CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 16 febbraio 2017
768.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (III e IV)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali adottata il 14 gennaio 2017 (Doc. CCL, n. 1).

EMENDAMENTI ALLA RELAZIONE ALL'ASSEMBLEA PROPOSTA DAI RELATORI

Attività per le iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario.

  Con riferimento all'attività di cui al n. 45 della proposta dei relatori (Scheda n. 45 «Iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario»), si propone di autorizzarla, impegnando il Governo a valutare l'opportunità, compatibilmente con la programmazione degli interventi di carattere umanitario e nell'ambito delle risorse disponibili, che le risorse di cui alla legge 7 marzo 2001, n. 58 (Istituzione del Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi) risultino per l'anno 2017 pari a 2 milioni e 700 mila euro.
45. 1. (Nuova formulazione) Zanin, Amato, Bazoli, Paola Boldrini, Berlinghieri, Bolognesi, Carra, Carrozza, Cova, Fusilli, Lacquaniti, Piccione, Scanu, Romanini, Paolo Rossi, Senaldi, Salvatore Piccolo, Tinagli, Zardini.
(Approvato)

  Con riferimento all'attività di cui al n. 45 della proposta dei relatori (Scheda n. 45), si propone di autorizzarla, impegnando il Governo, per il futuro, a separare in due differenti schede la parte concernente le iniziative afferenti alla cooperazione in senso stretto dalle altre iniziative, soprattutto quelle relative allo sminamento umanitario.
45. 3. (Prima parte) Spadoni, Frusone, Basilio, Manlio Di Stefano, Scagliusi, Corda, Di Battista, Rizzo, Tofalo, Grande, Del Grosso, Paolo Bernini.
(Approvato)

Attività per gli interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza.

  Con riferimento all'attività di cui al n. 46 della proposta dei relatori (Scheda n. 46), si propone di autorizzarla, impegnando il Governo, viste le prioritarie esigenze di sicurezza e di stabilità dell'area mediterranea, nell'ambito della ripartizione fra gli obiettivi collegati alla missione «interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza» della quota-parte delle risorse stanziate, a valutare l'opportunità di dare priorità ai primi tre punti di cui al Punto 2. (Obiettivi) della Scheda n. 46.
46. 1. (Nuova formulazione) Altieri, Distaso.
(Approvato)

Attività per gli interventi operativi di emergenza e di sicurezza.

  Con riferimento all'attività di cui al n. 49 della proposta dei relatori (Scheda Pag. 15n. 49), si propone di autorizzarla, impegnando il Governo a includere al punto 1 della scheda, tra i Paesi inclusi nell'Area Geografica d'intervento, lo Yemen e la Turchia.
49. 1. Spadoni, Frusone, Basilio, Manlio Di Stefano, Scagliusi, Corda, Di Battista, Rizzo, Tofalo, Grande, Del Grosso, Paolo Bernini.
(Approvato)

  Con riferimento all'attività di cui al n. 49 della proposta dei relatori (Scheda n. 49), si propone di autorizzarla, impegnando il Governo a valutare l'opportunità di incrementare le risorse disponibili di ulteriori 5 milioni di euro finalizzandole allo scopo di rafforzare l'attuazione degli interventi dell'Unità di crisi del MAECI a tutela dei cittadini e degli interessi degli italiani all'estero, nonché a rafforzare, anche nell'ambito cibernetico sia in forma attiva che passiva, i sistemi di protezione delle sedi diplomatico-consolari, anche di nuova istituzione, e del relativo personale.
49. 2. (Nuova formulazione) Artini.
(Approvato)

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ALLEGATO 2

Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali adottata il 14 gennaio 2017 (Doc. CCL, n. 1).

RELAZIONE ALL'ASSEMBLEA APPROVATA

  Le Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) della Camera dei deputati,
   discussa la Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, adottata il 14 gennaio 2017 (Doc. CCL, n. 1);
   richiamate le comunicazioni del Governo sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, di cui alla citata Deliberazione, svolte il 7 febbraio 2016 davanti alle Commissioni riunite affari esteri e difesa della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
  premesso che:
   con l'entrata in vigore della legge 21 luglio 2016, n. 145, recante Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, l'Italia si è dotata di uno strumento normativo, coerente, trasparente ed efficace, idoneo a disciplinare, sia nella fase decisionale, sia in quella attuativa, uno strumento di politica estera e di difesa che ha assunto carattere strutturale ed ordinario e, come tale, bisognoso di una disciplina adeguata alla rilevanza e alla velocità della decisione sull'impegno all'estero;
   la legge 21 luglio 2016, n. 145, configura la decisione parlamentare in materia di partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali come una «autorizzazione», attribuendo quindi al Parlamento il ruolo di co-decisore in questa materia;
   la Deliberazione in titolo, che rappresenta il primo tassello attuativo della legge n. 145 del 2016, espone per l'anno 2017 l'intero impegno programmatico dell'Italia nelle missioni internazionali, già in essere o di nuovo avvio, fondato sulla componente militare e civile e in linea con il dettato dell'articolo 11 della Costituzione. Essa è specchio dell'impostazione strategica del nostro Paese, che fondata su quattro pilastri: atlantismo, europeismo, multilateralismo efficace e attenzione ai diritti umani;
   in un anno di celebrazioni per la storia del continente europeo – segnato dall'avvio dei negoziati per l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea; dal perseverare di gravi crisi internazionali lungo i confini esterni dell'Unione e da connessi fenomeni epocali, con particolare riferimento ai grandi fenomeni migratori in atto; dall'acuirsi di tensioni alimentate anche dalle politiche di vecchie e nuove leadership globali – l'Italia è fermamente impegnata a rafforzare il suo approccio integrato nella gestione delle crisi internazionali, in linea con i principi della Strategia globale dell'Unione europea, elaborata dall'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza, e chiede ai partner europei rigore e una solida collaborazione basata sulla fiducia reciproca, anche nella gestione delle politiche migratorie, impegnandosi a promuovere nei Paesi vicini, anche con lo strumento delle missioni internazionali, la capacità di gestire fenomeni ad alto impatto sulla sicurezza dell'Europa. In tal senso, rappresentano Pag. 17un orizzonte da approfondire le cooperazioni permanenti strutturate previste dal Trattato di Lisbona e, in generale, tutto il versante della difesa europea, in un'ottica integrata e non competitiva rispetto alla NATO, e in un contesto di necessario incremento dell'investimento in sicurezza e stabilità;
   in generale, in un anno straordinario per le responsabilità internazionali dell'Italia – con riferimento alla titolarità del seggio non permanente presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite; alla presidenza di turno del G7; alla partecipazione alla troika dell'OSCE in vista della presidenza italiana prevista per il 2018; nonché della presidenza del Processo di Berlino per l'integrazione europea dei Balcani Occidentali, – l'Italia proietta il suo impegno estero su un arco di crisi assai ampio, che si estende dall'Africa Occidentale all'Afghanistan, attraverso l'intero Medio Oriente;
   a ben guardare le aree di intervento delle missioni internazionali italiane spaziano dall'Africa all'Asia, dal Medio Oriente ai confini dell'Alleanza atlantica si pensi alle missioni di contrasto alla pirateria al largo del Corno d'Africa e nell'Oceano indiano, di difesa integrata lungo i confini dell'Alleanza Atlantica, di assistenza militare e civile in Mali – andando ad affrontare le principali aree di instabilità del pianeta, anche se non vanno dimenticate missioni più prettamente scientifiche come quella in Antartide e di salvaguardia del patrimonio culturale, condotte da apposite Task Force dei cosiddetti «Caschi blu della Cultura» nel contesto della coalizione globale Unesco Unite4Heritage;
   complessivamente il Governo propone di svolgere nel 2017 circa quaranta missioni, in parte nuove, in parte riattivazioni di missioni sospese o riviste nelle sedi internazionali, con un impiego massimo di 7.459 unità di personale delle Forze armate e di 167 unità di personale delle Forze di polizia. Il fabbisogno finanziario totale è pari a circa 1.427 milioni di euro, in lieve incremento rispetto al 2016, comprensivo delle risorse da destinare agli interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, pari a 295 milioni di euro;
   in questo impegno il punto di riferimento dell'Italia è certamente rappresentato dal Mediterraneo, unitamente all'azione contro il terrorismo e ad una condivisione più equa e responsabile, innanzitutto tra Paesi europei, delle conseguenze del fenomeno migratorio. Le stragi terroristiche degli ultimi anni, avvenute su suolo europeo, hanno infatti evidenziato che la sicurezza del Mediterraneo è premessa per la sicurezza di tutta l'Europa, dal punto più a nord della penisola scandinava fino a Lampedusa;
   la risposta italiana consiste da sempre innanzitutto nelle azioni delle donne e degli uomini sul campo, che si distinguono per capacità di intervento, prevenzione di attacchi terroristici, salvataggio di vite umane nelle acque del Mediterraneo, identificazione ed espulsione dal nostro territorio degli estremisti violenti, azioni diplomatiche nei contesti multilaterali. L'Italia continuerà a contribuire alle iniziative europee ed internazionali in tema di migrazioni e sviluppo, a partire dal fondo europeo istituito dal vertice de La Valletta nel novembre 2015 e confermato nel vertice informale sull'immigrazione svoltosi nella capitale maltese, che ha valutato positivamente il Memorandum d'intesa italo-libico per la gestione dei flussi migratori provenienti dall'Africa sub-sahariana;
   quanto alla Libia, il Memorandum siglato dal Governo italiano con il Governo libico costituisce un cruciale passo in avanti verso un rafforzamento del controllo delle frontiere esterne del Paese e la lotta ai trafficanti di esseri umani. Su questo versante, con riferimento alla missione in corso EUNAVOR MED operazione SOPHIA, appaiono maturi i tempi per attivare ogni iniziativa diplomatica nelle competenti sedi internazionali per consentire in un lasso di tempo ragionevole la piena operatività della Fase 2 e il passaggio Pag. 18alla Fase 3 e, in generale, affinché vengano rafforzate le attività tese a smantellare il modello di business delle reti del traffico e della tratta di esseri umani dalle coste libiche verso quelle italiane. Quanto alla missione Operazione IPPOCRATE, sono da valutare, in concerto con le eventuali autorità libiche, le prospettive future per un eventuale rischieramento del contingente italiano. Rispetto alla partecipazione dell'Italia alla missione UNSMIL, è da valutare la possibilità di esplorare percorsi per assumere un ruolo sempre più preminente nella ricostruzione delle forze sotto il controllo del governo libico di accordo nazionale (GNA), anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale. È, altresì, da valutare la possibilità di attuare un coordinamento tra l'attività addestrativa del personale della Guardia costiera libica, in esecuzione degli accordi di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico, per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani, con analoghi compiti riguardanti lo sviluppo di capacità e di attività di formazione previste dalla missione EUNAVOR MED operazione SOPHIA, nonché di prevedere, nell'ottica di una possibile predisposizione di un protocollo attuativo del Memorandum siglato dal Governo italiano con il Governo libico, ulteriori forme di cooperazione alla formazione e all'addestramento delle forze militari libiche per un rafforzamento del controllo delle frontiere esterne della Libia, strumento indispensabile per una concreta lotta al traffico di esseri umani. In generale, la concreta attuazione del Memorandum da parte di entrambi gli Stati può contribuire concretamente anche all'obiettivo più generale della stabilizzazione della Libia e del mantenimento della sua integrità territoriale, possibile solo mediante un approccio inclusivo delle diverse anime del Paese e la promozione del dialogo tra le istituzioni libiche. Il nostro impegno per rafforzare le capacità libiche di contrasto all'immigrazione clandestina s'inserisce nel più ampio spettro di interventi a sostegno del rafforzamento istituzionale e delle tutele di carattere umanitario. La cifra dell'impegno italiano nelle missioni internazionali sta infatti, in questo come in tutti gli altri casi, nel binomio tra sicurezza e cooperazione e nel pieno rispetto dei diritti umani;
   quanto al Corno d'Africa, l'Italia è chiamata a svolgere un ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate della Somalia e di Gibuti, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale, con particolare riferimento al settore addestramento;
   in Siria, dove negli ultimi anni e soprattutto nei mesi più recenti la comunità internazionale ha assistito impotente ad una delle peggiori tragedie umanitarie derivante da conflitti, occorre operare sul piano politico contro l'ulteriore destabilizzazione regionale e per il ripristino di pace e sicurezza, presupposto per il ritorno nella regione dei profughi e delle minoranze etniche e religiose autoctone, comprese le comunità cristiane e yazida, fuggite dal Daesh. La priorità è ora l'attuazione della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 2254 adottata nel dicembre 2015 che ha sancito il cessate il fuoco e la ripresa dei negoziati;
   quanto all'impegno italiano nelle regioni mediorientali segnate dalla perdurante crisi israelo-palestinese, è da auspicare che le missioni a carattere bilaterale, in sede di revisione degli accordi, possano essere integrate da una base partecipativa più ampia, conservando al nostro Paese in ogni caso il ruolo attualmente svolto in tali missioni e fermo restando che l'ingresso di nuovi membri deve essere approvato dalle due Parti, con cui è da valutare la possibilità di prevedere la stipula di nuovi memorandum d'intesa (MoU) mirati alla definizione di programmi di formazione;
   nel contesto dell'identità euro-atlantica dell'Italia, occorre il rilancio della difesa, europea e atlantica, anche in chiave mediterranea. Come l'Unione europea, anche la NATO, caposaldo del nostro sistema di sicurezza, deve adeguare la propria Pag. 19azione alle nuove sfide di sicurezza internazionali, alle minacce asimmetriche e al terrorismo internazionale, in un'ottica di complementarietà tra le due Organizzazioni, riaffermando la centralità del Mediterraneo;
   l'Alleanza Atlantica ha deciso al Vertice di Varsavia il completamento delle misure di rassicurazione degli Alleati orientali attraverso il dispiegamento di una presenza militare nei tre Paesi Baltici e in Polonia con funzioni esclusivamente di difesa e deterrenza, attività cui l'Italia partecipa in un'ottica di solidarietà alleata tramite un contributo in Lettonia. È, inoltre, previsto un contributo alle attività NATO di polizia aerea in Bulgaria e Islanda con funzioni di sorveglianza dei relativi spazi aerei. Tali operazioni vanno condotte mantenendo attivo al contempo il dialogo con la Russia;
   l'ulteriore punto di riferimento è l'impegno contro il terrorismo di Daesh che si esplica innanzitutto nella Coalizione di cui l'Italia è parte insieme a 65 Paesi e a 3 Organizzazioni internazionali. Tra i compiti del contingente italiano, il secondo per consistenza numerica dopo quello statunitense, si annoverano quelli umanitari, di fornitura di equipaggiamento, di ricognizione e sorveglianza aeree, di recupero del personale civile e militare e di addestramento delle Forze di Sicurezza irachene e curde: il ruolo svolto dall'Italia è riconosciuto essenziale e straordinariamente apprezzato. Il nostro dispositivo di sicurezza presso la diga di Mosul, per citarne uno su tutti, garantisce lo svolgimento delle opere di riparazione nel delicato momento della campagna per la liberazione della città. Si tratta di impegni il cui successo è condizione per vincere le sfide di lungo termine legate alla stabilizzazione e alla prevenzione delle recrudescenze nella regione colpita da Daesh. Su questo terreno è essenziale continuare a dare priorità alle eventuali conseguenze di carattere umanitario derivanti dalla imminente liberazione dal Daesh della città di Mosul, nell'ambito del dispositivo internazionale umanitario coordinato dall'ONU e dal Governo iracheno, insieme al gruppo di stabilizzazione della Coalizione e prevedere adeguati riconoscimenti al personale impiegato nel servizio di soccorso ai migliaia di profughi e migranti dalla regione. L'Italia vuole, infatti, rappresentare un modello di cooperazione per un Iraq solido, inclusivo e pluralistico nella fase post-Daesh, promuovendo i processi di pace e di riconciliazione attraverso interventi di assistenza e di sostegno alle minoranze vittime delle offensive e attivando una risposta sanitaria interforze per i più bisognosi di cure, che includa anche l'evacuazione in Italia dei feriti e degli infortunati più gravi;
   nel resto della regione si richiede che il nostro Paese mantenga la propria presenza a partire dalla missione UNIFIL in Libano, che rappresenta, anche in ragione all'efficace meccanismo di dialogo tripartito con israeliani e libanesi, un importantissimo se non il principale esempio del modello civile-militare di peacekeeping, nonché il primo esempio di missione navale ONU. La sua efficacia è testimoniata dal successo nel mantenere la stabilità in un'area delicata, esposta alle conseguenze politiche, sociali ed umanitarie della crisi siriana ed è per questa ragione specifica che occorre che si rafforzi l'impegno dell'Italia per svolgere un ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate libanesi;
   sul suolo europeo, la sicurezza del nostro Paese e dell'Europa non può prescindere da quella dei Paesi dei Balcani Occidentali dove, anche alla luce degli sviluppi della situazione nella regione, appare opportuno un rafforzamento della partecipazione italiana alle missioni, sostenendo un incremento di attenzione anche in tale ambito sui temi del contrasto al fenomeno dei foreign fighters e della criminalità organizzata, che potrebbero costituire nuovi obiettivi per specifiche missioni, nonché un maggiore impegno nel contrasto alla criminalità finanziaria. Quanto al Kosovo, il nostro ruolo, che si impernia sulla guida della missione NATO KFOR e nella partecipazione alla missione Pag. 20UNMIK, è ampiamente apprezzato dalle autorità kosovare e della popolazione locale ed è essenziale come contributo per l'auspicabile definitivo superamento delle crisi del passato e la promozione di un percorso di integrazione europea della regione;
   un altro prioritario versante di impegno è rappresentato dalla missione in Afghanistan, dove l'Italia contribuisce all'addestramento, alla formazione e all'assistenza delle locali Forze di sicurezza e difesa. Dopo la caduta dei talebani, malgrado i progressi registrati, la situazione rimane fragile e il sostegno internazionale è ancora necessario per la stabilizzazione del Paese e per combattere il terrorismo e l'azione dei gruppi estremisti violenti;
   è opportunamente confermato l'impegno a coniugare la dimensione militare con quella civile, che è una delle caratteristiche più apprezzate del nostro impegno all'estero, con l'obiettivo di una stabilizzazione che sia più duratura. Ciò si traduce in una maggiore disponibilità di risorse per iniziative in ambito umanitario, di rafforzamento dello Stato di diritto, di sostegno alle amministrazioni locali, di consolidamento delle strutture di governo e di miglioramento economico e sociale anche prevedendo il coinvolgimento e la partecipazione delle donne, l'adozione dell'approccio di genere nelle diverse iniziative e lo stanziamento di risorse destinate per ottemperare a quanto prevede la risoluzione n. 1325 del 2000 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU e successive, ed i Piani nazionali previsti dalle stesse;
   nel condurre i propri sforzi a sostegno della pace e della sicurezza internazionali, l'Italia assicura l'attuazione dei principi dell'Agenda «Donne, Pace e Sicurezza» istituita con la citata risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n. 1325 del 2000 e successive, in particolare, in linea con l'approccio onusiano alla «pace sostenibile», che prevede l'attiva partecipazione delle donne a tutte le attività a sostegno della pace, dalla prevenzione, al peacekeeping alla stabilizzazione post-conflitto;
   questo approccio spiega la centralità degli interventi di cooperazione allo sviluppo per il nesso tra pace, sicurezza, sviluppo e diritti umani, per i quali l'impegno finanziario è cresciuto rispetto al 2016 e il cui esercizio si effettuerà coerentemente con le direttive OCSE-DAC in materia di aiuto pubblico allo sviluppo e con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030. Il fabbisogno finanziario complessivo per il 2017 per i diversi interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione è stimato in 295 milioni di euro. La cooperazione è uno strumento strategico per la prevenzione dei conflitti, il consolidamento delle istituzioni democratiche e il rafforzamento dei processi di stabilizzazione. I nostri interventi vanno dall'Afghanistan all'Etiopia, dalla Repubblica Centrafricana alla Libia, alla Siria e all'Iraq, fino ai Paesi maggiormente interessati all'assistenza dei rifugiati nell'area mediterranea, come il Libano e la Giordania; si sostanziano in settori di importanza prioritaria quali l'aiuto umanitario ai rifugiati, la ricostruzione in situazioni di post-conflitto o di calamità, la stabilizzazione di «Stati fragili» e la sicurezza alimentare, senza dimenticare lo sviluppo economico e rurale, la sanità e la tutela del patrimonio culturale. Gli interventi di sostegno dei processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza sono indirizzati principalmente a favorire la riconciliazione nazionale e la transizione in Libia, a stabilizzare il processo democratico in atto in Tunisia, a sostenere la ricostruzione in Afghanistan, Iraq e Libia, a presidiare la fascia di instabilità e cruciale per i flussi di migranti, che corre dalla Mauritania al Corno d'Africa, nonché a sostenere quei Paesi del Medio Oriente maggiormente esposti a rischi di destabilizzazione come Libano e Giordania;
   la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali viene organizzata in ottemperanza alla Risoluzione n. 1325 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (2000) e successive Risoluzioni UNSCR 1820 (2008), UNSCR 1888 (2009), UNSCR 1889 (2009), e UNSCR 1960 (2010), UNSCR Pag. 212106 (2013) e UNSCR 2122 (2013), e al terzo Piano nazionale su Donne, pace e sicurezza e successivi per la promozione delle donne nelle aree di conflitto;
   le missioni militari internazionali oggetto della Deliberazione contribuiranno a rafforzare il ruolo internazionale dell'Italia, consolidando le relazioni nell'ambito delle alleanze, in piena armonia dell'azione del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e del Ministero della difesa e, a vantaggio del Sistema Paese, come peraltro delineato dal Libro Bianco della Difesa;
   saranno inoltre assicurati strumenti di monitoraggio, da affidare all'Istituto Superiore di Sanità, della salute del personale inviato all'estero nelle missioni internazionali, anche facendo seguito a quanto emerso nel corso dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito, nell'auspicio che la prossima Deliberazione possa meglio specificare i profili connessi ai temi assicurativi, di trasporto, di infrastrutture e degli interventi disposti dai comandanti dei contingenti militari delle missioni internazionali, per i quali occorrono risorse più adeguate;
   alla luce di tali premesse, l'esame da parte di queste Commissioni della Deliberazione in titolo rappresenta un passaggio di speciale valenza politica, quale presupposto per la piena attuazione della legge n. 145 del 2016. Grazie a tale strumento normativo, il Parlamento italiano vede rafforzato il proprio ruolo di protagonista nel processo di decisione sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, attraverso l'esercizio delle prerogative costituzionali di controllo, nell'interesse del Paese e a tutela degli uomini e delle donne che, quotidianamente e anche a rischio della propria vita, operano nelle missioni all'estero costruendo ponti di dialogo nel faticoso percorso a sostegno della pace e della sicurezza a livello globale. Proprio a loro vogliamo esprimere la nostra profonda gratitudine per quello che fanno per il nostro Paese,
propongono all'Assemblea di autorizzare tutte le missioni e le attività di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2017,
  nonché di definire per il Governo i seguenti impegni:

   con riferimento alla missione Joint Enterprise (missione NATO – scheda 1), sostenere un incremento nelle opportune sedi NATO e nei limiti del mandato della missione della raccolta delle informazioni finalizzata al contrasto al fenomeno dei foreign fighters e della criminalità organizzata;
   con riferimento alla missione EULEX Kosovo (personale militare) (missione UE – scheda 2), proporre, nelle opportune sedi europee, l'inserimento, tra gli obiettivi della missione, della lotta al terrorismo e del contrasto del fenomeno dei foreign fighters, nonché sostenere un maggiore impegno della missione nel contrasto della criminalità finanziaria;
   con riferimento alla missione EULEX Kosovo (magistrati) (missione UE – scheda 4), proporre, nelle opportune sedi europee, l'inserimento, tra gli obiettivi della missione, della lotta al terrorismo e del contrasto del fenomeno dei foreign fighters, nonché sostenere un maggiore impegno della missione nel contrasto della criminalità finanziaria;
   con riferimento alla missione EUFOR ALTHEA (missione UE – scheda 6), proporre, nelle opportune sedi europee, l'inserimento tra gli obiettivi della missione della lotta al terrorismo e del contrasto del fenomeno dei foreign fighters, nonché sostenere un incremento dell'attività relativa alla raccolta di informazioni finalizzata al contrasto di questo fenomeno e della criminalità organizzata;
   con riferimento alla missione EUNAVFORMED operazione SOPHIA (missione UE – scheda 10), attivare ogni iniziativa diplomatica per consentire in un lasso di tempo ragionevole la piena operatività della Fase 2 e il passaggio alla Fase 3, nonché agire nelle competenti sedi internazionali affinché vengano rafforzate le Pag. 22attività tese a smantellare il modello di business delle reti del traffico e della tratta di esseri umani dalle coste libiche verso quelle italiane;
   con riferimento alla missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi (scheda 13), adoperarsi per svolgere un ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate libanesi, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale, con particolare riferimento al settore addestramento;
   con riferimento alla missione Temporary International Presence in Hebron TIPH2 (missione multilaterale – scheda 14), valutare, in sede di accordi multilaterali in merito alla missione TIPH2, la possibilità di integrare la partecipazione di nuovi paesi richiedenti, mantenendo o aumentando i compiti della missione di osservazione TIPH, nonché mantenendo in ogni caso il ruolo di seconda nazione contributrice alla missione, fermo restando che l'ingresso di nuovi membri deve essere approvato da Israele e Palestina;
   con riferimento alla missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (scheda 15), valutare la possibilità di prevedere la stipula di nuovi memorandum d'intesa (MoU) mirati alla definizione di programmi di formazione di massimo livello, da destinare ai più meritevoli soggetti delle forze di sicurezza palestinesi e da organizzare rispettando il principio di omogeneità per corpo di provenienza;
   con riferimento alla missione di partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda 19): a) continuare a dare priorità al possibile problema umanitario derivante dalla imminente liberazione dal Daesh della città di Mosul, nell'ambito del dispositivo internazionale umanitario coordinato dall'ONU e dal Governo iracheno, insieme al gruppo di stabilizzazione della Coalizione; b) valutare la possibilità di conferire, al personale impiegato nel servizio di soccorso di migliaia di migranti, un'onorificenza di soccorso nell'ambito dell'operazione Prima Parthica dopo almeno 60 giorni cumulativi di servizio prestato in missione operativa;
   con riferimento alla missione bilaterale di supporto sanitario in Libia Operazione Ippocrate (scheda 22), valutare la possibilità di approfondire la riflessione, in concerto con le eventuali autorità libiche, circa le prospettive per un eventuale rischieramento;
   con riferimento alla missione United Nations Support Mission il Libya UNSMIL (missione ONU – scheda 23), valutare la possibilità di esplorare percorsi per assumere un ruolo sempre più preminente nella ricostruzione delle forze sotto il controllo del Governo di accordo nazionale (GNA), anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale;
   con riferimento alla missione su base bilaterale di assistenza alla Guardia costiera della Marina militare libica (scheda 24): a) valutare la possibilità di attuare un coordinamento tra l'attività addestrativa del personale della Guardia costiera libica, in esecuzione degli accordi di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani, con analoghi compiti riguardanti lo sviluppo di capacità e di attività di formazione previste dalla missione UE denominata EUNAVFOR MED operazione SOPHIA; b) valutare la possibilità di prevedere, nell'ottica di una possibile predisposizione di un Protocollo attuativo del Memorandum siglato dal Governo italiano con il Governo libico, ulteriori forme di cooperazione alla formazione e all'addestramento delle forze militari libiche per un rafforzamento del controllo delle frontiere esterne della Libia, strumento indispensabile per una concreta lotta al traffico di esseri umani;
   con riferimento alla missione UE denominata EUTM Somalia (missione UE – scheda 26), adoperarsi per svolgere un Pag. 23ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate somale, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale, con particolare riferimento al settore addestramento;
   con riferimento alla missione UE denominata EUCAP Somalia (ex EUCAP Nestor) (missione UE – scheda 27), adoperarsi per svolgere un ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate somale, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale, con particolare riferimento al settore addestramento;
   con riferimento alla missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda 28), adoperarsi per svolgere un ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate somale e gibutiane, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale, con particolare riferimento al settore addestramento;
   con riferimento alle esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate per l'anno 2017 (scheda n. 43), impegnando il Governo: a) ad affidare all'Istituto Superiore di Sanità l'estensione del follow-up dello studio di mortalità (finalizzato a disporre di osservazioni in corrispondenza di tempi di latenza più lunghi e più significativi sul piano eziopatogenetico) e l'effettuazione di uno studio sulla morbosità basato sulle Schede di dimissione ospedaliera (finalizzato a valutare nelle coorte eventuali eccessi anche di patologie a bassa letalità); b) a riservare per questa finalità, nell'ambito delle risorse previste per le esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate, 240.000 euro per spese di copertura del contratto del personale da dedicare alle attività e per altre spese vive di raccolta e analisi dei dati; c) a separare, per il futuro, la parte Assicurazione, Trasporto, Infrastrutture da quella degli Interventi disposti dai comandanti dei contingenti militari delle missioni internazionali in due schede distinte, raccomandando il Governo di stanziare per questi ultimi risorse più adeguate;
   con riferimento alle iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario (scheda 45): a) valutare l'opportunità, compatibilmente con la programmazione degli interventi di carattere umanitario e nell'ambito delle risorse disponibili, di garantire che le risorse di cui alla legge 7 marzo 2001, n. 58 (Istituzione del Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi), risultino per l'anno 2017 pari a 2 milioni e 700 mila euro; b) per il futuro, separare in due differenti schede le iniziative afferenti alla cooperazione in senso stretto e le altre iniziative, soprattutto quelle relative allo sminamento umanitario;
   con riferimento agli interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza (Scheda 46), valutare l'opportunità – viste le prioritarie esigenze di sicurezza e stabilità dell'area mediterranea – di dare priorità, nell'ambito della ripartizione tra gli obiettivi della quota-parte delle risorse stanziate, ai primi tre punti di cui al Punto 2 (Obiettivi);
   con riferimento all'attività di cui al n. 49 della proposta dei relatori (Scheda n. 49), valutare l'opportunità di incrementare le risorse disponibili di ulteriori 5 milioni di euro finalizzandole allo scopo di rafforzare l'attuazione degli interventi dell'Unità di crisi del MAECI a tutela dei cittadini e degli interessi degli italiani all'estero, nonché a rafforzare, anche nell'ambito cibernetico sia in forma attiva che passiva, i sistemi di protezione delle sedi diplomatico-consolari, anche di nuova istituzione, e del relativo personale.

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ALLEGATO 3

Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali adottata il 14 gennaio 2017 (Doc. CCL, n. 1).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI RELAZIONE ALL'ASSEMBLEA DEL GRUPPO MOVIMENTO 5 STELLE

  Le Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) della Camera dei deputati,
   discussa la Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, adottata il 14 gennaio 2017 (Doc. CCL, n. 1);
  premesso che:
   il Parlamento affronta per la prima volta la proroga delle missioni internazionali ai sensi delle nuove disposizioni di cui alla legge n. 145 del 2016 (Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali);
   le Forze armate italiane sono attualmente impegnate in operazioni in tutte le principali aree di crisi del mondo, in contesti strategici diversi e con compiti ampiamente diversificati, ma volti, ufficialmente, al supporto e al mantenimento della pace e, dunque, alla tutela delle popolazioni insistenti nei territori d'intervento. Le missioni internazionali cui l'Italia partecipa sono legittimate dall'autorizzazione giuridica, politica e in qualche modo anche morale, di organismi internazionali e dell'ONU, in conformità a quanto sancito dai capitoli VI o VII della Carta delle Nazioni Unite. Proprio in tal senso, il dottor Gianni Rufini, direttore Italia dell'organizzazione non governativa Amnesty International, nel corso di un'indagine conoscitiva riguardante le missioni internazionali e lo studio di un modello di difesa alternativa, audito il 4 maggio 2016 al Senato, ha lamentato l'assenza – nei mandati internazionali di autorizzazione delle missioni internazionali e di conseguenza nelle regole d'ingaggio e nei piani operativi d'intervento dei singoli Paesi – dell'obiettivo specifico di tutela e protezione della popolazione civile insistente nelle aree di conflitto. La mancanza della citata previsione, infatti, comporta l'assenza di una copertura giuridica sia rispetto ad azioni orientate concretamente a perseguire i suddetti obiettivi di tutela, sia rispetto a quelle mirate a censurare condotte che mettono a rischio l'incolumità dei civili;
   nel merito della Deliberazione in esame, sostanzialmente le missioni cui l'Italia partecipa e contribuisce sono sempre le stesse, più o meno da venti anni, più quattro di nuova attivazione e alcune riattivate, anche se a volte hanno cambiato nome e funzione; tuttavia, crediamo sia giunto il momento di soffermarci su un paio di quesiti, apparentemente «oziosi»: quali di queste missioni ci servono realmente e quali sono realmente utili all'Italia e non in realtà più agli alleati ? Nella sostanza stiamo ancora qui a chiederci o cercare di capire che cosa andiamo a fare in determinati territori;
   la Deliberazione indica che le risorse totali che saranno impiegate per il 2017 ammontano a 1.132.745.294 euro quanto alle sole missioni militari e a 295 milioni quanto agli interventi di cooperazione allo sviluppo, sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, sminamento umanitario e Pag. 25altro (per un totale di 1.427.745.294). Il confronto con il 2016 mostra un aumento dell'8,1 per cento in quanto il finanziamento ammontava nel suo complesso a 1.308.000.000, compreso il finanziamento intervenuto successivamente, inserito all'interno di un decreto-legge in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili, relativo alla missione Ippocrate in Libia pari a 17.388.000 euro. Nel complesso, nel 2017 è previsto un impiego massimo di 7.459 unità di personale delle Forze armate e di 167 unità di personale delle Forze di polizia;
   per quanto concerne le missioni più rilevanti, in Afghanistan (con la Resolute Support) in questa prima Deliberazione si dispone un finanziamento di 174.391.943 euro per le forze di sicurezza di Kabul, fra cui la Polizia nazionale afghana che da più di 5 anni viene messa nella «lista nera» dal Segretario generale dell'ONU nel suo rapporto su chi arruola e utilizza i bambini-soldato, crimine condannato dal diritto internazionale. Inoltre, l'ultimo Rapporto di Amnesty International afferma che sono state segnalate violazioni commesse dalla polizia locale afghana (ALP) fra cui intimidazioni, percosse, detenzioni illegali, uccisioni mirate e stupri di minori. A settembre del 2016, il New York Times ha riferito che l'esercito statunitense aveva ignorato le denunce presentate dal suo personale, relative ad abusi sessuali su giovani ragazzi, compiuti nelle sue basi da comandanti dell'ALP. Inoltre il citato documento di Amnesty afferma che l'Afghanistan ha continuato ad applicare la pena di morte, spesso al termine di processi iniqui. Tali elementi rendono emblematico il fatto di come quindici anni di presenza militare occidentale abbiano sancito il fallimento della retorica della reintroduzione dei diritti umani. Di fatto, ci troviamo di fronte alla partecipazione italiana a un'occupazione militare straniera di questo Paese che, dal 2001 in poi, ha finito per aumentare i giacimenti di odio verso l'occidente dando propellente al terrorismo fondamentalista. Da questo punto di vista ci troviamo davanti a un fallimento totale, se pensiamo che tra il 2001 e il 2016 l'Italia ha speso per la guerra in Afghanistan la considerevole cifra di 6.153.114.084 euro. La domanda viene legittima: come avremmo potuto cambiare in meglio la vita della popolazione afghana e, contestualmente, rendere più efficace la lotta al terrorismo e al fondamentalismo, se questi 6 miliardi li avessimo investiti in scuole, ospedali, fabbriche, strade e non invece in armi e armati ? Sarebbe utile che questa domanda – riferita all'Afghanistan, ma che vale anche per l'Iraq o altri teatri di guerra – fosse al centro del dibattito odierno invece di essere colpevolmente rimossa;
   per quanto riguarda, invece, la missione in Somalia, per cui è stato deliberato un finanziamento di 24.698.409 euro per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni dell'Unione europea denominata EUTM Somalia (European Unione Training Mission Somalia), non possono non ravvisarsi alcune criticità. Il Governo di Mogadiscio, anche secondo l'ultimo Rapporto annuale di Amnesty International, è ritenuto responsabile di gravi violazioni dei più elementari diritti umani. Tuttavia, la missione, ha addestrato molte centinaia di soldati somali. Tra l'altro, secondo il Rapporto del Segretario generale dell'ONU del 5 giugno 2015 «Children and armed conflict», le Forze armate di Mogadiscio compaiono, come in passato, fra coloro che addestrano e utilizzano i minori in combattimento, in evidente spregio del diritto internazionale;
   quanto alla base italiana di Gibuti, che viene rifinanziata, insistiamo per un'iniziativa tesa a costituire una base delle Nazioni unite che coordini in maniera più efficace la lotta contro la pirateria marittima oggi affidata all'intervento privato di singole potenze;
   relativamente all'operazione militare europea EunavforMed nel Mediterraneo centromeridionale, si ripropongono le medesime questioni che da anni e in altre occasioni si sono rilevate. Tale operazione si prefigge come obiettivo quello di contrastare l'attività criminosa dei trafficanti Pag. 26di uomini. In particolare, tra le fasi previste, si statuisce la possibilità di avviare ispezioni, sequestri, arresti e dirottamenti di imbarcazioni che sono sospettate di essere utilizzate per la tratta di persone o il traffico di migranti, attraverso azioni sia per mare che per terra. Il programma approvato dal Consiglio e dalla Commissione europea nel maggio 2016, prevedeva, l'opportunità di distruggere le imbarcazioni degli scafisti nelle acque libiche, se non addirittura direttamente sul territorio libico. Queste attività di contrasto che renderebbero concretamente utile tale operazione, non possono effettuarsi senza un preventivo accordo con lo Stato costiero, proprio perché necessitano di uno sconfinamento nelle acque libiche o l'approdo su terra. A oggi, tale accordo non si è potuto raggiungere a causa della mancanza in Libia di un Governo stabile con cui si possa avviare un'attività congiunta di contrasto ai trafficanti di uomini, dunque l'operazione stessa può essere considerata di dubbia validità. Peraltro, in questa area del Mediterraneo, la partecipazione italiana risulta assicurata, a vario titolo, da numerose operazioni. In questo stesso contesto, è da evidenziare anche la proroga del potenziamento di un altro dispositivo aeronavale nazionale per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali denominato «Mare sicuro»; il Consiglio dei ministri, ha però prorogato anche la missione della NATO «Sea Guardian» che ricalca, da quanto indicato nella Deliberazione in esame, lo stesso obiettivo di sicurezza marittima, nelle coste adiacenti alla Libia. Tale missione, aspetto di non poco conto, non avrebbe ancora una precisata base giuridica internazionale che la legittima;
   sempre con riferimento alla Libia viene confermata la missione UNSMIL, riattivate quella di assistenza alla Guardia costiera libica e la EUBAM Libya volta a supportare, a livello strategico e operativo, le autorità libiche nella gestione delle attività di sicurezza delle frontiere (terrestri, marittime e aeree), attraverso attività di consulenza, formazione e assistenza. Peraltro, tale missione – istituita dalla decisione PESC/2013/333 e prorogata dalla decisione PESC/2016/1339 – opera in formato minimo con base a Tunisi, in attesa di poterla trasferire nuovamente a Tripoli, e le unità di personale impiegate saranno soltanto tre; inoltre, viene confermata anche la proroga della partecipazione di personale militare alla missione bilaterale di supporto sanitario denominata «Ippocrate»;
   tuttavia, come è ormai chiaro a tutti gli osservatori internazionali, l'unità della Libia e il controllo della stessa capitale restano un miraggio per il governo di Fayez al-Sarraj, l'uomo scelto dalla comunità internazionale come Presidente di unità nazionale, e che non appare affatto come l'espressione del popolo e di tutte le fazioni esistenti nel paese nordafricano, una storia già sentita e vista in Iraq, per citarne una. Il suo controllo sul territorio è, oggi, pressoché inesistente dato che il potere è distribuito sostanzialmente tra i diversi attori, che costituiscono ben tre governi de facto: quello guidato da al-Sarraj a Tripoli, riconosciuto dalla comunità internazionale, Italia inclusa, ma non dai libici; quello di Salvezza Nazionale guidato da Khalifa al-Ghwell a Tripoli, non riconosciuto dalla comunità internazionale ma punto di riferimento per le tribù libiche; infine, quello del Congresso Nazionale Generale guidato da Abdullah al-Thani a Tobruk, in Cirenaica, col sostegno del suo uomo forte che controlla il territorio e i pozzi di petrolio, il generale Khalifa Haftar. Due governi (o autodefinitisi tali), questi ultimi, espressione di tribù, milizie e portatori di agende specifiche, che a oggi sono i veri padroni del Paese. In più si aggiunga che, con il passaggio di testimone da Obama a Trump e un maggior ruolo della Russia, anche il sostegno americano al premier al-Serraj non è più così scontato. Come Movimento 5 Stelle chiediamo formalmente che il Governo prenda atto del fallimento della proposta dell'ONU, smetta di sostenere al-Serraj come unico referente del popolo libico, ritiri subito la delegazione diplomatica e inizi a intavolare un dialogo serio e costruttivo con tutte le parti che hanno Pag. 27effettivo controllo del territorio libico. Roma può essere la sede di una conferenza internazionale che le riunisca davvero tutte intorno a un tavolo nei prossimi mesi;
   per quanto concerne la presenza italiana in Iraq, nella Deliberazione in esame viene confermato e aumentato, rispetto alla precedente proroga, il finanziamento (che ammonta a 300.723.249 euro e che secondo l'osservatorio sulle spese militari Milex è cresciuto del 18,5 per cento rispetto al all'anno precedente) degli interventi nazionali nelle missioni di contrasto a DAESH e al terrorismo internazionale nell'ambito delle operazioni legate alla Coalizione internazionale. Tale contributo prevede, tra gli altri, un contingente di personale per le attività di addestramento a favore della Local Force Police e dei peshmerga curdi. Quanto al contingente militare e al contingente di personale impiegato con compiti di «force protection» dell'area di Mosul, a protezione della ditta TREVI chiamata a consolidare e mettere in sicurezza la diga, occorre evidenziare quanto ha espressamente dichiarato, nell'ambito delle comunicazioni del Governo tenutesi presso le Commissioni congiunte Esteri e Difesa di Camera e Senato il 7 febbraio 2017, la Ministra Pinotti. Nel contesto del suo intervento, infatti, la ministra ha, tra le altre cose, affermato che tale missione non è sotto l'egida né dell'ONU, né della NATO e tantomeno dell'Unione europea o riconducibile alla stessa coalizione anti-Daesh. Si tratta di un accordo bilaterale tra l'Iraq e l'Italia che per le modalità con cui si sta svolgendo ricorda molto il modus operandi della Compagnia delle Indie del 1800, quando i soldati venivano schierati a protezione degli interessi economici di imprese private in territorio straniero. Ci sono due questioni che vorremmo sollevare sulla vicenda della diga di Mosul, atteso che i nostri militari si trovano a poche decine di chilometri dal fronte della guerra, dunque davanti a un rischio potenziale molto alto. La prima è che non possiamo credere che l'esercito iracheno e gli stessi peshmerga non fossero in grado di assicurare la sicurezza nei cantieri della diga. Se ciò fosse vero dovremmo domandarci a cosa sono servite le centinaia di milioni spesi in questi anni per addestrare peshmerga e militari iracheni. La seconda è che la ditta Trevi ha vinto un appalto milionario per i lavori e ne trarrà, legittimamente, un lauto e corposo profitto. Altrettanto legittimamente viene da chiedersi se una parte di tali profitti verrà usato per coprire le ingenti spese che il contribuente italiano versa allo Stato per finanziare la missione militare. Non si può avallare l'idea che le nostre Forze armate, che hanno un mandato preciso stabilito dalla Costituzione, siano usate per fare la guardia a industrie o aziende italiane situate all'estero. Ci troviamo di fronte almeno a uno snaturamento del senso stesso delle missioni internazionali dei nostri militari;
   da rilevare, poi, che nella lotta al terrorismo non sono stati previsti spostamenti di risorse finalizzati a un'azione di sostegno alle popolazioni dei luoghi in cui i gruppi terroristici si radicano e raccolgono supporto. Tale assenza rileva poca lungimiranza e scarsa conoscenza della questione, giacché certi fenomeni antisociali come il terrorismo riescono a radicarsi e a trovare maggiormente terreno fertile, proprio dove c’è più povertà e ingiustizia sociale;
   per quanto riguarda alcune missioni «minori» come l'EUCAP Sahel Niger (European Union Capacity Building Mission Sahel), riteniamo che essa andrebbe ripensata e trasformata in EUBAM (European Union Integrated Border Management Assistance Mission) incaricata di aiutare i nigerini a mettere in sicurezza i loro confini meridionali, soprattutto col Burkina Faso e col Benin, da cui passa la stragrande maggioranza di coloro che poi attraversano il Canale di Sicilia. La denominazione EUCAP appare obsoleta e superata dai tempi. Al momento la missione appare, peraltro, del tutto inefficace nel contrasto all'emigrazione illegale per via delle sacche di corruzione nelle autorità nigerine e dell'ambiguità Unione europea e Pag. 28soprattutto perché insiste sul nord del Paese mentre i veri problemi sono presenti maggiormente nel sud;
   il provvedimento in esame ha disposto, altresì, la proroga per il finanziamento della partecipazione nazionale al potenziamento dei dispositivi della NATO, che vede, oltre alla conferma del contributo alle iniziative già avviate in Turchia a difesa dei confini a sud-est dell'Alleanza, l'avvio di tre nuove missioni a sostegno delle iniziative atlantiche. Più nello specifico, esse si svolgeranno: in Lettonia, in Bulgaria e in Islanda; tuttavia, riteniamo che l'espansione della NATO a est avvenuta negli ultimi due decenni sia una delle principali cause dell'attuale stato di tensione tra la Russia e la NATO, tanto da aver comportato la rottura degli accordi di partenariato tra Mosca e la stessa Alleanza Atlantica. Lo stesso ingresso nell'Unione europea dei Paesi dell'est è potuto avvenire solo dopo la loro preventiva adesione alla NATO, contribuendo per questa via a ridurre e marginalizzare il positivo peso politico svolto nell'Unione dai Paesi neutrali (Austria, Finlandia e Irlanda) subordinando così la Politica estera e di sicurezza comune a quella degli Stati Uniti. Peraltro, le esperienze in Kosovo, Afghanistan e Libia sono la prova che la NATO, oggi, non risulta essere uno strumento efficace per il mantenimento della pace; l'organizzazione, inoltre, non ha saputo far fronte all'attuale crisi dei rifugiati in arrivo sulle coste europee;
   per quanto concerne le iniziative di cooperazione allo sviluppo (che nella scheda 45 della Deliberazione sono accorpate, però, a quelle di sminamento umanitario e ad altre iniziative pur lodevoli e necessarie), il cui finanziamento è pari a 111 milioni di euro, riteniamo sia necessario separare in due differenti schede la parte concernente quelle afferenti alla cooperazione in senso stretto dalle altre, soprattutto quelle relative allo sminamento umanitario, rispetto al quale peraltro si chiede uno stanziamento più adeguato,

propongono all'Assemblea:

  con riferimento all'Europa:
   1) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 1 (Joint Enterprise missione NATO);
   2) di autorizzare la missione di cui alla scheda 2 (EULEX Kosovo – personale militare missione UE) impegnando il Governo a inserire tra gli obiettivi della missione la lotta al terrorismo e il contrasto al fenomeno dei foreign fighters;
   3) di autorizzare la missione di cui alla scheda 3 (EULEX Kosovo – Polizia di Stato missione UE) impegnando il Governo a inserire tra gli obiettivi della missione la lotta al terrorismo e il contrasto al fenomeno dei foreign fighters;
   4) di autorizzare la missione di cui alla scheda 4 (EULEX Kosovo – Magistrati missione UE) impegnando il Governo a inserire tra gli obiettivi della missione la lotta al terrorismo e il contrasto al fenomeno dei foreign fighters;
   5) di autorizzare la missione di cui alla scheda 5 (United Nations Mission in Kosovo UNMIK – missione ONU) impegnando il Governo a inserire tra gli obiettivi della missione la lotta al terrorismo e il contrasto al fenomeno dei foreign fighters;
   6) di autorizzare la missione di cui alla scheda 6 (EUFOR ALTHEA – missione UE) impegnando il Governo a inserire tra gli obiettivi della missione la lotta al terrorismo e il contrasto al fenomeno dei foreign fighters;
   7) di autorizzare la missione di cui alla scheda 7 (Missione bilaterale Forze di polizia in Albania) impegnando il Governo a inserire tra gli obiettivi della missione la lotta al terrorismo e il contrasto al fenomeno dei foreign fighters;
   8) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 8 (United Nations Peacekeeping Force in Cyprus UNFICYP – missione ONU);Pag. 29
   9) di autorizzare la missione di cui alla scheda 9 (Sea Guardian – missione NATO);
   10) di autorizzare la missione di cui alla scheda 10 (EUNAVFORMED SOPHIA – missione UE) impegnando il Governo a condizionare il proseguimento della missione all'indizione e allo svolgimento di una conferenza internazionale di pace che coinvolga tutte le soggettività presenti in Libia (a eccezione di quelle legate a Daesh) con l'obiettivo della creazione di un governo libico effettivamente rappresentativo e che controlli la larga parte del territorio di quella Nazione;

  con riferimento all'Asia:
   11) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 11 (Resolute Support Mission – missione NATO);
   12) di autorizzare la missione di cui alla scheda 12 (United Nations Interim Force in Lebanon UNIFIL – missione ONU;
   13) di autorizzare la missione di cui alla scheda 13 (Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi);
   14) di autorizzare la missione di cui alla scheda 14 (Temporary International Presence in Hebron TIPH2 – missione multilaterale);
   15) di autorizzare la missione di cui alla scheda 15 (Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi);
   16) di autorizzare la missione di cui alla scheda 16 (European Union Border Assistance Mission in Rafah EUBAM Rafah – missione UE);
   17) di autorizzare la missione di cui alla scheda 17 (European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (personale della Polizia di Stato) – missione UE);
   18) di autorizzare la missione di cui alla scheda 18 (European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (magistrati) – missione UE);
   19) di autorizzare la missione di cui alla scheda 19 (Partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh) impegnando il Governo a espungere la missione di force protection alla diga di Mosul perché frutto di un accordo bilaterale tra l'Italia e la Repubblica dell'Iraq e come tale non riconducibile alla Coalizione di contrasto a Daesh;
   20) di autorizzare la missione di cui alla scheda 20 (United Nations Military Observer Group in India and Pakistan UNMOGIP – missione ONU);
   21) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 21 (Impiego su basi bilaterali di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medioriente e Asia);

  con riferimento all'Africa:
   22) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 22 (Missione bilaterale di supporto sanitario in Libia Operazione Ippocrate);
   23) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 23 (United Nations Support Mission in Libya UNSMIL – missione ONU;
   24) di autorizzare la missione di cui alla scheda 24 (Missione su base bilaterale di assistenza alla Guardia costiera della Marina militare libica) impegnando il Governo a condizionare il proseguimento della missione all'indizione e allo svolgimento di una conferenza internazionale di pace che coinvolga tutte le soggettività presenti in Libia (a eccezione di quelle legate a Daesh) con l'obiettivo della creazione di un governo libico effettivamente rappresentativo e che controlli la larga parte del territorio di quella Nazione;Pag. 30
   25) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 25 (Missione UE antipirateria denominata ATALANTA – missione UE);
   26) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 26 (Missione UE denominata EUTM Somalia – missione UE);
   27) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 27 (Missione UE denominata EUCAP Somalia (ex EUCAP Nestor) – missione UE);
   28) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 28 (Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane);
   29) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 29 (Impiego di personale militare presso la base nazionale nella Repubblica di Gibuti);
   30) di autorizzare la missione di cui alla scheda 30 (Missione UN denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali MINUSMA – missione ONU);
   31) di autorizzare la missione di cui alla scheda 31 (Missione UE denominata EUTM Mali – missione UE) impegnando il Governo a cessare in modo definitivo la missione al 31 dicembre 2017 e rafforzando, al contempo, la presenza italiana nella missione MINUSMA.
   32) di autorizzare la missione di cui alla scheda 32 (Missione UE denominata EUCAP Sahel Mali – missione UE) impegnando il Governo a cessare in modo definitivo la missione al 31 dicembre 2017 e rafforzando, al contempo, la presenza italiana nella missione MINUSMA;
   33) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 31 (Missione UE denominata EUCAP Sahel Niger – missione UE);
   34) di autorizzare la missione di cui alla scheda 34 (Multinational Force and Observers in Egitto MFO);
   35) di autorizzare la missione di cui alla scheda 35 (Missione UE denominata EUBAM LIBYA) impegnando il Governo a condizionare il proseguimento della missione all'indizione e allo svolgimento di una conferenza internazionale di pace che coinvolga tutte le soggettività presenti in Libia (a eccezione di quelle legate a Daesh) con l'obiettivo della creazione di un governo libico effettivamente rappresentativo e che controlli la larga parte del territorio di quella Nazione;
   36) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 36 (Impiego di un dispositivo aeronavale nazionale per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali nell'area del Mediterraneo centrale (operazione Mare Sicuro);

  con riferimento ai Dispositivi NATO:
   37) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 37 (Partecipazione al dispositivo NATO a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza denominato «Active Fence»);
   38) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 38 (Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza);
   39) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 39 (Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza);
   40) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 40 (Partecipazione al dispositivo NATO in Lettonia Enhanced Forward Presence);
   41) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 41 (Partecipazione al dispositivo NATO Air Policing in Bulgaria);
   42) di non autorizzare la missione di cui alla scheda 42 (Partecipazione al dispositivo NATO Interim Air Policing in Islanda);

  con riferimento alle seguenti attività:
   43) di autorizzare le esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate per l'anno 2017 di cui alla scheda n. 43 impegnando il Governo a separare, per il Pag. 31futuro, la parte Assicurazione, Trasporto, Infrastrutture da quella degli Interventi disposti dai comandanti dei contingenti militari delle missioni internazionali in due schede distinte, e raccomandandogli di stanziare per questi ultimi risorse più adeguate;
   44) di autorizzare il supporto info-operativo a protezione delle Forze armate di cui alla scheda n. 44;
   45) di autorizzare le iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario di cui alla scheda n. 45, impegnando il Governo, per il futuro, a separare in due differenti schede la parte concernente quelle afferenti alla cooperazione in senso stretto dalle altre, soprattutto quelle relative allo sminamento umanitario, e a rafforzare, secondo quanto stabilito dalla legge n. 125 del 2014, i sistemi di responsabilità reciproca per meglio valutare l'efficacia degli interventi messi in campo e realizzare analisi approfondite in contesti di fragilità, post-conflitto e prevenzione dei conflitti, dove i risultati desiderati non sempre possono essere acquisiti sotto forma di dati;
   46) di autorizzare gli interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza di cui alla scheda n. 46;
   47) di autorizzare la partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza di cui alla scheda n. 47;
   48) di non autorizzare l'erogazione del contributo a sostegno delle Forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia di cui alla scheda n. 48;
   49) di autorizzare gli interventi operativi di emergenza e di sicurezza di cui alla scheda n. 49 impegnando il Governo a includere, al punto 1 della scheda tra i Paesi inclusi nell'Area Geografica d'intervento, lo Yemen e la Turchia.
Frusone, Scagliusi, Basilio, Spadoni, Di Stefano, Corda, Di Battista, Tofalo, Rizzo, Grande, Del Grosso, Paolo Bernini.

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ALLEGATO 4

Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali adottata il 14 gennaio 2017 (Doc. CCL, n. 1).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI RELAZIONE ALL'ASSEMBLEA DEL GRUPPO SINISTRA ITALIANA-SINISTRA ECOLOGIA LIBERTÀ

  Le Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) della Camera dei deputati,
   discussa la Deliberazione del Consiglio dei ministri sulla partecipazione dell'Italia a missioni internazionali, adottata il 14 gennaio 2017 (Doc. CCL, n. 1);
  premesso che:
   la legge 21 luglio 2016, n. 145, recante Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, ha riformato l'autorizzazione e la proroga delle missioni internazionali, superando l'adozione dei consueti decreti-legge, in favore di un nuovo procedimento «autorizzatorio» che prende avvio dalla Deliberazione in titolo;
   secondo tale Deliberazione il Governo prevede circa quaranta missioni, con un impiego di 7.600 unità (7.459 personale delle Forze armate e 167 di personale delle Forze di polizia), 1.300 mezzi terrestri, 54 aerei e 13 navali. Le missioni sono attive in 22 Paesi oltre alla presenza nel Mar Mediterraneo e nell'Oceano Indiano;
   per il 2017, quindi, si registra un aumento del fabbisogno finanziario totale delle spese militari connesse alle missioni internazionali del 7 per cento, con 1,28 miliardi di euro contro gli 1,19 del 2016;
   i finanziamenti destinati alle iniziative di cooperazione allo sviluppo e sminamento umanitario, agli interventi di sostegno ai processi di pace e stabilizzazione e alla partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali ammontano a 145 milioni di euro per il 2017;
   a tal riguardo si evidenzia l'erronea valutazione della spesa contenuta all'interno della Deliberazione del Consiglio dei ministri, in quanto vengono previsti nel complesso degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e stabilizzazione anche stanziamenti che hanno una chiara valenza di spesa militare, come i 120 milioni di euro previsti nella scheda n. 48 a favore dell'operatività delle Forze di sicurezza e difesa afghane, e i 30 milioni di euro previsti per gli interventi operativi di emergenza e sicurezza di cui alla scheda n. 49;
   l'impegno maggiore in termini di impiego di uomini e mezzi è nel Mar Mediterraneo, attraverso un impegno finanziario di oltre 146 milioni di euro e la presenza in 4 operazioni: quella nazionale, Mare Sicuro; quella dell'Unione europea, EUNAVFORMED SOPHIA; e le due a guida NATO, Sea Guardian e il dispositivo per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza;
   complessivamente nel Mar Mediterraneo sono quindi dislocate 10 navi, 9 aerei e 1.644 unità di personale. Al momento le operazioni hanno un'impronta «umanitaria» e sono incentrate sulle attività di pattugliamento e controllo delle acque e soccorso ai barconi dei migranti, ma presto potrebbero trasformarsi con l'estensione delle attività nelle acque territoriali Pag. 33libiche e l'applicazione del blocco navale: sarebbe la cosiddetta terza fase dell'operazione Sophia, così come caldeggiato dalla presidenza maltese dell'Ue;
   l'Unione europea sarebbe orientata nell'accelerare il programma di addestramento della guardia costiera libica e sbloccare così la consegna dei mezzi navali per operare nelle acque territoriali in collegamento con un centro di coordinamento che dovrà diventare operativo con le informazioni dell'Operazione Sophia e di Italia, Malta, Grecia, Cipro, Francia, Spagna e Portogallo;
   le unità della guardia costiera libica avrebbero quindi la responsabilità dei salvataggi e riporterebbero i migranti sulla costa, col duplice effetto, secondo la Commissione, di colpire il modello di business dei trafficanti e permettere la ripresa delle attività di pesca;
   come ha sostenuto recentemente il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk: «Siamo stati capaci di chiudere la rotta balcanica, possiamo ora chiudere la rotta libica». Parole pesanti come pietre, pronunciate in occasione del Memorandum firmato a Roma il 2 febbraio dal Presidente del Consiglio dei ministri, Paolo Gentiloni con il Presidente del Consiglio presidenziale libico Fayez al-Sarraj, per bloccare le partenze dei migranti attraverso il Mediterraneo;
   secondo la Relazione all'Assemblea proposta dai relatori che accompagna la Deliberazione, il Memorandum «costituisce un cruciale passo in avanti verso un rafforzamento del controllo delle frontiere esterne del Paese (...). La concreta attuazione di questo Memorandum da parte di entrambi gli Stati può contribuire concretamente anche all'obiettivo più generale della stabilizzazione della Libia e del mantenimento della sua integrità territoriale»;
   nel Memorandum c’è l'impegno, da parte dell'Italia, ad assicurare (articolo 1) il massimo sostegno «alle istituzioni di sicurezza e militari al fine di arginare i flussi di migranti illegali» e fornire «supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l'immigrazione clandestina e che sono rappresentati dalla guardia di frontiera e dalla guardia costiera del Ministero della Difesa e dagli organi e dipartimenti competenti presso il Ministero dell'Interno»;
   si parla di «patto con la Libia», ma in realtà è un patto con un pezzo della Libia. Nel Paese ci sono attualmente addirittura tre governi: quello di Serraj a Tripoli; quello di Tobruk, con il quale è schierato il generale Khalifa Haftar, l'uomo forte del momento; e quello islamico, tutt'altro che fuori gioco, come dimostrano i due tentativi di colpo di stato attuati negli ultimi mesi da milizie fedeli all'ex leader Khalifa al Ghwell;
   secondo quanto previsto dalla Deliberazione, il costo delle missioni in Libia è triplicato rispetto all'anno precedente, anche considerando la riattivazione della missione di supporto alla locale guardia costiera. Terminata la battaglia di Sirte, non è chiaro quale sarà l'impiego dei militari italiani di stanza a Misurata che finora hanno curato i miliziani impegnati al fronte: il governo di Serraj sarà anche un pezzo di Libia, tuttavia di sicuro non ha il controllo del territorio, non solo dell'intera Tripolitania e del Sud ma neanche della stessa Tripoli. Quel che appare certo è che il contingente italiano è l'unico contingente occidentale in questo momento presente nel Paese e quindi facile bersaglio per i gruppi jihadisti locali, e rischia di trovarsi in una situazione difficile alla luce del rinnovato protagonismo del generale Haftar, sostenuto, tra gli altri, da Russia ed Egitto;
   l'impegno in Iraq è quello più oneroso, oltre 300 milioni di euro (50 milioni in più rispetto allo scorso anno), nonché quello che vede una presenza più massiccia di soldati italiani, quasi 1.500, impiegati in attività di addestramento delle forze irachene e curdo irachene, di personell recovery e di force protection alla diga di Mosul, con una competente aerea di 17 velivoli per ricognizione e rifornimento Pag. 34in volo in supporto alle attività della Coalizione internazionale di contrasto a Daesh;
   in Afghanistan c’è il secondo teatro operativo più impegnativo per le Forze armate italiane oramai presenti nel Paese da più di 15 anni. Qui la missione Resolute support che avrebbe l'obiettivo di svolgere attività di consulenza e assistenza a favore delle forze di difesa e sicurezza afghane e delle istituzioni governative sta tornando, dopo due anni dalla fine della missione «combat» ISAF-NATO, ad essere in prima linea al fronte e l'avanzata dei talebani a Farah ha costretto anche gli italiani a tornare ad assistere le truppe afghane che combattono al fronte insieme alle truppe statunitensi;
   un recente rapporto dell'ufficio dell'Ispettore generale speciale per la ricostruzione dell'Afghanistan (Sigar), John F. Sopko, sostiene che oggi i Talebani controllano poco più della metà del Paese. Secondo il documento, che cita dati delle forze Usa in Afghanistan (Usfor-A), al 15 novembre scorso, ovvero prima della nuova avanzata talebana, il governo di Kabul controllava o aveva influenza su circa 233 (il 57,2 per cento) dei 407 distretti dell'Afghanistan, il 6,2 per cento in meno rispetto all'agosto precedente e il 15 per cento in meno rispetto a novembre 2015;
   circa 2,5 milioni di afghani vivono invece in aree controllate dagli insorti o dove gli insorti hanno influenza. I dati delle Nazioni Unite parlano di circa 640 mila afghani che lo scorso anno sono stati costretti a lasciare le proprie case. Continuano ad essere fonte di preoccupazione anche i livelli di produzione di oppio: nel 2016 si è registrata una crescita del 43 per cento rispetto al 2015 e si stima che lo scorso anno in Afghanistan ne siano state prodotte 4.800 tonnellate;
   l'Afghanistan è classificato come quart'ultimo nel Global Peace Index 2016: in condizioni peggiori a livello mondiale ci sono solo Siria, Sud Sudan e Iraq. L’Institute for Economics and Peace rileva, inoltre, che il Paese è secondo solo all'Iraq, sempre su scala globale, per attività terroristiche all'interno del paese (Global Terrorism Index 2016). In Afghanistan, come documenta un recente rapporto dell'EASO, dopo più di un decennio di guerra, ci sono stati, nel 2015, 11 mila civili vittime di violenza. Ma addirittura l'Ue ha sottoscritto con questo Paese un accordo che prevede i rimpatri forzati in cambio di aiuti economici. Nonostante nel Paese gli Usa abbiano investito per la ricostruzione ben 117 miliardi di dollari dal 2002, l'Afghanistan rimane un Paese insicuro, non stabilizzato;
   triplicano gli stanziamenti per le operazioni di intelligence, 10 milioni in più rispetto al 2016, a supporto delle missioni condotte dagli agenti dell'AISE, i quali sono attivi soprattutto in Libia, Iraq e Afghanistan. Un incremento dovuto alle novità introdotte dal governo lo scorso anno, che prevedono operazioni segrete direttamente disposte dal Presidente del Consiglio, di cui il Parlamento è totalmente all'oscuro;
   la guerra ha travolto Stati e frontiere e ha inasprito la storica rivalità tra il mondo sunnita e sciita all'interno dell'Islam all'ombra delle ambizioni commerciali, finanziarie e geopolitiche delle grandi potenze mondiali che credevano di creare nuove democrazie e che, in realtà, hanno prodotto solo maggiore instabilità che oggi mette a repentaglio tutta l'umanità;
   l'esperienza delle missioni militari dell'ultimo decennio e in particolare in Libia, Iraq e Afghanistan mostra che aver intrapreso guerre senza avere un progetto politico condiviso con le forze e le popolazioni locali sul futuro è stata una prassi che ha peggiorato e non migliorato la sicurezza globale, e soprattutto ha condannato il popolo afghano, iracheno e libico alla follia distruttiva della violenza e del terrore che oggi si estende dal Medio oriente all'Africa e attraversa il Mediterraneo e arriva fino al cuore dell'Europa;
   in aggiunta si è sprecata un'ingente quantità di risorse pubbliche. Soltanto con Pag. 35riferimento alle varie missioni in Afghanistan sono stati stanziati dal 2001 poco meno di 6,5 miliardi di euro. L'Italia, nonostante sia una forza militare «medio-piccola», è uno dei Paesi più impegnati nelle missioni internazionali;
   a partire dalla prima missione «Restore Hope» in Somalia (1992-93) si è assistito al cambio di paradigma nella politica di difesa italiana, passando da avamposto statico della guerra fredda nel Mediterraneo a protagonista nello scenario internazionale, con l'intervento diretto di truppe italiane nei vari teatri operativi;
   grazie a questo cambio di paradigma il nostro Paese ha provato ad accreditarsi sul contesto internazionale, ma soprattutto ha contribuito al boom dell'industria militare nazionale. Soltanto nel 2017 l'Italia spenderà 5,6 miliardi (+10 per cento rispetto al 2016) in nuovi armamenti (altri sette F-35, una seconda portaerei, nuovi carri armati ed elicotteri da attacco) finanziati in maggioranza dal Ministero dello sviluppo economico, che quest'anno destinerà al comparto difesa l'86 per cento dei suoi investimenti a sostegno dell'industria italiana;
   secondo la Relazione al Parlamento sull’export militare italiano presentata dal Governo lo scorso anno, nel 2015 si è registrato un aumento del 200 per cento per le autorizzazioni all'esportazione di armamenti il cui valore complessivo è salito a 7,9 miliardi dai 2,6 del 2014 e sono aumentate drasticamente le vendite nei confronti dei Paesi in guerra, nonostante la legge italiana lo vieti;
   non serve a nulla partecipare a costose quanto inutili e controproducenti missioni internazionali se non si mette in discussione il modello di sviluppo che si arricchisce con la produzione e vendita di armi, le quali alimentano la spirale di violenza e terrore che imperversa nel Mediterraneo e nel vicino Oriente, e che poi si reprime con nuove armi e nuove guerre;
   negli ultimi cinque anni, mentre il Medio oriente bruciava, contemporaneamente cresceva del 30 per cento l’export di armi verso i Paesi dell'area medio orientale e del Nord Africa. Ad esempio le transazioni autorizzate con l'Arabia Saudita sono passate dai 163 milioni di euro del 2014 ai 257 milioni del 2015;
   ora siamo al paradosso che queste armi che sono state vendute in Medio Oriente, attraverso la «triangolazione» con Paesi «nostri alleati», ma anche alleati e finanziatori, ad esempio, del Daesh, sono arrivate nelle mani dei terroristi e quindi combattiamo nelle missioni internazionali contro le armi che noi stessi abbiamo venduto in Medio Oriente;
   le decisioni della NATO prese all'ultimo vertice tenuto a Varsavia debbono ritenersi le più importanti dalla fine della Guerra Fredda soprattutto per una serie di misure politiche e militari preventive nei confronti della Russia. Come previsto dalla Deliberazione l'Italia parteciperà con mezzi e uomini in diversi dispositivi di protezione e sorveglianza dell'Alleanza;
   con la presenza nella NATO in Lettonia, Estonia, Lituania e Polonia con mezzi e uomini pronti a rispondere a minacce esterne lungo il confine orientale dell'Alleanza, addirittura si supera l'accordo stipulato con la Russia nel 1997, in cui si stabiliva che l'alleanza atlantica non può mantenere le proprie truppe da combattimento in modo permanente nei Paesi a est della Germania, a meno che le condizioni di sicurezza degli Stati alleati non siano in pericolo;
   evidentemente, i rappresentanti dei Paesi dell'Alleanza atlantica considerano cambiate queste condizioni, e nei fatti programmano delle sciagurate azioni militari lungo quello che viene già chiamato «fronte orientale» e a cui il nostro Paese risponde con una presenza in Lettonia di 160 unità e 50 mezzi terrestri e con la messa a disposizione di 4 aerei per il pattugliamento dei cieli della Bulgaria;
   con riferimento alle relazioni con la Russia non si può non tenere in considerazione la crescente tensione Est-Ovest e il Pag. 36continuo mutamento delle alleanze nel contesto geopolitico mondiale, soprattutto in relazione ai conflitti in corso, Siria in primis fra tutti;
   negli ultimi tempi le relazioni tra Russia e USA si sono esacerbate a causa della situazione in Siria. Gli Stati Uniti avevano sospeso la collaborazione bilaterale con Mosca su questo problema. Le autorità russe a loro volta hanno sospeso la collaborazione con gli USA sulla sicurezza nucleare. Nel frattempo i russi hanno dislocato i missili balistici Iskander nell’enclave di Kaliningrad, mentre gli americani accusavano ufficialmente il Governo di Mosca di utilizzare gli hacker per alterare la campagna elettorale presidenziale che ha visto il successo di Donald Trump. Sullo sfondo una geopolitica di alleanze variabili e fatta di improvvise sterzate ed ora questa presenza più o meno aggressiva dell'alleanza lungo il confine orientale che non può che alimentare ulteriormente le tensioni;
   tensioni che si erano alzate anche tra la Russia e la Turchia dopo l'abbattimento del Sukhoi russo da parte delle forze di Ankara nel novembre 2015, poi rientrate in nome della realpolitik dopo il fallito golpe in Turchia e in nome degli interessi dei due Paesi in Siria e nel Medioriente. L'Italia oggi è presente anche in Turchia con la missione «Active fence» che prevede 130 soldati basati lungo il confine turco-siriano, batterie antimissile e un aereo da cisterna per i rifornimenti dei velivoli radar NATO che operano nella regione;
   una presenza nazionale nella stessa Turchia, alleato e membro della Nato, che ha favorito in questi anni il passaggio di migliaia di foreign fighter europei, aprendo quella che è stata denominata come l’«autostrada della jihad» mentre al tempo stesso conduceva una «guerra sporca» contro le organizzazioni curde in Siria e in Iraq, che sono tra le poche forze che hanno inflitto una serie di sconfitte a Daesh e che hanno dato vita ad un'esperienza di convivenza pacifica tra curdi, arabi, assiri, caldei, aramaici, turcomanni, armeni e ceceni e altre minoranze;
   la stessa Turchia con cui si è stretto un accordo che viola gravemente il diritto europeo e tradisce i fondamenti democratici e ispirati alla tradizionale tutela dei diritti umani in UE e in Italia, dove in cambio di denaro si sono esternalizzate le frontiere dell'UE chiudendo gli occhi sul rispetto dei diritti umani, sulla repressione delle libertà fondamentali, nonché sulla forte repressione anti-curda che il Governo turco sta mettendo in piedi negli ultimi mesi, addirittura dimenticando le gravi responsabilità di quest'ultimo nel supporto a Daesh;
   la stessa logica oggi è alla base del Memorandum che il nostro Paese ha concluso con la Libia, della strategia più ampia del «migration compact» e del Piano europeo per le migrazioni che è stato al centro dello scorso vertice informale dei Capi di Stato e Governo dell'Ue che si è tenuto alla Valletta lo scorso 3 febbraio;
   con riferimento al controllo della frontiera sud, attraverso la quale passano i flussi migratori che poi raggiungono le coste della Libia prima della traversata del Mediterraneo, la Ue intende aumentare il lavoro con i Paesi già coinvolti in specifici accordi come Niger e Mali, ma anche col Ciad, «regionalizzando» l'operatività della missione Eucap Sahel operativa ad Agadez, a cui il nostro Paese partecipa;
   alla luce di tale considerazioni occorre un cambio di rotta netto, che si sostanzi a partire dalla discontinuità alla partecipazione alle missioni internazionali, che devono essere interpretate non come una generica e dispersiva ricerca di prestigio sulla scena globale ma come rispondenti ad una visione strategica della politica estera del nostro Paese e su interventi umanitari pensati in una logica non securitaria,

propongono all'Assemblea di autorizzare le seguenti missioni:

  con riferimento all'Europa (Schede da 1 a 10)
  1. EULEX Kosovo (personale militare) (missione UE – scheda 2); Pag. 37
  2. EULEX Kosovo (personale Polizia di Stato) (missione UE – scheda 3);
  3. EULEX Kosovo (magistrati) (missione UE – scheda 4);
  4. United Nations Mission in Kosovo UNMIK (missione ONU – scheda 5);
  5. EUFOR ALTHEA (missione UE – scheda 6);
  6. Missione bilaterale Forze di polizia in Albania (scheda 7);
  7. United Nations Peacekeeping Force in Cyprus UNFICYP (missione ONU – scheda 8);

  con riferimento all'Asia (schede da 11 a 21);
  8. United Nations Interim Force in Lebanon UNIFIL (missione ONU – scheda 12);
  9. Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi (scheda 13);
  10. Temporary International Presence in Hebron TIPH2 (missione multilaterale – scheda 14);
  11. Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (scheda 15);
  12. European Union Border Assistance Mission in Rafah EUBAM Rafah (missione UE – scheda 16);
  13. European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (personale della Polizia di Stato) (missione UE scheda 17);
  14. European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (magistrati) (missione UE scheda 18);
  15. Partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda 19);
  16. United Nations Military Observer Group in India and Pakistan UNMOGIP (missione ONU – scheda 20);
  17. Impiego su basi bilaterali di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medioriente e Asia (scheda 21);

  con riferimento all'Africa (Schede da 22 a 36);
  18. United Nations Support Mission in Libya UNSMIL (missione ONU – scheda 23);
  19. Missione UE antipirateria denominata ATALANTA (missione UE – scheda 25);
  20. Missione UE denominata EUTM Somalia (missione UE – scheda 26);
  21. Missione UE denominata EUCAP Somalia (ex EUCAP Nestor) (missione UE – scheda 27);
  22. Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda 28);
  23. Missione UN denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali MINUSMA (missione ONU – scheda 30);
  24. Missione UE denominata EUTM Mali (missione UE – scheda 31);
  25. Multinational Force and Observers in Egitto MFO (scheda 34);

e di autorizzare, altresì, le seguenti attività:

  26. Esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate per l'anno 2017 (scheda n. 43);
  27. Supporto info-operativo a protezione delle Forze armate (scheda n. 44);
  28. Iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario (scheda 45); Pag. 38
  29. Interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza (Scheda 46);
  30. Partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza (scheda n. 47);
  31. Erogazione del contributo a sostegno delle Forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia (scheda n. 48);
  32. Interventi operativi di emergenza e di sicurezza (scheda n. 49).
Duranti, Palazzotto.

Pag. 39

ALLEGATO 5

Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali adottata il 14 gennaio 2017 (Doc. CCL, n. 1).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI RELAZIONE ALL'ASSEMBLEA DEL GRUPPO MISTO-ALTERNATIVA LIBERA-POSSIBILE

  Le Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) della Camera dei deputati,
   discussa la Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, adottata il 14 gennaio 2017 (Doc. CCL, n. 1);
  premesso che:
   l'ultimo decennio ha visto un notevole incremento dell'instabilità internazionale con l'accendersi di nuovi conflitti, alcuni dei quali di vaste proporzioni, i cui effetti hanno investito direttamente anche l'Europa, colpita da fenomeni quali il terrorismo di matrice jihadista e le migrazioni di massa dal Medio Oriente e dal Nord Africa. L'Italia si è assunta la responsabilità di partecipare alla gran parte delle missioni internazionali volte a riportare stabilità lungo l'ampio arco di crisi che dall'Europa Orientale giunge fino all'Afghanistan, passando per Africa e Medio Oriente. La vastità degli impegni che l'Italia ha assunto e continua ad assumersi per contribuire alla gestione delle diverse crisi internazionali impone, tuttavia, una razionalizzazione di tali impegni, con particolare riguardo alle missioni militari, allo scopo di concentrare le limitate risorse a disposizione su quelle aree di crisi che più direttamente rappresentano una minaccia per la sicurezza nazionale e per gli interessi dell'Italia. A questo proposito appare necessario prevedere un prossimo ritiro del contingente italiano presente in Afghanistan ininterrottamente dal 2002, cedendo ad altri il comando del Training Advise Assist Command – West (TAAC-W) e l'onere di proseguire l'addestramento delle forze afghane nella zona Herat.
  Le risorse economiche ed umane attualmente impegnate in Afghanistan dovrebbero, infatti, essere dirottate in aree di crisi che più direttamente impattano sull'Italia, prima fra tutte quella libica. La stabilizzazione della Libia rappresenta un obiettivo da perseguire con forza, anche allo scopo di poter finalmente gestire adeguatamente i flussi migratori, ed è quindi necessario contrastare le iniziative che alimentano il rischio di una dissoluzione della Libia in diverse entità statuali, come, ad esempio, il sostegno militare fornito da alcuni paesi a milizie che non dipendono dal Governo di Accordo Nazionale insediato a Tripoli.
  Il problema delle migrazioni di massa, che, nonostante le diverse misure adottate negli anni dai Paesi europei, non accennano a diminuire e continuano a provocare migliaia di vittime all'anno, dovrebbe essere affrontato più a monte, intercettando i flussi nei Paesi di transito con l'apertura di corridoi umanitari per i profughi e avviando politiche volte a sostenere il rilancio economico dei paesi dai quali partono i cosiddetti migranti economici.
  Bisogna anche tentare di prevenire l'avvio di nuove ondate migratorie. In Iraq, ad esempio, risulta necessario predisporre interventi di esclusivo supporto umanitario e medico, soprattutto nelle aree, come quella di Mossul, teatro di violenti combattimenti, Pag. 40e stimolare in sede europea la costituzione con il governo iracheno e le rappresentanze del Governo regionale del Kurdistan iracheno di un tavolo permanente per la gestione degli profughi mirato alla gestione dei flussi di sfollati e di rifugiati, nonché alla previsione della loro rilocazione nei luoghi interni di origine.
  Proprio la ricerca della collaborazione con i partner dell'Unione Europea deve essere un filo conduttore dell'azione di politica estera italiana anche nell'ambito delle missioni internazionali.
  Vi è l'esigenza di lanciare una concreta politica estera comune incentrata sulla protezione di quegli interessi e a quei valori comuni che sempre più difficilmente i partner europei potranno proteggere singolarmente, soprattutto per quanto attiene al settore della sicurezza.
  Ovviamente, realizzare un'efficace difesa europea non significa derogare alla partnership euro-atlantica; anzi, una maggiore cooperazione tra NATO e UE, nonché un'armonizzazione delle rispettive politiche negli ambiti d'interesse comune è senz'altro un obiettivo da perseguire per gli evidenti vantaggi che comporta; tuttavia, gli interessi dell'Unione europea e quelli della NATO non sono sempre pienamente convergenti. Appare dunque necessario evitare che, anche a causa delle troppo esigue capacità militari di cui riesce effettivamente a disporre l'Unione Europea, la linea politica della NATO prenda il sopravvento sulla Politica Estera e di Sicurezza Comune dell'Unione europea, come già accaduto in passato. Appare dunque più che mai necessario che l'Europa si doti di quelle capacità militari, e non solo, che la rendano in grado di affrontare autonomamente le crisi e le minacce che emergono nel proprio spazio geopolitico. A questo proposito è necessario avviare al più presto un concreto percorso che porti alla costituzione di una capacità militare dell'Unione europea realizzata sulla base dell'articolo 44 del Trattato sull'Unione europea e ai sensi degli articoli 42 e 46, che prevedono la cosiddetta Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO).
  Il rapporto con gli alleati della NATO dovrebbe essere sempre incentrato sulla massima lealtà e l'Italia non dovrebbe aver timore di rifiutarsi di sospendere temporaneamente la propria diretta collaborazione con quegli alleati che dovessero venire meno al suddetto imperativo di lealtà. In Turchia, una ormai sistematica repressione del dissenso e della libertà di espressione, costringe l'Unione europea e la NATO a confrontarsi rispettivamente con un partner e un Paese membro che ha adottato delle politiche ormai evidentemente incompatibili con i valori democratici su cui si basano le due principali organizzazioni internazionali occidentali. Per di più, la Turchia agisce direttamente con proprie forze militari nei teatri di Siria e Iraq perseguendo i propri esclusivi interessi in modo del tutto autonomo e adottando strategie spesso in contrasto con quelle poste in essere dai suoi alleati. Ciò comporta l'esigenza di riconsiderare le politiche adottate dalla UE e dalla NATO nei confronti della Turchia, nonostante i vantaggi strategici, veri o presunti, che il mantenimento dello status quo nei rapporti con il governo turco comporterebbe riguardo alla gestione della crisi migratoria e dei conflitti in Siria e Iraq. In quest'ambito, il ritiro dell'Italia dalla missione NATO «Active Fence», volta alla protezione del territorio turco da un'improbabile minaccia missilistica portata da Daesh, rappresenterebbe un chiaro segnale sia ad Ankara, sia agli alleati della NATO.
  Tra gli scopi della partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali vi è anche il contrasto al terrorismo, obiettivo che sempre di più dovrà essere perseguito elaborando e implementando una precisa strategia nazionale, che potrà certamente essere coordinata con quelle degli altri Paesi, ma che deve essere concepita pensando prima di tutto all'obiettivo di elevare al massimo e in tempi brevissimi la sicurezza degli italiani, in patria e all'estero, concentrando le risorse su iniziative che possano portare subito risultati concreti. Questa strategia deve comprendere iniziative di contro-propaganda, da attuare sia in Italia, sia all'estero, per contrastare Pag. 41in tempi brevi gli effetti dell'attività propagandistica condotta da Daesh e da altri gruppi jihadisti; il rafforzamento delle capacità di raccolta informazioni dei contingenti italiani all'estero, finalizzata anche al contrasto ai fenomeni dei foreign fighters e della criminalità organizzata, anche finanziaria; il sostegno alle forze di sicurezza dei paesi in cui sono effettuate missioni MIADIT tramite l'implementazione di attività di training e mentoring e la fornitura di specifico materiale. È inoltre opportuno predisporre l'invio di team di esperti anti-terrorismo presso le ambasciate italiane nei paesi a rischio, allo scopo sia di collaborare con le autorità di quei Paesi, sia di rafforzare la capacità di «allerta precoce» a favore delle nostre comunità all'estero.
  Se impostate secondo le suddette premesse, la maggior parte delle missioni italiane all'estero potranno ottenere risultati notevolmente migliori. Tuttavia è importante proseguire nella partecipazione alle specifiche missioni internazionali solo se queste, dopo un'attenta valutazione dei risultati conseguiti, si rivelano effettivamente utili. In caso di esito oggettivamente non soddisfacente, è necessario avere il coraggio di ritirarsi dalle missioni, allo scopo di poter liberare risorse da destinare ad altri scopi;

propongono all'Assemblea: di autorizzare le seguenti missioni o attività:

  con riferimento all'Europa (Schede da 1 a 10)
  EUNAVFORMED SOPHIA (missione UE – scheda 10).

  con riferimento all'Asia (schede da 11 a 21)
  United Nations Interim Force in Lebanon UNIFIL (missione ONU – scheda 12).

  con riferimento all'Africa (Schede da 22 a 36)
  Missione bilaterale di supporto sanitario in Libia Operazione Ippocrate (scheda 22).
  Missione UE antipirateria denominata ATALANTA (missione UE – scheda 25).
  Missione UE denominata EUBAM LIBYA (missione UE – scheda 35).

  con riferimento ai Dispositivi NATO (Schede da 37 a 42)
  Partecipazione al dispositivo NATO in Lettonia Enhanced Forward Presence (scheda 40).
  Partecipazione al dispositivo NATO Air Policing in Bulgaria (scheda 41).
  Partecipazione al dispositivo NATO Interim Air Policing in Islanda (scheda 42).
  Supporto info-operativo a protezione delle Forze armate (scheda n. 44).
  Iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario (scheda 45).
  Partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza (scheda n. 47).

di autorizzare le seguenti missioni o attività, definendo per il Governo gli impegni di seguito indicati:

  con riferimento all'Europa (Schede da 1 a 10)
  Joint Enterprise (missione NATO – scheda 1): a sostenere un incremento della capacità del contingente relativa alla raccolta informazioni finalizzata al contrasto al fenomeno dei foreign fighters della criminalità organizzata.
  EULEX Kosovo (personale militare) (missione UE – scheda 2): sostenere un maggiore impegno al contrasto della criminalità finanziaria.
  EULEX Kosovo (personale Polizia di Stato) (missione UE – scheda 3): a sostenere un maggiore impegno al contrasto della criminalità finanziaria.
  EULEX Kosovo (magistrati) (missione UE – scheda 4): a sostenere un maggiore impegno al contrasto della criminalità finanziaria.Pag. 42
  United Nations Mission in Kosovo UNMIK (missione ONU – scheda 5): sostenere un incremento della capacità del contingente relativa alla raccolta informazioni finalizzata al contrasto al fenomeno dei foreign fighters e della criminalità organizzata.
  EUFOR ALTHEA (missione UE – scheda 6): sostenere un incremento della capacità del contingente relativa alla raccolta informazioni finalizzata al contrasto al fenomeno dei foreign fighters e della criminalità organizzata.
  Missione bilaterale Forze di polizia in Albania (scheda 7): accelerare i processi di implementazione della cooperazione multilaterale nelle attività relative al training e mentoring nel settore della difesa, dando seguito a eventuali accordi in fase di definizione.
  United Nations Peacekeeping Force in Cyprus UNFICYP (missione ONU – scheda 8): subordinare il rinnovo per l'anno 2018 della partecipazione italiana a tale missione a una positiva valutazione dell'effettivo raggiungimento degli obbiettivi prefissi dalla missione stessa.
  Sea Guardian (missione NATO – scheda 9): proporre alla NATO di inserire tra gli obbiettivi della missione il supporto alle attività di soccorso in mare alle competenti autorità nei settori SAR nelle aree marittime in cui insiste la missione.

  con riferimento all'Asia (schede da 11 a 21)
  Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza libanesi (scheda 13): assumere un ruolo sempre più preminente nella ricostruzione delle forze armate libanesi, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale ed a porre in essere strumenti di verifica dell'efficacia delle attività di training del personale di sicurezza libanese anche attraverso scambi informativi diretti con le forze armate libanesi.
  Temporary International Presence in Hebron TIPH2 (missione multilaterale – scheda 14): valutare, in sede di accordi multilaterali in merito alla missione TIPH2, la possibilità di integrare la partecipazione di nuovi Paesi richiedenti, mantenendo o aumentando i compiti della missione di osservazione TIPH, nonché mantenendo in ogni caso il ruolo di seconda nazione contributrice alla missione.
  Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (scheda 15): valutare la possibilità di prevedere, nell'ambito delle missioni in cui è rilevante l'aspetto dell'addestramento delle forze di sicurezza locali, il trasferimento di sistemi di simulazione al tiro, già nelle disponibilità dello Stato, mirati alla sostituzione dell'addestramento reale con armi da fuoco.
  European Union Border Assistance Mission in Rafah EUBAM Rafah (missione UE – scheda 16): prevedere la conoscenza della lingua inglese e una precedente esperienza in un ambito internazionale analogo tra i requisiti per la selezione del personale.
  European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (personale della Polizia di Stato) (missione UE scheda 17): valutare la possibilità di avviare corsi, sotto l'egida della missione EUPOL COPPS, o tramite accordi quadrilaterali (IT, IL, PS, US), erogati da forze di polizia ad ordinamento civile, con particolare riferimento ai corsi di protezione avanzati.
  European Union Police Mission for the Palestinian Territories EUPOL COPPS (magistrati) (missione UE scheda 18): valutare la possibilità di avviare corsi, sotto l'egida della missione EUPOL COPPS, o tramite accordi quadrilaterali (IT, IL, PS, US), erogati da forze di polizia ad ordinamento civile, con particolare riferimento ai corsi di protezione avanzati.
  Partecipazione alla Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda 19): evidenziare Pag. 43in sede europea il possibile problema umanitario derivante dalla imminente liberazione dal Daesh della città di Mossul, facilitando la possibilità di prevedere missioni di esclusivo supporto umanitario e medico, capaci di rispondere ad un flusso di sfollati che potrebbe raggiungere anche 1,5 milioni di persone in poche settimane; implementare nuovi memorandum of understanding mirati alla prosecuzione del training nell'uso di sistemi d'arma con i relativi supporti, limitati in numero agli stretti necessari ad un corretto addestramento, verso tutte le forze armate alle dipendenze del governo regionale curdo, di concerto con il governo iracheno, attraverso la creazione di un tavolo ove attuare una costante interlocuzione con i destinatari dei servizi, le forze della coalizione internazionale e il governo iracheno; implementare con il governo iracheno un SOFA mirato alla copertura legale della presenza di personale militare nelle missioni di training e di supporto, nonché di protezione delle aree di nostra competenza; prevedere il conferimento al personale nel servizio di soccorso di migliaia di migranti, di un'onorificenza di soccorso nell'ambito della «Prima Parthica» dopo almeno 60 giorni cumulativi di servizio prestato in missione operativa; prevedere un'indennità accessoria e l'accesso ai benefici previsti dalle normative per il personale, equiparabile a quelle in vigore per altre missioni anche bilaterali, riservato al personale impiegato in teatri operativi fuori dal territorio nazionale.
  United Nations Military Observer Group in India and Pakistan UNMOGIP (missione ONU – scheda 20): subordinare il rinnovo per l'anno 2018 della partecipazione italiana a tale missione a una positiva valutazione dell'effettivo raggiungimento degli obbiettivi prefissi dalla missione stessa.
  Impiego su basi bilaterali di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medioriente e Asia (scheda 21): non impiegare il personale e i mezzi impiegati in tale missione in supporto alla missione Resolute Support.

  con riferimento all'Africa (Schede da 22 a 36)
  United Nations Support Mission il Libya UNSMIL (missione ONU – scheda 23) – ad assumere ruolo sempre più preminente nella ricostruzione delle forze sotto il controllo del GNA, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale ed a porre in essere strumenti di verifica dell'efficacia delle attività di training del personale di sicurezza libico anche attraverso scambi informativi diretti con le forze armate del GNA.
  Missione su base bilaterale di assistenza alla Guardia costiera della Marina militare libica (scheda 24) – ad ottenere da parte del Governo libico la garanzia che le forze e il personale addestrato e le unità navali fornite o manutenute nell'ambito della suddetta missione siano impiegati esclusivamente nel rispetto dei limiti delle acque territoriali come definiti dal diritto internazionale.
  Missione UE denominata EUTM Somalia (missione UE – scheda 26) – ad assumere ruolo sempre più preminente nella ricostruzione delle forze armate somale, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale ed a porre in essere strumenti di verifica dell'efficacia delle attività di training del personale di sicurezza somalo anche attraverso scambi informativi diretti con le forze armate somale; valutare l'effettivo rispetto dei diritti umani da parte del personale somalo addestrato nell'ambito della suddetta missione.
  Missione UE denominata EUCAP Somalia (ex EUCAP Nestor) (missione UE – scheda 27): assumere un ruolo sempre più preminente nella ricostruzione delle forze armate somale, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale ed a porre in essere strumenti di verifica dell'efficacia Pag. 44delle attività di training del personale di sicurezza somalo anche attraverso scambi informativi diretti con le forze armate somale; valutare l'effettivo rispetto dei diritti umani da parte del personale somalo addestrato nell'ambito della suddetta missione.
  Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda 28): assumere un ruolo sempre più preminente nella ricostruzione delle forze armate somale e gibutine, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale e a porre in essere strumenti di verifica dell'efficacia delle attività di training del personale di sicurezza somalo e gibutino anche attraverso scambi informativi diretti con le forze armate somale e gibutine.
  Impiego di personale militare presso la base nazionale nella Repubblica di Gibuti (scheda 29): prevedere la definizione di un trattato di cooperazione bilaterale con particolare riferimento al raggiungimento di un accordo SOFA.
  Multinational Force and Observers in Egitto MFO (scheda 34): subordinare il rinnovo per l'anno 2018 della partecipazione italiana a tale missione a una positiva valutazione dell'effettivo raggiungimento degli obbiettivi prefissi dalla missione stessa.
  Impiego di un dispositivo aeronavale nazionale per la sorveglianza e la sicurezza dei confini nazionali nell'area del Mediterraneo centrale (operazione Mare Sicuro) (scheda 36): specificare tra gli obbiettivi della missione il supporto alle attività di soccorso in mare.

  con riferimento ai Dispositivi NATO (Schede da 37 a 42)
  Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza (scheda 39): proporre alla NATO di inserire tra gli obbiettivi della missione il supporto alle attività di soccorso in mare alle competenti autorità nei settori SAR nelle aree marittime in cui insiste la missione e di autorizzare altresì le seguenti attività:
  Esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate per l'anno 2017 (scheda n. 43): effettuare una analisi approfondita dei costi e dei benefici relativi alle assicurazioni al fine di individuare eventuali risparmi.
  Interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza (Scheda 46): valutare l'opportunità di incrementare le risorse disponibili di 5 milioni di euro finalizzandole allo scopo di realizzare uno specifico training in materia di «Sicurezza Portuale ed Aeroportuale» alle forze di sicurezza dei paesi in favore dei quali sono effettuate missioni MIADIT o, in subordine, a prevedere specifiche attività addestrative «spot», con la finalità di innalzare l'efficienza dei dispositivi di sicurezza anti-terrorismo e del complesso personale/addestramento/armamento/logistica, creando un efficace apparato che sia decisamente proattivo rispetto ai rischi da attentato terroristico in ambito aeroportuale/portuale da realizzare sfruttando le competenze dell'Arma dei carabinieri e delle altre Forze Armate e di polizia; valutare l'avvio di attività di collaborazione relative alla fornitura di strumenti tecnici atti a consentire loro di raggiungere gli standard previsti dalle normative ICAO, che risultano essenziali per consentire le operazioni di aviazione civile commerciale su uno scalo aeroportuale.
  Interventi operativi di emergenza e di sicurezza (scheda n. 49): valutare l'opportunità di incrementare le risorse disponibili di 5 milioni di euro finalizzandole allo scopo di rafforzare l'attuazione degli interventi dell'Unità di crisi del MAECI a tutela dei cittadini e degli interessi degli italiani all'estero, nonché a rafforzare, anche nell'ambito cibernetico sia in forma attiva che passiva, i sistemi di protezione delle sedi diplomatico-consolari, anche di nuova istituzione, e del relativo personale;

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e di non autorizzare le seguenti missioni o attività:

  con riferimento all'Asia (schede da 11 a 21)
  Resolute Support Mission (missione NATO – scheda 11).

  con riferimento ai Dispositivi NATO (Schede da 37 a 42)
  Partecipazione al dispositivo NATO a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza denominato «Active Fence» (scheda 37).
  Partecipazione al dispositivo NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza (scheda 38).
  Erogazione del contributo a sostegno delle Forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia (scheda n. 48).
Massimo Artini.