CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 23 marzo 2017
789.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per le questioni regionali
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 e ulteriori disposizioni in materia di aree protette (Nuovo testo C. 4144, approvata in un testo unificato dal Senato).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
   esaminato il nuovo testo della proposta di legge C. 4144, recante «Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e ulteriori disposizioni in materia di aree protette», approvata in un testo unificato dal Senato;
   richiamato il proprio parere espresso in data 26 marzo 2014, nel corso dell'esame del provvedimento al Senato;
   rilevato che:
    il provvedimento dispone un complesso intervento di revisione della legge quadro sulle aree naturali protette (legge n. 394 del 1991, e successive modificazioni);
    secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, la disciplina sulle aree naturali protette è riconducibile alla ambito materiale «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», che l'articolo 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;
    la Corte costituzionale ha peraltro chiarito che la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema non costituisce una materia in senso proprio, ma piuttosto un valore costituzionalmente protetto, e si configura quindi come una competenza statale non rigorosamente circoscritta e delimitata, ma connessa e intrecciata con altri interessi e competenze regionali concorrenti (sentenza n. 108 del 2005; nello stesso senso, sentenza n. 407 del 2002);
   in particolare, la Corte ha ritenuto necessario il coinvolgimento della Regione interessata, nella forma forte dell'intesa, nella procedura di nomina dei presidenti degli Enti parco nazionali, in considerazione del fatto che la regolamentazione dell'Ente parco, di cui il presidente è l'organo fondamentale, interferisce con le potestà costituzionalmente garantite alle Regioni nelle materie del governo del territorio, dell'agricoltura, del turismo, della caccia, della pesca (sentenza n. 21 del 2006);
   rilevato che l'articolo 2 della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 1 della proposta di legge in esame – prevede due diverse definizioni di «parco naturale», a secondo della rilevanza nazionale o regionale del medesimo, laddove sarebbe opportuno prevedere una definizione unitaria sotto il profilo delle caratteristiche naturali, dei valori tutelati, degli obiettivi perseguiti, come del resto previsto dal medesimo articolo 2 con riferimento alla definizione di «riserve naturali»;
   evidenziato che l'articolo 2, comma 5-bis, della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 1 – limita la classificazione dei «parchi con estensione a mare» ai soli parchi nazionali, laddove la normativa vigente prevede la facoltà per le Regioni di estendere a mare un parco regionale;
   rilevato che l'articolo 2, comma 5-quinquies, della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 1 – prevede che le Pag. 147aree esterne alle aree del territorio nazionale inserite nella rete ecologica europea «Natura 2000» possono essere affidate in gestione agli enti gestori delle aree protette, senza indicare i criteri per l'individuazione di dette aree esterne né i soggetti titolari del potere di procedere all'affidamento in gestione;
   considerato che:
    l'articolo 4 della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 1-bis – disciplina il Piano nazionale triennale di sistema per le aree naturali protette, cofinanziato dalle Regioni, prevedendo che il Ministro dell'ambiente presenta la proposta di piano al Comitato nazionale per le aree protette, il quale delibera entro quattro mesi, mentre l'articolo 33 della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 18 – dispone che il Comitato nazionale per le aree protette predispone il predetto piano;
    il medesimo articolo 4 prevede altresì che, decorso il termine di quattro mesi, il piano è comunque approvato con decreto del Ministro dell'ambiente, senza prevedere alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni;
   rilevato che:
    l'articolo 9, comma 4, della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 4 – dispone la nomina del Presidente dell'ente parco con decreto del Ministro dell'ambiente, previa intesa con i Presidenti delle Regioni interessate nell'ambito di una terna proposta dal Ministro, prevedendo il breve termine di 15 giorni per il raggiungimento dell'intesa, decorso il quale il Ministro procede comunque alla nomina, previo parere delle Commissioni parlamentari, scegliendo prioritariamente tra i nomi della terna, anche nel caso in cui le Regioni abbiano espresso il proprio dissenso, esplicitandone le ragioni con specifico riferimento a ciascuno dei nomi compresi nella terna;
    la Corte costituzionale, nelle sentenze n. 27 del 2004 e n. 21 del 2006, ha rilevato che la procedura per la nomina del Presidente dell'Ente parco «esige, laddove occorra, lo svolgimento di reiterate trattative volte a superare, nel rispetto del principio di leale cooperazione tra Stato e Regione, le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo»;
   rilevato che:
    l'articolo 9, comma 8-ter, della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 4 – relativo alla nomina dei componenti del Consiglio direttivo dell'Ente parco non prevede, diversamente dalla vigente disciplina, il parere delle Regioni interessate;
    al fine di evitare un depotenziamento del ruolo delle Regioni all'interno della Comunità del Parco e nella vita degli Enti parco, risulta necessario garantire la presenza di un rappresentante della Regione nella composizione del Consiglio Direttivo, in considerazione delle funzioni svolte in tema di Piano del parco e della necessità di assicurare un raccordo con il sistema delle aree protette a livello regionale;
   considerato che:
    l'articolo 12, comma 2-bis, della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 5, comma 1, lettera b), numero 7) – prevede che: 1) il piano per il parco reca l'indicazione di aree contigue ed esterne rispetto al territorio del parco naturale, aventi finalità di zona di transizione, individuate d'intesa con la Regione; 2) in ragione della peculiare valenza e destinazione funzionale dell'area contigua, in essa l'attività venatoria è regolamentata dall'Ente parco, sentiti la Regione e l'ambito territoriale di caccia competenti, acquisito il parere dell'ISPRA, e può essere esercitata solo dai soggetti residenti nel parco o nelle aree contigue; 3) per esigenze connesse alla conservazione del patrimonio faunistico, l'Ente parco, sentiti la Regione e gli ambiti territoriali di caccia interessati, acquisito il parere dell'ISPRA, può disporre, per particolari specie di animali, divieti e prescrizioni riguardanti le modalità e i tempi della caccia; 4) tali Pag. 148divieti e prescrizioni sono recepiti dai calendari venatori regionali e provinciali e la loro violazione è punita con le sanzioni previste dalla legislazione venatoria;
    l'articolo 32 della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 5, comma 1, lettera f) – con riferimento alle sole aree protette regionali, dispone che il regolamento per l'area protetta regionale contiene, ove necessarie per assicurare la conservazione dei valori dell'area protetta, le eventuali misure di disciplina dell'attività venatoria, previa acquisizione del parere dell'ISPRA, della pesca, delle attività estrattive e per la tutela dell'ambiente relative alle aree contigue ed esterne al territorio dell'area protetta;
    l'articolo 32 della legge n. 394 del 1991, nel testo vigente, dispone invece che le aree contigue alle aree protette sono delimitate da confini determinati dalle Regioni sul cui territorio si trova l'area naturale protetta, d'intesa con l'organismo di gestione dell'area protetta medesima e che i piani e i programmi di disciplina della caccia al loro interno sono stabiliti anch'essi dalle Regioni, d'intesa con gli organismi di gestione delle aree protette;
    le richiamate modifiche alla normativa vigente rischiano di introdurre regolamentazioni dell'attività venatoria difformi nell'ambito dello stesso territorio regionale anche con la coesistenza, nel caso di più aree protette nell'ambito della stessa Regione, di altrettante aree contigue ciascuna con la propria specifica disciplina sul prelievo venatorio;
    la normativa vigente in materia di attività venatoria – di cui alla legge-quadro 11 febbraio 1992, n.157, di attuazione della direttiva 2009/147/CE (c.d. «direttiva uccelli») – attribuisce ampie competenze alle Regioni che dispongono di appositi strumenti di pianificazione e di controllo, in virtù delle loro competenze costituzionalmente garantite in materia di caccia; tale attribuzione di competenze alle Regioni è finalizzata ad evitare conflitti di competenze tra i vari livelli di governo del territorio ed è funzionale ad un'ottimale pianificazione dell'attività venatoria;
    più in generale occorre garantire un quadro generale di principi uniformi nella disciplina dell'attività venatoria, anche al fine di evitare definizioni degli interventi di gestione della fauna selvatica diversi a seconda dei territori di riferimento; tale quadro generale che può essere delineato a livello statale nell'ambito della competenza in materia di «tutela dell'ecosistema»;
    rilevato inoltre che gli articoli 12, comma 2-bis, e 32 della legge n. 394 del 1991 – come modificati dall'articolo 5 – nel riferirsi alle aree contigue (attualmente definite dal vigente articolo 32, comma 1) non ricorrono ad una terminologia uniforme, utilizzando anche denominazioni ulteriori, quali «territori adiacenti» e «aree contigue ed esterne», ingenerando quindi il dubbio che ci si intenda riferire ad una fattispecie ulteriore – quella delle aree esterne – e ponendo in ogni caso dubbi interpretativi sull'individuazione delle medesime aree e sulla normativa ad esse applicabile;
    osservato che l'articolo 12, comma 5, della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 5 – in caso di mancata approvazione del piano, fa decorrere il termine di 12 mesi per l'esercizio del potere sostitutivo del Ministro dell'ambiente dall'adozione da parte dell'Ente parco anziché dall'effettiva trasmissione alla Regione;
    evidenziato che l'articolo 16, comma 1-undecies, della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 8 – prevede che la concessione gratuita di beni demaniali all'ente gestore dell'area protetta non modifica la titolarità di tali beni, che rimangono in capo al «soggetto concessionario», anziché al «soggetto concedente», ingenerando dubbi sulla titolarità dei beni demaniali degli enti territoriali;Pag. 149
   considerato che:
    l'articolo 11.1 della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 9 – prevede una nuova disciplina per la gestione della fauna selvatica nelle aree protette, in base alla quale gli interventi di gestione delle specie di uccelli e mammiferi, con l'esclusione dei ratti, nelle aree naturali protette e nelle aree contigue sono definiti, in presenza di un impatto negativo sulla conservazione di specie ed habitat, con specifici piani di gestione redatti dall'ente gestore dell'area naturale protetta, previo parere obbligatorio e vincolante dell'ISPRA; tali piani indicano gli obiettivi di conservazione della biodiversità da raggiungere, nonché le modalità, le tecniche ed i tempi di realizzazione delle azioni previste;
    risulta necessario, in primo luogo, escludere la possibilità per il soggetto gestore dell'area protetta di determinare gli interventi di gestione faunistica anche nelle aree contigue – la cui definizione dovrebbe essere rimessa alle Regioni – e, in secondo luogo, considerare ulteriori presupposti altrettanto significativi per l'attuazione dei piani di contenimento della fauna selvatica, quali la conservazione ed il restauro degli equilibri ecologici delle aree protette e dei territori interessati ed in caso danni a carico di attività economico-produttive, al patrimonio storico e artistico, paesaggistico o in presenza di emergenze di tipo sanitario, come già previsto dall'articolo 19 della legge n. 157 del 1992;
   rilevato che:
    in base al nuovo articolo 11.1, comma 3, della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 9 – gli interventi di gestione della fauna selvatica, sia di cattura che di abbattimento, devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'ente gestore e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate, previa abilitazione rilasciata a seguito di corsi di formazione organizzati dallo stesso ente e validati dall'ISPRA;
    appare opportuno integrare l'elenco delle tipologie di personale abilitato, tenuto conto che le nuove disposizioni riguardano anche le aree protette regionali;
   considerato che l'articolo 18 della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 10 – prevede che l'istituzione delle aree marine protette avviene con decreto del Ministro dell'ambiente, sentiti le Regioni, le Province, i Comuni territorialmente interessati e la Conferenza unificata, laddove risulterebbe necessario un più stringente coinvolgimento delle Regioni, nella forma dell'intesa;
   considerato che l'articolo 19-bis della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 12 – disciplina il programma triennale per le aree marine protette, il quale incide sulle competenze regionali in materia di governo del territorio, pesca, turismo e valorizzazione dei beni ambientali, e dovrebbe pertanto essere adottato previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni;
   osservato che l'articolo 19-bis, comma 7, della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 12 – introduce una disciplina ad hoc per il silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche in caso di atti richiesti dall'ente gestore di un'area protetta marina o di un parco nazionale con estensione a mare, senza considerare la disciplina generale dell'istituto introdotta dall'articolo 3 della legge n. 124 del 2015;
   osservato altresì che l'articolo 19-bis prevede, ai fini della promozione della Convenzione degli Appennini l'intesa tra il Ministro dell'ambiente e la Conferenza delle Regioni, organismo di natura privatistica;
   rilevato che l'articolo 28-bis introduce una disciplina transitoria che proroga gli incarichi dei Presidenti e dei membri del Consiglio direttivo degli Enti parco nazionali,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

Pag. 150

  con le seguenti condizioni:
   1) all'articolo 2, comma 5-quinquies, della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 1 – siano indicati i criteri per l'individuazione delle aree esterne alla rete ecologica europea «Natura 2000» e siano individuati i soggetti titolari del potere di procedere all'affidamento in gestione di dette aree agli enti gestori delle aree protette;
   2) agli articoli 4 e 33 della legge n. 394 del 1991 – come modificati dagli articoli 1-bis e 18 – siano chiarite le competenze di proposta e di decisione relative all'adozione del Piano nazionale triennale di sistema per le aree naturali protette;
   3) all'articolo 4, comma 5, secondo periodo, della legge n. 394 del 1991, come modificato dall'articolo 1-bis, sia previsto il coinvolgimento delle Regioni in caso di approvazione del Piano nazionale triennale di sistema con decreto del Ministro dell'ambiente;
   4) all'articolo 9, comma 4, della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 4 – il procedimento per la nomina del Presidente dell'Ente parco sia modificato prevedendo, sulla base della giurisprudenza costituzionale richiamata in premessa, lo svolgimento di reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo tra Stato e Regione;
   5) all'articolo 9, comma 8-ter, della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 4 – sia garantita la presenza di un rappresentante regionale fra i membri del Consiglio direttivo dell'Ente parco designati dalla Comunità del Parco.
   6) agli articoli 12, comma 2-bis, e 32 della legge n. 394 del 1991 – come modificati dall'articolo 5 – sia attribuita alle Regioni, come già previsto dalla normativa vigente, la definizione, d'intesa con l'organismo di gestione dell'area protetta, dei confini delle aree contigue alle aree protette, nonché l'adozione dei piani e dei programmi di disciplina della caccia al loro interno;
   7) all'articolo 12, comma 2-bis, della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 5 – sia inoltre chiarito se il comma 2-bis, nel riferirsi alle aree contigue ed esterne alle aree protette intenda riferirsi a due distinte fattispecie, introducendo, in tale eventualità, una chiara definizione di entrambe le aree;
   8) all'articolo 16, comma 1-undecies, della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 8 – sia previsto che la titolarità dei beni demaniali concessi gratuitamente all'ente gestore dell'area protetta rimane in capo al «soggetto concedente» anziché al «soggetto concessionario», al fine di evitare dubbi interpretativi sulla titolarità dei beni demaniali degli enti territoriali;
   9) l'articolo 11.1, comma 2, della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 9 – sia modificato al fine di escludere gli interventi di gestione faunistica dell'Ente parco nelle aree contigue e di integrare i presupposti per l'attuazione dei piani di contenimento della fauna selvatica con il riferimento alla conservazione ed al restauro degli equilibri ecologici delle aree protette e dei territori interessati ed al caso dei danni a carico di attività economico-produttive, al patrimonio storico e artistico, paesaggistico o alla presenza di emergenze di tipo sanitario, come peraltro già previsto dall'articolo 19 della legge n. 157 del 1992;
   10) al medesimo articolo 11.1 della legge n. 394 del 1991, sia individuato un quadro generale di principi uniformi nella disciplina dell'attività venatoria, anche al fine di evitare definizioni degli interventi di gestione della fauna selvatica diversi a seconda dei territori di riferimento, privilegiando gli interventi di abbattimento;
   11) all'articolo 19-bis – come sostituito dall'articolo 12 – sia introdotta l'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni ai fini dell'adozione del programma triennale per le aree marine protette; Pag. 151
   12) all'articolo 28-bis, si valuti l'impatto della proroga gli incarichi dei Presidenti e dei membri del Consiglio direttivo degli Enti parco nazionali sui poteri delle Regioni in ordine alla nomina degli organi degli Enti parco;

  e con le seguenti osservazioni:
   a) all'articolo 2, commi 1 e 2, della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 1 – si valuti l'opportunità di introdurre una definizione unitaria di «parco naturale», riprendendo quella più ampia attualmente utilizzata per i soli parchi nazionali, specificando che «i parchi naturali possono essere nazionali o regionali in base alla rilevanza degli interessi attraverso di essi tutelati», come già previsto per le riserve naturali;
   b) all'articolo 2, comma 5-bis, della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 1 – si valuti l'opportunità di estendere la classificazione dei «parchi con estensione a mare» ai parchi regionali;
   c) all'articolo 11.1, comma 3, della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 9 – si valuti l'opportunità di integrare l'elenco delle tipologie di personale abilitato all'attuazione dei piani di contenimento, tenuto conto che le nuove disposizioni riguardano anche le aree protette regionali;
   d) all'articolo 12, comma 5, della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 5 – si valuti l'opportunità di far decorrere il termine di 12 mesi per l'esercizio del potere sostitutivo del Ministro dell'ambiente dalla trasmissione del piano alla Regione anziché dall'adozione del piano medesimo da parte dell'Ente parco,
   e) all'articolo 18 della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 10 – si valuti la necessità di un più stringente coinvolgimento delle Regioni, nella forma dell'intesa, ai fini dell'istituzione delle aree marine protette;
   f) all'articolo 19-bis, comma 7, della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 12 – si valuti l'opportunità di coordinare la disciplina ivi prevista per il silenzio assenso con la disciplina generale del silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche introdotta dall'articolo 3 della legge n. 124 del 2015;
   g) all'articolo 19-bis, si valuti l'opportunità di sostituire la previsione dell'intesa con la Conferenza delle regioni con la previsione della previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, ai fini della promozione della Convenzione degli Appennini;
   h) all'articolo 28, che reca una delega al Governo per l'introduzione di un sistema volontario di remunerazione dei servizi ecosistemici, si valuti l'opportunità di prevedere l'intesa in sede di Conferenza unificata, anziché il parere della stessa, ai fini dell'adozione dei decreti legislativi, come già previsto dall'articolo 70 della legge n. 221 del 2015.

Pag. 152

ALLEGATO 2

Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 e ulteriori disposizioni in materia di aree protette (Nuovo testo C. 4144, approvata in un testo unificato dal Senato).

PARERE APPROVATO

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
   esaminato il nuovo testo della proposta di legge C. 4144, recante «Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e ulteriori disposizioni in materia di aree protette», approvata in un testo unificato dal Senato;
   richiamato il proprio parere espresso in data 26 marzo 2014, nel corso dell'esame del provvedimento al Senato;
   rilevato che:
    il provvedimento dispone un complesso intervento di revisione della legge quadro sulle aree naturali protette (legge n. 394 del 1991, e successive modificazioni);
    secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, la disciplina sulle aree naturali protette è riconducibile alla ambito materiale «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», che l'articolo 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;
    la Corte costituzionale ha peraltro chiarito che la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema non costituisce una materia in senso proprio, ma piuttosto un valore costituzionalmente protetto, e si configura quindi come una competenza statale non rigorosamente circoscritta e delimitata, ma connessa e intrecciata con altri interessi e competenze regionali concorrenti (sentenza n. 108 del 2005; nello stesso senso, sentenza n. 407 del 2002);
   in particolare, la Corte ha ritenuto necessario il coinvolgimento della Regione interessata, nella forma forte dell'intesa, nella procedura di nomina dei presidenti degli Enti parco nazionali, in considerazione del fatto che la regolamentazione dell'Ente parco, di cui il presidente è l'organo fondamentale, interferisce con le potestà costituzionalmente garantite alle Regioni nelle materie del governo del territorio, dell'agricoltura, del turismo, della caccia, della pesca (sentenza n. 21 del 2006);
   rilevato che l'articolo 2 della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 1 della proposta di legge in esame – prevede due diverse definizioni di «parco naturale», a secondo della rilevanza nazionale o regionale del medesimo, laddove sarebbe opportuno prevedere una definizione unitaria sotto il profilo delle caratteristiche naturali, dei valori tutelati, degli obiettivi perseguiti, come del resto previsto dal medesimo articolo 2 con riferimento alla definizione di «riserve naturali»;
   evidenziato che l'articolo 2, comma 5-bis, della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 1 – limita la classificazione dei «parchi con estensione a mare» ai soli parchi nazionali, laddove la normativa vigente prevede la facoltà per le Regioni di estendere a mare un parco regionale;
   rilevato che l'articolo 2, comma 5-quinquies, della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 1 – prevede che le Pag. 153aree esterne alle aree del territorio nazionale inserite nella rete ecologica europea «Natura 2000» possono essere affidate in gestione agli enti gestori delle aree protette, senza indicare i criteri per l'individuazione di dette aree esterne né i soggetti titolari del potere di procedere all'affidamento in gestione;
   considerato che:
    l'articolo 4 della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 1-bis – disciplina il Piano nazionale triennale di sistema per le aree naturali protette, cofinanziato dalle Regioni, prevedendo che il Ministro dell'ambiente presenta la proposta di piano al Comitato nazionale per le aree protette, il quale delibera entro quattro mesi, mentre l'articolo 33 della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 18 – dispone che il Comitato nazionale per le aree protette predispone il predetto piano;
    il medesimo articolo 4 prevede altresì che, decorso il termine di quattro mesi, il piano è comunque approvato con decreto del Ministro dell'ambiente, senza prevedere alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni;
   rilevato che:
    l'articolo 9, comma 4, della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 4 – dispone la nomina del Presidente dell'ente parco con decreto del Ministro dell'ambiente, previa intesa con i Presidenti delle Regioni interessate nell'ambito di una terna proposta dal Ministro, prevedendo il breve termine di 15 giorni per il raggiungimento dell'intesa, decorso il quale il Ministro procede comunque alla nomina, previo parere delle Commissioni parlamentari, scegliendo prioritariamente tra i nomi della terna, anche nel caso in cui le Regioni abbiano espresso il proprio dissenso, esplicitandone le ragioni con specifico riferimento a ciascuno dei nomi compresi nella terna;
    la Corte costituzionale, nelle sentenze n. 27 del 2004 e n. 21 del 2006, ha rilevato che la procedura per la nomina del Presidente dell'Ente parco «esige, laddove occorra, lo svolgimento di reiterate trattative volte a superare, nel rispetto del principio di leale cooperazione tra Stato e Regione, le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo»;
   rilevato che:
    l'articolo 9, comma 8-ter, della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 4 – relativo alla nomina dei componenti del Consiglio direttivo dell'Ente parco non prevede, diversamente dalla vigente disciplina, il parere delle Regioni interessate;
    al fine di evitare un depotenziamento del ruolo delle Regioni all'interno della Comunità del Parco e nella vita degli Enti parco, risulta necessario garantire la presenza di un rappresentante della Regione nella composizione del Consiglio Direttivo, in considerazione delle funzioni svolte in tema di Piano del parco e della necessità di assicurare un raccordo con il sistema delle aree protette a livello regionale;
   considerato che:
    l'articolo 12, comma 2-bis, della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 5, comma 1, lettera b), numero 7) – prevede che: 1) il piano per il parco reca l'indicazione di aree contigue ed esterne rispetto al territorio del parco naturale, aventi finalità di zona di transizione, individuate d'intesa con la Regione; 2) in ragione della peculiare valenza e destinazione funzionale dell'area contigua, in essa l'attività venatoria è regolamentata dall'Ente parco, sentiti la Regione e l'ambito territoriale di caccia competenti, acquisito il parere dell'ISPRA, e può essere esercitata solo dai soggetti residenti nel parco o nelle aree contigue; 3) per esigenze connesse alla conservazione del patrimonio faunistico, l'Ente parco, sentiti la Regione e gli ambiti territoriali di caccia interessati, acquisito il parere dell'ISPRA, può disporre, per particolari specie di animali, divieti e prescrizioni riguardanti le modalità e i tempi della caccia; 4) tali Pag. 154divieti e prescrizioni sono recepiti dai calendari venatori regionali e provinciali e la loro violazione è punita con le sanzioni previste dalla legislazione venatoria;
    l'articolo 32 della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 5, comma 1, lettera f) – con riferimento alle sole aree protette regionali, dispone che il regolamento per l'area protetta regionale contiene, ove necessarie per assicurare la conservazione dei valori dell'area protetta, le eventuali misure di disciplina dell'attività venatoria, previa acquisizione del parere dell'ISPRA, della pesca, delle attività estrattive e per la tutela dell'ambiente relative alle aree contigue ed esterne al territorio dell'area protetta;
    l'articolo 32 della legge n. 394 del 1991, nel testo vigente, dispone invece che le aree contigue alle aree protette sono delimitate da confini determinati dalle Regioni sul cui territorio si trova l'area naturale protetta, d'intesa con l'organismo di gestione dell'area protetta medesima e che i piani e i programmi di disciplina della caccia al loro interno sono stabiliti anch'essi dalle Regioni, d'intesa con gli organismi di gestione delle aree protette;
    le richiamate modifiche alla normativa vigente rischiano di introdurre regolamentazioni dell'attività venatoria difformi nell'ambito dello stesso territorio regionale anche con la coesistenza, nel caso di più aree protette nell'ambito della stessa Regione, di altrettante aree contigue ciascuna con la propria specifica disciplina sul prelievo venatorio;
    la normativa vigente in materia di attività venatoria – di cui alla legge-quadro 11 febbraio 1992, n.157, di attuazione della direttiva 2009/147/CE (c.d. «direttiva uccelli») – attribuisce ampie competenze alle Regioni che dispongono di appositi strumenti di pianificazione e di controllo, in virtù delle loro competenze costituzionalmente garantite in materia di caccia; tale attribuzione di competenze alle Regioni è finalizzata ad evitare conflitti di competenze tra i vari livelli di governo del territorio ed è funzionale ad un'ottimale pianificazione dell'attività venatoria;
    più in generale, occorre garantire un quadro generale di principi uniformi nella disciplina dell'attività venatoria, anche al fine di evitare definizioni degli interventi di gestione della fauna selvatica diversi a seconda dei territori di riferimento; tale quadro generale che può essere delineato a livello statale nell'ambito della competenza in materia di «tutela dell'ecosistema»;
   rilevato inoltre che gli articoli 12, comma 2-bis, e 32 della legge n. 394 del 1991 – come modificati dall'articolo 5 – nel riferirsi alle aree contigue (attualmente definite dal vigente articolo 32, comma 1) non ricorrono ad una terminologia uniforme, utilizzando anche denominazioni ulteriori, quali «territori adiacenti» e «aree contigue ed esterne», ingenerando quindi il dubbio che ci si intenda riferire ad una fattispecie ulteriore – quella delle aree esterne – e ponendo in ogni caso dubbi interpretativi sull'individuazione delle medesime aree e sulla normativa ad esse applicabile;
   osservato che, all'articolo 12, comma 2-bis, della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 5 – al fine di evitare interpretazioni restrittive, risulta opportuno specificare che per soggetti residenti nel parco o nelle aree contigue si intendono i soggetti residenti nei Comuni compresi anche parzialmente nel parco o nelle aree contigue;
   osservato altresì che l'articolo 12, comma 5, della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 5 – in caso di mancata approvazione del piano, fa decorrere il termine di 12 mesi per l'esercizio del potere sostitutivo del Ministro dell'ambiente dall'adozione da parte dell'Ente parco anziché dall'effettiva trasmissione alla Regione;
   evidenziato che l'articolo 16, comma 1-undecies, della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 8 – prevede che la Pag. 155concessione gratuita di beni demaniali all'ente gestore dell'area protetta non modifica la titolarità di tali beni, che rimangono in capo al «soggetto concessionario», anziché al «soggetto concedente», ingenerando dubbi sulla titolarità dei beni demaniali degli enti territoriali;
   considerato che:
    l'articolo 11.1 della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 9 – prevede una nuova disciplina per la gestione della fauna selvatica nelle aree protette, in base alla quale gli interventi di gestione delle specie di uccelli e mammiferi, con l'esclusione dei ratti, nelle aree naturali protette e nelle aree contigue sono definiti, in presenza di un impatto negativo sulla conservazione di specie ed habitat, con specifici piani di gestione redatti dall'ente gestore dell'area naturale protetta, previo parere obbligatorio e vincolante dell'ISPRA; tali piani indicano gli obiettivi di conservazione della biodiversità da raggiungere, nonché le modalità, le tecniche ed i tempi di realizzazione delle azioni previste;
    risulta necessario, in primo luogo, escludere la possibilità per il soggetto gestore dell'area protetta di determinare gli interventi di gestione faunistica anche nelle aree contigue – la cui definizione dovrebbe essere rimessa alle Regioni – e, in secondo luogo, considerare ulteriori presupposti altrettanto significativi per l'attuazione dei piani di contenimento della fauna selvatica, quali la conservazione ed il restauro degli equilibri ecologici delle aree protette e dei territori interessati ed in caso danni a carico di attività economico-produttive, al patrimonio storico e artistico, paesaggistico o in presenza di emergenze di tipo sanitario, come già previsto dall'articolo 19 della legge n. 157 del 1992;
   rilevato che:
    in base al nuovo articolo 11.1, comma 3, della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 9 – gli interventi di gestione della fauna selvatica, sia di cattura che di abbattimento, devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'ente gestore e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate, previa abilitazione rilasciata a seguito di corsi di formazione organizzati dallo stesso ente e validati dall'ISPRA;
    appare opportuno integrare l'elenco delle tipologie di personale abilitato, tenuto conto che le nuove disposizioni riguardano anche le aree protette regionali;
   considerato che l'articolo 18 della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 10 – prevede che l'istituzione delle aree marine protette avviene con decreto del Ministro dell'ambiente, sentiti le Regioni, le Province, i Comuni territorialmente interessati e la Conferenza unificata, laddove risulterebbe necessario un più stringente coinvolgimento delle Regioni, nella forma dell'intesa;
   considerato che l'articolo 19-bis della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 12 – disciplina il programma triennale per le aree marine protette, il quale incide sulle competenze regionali in materia di governo del territorio, pesca, turismo e valorizzazione dei beni ambientali, e dovrebbe pertanto essere adottato previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni;
   osservato che l'articolo 19-bis, comma 7, della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 12 – introduce una disciplina ad hoc per il silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche in caso di atti richiesti dall'ente gestore di un'area protetta marina o di un parco nazionale con estensione a mare, senza considerare la disciplina generale dell'istituto introdotta dall'articolo 3 della legge n. 124 del 2015;
   osservato altresì che l'articolo 19-bis prevede, ai fini della promozione della Convenzione degli Appennini l'intesa tra il Ministro dell'ambiente e la Conferenza delle Regioni, organismo di natura privatistica; Pag. 156
   rilevato che l'articolo 28-bis introduce una disciplina transitoria che proroga gli incarichi dei Presidenti e dei membri del Consiglio direttivo degli Enti parco nazionali,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) all'articolo 2, comma 5-quinquies, della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 1 – siano indicati i criteri per l'individuazione delle aree esterne alla rete ecologica europea «Natura 2000» e siano individuati i soggetti titolari del potere di procedere all'affidamento in gestione di dette aree agli enti gestori delle aree protette;
   2) agli articoli 4 e 33 della legge n. 394 del 1991 – come modificati dagli articoli 1-bis e 18 – siano chiarite le competenze di proposta e di decisione relative all'adozione del Piano nazionale triennale di sistema per le aree naturali protette;
   3) all'articolo 4, comma 5, secondo periodo, della legge n. 394 del 1991, come modificato dall'articolo 1-bis, sia previsto il coinvolgimento delle Regioni in caso di approvazione del Piano nazionale triennale di sistema con decreto del Ministro dell'ambiente;
   4) all'articolo 9, comma 4, della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 4 – il procedimento per la nomina del Presidente dell'Ente parco sia modificato prevedendo, sulla base della giurisprudenza costituzionale richiamata in premessa, lo svolgimento di reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo tra Stato e Regione;
   5) all'articolo 9, comma 8-ter, della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 4 – sia garantita la presenza di un rappresentante regionale fra i membri del Consiglio direttivo dell'Ente parco designati dalla Comunità del Parco;
   6) agli articoli 12, comma 2-bis, e 32 della legge n. 394 del 1991 – come modificati dall'articolo 5 – sia attribuita alle Regioni, come già previsto dalla normativa vigente, la definizione, d'intesa con l'organismo di gestione dell'area protetta, dei confini delle aree contigue alle aree protette, nonché l'adozione dei piani e dei programmi di disciplina della caccia al loro interno;
   7) all'articolo 12, comma 2-bis, della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 5 – sia inoltre chiarito se il comma 2-bis, nel riferirsi alle aree contigue ed esterne alle aree protette intenda riferirsi a due distinte fattispecie, introducendo, in tale eventualità, una chiara definizione di entrambe le aree;
   8) all'articolo 16, comma 1-undecies, della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 8 – sia previsto che la titolarità dei beni demaniali concessi gratuitamente all'ente gestore dell'area protetta rimane in capo al «soggetto concedente» anziché al «soggetto concessionario», al fine di evitare dubbi interpretativi sulla titolarità dei beni demaniali degli enti territoriali;
   9) l'articolo 11.1, comma 2, della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 9 – sia modificato al fine di escludere gli interventi di gestione faunistica dell'Ente parco nelle aree contigue e di integrare i presupposti per l'attuazione dei piani di contenimento della fauna selvatica con il riferimento alla conservazione ed al restauro degli equilibri ecologici delle aree protette e dei territori interessati ed al caso dei danni a carico di attività economico-produttive, al patrimonio storico e artistico, paesaggistico o alla presenza di emergenze di tipo sanitario, come peraltro già previsto dall'articolo 19 della legge n. 157 del 1992;
   10) all'articolo 19-bis – come sostituito dall'articolo 12 – sia introdotta l'intesa Pag. 157in sede di Conferenza Stato-Regioni ai fini dell'adozione del programma triennale per le aree marine protette;
   11) all'articolo 28-bis, si valuti l'impatto della proroga gli incarichi dei Presidenti e dei membri del Consiglio direttivo degli Enti parco nazionali sui poteri delle Regioni in ordine alla nomina degli organi degli Enti parco;

  e con le seguenti osservazioni:
   a) all'articolo 2, commi 1 e 2, della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 1 – si valuti l'opportunità di introdurre una definizione unitaria di «parco naturale», riprendendo quella più ampia attualmente utilizzata per i soli parchi nazionali, specificando che «i parchi naturali possono essere nazionali o regionali in base alla rilevanza degli interessi attraverso di essi tutelati», come già previsto per le riserve naturali;
   b) all'articolo 2, comma 5-bis, della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 1 – si valuti l'opportunità di estendere la classificazione dei «parchi con estensione a mare» ai parchi regionali;
   c) all'articolo 11.1, comma 3, della legge n. 394 del 1991 – introdotto dall'articolo 9 – si valuti l'opportunità di integrare l'elenco delle tipologie di personale abilitato all'attuazione dei piani di contenimento, tenuto conto che le nuove disposizioni riguardano anche le aree protette regionali;
   d) al medesimo articolo 11.1 della legge n. 394 del 1991, si valuti l'opportunità di individuare un quadro generale di principi uniformi nella disciplina dell'attività venatoria, anche al fine di evitare definizioni degli interventi di gestione della fauna selvatica diversi a seconda dei territori di riferimento, privilegiando gli interventi di abbattimento;
   e) all'articolo 12, comma 2-bis, della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 5 – si valuti l'opportunità di specificare che per soggetti residenti nel parco o nelle aree contigue si intendono i soggetti residenti nei Comuni compresi anche parzialmente nel parco o nelle aree contigue;
   f) all'articolo 12, comma 5, della legge n. 394 del 1991 – come modificato dall'articolo 5 – si valuti l'opportunità di far decorrere il termine di 12 mesi per l'esercizio del potere sostitutivo del Ministro dell'ambiente dalla trasmissione del piano alla Regione anziché dall'adozione del piano medesimo da parte dell'Ente parco;
   g) all'articolo 18 della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 10 – si valuti la necessità di un più stringente coinvolgimento delle Regioni, nella forma dell'intesa, ai fini dell'istituzione delle aree marine protette;
   h) all'articolo 19-bis, comma 7, della legge n. 394 del 1991 – come sostituito dall'articolo 12 – si valuti l'opportunità di coordinare la disciplina ivi prevista per il silenzio assenso con la disciplina generale del silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche introdotta dall'articolo 3 della legge n. 124 del 2015;
   i) all'articolo 19-bis, si valuti l'opportunità di sostituire la previsione dell'intesa con la Conferenza delle regioni con la previsione della previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, ai fini della promozione della Convenzione degli Appennini;
   l) all'articolo 28, che reca una delega al Governo per l'introduzione di un sistema volontario di remunerazione dei servizi ecosistemici, si valuti l'opportunità di prevedere l'intesa in sede di Conferenza unificata, anziché il parere della stessa, ai fini dell'adozione dei decreti legislativi, come già previsto dall'articolo 70 della legge n. 221 del 2015.

Pag. 158

ALLEGATO 3

Distacco dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dalla regione Marche e loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna, nell'ambito della provincia di Rimini, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione (Nuovo testo C. 1202 Arlotti).

PARERE APPROVATO

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
   esaminato il testo della proposta di legge C. 1202 Arlotti, recante «Distacco dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dalla regione Marche e loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna, nell'ambito della provincia di Rimini, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione», come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito;
   preso atto che la proposta di legge, come recita il titolo, prevede il distacco dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dalla Regione Marche e la loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della Provincia di Rimini;
   ricordato che il distacco di Comuni da una Regione e la loro aggregazione ad altra Regione è disciplinato dall'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, che delinea un procedimento legislativo caratterizzato dall'iniziativa dei comuni interessati e dall'approvazione da parte della maggioranza della popolazione dei predetti comuni espressa mediante referendum, nonché dal parere dei Consigli regionali interessati;
   rilevato che i referendum per il distacco dalla Regione Marche e l'aggregazione alla Regione Emilia-Romagna si sono svolti, con esito positivo, nei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio in data 24-25 giugno 2007 e che è stata data comunicazione del risultato di tali referendum nella Gazzetta Ufficiale n. 158 del 10 luglio 2007;
   considerato che la Assemblea legislativa dell'Emilia Romagna ha espresso il proprio parere favorevole con risoluzione del 17 aprile 2012 (pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Emilia-Romagna n. 77 del 9 maggio 2012 periodico – parte seconda);
   preso atto che non risulta invece espresso il parere del Consiglio regionale delle Marche;
   rilevato che la Presidenza della Commissione Affari costituzionali della Camera, con lettere del 12 novembre 2014, dell'8 luglio 2015 e del 21 ottobre 2015, ha richiesto alla Presidenza del Consiglio regionale delle Marche l'espressione del predetto parere;
   richiamata la giurisprudenza costituzionale, in base alla quale «la previsione di un parere, quale espressione del principio di leale collaborazione, esige che le parti della relazione si conformino, nei rispettivi comportamenti, a tale principio; pertanto, chi richiede il parere deve mettere il soggetto consultato nelle condizioni di esprimersi a ragion veduta, concedendo un ragionevole lasso di tempo per la formulazione del giudizio, mentre il soggetto consultato deve provvedere diligentemente ad analizzare l'atto e ad esprimere la propria valutazione nel rispetto del termine dato» (sentenza n. 33 del 2011);Pag. 159
   rilevato che, secondo la sentenza della Corte costituzionale n. 225 del 2009, deve escludersi che l'organo consultato possa, rifiutandosi di rendere il parere, procrastinare sine die il termine, perché in tal modo si verrebbe a configurare un potere sospensivo o addirittura di veto, non conciliabile con la natura della funzione consultiva;
   ritenuto conseguentemente che, in considerazione delle reiterate richieste di espressione del parere al Consiglio regionale delle Marche e del considerevole lasso di tempo trascorso dalla prima di tali richieste, non sussistano ragioni ostative alla prosecuzione nell’iter legislativo;
   rilevata l'opportunità, all'articolo 2, comma 2, di integrare il procedimento di nomina del commissario con il parere della provincia di Pesaro e Urbino, per simmetria con il parere della provincia di Rimini;
   rilevata infine l'opportunità, all'articolo 2, comma 2, al fine di evitare eventuali situazioni di stallo nella procedura di nomina del commissario, di fissare un termine per l'espressione dei pareri, disciplinando le conseguenze della mancata espressione degli stessi,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) all'articolo 2, comma 2, si valuti l'opportunità di integrare il procedimento di nomina del commissario con il parere della provincia di Pesaro e Urbino;
   b) al medesimo articolo 2, comma 2, si valuti l'opportunità di fissare un termine per l'espressione dei pareri ivi previsti, disciplinando le conseguenze della mancata espressione degli stessi.