CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 15 giugno 2017
839.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO

Interrogazione n. 5-09630 Falcone: Sulle misure discriminatorie adottate dalla Confederazione svizzera nei confronti dei lavoratori transfrontalieri italiani.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il primo punto sollevato dall'On. Interrogante riguarda le possibili conseguenze del referendum «Prima i nostri», svoltosi nel Canton Ticino il 25 settembre dello scorso anno. All'indomani del voto referendario, l'Ambasciatore della Confederazione Svizzera a Roma è stato ricevuto alla Farnesina per spiegare contenuto ed effetti del voto cantonale. Secondo quanto fatto presente dall'Ambasciatore, l'iniziativa popolare impegnerebbe il Gran Consiglio del Canton Ticino ad adottare disposizioni che sarebbero incompatibili sia con il diritto svizzero che con l'Accordo sulla libertà di circolazione delle persone firmato con l'UE nel 1999. Pertanto, eventuali modifiche della costituzione cantonale o norme di attuazione dell'esito referendario non potrebbero essere confermate dal Parlamento federale, cui spetta il giudizio di legittimità. Allo stato attuale, quindi, il referendum non dovrebbe avere conseguenze pratiche negative per i nostri lavoratori frontalieri. Naturalmente, il Governo si riserva di monitorare la situazione per verificare tale scenario.
  Per quanto riguarda il referendum «contro l'immigrazione di massa» del 9 febbraio 2014, esso ha determinato l'introduzione nella Costituzione svizzera di un nuovo articolo (l'articolo 121) che ha imposto l'adozione di disposizioni limitative dell'immigrazione, potenzialmente in contrasto con il predetto accordo UE-Svizzera del 1999. Grazie anche all'impulso dato dall'Italia, Berna e Bruxelles hanno intrapreso un lungo dialogo per rendere coerente l'esito referendario con il principio della libera circolazione dei cittadini UE.
  Il 16 dicembre 2016 il Parlamento svizzero ha approvato la legge di attuazione delle disposizioni costituzionali in materia migratoria. Il testo approvato prevede che il Consiglio federale, sentiti i Cantoni e le parti sociali, possa adottare misure limitate nel tempo atte ad esaurire il potenziale della forza lavoro in Svizzera. Il Consiglio inoltre, anche su proposta dei singoli Cantoni in caso di «problemi gravi, in particolare legati ai frontalieri», potrà sottoporre all'Assemblea Federale misure supplementari. Resta il fatto che ogni eventuale decisione in materia dovrà essere approvata dal Consiglio federale e sottoposta al Comitato Misto UE-Svizzera, come previsto dall'Accordo UE-Svizzera del 1999.
  La Farnesina intende comunque monitorare – assieme alle Istituzioni europee – le modalità con le quali la legge sarà applicata. Le Autorità svizzere stanno attualmente lavorando al decreto esecutivo della nuova legge sugli stranieri: il Consiglio federale sta procedendo ad elaborare il testo del decreto attuativo, a cui seguirà la consultazione pubblica e l'emanazione del decreto attuativo da parte del Governo. Il passaggio in Comitato misto UE-Svizzera è previsto dopo l'emanazione del decreto.
  Il Governo continua altresì a monitorare, sia singolarmente che in ambito UE, il rispetto da parte svizzera dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone e del diritto UE. Come ricordato dall'On. interrogante, Pag. 70il Canton Ticino aveva introdotto misure volte a rendere obbligatoria per i lavoratori frontalieri la produzione del casellario giudiziale e del certificato dei carichi pendenti per ottenere i permessi di dimora e di lavoro.
  Tali questioni sono state seguite lungo un doppio canale. La Farnesina si era attivata sin da subito presso il Governo di Berna, convocando una prima volta nel 2015 l'Ambasciatore svizzero per esprimere preoccupazione per il grave carattere discriminatorio delle due misure; e una seconda volta – dopo che nel frattempo la misura concernente i carichi pendenti era stata rimossa nel novembre 2015 – lo scorso 4 aprile, per chiedere di pervenire nel più breve tempo possibile al superamento delle procedure di controllo del casellario giudiziario. La sua revoca è stata posta dall'Italia come condizione necessaria per la firma (caldeggiata da parte svizzera) del nuovo Accordo sul trattamento fiscale dei lavoratori frontalieri parafato a dicembre 2015.
  A livello politico, la questione è stata sollevata in numerosi colloqui, anche al più alto livello dal Presidente Gentiloni con la Presidente della Confederazione svizzera. Io stesso ho avuto incontri il 20 febbraio 2017 con l'allora Presidente del Consiglio di Stato del Canton Ticino, Beltraminelli; inoltre, il 24 maggio, mi sono recato a Bellinzona per incontrare il Presidente Bertoli e una delegazione del Consiglio di Stato, dopo che il giorno precedente ero stato a Berna per colloqui presso il locale Ministero degli affari esteri. A Bellinzona ho sottolineato le nostre aspettative affinché il rapporto con il Canton Ticino sia un moltiplicatore delle eccellenti relazioni tra l'Italia e la Confederazione Elvetica, anche con la revisione di misure di carattere discriminatorio come quella relativa al casellario giudiziale.
  Mercoledì 7 giugno il Consiglio di Stato del Ticino ha annunciato, in relazione alla firma dell'accordo sulla fiscalità dei frontalieri, di aver deciso di riorientare la misura relativa alla presentazione obbligatoria del casellario giudiziale, che verrà sostituita da un nuovo sistema che prevede, oltre all'autocertificazione, la presentazione del certificato penale su base volontaria. Si tratta di un passo che sembra andare nella giusta direzione.
  Vorrei concludere assicurando che continueremo a seguire attentamente gli sviluppi della questione e a vegliare affinché siano tutelati i lavoratori frontalieri italiani in Svizzera.