondazioni sono tenute a fornire informazioni, sia di natura qualitativa (ad esempio, tipologia di contratti negoziati, illustrazione della relazione fra lo strumento di copertura e il rischio coperto) sia quantitativa (ad esempio, valore nozionale, plus/minusvalori non iscritti in conto economico), relative alle operazioni effettuate nell'esercizio di riferimento del bilancio nonché a quelle in essere alla data della sua chiusura, ivi incluse quelle incorporate in strumenti finanziari e quelle perfezionate nell'ambito delle gestioni di portafogli.
  In riferimento poi agli investimenti immobiliari effettuati nel corso degli anni dalla Fondazione, la stessa ha evidenziato come la loro natura di assets non generatori di redditi ma di costi, costituisce un disequilibrio tra costi e ricavi, attualmente caratterizzante la struttura economica dell'Ente.
  La Fondazione ha dovuto, quindi, effettuare alcune scelte finalizzate ad un maggiore contenimento dei costi e ad una razionalizzazione delle risorse disponibili che hanno portato, tra l'altro, alla liquidazione della società strumentale Pedemontana S.r.l. ed alla fusione per incorporazione della società strumentale Civibus S.p.a in Appiani 1 S.r.l.
  La Fondazione ha reso altresì noto, nel Documento di Programmazione Annuale, che anche nel 2017 sarà impegnata nella dismissione di alcuni cespiti immobiliari, ritenuti non più strategici alla realizzazione dei fini statutari.
  In particolare, l'Ente si propone di realizzare i seguenti obiettivi:
   proseguire e attuare il piano di alienazioni immobiliari finalizzato alla cessione dei compendi immobiliari ritenuti non più strategici alla realizzazione dei propri fini statutari, favorendo così la riduzione delle esposizioni finanziarie;
   proseguire ed attuare il piano di messa a reddito di alcuni beni immobili non più strumentali, ma ritenuti strategici per la loro posizione e/o per la loro funzione, tenendo presente anche le aspettative e le esigenze della comunità di riferimento;
   mantenere le altre strutture, senza interventi immobiliari di rilievo.

  Sempre con riferimento alla gestione del patrimonio, il Protocollo MEF-ACRI reca una particolare disciplina volta ad assicurare un adeguato grado di diversificazione degli investimenti introducendo all'articolo 2, comma 4, un limite alla concentrazione degli stessi nei confronti di una società e del gruppo di cui fa parte, pari ad un terzo dell'attivo di bilancio a fair value. Quanto precede richiede alle fondazioni di verificare periodicamente il rispetto della soglia e, in caso di superamento, attivare la relativa procedura di dismissione.
  Al riguardo è stato verificato che l'esposizione della Fondazione Cassamarca verso la Società Bancaria Conferitaria Unicredit S.p.a. risulta in linea con il limite stabilito dal Protocollo di Intesa.Pag. 134
  Per quanto attiene alla conservazione del patrimonio, si sottolinea, inoltre, come il Protocollo di Intesa vieti alle Fondazioni di indebitarsi, in ogni forma, salvo il caso di temporanee e limitate esigenze di liquidità dovute allo sfasamento temporale tra uscite di cassa ed entrate certe per data ed ammontare. In ogni caso, l'esposizione debitoria complessiva non può superare il dieci per cento della consistenza patrimoniale.
  È stato appositamente previsto, inoltre, che le Fondazioni che alla data di sottoscrizione del Protocollo abbiano un'esposizione debitoria, debbano predisporre un programma di rientro in un arco temporale massimo di cinque anni.
  Si evidenzia, altresì, che in attuazione dei principi in tema di indebitamento, la Fondazione ha provveduto a sottoscrivere un nuovo contratto di finanziamento, in sostituzione delle posizioni preesistenti, con condizioni sensibilmente migliorative prevedendo l'estinzione della posizione debitoria entro il termine previsto dal Protocollo.
  Con riferimento alle spese di funzionamento, nell'ultimo decennio si è assistito ad una progressiva riduzione degli oneri di gestione e, in particolare, dei compensi e rimborsi agli organi statutari.
  Per quanto riguarda specificamente il bilancio di esercizio per il 2016, la Fondazione ha rappresentato preliminarmente di aver proseguito nella politica di contenimento delle spese che ha portato ad un dimezzamento dei costi di gestione ordinaria della Fondazione. In particolare, si rileva che dal 2010 al 2016 detti costi si sono ridotti del 53,06 per cento, passando da euro 8.289.976 a euro 3.890.806.
  Inoltre, risulta che la somma complessiva corrisposta al Presidente e ai componenti del Consiglio di Amministrazione, dell'Organo di Indirizzo e dell'Organo di controllo sia in linea con i parametri del Protocollo di intesa.
  Per quanto attiene al quadro economico patrimoniale dell'Ente nel 2016, si rende noto quanto segue.
  L'Ente Cassamarca ha chiuso con un disavanzo pari a – euro 6.457.666.
  Rispetto al Documento Programmatico Previsionale 2016, che ipotizzava un avanzo di esercizio di Euro 1.489.712 ante accantonamenti, si registra uno scostamento negativo per Euro 7.947.378, determinato da minori entrate finanziarie e dall'imputazione a conto economico della valutazione mark to market negativa riferita alle posizioni in essere in opzioni call sui titoli della Conferitaria.
  A tale ultimo riguardo, si evidenzia che l'Ente ha provveduto anche a comunicare aggiornamenti in ordine alle strategie di investimento ed, in particolare, sulla partecipazione detenuta nella Società Bancaria Conferitaria Unicredit S.p.a.
  Nell'ambito delle istruttorie di controllo in corso, sono stati richiesti da parte del MEF anche ulteriori chiarimenti nel merito di alcune tipologie di contratti in essere, in riscontro ai quali l'Ente ha riferito che tali contratti sono conformi alle tipologie di investimento previste dal Protocollo d'Intesa MEF-ACRI, dichiarazione, confermata dal Collegio Sindacale.
  Quest'ultimo ha altresì rappresentato che le posizioni in esame, stante la previsione del Protocollo di Intesa, si configurano, peraltro, in corso di progressiva estinzione.
  Nelle «Considerazioni Conclusive» del Bilancio di Missione è relazionato testualmente, tra l'altro, che: «L'esercizio 2016, purtroppo, ha registrato una contrazione delle entrate derivante principalmente dal ribasso generalizzato del mercato finanziario con particolare riferimento al settore bancario italiano che è stata compensata solo parzialmente dalla riduzione dei costi di funzionamento della Fondazione e delle sue società strumentali. Questo sottolinea la necessità da parte degli Organi deliberanti di procedere con ancora maggiore celerìtà nel percorso finalizzato al riequilibrio economico e finanziario che non può non passare attraverso l'ulteriore riduzione delle uscite anche alla luce dell'esaurimento del Fondo per l'attività erogatrice istituzionale e che consentano all'Ente di realizzare un'inversione di tendenza Pag. 135finalizzata alla ricostituzione di un Fondo per l'attività erogatrice istituzionale».
  Nella Relazione del Collegio dei Sindaci è riferito che «i fondi erogativi si sono esauriti nel corso del 2016 e si raccomanda la periodica e tempestiva verifica dell'andamento dell'attività gestionale al fine sia della capacità erogativa sia della corretta e puntuale osservanza delle norme relative alla conservazione del patrimonio ed all'impiego a fini reddituali delle sue componenti immateriali, materiali e finanziarie».
  Rispetto al 31 dicembre 2015, il Patrimonio netto dell'Ente è diminuito di euro 7.746.679, risultando pari a euro 494.186.036. Al riguardo, nel Bilancio di Missione si legge che «Al netto dei debiti del Gruppo, e considerando il valore attuale del titolo Unicredit, degli altri asset finanziari nonché della componente immobiliare, si può ritenere che il patrimonio reale della Fondazione sia significativamente inferiore rispetto a quanto iscritto a Bilancio».
  Alla luce di quanto precede, il MEF, quale Autorità di vigilanza, sta svolgendo un'attività di monitoraggio anche attraverso un dialogo costante con l'Ente e con il Collegio Sindacale dello stesso, al fine di garantire un più ampio controllo in ordine alla sana e prudente gestione dell'Ente.
  Con riferimento, infine, alla posizione e ai mandati svolti dal Presidente Avv. Dino de Poli nell'ambito della stessa Fondazione, si evidenzia che il decreto ministeriale n. 150 del 2004, recante il Regolamento in materia di disciplina di fondazioni bancarie, all'articolo 7 ha disposto che: «il mandato degli organi di indirizzo e di amministrazione in carica all'entrata in vigore del presente regolamento non viene computato ai fini del limite di mandato di cui all'articolo 4, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153».
  Tale normativa ha consentito di prolungare per ulteriori anni il mandato svolto dai componenti gli organi delle Fondazioni bancarie.
  Nel caso in questione, si fa presente, comunque, che il Presidente de Poli svolge attualmente il mandato 2012-2018, al termine del quale non sarà più eleggibile né come Presidente né come membro di qualunque organo dell'Ente, in base ai criteri sanciti nel Protocollo del 2015.
  Ed anche quest'ultimo aspetto dà l'evidenza di come l'attuale situazione della Fondazione sia la risultante di varie operazioni poste in essere in anni passati, i cui aspetti critici, richiamati anche dagli onorevoli interroganti, si ritiene siano stati e siano tutt'ora puntualmente affrontati dall'Autorità di vigilanza e, alla luce dei principi operativi vigenti, non risultino oggi più ammissibili.