CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 30 maggio 2017
828.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO

Disposizioni in materia di vitalizi e di trattamento economico dei parlamentari (Nuovo testo unificato C. 3225 e abb.).

PARERE APPROVATO

  La XI Commissione,
   esaminato, per quanto di competenza, il nuovo testo della proposta di legge Atto Camera n. 3225, recante disposizioni in materia di abolizione dei vitalizi e nuova disciplina dei trattamenti pensionistici dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali;
   osservato che il provvedimento costituisce un intervento ad ampio raggio che segue gli interventi adottati nella scorsa legislatura dal Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica e dall'Ufficio di Presidenza della Camera che hanno disposto il definitivo superamento del regime dei vitalizi e la tendenziale parificazione delle regole applicate ai trattamenti previdenziali dei parlamentari a quelle previste per la generalità dei lavoratori;
   rilevato che, in tale contesto, l'articolo 1 indica che la proposta di legge intende abolire gli assegni vitalizi e i trattamenti previdenziali, comunque denominati, erogati ai membri del Parlamento e ai titolari di cariche elettive delle Regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano introducendo un trattamento previdenziale basato sul sistema di calcolo contributivo;
   considerato che la disciplina dei trattamenti previdenziali dei membri del Parlamento nel tempo si è caratterizzata per la presenza di elementi di specialità, dovuti alla peculiarità del trattamento economico alla quale essi sono connessi;
   ricordato, a tale riguardo, che la Corte costituzionale nella sentenza n. 289 del 1994 ha evidenziato che tra gli assegni vitalizi e le pensioni ordinarie derivanti da rapporti di impiego pubblico non sussiste una identità né di natura né di regime giuridico, dal momento che l'assegno vitalizio, a differenza della pensione ordinaria, viene a collegarsi ad una indennità di carica goduta in relazione all'esercizio di un mandato pubblico, indennità che, nei suoi presupposti e nelle sue finalità, ha sempre assunto, nella disciplina costituzionale e ordinaria, connotazioni distinte da quelle proprie della retribuzione connessa al rapporto di pubblico impiego;
   osservato che nella medesima sentenza si evidenzia che «l'evoluzione che, nel corso del tempo, ha caratterizzato questa particolare forma di previdenza ha condotto anche a configurare l'assegno vitalizio [...] come istituto che, nella sua disciplina positiva, ha recepito, in parte, aspetti riconducibili al modello pensionistico e, in parte, profili tipici del regime delle assicurazioni private»;
   evidenziato che tale ricostruzione dell'istituto è stata confermata dalla Corte costituzionale anche nell'ordinanza n. 86 del 2007, relativa all'assegno vitalizio previsto per i Consiglieri regionali della Regione Marche;
   considerato, altresì, che la regolamentazione adottata dalle due Camere ha progressivamente ridotto gli elementi di specialità presenti nella disciplina dei trattamenti di carattere previdenziale riconosciuti ai parlamentari cessati dal mandato, avvicinandola a quella riferita ai trattamenti pensionistici dei lavoratori dipendenti;Pag. 74
   rilevato che, in questo contesto, nella sentenza della Corte di cassazione, VI sezione penale, n. 1044 del 1995, si evidenzia che l'assegno vitalizio, in quanto «collegato ad un sistema di assistenza e previdenza (costituito da contributi obbligatori introitati direttamente dall'amministrazione di ciascun ramo del Parlamento e con possibilità di integrazione con contributi volontari in ipotesi particolari)», deve ritenersi disciplinato dalle disposizioni vigenti in materia di sequestro, pignoramento e cessione degli assegni degli impiegati civili dello Stato, dal momento che esso assolve, a differenza dell'indennità parlamentare, ad una funzione assistenziale e previdenziale;
   osservato che il progressivo ravvicinamento tra la disciplina dei trattamenti riconosciuti ai parlamentari cessati dal mandato e quella pensionistica trova conferma nelle richiamate disposizioni introdotte dal Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica e dall'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati, che hanno previsto il superamento dell'istituto dell'assegno vitalizio e l'introduzione, con decorrenza dal 1o gennaio 2012, di trattamenti pensionistici basati sul sistema di calcolo contributivo;
   condiviso l'orientamento teso a confermare e consolidare la scelta di adottare come riferimento per la determinazione del diritto e della misura dei trattamenti riconosciuti ai membri del Parlamento le regole applicate per la generalità dei lavoratori;
   considerato che, in tale contesto, l'articolo 1 del provvedimento indica l'obiettivo di sostituire la disciplina vigente con un trattamento previdenziale basato sul sistema contributivo vigente per i lavoratori dipendenti delle amministrazioni statali, e che l'articolo 13, comma 4, reca una norma di chiusura secondo la quale, per quanto non previsto dal provvedimento, si applicano in quanto compatibili le norme generali che disciplinano il sistema pensionistico obbligatorio dei lavoratori dipendenti delle amministrazioni statali;
   rilevato che, anche nella disciplina introdotta dal provvedimento, permangono elementi che caratterizzano i nuovi trattamenti previdenziali previsti per i membri del Parlamento e per i consiglieri regionali in termini di specialità rispetto alla normativa di carattere generale;
   ritenuto che le singole disposizioni del provvedimento, che presentano difformità rispetto alla disciplina vigente in materia pensionistica per i lavoratori dipendenti, possano essere oggetto di più approfondite valutazioni, anche sotto il profilo della coerenza con la normativa previdenziale di carattere generale, solo una volta che siano determinati in modo univoco la natura e l'inquadramento sistematico dei trattamenti previdenziali disciplinati dalla proposta di legge in esame;
   osservato che l'articolo 5 prevede l'istituzione presso l'INPS di un'apposita gestione separata finalizzata al pagamento dei trattamenti previdenziali ai membri del Parlamento, affidando la vigilanza su tale gestione a un Comitato, composto dal Presidente dell'Istituto, che lo presiede, e da cinque rappresentanti degli organi interessati, designati dal Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica e dall'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati;
   segnalata l'opportunità di valutare l'effettiva utilità dell'istituzione di tale gestione, dal momento che la misura dei trattamenti resterebbe determinata dai competenti organi delle Camere e l'Istituto avrebbe funzioni di mero trasferimento delle risorse ai destinatari delle prestazioni;
   osservato che l'articolo 13 reca disposizioni in materia di rideterminazione degli assegni vitalizi, prevedendo in primo luogo, che le Camere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, rideterminino l'ammontare degli assegni vitalizi e dei trattamenti previdenziali erogati, adottando il sistema contributivo nei termini previsti dal provvedimento, con la precisazione che, in ogni caso, l'importo non può essere superiore a Pag. 75quello del trattamento già percepito e non può essere inferiore a quello calcolato, secondo le modalità previste dal provvedimento, sulla base dell'importo dei contributi previdenziali complessivamente versati nella legislatura in corso alla data di entrata in vigore del medesimo provvedimento;
   rilevato che il medesimo articolo 13 prevede che i parlamentari cessati dal mandato che già beneficino di un trattamento previdenziale o di un assegno vitalizio senza avere compiuto sessantacinque anni di età continuino a percepire gli emolumenti, che vengono ricalcolati con il sistema contributivo previsto dal provvedimento, mentre i parlamentari cessati dal mandato e che non percepiscono ancora un trattamento previdenziale o un assegno vitalizio avranno accesso al trattamento previdenziale al compimento del sessantacinquesimo anno di età sulla base della disciplina prevista dal provvedimento stesso;
   ricordato che, in via generale, sulla base della consolidata giurisprudenza costituzionale, al fine di salvaguardare gli equilibri di bilancio e contenere la spesa previdenziale, è possibile ridurre i trattamenti pensionistici già in atto purché tale riduzione abbia luogo per effetto di discipline più restrittive introdotte non irragionevolmente da leggi sopravvenute;
   richiamata, in tale contesto, la sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 2016, che, nel valutare la legittimità costituzionale del contributo di solidarietà sulle pensioni previsto dalla legge n. 147 del 2013, ha affermato che un tale intervento «può ritenersi misura consentita al legislatore ove la stessa non ecceda i limiti entro i quali è necessariamente costretta in forza del combinato operare dei principi [, appunto,] di ragionevolezza, di affidamento e della tutela previdenziale (artt. 3 e 38 Cost.), il cui rispetto è oggetto di uno scrutinio «stretto» di costituzionalità, che impone un grado di ragionevolezza complessiva ben più elevato di quello che, di norma, è affidato alla mancanza di arbitrarietà»;
   osservato che, ai fini di tale verifica, la medesima sentenza ha richiesto che il contributo di solidarietà debba «operare all'interno del complessivo sistema della previdenza; essere imposto dalla crisi contingente e grave del predetto sistema; incidere sulle pensioni più elevate (in rapporto alle pensioni minime); presentarsi come prelievo sostenibile; rispettare il principio di proporzionalità; essere comunque utilizzato come misura una tantum»;
   ricordato che nell'ambito dell'adozione di interventi di modifica dei requisiti per l'accesso al pensionamento e del sistema di calcolo dei trattamenti pensionistici, ivi compresa la manovra di cui al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono regolarmente state inserite disposizioni che hanno fatto salvi i periodi già maturati sulla base del sistema previgente, applicando il sistema del calcolo pro rata, assicurando altresì la possibilità di avvalersi, ai fini del diritto all'accesso e alla decorrenza dei trattamenti pensionistici, dei requisiti di età e di anzianità contributiva previsti dalla normativa previgente, ove essi fossero stati maturati alla data di entrata in vigore della nuova disciplina,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   valuti la Commissione di merito l'opportunità di verificare se le disposizioni contenute nel testo del provvedimento rispondano univocamente all'esigenza di introdurre un trattamento di carattere previdenziale ricalcato sostanzialmente su quello previsto per i lavoratori dipendenti delle amministrazioni statali, ovvero gli istituti previsti permangano caratterizzati da una natura e da un regime giuridico che non consentono la loro integrale riconducibilità alla disciplina pensionistica;
   con riferimento alle disposizioni dell'articolo 13, relative alla rideterminazione Pag. 76dei vitalizi e dei trattamenti previdenziali, verifichi la Commissione, anche alla luce della ricostruzione sistematica degli istituti disciplinati dal provvedimento, l'adeguatezza delle disposizioni previste dal medesimo articolo rispetto ai criteri di ragionevolezza individuati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale ai fini della legittimità degli interventi ablativi riferiti a rapporti di durata in essere, fermo restando, in ogni caso, che analoghi interventi sui trattamenti previdenziali in corso non sono stati adottati nell'ambito della disciplina pensionistica applicabile ai lavoratori dipendenti, assunta come riferimento dal provvedimento in esame, né possono prefigurarsi per il futuro con riferimento a tale disciplina, trattandosi di misure che, in base alla giurisprudenza costituzionale, devono essere sottoposte ad un vaglio di ammissibilità «stretto», al fine di salvaguardare il rispetto dei principi di ragionevolezza, di affidamento e della tutela previdenziale di cui agli articoli 3 e 38 della Costituzione;
   considerato che le disposizioni dell'articolo 7 del provvedimento prevedono la determinazione dei trattamenti previdenziali con il sistema contributivo, valuti la Commissione di merito la possibilità di introdurre misure volte a consentire la valorizzazione di tutti i contributi versati dai membri del Parlamento e dai consiglieri regionali.