CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 21 dicembre 2016
744.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (XI e XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali» e relativo allegato «Prima stesura del pilastro dei diritti sociali». COM(2016) 127 final e COM(2016) 127 final – Annex 1.

PROPOSTA DI DOCUMENTO FINALE DEI RELATORI

  Le Commissioni riunite XI (Lavoro pubblico e privato) e XII (Affari sociali),
   esaminati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali» e il relativo allegato «Prima stesura del pilastro dei diritti sociali (COM(2016)127 final e COM(2016)127 final – Annex 1)»;
   valutati i contributi trasmessi dalle parti sociali in relazione ai contenuti della Comunicazione e del relativo allegato;
   premesso che:
    la crisi economico-finanziaria, esplosa nel 2007, ha prodotto effetti particolarmente gravi e duraturi in Europa, e in particolare in quasi tutti i Paesi dell'area dell'euro, già provati dall'impatto della globalizzazione e dalla accelerazione delle dinamiche concorrenziali delle cosiddette economie emergenti;
    la portata e l'intensità dei cambiamenti in atto in Europa sul piano economico, sociale e demografico rende più difficile fare previsioni attendibili sugli esiti dei processi evolutivi e impone comunque un aggiornamento dei paradigmi interpretativi e delle politiche sino ad ora poste in essere. Ciò vale, in particolare, per quanto concerne l'impatto di fenomeni come l'invecchiamento della popolazione e il conseguente aumento della domanda di servizi sanitari e assistenziali, l'aumento dei flussi migratori, la scomparsa di alcune tipologie di attività lavorative e l'emersione di nuove figure professionali correlate ai progressi tecnologici, le difficoltà del sistema di istruzione e formazione ad aggiornarsi e adeguarsi alle esigenze del mondo del lavoro, la diffusione di occupazioni precarie e a tempo determinato;
    il combinato disposto della crisi economica e della globalizzazione ha innescato dinamiche recessive dalle quali molti Paesi europei, specie dell'area dell'euro, faticano ad uscire e ha aggravato i divari tra i diversi Stati membri, allo stesso tempo accentuando le diseguaglianze all'interno di ciascuno di essi, nonché ampliando l'area della precarietà e del disagio sociale;
    particolarmente allarmante è l'andamento dei dati relativi alla quota di popolazione a rischio povertà: nonostante la sua riduzione costituisse uno degli obiettivi prioritari della Strategia Europa 2020, tale quota è infatti rimasta sostanzialmente invariata nell'Unione europea (23,7 per cento), è aumentata di un punto percentuale nell'area dell'euro (dal 22 al 23 per cento) e in modo ancora più rilevante in Italia;
    uno degli effetti più gravi della crisi economico-finanziaria, infatti, è costituito dal drastico aumento della percentuale di disoccupati rispetto ai livelli pre-crisi, fatta Pag. 10eccezione per la Germania e per pochi altri Paesi membri;
    dopo il picco negativo raggiunto nel 2013, il tasso di disoccupazione sta parzialmente regredendo, ma la situazione rimane critica: secondo gli ultimi dati Eurostat, la media registrata nei Paesi dell'Unione europea si colloca ancora attorno al 10 per cento, mentre valori più elevati si registrano in Spagna, Italia, Portogallo e Grecia;
    la crisi occupazionale ha colpito in particolare la popolazione giovanile: nel 2013, il 23,4 per cento dei giovani dell'Unione europea risultava disoccupato, con picchi significativi in Grecia (58,3 per cento), Spagna (55,5 per cento), Italia (40 per cento) e Portogallo (32 per cento);
    in tale ambito, merita di essere oggetto di particolare attenzione la categoria dei giovani che non sono coinvolti in alcuna attività lavorativa né seguono un percorso di studi o di formazione (NEET), che rischiano di perdere contatto in modo duraturo con il mondo del lavoro;
    assai preoccupante è anche l'andamento della disoccupazione di lunga durata: nell'area dell'euro, tra il 2007 e il 2015, la percentuale è quasi raddoppiata (passando dal 3,2 al 5,5 per cento) mentre una crescita più elevata si è registrata in Italia, in Portogallo e, in modo ancor più pronunciato, in Spagna e in Grecia;
    in assenza di meccanismi di stabilizzazione comuni nell'ambito dell'Unione europea, gli Stati membri hanno dovuto far fronte alle gravi conseguenze sociali della crisi essenzialmente attraverso strumenti di carattere nazionale, in un contesto nel quale, tuttavia, le regole imposte dall'adesione all'Unione economica e monetaria imponevano loro l'adozione di politiche di riduzione delle spese, amplificando in questo modo gli effetti della crisi;
    appare preoccupante la tendenza, rilevata dall'Organizzazione internazionale del lavoro nel suo studio «Building a social pillar for European convergence», ad un ampliamento delle divergenze tra gli Stati membri negli ultimi anni o ad una convergenza verso situazioni sociali non desiderabili, quale, ad esempio, l'incremento delle diseguaglianze nella distribuzione dei redditi;
    per far fronte a tale difficile situazione, le Istituzioni europee, anche grazie alle insistenti sollecitazione di alcuni Paesi membri, tra cui l'Italia, si sono mosse nella direzione dell'adozione di una serie di misure dirette a mitigare gli effetti della crisi; in particolare, l'introduzione della «Garanzia giovani» e del connesso strumento finanziario «Iniziativa per l'occupazione giovanile» (con una dotazione complessiva di 6,4 miliardi di euro per il periodo 2014-2020) ha prodotto risultati che la Commissione europea valuta parzialmente soddisfacenti per quanto concerne il miglioramento della formazione e la riduzione del numero dei NEET;
    il presidente della Commissione Juncker, sin dal momento dell'indicazione degli orientamenti politici per la Commissione europea, nel documento «Un nuovo inizio per l'Europa: il mio programma per l'occupazione, la crescita, l'equità e il cambiamento democratico» ha indicato per l'Europa l'obiettivo di conseguire un «tripla A» sociale, accanto a quella in campo economico-finanziario;
    analogo obiettivo è stato indicato nell'ambito della relazione «Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa», evidenziando che «per il successo dell'UEM occorre che i mercati del lavoro e i sistemi di protezione sociale funzionino correttamente e in modo equo in tutti gli Stati membri della zona euro»;
    anche sulla base degli esiti prodotti dalle iniziative richiamate, la Commissione europea ha lanciato la proposta per l'istituzione di un vero e proprio pilastro europeo dei diritti sociali;
    tale proposta merita apprezzamento per la portata innovativa della Comunicazione in esame, che intende affrontare tematiche particolarmente rilevanti, che attengono alle caratteristiche essenziali Pag. 11della stessa Unione europea, con un approccio organico e coerente, prendendo contestualmente in considerazione le diverse dimensioni della realtà economica e sociale, in primo luogo attraverso una valutazione dello stato di concreta attuazione dell’acquis sociale all'interno dell'Unione europea, per proseguire con un'analisi sui nuovi sviluppi dell'organizzazione del lavoro e delle società derivanti dagli effetti delle nuove tecnologie e dalle tendenze demografiche;
    in mancanza della definizione di una cornice comune di diritti sociali per gli Stati membri dell'Unione europea, che definisca i contenuti condivisi di un modello sociale europeo, verso il quale dovrebbero convergere i diversi Paesi, è concreto il rischio che si alimentino dinamiche che producono una distruttiva concorrenza al ribasso all'interno dell'Unione;
    merita, in particolare, apprezzamento l'approccio adottato dalla Commissione europea che, proprio in considerazione del rilievo delle questioni trattate, che toccano interessi vitali di larga parte dei cittadini europei, ha avviato un'ampia consultazione, rivolta a tutte le parti sociali interessate, per acquisire utili elementi di valutazione e proposte integrative o correttive;
    appare altresì condivisibile la priorità accordata, nell'ambito della Comunicazione in esame, agli obiettivi di garantire pari opportunità nell'accesso al mercato del lavoro e nel trattamento dei lavoratori; lo sviluppo delle competenze e l'apprendimento permanente; eque condizioni di lavoro e un'equilibrata composizione dei diritti e degli obblighi dei lavoratori e dei datori di lavoro, come pure tra flessibilità e sicurezza; la garanzia di una protezione sociale adeguata e sostenibile che assicuri a tutti l'accesso ai servizi essenziali;
    il carattere sintetico delle proposizioni contenute nell'allegato recante la «Prima stesura del pilastro dei diritti sociali» si giustifica, in questa fase preliminare, sulla base della considerazione che si tratta del punto di avvio per la consultazione, destinato ad arricchirsi e a completarsi all'esito della consultazione stessa;
    il pilastro europeo dei diritti sociali, nella sua stesura definitiva da elaborare, al termine della consultazione, nella primavera del 2017, dovrebbe diventare il quadro di riferimento per vagliare la situazione occupazionale e sociale degli Stati membri partecipanti e orientare una rinnovata convergenza all'interno dell'area dell'euro, temperando i vincoli stringenti in materia di finanza pubblica;
    la discussione in ordine all'individuazione di diritti sociali da garantire nei diversi Paesi dell'area dell'euro e, più in generale, dell'Unione europea sollecita una riflessione più ampia sulle priorità delle politiche messe in campo a livello europeo che, negli anni della crisi, si sono concentrate essenzialmente sugli aspetti attinenti all'equilibrio delle finanze pubbliche;
    la scelta di promuovere l'individuazione di un minimo comune denominatore per i diritti e le politiche sociali nell'area dell'euro, anche in vista della costruzione di un unico sistema di garanzie, richiede infatti che gli Stati membri abbiano sufficiente spazio di manovra, sul piano delle politiche di bilancio, per adottare le necessarie misure integrative e correttive, se non si vuole procedere nella direzione di un appiattimento verso il basso delle tutele;
    l'agenda sociale europea enfatizza il contributo positivo che gli investimenti nel welfare, soprattutto nei servizi, danno alla crescita economica e alla partecipazione attiva al mercato del lavoro. I vincoli di bilancio crescenti e le misure di risanamento finanziario impediscono tuttavia di agire attraverso la leva della spesa pubblica per investimenti volti a creare nuova occupazione e a sostenere la crescita. A questo fine si rende necessario che le politiche volte al rafforzamento delle garanzie dei diritti sociali trovino adeguato supporto anche a valere su risorse messe a disposizione dal bilancio dell'Unione europea, in particolare con la programmazione Pag. 12dei fondi strutturali e di investimento per il periodo 2014-2020 e con il cosiddetto Piano Juncker;
   rilevata la necessità che il presente documento finale sia trasmesso tempestivamente alla Commissione europea, nell'ambito del cosiddetto dialogo politico, nonché al Parlamento europeo e al Consiglio,
   esprimono una

VALUTAZIONE FAVOREVOLE

  formulando le seguenti considerazioni:
   a) l'importanza dei temi trattati e l'interesse che essi rivestono per la quasi totalità dei cittadini europei richiede un impegno serio e coerente da parte delle Istituzioni europee e degli Stati membri affinché il pilastro europeo dei diritti sociali non si riduca a mere enunciazioni di principio prive di conseguenze di carattere giuridico;
   b) i principi affermati nel pilastro dovrebbero essere configurati, a seconda dei casi, come obiettivi da raggiungere o standard da garantire, introducendo meccanismi correttivi in caso di scostamenti significativi da parte degli Stati membri;
   c) a tal fine è indispensabile che quanto prima sia definito un cronoprogramma che indichi puntualmente le iniziative che la Commissione europea intende proporre con la specificazione delle misure concrete e delle risorse finanziarie che saranno messe a disposizione allo scopo;
   d) ferme restando le competenze prioritarie degli Stati membri sulle materie oggetto della Comunicazione, il raggiungimento degli obiettivi prospettati non può prescindere da un adeguato supporto agli sforzi che i medesimi Stati membri saranno chiamati a compiere attraverso necessarie misure normative e opportuni sostegni finanziari da parte dell'Unione europea, posto che i Paesi in cui le criticità sono maggiori dispongono di minori spazi di manovra sul piano finanziario a causa degli stringenti vincoli di bilancio;
   e) in particolare, appare necessario che taluni parametri e indicatori sociali, quali la riduzione della percentuale di popolazione a rischio di povertà e del tasso di disoccupazione, ovvero il miglioramento delle competenze e lo sviluppo della formazione e dell'istruzione, acquisiscano, nell'ambito della procedura del Semestre europeo, valore vincolante al pari degli obiettivi di finanza pubblica;
   f) per le medesime ragioni, appare necessario che tutte le misure e le iniziative più rilevanti adottate a livello europeo, in grado di incidere sulle grandezze macroeconomiche, siano valutate facendo sistematicamente riferimento al loro impatto potenziale sul piano sociale;
   g) in questo quadro, dovrebbe valutarsi in primo luogo la possibilità di riservare un particolare trattamento, in sede di applicazione dei parametri del patto di stabilità e crescita e di valutazione dei disavanzi pubblici, agli investimenti di carattere sociale, tenendo conto anche dei positivi effetti che essi possono produrre sulla crescita economica. La spesa in favore del welfare non dovrebbe essere considerata solo sotto il profilo delle compatibilità finanziarie, ma anche rispetto al contributo positivo che essa può dare alla creazione di nuova occupazione e alla crescita. Al fine di rilanciare un'agenda sociale per la crescita, occorre individuare ambiti di investimento in cui far valere una golden rule per la mobilitazione della spesa con particolare riferimento agli investimenti nei settori dell'infanzia, della non autosufficienza e dell'integrazione socio-sanitaria, ambiti nei quali l'occupazione è destinata a crescere nei prossimi anni per effetto delle grandi trasformazioni demografiche e dei nuovi bisogni di conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro, come ribadito dalla stessa Commissione europea, da ultimo con il lancio del Social Investment Package del 2013. Per evitare che questa crescita occupazionale si risolva Pag. 13in una corsa al ribasso di standard sociali e salariali, occorre mobilitare risorse pubbliche e private per investimenti che devono tornare a conciliare gli obiettivi della crescita e della coesione sociale;
   h) a livello europeo è inoltre necessario rafforzare gli strumenti a disposizione per politiche anticicliche e per fronteggiare gli aumenti del tasso di disoccupazione in caso di shock asimmetrici, come prospettato con la proposta di introdurre un sussidio europeo di disoccupazione, avanzata dal Governo italiano nel febbraio 2016 con il documento «Una strategia europea condivisa per crescita, lavoro e stabilità»;
   i) occorre inoltre rafforzare gli strumenti attivabili per promuovere la qualificazione del capitale umano, fattore fondamentale per un aumento qualitativo e quantitativo dell'occupazione e per la riconversione dei lavoratori in età avanzata a rischio di disoccupazione di lunga durata; a tal fine occorre aumentare le risorse per l'istruzione, la formazione e l'aggiornamento delle competenze e delle conoscenze, in modo da aumentare la produttività e orientare le economie europee verso produzioni e servizi a più elevato valore aggiunto. In tal modo, si potrà rafforzare la capacità dei sistemi europei, che costituiscono economie mature, di fronteggiare la concorrenza delle più dinamiche e aggressive economie emergenti. L'elaborazione del pilastro europeo deve connettersi agli obiettivi della programmazione finanziaria dell'Unione europea per il periodo 2014-2020 e a quelli indicati dal cosiddetto Piano Juncker. La strategia di crescita inclusiva promossa a livello europeo passa per investimenti nel campo della ricerca in grado di alimentare un circuito di innovazione a tutti i livelli, compresi gli ambiti delle politiche sociali e della salute;
   l) di fronte al protrarsi della disoccupazione, soprattutto giovanile, le politiche per l'inclusione sociale devono trarre vantaggio da un maggiore coordinamento con le politiche europee per il contrasto della povertà e l'inserimento attivo nel mercato del lavoro. In coerenza con gli obiettivi del pilastro sociale, occorre individuare fondi di bilancio volti a finanziare e a rendere omogenei nel loro funzionamento i vari dispositivi di reddito minimo garantito, da associare a politiche attive e servizi sociali relativi all'abitazione, alla formazione e all'accesso dei beneficiari alle cure sociali e sanitarie. La riduzione delle asimmetrie tra i Paesi membri, acuite dalle politiche di risanamento finanziario, deve poggiare sul rafforzamento delle politiche di inclusione sociale, soprattutto nei Paesi che ancora non si sono dotati di politiche nazionali di questo tipo o sono impossibilitati a farlo a causa dei vincoli di bilancio imposti dalle misure di risanamento finanziario;
   m) occorre rendere permanente, con conseguente rifinanziamento da parte dell'Unione europea, l'Iniziativa per l'occupazione dei giovani, valutando contestualmente le eventuali integrazioni e correzioni da apportare anche sulla base delle migliori pratiche che si registreranno nei diversi Paesi membri;
   n) nella elaborazione del pilastro europeo dei diritti sociali, occorre adottare politiche mirate a garantire la sostenibilità nel lungo termine dei sistemi previdenziali, sanitari e assistenziali, contrastando gli effetti dell'invecchiamento demografico associato alla bassa occupazione giovanile e femminile e al carattere precario di molti posti di lavoro, in modo da contribuire ad assicurare pensioni dignitose alle generazioni più giovani e alle donne; anche al fine di promuovere il conseguimento di tali obiettivi, occorre altresì prevedere adeguati sostegni, anche economici, alla natalità ed introdurre misure volte a conciliare vita professionale e vita familiare.

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ALLEGATO 2

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali» e relativo allegato «Prima stesura del pilastro dei diritti sociali». COM(2016) 127 final e COM(2016) 127 final – Annex 1.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI DOCUMENTO FINALE DEI DEPUTATI CIPRINI, COMINARDI, LOMBARDI, TRIPIEDI, DALL'OSSO, CHIMIENTI, DI VITA, LOREFICE, GRILLO, GIORDANO, COLONNESE, MANTERO E NESCI

  Le Commissioni riunite XI (Lavoro pubblico e privato) e XII (Affari sociali),
   esaminati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali» e il relativo allegato «Prima stesura del pilastro dei diritti sociali (COM(2016)127 final e COM(2016)127 final – Annex 1)»;
   considerato che:
    nel mese di marzo la Commissione europea ha presentato una prima stesura del pilastro europeo dei diritti sociali, preannunciato dal Presidente Juncker lo scorso settembre, avviando una consultazione pubblica on-line che mira a valutare l'appropriatezza dell'attuale «acquis sociale», ossia il corpus di norme sociali al momento vigenti nell'ordinamento giuridico dell'Unione Europea, a fronte delle profonde conseguenze sociali provocate dalla crisi economica: aumento significativo dei livelli di povertà, esclusione sociale, disparità, elevata disoccupazione;
    il pilastro europeo dei diritti sociali si ispira agli obiettivi e ai diritti sociali iscritti nel diritto primario dell'Unione europeo:
     a) il trattato sull'Unione europea (TUE);
     b) il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE);
     c) la Carta dei diritti fondamentali e la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea;
    con termine previsto al 31 dicembre 2016, alla consultazione possono aderire attivamente tutte le istituzioni europee, i governi nazionali, le parti sociali, le organizzazioni no-profit, i prestatori di servizi sociali, la società civile ed esperti del mondo accademico, per contribuire a completare ciò che è stato definito nella prima stesura;
    gli obiettivi sopra evidenziati sono raggruppati in venti ambiti di intervento riassumibili in tre principali categorie:
     a) pari opportunità e accesso al mercato del lavoro: sviluppo delle competenze lavorative, sostegno attivo all'occupazione per aumentare le opportunità di trovare lavoro, agevolare la transizione tra status differenti e migliorare l'occupabilità individuale;
     b) eque condizioni di lavoro ed equilibrio tra diritti ed obblighi dei lavoratori e dei datori di lavoro, come pure tra flessibilità e sicurezza, per agevolare la Pag. 15creazione di posti di lavoro, le assunzioni e l'adattabilità delle imprese e promuovere il dialogo sociale;
     c) protezione sociale adeguata e sostenibile e accesso a servizi essenziali di elevata qualità, comprese l'assistenza sanitaria e l'assistenza a lungo termine, per garantire una vita dignitosa e la protezione contro i rischi e per consentire alle persone di partecipare pienamente al mondo del lavoro e più in generale alla società;
    a conclusione della consultazione la Commissione dovrebbe presentare la versione definita del pilastro europeo dei diritti sociali nella primavera del 2017, che consisterà in un insieme di linee guida europee a cui gli Stati membri dovranno adattarsi, implementando similmente politiche di protezione sociale volte a garantire assistenza a tutte le nuove categorie a rischio;
    una volta adottato, il pilastro diventerà un vero e proprio quadro di riferimento per vagliare la situazione occupazionale e sociale degli Stati membri e guiderà il processo di riforma a livello nazionale, così da orientare le politiche per un miglior funzionamento dei mercati e dei sistemi di protezione sociale negli stati membri;
    tutti gli attori coinvolti nell'ambito del sociale saranno chiamati a realizzare un nuovo modello di welfare europeo che avrà ripercussioni significative non solo da un punto di vista giuridico, ma anche economico, culturale ed istituzionale per l'intera area comunitaria;
    appaiono imprescindibili talune questioni, in particolare rientranti nell'ambito del settore occupazionale e degli affari sociali, attraverso le quali sarebbe possibile garantire un adeguato e armonizzato livello di tutela sociale per le categorie di cittadini europei maggiormente a rischio di esclusione;
    pur condividendo gli obiettivi che il pilastro europeo intende raggiungere, si ritiene che la «terapia» anti-crisi messa in campo da quel sottoinsieme che definiamo «Eurozona» sia irrimediabilmente fallita, anche alla luce della diffusa «dottrina europea» che fa leva sulle politiche di austerità, disegnando inevitabilmente una parabola involutiva dei modelli di welfare: la crisi di un assetto, fondato sulla divaricazione/separazione fra costituzione economica e costituzione sociale, che avrebbe dovuto tutelare la sovranità sociale degli stati e l'autonomia delle parti sociali, determina una serie di interrogativi sulla effettività dei diritti sociali;
    nel contesto di una crisi epocale che incide sulle strutture sociali ed economiche dei paesi europei in modo destrutturante, sottraendo garanzie e prestazioni, i diritti non possono darsi né gerarchie né tanto meno differenze, sul piano dell'effettività come della sostenibilità. Tutti i diritti – i diritti di libertà non meno dei diritti sociali – dipendono in misura maggiore o minore da investimenti selettivi di risorse scarse, e come si sostiene da tempo hanno radici nel terreno più instabile della politica, destinati per questo a essere più suscettibili di affievolimento di quanto l'aspirazione alla certezza giuridica potrebbe indurci ad auspicare;
    non dovrebbe sorprendere quindi che i bilanci pubblici degli Stati europei per effetto del cosiddetto Fiscal Compact, siano divenuti il termine di riferimento per selezionare l'accesso ai diritti sociali e definire i loro contenuti positivi, visto che da tempo si parla oramai dei diritti sociali come «diritti finanziariamente condizionati» anche nella giurisprudenza della Corte costituzionale italiana;
    la restrizione dei diritti sociali oltre ad essere la risultante di scelte discrezionali degli Stati o l'esito dei conflitti sui modelli di giustizia distributiva, e la scarsità di risorse pubbliche, è infatti alimentata dal «dispotismo» dei mercati finanziari;
    il modello sociale europeo, si presenta in un contesto di frammentazione e di generale debolezza, caratterizzato dalla rinascita degli egoismi nazionali e dal Pag. 16rafforzamento dei «freni costituzionali interni». Né la convinzione oramai diffusa della necessità di una politica europea che finalmente consideri come asse prioritario l'economia reale stimola risposte adeguate, per l'assenza di «ricette» credibili;
    appare evidente che quasi che tutte le opzioni politiche ed economiche proposte continuino ad essere bocciate dalla crisi economica;
    la crisi economica globale dovrebbe davvero dischiudere nuovi orizzonti, mettere in moto processi che «costringano» i governanti nazionali a rivedere i presupposti di fondo per la creazione di un nuovo modello di sviluppo;
    l'Unione europea, dopo le grandi direttive degli anni novanta, ha preferito purtroppo tornare alla logica del «doppio binario», ossia all'accentramento della politica monetaria e alla politica di bilancio, decentrando la politica economica e sociale, mentre, nel quadro giuridico definito dai Trattati, è proseguita senza soste la realizzazione del mercato interno, eliminando ogni ostacolo alla libertà di circolazione e così sottraendo agli stati sovranità sulla disciplina dei rapporti economici e sociali all'interno dei propri confini;
    relativamente al richiamo del diritto primario dell'Unione europea, che già prevede gli obiettivi e i diritti sociali, ossia: il trattato sull'Unione europea (TUE), il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la Carta dei diritti fondamentali e la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, si rileva che i predetti Trattati prevedano unicamente il coordinamento a livello dell'Unione europea (articolo 156 TFUE) ovvero, ma per un numero limitato di materie, l'adozione di misure di incoraggiamento alla cooperazione degli Stati, o ancora «prescrizioni minime applicabili progressivamente», oltre tutto prevedendo per le materie più sensibili la procedura di deliberazione all'unanimità (articolo 153 TFUE);
    la nuova linea, velocemente disegnata sul fallimento dei vincoli di Maastricht, si basa su interventi diretti sugli ordinamenti nazionali, dettando non solo i limiti macroeconomici ma le «riforme» ritenute necessarie;
    il suddetto principio di «condizionalità» – già adottato dal Fondo monetario internazionale nel rapporto con gli Stati sottoposti a programmi di aiuti e riforme strutturali – diviene così l'unico strumento per regolamentare il rapporto fra nuove «istituzioni» intergovernative come l'ESM (l'istituzione finanziaria degli stati della zona Euro deputata a gestire il fondo salva-stati permanente che di fatto dovrà accompagnare la realizzazione del Trattato sul Fiscal Compact) e i Paesi più deboli dell'Unione europea, a cui possono essere concessi aiuti solo se in cambio si impegnano a rispettare i programmi di tagli e le riforme strutturali (fra le quali primeggiano le riforme che interessano il sistema di welfare e il mercato del lavoro) dettati da questi organismi, e sempre che, beninteso, attuino la regola del pareggio di bilancio introdotta dal Fiscal Compact;
    anche nei confronti dell'Italia sono emerse direttrici di intervento che hanno determinato un impatto fortemente critico, sia sul piano della tenuta dei diritti sociali che sul piano della legittimazione democratica dei poteri. Del resto, il fatto stesso che con un Trattato internazionale si preveda l'obbligo per gli stati di emendare la propria Costituzione, dettando precisi termini di attuazione e affidando alla Corte di giustizia poteri sanzionatori, non poteva che far sorgere pesanti interrogativi sul carattere democratico di queste decisioni;
    il superamento della sovranità degli Stati «deboli» in materia di bilancio e l'esplicita limitazione della discrezionalità degli stati nella formazione degli indirizzi di politica economica e sociale avviene puntualmente attraverso l'accentramento delle predette prerogative nelle mani di istituzioni sovranazionali: la politica di bilancio viene di fatto espropriata agli organi rappresentativi dei cittadini europei e centralizzata nelle mani del Consiglio e della BCE, con le procedure previste dal Patto Euro Plus e dal Six Pack;Pag. 17
    la «rottura» dei Trattati ha ipotecato seriamente il processo di integrazione così come «disegnato» a Lisbona, ovvero di un quadro istituzionale solido ed efficace per disciplinare il processo decisionale continentale attraverso regole più chiare e trasparenti di governance e con un ruolo più solido del Parlamento europeo, finendo col riconoscere implicitamente l'insufficienza del diritto dell'Unione;
    la «cessione di sovranità» imposta agli stati deboli conferma la filosofia di fondo dell'integrazione europea, non rientrando nei programmi dei governanti europei altro che la disciplina di bilancio, l'unione bancaria e (forse) la disciplina fiscale, ed escludendo così implicitamente qualsiasi aumento delle competenze della Unione europea in materia economica e sociale, con il risultato di declassare gli strumenti di armonizzazione, tanto da fare del primato del metodo aperto di coordinamento (un metodo prevalentemente intergovernativo) lo strumento privilegiato della governance in materia sociale;
    l'asimmetria fra l'impegno della Unione europea alla realizzazione del mercato interno e le deboli basi dell'Europa sociale rischia così di rimanere uno dei tratti caratterizzanti della costruzione dell'Unione europea come entità «politica» sovranazionale, per di più nel contesto di nuove diseguaglianze fra Paesi deboli e Paesi forti, svuotando di significato la solenne promessa di un modello di integrazione orientato alla «promozione di un'adeguata protezione sociale, alla lotta contro l'esclusione sociale» (articolo 9 TFUE);
    l'esito del Questionario è importante nella misura in cui si riuscirà a risolvere una delle questioni di fondo sulla natura del modello europeo di regolazione dei rapporti fra diritti sociali e mercato, ossia se il diritto del lavoro europeo include una dimensione collettiva e un sostegno all'azione collettiva oppure se vuol restare confinato nella dimensione individuale;
    come affermato da eminenti studiosi, in questo contesto «il diritto del lavoro, si ritrova a doversi misurare con problematiche inedite, sia sul versante dei diritti individuali che dei diritti collettivi, che ripropongono in termini ancor più drammatici il mai sopito dilemma sulla forza e vincolatività delle enunciazioni delle Carte costituzionali, creando uno stridente contrasto fra l'elevazione dei diritti sociali a fondamenti stessi delle comunità e la natura piuttosto relativa e transeunte che i principi delle Costituzioni finiscono in concreto per assumere (non solo per lo strapotere dei mercati ma anche per scelte imputabili al government europeo). Le conseguenze che la crisi – e le misure adottate per contrastarla – determina a carico degli ordinamenti nazionali e dei sistemi di contrattazione collettiva – fonti privilegiate (tuttora) della produzione di norme in materia di lavoro e diritti sociali – sono tali, infatti, da mettere in discussione proprio l'efficienza regolativa dei modelli costituzionali, anche i più avanzati, cui spetterebbe (quantomeno) costituire un sicuro ancoraggio per il nucleo di diritti fondamentali. Ma se, come si è notato, finanche una disposizione precettiva come l'articolo 36 della Costituzione italiana potrebbe non garantire più l'effettività dei beni da essa protetti, allora c’è da chiedersi in che misura sia oramai in atto un cambiamento di fondo nel rapporto fra economia e società»;
    la progressiva erosione dei livelli di tutela avviene infatti in tutti i paesi europei, pur essendo maggiormente incisiva nei Paesi sottoposti ai programmi di aiuto, nella convinzione che una delle più efficaci risposte alla crisi risieda nel rendere più flessibili i mercati del lavoro. In concreto se in alcuni paesi sono state adottate parziali misure di deregolamentazione, in altri Paesi l'erosione della tutela ha significato una revisione molto più articolata e profonda. Interventi legislativi si registrano in materia di orario di lavoro e di contratti atipici, nonché nella regolamentazione dei licenziamenti, con interventi che, seppure nati sull'onda dell'emergenza Pag. 18economica, finiscono per divenire permanenti ed avere quindi effetti duraturi sugli standard di tutela nei Paesi dell'Unione europea;
    una regolamentazione «al ribasso» per la competitività e la flessibilità, che riveda e declassi l'effettività dei diritti sociali, determina una virtuosa competizione fra gli ordinamenti dando vita «ad un processo di selezione grazie al quale gli Stati adottano la forma di regolamentazione ritenuta più efficace» per attrarre investimenti, ma infine produttivi di una maggiore perdita per i sistemi di welfare;
    tra i diritti il più esposto, nella crisi, è indubbiamente, il diritto alla retribuzione, sia perché direttamente inciso da provvedimenti di politica economica e finanziaria, sia perché «collocato al centro di strategie di moderazione salariale, concordate fra le parti sociali», e nel contesto attuale con effetti recessivi particolarmente rilevanti considerando che i nuovi provvedimenti si inseriscono in un trend discendente del valore dei redditi da lavoro degli ultimi decenni che ha indubbiamente già realizzato vistose diseguaglianze;
    la pressione sui sistemi di relazioni industriali ottiene – in una generale condizione di debolezza delle forze sindacali – di assicurare alle imprese quei livelli di differenziazione regolativa e soprattutto di «flessibilità» salariale ritenuti necessari per la loro competitività nel mercato globale;
    in molti Paesi si afferma una decisa decentralizzazione della contrattazione collettiva, il cui asse si sposta dal livello settoriale/nazionale al livello aziendale, con l'obiettivo di offrire alle imprese maggiore flessibilità e procedere ad «aggiustamenti» delle condizioni di regolamentazione del mercato del lavoro. Non solo in Italia, ma anche in altri Paesi (Francia, Grecia) la contrattazione aziendale vede ampliarsi l'arco delle materie oggetto di regolamentazione specifica a livello d'impresa, assumendo potere derogatorio in peius sia con riguardo ai livelli superiori di contrattazione che alla stessa legge. In generale, è molto forte la tendenza a «orientare» la sfera dell'autonomia collettiva in direzione del riadeguamento degli standard di trattamento per sorreggere la competitività del sistema economico, con riforme che introducono vincoli diretti alla contrattazione (come nel settore pubblico) o norme «permissive» tese ad allentare le condizioni di uniformità ed eguaglianza delle condizioni di lavoro. Seppure la partecipazione sindacale non è esclusa, non si registrano oramai da tempo patti sociali per la concertazione o condivisione con le organizzazioni dei lavoratori delle politiche economiche e sociali;
    la Carta europea dei diritti fondamentali è purtroppo «diritto dell'Unione applicabile solo quando è applicabile il diritto comunitario e non già in tutti i casi di violazione di un diritto fondamentale rilevante per il diritto nazionale», sicché, in definitiva, le disposizioni della Carta non possono che rilevare quali «parametri di legittimità degli atti dell'Unione, degli atti nazionali che ai primi danno attuazione, nonché di quegli atti nazionali che, a giustificazione dell'introduzione di una deroga agli obblighi imposti dai Trattati, invocano l'esigenza di tutelare un diritto fondamentale», mentre «al di là di queste ipotesi, la Carta non vuole e non può essere applicata. Sta di fatto che l'accordo sull'adozione della Carta lo si è trovato proprio sul presupposto dell'esclusione dell'effetto diretto orizzontale, specialmente per quanto attiene alle disposizioni in materia sociale ed economica e che anche la nostra Corte costituzionale ha affermato l'applicabilità della Carta solo in presenza di una fattispecie di rilievo europeo;
    l'Europa sociale necessita dunque di un cambio di paradigma verso un modello sociale alternativo basato sulla solidarietà, l'integrazione, la giustizia sociale, l'equa distribuzione della ricchezza, l'uguaglianza di genere, sistemi di istruzione pubblica di elevata qualità, un'occupazione di qualità e una crescita sostenibile: un modello che assicuri l'uguaglianza Pag. 19e la protezione sociale, che consenta l'emancipazione dei gruppi vulnerabili, accresca la partecipazione e migliori gli standard di vita di tutti i cittadini. Indicatori sociali vincolanti nonché il rafforzamento dei sindacati e del dialogo sociale sono essenziali in tale contesto;
    l'Unione europea è chiaramente dotata di una dimensione sociale. Il coordinamento dei diritti in materia di sicurezza sociale per i lavoratori mobili, gli standard di salute e sicurezza sul posto di lavoro nonché le direttive sui diritti dei lavoratori rappresentano, tra l'altro, un acquis non trascurabile;
    qualsiasi tentativo di ridurre l'Unione europea alla sua pura dimensione economica o monetaria deve, pertanto, essere categoricamente respinto. Le questioni sociali non sono né un'appendice del mercato unico né un onere normativo;
    occorre adoperarsi per un'Unione sociale fondata su elevati standard comuni, che sostenga e guidi i sistemi sociali nazionali, adeguando al contempo l'elaborazione di politiche sociali a livello nazionale;
    la Carta europea dei diritti fondamentali è pur sempre «diritto dell'Unione applicabile solo quando è applicabile il diritto comunitario e non già in tutti i casi di violazione di un diritto fondamentale rilevante per il diritto nazionale», sicché, in definitiva, le disposizioni della Carta non possono che rilevare quali «parametri di legittimità degli atti dell'Unione, degli atti nazionali che ai primi danno attuazione, nonché di quegli atti nazionali che, a giustificazione dell'introduzione di una deroga agli obblighi imposti dai Trattati, invocano l'esigenza di tutelare un diritto fondamentale», mentre «al di là di queste ipotesi, la Carta non vuole e non può essere applicata. Sta di fatto che l'accordo sull'adozione della Carta lo si è trovato proprio sul presupposto dell'esclusione dell'effetto diretto orizzontale, specialmente per quanto attiene alle disposizioni in materia sociale ed economica e che anche la nostra Corte costituzionale ha affermato l'applicabilità della Carta solo in presenza di una fattispecie di rilievo europeo,
   esprimono una

VALUTAZIONE FAVOREVOLE

  a condizione che siano realizzate, per il tramite di concrete politiche attive, poste in essere da parte dei singoli Stati membri, le seguenti azioni:
   a) la promozione di un modello sociale europeo alternativo, che punti alla crescita sostenibile, a lavori di qualità e alla giustizia sociale;
   b) il rafforzamento della dimensione sociale dell'Unione economica e monetaria, indispensabile per superare la persistente crisi sociale e il lento processo di ripresa economica;
   c) la Commissione europea ha già riconosciuto che le politiche di austerità hanno aumentato le disuguaglianze, la povertà e la povertà sul lavoro negli Stati membri dell'Unione europea. Al tempo stesso la giustizia sociale sta venendo meno. Tuttavia, le disuguaglianze non sono né inevitabili né irreversibili e devono essere corrette mediante interventi politici a livello europeo e nazionale, non solo perché inique ma anche perché compromettono la crescita e riducono l'efficienza economica. Tenendo conto del fatto che in Europa il numero di persone a rischio di povertà è aumentato di sette milioni in seguito alla crisi, occorre un intervento urgente e più deciso e un coordinamento delle politiche per ridurre le disuguaglianze e promuovere le pari opportunità, per combattere la povertà, specialmente quella infantile, e per contrastare la disoccupazione. È essenziale che tutti i lavoratori siano tutelati in termini di diritti sociali e del lavoro e che posti di lavoro stabili a tempo pieno garantiscano agli europei condizioni di vita dignitose; in particolare, sarebbe necessario:Pag. 20
    1) semplificare il welfare comprendendo tra le misure da attuare il Reddito di cittadinanza, che oltre ad essere un Sussidio Universale per il contrasto alla povertà, rappresenta uno strumento di politica attiva del lavoro che assicura, in via principale e preminente, l'autonomia delle persone e la loro dignità, e non si riduce a una mera misura assistenzialistica contro la povertà essendo condizionato all'inserimento lavorativo, alla riqualificazione e alla ricerca attiva del lavoro. Le misure recentemente proposte dal precedente Governo italiano (il Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale) appaiono, infatti, insufficienti sia dal punto di vista sostanziale che dal punto dei vista dei soggetti potenzialmente interessati. Per dare reale efficacia la platea degli aventi diritto dovrebbe considerare come indicatore il numero di cittadini che vivono al di sotto della soglia di povertà relativa calcolata nei 6/10 del reddito mediano equivalente pro capite, come peraltro già previsto dal modello sociale europeo e indicato dalla risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010;
    2) garantire alle persone disabili l'assistenza di lunga durata, adeguando i costi alla situazione economica di ogni singolo beneficiario;
    3) introdurre il cosiddetto universal design, quale principio cardine di progettazione di spazi, edifici, oggetti, ambienti, accessibili a chiunque in tutta Europa;
    4) consentire anche alle persone disabili il diritto all'utilizzo di internet, mezzo ormai imprescindibile per molteplici attività quali la socializzazione, l'informazione, il lavoro o lo svago, incentivando la relativa formazione;
    5) l'introduzione di strumenti di contrasto a frodi, truffe e corruzione;
   d) affermare il riconoscimento universale dei diritti sociali, esigibili dal cittadino europeo, indipendentemente dalle relative condizioni economiche, promuovendo altresì lo sviluppo di sistemi di previdenza sociale e protezione sociale atte a migliorare la resistenza delle economie degli Stati membri in tempi di crisi. Grazie alla loro dimensione di stabilizzazione automatica, i sistemi previdenziali e le misure discrezionali ad hoc contribuiscono ad assorbire le onde d'urto sociali causate dalle recessioni. Inoltre, l'alta qualità dei sistemi di previdenza sociale e gli investimenti sociali sono fondamentali affinché l'Europa possa mantenere il proprio vantaggio competitivo principale, costituito da lavoratori altamente qualificati e imprese produttive;
   e) solidarietà nei confronti dei rifugiati, attraverso l'inclusione sociale e la pronta integrazione sul mercato del lavoro, caratterizzati da un approccio europeo comune e politiche coerenti al fine di affrontare sfide quali la carenza di risorse finanziarie, l'accesso al mercato del lavoro e alla protezione sociale, un sistema di tutela giuridica sostenibile per i lavoratori irregolari nonché l'individuazione e la repressione dello sfruttamento dei lavoratori migranti;
   f) la promozione delle pari opportunità per le future generazioni e l'attuazione di meccanismi volti a garantire che i cittadini abbiano i mezzi e i servizi necessari per poter crescere come individui produttivi all'interno delle nostre società, ponendo particolare attenzione ai disabili e alle donne, anche nel rispetto della Convenzione ONU per i diritti delle persone disabili e della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne;
   g) la qualità dei posti di lavoro che si ripercuote direttamente sulla produttività lavorativa e sulla resilienza del mercato del lavoro, caratterizzata da elementi quali salari dignitosi, sicurezza del posto di lavoro, accesso all'istruzione e alla formazione permanente, salute e sicurezza sul posto di lavoro, giusto equilibrio tra intensità e autonomia del lavoro, partecipazione ed emancipazione dei lavoratori nonché corretto equilibrio tra vita privata e lavorativa, anche al fine di eliminare la segmentazione del mercato del lavoro, comprese le trappole dei salari bassi e Pag. 21dell'impiego part-time, del precariato e dell'esclusione sociale. Al riguardo si rivelano imprescindibili alcune decisioni, quali:
    1) regolare il mercato del lavoro puntando su redistribuzione e innovazione, ossia su un'idea diversa di stimolo alla domanda e non sulla svalutazione competitiva di lavoro e diritti. Sarebbe di vitale importanza rivedere la legislazione italiana sul lavoro degli ultimi quindici anni, dal momento che le scelte del precedente governo, in punto di tipologie contrattuali, non risolvono il problema della disoccupazione, soprattutto se si guarda ai sopra citati dati macroeconomici;
    2) ridefinire i criteri attinenti la fattispecie di «lavoratore occupato», favorendo la modifica degli standard fissati dall'Organizzazione internazionale del lavoro, nonché dai regolamenti del Consiglio e della Commissione europei, ai fini del rilevamento dei dati degli occupati, escludendo dalla definizione di «occupato» il lavoratore impiegato o addetto a prestazioni lavorative accessorie o meramente occasionali, in particolare se percettore di voucher;
    3) favorire una maggiore trasparenza circa la gestione delle risorse europee destinate alle politiche per l'occupazione e la formazione e implementare, a livello nazionale, apposite misure di responsabilizzazione degli enti locali, anzitutto le Regioni, per l'impiego efficace di tali risorse attraverso misure premiali o sanzionatorie, con un meccanismo che preveda l'istituzione di un registro della trasparenza, sul quale vengano annotati non solo le iniziative realizzate con i fondi strutturali, peraltro raccolte, aggiornate periodicamente e pubblicizzate sul sito Open Coesione, ma anche i dati relativi alla quantificazione e alla qualità in termini occupazionali a livello territoriale;
   h) la tutela dei diritti fondamentali sociali e del lavoro, attraverso l'impegno per la difesa e la promozione dei diritti dei lavoratori e per il miglioramento delle condizioni di lavoro, dell'uguaglianza e la non discriminazione sul luogo di lavoro, promuovendo il dialogo sociale e il diritto alla contrattazione collettiva, il diritto all'informazione e alla consultazione dei lavoratori e il diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque. Si ritiene importante attuare nel ns. Paese interventi di tipo normativo, prevedenti, in particolare l'aumento del tasso di occupazione femminile, e conseguentemente il suo allineamento all'obiettivo di Lisbona (60 per cento, rispetto all'attuale 46 per cento), procedendo eventualmente alla detassazione selettiva dei redditi di lavoro femminile, in particolare nelle regioni del Sud, dove il tasso di occupazione femminile è più basso;
   i) la conciliazione vita – lavoro, attraverso la promozione del telelavoro, dello smart working e del co-working;
   l) sicurezza sul posto di lavoro;
   m) diritto alla libera circolazione di cittadini e lavoratori, attraverso l'eliminazione di fenomeni quali il dumping sociale, la discriminazione e lo sfruttamento dei lavoratori;
   n) parità di retribuzione a parità di lavoro nello stesso posto, a prescindere dal contratto, allo scopo di conciliare la protezione sociale e la mobilità equa in Europa;
   o) maggiori investimenti nei paesi di provenienza dei lavoratori e mediante misure a sostegno della migrazione circolare;
   p) parità di trattamento per i cittadini di paesi terzi, fondamentale sia al fine di affrontare la questione della non discriminazione e integrazione dei lavoratori migranti, sia per evitare il dumping sociale. Più breve è il permesso di soggiorno e di lavoro, minori sono le possibilità che i migranti vedano riconosciuti e rispettati i loro diritti e che non avvenga il dumping sociale. La vulnerabilità dei migranti nel mercato del lavoro deve essere ridotta, specialmente quando è legata a permessi di soggiorno/lavoro precari a breve termine. Tutti gli strumenti giuridici dell'Unione Pag. 22europea esistenti e futuri nel settore della migrazione devono essere meglio coordinati e dovrebbero attuare il principio della parità di trattamento in modo coerente. Gli accordi commerciali tra l'Unione europea e i Paesi terzi, che comprendono programmi di migrazione temporanea per lavoro oppure programmi per la circolazione di persone fisiche, devono consentire l'effettiva attuazione del principio della parità di trattamento, subordinando la mobilità transfrontaliera alla parità di trattamento in termini di salari e condizioni di lavoro; inoltre, il settore dei trasporti necessita di risposte adeguate al vuoto giuridico creato da bandiere di comodo e società di comodo, generando una situazione estrema di dumping sociale. In questo modo, i lavoratori sono soggetti alla normativa più conveniente per i datori di lavoro, spesso avulsa dal diritto dell'Unione europea, a prescindere da dove si trovi l'azienda;
   q) politiche sociali e occupazionali al passo con la digitalizzazione dei mercati del lavoro; la rivoluzione digitale sta cambiando radicalmente il mondo del lavoro e questa tendenza aumenterà in futuro. Finora, la strategia del mercato unico digitale della Commissione si è purtroppo limitata a considerazioni tecniche, ignorando la rivoluzione digitale quale propulsore di nuove forme di vita e di lavoro. Per colmare tale lacuna, l'agenda digitale deve diventare un'agenda digitale sociale che vada al di là degli aspetti tecnici e sfrutti pienamente le relative potenzialità di occupazione e di crescita. La rivoluzione digitale è una medaglia con due facce. Da un lato, vi sono gli effetti positivi della digitalizzazione relativi alle nuove tipologie di occupazione che offrono, ad esempio, un miglior equilibrio vita-lavoro oppure un reddito aggiuntivo. Esistono anche nuove opportunità connesse alla digitalizzazione che contribuiscono alla lotta contro la disoccupazione e l'esclusione sociale, consentendo ai più anziani di lavorare fino al raggiungimento dell'età pensionabile obbligatoria, oppure raggiungendo persone con disabilità o residenti in zone rurali. Dall'altro lato, le nuove modalità di lavoro, quali il crowdsourcing e crowdworking, possono compromettere gli standard sociali e occupazionali e dar vita a forme precarie di occupazione. Al contempo, la rivoluzione digitale comporta delle sfide relative alla protezione dei dati dei lavoratori, alla partecipazione dei lavoratori agli accordi collettivi, alla riscossione di contributi sociali e fiscali in un'economia collaborativa nonché esigenze in termini di competenze e apprendimento permanente. L'Europa deve affrontare queste sfide e approfittare delle relative opportunità al fine di plasmare l'Europa della rivoluzione digitale in maniera socialmente giusta e sostenibile. Un'Europa digitale forte deve concentrarsi sulle persone e adottare una strategia sociale globale che deve essere discussa da tutte le parti interessate. Sono essenziali l'accesso e la partecipazione a tutti gli aspetti dell'economia digitale da parte di tutti i cittadini, compresi i soggetti con esigenze speciali, gli anziani, le minoranze e i cittadini che appartengono ad altri gruppi vulnerabili;
   r) tutela del lavoratore autonomo, attraverso la creazione di un regime fiscale agevolato unitamente ad un regime previdenziale calibrato, anche al fine di stimolare l'apertura di nuove partite IVA;
   s) la creazione o l'individuazione di indicatori per misurare, per ogni settore e per ogni Paese, il grado di adempimento dei vari principi che andranno a costituire il pilastro sociale con relativo studio comparativo annuale e relativa relazione, pubblicati online e quindi contestuale creazione di una modalità di raccolta dei dati da parte di ciascun Paese, ovviamente omogenea e standardizzata per tutti per facilitare l'elaborazione successiva dei dati;

  e formulano le seguenti considerazioni:
   valuti la Commissione europea l'importanza di rivedere le disposizioni contenute nell'articolo 153 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a partire dalla riserva di competenza degli Stati in materie cruciali e dal riconoscimento, nell'ambito della potestà regolativa Pag. 23dell'Unione europea, di un potere limitato ad anacronistiche «prescrizioni minime applicabili progressivamente» (articolo 153, paragrafo 2, lettera b));
   provveda altresì la Commissione europea a individuare nella garanzia dei diritti sociali una base giuridica di ordine costituzionale, così da procedere alla definizione di un modello sociale europeo «contraddistinto da un legame indissociabile tra prestazione economica e progresso sociale», autonomo rispetto alle politiche di alleati anche potenti o ai condizionamenti degli organismi finanziari sovranazionali. Com’è avvenuto per i diritti più classici, nei cui confronti le tradizioni costituzionali degli Stati membri sono stati elevati a principi generali dell'ordinamento comunitario, così si dovrebbe auspicare che ciò possa accadere per i diritti sociali, la cui protezione rinverrebbe nella tradizione tutta europea della solidarietà sociale e, più esplicitamente, anche nella predicabilità di «doveri comunitari», un formidabile fattore incentivante;
   consideri la Commissione europea l'importanza di elevare, a livello di diritto originario dell'Unione europea la Carta di Nizza, in modo tale da permettere alla Corte di giustizia europea di disporre degli strumenti giuridici per effettuare i bilanciamenti necessari tra competitività mondiale dell'Unione europea e livello qualitativo della vita di tutti i suoi cittadini degli Stati membri, evitando, tra l'altro, l'elaborazione di parametri maggiormente disputabili.

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ALLEGATO 3

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali» e relativo allegato «Prima stesura del pilastro dei diritti sociali». COM(2016) 127 final e COM(2016) 127 final – Annex 1.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI DOCUMENTO FINALE DEI DEPUTATI NICCHI, AIRAUDO, PLACIDO, MARTELLI E GREGORI.

  Le Commissioni riunite XI (Lavoro pubblico e privato) e XII (Affari sociali),
   esaminati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali» e il relativo allegato «Prima stesura del pilastro dei diritti sociali (COM(2016)127 final e COM(2016)127 final – Annex 1)»;
   apprezzato il metodo seguito dalla Commissione europea di avviare una ampia consultazione che ha visto il coinvolgimento in Europa delle associazioni, dei sindacati, degli enti locali e delle istituzioni parlamentari al fine di giungere ad un effettivo e condiviso Pilastro europeo dei diritti sociali che rappresenti una inversione di tendenza delle politiche attivate dai Paesi membri in materia sociale che sono risultate insufficienti o e che hanno prodotto riduzione dei servizi di welfare e ulteriore precarizzazione del lavoro con una evidente lesione dei diritti dei lavoratori;
   premesso che:
    l'8 marzo 2016, la Commissione Europea ha adottato una Comunicazione al Parlamento, al Consiglio e al Comitato economico e sociale relativa all'avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali. La Comunicazione contiene un documento breve (documento COM(2016) 127) e un allegato recante la «prima stesura del pilastro dei diritti sociali»;
    in questo modo si è avviata la consultazione europea, la cui conclusione è prevista per il 31 dicembre 2016;
    la Commissione europea con la Comunicazione ha inteso presentare un documento giuridico che stabilisca principi e valori chiave. Questo dovrebbe fungere da quadro di riferimento per esaminare le performance occupazionali e sociali degli Stati membri;
    dal testo della Comunicazione non appare esplicitato o chiarito se il «Pilastro europeo dei diritti sociali» sia vincolante per le Istituzioni europee;
    al di là della necessità di un amplissimo coinvolgimento delle istituzioni e delle parti sociali che deve essere alla base di un documento di tale rilevanza, deve essere chiarita la portata del «pilastro europeo dei diritti sociali « ed è del tutto evidente che, qualora, come scritto nella Comunicazione, si intende limitarlo alla sola eurozona, si riperpetuerebbe una idea di «Unione europea sociale» basata su due velocità, così come è avvenuto per la parte economica;
    già risulta inaccettabile una doppia velocità in materia economica che profondi guasti ha prodotto, ancora più inaccettabile Pag. 25sarebbe la doppia velocità in materia sociale tra i diversi Stati aderenti all'Unione Europea;
    il «pilastro europeo dei diritti sociali» è tale se integra i diritti sociali esistenti, anzi ampliandoli e rendendoli esigibili da tutti i cittadini europei senza differenze, i cittadini sono più importanti delle merci e, se le merci vengono tutelate, non è ammissibile che questo non avvenga in materia di diritti sociali;
    è quindi indispensabile che il «pilastro europeo dei diritti sociali» preveda principi essenziali e sia un riferimento anche di politiche sociali che devono costituire un patrimonio comune degli Stati membri per l'attuazione di politiche occupazionali e sociali;
    in tale contesto si rileva la criticità relativa al fatto che la Comunicazione della Commissione non fa alcun riferimento all'articolo 151, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea ovvero alla armonizzazione verso l'alto, ma si limita ad affermare la necessità di una maggiore convergenza;
    una politica sociale europea all'altezza delle sfide deve basarsi sull'investimento in capitale umano fondato sulle pari di opportunità, sulla prevenzione dei rischi sociali e la protezione da essi, sull'esistenza di reti di sicurezza efficaci e di incentivi per l'accesso al mercato del lavoro, sull'ampliamento dei diritti dei lavoratori, sull'abbandono di politiche di precarizzazione del lavoro, sul diritto alla salute, mettendo in grado la popolazione di vivere dignitosamente, di consentire a tutte e tutti di passare ad un diverso status personale e professionale nel corso della vita e di sfruttare al massimo le proprie capacità;
    la proposta della Commissione di un «Pilastro europeo dei diritti sociali» rappresenta un obiettivo condivisibile se il risultato finale è quello di fissare principi essenziali da garantire in tutti i Paesi aderenti all'Unione europea al fine di promuovere: un vero mercato del lavoro, sistemi di protezione sociale efficaci, funzionanti ed equi, tenuto conto della necessità che tali principi devono essere obbligatoriamente applicati in tutti i Paesi, evitando poteri di discrezionalità attuativa di tali principi, il cui risultato sarebbe quello di discriminare i cittadini a secondo della loro residenza;
    il Pilastro europeo dei diritti sociali deve fungere da bussola per una rinnovata convergenza economica e sociale nella zona euro, tenuto conto dei rilevanti divari di sviluppo che si sono creati tra i diversi Paesi che aderiscono all'euro a causa della crisi economica e finanziaria nonché delle politiche economiche e monetarie attuate;
    senza una decisa, efficace e concreta discontinuità con le politiche sociali e del lavoro che hanno permeato i Paesi europei non può esserci un Pilastro europeo dei diritti sociali comune che affronti efficacemente le rilevanti questioni sociali che attraversano i singoli Stati e l'Unione europea tutta;
    in particolare nella Comunicazione, oggetto del presente documento, si afferma il diritto ad un reddito minimo e questo ha una sua positività ma non viene posto in essere un vincolo giuridico per stabilire a livello europeo un reddito minimo. Se la volontà è di andare in questa direzione allora occorre definire questo diritto e renderlo effettivo per tutti gli Stati aderenti come misura fondamentale di lotta all'esclusione sociale;
    nella Comunicazione della Commissione europea si parla di diritto di informazione e consultazione di tutti i lavoratori ma sembra che questo sia slegato dal pieno coinvolgimento dei sindacati, non espressamente citati, come se si intendesse procedere verso il riconoscimento di un diritto individuale all'informazione o la nomina di rappresentanti, non necessariamente legati ai sindacati;
    infine, non si stabilisce un diritto di contrattazione collettiva, ma si legge un «incoraggiamento» alle parti sociali a concludere accordi collettivi negli ambiti Pag. 26di loro interesse, nel rispetto delle tradizioni nazionali, della loro autonomia e del diritto all'azione collettiva, ma tale incoraggiamento non andrebbe solo diretto alle parti sociali ma agli Stati e ai loro Esecutivi tenuto conto ad esempio di quello che succede in Italia con il blocco della contrattazione prevista per legge da anni rispetto al pubblico impiego che solo nel 2017 sembra che possa avviarsi ma ancora con stanziamenti largamente insufficienti;
    la prima stesura del pilastro europeo dei diritti sociali, oggetto della consultazione europea rappresenta, almeno nei suoi punti essenziali, diritti sociali fondamentali di ciascuno cittadino dall'istruzione al lavoro, dalle pensioni alla sanità, ed in particolare si suddivide in tre settori:
  I: Pari opportunità e accesso al mercato del lavoro
   1. Competenze, istruzione e apprendimento permanente; 2. Contratti di lavoro flessibili e sicuri; 3. Cambiamenti di professione in sicurezza; 4. Sostegno attivo all'occupazione; 5. Parità di genere ed equilibrio tra vita professionale e vita familiare; 6. Pari opportunità;
  II: Condizioni di lavoro eque
   7. Condizioni di impiego; 8. Retribuzioni; 9. Salute e sicurezza sul luogo di lavoro; 10. Dialogo sociale e coinvolgimento dei lavoratori;
  III: Protezione sociale adeguata e sostenibile
   11. Prestazioni e servizi sociali integrati; 12. Assistenza sanitaria e prestazioni di malattia; 13. Pensioni; 14. Prestazioni di disoccupazione; 15. Reddito minimo; 16. Prestazioni di invalidità; 17. Assistenza di lunga durata; 18. Assistenza all'infanzia; 19. Alloggi; 20. Accesso ai servizi essenziali.
   esprimono una valutazione prevalentemente favorevole sulla Comunicazione della Commissione europea, impegnando il Governo in tutte le sedi europee e a livello nazionale a sostenere, garantire ed attuare le seguenti condizioni:
    a) chiarire la portata del Pilastro europeo dei diritti sociali che non può essere limitata alla sola eurozona, riperpetuando una idea di «Unione europea sociale» basata su due velocità, da qui la necessità che il Pilastro europeo dei diritti sociali sia il riferimento per tutti i Paesi aderenti all'Unione europea;
    b) il Pilastro europeo dei diritti sociali deve riferirsi all'articolo 151, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ovvero alla armonizzazione verso l'alto, e non limitarsi alla sola necessità di una maggiore convergenza degli Stati;
    c) il Pilastro europeo dei diritti sociali deve fissare principi essenziali di riferimento da garantire in tutti Paesi aderenti all'Unione europea al fine di promuovere un vero mercato del lavoro, sistemi di protezione sociale efficaci ed equi, a tal fine è necessario che tali principi siano obbligatoriamente applicati in tutti i Paesi evitando poteri di discrezionalità attuativa di tali principi il cui risultato sarebbe quello di discriminare i cittadini a secondo della loro residenza;
    d) attivare e sostenere tutte le iniziative, anche di carattere normativo, necessarie affinché il Pilastro europeo dei diritti sociali rappresenti una efficace e concreta discontinuità con le politiche sociali e del lavoro e sociali che hanno permeato i Paesi europei;
    e) sostenere con adeguate azioni e programmi, anche di carattere normativo, che il diritto ad un reddito minimo, definito sulla base di un adeguato vincolo giuridico, sia istituito a livello europeo in maniera omogenea, ove non ancora previsto, in modo da renderlo effettivo per tutti gli Stati aderenti come misura fondamentale di lotta all'esclusione sociale;
    f) sancire anche attraverso il Pilastro europeo dei diritti sociali, il diritto di contrattazione collettiva, superando l'attuale Pag. 27proposta di «incoraggiamento» alle parti sociali a concludere accordi collettivi negli ambiti di loro interesse, nel rispetto delle tradizioni nazionali, della loro autonomia e del diritto all'azione collettiva, ma tale incoraggiamento non andrebbe solo diretto alle parti sociali ma agli Stati e ai loro Esecutivi tenuto conto, ad esempio, di quello che succede in Italia con il blocco della contrattazione prevista per legge da anni rispetto al pubblico impiego che solo nel 2017 sembra che possa avviarsi ma ancora con stanziamenti largamente insufficienti;
    g) garantire un tenore di vita dignitoso per tutti, prioritariamente per i disoccupati, gli anziani e le persone disabili;
    h) prevedere e garantire che i principi del Pilastro europeo dei diritti sociali non siano subordinati agli interessi economici, o alle compatibilità di bilancio;
    i) sostenere attraverso l'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali la riforma della governance economica europea con l'inclusione di una forte dimensione sociale che dia ai diritti sociali la stessa importanza data ai parametri economici;
    l) tenuto conto dei principi stabiliti dal pilastro europeo dei diritti sociali, sostenere politiche attive per promuovere la piena occupazione delle donne;
    m) garantire uniformemente a livello nazionale una infrastrutturazione sociale rispondente alle reali necessità a livello dei migliori standard europei che consenta percorsi di prevenzione, di accompagnamento, di integrazione relativi ad ambiti di notevole impatto per la vita dei cittadini rivolti a soddisfare un insieme di bisogni collettivi e di sicurezza sociale;
    n) riguardo alla disabilità e ai servizi di assistenza di lunga durata, prevedere l'erogazione gratuita dei servizi alla persona per le fasce più povere della popolazione, ritenendo non sufficiente il solo riferimento al principio di fornire l'accesso a servizi di assistenza a lungo termine non eccessivamente costosi, e rafforzare l'erogazione dei suddetti servizi di assistenza assicurandone l'accesso in modi finanziariamente sostenibili;
    o) riguardo l'assistenza sanitaria e le prestazioni di malattia, è indispensabile garantire l'universalità e l'equità nell'accesso alle cure e nel diritto alla salute;
    p) intraprendere tutte le idonee iniziative – anche attraverso la concorrenza dei farmaci generici, accordi di licenza, negoziazione dei prezzi – volte a garantire a tutti pazienti che ne hanno bisogno, l'accesso ai farmaci salvavita per l'epatite C, a superare le attuali barriere economiche che ne ostacolano l'accesso, nonché prevedendo a tal fine che gli Stati membri – per proteggere la salute pubblica – si attivino per poter derogare alla protezione brevettuale attraverso la licenza obbligatoria, come previsto dell'articolo 31 dell'accordo Trade related aspects of intellectual property rights (TRIPs), adottato a Marrakech il 15 aprile 1994.

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ALLEGATO 4

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali» e relativo allegato «Prima stesura del pilastro dei diritti sociali». COM(2016) 127 final e COM(2016) 127 final – Annex 1.

DOCUMENTO FINALE APPROVATO DALLE COMMISSIONI

  Le Commissioni riunite XI (Lavoro pubblico e privato) e XII (Affari sociali),
   esaminati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali» e il relativo allegato «Prima stesura del pilastro dei diritti sociali (COM(2016)127 final e COM(2016)127 final – Annex 1)»;
   valutati i contributi trasmessi dalle parti sociali in relazione ai contenuti della Comunicazione e del relativo allegato;
   premesso che:
    la crisi economico-finanziaria, esplosa nel 2007, ha prodotto effetti particolarmente gravi e duraturi in Europa, e in particolare in quasi tutti i Paesi dell'area dell'euro, già provati dall'impatto della globalizzazione e dalla accelerazione delle dinamiche concorrenziali delle cosiddette economie emergenti;
    la portata e l'intensità dei cambiamenti in atto in Europa sul piano economico, sociale e demografico rende più difficile fare previsioni attendibili sugli esiti dei processi evolutivi e impone comunque un aggiornamento dei paradigmi interpretativi e delle politiche sino ad ora poste in essere. Ciò vale, in particolare, per quanto concerne l'impatto di fenomeni come l'invecchiamento della popolazione e il conseguente aumento della domanda di servizi sanitari e assistenziali, l'aumento dei flussi migratori, la scomparsa di alcune tipologie di attività lavorative e l'emersione di nuove figure professionali correlate ai progressi tecnologici, le difficoltà del sistema di istruzione e formazione ad aggiornarsi e adeguarsi alle esigenze del mondo del lavoro, la diffusione di occupazioni precarie e a tempo determinato;
    il combinato disposto della crisi economica e della globalizzazione ha innescato dinamiche recessive dalle quali molti Paesi europei, specie dell'area dell'euro, faticano ad uscire e ha aggravato i divari tra i diversi Stati membri, allo stesso tempo accentuando le diseguaglianze all'interno di ciascuno di essi, nonché ampliando l'area della precarietà e del disagio sociale;
    particolarmente allarmante è l'andamento dei dati relativi alla quota di popolazione a rischio povertà: nonostante la sua riduzione costituisse uno degli obiettivi prioritari della Strategia Europa 2020, tale quota è infatti rimasta sostanzialmente invariata nell'Unione europea (23,7 per cento), è aumentata di un punto percentuale nell'area dell'euro (dal 22 al 23 per cento) e in modo ancora più rilevante in Italia;
    uno degli effetti più gravi della crisi economico-finanziaria, infatti, è costituito dal drastico aumento della percentuale di disoccupati rispetto ai livelli pre-crisi, fatta Pag. 29eccezione per la Germania e per pochi altri Paesi membri;
    dopo il picco negativo raggiunto nel 2013, il tasso di disoccupazione sta parzialmente regredendo, ma la situazione rimane critica: secondo gli ultimi dati Eurostat, la media registrata nei Paesi dell'Unione europea si colloca ancora attorno al 10 per cento, mentre valori più elevati si registrano in Spagna, Italia, Portogallo e Grecia;
    la crisi occupazionale ha colpito in particolare la popolazione giovanile: nel 2013, il 23,4 per cento dei giovani dell'Unione europea risultava disoccupato, con picchi significativi in Grecia (58,3 per cento), Spagna (55,5 per cento), Italia (40 per cento) e Portogallo (32 per cento);
    in tale ambito, merita di essere oggetto di particolare attenzione la categoria dei giovani che non sono coinvolti in alcuna attività lavorativa né seguono un percorso di studi o di formazione (NEET), che rischiano di perdere contatto in modo duraturo con il mondo del lavoro;
    assai preoccupante è anche l'andamento della disoccupazione di lunga durata: nell'area dell'euro, tra il 2007 e il 2015, la percentuale è quasi raddoppiata (passando dal 3,2 al 5,5 per cento) mentre una crescita più elevata si è registrata in Italia, in Portogallo e, in modo ancor più pronunciato, in Spagna e in Grecia;
    in assenza di meccanismi di stabilizzazione comuni nell'ambito dell'Unione europea, gli Stati membri hanno dovuto far fronte alle gravi conseguenze sociali della crisi essenzialmente attraverso strumenti di carattere nazionale, in un contesto nel quale, tuttavia, le regole imposte dall'adesione all'Unione economica e monetaria imponevano loro l'adozione di politiche di riduzione delle spese, amplificando in questo modo gli effetti della crisi;
    appare preoccupante la tendenza, rilevata dall'Organizzazione internazionale del lavoro nel suo studio «Building a social pillar for European convergence», ad un ampliamento delle divergenze tra gli Stati membri negli ultimi anni o ad una convergenza verso situazioni sociali non desiderabili, quale, ad esempio, l'incremento delle diseguaglianze nella distribuzione dei redditi;
    per far fronte a tale difficile situazione, le Istituzioni europee, anche grazie alle insistenti sollecitazione di alcuni Paesi membri, tra cui l'Italia, si sono mosse nella direzione dell'adozione di una serie di misure dirette a mitigare gli effetti della crisi; in particolare, l'introduzione della «Garanzia giovani» e del connesso strumento finanziario «Iniziativa per l'occupazione giovanile» (con una dotazione complessiva di 6,4 miliardi di euro per il periodo 2014-2020) ha prodotto risultati che la Commissione europea valuta parzialmente soddisfacenti per quanto concerne il miglioramento della formazione e la riduzione del numero dei NEET;
    il presidente della Commissione Juncker, sin dal momento dell'indicazione degli orientamenti politici per la Commissione europea, nel documento «Un nuovo inizio per l'Europa: il mio programma per l'occupazione, la crescita, l'equità e il cambiamento democratico» ha indicato per l'Europa l'obiettivo di conseguire un «tripla A» sociale, accanto a quella in campo economico-finanziario;
    analogo obiettivo è stato indicato nell'ambito della relazione «Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa», evidenziando che «per il successo dell'UEM occorre che i mercati del lavoro e i sistemi di protezione sociale funzionino correttamente e in modo equo in tutti gli Stati membri della zona euro»;
    anche sulla base degli esiti prodotti dalle iniziative richiamate, la Commissione europea ha lanciato la proposta per l'istituzione di un vero e proprio pilastro europeo dei diritti sociali;
    tale proposta merita apprezzamento per la portata innovativa della Comunicazione in esame, che intende affrontare tematiche particolarmente rilevanti, che attengono alle caratteristiche essenziali Pag. 30della stessa Unione europea, con un approccio organico e coerente, prendendo contestualmente in considerazione le diverse dimensioni della realtà economica e sociale, in primo luogo attraverso una valutazione dello stato di concreta attuazione dell’acquis sociale all'interno dell'Unione europea, per proseguire con un'analisi sui nuovi sviluppi dell'organizzazione del lavoro e delle società derivanti dagli effetti delle nuove tecnologie e dalle tendenze demografiche;
    in mancanza della definizione di una cornice comune di diritti sociali per gli Stati membri dell'Unione europea, che definisca i contenuti condivisi di un modello sociale europeo, verso il quale dovrebbero convergere i diversi Paesi, è concreto il rischio che si alimentino dinamiche che producono una distruttiva concorrenza al ribasso all'interno dell'Unione;
    merita, in particolare, apprezzamento l'approccio adottato dalla Commissione europea che, proprio in considerazione del rilievo delle questioni trattate, che toccano interessi vitali di larga parte dei cittadini europei, ha avviato un'ampia consultazione, rivolta a tutte le parti sociali interessate, per acquisire utili elementi di valutazione e proposte integrative o correttive;
    appare altresì condivisibile la priorità accordata, nell'ambito della Comunicazione in esame, agli obiettivi di garantire pari opportunità nell'accesso al mercato del lavoro e nel trattamento dei lavoratori; lo sviluppo delle competenze e l'apprendimento permanente; eque condizioni di lavoro e un'equilibrata composizione dei diritti e degli obblighi dei lavoratori e dei datori di lavoro, come pure tra flessibilità e sicurezza; la garanzia di una protezione sociale adeguata e sostenibile che assicuri a tutti l'accesso ai servizi essenziali;
    il carattere sintetico delle proposizioni contenute nell'allegato recante la «Prima stesura del pilastro dei diritti sociali» si giustifica, in questa fase preliminare, sulla base della considerazione che si tratta del punto di avvio per la consultazione, destinato ad arricchirsi e a completarsi all'esito della consultazione stessa;
    il pilastro europeo dei diritti sociali, nella sua stesura definitiva da elaborare, al termine della consultazione, nella primavera del 2017, dovrebbe diventare il quadro di riferimento per vagliare la situazione occupazionale e sociale degli Stati membri partecipanti e orientare una rinnovata convergenza all'interno dell'area dell'euro, temperando i vincoli stringenti in materia di finanza pubblica;
    la discussione in ordine all'individuazione di diritti sociali da garantire nei diversi Paesi dell'area dell'euro e, più in generale, dell'Unione europea sollecita una riflessione più ampia sulle priorità delle politiche messe in campo a livello europeo che, negli anni della crisi, si sono concentrate essenzialmente sugli aspetti attinenti all'equilibrio delle finanze pubbliche;
    la scelta di promuovere l'individuazione di un minimo comune denominatore per i diritti e le politiche sociali nell'area dell'euro, anche in vista della costruzione di un unico sistema di garanzie, richiede infatti che gli Stati membri abbiano sufficiente spazio di manovra, sul piano delle politiche di bilancio, per adottare le necessarie misure integrative e correttive, se non si vuole procedere nella direzione di un appiattimento verso il basso delle tutele;
    l'agenda sociale europea enfatizza il contributo positivo che gli investimenti nel welfare, soprattutto nei servizi, danno alla crescita economica e alla partecipazione attiva al mercato del lavoro. I vincoli di bilancio crescenti e le misure di risanamento finanziario impediscono tuttavia di agire attraverso la leva della spesa pubblica per investimenti volti a creare nuova occupazione e a sostenere la crescita. A questo fine si rende necessario che le politiche volte al rafforzamento delle garanzie dei diritti sociali trovino adeguato supporto anche a valere su risorse messe a disposizione dal bilancio dell'Unione europea, in particolare con la programmazione Pag. 31dei fondi strutturali e di investimento per il periodo 2014-2020 e con il cosiddetto Piano Juncker;
   rilevata la necessità che il presente documento finale sia trasmesso tempestivamente alla Commissione europea, nell'ambito del cosiddetto dialogo politico, nonché al Parlamento europeo e al Consiglio,
   esprimono una

VALUTAZIONE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   a) l'importanza dei temi trattati e l'interesse che essi rivestono per la quasi totalità dei cittadini europei richiede un impegno serio e coerente da parte delle Istituzioni europee e degli Stati membri affinché il pilastro europeo dei diritti sociali non si riduca a mere enunciazioni di principio prive di conseguenze di carattere giuridico;
   b) i principi affermati nel pilastro dovrebbero essere configurati, a seconda dei casi, come obiettivi da raggiungere o standard da garantire, introducendo meccanismi correttivi in caso di scostamenti significativi da parte degli Stati membri;
   c) a tal fine è indispensabile che quanto prima sia definito un cronoprogramma che indichi puntualmente le iniziative che la Commissione europea intende proporre con la specificazione delle misure concrete e delle risorse finanziarie che saranno messe a disposizione allo scopo;
   d) ferme restando le competenze prioritarie degli Stati membri sulle materie oggetto della Comunicazione, il raggiungimento degli obiettivi prospettati non può prescindere da un adeguato supporto agli sforzi che i medesimi Stati membri saranno chiamati a compiere attraverso necessarie misure normative e opportuni sostegni finanziari da parte dell'Unione europea, posto che i Paesi in cui le criticità sono maggiori dispongono di minori spazi di manovra sul piano finanziario a causa degli stringenti vincoli di bilancio;
   e) in particolare, appare necessario che taluni parametri e indicatori sociali, quali la riduzione della percentuale di popolazione a rischio di povertà e del tasso di disoccupazione, ovvero il miglioramento delle competenze e lo sviluppo della formazione e dell'istruzione, acquisiscano, nell'ambito della procedura del Semestre europeo, valore vincolante al pari degli obiettivi di finanza pubblica; anche a tal fine, è possibile ipotizzare, su un piano generale, la definizione di indicatori per misurare, per ogni settore e per ogni Paese il grado di adempimento dei vari principi che andranno a costituire il pilastro sociale;
   f) per le medesime ragioni, appare necessario che tutte le misure e le iniziative più rilevanti adottate a livello europeo, in grado di incidere sulle grandezze macroeconomiche, siano valutate facendo sistematicamente riferimento al loro impatto potenziale sul piano sociale;
   g) in questo quadro, dovrebbe valutarsi in primo luogo la possibilità di riservare un particolare trattamento, in sede di applicazione dei parametri del patto di stabilità e crescita e di valutazione dei disavanzi pubblici, agli investimenti di carattere sociale, tenendo conto anche dei positivi effetti che essi possono produrre sulla crescita economica. La spesa in favore del welfare non dovrebbe essere considerata solo sotto il profilo delle compatibilità finanziarie, ma anche rispetto al contributo positivo che essa può dare alla creazione di nuova occupazione e alla crescita. Al fine di rilanciare un'agenda sociale per la crescita, occorre individuare ambiti di investimento in cui far valere una golden rule per la mobilitazione della spesa, anche con l'obiettivo di sostenere la crescita dell'occupazione femminile, con particolare riferimento agli investimenti nei settori dell'infanzia, della non autosufficienza e dell'integrazione socio-sanitaria, ambiti nei quali l'occupazione è destinata Pag. 32a crescere nei prossimi anni per effetto delle grandi trasformazioni demografiche e dei nuovi bisogni di conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro, come ribadito dalla stessa Commissione europea, da ultimo con il lancio del Social Investment Package del 2013. Per evitare che questa crescita occupazionale si risolva in una corsa al ribasso di standard sociali e salariali, occorre mobilitare risorse pubbliche e private per investimenti che devono tornare a conciliare gli obiettivi della crescita e della coesione sociale;
   h) siano intraprese, in particolare, azioni volte a garantire alle persone con disabilità un'assistenza di lunga durata, adeguando i costi alla situazione economica dei singoli beneficiari delle prestazioni e assicurando loro il diritto all'utilizzo di internet, mezzo ormai imprescindibile per la socializzazione, l'informazione, il lavoro e lo svago, incentivando la relativa formazione;
   i) si rende necessario, inoltre, promuovere la solidarietà nei confronti dei rifugiati e dei migranti assicurando loro l'inclusione sociale e la pronta integrazione nel mercato del lavoro, attraverso un approccio europeo comune e politiche coerenti a livello nazionale, che, superando l'attuale carenza di risorse finanziarie, favorisca il loro accesso al mercato del lavoro e alla protezione sociale, individui un sistema di tutele giuridiche sostenibili per i lavoratori irregolari e rafforzi l'individuazione e la repressione dello sfruttamento dei lavoratori migranti;
   l) a livello europeo è inoltre necessario rafforzare gli strumenti a disposizione per politiche anticicliche e per fronteggiare gli aumenti del tasso di disoccupazione in caso di shock asimmetrici, come prospettato con la proposta di introdurre un sussidio europeo di disoccupazione, avanzata dal Governo italiano nel febbraio 2016 con il documento «Una strategia europea condivisa per crescita, lavoro e stabilità»;
   m) occorre inoltre rafforzare gli strumenti attivabili per promuovere la qualificazione del capitale umano, fattore fondamentale per un aumento qualitativo e quantitativo dell'occupazione e per la riconversione dei lavoratori in età avanzata a rischio di disoccupazione di lunga durata; anche nell'ottica di definire politiche sociali e occupazionali al passo con la digitalizzazione dei mercati del lavoro, occorre aumentare le risorse per l'istruzione, la formazione e l'aggiornamento delle competenze e delle conoscenze, in modo da aumentare la produttività e orientare le economie europee verso produzioni e servizi a più elevato valore aggiunto. In tal modo, si potrà rafforzare la capacità dei sistemi europei, che costituiscono economie mature, di fronteggiare la concorrenza delle più dinamiche e aggressive economie emergenti. L'elaborazione del pilastro europeo deve connettersi agli obiettivi della programmazione finanziaria dell'Unione europea per il periodo 2014-2020 e a quelli indicati dal cosiddetto Piano Juncker. La strategia di crescita inclusiva promossa a livello europeo passa per investimenti nel campo della ricerca in grado di alimentare un circuito di innovazione a tutti i livelli, compresi gli ambiti delle politiche sociali e della salute;
   n) di fronte al protrarsi della disoccupazione, soprattutto giovanile, le politiche per l'inclusione sociale devono trarre vantaggio da un maggiore coordinamento con le politiche europee per il contrasto della povertà e l'inserimento attivo nel mercato del lavoro. In coerenza con gli obiettivi del pilastro sociale, occorre individuare fondi di bilancio volti a finanziare e a rendere omogenei nel loro funzionamento i vari dispositivi di reddito minimo garantito, da associare a politiche attive e servizi sociali relativi all'abitazione, alla formazione e all'accesso dei beneficiari alle cure sociali e sanitarie. La riduzione delle asimmetrie tra i Paesi membri, acuite dalle politiche di risanamento finanziario, deve poggiare sul rafforzamento delle politiche di inclusione sociale, soprattutto nei Paesi che ancora non si sono dotati di politiche nazionali di questo tipo o sono Pag. 33impossibilitati a farlo a causa dei vincoli di bilancio imposti dalle misure di risanamento finanziario;
   o) occorre rendere permanente, con conseguente rifinanziamento da parte dell'Unione europea, l'Iniziativa per l'occupazione dei giovani, valutando contestualmente le eventuali integrazioni e correzioni da apportare anche sulla base delle migliori pratiche che si registreranno nei diversi Paesi membri;
   p) nella elaborazione del pilastro europeo dei diritti sociali, occorre adottare politiche mirate a garantire la sostenibilità nel lungo termine dei sistemi previdenziali, sanitari e assistenziali, contrastando gli effetti dell'invecchiamento demografico associato alla bassa occupazione giovanile e femminile e al carattere precario di molti posti di lavoro, in modo da contribuire ad assicurare pensioni dignitose alle generazioni più giovani e alle donne; anche al fine di promuovere il conseguimento di tali obiettivi, occorre altresì prevedere adeguati sostegni, anche economici, alla natalità ed introdurre misure volte a conciliare vita professionale e vita familiare.