CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 13 luglio 2017
853.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-11809 Silvia Giordano: Nomina del presidente della regione Campania quale Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come noto, la legge 190 del 2014, nel disciplinare le modalità della nomina a commissario ad acta per la predisposizione, l'adozione o l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo aveva stabilito – in attuazione di una specifica previsione contenuta nel Patto per la Salute, stipulato tra lo Stato e le Regioni nello stesso anno 2014 – la incompatibilità con qualsiasi incarico istituzionale presso la regione soggetta a commissariamento.
  Come ricordano gli On.li interroganti, tale disposizione è stata superata da quanto previsto dal comma 395 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232.
  Tale modifica, lo ricordo, è stata determinata da una iniziativa di natura parlamentare sulla quale il Ministro della salute ebbe occasione di manifestare anche pubblicamente le proprie perplessità.
  Dette perplessità – a seguito delle quali si è provveduto, nel corso dei lavori parlamentari, ad una significativa riformulazione dell'originario emendamento parlamentare, a cui hanno contribuito gli uffici del Ministero della salute, introducendo un meccanismo di verifica sull'operato del commissario da parte dei Tavoli presso il Ministero dell'Economia e Finanze e della salute – vanno, in ogni caso, rilette anche alla luce dei successivi accadimenti che hanno interessato la Sanità campana.
  Le motivazioni che hanno indotto a sciogliere la riserva circa la nomina del Presidente De Luca vanno dunque individuate in una assunzione di responsabilità che il Signor Ministro ha ritenuto necessaria a fronte della grave situazione di impasse in cui si è trovato, ormai da molto, troppo tempo, il sistema sanitario regionale campano, nonché in virtù dell'esistenza di una proposta formale del Ministro dell'Economia e delle finanze, condivisa dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
  Desidero, infatti, rammentare che già dal 3 marzo 2017, il Commissario governativo ad acta, Joseph Polimeni, aveva rassegnato le dimissioni dal suo incarico con tutte le conseguenze negative sull'organizzazione e sull'erogazione dei livelli essenziali di assistenza in quella regione.
  La nomina a Commissario del presidente De Luca – che è stata adottata, come noto, nella sede collegiale del Consiglio dei Ministri, la quale rappresenta la massima espressione dell'indirizzo politico del nostro Paese – risulta, pertanto, orientata nella direzione dell'esclusivo interesse dei cittadini della Regione Campania, nella considerazione che il protrarsi della vacanza commissariale avrebbe certamente fatto peggiorare la situazione in cui versa la sanità regionale campana.
  In conclusione, con la nomina del nuovo Commissario, il Governo ha voluto dare nuovo impulso ai processi di rilancio della riorganizzazione delle rete sanitario-assistenziale regionale, rimuovendo la condizione di impasse che rischiava di produrre un nocumento non ulteriormente accettabile da parte dei cittadini.

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ALLEGATO 2

5-11806 Sandra Savino: Iniziative per ridurre i tempi di attesa per le prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale, con particolare riferimento al Friuli Venezia Giulia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'interrogazione in esame, ritengo opportuno, preliminarmente, far presente che la materia delle liste di attesa è disciplinata dal «Piano nazionale di governo delle liste di attesa 2010-2012», ancora vigente. Esso è stato recepito da tutte le Regioni che, a loro volta, hanno emanato un proprio Piano regionale, con il quale si impegnano a garantire l'erogazione delle prestazioni assistenziali ai cittadini e a realizzare le indicazioni adottate a livello centrale secondo le effettive esigenze della popolazione.
  Dunque, per rispondere nel merito ai quesiti posti dagli interroganti, mi riferirò agli elementi acquisiti dalla Regione del Friuli Venezia Giulia, primariamente competente in materia di organizzazione dei servizi sanitari sul territorio.
  Tale Regione, nel recepire il Piano nazionale di governo delle liste di attesa, ha adottato la DGR 1439 del 28 luglio 2011, secondo cui «l'intervento chirurgico deve avvenire entro 30 giorni per i casi clinici che potenzialmente possono aggravarsi rapidamente, al punto da diventare emergenti, o comunque tali da recare grave pregiudizio alla prognosi». È bene precisare, al riguardo, che ancor prima di tale delibera, e precisamente in data 3 giugno 2011, la Direzione Sanitaria dell'Azienda di Trieste ha adottato una procedura sulla gestione del registro di prenotazione ricoveri e delle relative liste di attesa. Tale procedura è finalizzata a regolamentare l'inserimento delle persone candidate ad intervento chirurgico. Nello specifico, nel caso di interventi con cosiddetta priorità A o B, si prevede che «il paziente venga inserito in lista di attesa contestualmente al completamento degli accertamenti propedeutici al ricovero», vale a dire gli accertamenti preoperatori, la visita anestesiologica ed altri accertamenti necessari. Ciò al fine di determinare correttamente il percorso clinico in rapporto al rischio anestesiologico e chirurgico nonché le possibili alternative cliniche da condividere con il paziente. Nel caso invece di priorità C o D, il paziente è inserito in lista d'attesa «al termine del percorso ambulatoriale», attivato in seguito a visita specialistica, necessario a «definire attraverso accertamenti clinico-strumentali, la gravità della malattia, la classe di priorità, la sua stadiazione, le possibili strategie terapeutiche e l'eventuale indicazione al ricovero ospedaliero».
  È bene evidenziare, altresì, che, nel corso del 2015 è stata avviata una riorganizzazione dell'attività della chirurgia generale con successiva redistribuzione delle sedute operatorie ed incremento complessivo del 7 per cento dell'attività chirurgica. A ciò si aggiunga l'avvenuto potenziamento, nel 2016, del personale nel complesso operatorio nonché l'acquisito di un amplificatore di brillanza che supporta anche la Chirurgia Urologica. Senza dimenticare l'introduzione, nell'aprile 2017, della chirurgia robotica che ha consentito di eseguire ben 12 interventi di particolare complessità.
  Infine, e solo per completezza di informazione, la Regione ha precisato, per quanto concerne i dati statistici di cui si fa menzione nell'atto ispettivo in esame, che Pag. 99dal 2015 i registri, tenuti precedentemente dalle strutture operative, sono stati informatizzati, scongiurando, così, il rischio di una possibile trasmissione inesatta dei dati al Ministero della salute.
  Posto ciò, relativamente alle iniziative di competenza del Ministero della salute tese a ridurre i tempi di attesa per le prestazioni erogate dal SSN, ritengo opportuno comunicare in questa sede che è in corso la predisposizione di un nuovo Piano nazionale per il governo delle liste di attesa, alla cui stesura provvederà un Tavolo Tecnico formato anche dalle Regioni e Province autonome, dall'Agenas, dall'ISS. Tra gli obiettivi figurano il pieno funzionamento dei flussi informativi individuati per la esaustiva raccolta dei dati, la definizione delle modalità di comunicazione e trasparenza all'utenza sui tempi di attesa aziendali (da pubblicizzare sul sito web delle aziende sanitarie) nonché la gestione dei rapporti tra l'attività istituzionale e l'attività libero professionale ai fini dell'abbattimento dei tempi di attesa.
  I lavori di aggiornamento del Piano nazionale di governo delle liste di attesa 2017-2019 (che, appena definito, dovrà essere trasmesso alla Conferenza Stato-regioni per il raggiungimento della prescritta Intesa) hanno già portato ad una prima bozza di Piano nazionale che contempla anche le modalità alternative di erogazione di quelle prestazioni che superano i tempi stabili (c.d. «forme di ristoro»), l'appropriatezza prescrittiva, la piena operatività dei CUP, la gestione dei ricoveri nonché altre modalità di raccolta delle informazioni su tempi e liste di attesa. Tutto ciò al fine di attuare un sistema sanitario capace di garantire la migliore tutela della salute pubblica in coerenza con la razionalizzazione delle risorse disponibili.

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ALLEGATO 3

5-11807 Mucci: Inserimento nei Livelli essenziali di assistenza della diagnosi genetica preimpianto e dello screening genetico preimpianto.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Ringrazio l'on.le interrogante per l'opportunità che mi viene offerta, in questa sede, di affrontare un tema, quale quello della salute della donna, soprattutto in età fertile, da sempre all'attenzione del Ministero della salute.
  Com’è noto, per Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) si intende l'insieme di tutti quei trattamenti per la fertilità che determinano il processo riproduttivo. Queste tecniche sono utilizzate per aiutare il concepimento in tutte le coppie, laddove questo non possa riuscire spontaneamente.
  Relativamente alle coppie fertili ma portatrici di patologie genetiche, mi preme evidenziare che sul tema dell'accesso a tali metodiche si è pronunciata la Corte Costituzionale con sentenza n. 96 del 2015: la Consulta ha invitato il legislatore – cito testualmente – ad «introdurre apposite disposizioni al fine della auspicabile individuazione (...) delle patologie che possano giustificare l'accesso alla PMA di coppie fertili e delle correlative procedure di accertamento (...) – (anche agli effetti della preliminare sottoposizione alla diagnosi preimpianto) – e di una opportuna previsione di forme di autorizzazione e di controllo delle strutture abilitate ad effettuarle». La Corte costituzionale, pertanto, ha ritenuto opportuno prevedere un riesame periodico delle patologie che possono consentire l'accesso alle tecniche «sulla base della evoluzione tecnico-scientifica», secondo un approccio legislativo che, come sottolineato nella sentenza, caratterizza un numero significativo di ordinamenti europei (come, ad esempio Spagna, Francia, Regno Unito).
  È compito, quindi, del legislatore dare attuazione alla sentenza della Consulta, regolamentando le diagnosi genetiche preimpianto attualmente praticate e condivise dalla comunità scientifica: ciò attraverso una puntuale descrizione delle patologie coinvolte nonché l'individuazione delle strutture pubbliche dedicate all'accertamento di tali patologie, anche al fine del rilascio, da parte delle autorità competenti, dell'autorizzazione ad operare.
  Ad oggi, purtroppo, come noto, non si è avuto nessun intervento da parte del Parlamento: pertanto, non è stato possibile prendere in esame questa tipologia di prestazioni per un eventuale inserimento nei LEA.
  Ciò nonostante, mi preme evidenziare che, attesa la delicatezza e l'importanza della materia da sempre di interesse del Ministero della salute, il dPCM 12 gennaio 2017, di aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) ha introdotto nel nuovo nomenclatore della specialistica ambulatoriale tutte le prestazioni di Procreazione medicalmente assistita (PMA). Parimenti, lo stesso nomenclatore include le prestazioni di genetica e le relative condizioni di erogabilità per la genetica medica, la citogenetica, l'oncoematologia, l'immunogenetica e l'anatomia patologica.
  Nello specifico, ritengo doveroso rammentare che nei nuovi LEA la diagnosi pre impianto è stata inclusa per la diagnosi delle malattie che rientrano nei parametri di erogabilità previsti nel decreto medesimo. Tali indagini genetiche, nel rispetto delle condizioni di erogabilità, possono essere effettuate nell'ambito del SSN anche Pag. 101in fase pre-concezionale, per la diagnosi su cellule embrionali in corso di PMA o per la diagnosi prenatale.
  Ricordo, infine, che, come previsto dall'articolo 64, comma 2 del citato dPCM, il nuovo nomenclatore della specialistica ambulatoriale, entrerà in vigore dalla data di pubblicazione del decreto per la definizione delle tariffe massime delle prestazioni, emanato dal Ministro della salute di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Agenas e previa intesa in Conferenza Stato-Regioni.
  Ritengo, pertanto, di poter rassicurare l'On.le interrogante che il citato decreto per la definizione delle tariffe massime delle prestazioni, in fase di ultimazione da parte dei competenti uffici del Ministero della salute, sarà definito a breve, al fine di consentire ai cittadini interessati l'accesso alle prestazioni incluse nel nuovo nomenclatore.

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ALLEGATO 4

5-11808 Carnevali: Difficoltà nel reperimento del vaccino contro l'epatite A.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come ricordato dagli interroganti, l'ultimo aggiornamento epidemiologico fornito dall'istituto Superiore di Sanità in merito all'epatite A ha evidenziato che dall'agosto 2016 al maggio 2017 sono stati notificati ben 1.894 casi, registrando un aumento esponenziale rispetto a quelli segnalati nello stesso periodo dell'anno precedente.
  Da dicembre 2016 il numero dei casi è dunque aumentato fino a raggiungere, al momento attuale, un picco maggiore di quello della precedente epidemia.
  Considerata l'allerta destata dai dati epidemiologici, il Ministero della salute, lo scorso 2 maggio, ha organizzato un incontro tra i rappresentanti delle Regioni, l'ISS, l'AIFA e le Associazioni interessate per discutere le azioni da intraprendere per limitare il rischio di contagio dell'infezione epatitica.
  Si è ritenuto opportuno, pertanto, mantenere una particolare attenzione sulla sorveglianza dell'Epatite virale A, finalizzata a monitorare l'andamento della malattia, in stretta collaborazione con l'ISS.
  Al riguardo, è bene rammentare che l'epatite A è una malattia prevenibile con il vaccino, previsto, peraltro, per le categorie a rischio, dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019. Tuttavia, attualmente, l'Italia, come il resto dell'Europa, sta affrontando una criticità connessa alla carenza del vaccino in quanto le due industrie produttrici che riforniscono l'Italia stanno registrando effettivamente la carenza delle scorte.
  A tale situazione si è reso pertanto far fronte con una serie di iniziative che mi accingo a rappresentare brevemente.
  Da una parte, la società titolare di uno dei vaccini anti epatite A si è impegnata con l'AIFA a garantire una fornitura stabile per tutto il 2018, prevedendo, oltre alla fornitura di un primo contingente di vaccino di importazione dalla Germania entro il mese di agosto 2017 e di un ulteriore contingente entro il mese di settembre, anche l'immediato utilizzo del medesimo vaccino con formulazione pediatrica. Dall'altra, un'ulteriore fornitura è stata assicurata per la vaccinazione contro epatite A e B con altro vaccino per adulti.
  Ritengo necessario rammentare che, comunque, in caso di carenze, l'AIFA può autorizzare, con proprio provvedimento, l'importazione di medicinali analoghi da mercati esteri, su specifica richiesta di medici specialisti operanti presso le strutture del Sistema Sanitario Nazionale che ritengano non individuabili alternative terapeutiche valide per lo specifico paziente che necessiti di una continuità terapeutica. Al riguardo, si fa presente che l'AIFA ha rilasciato, finora, n. 26 autorizzazioni per l'importazione di medicinali da paesi terzi.
  Per quanto concerne, invece, l'alternativa dell'uso del vaccino anti epatite A in formulazione pediatrica, è bene rammentare che, allo stato attuale, il suo utilizzo sulla popolazione adulta deve essere prescritto dal medico, sotto la propria responsabilità, in quanto trattasi di farmaco che, nei Paesi in cui è autorizzato, è indicato esclusivamente per i soggetti di età compresa tra i 12 mesi e i 15 anni di età.
  Tuttavia, mi preme rassicurare gli on.li interroganti che il Ministero della salute, al fine di garantire piena tutela della salute dei cittadini, dopo aver acquisito in Pag. 103fase istruttoria un primo parere dell'ISS e dell'AIFA, ha avanzato al Consiglio Superiore di Sanità una richiesta di parere circa il possibile uso del vaccino pediatrico negli adulti e le relative modalità. Comunico, al riguardo, che il Consiglio Superiore di sanità si esprimerà a breve sul tema, affrontando la questione nella seduta del prossimo 21 luglio.
  Sarà, pertanto, cura del Ministero della salute continuare a tenere informate le Regioni e le strutture sanitarie interessate sulle azioni intraprese e sullo stato dell'arte, al fine di consentire loro di intraprendere le iniziative ritenute più idonee per garantire un'adeguata e completa copertura vaccinale contro l'epatite A su tutto il territorio.