CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 24 maggio 2017
823.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per le questioni regionali
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Ristorazione collettiva (S. 2037).

PARERE APPROVATO

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
   esaminato il testo del disegno di legge S. 2037, recante «Disposizioni in materia di servizi di ristorazione collettiva»;
    rilevato che il provvedimento, nel dettare norme per l'affidamento e lo svolgimento del servizio di ristorazione collettiva:
    interviene principalmente sulla materia «tutela della concorrenza», che l'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;
    incide altresì sulle materie «agricoltura» e «industria», rimesse alla competenza legislativa delle Regioni, ai sensi dell'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, nonché sulle materie «tutela della salute» e «alimentazione», attribuite alla competenza concorrente tra Stato e Regioni, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
   preso atto che il provvedimento opera numerosi rinvii al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, essendo stato presentato in data antecedente all'entrata in vigore del nuovo Codice di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016;
   rilevato che l'articolo 3 del disegno di legge prevede che le linee guida per la ristorazione collettiva siano approvate con decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro delle politiche alimentari e forestali, sentite l'Associazione nazionale di comuni italiani (ANCI) e le principali associazioni di settore;
   ritenuto opportuno:
     assicurare un coinvolgimento delle Regioni nella fase di definizione del citato decreto, poiché quest'ultimo incide sulle materie «tutela della salute» e «alimentazione», di competenza legislativa concorrente fra Stato e Regioni;
     che tale coinvolgimento possa essere assicurato tramite la previa intesa in sede di Conferenza unificata, nella quale è rappresentata anche la componente degli enti locali, ciò che farebbe venir meno l'esigenza di acquisire un distinto parere dell'ANCI;
   valutati i contenuti dell'articolo 4 che demanda alle Regioni e alle Province autonome i compiti di:
    collaborare, nella definizione dei bandi di gara dei contratti relativi alla ristorazione collettiva «in riferimento ai beni alimentari provenienti dal sistema produttivo locale», con «le pubbliche amministrazioni aggiudicatrici» alla definizione dei criteri da inserire nei capitolati di appalto. Tale collaborazione è finalizzata a garantire il «rispetto delle norme in materia di libera circolazione delle merci», nonché «i requisiti di qualità, di quantità e di prezzo in relazione alle derrate alimentari richieste» (comma 2);
    promuovere la creazione di piattaforme interregionali per la distribuzione di prodotti agroalimentari, al fine di favorirne la diffusione a livello nazionale e l'acquisto da parte delle aziende di ristorazione collettiva (comma 3);Pag. 176
   ritenuto che:
    l'attuale formulazione del comma 2 possa ingenerare il dubbio in ordine alla legittimità di misure che, nell'ambito della definizione di capitolati d'appalto per l'acquisizione di servizi di ristorazione, favoriscano i «beni alimentari provenienti dal sistema locale» in violazione della disciplina comunitaria della concorrenza. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 292 del 2013, ha infatti censurato una legge (in quel caso regionale) che riconosceva agli utilizzatori di prodotti agricoli di origine regionale un titolo preferenziale per l'aggiudicazione di appalti pubblici, in quanto tale misura era ritenuta lesiva delle disposizioni che vietano la previsione di ostacoli illegittimi agli scambi intracomunitari ai sensi dell'art. 34 del Trattato di funzionamento dell'Unione europea;
    andrebbe riconsiderata la scelta di specificare che la collaborazione richiesta alle Regioni nella definizione dei capitolati di gara sia finalizzata, fra l'altro, al rispetto della disciplina in materia di libera circolazione delle merci, trattandosi di una «materia» presidiata dallo Stato (che peraltro è l'esclusivo titolare della relativa funzione legislativa) e in ordine alla quale le Regioni non vantano una specifica competenza;
   ritenuto che con riferimento al comma 3:
    sia necessario che il compito di istituire piattaforme regionali sia formulato in termini di facoltà, e non di obbligo;
    il perseguimento di tale compito sarebbe favorito dalla eventuale predisposizione di finanziamenti ad hoc, anche nell'ottica di garantire una simmetria tra funzioni assegnate e adeguatezza delle risorse;
  esprime:

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) i rinvii operati al decreto legislativo n. 163 del 2006 siano sostituiti con quelli al nuovo Codice dei contratti di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 e successive modificazioni e integrazioni;
   2) all'articolo 3 sia assicurato un coinvolgimento delle Regioni nella fase di definizione del decreto di approvazione delle linee guida per la ristorazione collettiva, eventualmente attraverso la previsione della previa intesa sul decreto in sede di Conferenza unificata;
   3) sia riformulato l'articolo 4, comma 3, affinché l'istituzione di piattaforme regionali sia disciplinata come una facoltà delle Regioni, e non come obbligo;

  e con le seguenti osservazioni:
   a) si valuti la possibilità di introdurre finanziamenti specifici per la creazione di piattaforme regionali (articolo 4, comma 3);
   b) si consideri una riformulazione dell'articolo 4, comma 2, affinché siano escluse possibili interpretazioni della disposizione in ordine alla legittimità di bandi di gara in cui sia attribuito un titolo preferenziale all'utilizzazione di «beni alimentari provenienti dal sistema locale», ciò che contrasterebbe con l'ordinamento dell'Unione europea;
   c) andrebbe altresì riconsiderata l'attuale formulazione dell'articolo 4, comma 2, che finalizza il compito, attribuito alle Regioni, di coadiuvare le pubbliche amministrazioni nella definizione dei criteri da osservare nei capitolati d'appalto, fra l'altro, al «rispetto delle norme in materia di libera circolazione delle merci».

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ALLEGATO 2

Modifiche allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di tutela della minoranza linguistica ladina (C. 56-B cost., approvata, in prima deliberazione, dalla Camera e modificata, in prima deliberazione, dal Senato).

PARERE APPROVATO

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
   esaminato il testo della proposta di legge costituzionale Alfreider ed altri C. 56-B recante «Modifiche allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di tutela della minoranza linguistica ladina», approvata, in prima deliberazione, dalla Camera e modificata, in prima deliberazione, dal Senato;
   richiamati i pareri precedentemente espressi in data 21 dicembre 2016, nel corso dell'esame del provvedimento alla Camera, e in data 16 marzo 2017, nel corso dell'esame al Senato;
   preso atto che nel corso dell'esame al Senato sono stati soppressi gli articoli 2 e 5 del testo approvato dalla Camera, relativi ai sistemi elettorali del Consiglio provinciale di Bolzano e degli enti locali della provincia di Bolzano;
   ricordato che con riferimento ai predetti articoli 2 e 5, introdotti nel corso dell'esame in Assemblea alla Camera, il parere approvato dalla Commissione nel corso dell'esame al Senato conteneva un'osservazione che rimetteva alla Commissione di merito la valutazione dell'opportunità di richiedere il parere o di acquisire in ogni caso l'avviso, anche nell'ambito delle procedure parlamentari di natura conoscitiva, del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige e dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano sul testo approvato dalla Camera;
   rilevato altresì che la modifica apportata all'articolo 8 recepisce la seconda osservazione contenuta nel parere approvato nel corso dell'esame al Senato,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

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ALLEGATO 3

Disposizioni in materia di vitalizi e di trattamento economico dei parlamentari (C. 3225 Richetti ed abb.).

PARERE APPROVATO

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
   esaminato, per i profili di competenza, il testo della proposta di legge C. 3225 Richetti recante «Disposizioni in materia di abolizione dei vitalizi e nuova disciplina dei trattamenti pensionistici dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali», adottata come testo base dalla Commissione di merito;
   considerato che la proposta di legge in esame è volta all'estensione ai membri del Parlamento del sistema previdenziale contributivo vigente per i dipendenti pubblici;
   rilevato che:
    l'articolo 3 prevede l'obbligo per le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano di adeguare ai princìpi della legge, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della medesima, la disciplina dei vitalizi e dei trattamenti previdenziali, comunque denominati, per i titolari di cariche elettive e che tale obbligo costituisce principio di coordinamento della finanza pubblica; in caso di mancato adeguamento, i trasferimenti statali a qualunque titolo spettanti alle Regioni e alle Province autonome sono ridotti di una somma corrispondente ai risparmi prodotti dall'attuazione delle disposizioni della legge;
    il principio del «passaggio ad un sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali» è stato già introdotto dal legislatore statale dall'articolo 14, comma 1, lettera f), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, e successive modificazioni, e rafforzato dall'articolo 2, comma 1, lettera m), del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, e successive modificazioni;
    la Corte costituzionale, con le sentenze n. 198 del 2012 e n. 23 del 2014, ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate, con riferimento alle predette disposizioni, dalle Regioni, che lamentavano come la previsione del passaggio ad un sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali costituisse non un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica ma una disposizione di dettaglio;
    nella richiamate sentenze la Corte costituzionale ha affermato che secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, nell'esercizio della funzione di coordinamento della finanza pubblica, «lo Stato deve limitarsi a porre obiettivi di contenimento senza prevedere in modo esaustivo strumenti e modalità per il loro perseguimento, in modo che rimanga uno spazio aperto all'esercizio dell'autonomia regionale (sentenza n. 182 del 2011); che i vincoli imposti con tali norme possono «considerarsi rispettosi dell'autonomia delle Regioni e degli enti locali quando stabiliscono un “limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa” (sentenza n. 236 del 2013, sentenza n. 182 del 2011, nonché sentenze n. 297 del 2009; n. 289 del 2008; n. 169 del 2007)»; che la disciplina dettata dal legislatore non deve ledere il canone generale della ragionevolezza e proporzionalità dell'intervento normativo rispetto Pag. 179all'obiettivo prefissato (sentenze n. 236 del 2013 e n. 326 del 2010)»; circa il rapporto tra principi fondamentali e disciplina di dettaglio la Corte ha rilevato che «la specificità delle prescrizioni, di per sé, neppure può escludere il carattere di principio di una norma, qualora essa risulti legata al principio stesso da un evidente rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione (sentenze n. 237 del 2009 e n. 430 del 2007)» (sentenza n. 16 del 2010); in quest'ottica, «possono essere ricondotti nell'ambito dei principi di coordinamento della finanza pubblica «norme puntuali adottate dal legislatore per realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario» (sentenze n. 52 del 2010, n. 237 del 2009 e n. 417 del 2005);
    l'articolo 3 risulta dunque ripetitivo del principio del «passaggio ad un sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali» già vigente nel nostro ordinamento, che, pur ponendo un vincolo puntuale per le autonomie regionali, è stato considerato conforme a Costituzione dalla Corte con le richiamate motivazioni;
    alla luce della richiamata giurisprudenza costituzionale, l'articolo 3 non sembrerebbe poter essere interpretato nel senso di fondare un obbligo per i legislatori regionali di adeguarsi a tutte le disposizioni della proposta di legge, trattandosi in questo caso di una disciplina di dettaglio che risulterebbe lesiva dell'autonomia regionale;
   considerato che:
    l'articolo 3 non reca una clausola di salvaguardia per le Regioni a Statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di Bolzano;
    la Corte costituzionale, nella richiamata sentenza n. 198 del 2012, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 138 del 2011, che prevedeva conseguenze di carattere sanzionatorio in caso di mancato adeguamento delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome alle misure di contenimento della spesa che incidevano sull'autonomia costituzionale degli organi regionali;
   preso atto che:
    l'articolo 5 prevede l'istituzione presso l'INPS di una gestione separata, cui confluiscono le risorse relative al trattamento previdenziale dei parlamentari, con riferimento alla quale è istituito un consiglio di amministrazione, composto dal Presidente dell'INPS e da cinque rappresentanti degli organi interessati, individuati dagli Uffici di Presidenza della Camera e del Senato;
    l'articolo 5 non contempla invece misure relative ad un eventuale passaggio delle risorse concernenti i trattamenti previdenziali dei titolari di cariche elettive regionali,
   rilevato che:
    l'articolo 13 riconosce carattere retroattivo alle nuove disposizioni, prevedendo la rideterminazione degli assegni vitalizi e dei trattamenti previdenziali già in essere sulla base del nuovo sistema contributivo, in tal modo incidendo anche su situazioni giuridiche consolidate;
    il principio della retroattività del nuovo sistema contributivo sembrerebbe applicarsi anche ai titolari di cariche elettive regionali, in forza dell'articolo 3;
    secondo la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale «al di fuori della materia penale (dove il divieto di retroattività della legge è stato elevato a dignità costituzionale dall'articolo 25 Cost.), l'emanazione di leggi con efficacia retroattiva da parte del legislatore incontra una serie di limiti che questa Corte ha da tempo individuato e che attengono alla salvaguardia, tra l'altro, di fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza e di eguaglianza» e la «tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Pag. 180Stato di diritto» (sentenza n. 156 del 2007; nello stesso senso, cfr., ex multis, sentenze n. 108 del 2016, n. 282 del 2005, n. 525 del 2000 e n. 416 del 1999);
    in particolare, secondo la sentenza n. 216 del 2015, «il valore del legittimo affidamento, il quale trova copertura costituzionale nell'articolo 3 Cost., non esclude che il legislatore possa assumere disposizioni che modifichino in senso sfavorevole agli interessati la disciplina di rapporti giuridici «anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti», ma esige che ciò avvenga alla condizione «che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto» (sentenze n. 56 del 2015, n. 302 del 2010, n. 236 e n. 206 del 2009). Solo in presenza di posizioni giuridiche non adeguatamente consolidate, dunque, ovvero in seguito alla sopravvenienza di interessi pubblici che esigano interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente su di esse, ma sempre nei limiti della proporzionalità dell'incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico perseguiti, è consentito alla legge di intervenire in senso sfavorevole su assetti regolatori precedentemente definiti (ex plurimis, sentenza n. 56 del 2015)». Al legislatore non è, quindi, precluso di emanare norme retroattive, «purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nella esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti “motivi imperativi di interesse generale” ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU» (sentenza n. 146 del 2015; nello stesso senso cfr. sentenze n. 156 del 2014 e n. 264 del 2012);
    deve essere altresì richiamata la più recente giurisprudenza sul contributo di solidarietà sulle pensioni di importo elevato, in base alla quale al legislatore è consentito derogare al principio di affidamento in ordine al mantenimento del trattamento pensionistico maturato purché l'intervento sia configurato come misura del tutto eccezionale, non ripetitiva, che incida esclusivamente sui trattamenti di importo elevato sulla base dei principi di sostenibilità, proporzionalità ed adeguatezza (sentenza n. 173 del 2016);
    occorre in ogni caso verificare l'effettiva applicabilità delle disposizioni sulla rideterminazione dei trattamenti dei titolari di cariche elettive regionali, dipendendo tale applicabilità dalla disponibilità da parte delle Assemblee legislative e dei Consigli regionali dei dati necessari per procedere al ricalcolo;
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) l'articolo 3 sia valutato alla luce della giurisprudenza costituzionale richiamata in premessa;
   2) all'articolo 3, sia in ogni caso introdotta una clausola di salvaguardia che subordini l'applicazione dei principi nelle Regioni a Statuto speciale e nelle Province autonome alla compatibilità con i rispettivi Statuti e con le relative norme di attuazione, tenuto di quanto previsto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 198 del 2012;
   3) sia soppresso l'articolo 13, o, in alternativa, sia adeguato alla giurisprudenza costituzionale richiamata in premessa, subordinando in ogni caso l'applicazione di eventuali sanzioni per le Regioni inadempienti all'effettiva disponibilità dei dati necessari per procedere alla rideterminazione dei trattamenti;

  e con la seguente osservazione:
   l'articolo 5 sia valutato alla luce di quanto evidenziato in premessa.