CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 13 luglio 2017
853.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-11828 Cimbro: Sulle iniziative internazionali in materia di immigrazione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  1. L'aumento degli sbarchi sulle coste italiane negli ultimi anni ha spinto la Farnesina a intraprendere iniziative a vari livelli per contrastare il fenomeno migratorio nel breve periodo e ad affrontarne le cause in una prospettiva di lungo periodo. L'impegno del Governo, nella cornice offerta dal diritto internazionale, è stato profuso non solo nel contesto delle relazioni con i Paesi maggiormente interessati dal fenomeno, ma anche in ambito multilaterale, con particolare riferimento a Nazioni Unite ed Unione europea.
  2. Si è innanzitutto riconosciuto il ruolo chiave dei Paesi di transito, non solo in un'ottica di lotta alle reti criminali responsabili per il traffico di esseri umani, ma anche di prevenzione delle cause all'origine dei fenomeni migratori. In tale contesto, su iniziativa del Ministro Alfano, abbiamo ospitato alla Farnesina il 6 luglio scorso la conferenza «a shared responsability for a common goal: solidarity and security», iniziativa nata per mettere intorno allo stesso tavolo da un lato i principali Paesi UE quali Germania, Francia, Spagna o Olanda (oltre che la Commissione UE) che hanno più contribuito all'attuazione del Migration Compact e dall'altro i Paesi africani che hanno mostrato maggiore disponibilità alla cooperazione in ambito migratorio. In quell'occasione il Ministro Alfano ha annunciato un finanziamento per la Libia di 18 milioni di euro a favore del Piano d'azione dell'OIM per sostenere le comunità locali e favorire i rimpatri volontari assistiti dei migranti, nonché di 10 milioni a favore del piano dell'UNHRC per fornire assistenza e protezione ai rifugiati. Inoltre si è stabilito di destinare 10 milioni quale contributo per la realizzazione del progetto di capacity building a supporto delle Autorità libiche per lo sviluppo di un sistema di gestione integrata delle frontiere e dell'immigrazione presentato dal Ministero dell'Interno alla Commissione europea.
  Nel contesto della conferenza, l'Italia ha svolto un ruolo di catalizzatore, stimolando i Paesi europei a raddoppiare con i loro fondi il contributo italiano, raccogliendo alla fine della giornata di lavoro 60 milioni di euro in favore dei Paesi di transito, in aggiunta ai 50 milioni che solo alcuni mesi fa abbiamo destinato al Niger per il controllo delle frontiere a sud della Libia.
  3. Segnalo inoltre che il Migration Compact, lanciato un anno fa dalla Commissione europea su iniziativa italiana e finalizzato a incrementare la cooperazione allo sviluppo e a promuovere gli investimenti privati nei Paesi africani, sta iniziando a dare i primi risultati positivi ad esempio in Niger dove i flussi di transito verso la Libia sono diminuiti sensibilmente, passando da 71.000 nel maggio 2016 a 4.600 nell'aprile 2017.
  4. Ricordo che allo scopo di dare maggiore concretezza al nostro impegno con i Paesi africani, il Ministro Alfano aveva lanciato presso la Farnesina il 1o febbraio scorso un Fondo per l'Africa, dotato di 200 milioni di euro, per interventi straordinari volti a rafforzare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani a sostegno della nostra frontiera esterna e contrastare l'immigrazione irregolare. I Paesi prioritari per questo tipo di interventi sono innanzitutto Libia, Niger e Pag. 37Tunisia per i quali abbiamo già stanziato 120 milioni di euro per iniziative portate avanti autonomamente dall'Italia ovvero in collaborazione con l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni nonché con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).
  5. In ambito UE, sottolineo come, in occasione dell'ultimo Consiglio Europeo, l'Italia abbia ottenuto che le relative conclusioni affermassero la natura strutturale dei flussi, costituiti principalmente da migranti economici provenienti dalla rotta centro mediterranea. Questa posizione consentirà di passare da una situazione di emergenza a una fase di pianificazione di lungo periodo. È stato parimenti inserito nelle stesse conclusioni un maggiore accento sulla conclusione di accordi di riammissione a livello UE, è stata evocata la politica dei visti quale leva nei confronti dei Paesi meno collaborativi ed infine è stato mantenuto il principio della «solidarietà» nonostante le pressioni provenienti da altri Stati Membri (Germania) per un maggiore accento sul concetto di «responsabilità».
  Per quanto riguarda l'impegno dell'UE in ambito di cooperazione allo sviluppo, la sfida era e rimane quella di dotarsi di strumenti flessibili in grado di combinare misure di breve, medio e lungo periodo. In quest'ottica è stato istituito il Fondo fiduciario UE di emergenza per affrontare le cause profonde delle migrazioni in Africa, di cui l'Italia è stata membro fondatore ed è, ad oggi, il primo contributore, seguita dalla Germania. Il fondo ha raggiunto nel 2017 la dotazione di 2,8 miliardi di euro (con 200 milioni di contributi nazionali, 84 milioni dei quali, appunto, provenienti dall'Italia). Il nostro Paese si posiziona peraltro nel gruppo di testa dei Paesi UE assegnatari ed esecutori di programmi a valere sul fondo stesso. Della dotazione finanziaria complessiva, 1,9 miliardi sono stati allocati ad oggi su 116 progetti sulle tre finestre geografiche (Sahel e Lago Ciad, Corno d'Africa e Nord Africa) in cui il Fondo è suddiviso, toccando 26 paesi.
  6. Il caso della Libia merita un cenno a parte. Anche a seguito delle recenti misure approvate in sede europea (un pacchetto da 90 milioni di euro dello scorso aprile a valere sul fondo fiduciario) continua a rimanere prioritario intervenire sulla sicurezza, la gestione delle frontiere ed il monitoraggio dei confini meridionali del Paese. Segnalo la continua azione di rafforzamento delle capacità della Guardia Costiera, anche facendo leva sull'operazione a guida italiana EUNAVFOR MED SOPHIA.
  Certamente l'Italia ha sostenuto e continua ad operare per il passaggio alla fase tre di tale operazione, che come noto prevede l'ingresso dei mezzi dell'operazione navale nelle acque territoriali libiche per poter fermare i trafficanti e le loro imbarcazioni a partire dalle coste libiche. Ma anche per smantellare più efficacemente il modello di business delle reti del traffico e della tratta di esseri umani. Uno sviluppo che sarebbe di fondamentale importanza, atteso che il passaggio alla fase tre di Sophia – che come detto sosteniamo con forza e senza riserve – non dipende solo da noi. Oltre al consenso delle istituzioni libiche, necessitiamo di un voto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Dobbiamo quindi continuare ad operare un paziente lavoro diplomatico con tutti gli attori coinvolti, rafforzando nel contempo la nostra strategia globale.
  Si sta anche lavorando perché l'altra missione UE a guida italiana, EUBAM Libia, possa aumentare il proprio sforzo di assistenza alle Autorità di frontiera e di polizia libiche. L'obiettivo strategico, condiviso a livello europeo, è di contribuire al rafforzamento della capacità libiche di controllo dei flussi e a contrasto dei connessi fenomeni criminali, nel quadro della stabilizzazione politica del Paese, prestando la dovuta attenzione all'assoluta esigenza di tutelare i diritti umani, specie nei confronti della categorie più vulnerabili e lavorando anche in prospettiva, con approccio globale, per favorire la creazione di condizioni economiche e di sviluppo che disincentivino questi traffici, con approccio di «sostituzione del reddito».Pag. 38
  Per rendere efficace tale strategia, è fondamentale una proficua collaborazione con le Autorità libiche, anche mediante un dialogo politico bilaterale. Come ricorderete il 2 febbraio scorso, il Presidente del Consiglio Gentiloni e il Premier libico Serraj hanno firmato un Memorandum sul contrasto all'immigrazione illegale. A tale risultato ha contribuito la riapertura, su impulso del Ministro Alfano nel gennaio scorso, dell'Ambasciata a Tripoli. Questa iniziativa si affianca ad una strategia di rafforzamento della rete diplomatica nel Sahel, che ha previsto la nuova istituzione di ambasciate in Niger e Guinea Conakry.
  La collaborazione con la Libia finalizzata a creare condizioni di stabilità e sviluppo – presupposto essenziale per assicurare una efficace gestione del fenomeno migratorio – è stata da ultimo rafforzata dall'iniziativa del Ministro Alfano di convocare il primo Forum Economico Italo-Libico svoltosi ad Agrigento l'8 luglio scorso alla presenza del Vice Premier libico Maiteeg. L'iniziativa, culminata nella Dichiarazione di Agrigento, è servita a rafforzare la collaborazione nel settore privato e ad incoraggiare le attività di imprese e investitori per cogliere le significative opportunità economiche su entrambe le sponde del Mediterraneo, concentrando l'attenzione in particolare in settori cruciali per lo sviluppo quali infrastrutture, energia, comunicazioni e istituzioni finanziarie.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-11827 Quartapelle Procopio: Sulla tutela dei diritti e delle libertà democratiche in Turchia in vista del primo anniversario del fallito golpe del 2016.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Anche con riferimento alle possibili celebrazioni del prossimo 15 luglio, il Governo italiano, insieme alle Istituzioni europee e ai Paesi partner dell'UE, segue con grande attenzione l'evolversi della situazione interna in Turchia e le conseguenze del perdurante stato di emergenza, che sta comportando numerose forzature degli standard internazionali in tema di diritti fondamentali e di stato di diritto.
  Come dichiarato di recente dal Ministro Alfano, tra Italia e Turchia si conferma «l'amicizia, l'alleanza in chiave Nato e la partnership commerciale, e l'amicizia presuppone chiarezza. Un conto è la cooperazione di comune interesse per esempio sull'anti-terrorismo e nella Nato. Altro conto è condividerne alcune metodologie». In ogni occasione di incontro con le autorità turche viene espressa preoccupazione per la proroga dello stato di emergenza e per la vasta portata dei decreti applicativi. Il Governo ribadisce costantemente alle autorità di Ankara la necessità di mantenere la risposta al tentativo di colpo di Stato all'interno delle procedure di legge, nel pieno rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e del diritto ad un equo processo.
  In tale contesto, il Governo ha espresso in più occasioni alle autorità turche, nel corso di recenti incontri istituzionali, profonda preoccupazione per il volume dei provvedimenti adottati in base allo stato di emergenza e sottolineato il rischio dell'uso politico della revoca dell'immunità parlamentare, facendo appello al più rapido ripristino della normalità ponendo fine allo stato di emergenza.
  Oltre che sul piano dei rapporti bilaterali, il Governo italiano segue con attenzione anche in ambito multilaterale la situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Turchia, incluse la libertà di espressione e di stampa, anche in coordinamento con gli altri partner europei.
  In qualità di parlamentari, saprete forse anche meglio di me che l'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa ha deciso lo scorso aprile il reinserimento della Turchia tra i Paesi sottoposti alla procedura di monitoraggio, a cui la Turchia era stata già soggetta dal 1996 al 2004. Tale procedura prevede visite regolari da parte di una Commissione di monitoraggio, in dialogo con le Autorità nazionali, e lo svolgimento di dibattiti in sede plenaria dell'Assemblea Parlamentare sugli sviluppi della situazione. La procedura di monitoraggio costituisce uno strumento che permetterà di seguire con attenzione ancora maggiore la situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Turchia, con spirito costruttivo e collaborativo.
  Sempre in ambito Consiglio di Europa, la «Commissione di Venezia», della quale l'Italia detiene la Presidenza, ha formulato nel marzo scorso un proprio parere sulla riforma costituzionale turca. Secondo tale Commissione, la riforma non risponderebbe ad un modello di sistema presidenziale democratico basato sulla separazione dei poteri, in particolare per le criticità legate all'assenza di meccanismi di controllo, equilibrio e salvaguardia discendenti dalla riforma.Pag. 40
  Con riferimento alla specifica questione dell'arresto dei parlamentari dell'HDP ricordo che il Governo italiano è stato tra i primi in Europa a reagire agli arresti in Turchia. Abbiamo sottolineato che il contrasto alle azioni del PKK non può giustificare la negazione dei diritti delle opposizioni parlamentari e che gli arresti sono misure che rischiano di pregiudicare ogni dialogo democratico e costruttivo con la componente curda della Nazione. Il Governo ha fatto appello alle autorità turche affinché tutelino adeguatamente le libertà civili, democratiche e lo stato di diritto, essenziali per la prosecuzione del percorso europeo del Paese.
  Gli arresti della leadership dell'HDP, che seguono quelli anche di giornalisti, con la chiusura di testate giornalistiche, sono particolarmente gravi, perché investono direttamente uno dei nodi della crisi turca: la possibilità o meno che si attivi un percorso politico per risolvere la questione curda. L'interlocutore naturale di questo tentativo è proprio l'HDP, che tuttavia deve riuscire a prendere le distanze dai metodi violenti del PKK per valorizzare la propria scelta, netta e inequivocabile, di pieno inserimento nel circuito istituzionale.
  In conclusione, nell'attuale complesso frangente riteniamo importante mantenere aperto con Ankara un canale di dialogo e di confronto. La Turchia resta un alleato strategico nella regione, in particolare nei settori delle migrazioni, dell'energia, della lotta al terrorismo, del commercio. Ed il percorso europeo della Turchia rappresenta per noi un'ipotesi da tenere aperta nel rispetto delle regole europee che sono molto chiare e corrispondono a valori di libertà, di rispetto dello Stato di diritto e di tutela dei diritti umani.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-11829 Palazzotto: Sulla sigla da parte dell'Italia del Trattato per la messa al bando delle armi nucleari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La questione del disarmo nucleare è seguita con grande attenzione dal Governo nel complesso quadro degli impegni internazionali assunti dal nostro Paese. Nei consessi internazionali di riferimento, l'Italia, unitamente ai Paesi militarmente non nucleari dell'Alleanza Atlantica, nonché a Giappone, Australia e Corea del Sud, intende continuare a promuovere l'obiettivo di un mondo privo di armi nucleari, da raggiungere attraverso un «approccio progressivo» e inclusivo al disarmo.
  Tale approccio è associato al riconoscimento della centralità del Trattato di Non Proliferazione nucleare, alla sua universalizzazione e all'interdipendenza dei suoi tre pilastri (disarmo, non-proliferazione e uso pacifico dell'energia nucleare). Esso è coerente sia con l'articolo VI del medesimo, il quale impegna gli Stati parte ad intraprendere in buona fede negoziati su misure relative al disarmo nucleare, sia con gli obblighi assunti in seno all'Alleanza Atlantica, la cui dottrina di deterrenza è stata confermata al Vertice di Varsavia del 2016.
  Su queste basi, assieme ai Paesi che condividono la nostra posizione, l'Italia continua a promuovere e sostenere delle iniziative che costituiscono i tasselli di un percorso, graduale e realistico, atto a favorire un processo di disarmo nucleare irreversibile, trasparente e verificabile.
  Gli obiettivi di queste iniziative sono l'entrata in vigore del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari; la conclusione di un Trattato sulla messa al bando del materiale fissile idoneo alla fabbricazione di armi nucleari; l'approfondimento degli strumenti e del ruolo delle verifiche nei processi di disarmo nucleare, in un'ottica inclusiva che preveda il coinvolgimento di Paesi non militarmente nucleari; la creazione di Zone libere da armi nucleari, soprattutto in Medio Oriente; una maggiore trasparenza degli Stati militarmente nucleari.
  Tale posizione ha ispirato la Presidenza italiana della riunione dei Ministri degli Esteri del G7, tenutasi a Lucca il 10 e 11 aprile scorsi, il cui Comunicato Congiunto menziona i principali elementi dell'approccio progressivo e ricorda, compatibilmente con le varie sensibilità rappresentate dai partner, l'obiettivo di un mondo senza armi nucleari.
  L'anno precedente, peraltro, l'Italia aveva sostenuto la Dichiarazione di Hiroshima dei Ministri degli Esteri del G7 che, con forte valenza simbolica, riaffermava l'impegno a creare le condizioni di un mondo privo di armi nucleari, in un quadro di stabilità internazionale, e la piena applicazione del Trattato di Non Proliferazione in tutte le sue componenti, disarmo incluso.
  Inoltre, l'Italia partecipa al processo preparatorio della Conferenza di riesame del Trattato di Non Proliferazione del 2020 che, avviatosi a inizio maggio a Vienna, è occasione per riaffermare la centralità del Trattato e il merito di un approccio progressivo al disarmo.
  Il nostro Paese ha altresì preso parte agli eventi organizzati negli ultimi anni nel quadro della «Campagna sull'impatto umanitario dell'arma nucleare», ma non ha aderito alla Risoluzione della 71ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite «Taking forward multilateral disarmament Pag. 42negotiations», in forza della quale è stata avviata la Conferenza delle Nazioni Unite per negoziare uno strumento giuridicamente vincolante sulla proibizione delle armi nucleari.
  Non si è infatti ritenuto opportuno sostenere un'iniziativa suscettibile di portare ad una forte contrapposizione in seno alla Comunità Internazionale su una questione che richiede un impegno universale e il pieno coinvolgimento anche dei Paesi militarmente nucleari.
  La bozza di Trattato scaturita dalla Conferenza avvalora le perplessità che sono alla base della posizione italiana. Alcune sue disposizioni cruciali appaiono potenzialmente in grado di indebolire il regime di non proliferazione esistente, sollevando dubbi circa la reale capacità del Trattato di porsi quale strumento di disarmo nucleare irreversibile, trasparente e verificabile.
  Qualche esempio: la bozza in parola ipotizza standard di verifiche minime inferiori rispetto a quelli che si stanno affermando nel quadro del TNP, dell'Agenzia Internazionale dell'Energia Atomica (AIEA) e, da ultimo, dell'accordo sul programma nucleare iraniano; essa non chiarisce a sufficienza i rapporti tra il Trattato e il TNP, lasciando libero uno Stato di aderire al nuovo trattato dopo essersi ritirato dal TNP e di sottrarsi, così, a controlli internazionali più stringenti; il divieto di esperimenti nucleari incluso nella bozza non contempla alcun sistema di controllo e verifiche analogo a quello previsto dal Trattato per la messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBT), diminuendo le sue prospettive di auspicata entrata in vigore.
  Per queste ragioni, il Governo non ha preso parte alla Conferenza per negoziare uno strumento giuridicamente vincolante sulla proibizione delle armi nucleari e, in coerenza con la linea sin qui seguita, non intende sottoscrivere la bozza di Trattato da quest'ultima prodotta.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-11826 Archi: Sul riconoscimento da parte degli Stati Uniti della patente di guida italiana.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In considerazione dell'interesse che la questione del reciproco riconoscimento tra Italia e Stati Uniti ai fini della conversione delle patenti di guida riveste per i nostri connazionali residenti negli USA e per i cittadini statunitensi residenti nel nostro Paese, la Farnesina, d'intesa con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – che ha competenza tecnica sulla materia – ha proceduto a verificare l'interesse delle Autorità federali statunitensi ad avviare negoziati per la definizione di un Accordo Quadro in materia.
  Già nel 2014, il Dipartimento di Stato USA ha comunicato che la materia dei documenti di guida non rientra nelle competenze federali, essendo la stessa demandata alla legislazione dei singoli Stati federati statunitensi, con conseguente limitazione della capacità di azione del Governo centrale.
  A fronte della accertata impossibilità di avviare un negoziato con le Autorità centrali americane per addivenire ad un Accordo Quadro bilaterale tra Italia e Stati Uniti su questa materia, a causa delle differenze tra i sistemi giuridici dei due Paesi in materia di regolamentazione della motorizzazione civile, la Farnesina si è adoperata, sempre d'intesa con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, per individuare possibili forme di Intese tecniche da stipulare con i singoli Stati federati statunitensi.
  Nel 2015, su richiesta del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la Farnesina ha provveduto – tramite l'Ambasciata d'Italia a Washington e la rete consolare italiana accreditata negli USA – ad avviare contatti diretti con le Autorità competenti in materia di titoli di guida nei singoli Stati federati, al fine di sondare il rispettivo interesse e la disponibilità a consultazioni per la definizione di singole Intese tecniche con il nostro Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
  Ad oggi, circa un terzo degli Stati federati hanno risposto positivamente, manifestando la loro volontà ad avviare negoziati con il nostro Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
  A seguito di questa disponibilità di massima da parte di alcuni degli Stati federati statunitensi, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha manifestato l'intenzione di predisporre una bozza di modello standard di Intesa tecnica che, una volta definito, potrà essere sottoposto come proposta iniziale – per il tramite della rete consolare italiana negli Stati Uniti – alle competenti Autorità dei predetti Stati federati. Nelle intenzioni, tale testo sarebbe successivamente suscettibile di integrazioni/adattamenti per venire incontro ad eventuali, specifiche esigenze normative di ogni singola controparte americana.
  La Farnesina continuerà ad adoperarsi al fine di favorire la conclusione delle intese tecniche in questione da parte del Ministero dei Trasporti, nella consapevolezza delle difficoltà oggettive rappresentate dalla necessità di negoziare separati accordi con una pluralità attori, nonché dalle difformità sussistenti anche tra le singole legislazioni degli Stati Federati in materia di motorizzazione civile.