CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 22 giugno 2017
843.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Disposizioni sulla elezione dei componenti dei consigli degli ordini circondariali forensi (C. 4439, approvata dalla 2a Commissione permanente del Senato).

PARERE APPROVATO

  Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
   ricordato il parere favorevole con una condizione reso da questo Comitato nella seduta del 15 giugno scorso sul testo della proposta di legge C. 4439, approvata dalla 2a Commissione permanente del Senato, recante «Disposizioni sulla elezione dei componenti dei consigli degli ordini circondariali forensi»;
   ricordato, altresì, che la predetta condizione era finalizzata a coordinare le disposizioni del provvedimento in esame con quanto previsto nella medesima materia dal Governo nello schema di regolamento (A.G. 423) trasmesso al Parlamento per l'espressione dei prescritti pareri da parte delle Commissioni competenti;
   preso atto che in data 21 giugno l'Assemblea ha deliberato il trasferimento del provvedimento, già approvato dal Senato, in sede legislativa alla II Commissione;
   preso, altresì, atto della richiesta di espressione di un nuovo parere sul provvedimento in titolo alla luce della circostanza che il medesimo provvedimento sarà probabilmente approvato definitivamente dalla Commissione competente con la conseguenza che, come chiarito dalla Presidenza della II Commissione, sarebbe del tutto superata l'esigenza di coordinamento con lo schema di regolamento sopra citato,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano (C. 2168-B, approvata, in testo unificato, dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato).

PARERE APPROVATO

  Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
   esaminato il testo del disegno di legge C. 2168-B, approvato, in testo unificato, dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato, recante «Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano»;
   considerato che le disposizioni da esso recate sono riconducibili alla materia «ordinamento penale» e «norme processuali», di competenza legislativa statale esclusiva in base all'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione;
   ricordato il parere già espresso dalla I Commissione in data 18 marzo 2015 nell'ambito dell'esame del provvedimento nella precedente lettura alla Camera;
   preso atto delle ulteriori modifiche apportate dal Senato;
   rilevato che l'articolo 1 introduce nel titolo XII (Delitti contro la persona), sez. III (Delitti contro la libertà morale) del codice penale, gli articoli 613-bis e 613-ter, disciplinando, rispettivamente, la fattispecie incriminatrice del delitto di tortura, costruito come reato comune, eventualmente aggravato, e prevedendo la fattispecie della istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura;
   osservato che il divieto di tortura è già sancito da fonti sovranazionali;
   rilevato, in particolare, che l'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo prevede che «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti» (identica formulazione è contenuta nell'articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea);
   osservato poi che la Convenzione ONU del 1984 contro la tortura, ratificata dall'Italia con la legge n. 498 del 1988, prevede l'obbligo per gli Stati di legiferare affinché qualsiasi atto di tortura sia espressamente e immediatamente contemplato come reato nel diritto penale interno (articolo 4);
    rilevato che la medesima Convenzione ONU (che nel titolo fa riferimento a trattamenti inumani o degradanti), all'articolo 1, comma 1, nel definire la nozione di tortura, la individua come reato proprio del pubblico ufficiale che trova la sua specifica manifestazione nell'abuso di potere, quindi nell'esercizio arbitrario ed illegale di una forza legittima, richiedendo come elemento soggettivo-psicologico del reato, due requisiti: il perseguimento di un particolare scopo, ossia ottenere dalla persona torturata (o da una terza persona) informazioni o una confessione; il dolo nell'infliggere dolore e sofferenze (uso dell'avverbio intenzionalmente); rilevato poi che, in base alla Convenzione, questi ultimi elementi (di natura oggettiva) non debbono, tuttavia, essere di lieve entità; le condotte di violenza o di minaccia per connotare il reato devono cioè aver prodotto sofferenze «forti» a livello fisico e psichico;Pag. 29
   osservato che l'articolo 613-bis – introdotto nel codice penale dall'articolo 1, modificato dal Senato, del presente provvedimento – punisce, con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi ovvero agendo con crudeltà cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza ovvero che si trovi in situazione di minorata difesa, se il fatto è commesso con più condotte ovvero comporta un trattamento inumano o degradante per la dignità della persona;
   preso atto, dunque, che il testo modificato dal Senato e ritrasmesso alla Camera modifica l'assetto strutturale del reato (la nuova formulazione dell'articolo 1, comma 1, capoverso comma 613-bis) poiché: viene eliminato il dolo specifico; richiede che le modalità della condotta (violenza o minaccia) assumano il carattere della gravità; contempla l'alternativa dell'agire con crudeltà; muta l'evento della sofferenza psichica in un «verificabile trauma psichico»; sopprime il richiamo alla violazione degli obblighi di protezione, cura o assistenza; sopprime il riferimento alla intenzionalità nel provocare acute sofferenze; fa esplicito riferimento alle persone private della libertà personale e alla condizione di minorata difesa; sopprime il riferimento alla commissione della tortura per motivi etnici, orientamento sessuale od opinioni politiche o religiose; da ultimo richiede che il fatto sia commesso con più condotte oppure che comporti un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona;
   richiamata la necessità di valutare se i contenuti della proposta di legge, nelle parti modificate dal Senato, siano rispettosi dei vincoli derivanti dall'ordinamento europeo e dagli obblighi internazionali, ai sensi dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, prendendo a riferimento le fonti sovranazionali sopracitate;
   rilevata la necessità, quanto al requisito della gravità delle violenze e delle minacce («violenze e minacce gravi»), al richiamato articolo 1, comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, di chiarire se la locuzione «violenze o minacce gravi» consenta o meno di riferire la gravità anche alle violenze;
   rilevata l'esigenza di precisare, al medesimo articolo 1, comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, le espressioni «acute sofferenze fisiche» e «trauma psichico» alla luce del principio di tassatività e determinatezza, garantito dall'articolo 25 della Costituzione;
   ricordata, al riguardo, la sentenza n. 172 del 2014 della Corte costituzionale in favore della legittimità della formulazione del delitto di atti persecutori di cui all'articolo 612-bis del codice penale, il cosiddetto stalking, nella quale la Corte ha affermato che una enunciazione sintetica della norma incriminatrice non comporta, di per sé, un vizio di indeterminatezza, purché attraverso l'interpretazione integrata, sistemica e teleologica, si pervenga alla individuazione di un significato chiaro, intelligibile e preciso dell'enunciato;
   ricordato altresì che la Corte, nella sua pregressa giurisprudenza, ha ritenuto che l'esigenza costituzionale di determinatezza della fattispecie penale non coincide necessariamente con il carattere più o meno descrittivo della stessa, ben potendo la norma incriminatrice fare uso di una tecnica esemplificativa (sentenze n. 79 del 1982, n. 120 del 1963 e n. 27 del 1961), oppure riferirsi a concetti extragiuridici diffusi (sentenze n. 42 del 1972, n. 191 del 1970), ovvero ancora a dati di esperienza comune o tecnica (sentenza n. 126 del 1971), non escludendo il principio di determinatezza, infatti, l'ammissibilità di formule elastiche, alle quali non infrequentemente il legislatore deve ricorrere stante la «impossibilità pratica di elencare analiticamente tutte le situazioni astrattamente idonee a «giustificare» l'inosservanza del precetto e la cui valenza riceve adeguata luce dalla finalità dell'incriminazione e dal quadro normativo su cui essa Pag. 30si innesta» (sentenze n. 302 e n. 5 del 2004);
   osservato che il riferimento alla «verificabilità» del sopracitato «trauma psichico» appare superfluo, atteso che ogni elemento di qualsiasi fattispecie criminale richiede di essere accertato in sede giudiziale;
   rilevata l'opportunità, quanto al riferimento alla illiceità della tortura in quanto trattamento inumano e degradante per la dignità della persona, di valutare la sussistenza di una eventuale limitazione dell'ambito applicativo della fattispecie, considerato che, secondo un'interpretazione letterale della norma, sembrerebbe necessaria la sussistenza di entrambi i requisiti (trattamento inumano e trattamento degradante), diversamente da quanto previsto nell'ambito delle soprarichiamate fonti sovranazionali, che li pongono come presupposti non coessenziali;
   attesa l'opportunità di valutare il rapporto tra la nuova disciplina e quella sul concorso materiale di reati o del concorso formale di norme, soprattutto in relazione alle conseguenze sull'entità della sanzione, considerando in particolare se e quando il delitto di tortura possa concorrere con quelli, ad essa connessi, già previsti dal codice (quali ad esempio percosse, minacce, lesioni, violenza privata, ecc.);
   osservato che l'articolo 1, comma 1, capoverso Art. 613-bis, secondo comma, prevede una fattispecie aggravata del reato, conseguente all'opzione del delitto come reato comune, che interessa la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio dell'autore del reato, commesso con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, stabilendo la pena della reclusione da 5 a 12 anni (era da 5 a 15 anni nel testo Camera);
   considerato che al capoverso Art. 613-bis, terzo comma, si precisa che la fattispecie in questione non si applica se le sofferenze per la tortura derivano unicamente dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti;
   osservato che la previsione relativa all'inapplicabilità dell'aggravante, nel far riferimento agli effetti della condotta criminale, utilizza una locuzione diversa («sofferenze») da quella prevista nell'articolo 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma («sofferenze fisiche e trauma psichico»);
   rilevato poi che l'articolo 1, comma 1, capoverso articolo 613-bis, quinto comma, prevede ulteriori circostanze aggravanti riguardanti la morte come conseguenza della tortura nelle due diverse ipotesi: di morte non voluta, ma conseguenza dell'attività di tortura (30 anni di reclusione, mentre nel testo della Camera era previsto l'aumento di due terzi delle pene); di morte come conseguenza voluta da parte dell'autore del reato (pena dell'ergastolo);
   ribadendo, quanto all'ipotesi di morte non voluta, quanto già affermato nel precedente parere espresso dalla I Commissione durante l'esame in prima lettura del provvedimento;
   rilevato al riguardo che la Corte costituzionale si è pronunciata sulla questione della legittimità costituzionale delle «pene fisse» (senza la previsione di un minimo e di un massimo);
   osservato che la Corte, superando un primo orientamento volto a riconoscere la legittimità costituzionale delle pene fisse (sentenze n. 67 del 1963 e n. 167 del 1971), ha ritenuto che l'ordinamento costituzionale richieda una commisurazione «individualizzata» della sanzione penale;
   ricordato, in particolare, che la Corte (con la sentenza n. 50 del 1980) ha ritenuto che l'ordinamento costituzionale richieda una commisurazione «individualizzata» della sanzione penale poiché «l'adeguamento delle risposte punitive ai casi concreti – in termini di uguaglianza e/o differenziazione di trattamento – contribuisce da un lato, a rendere quanto più Pag. 31possibile «personale» la responsabilità penale, nella prospettiva segnata dall'articolo 27, primo comma; e nello stesso tempo è strumento per una determinazione della pena quanto più possibile «finalizzata», nella prospettiva dell'articolo 27, terzo comma, della Costituzione»;
   ricordato, inoltre, che la Corte, nella medesima sentenza n. 50 del 1980, ha precisato che «l'uguaglianza di fronte alla pena viene a significare, in definitiva, «proporzione» della pena rispetto alle «personali» responsabilità ed alle esigenze di risposta che ne conseguano, svolgendo una funzione che è essenzialmente di giustizia e anche di tutela delle posizioni individuali e di limite della potestà punitiva statuale. In questi termini, sussiste di regola l'esigenza di una articolazione legale del sistema sanzionatorio, che renda possibile tale adeguamento individualizzato, «proporzionale», delle pene inflitte con le sentenze di condanna. Di tale esigenza, appropriati ambiti e criteri per la discrezionalità del giudice costituiscono lo strumento normale»;
   sottolineato, altresì, che, la Corte costituzionale, nella citata sentenza, ha precisato che «in linea di principio, previsioni sanzionatorie rigide non appaiono pertanto in armonia con il «volto costituzionale» del sistema penale» e che «il dubbio d'illegittimità costituzionale potrà essere, caso per caso, superato a condizione che, per la natura dell'illecito sanzionato e per la misura della sanzione prevista, questa ultima appaia ragionevolmente «proporzionata» rispetto all'intera gamma di comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato»;
   osservato che la pena fissa prevista in caso di morte quale conseguenza non voluta del reato di tortura (30 anni di reclusione) risulta pari al triplo della sanzione massima prevista per il reato-base di tortura (punito con la reclusione da quattro a dieci anni);
   rilevato che l'articolo 1 del provvedimento legge aggiunge, poi, al codice penale l'articolo 613-ter, con cui si punisce il reato proprio consistente nell'istigazione a commettere tortura commessa dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio, sempre nei confronti di altro pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio;
   preso atto che, rispetto al testo-Camera: è stato introdotto nel capoverso Art. 613-ter il riferimento alla condotta di chi «istiga in modo concretamente idoneo» alla tortura; è stata soppressa la clausola di specialità del reato di cui all'articolo 613-ter rispetto all'istigazione a delinquere di cui all'articolo 414 del codice penale («fuori dei casi previsti dall'articolo 414»); è stata ridotta l'entità della sanzione (ora da sei mesi a tre anni, nel testo della Camera era da uno a sei anni);
   rilevata, in proposito, l'esigenza di chiarire a cosa sia riferito il requisito della «concreta idoneità» e di valutare, a seguito della soppressione della predetta clausola di specialità del reato, il rapporto tra il nuovo articolo 613-ter e l'articolo 414 del codice penale, il quale prevede una sanzione più severa (da uno a cinque anni), oltre che una fattispecie aggravante per l'utilizzazione di strumenti informatici o telematici;
   preso atto poi che l'articolo 4, comma 1, del provvedimento – i cui contenuti sono stati parzialmente riformulati durante l'esame al Senato – esclude il riconoscimento di ogni «forma di immunità» per gli stranieri che siano indagati o siano stati condannati per il delitto di tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale senza più fare espresso riferimento al rispetto del diritto internazionale;
   richiamata al riguardo l'opportunità di esplicitare nel testo del citato articolo 4 che le disposizioni in tema di esclusione dall'immunità e di estradizione nei casi di tortura, ivi contenute, siano in ogni caso applicabili nel rispetto del diritto internazionale;Pag. 32
   sottolineata, in particolare, l'opportunità che tale previsione, inserita in una norma di rango ordinario, sia valutata alla luce delle Convenzioni di Vienna del 1961 e del 1963 sulle relazioni diplomatiche e consolari, ratificate dal nostro Paese che riconoscono le immunità penali, nonché degli articoli 10, 11, 87, ottavo comma, 117, primo comma, della Costituzione e della giurisprudenza della Corte costituzionale (si vedano le sentenze nn. 348 e 349 del 2007) da cui deriva il conferimento ai trattati della natura di «norma interposta», ovvero parametro mediato o indiretto della legittimità costituzionale delle fonti primarie,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente condizione:
   sia valutato dalla Commissione di merito se la previsione della pena fissa di 30 anni di reclusione, stabilita dall'articolo 1, comma 1, capoverso articolo 613-bis, quinto comma, per la circostanza aggravante, derivante dall'avere provocato come conseguenza non voluta la morte della persona offesa sia coerente con la giurisprudenza richiamata in premessa in tema di pene fisse e sia ragionevolmente «proporzionata», per la natura dell'illecito sanzionato e per la misura della sanzione prevista, rispetto all'intera gamma di comportamenti riconducibili allo specifico reato di tortura e sia altresì valutata dalla Commissione di merito, al medesimo articolo 1, comma 1, capoverso articolo 613-bis, quinto comma, tenendo conto della sanzione base – reclusione da quattro a dieci anni – stabilita per il medesimo reato;
  e con le seguenti osservazioni:
   a) all'articolo 1, comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, in relazione al requisito della gravità delle violenze e delle minacce («violenze e minacce gravi»), valuti la Commissione di merito l'opportunità di chiarire se la locuzione «violenze o minacce gravi» consenta o meno di riferire la gravità anche alle violenze;
   b) al medesimo articolo 1, comma 1, capoverso Art.613-bis, primo comma, valuti la Commissione di merito l'opportunità di sopprimere la seguente parola: «verificabile»;
   c) al medesimo articolo 1, comma 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma, quanto al riferimento alla illiceità della tortura in quanto trattamento inumano e degradante per la dignità della persona, valuti la Commissione di merito la sussistenza di una eventuale limitazione dell'ambito applicativo della fattispecie, considerato che, secondo un'interpretazione letterale della norma, sembrerebbe necessaria la sussistenza di entrambi i requisiti (trattamento inumano e degradante), diversamente da quanto previsto nell'ambito delle fonti sovranazionali richiamate in premessa, che li pongono come presupposti non coessenziali;
   d) all'articolo 1, comma 1, capoverso Art. 613-bis, terzo comma, nell'ambito della previsione relativa all'inapplicabilità dell'aggravante, valuti la Commissione di merito l'opportunità di uniformare le locuzioni utilizzate nel far riferimento agli effetti della condotta criminale, laddove si utilizza una locuzione diversa («sofferenze») da quella prevista nell'articolo 1, capoverso Art. 613-bis, primo comma ( «sofferenze fisiche e un trauma psichico»);
   e) sia valutata dalla Commissione di merito, all'articolo 4 del provvedimento, l'opportunità di esplicitare che le disposizioni in tema di esclusione dall'immunità e di estradizione nei casi di tortura, ivi contenute, siano in ogni caso applicabili nel rispetto del diritto internazionale;
   f) all'articolo 1, comma 1, capoverso Art.613-ter, comma 1, valuti la Commissione di merito l'esigenza di chiarire a cosa sia riferito il requisito della concreta idoneità della istigazione alla tortura e di valutare, a seguito della soppressione della sopra richiamata clausola di specialità del Pag. 33reato, il rapporto tra il nuovo articolo 613-ter e l'articolo 414 del codice penale, il quale prevede una sanzione più severa (da uno a cinque anni), oltre che una fattispecie aggravante per l'utilizzazione di strumenti informatici o telematici;
   g) valuti la Commissione di merito il rapporto tra la nuova disciplina introdotto con il provvedimento in esame e quella sul concorso materiale di reati o del concorso formale di norme, soprattutto in relazione alle conseguenze sull'entità della sanzione.

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ALLEGATO 3

Istituzione e disciplina del Registro nazionale e dei registri regionali dei tumori (Testo unificato C. 913 Biondelli e abb.).

PARERE APPROVATO

  Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
   esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 913 Biondelli ed abb., recante «Istituzione e disciplina del Registro nazionale e dei registri regionali dei tumori»,
   osservato che la materia trattata può ricondursi, per alcuni aspetti, alla materie «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», «ordinamento civile», «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» e «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale», che rientrano tra gli ambiti di competenza legislativa dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere g), l), m) e r), della Costituzione e, per altri profili, alla materia «tutela della salute», oggetto di potestà legislativa concorrente tra lo Stato e le regioni ai sensi dell'articolo 117, comma terzo, della Costituzione,
   considerato che l'articolo 1, comma 2, prevede che il regolamento governativo relativo alla rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza sia adottato previo parere della Conferenza Stato-Regioni;
   ricordato che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 marzo 2017, recante «Identificazione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie» è stato adottato sulla base della procedura prevista dall'articolo 12, comma 11, del decreto-legge n. 179 del 2012, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni;
   ricordato altresì che la Corte costituzionale ha evidenziato che l'attribuzione a livello centrale della materia «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale», trova fondamento nella necessità di «assicurare una comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei, in modo da permettere la comunicabilità tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione» (sentenza n. 17 del 2004);
   tenuto conto che vengono pertanto in rilievo competenze legislative statali e, con riguardo ai profili della tutela della salute, competenze legislative concorrenti tra Stato e Regioni, andrebbe valutata l'opportunità di prevedere forme più stringenti di coinvolgimento delle Regioni anche per l'adozione del regolamento di cui all'articolo 1, comma 2;
   rilevato che l'articolo 3, modificando l'articolo 12, comma 11, del decreto-legge n. 179 del 2012, prevede, ai fini dell'aggiornamento periodico degli elenchi dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie di impianti protesici, il solo parere della Conferenza Stato-regioni;
   evidenziato che l'articolo 12, comma 11, del decreto-legge n. 179 del 2012 dispone che i suddetti sistemi di sorveglianza e registri «sono istituiti con decreto Pag. 35del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali», e prevede nel testo vigente identica procedura per il loro aggiornamento periodico;
   considerato che la modifica apportata dalla proposta di legge sembra da intendersi come norma di semplificazione procedurale, nel presupposto che l'aggiornamento periodico di cui al citato comma 11 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012 abbia valore sostanzialmente ricognitivo,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente osservazione:
   all'articolo 1, comma 2, valuti la Commissione di merito, alla luce di quanto sopra esposto, l'opportunità di prevedere forme più stringenti di coinvolgimento delle Regioni.