CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 12 aprile 2017
802.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-11053 Ricciatti: Modifica della legge di riforma delle camere di commercio.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Nel quesito presentato, gli Onorevoli Interroganti riferiscono sull'esito di un confronto con Unioncamere nazionale e le rappresentanze sindacali CGIL, CISL e UIL, nel corso del quale è stato affrontato il tema del piano di riordino delle Camere di commercio, in attuazione del decreto legislativo 219/2016 ed, in particolare, il mantenimento delle Unioni regionali e le connesse conseguenze sui livelli occupazionali.
  Rispetto a quanto rappresentato e alle preoccupazioni esposte, è utile rilevare, in primo luogo, che nell'ambito del riordino del sistema camerale prefigurato dal Decreto legislativo 219/216, il Governo ha inteso salvaguardare in termini complessivi i livelli occupazionali e le professionalità dei dipendenti delle camere di commercio, delle unioni regionali e delle aziende speciali, attraverso specifici meccanismi di mobilità, che tengano conto degli effettivi fabbisogni di tutti gli enti interessati.
  In particolare, per quanto concerne il personale delle Unioni regionali e delle Aziende speciali, sottolineo che ai fini del riassorbimento del medesimo personale sarà vietata qualsiasi forma di assunzione o impiego di nuovo personale o il conferimento di incarichi, a qualunque titolo o con qualsiasi tipologia contrattuale, da parte delle medesime Unioni ed Aziende speciali, con l'eccezione del personale che dovesse risultare eccedente.
  Per quanto riguarda, inoltre, l'ipotesi in cui l'Unione regionale dovesse essere liquidata in quanto non più conforme al dettato normativo di cui al decreto legislativo 219/2016, si fa presente che il novellato articolo 6 della legge 580/93, al comma 1-ter, ha previsto che, per effetto della razionalizzazione, nel caso di assenza di Unioni regionali, i compiti operativi per la gestione dei servizi comuni già attributi alle Unioni regionali possano essere svolti, comunque in forma associata, ovvero possano essere attribuiti ad Aziende speciali costituite appositamente nel contesto del riordino delle stesse, quale punto di riferimento del collegamento con la Regione.
  Tale previsione, una volta completato il percorso di razionalizzazione delle aziende speciali, nonché del complessivo piano di riorganizzazione che coinvolgerà anche le unioni regionali, consentirà di poter ricollocare il personale sulla base delle esigenze derivanti dal complessivo riordino del sistema, attraverso percorsi di formazione e di riqualificazione.
  Evidenzio, infine, che solo all'esito della concreta applicazione delle misure previste dal decreto legislativo di riforma, e quindi al completamento del piano di razionalizzazione delle aziende speciali, nonché del mantenimento delle unioni regionali, sarà possibile avere un quadro definitivo della situazione dei livelli occupazionali, e poter, quindi, intervenire con le misure già previste dal citato decreto legislativo 219/2016.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-11054 Vignali: Esclusione degli operatori turistici dagli obblighi previsti dall'articolo 1, comma 243, della legge n. 232/2016.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito al quesito posto dall'onorevole Vignali, ricordo che l'articolo 1, comma 243 della Legge 11 dicembre 2016, n. 232, entrata in vigore il 1o gennaio 2017, ha modificato l'articolo 24 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 prevedendo al comma 11 che «tutti gli operatori economici che svolgono attività di call center su numerazioni nazionali devono, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, iscriversi al registro degli operatori di comunicazione di cui alla delibera n. 666/08 dell'Autorità delle Garanzie nelle Comunicazioni, comunicando altresì, tutte le numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico e utilizzate per i servizi di call center. L'obbligo di iscrizione sussiste anche a carico dei soggetti terzi affidatari dei servizi di call center e deve essere contemplata nel contratto di affidamento del servizio».
  Tale normativa è stata recepita dalla Autorità delle Garanzie nelle Comunicazioni che ha provveduto a pubblicare sul proprio sito web FAQ esplicative con le quali ha chiarito, ad esito di approfondimenti compiuti con tutte le Amministrazioni coinvolte, l'ambito di applicazione della norma, ritenendo che siano tenuti all'iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC) gli operatori economici che svolgono attività di call center in modo professionale e, organizzato, anche come attività non prevalente, usando e mettendo a disposizione una numerazione dedicata anche se usata, nel caso dei servizi in outbound.
  Sul tema inoltre si sono tenuti diversi tavoli tecnici nel corso dei quali si è provveduto a definire in modo puntuale la nozione di «operatori economici», facendo riferimento a quanto previsto dal Codice dei contratti pubblici.
  A oggi, si definiscono operatori economici coloro che offrono beni e servizi sul mercato, a prescindere dalla forma giuridica, escludendo le pubbliche amministrazioni nell'assolvimento dei loro compiti istituzionali e i soggetti di qualsiasi natura nello svolgimento di un'attività che non sia correlata, direttamente o indirettamente, a uno scopo di lucro.
  Allo stato sono tenuti all'iscrizione al ROC gli operatori che svolgono attività di call center in modo professionale e, comunque, organizzato, anche in via «parziale», usando e mettendo a disposizione una numerazione dedicata o, solamente usandola, nel caso dei servizi outbound.
  Ad oggi risultano trasmesse circa 2000 domande di iscrizione da parte di operatori che svolgono direttamente attività di call center o che svolgono tale attività conto terzi. Di queste già 1500 domande sono state istruite e definite dall'Autorità e dai Corecom delegati alla tenuta del registro con assegnazione del relativo numero di iscrizione.
  Tutto ciò premesso, rappresento che le nuove disposizioni contenute nella richiamata legge 232/2016 non possono più ritenersi limitate alle sole aziende che svolgano in via esclusiva o prevalente l'attività di call center, in quanto l'ambito di applicazione soggettivo è riferibile all'operatore economico che svolga attività di call center utilizzando numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico, a prescindere dalla prevalenza o meno dell'attività di call center rispetto al complesso delle proprie attività.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-11055 Galgano: Revoca dell'autorizzazione alla società Area Spa.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il 16 novembre 2015 la soc. Area Spa di Vizzola Ticino (VA) ha presentato un'istanza per l'esportazione in EGITTO di un sistema di monitoraggio delle comunicazioni su rete funzionante con protocollo Internet da impiegarsi per fini di sicurezza nazionale con utilizzatore finale del prodotto «Servizi di sicurezza della Repubblica araba di Egitto».
  L'istanza è stata successivamente sottoposta all'esame del Comitato consultivo di cui al D. Lgs. 96/2003 (di cui fanno parte rappresentanti dei Ministeri degli affari esteri, dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze, della difesa, dell'interno, dell'istruzione e della salute, oltre a quattro esperti tecnici) che, dopo approfondita istruttoria, ha formulato parere positivo a seguito del quale è stata rilasciata la prescritta autorizzazione dalla Direzione generale per la politica commerciale internazionale del Ministero dello sviluppo economico.
  Successivamente il Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione Generale per la politica Commerciale Internazionale, Divisione IV (beni a duplice uso-embarghi commerciali ed armi chimiche) comunicava di aver avviato un provvedimento di riesame in autotutela «al fine di rivalutare in tale contesto i presupposti dell'autorizzazione già concessa, anche ai fini di un'eventuale revoca». Ciò in considerazione di quanto disposto all'articolo 12 del Reg. CE 428/09 che stabilisce: «ai fini del rilascio di autorizzazione all'esportazione di prodotti dual use gli stati membri tengono conto di tutti i fattori pertinenti tra cui considerazioni di politica estera e di sicurezza nazionale».
  Nelle more della conclusione del procedimento, tutt'ora in corso, il Direttore Generale per la politica commerciale internazionale del MISE disponeva la sospensione, con decorrenza immediata, dell'autorizzazione già rilasciata ad AREA Spa ai sensi dell'articolo 8, c. 2o, lett. a) del D.Lgs. n. 96/2003 in ragione del rischio di una grave, irreparabile e definitiva compromissione degli interessi tutelati.
  Detta sospensione veniva quindi reiterata in ragione della sussistenza di eccezionali esigenze istruttorie e della elevata complessità dell'oggetto del procedimento; la predetta sospensione è pertanto efficace fino al 27 giugno 2017, termine entro il quale dovrà comunque essere adottato il provvedimento finale sulla base di tutti gli elementi istruttori e valutativi medio tempore acquisti.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-11056 Allasia: Misure concorrenziali nell'ambito del mercato dell'energia elettrica.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Rispondo ai quesiti posti nell'atto in esame, rappresentando quanto segue.
  Il disegno di legge concorrenza e mercato AS 2085-A, attualmente in discussione al Senato, prevede, come ricordato dall'Onorevole interrogante, il superamento del regime di «maggior tutela» per i clienti del settore elettrico.
  Si tratta di un passaggio delicato ed è pertanto pienamente condivisa l'esigenza che il processo si svolga nell'interesse e a beneficio dei consumatori. Per questo motivo, è da accogliere positivamente la proposta, nell'ambito del dibattito sul ddl in questione, di uno slittamento di un anno rispetto alla precedente previsione del 1o luglio 2018, in modo da disporre di maggior tempo per preparare i consumatori ad un cambiamento necessario e importante.
  Il superamento della maggior tutela dovrà essere, infatti, accompagnato dal monitoraggio più incisivo dei mercati al dettaglio e da misure volte al raggiungimento di una serie di condizioni minime che rafforzano il ruolo del consumatore nel processo di liberalizzazione dei mercati.
  Tali misure da adottarsi, secondo il sopracitato ddl, con specifico decreto del Ministero dello sviluppo economico e previo parere delle Commissioni parlamentari, oltre che dell'Autorità per l'energia e dell'Autorità Antitrust, riguardano in particolare la piena operatività degli strumenti per la confrontabilità delle offerte, la semplificazione delle procedure e dei tempi di switching e di fatturazione, l'operatività del Sistema informativo integrato, l'implementazione del brand unbundling, la tutela delle famiglie in condizioni di disagio economico, l'accrescimento del sistema di vigilanza e di informazione a tutela dei consumatori.
  Va precisato che le suddette misure si aggiungerebbero agli strumenti già in corso di attuazione, quali una maggiore leggibilità delle bollette, la promozione di offerte standard e la diffusione della seconda generazione di contatori intelligenti, finalizzate a rendere più consapevole il consumatore e quindi più agevole questa fase di cambiamento.
  Il citato Decreto Ministeriale dovrebbe anche governare la transizione in relazione a quei clienti che, alla data di cessazione del regime di maggior tutela, non abbiano ancora scelto il proprio fornitore. Le opzioni tecnicamente disponibili sono molteplici: anche sotto questa prospettiva, lo slittamento dei termini per il completamento della liberalizzazione potrà consentire un ulteriore approfondimento e la massima condivisione sugli strumenti da adottare.
  A valle del superamento della maggior tutela, e allo scopo di garantire la continuità del servizio per quei clienti che si trovino, temporaneamente e indipendentemente dalla propria volontà, senza fornitore, il Ddl Concorrenza introduce un nuovo servizio di salvaguardia.
  Tale nuovo servizio sarebbe in linea con quanto previsto dalle norme dell'Unione Europea in materia di servizio universale, come confermato dalla proposta di direttiva UE sul mercato integrato, compresa nel cosiddetto Pacchetto Clima ed Energia della Commissione europea.
  Il Governo e l'Autorità per l'energia, sulla base delle rispettive competenze, metteranno in atto le misure necessarie per assicurare la concorrenzialità dei mercati coinvolti, il pluralismo delle offerta e la massima trasparenza, oltreché per promuovere una maggiore capacità di scelta e di contrattazione dei consumatori. Pag. 183
  A tal fine, quindi, sarà fondamentale un rafforzamento dell'attività di monitoraggio con l'obiettivo di garantire che l'abolizione della «maggior tutela» non abbia un impatto negativo sui consumatori. Particolare attenzione dovrà essere prestata ai soggetti più vulnerabili che per condizioni socio-economiche possono avere maggiori difficoltà nelle scelte sul mercato libero: a tal proposito, ricordo che il Ddl Concorrenza prevede anche una riforma degli attuali bonus elettrico e gas, con l'obiettivo di favorirne la diffusione e l'efficacia. Inoltre, sarà importante anche lo sviluppo di soggetti, quali i gruppi d'acquisto e gli aggregatori, i quali possono costituire uno strumento di accrescimento della consapevolezza dei consumatori e della relativa forza contrattuale.
  Si ricorda, infine, che l'Autorità per l'energia e l'Antitrust continueranno a vigilare, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze e con gli strumenti previsti dalla normativa vigente, sull'eventuale esercizio di potere di mercato da parte degli operatori o sull'esistenza di comportamenti collusivi.

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ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-11057 Benamati: Iniziative per favorire una positiva evoluzione della politica commerciale tra USA e UE.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come noto, la nuova Amministrazione americana ha assunto un atteggiamento estremamente critico nei confronti di alcune questioni attinenti alla politica commerciale. Questo si è manifestato sia a livello di rapporti bilaterali UE – USA, con il c. d. congelamento del TTIP, che di rapporti multilaterali, ove, sia a livello di WTO che di G20 e G7, il contributo statunitense è rimasto molto defilato.
  Per quanto riguarda le possibili ritorsioni sull'export italiano, conseguenti all'eventuale abbandono da parte statunitense del Memorandum of Understanding (MoU) del 2009, relativo all'importazione di carne di alta qualità non trattata con ormoni, bisogna specificare che, ad oggi, non ci sono state ancora iniziative ufficiali.
  È opportuno ricordare come il MoU del 2009 sia stato sottoscritto come soluzione di compromesso ad una serie di dispute davanti al Dispute settlement body del WTO sul divieto di carne trattata con gli ormoni in cui l'EU era risultata soccombente (1999) nei confronti degli Stati Uniti e del Canada. A seguito di ciò, infatti, gli USA erano stati autorizzati ad applicare dazi per un valore di 116 milioni di dollari l'anno su di una serie di prodotti decisi, di volta in volta, secondo il c.d. «schema del carosello». Attraverso il MoU è stato stabilito un contingente tariffario autonomo per le importazioni di carni bovine di alta qualità, non trattate con gli ormoni (Reg. UE 464/2012).
   Va infatti rimarcato che è assolutamente vietato, in base ai principi WTO l'apertura di contingenti tariffari specifici per singolo Paese: una tale ipotesi può essere contemplata in maniera legittima solo nell'ambito di un Accordo di libero scambio (quello che sarebbe potuto avvenire nel contesto del negoziato TTIP).
  Ad oggi il MoU del 2009 è ancora pienamente in vigore e non è stato ancora denunciato da parte statunitense. Solo a seguito di specifica denuncia e solo dopo un periodo di cooling-off di sei mesi gli Stati Uniti potranno tornare ad applicare eventuali dazi punitivi. In realtà, dagli incontri della Commissione Europea con l'Amministrazione americana è emersa la volontà di evitare misure di rivalsa e di trovare invece un'intesa pragmatica che consenta agli USA di utilizzare a pieno il contingente previsto dal MoU, peraltro fortemente voluto da una buona parte dei produttori statunitensi di carne bovina. Da parte dello United States Trade Representative si continua a lavorare internamente ad un ulteriore incontro con la Commissione il quale potrebbe tenersi a margine della visita negli USA del Commissario all'Agricoltura Hogan a fine aprile p. v.
  Chiaramente, la Commissione Europea è ben consapevole del nuovo atteggiamento dell'Amministrazione americana e del fatto che, se le minacce dovessero concretizzarsi, produrrebbero enormi danni per il nostro export, ma è altresì convinta che il dialogo bilaterale, una volta insediatosi Robert Lighthizer, the U.S. Trade Representative nominee, potrà consentire di trovare una soluzione condivisa e pragmatica. La guerra dei dazi e delle successive ritorsioni da parte europea avrebbero effetti disastrosi per le economie di entrambe le sponde dell'Atlantico.
  Per quanto attiene, più in generale, all'orientamento statunitense verso il sistema commerciale multilaterale e la necessità urgente di una sua rivitalizzazione, si potrà riuscire, anche qui, a riprendere un positivo e rinnovato dialogo dopo l'effettivo insediamento dello USTR. Ad ogni Pag. 185modo, l'approccio fin qui tenuto dalla presidenza Trump sulla dimensione multilaterale degli scambi non deve indurre a grosse aspettative in merito gli esiti della Conferenza ministeriale del WTO a Buenos Aires il prossimo dicembre.
  Da parte del Governo italiano resta quindi massima l'attenzione sull'intera questione dei rapporti commerciali con gli USA, considerando anche il loro ruolo nella nostra bilancia commerciale 2016: 37 miliardi di euro di export e un saldo commerciale di 23 miliardi, e gli sviluppi sono monitorati quotidianamente attraverso la nostra Ambasciata a Washington e attraverso i rapporti del Ministero dello Sviluppo Economico e della nostra Rappresentanza permanente a Bruxelles con i competenti Servizi della Commissione Europea.

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ALLEGATO 6

Interrogazione n. 5-11111 Civati: Ritiro del decreto del Ministro dello sviluppo economico 7 dicembre 2016.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Preliminarmente volevo informare che alle 15 odierne in Aula Camera il Ministro dello Sviluppo Economico sarà chiamato a rispondere ad una question time di analogo argomento.
  Pur tuttavia, per rispondere agli On.li interroganti, vorrei dare alcuni chiarimenti in merito al DM del 7 dicembre 2016, sul rilascio e l'esercizio dei titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi.
  Preliminarmente è opportuno precisare che con l'anzidetto decreto, si è voluto esclusivamente apportare degli aggiornamenti alle modalità operative per la ricerca e la produzione di idrocarburi.
   Nello specifico il citato articolo 15 del Decreto esclude la possibilità di nuove attività, quali quelle di sviluppo e coltivazione di eventuali nuovi giacimenti e, in linea con quanto previsto al comma 239 della legge di stabilità 2016 (di modifica dell'articolo 6, comma 17 del decreto legislativo n. 152 del), ribadisce che «rimane fermo il divieto di conferimento di nuovi titoli minerari nelle aree marine e costiere protette e nelle 12 miglia dal perimetro esterno di tali aree e dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale, ai sensi dell'articolo 6, comma 17, del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato dall'articolo 1, comma 239, della legge n. 208/2015» non potendo chiaramente un Decreto Ministeriale nulla innovare o ampliare rispetto a quanto stabilito dalla legge.
  Lo stesso articolo specifica che «sono consentite all'interno dei titoli abilitativi già rilasciati, unicamente le attività funzionali a garantire l'esercizio e il recupero delle riserve accertate per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e salvaguardia ambientale».
  Tuttavia, le anzidette attività consentite dal Decreto in argomento, devono comunque essere sottoposte a iter approvativo e autorizzativo e conseguentemente a VIA, per la valutazione della piena attinenza delle stesse al dettato del Codice Ambiente e alla finalità delle operazioni da attuare.

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ALLEGATO 7

Interrogazione n. 5-11112 Crippa: Piano industriale e ricapitalizzazione di Alitalia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Voglio ricordar le linee guida che il Governo ha seguito sin dall'inizio e che sono state le seguenti:
   1) Alitalia è e deve rimanere una compagnia privata, e l'impatto per il bilancio dello Stato deve essere ridotto al minimo indispensabile. Ciò non solo per rispettare le regole europee, ma soprattutto perché abbiamo numerose evidenze di quali siano stati in passato i risultati anche della gestione pubblica dell'azienda, e i costi conseguenti sostenuti dai contribuenti italiani.
   2) Alitalia è un'azienda importante per un Paese che vive di export e di turismo, e il Governo intende conseguentemente supportare, nei limiti di quanto sopra detto, il processo di ristrutturazione e di rilancio, e vigilare sull'attuazione del piano industriale.
   3) Il taglio dei costi necessario per avere i conti in equilibrio non può scaricarsi solo sul personale, ma deve riguardare l'intero perimetro della gestione.
   4) La gestione degli esuberi ed eventuali modifiche al contratto devono passare attraverso un confronto con i sindacati, che si deve svolgere in una sede governativa. Conseguentemente e coerentemente con questi principi, il 9 gennaio scorso abbiamo chiesto al management della compagnia di predisporre e portare a conoscenza del Governo un piano industriale validato dagli azionisti, che fosse in discontinuità con la gestione precedente, e soprattutto fosse in grado di soddisfare i fabbisogni finanziari, conseguire il risanamento ed arrivare al rilancio dell'azienda. Il Governo ha anche immediatamente chiesto la cessazione di ogni iniziativa unilaterale della compagnia sul contratto di lavoro, e riportato l'azienda e il sindacato al tavolo di confronto nel perimetro del contratto nazionale.

  Il piano presentato da Alitalia il 16 marzo prevede equity e linee di credito pari a complessivi 2 miliardi di euro, di cui circa 900 milioni a carico di Etihad e 1.100 milioni a carico degli azionisti e creditori finanziari italiani, in aggiunta a quanto sostenuto nel 2014, quando fu speso 1 miliardo e mezzo; aumento dei ricavi del 30 per cento e un EBIT positivo nel 2019; taglio dei costi complessivi pari a 1 miliardo di euro, concentrati per i due terzi sui costi diversi dal personale. Per quanto riguarda l'organizzazione il piano prevede circa 2 mila esuberi concentrati sul personale di terra, e la sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro per il personale con un taglio significativo delle retribuzioni. Gli azionisti e i creditori di Alitalia considerano un accordo con i sindacati su quest'ultimo punto come condizione necessaria per varare la manovra finanziaria: i tempi del negoziato sono pertanto molto compressi. Abbiamo immediatamente avviato i tavoli tecnici con un calendario serrato di incontri, che coinvolgono tre Ministeri, i sindacati e il management che sono attualmente in corso al Ministero dello Sviluppo Economico.

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ALLEGATO 8

Interrogazione n. 5-10768 Scuvera: Continuità produttiva e occupazionale della sede italiana della multinazionale statunitense Marvell Ltd.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Rispondo in merito al quesito posto dall'Interrogante riguardo all'attuale situazione aziendale della Soc. Marvel Ltd di Pavia, in particolare sulla annunciata chiusura della stessa che porterà al licenziamento dei suoi 78 dipendenti.
  Al riguardo, nel premettere che, attualmente, la questione risulta gestita dalla regione Lombardia, il Ministero dello Sviluppo Economico sta seguendo la vicenda mantenendo contatti con l'azienda ed è pronto a convocare un Tavolo di confronto, qualora i Vertici della stessa, ovvero le organizzazioni sindacali, ne facciano richiesta.
  L'obiettivo è quello di trovare spazi che possano salvaguardare anche i posti di lavoro.
  Per quanto comunicato dal Ministero del Lavoro, anch'esso in contatto con la Regione Lombardia – Airfl (Agenzia regionale per l'istruzione la formazione ed il lavoro), ove è situata la sede legale ed operativa della Società e competente per ciò che riguarda la mediazione nella fase amministrativa della procedura di licenziamento collettivo, che potrà essere avviata al termine della fase sindacale prevista per il 15 aprile p.v., risulta che la stessa società Marvel, per il tramite di Confindustria Pavia, ha avviato, in data primo Marzo u.s., una procedura di licenziamento collettivo per 78 dipendenti intendendo cessare tutte le attività produttive in Italia che vengono svolte esclusivamente per conto ed a beneficio della committente Marvel International limited.
  Il Ministero dello Sviluppo Economico, pertanto, aggiornerà il Parlamento sull'evoluzione della vertenza della Società Marvel Ltd di Pavia.

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ALLEGATO 9

5-09837 Vallascas: Risultati della prima fase del Roadshow Invest in Italy.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Tale interrogazione mi offre l'opportunità di presentare una delle iniziative poste in campo dal Governo nell'ambito delle politiche per incrementare il flusso di capitali esteri nel nostro sistema produttivo.
  I Roadshow Globali «Invest in Italy» rientrano in un più ampio programma di comunicazione e promozione delle opportunità d'investimento offerte dal nostro Paese. Tale attività si concretizza nella partecipazione a fiere specializzate, nella divulgazione di informazioni attraverso pubblicazioni e siti web dedicati e nel lavoro svolto dagli uffici dell'Agenzia ICE in Italia e all'estero per la predisposizione di portafogli di offerta di interesse per l'investitore straniero.
  In particolare, il Roadshow è strettamente legato al piano di potenziamento della rete estera ICE in funzione dell'attrazione investimenti. Dallo scorso anno, l'Agenzia sta lavorando all'apertura di Desk per l'attrazione degli investimenti esteri presso i propri uffici attivi nelle principali piazze finanziarie mondiali. I Desk operano nell'ambito della rete diplomatica e consolare italiana, realizzando un network per l'attrazione investimenti sul modello già adottato dalle best practice internazionali. I desk costituiscono delle vere e proprie antenne presso la comunità globale degli investitori, alimentandone l'interesse verso il nostro paese e accompagnando l'operatore estero fin dalle primissime fasi di contatto.
  Per quanto possibile, le tappe del Roadshow per l'attrazione investimenti hanno finora seguito proprio l'apertura dei Desk, in modo da presentarli agli investitori locali nel corso di eventi dal profilo istituzionale. Il primo Roadshow è stato organizzato in Turchia nell'ottobre 2015, toccando Ankara, Istanbul e Smirne, nell'ambito del progetto Turkish-Italian Cooperation, promosso dal MISE e dal MAE.
  Complessivamente, durante le tappe finora organizzate:
   hanno partecipato 649 operatori esteri e 147 operatori italiani;
   sono stati organizzati 39 incontri G2B (Government-to-Business).

  Anche grazie all'intervento di esperti e di rappresentanti di associazioni imprenditoriali, i Roadshow sono l'occasione per presentare il nostro Paese come destinazione ideale per realizzare investimenti nei diversi settori del manifatturiero, dei servizi e dell'immobiliare. Vari focus sono inoltre dedicati ad aspetti tecnici riguardanti le modalità di creazione d'impresa in Italia e gli adempimenti burocratici e fiscali per gli investitori esteri.
  Dalla fine del 2015, altre tappe del Roadshow si sono tenute a Tokyo, New York, San Francisco, Londra, Singapore e, in ultimo, Dubai, lo scorso 20 settembre. I prossimi eventi, in linea con l'apertura programmata dei nuovi Desk ICE, si terranno a Pechino e Hong Kong.
  Tra i settori dell'economia italiana che hanno suscitato maggiore interesse nel corso di questa prima fase del Roadshow rientrano l'immobiliare, le biotecnologie e le scienze della vita, l'automotive, la filiera della moda e l'agroalimentare. Attenzione particolare è stata dedicata anche al sistema Pag. 190delle startup italiane, imprese in cui l'apertura agli investitori è, generalmente, un elemento di strategia aziendale.
  Riguardo alle criticità che gli investitori esteri riferiscono più frequentemente nella loro attività in Italia, il complicato rapporto con la nostra Pubblica Amministrazione è un tema ricorrente. Per l'investitore è molto difficile orientarsi tra i vari livelli di governance, Ministeri, Regioni, Enti Locali, e l'impossibilità di prevedere tempi certi per procedimenti amministrativi complessi è percepito come un rischio importante.
  Da questo punto di vista, il Paese si è dotato di strumenti per semplificare il contatto con le Istituzioni. Il Comitato interministeriale per il coordinamento dell'attività in materia di attrazione degli investimenti esteri, presieduto dal Ministero dello Sviluppo Economico, è nato proprio con l'intento di favorire la sinergia tra le varie Amministrazioni, potendo intervenire su casi specifici, sbloccando quelle situazioni particolarmente critiche e tali da rallentare l'avvio dei progetti. In parallelo, il nuovo Dipartimento dell'Agenzia ICE dedicato all'attrazione degli investimenti è in grado di seguire l'investitore lungo l'intero ciclo di vita del progetto, sia nella fase di valutazione dell'opportunità che nella fase post-insediamento.
  Quanto all'accenno che, in premessa, i Deputati interroganti fanno alle modalità con cui si realizzerebbero gli investimenti esteri in Italia, logicamente connesso all'ultimo quesito posto nell'interrogazione, è necessario anteporre alcune considerazioni.
  È noto il divario che caratterizza il nostro Paese riguardo alla capacità di attrarre investimenti esteri. L'ultimo aggiornamento dell'annuale rapporto «Italia Multinazionale» fornisce alcune cifre sulla distanza con le altre economie europee:
   lo stock di investimenti diretti esteri in entrata è in Italia pari al 18,5 per cento del prodotto interno lordo, contro una quota ben superiore di oltre il 30 per cento in Francia e in Germania e di quasi il 45 per cento in Spagna. Negli ultimi 25 anni, tale quota è cresciuta in tutta Europa ma in Italia è ancora lontana dal superare il 20 per cento del PIL;
   a livello di flussi, un indicatore da considerare con cautela perché presenta forti oscillazioni di anno in anno, nel 2015 gli IDE (Investimento Diretto all'Estero) in entrata in Italia ammontano a 20 miliardi di euro, contro i 43 della Francia e i 32 della Germania;
   la distanza è ancora maggiore in termini di numero di progetti d'investimento diretto estero, cioè riferiti a iniziative che comportano nuova base produttiva e occupazione: 135 per l'Italia, 386 per la Spagna, 457 per la Francia e 712 per la Germania;

  Chiaramente, il Governo è impegnato a creare le migliori condizioni di contesto affinché l'Italia possa offrire agli investitori esteri un ambiente favorevole all'avvio di progetti imprenditoriali innovativi e capaci di creare nuova occupazione, vincendo la competizione con altri sistemi-paese.
  La strategia per raggiungere l'obiettivo si muove in diverse direzioni: dalla governance delle politiche di attrazione, dalle riforme di semplificazione del nostro sistema al coordinamento con le politiche regionali di attrazione, fino all'attivazione di programmi per favorire gli investimenti pubblici e privati, come il recente piano Industria 4.0.
  Il Governo si è quindi dato una politica industriale e sostiene le imprese, soprattutto assecondando la vocazione manifatturiera del nostro tessuto produttivo e fornendo incentivi per investire in Italia. Ogni iniziativa mirante a supportare lo sviluppo industriale e ad attrarre nuovi investimenti dall'estero è, allo stesso tempo, volta a contrastare l'impoverimento del nostro potenziale produttivo.
  In questo quadro, non vi è spazio per politiche pubbliche che sollecitino la vendita a operatori esteri di quote azionarie di importanti e storiche aziende italiane, come sembra suggerire l'interrogazione. L'acquisizione da parte di gruppi multinazionali Pag. 191di marchi italiani è e deve rimanere attività d'impresa rispondente a sole logiche di sviluppo aziendale.
  Il Governo deve invece vigilare affinché tali acquisizioni non si traducano in riduzione della nostra base industriale o in perdita di posti di lavoro, e anzi portino ad un'espansione delle attività svolte in Italia, e in particolare delle attività a maggior valore aggiunto. Il miglior modo per garantire questo risultato è, ancora, creare un contesto favorevole agli investimenti e alla crescita dell'occupazione, indipendentemente dalla nazionalità di riferimento del gruppo che investe. Da questo punto di vista, un'azienda è italiana se investe, crea lavoro e produce reddito in Italia.
  Un discorso per molti versi analogo si può fare per gli investimenti di operatori internazionali nel nostro patrimonio immobiliare. La valorizzazione del settore Immobiliare (Real Estate) nel nostro Paese deve necessariamente passare anche attraverso i progetti dei grandi operatori internazionali.
  Attraverso le acquisizioni si realizza la maggior parte degli IDE nei Paesi a più alto sviluppo, in particolare nel manifatturiero. Il criticare a priori ogni cessione di quote di capitale da imprenditori italiani a investitori non italiani tende a descrivere questi ultimi come animati esclusivamente dalla volontà di conquistare nuovi clienti in Italia e sottrarre brand e tecnologie.
  La realtà spesso dimostra il contrario: le aziende acquisite da un gruppo multinazionale vedono espandere il proprio fatturato, soprattutto all'estero, e le tecnologie e il know how sviluppati in Italia finiscono per essere ulteriormente valorizzati dalle logiche di sviluppo globale, ad esempio creando in Italia centri di competenza ed espandendo la capacità produttiva degli stabilimenti italiani per servire altre aziende del gruppo multinazionale.
  Da questo punto di vista, il Ministero dello Sviluppo Economico e il Comitato interministeriale per gli investimenti esteri hanno già avuto modo di supportare progetti di multinazionali che prevedono di portare in Italia propri centri di eccellenza, divisioni strategiche e sedi operative, vincendo la competizione interna all'azienda su possibili altre collocazioni.
  Per raggiungere questo obiettivo, è necessario garantire alle imprese globali certezza delle normative e una risposta coerente di tutte le Amministrazioni.